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La Rivoluzione francese

In Francia la crisi dell’antico regime sfociò in una rivoluzione: il terzo Stato rivendico i propri diritti contro i
privilegi e gli abusi di clero e nobiltà. La rivoluzione si articolò in tre rivoluzioni parallele: quella
parlamentare della borghesia medio-alta, quella contadina e quella di sanculotti delle città. Le finanze
statali erano in grave deficit per le spese militari: per rimediare occorreva tassare i ceti privilegiati. Per
rifiutare questa prospettiva, la nobiltà pretese la convocazione degli Stati generali, l’antica assemblea dei
tre ordini con il potere di approvare le nuove tasse. La più scontenta in questa situazione era la borghesia, o
Terzo Stato (dopo Nobiltà e Clero), anche perché i contadini non avevano voce in capitolo: la borghesia non
aveva potere politico, doveva pagare le tasse, era ostacolata nelle attività imprenditoriali e industriali,
eppure doveva essere il motore dell’economia. La borghesia era sempre più influenzata dalle idee
dell’illuminismo: uguaglianza tra i cittadini, libertà economiche e politiche. L’assolutismo aveva stancato, la
nobiltà appariva arrogante e incapace di gestire il paese. I tentativi di riforma fatto da Luigi XVI con Turgot e
Necker fallirono. Le lamentele contro i privilegi di pochi invece aumentavano. A partire dal 1780 la
situazione si complica. Luigi XVI il 5 maggio 1789 convoca gli Stati Generali (Parlamento), ma i problemi non
diminuiscono, anzi: il Terzo stato si oppose alle modalità di voto poiché si votava per ordine sociale: uno
stato = un voto. Ovvio che nobili e clero, alleati, avevano sempre la maggioranza. Il terzo stato, invece,
voleva il voto individuale (era numericamente in maggioranza). Il re rifiutò, mostrando di non tenere in
considerazione il terzo Stato. Quest’ultimo il 17 giugno 1789 si proclama assemblea nazionale costituente
giurando di non sciogliersi prima di aver dato alla Francia una costituzione: Giuramento della palla corda. Il
popolo parigino, temendo un colpo di mano del re, il 14 luglio 1789 presero d’assalto la Bastiglia, carcere
simbolo dell’ancien regime. Le masse popolari avevano dato una spinta alla rivoluzione, sia in città che in
campagna, preoccupando la stessa Assemblea nazionale del Terzo stato. L’insurrezione si allarga. Nelle
campagne molto castelli nobiliari vengono saccheggiati. L’assemblea nazionale per calmare la rivolta
decreta l’abolizione degli obblighi feudali. Nonostante tutti i tentativi da parte del re e della nobiltà, la
Rivoluzione non si poteva fermare. Il 26 agosto 1789 l’Assemblea nazionale approvò la dichiarazione dei
diritti dell’uomo e del cittadino, sul modello americano, che elencava i diritti inviolabili dell’uomo. Le
persone passano da sudditi (senza alcun diritto) a cittadini (con diritti e doveri). Vengono affermati il
principio di uguaglianza e di libertà individuale. L’Assemblea costituente pressò il clero (un corpo di
dipendenti statali) e ne requisì i beni per risanare il deficit pubblico. Il clero si spaccò: quello costituzionale
giurò fedeltà alla costituzione, quello refrattario rimase obbediente al Papa, opponendosi alla rivoluzione.
La Francia diviene una monarchia costituzionale e Il 3 settembre 1791 l’assemblea approvò la costituzione:
era espressione del terzo stato, moderna ma anche moderata: il diritto di voto, per esempio, era di tutti i
cittadini che pagavano levasse (donne no). La difficoltà di approvvigionamento del pane e il rifiuto del re di
promulgare i decreti e la dichiarazione del 26 agosto furono la causa del malcontento popolare. Ben presto
il tumulto aumentò ed una marcia di donne assalì Versailles. La famiglia reale dovette abbandonare la
reggia e tornare a Parigi. Il re, quindi, fu costretto a firmare i decreti che abolivano gli obblighi feudali e la
dichiarazione dei diritti dell’uomo del cittadino.

La monarchia costituzionale si formò secondo il principio di separazione dei poteri: il potere legislativo fu
assegnato all’Assemblea nazionale e veniva eletta dai cittadini maschi che pagavano le tasse; il potere
esecutivo, invece, fu assegnato al re e ai suoi ministri, quest’ultimi erano nominati dal Re; il potere
giudiziario fu assegnato ai giudici, eletti dai cittadini maschi che pagavano le tasse. Fu scelto il suffragio
censitario e non quello universale: fu così tradito il principio di uguaglianza della dichiarazione dei diritti. La
crisi economica non era certa stata risolta… si venne a creare una situazione di grande tensione:
rivoluzionari repubblicani radicali (chi voleva di più) VS nobiltà e clero (chi voleva tornare a prima della
rivoluzione). In questa situazione il re cerca l’alleanza dell’Austria e tenta la fuga in Belgio. Però viene
fermato e riportato in Francia e privato di tutti i suoi poteri. Questi ultimi avvenimenti divisero ancora di più
i protagonisti della Rivoluzione: i repubblicani (contrari alla monarchia) e i più radicali ne avevano
abbastanza del re. La maggioranza moderata dell’Assemblea nazionale si alleò con il re, il quale nel
settembre del 1791 giurò fedeltà alla costituzione. L’assemblea nazionale si riunì di nuovo, e nella
confusione che regnava questa volta presero l’iniziativa i repubblicani contrari al re. Si formarono 2 gruppi
politici distinti: GIRONDINI: gruppo politico della borghesia; MONTAGNARDI: gruppo politico più radicale
guidato da Robespierre. I repubblicani il 20 aprile 1792 dichiararono guerra all’Austria poiché sapevano che
il re si era alleato con gli austriaci ed anche perché volevano estenderà la Rivoluzione al di fuori della
Francia. Tra l’inverno del 1791 e l’estate del 1792 le potenze europee di mobilitarono per ristabilire la
monarchia assoluta in Francia e soprattutto in Austria e Prussia. La

Francia governata dai repubblicani girondini cercò di resistere anche grazie ai volontari (da cui nasce l’inno
nazionale, la Marsigliese). Le truppe rivoluzionarie sconfiggono l’esercito prussiano a Valmy (09/1792). Tra i
rivoluzionari, i montagnardi di Danton presero il controllo dell’Assemblea e decretarono la fine della
monarchia. La CONVENZIONE (nuovo nome dell’Assemblea) proclama la REPUBBLICA il 21 settembre 1792.
Il re Luigi XVI viene imprigionato e, l’11 settembre 1793, ghigliottinato. Il 1793 è l’anno del Terrore: nella
convenzione prendono il sopravvento i montagnardi e il 24 giugno 1793 istituiscono una nuova costituzione
repubblicana detta dell’annoI. Era molto avanzata e richiamava la Dichiarazione dei diritti: suffragio
universale, diritto al lavoro e all’istruzione. A causa della guerra e del gaso che regnava nel paese, non
venne mai applicata. Intanto le potenze europee si allearono con la Francia. Il popolo, in questo clima di
guerra, è alla fame e si ribella, soprattutto nelle città. La situazione è drammatica e i capi rivoluzionari
montagnardi (Robespierre, Danton, Marat), nonostante i tentativi di bloccare i prezzi, ricorrono al metodo
più duro: la repressione e l’eliminazione di ogni nemico della rivoluzione i montagnardi sciolgono
l’assemblea, ossia il parlamento in cui c’erano tutte le forze che avevano fatto la Rivoluzione p, al suo posto
istituiscono il comitato di salute. Instaurarono un regime di terrore rivoluzionario: i tribunali giudicavano e
condannavano alla ghigliottina tutti i nemici della rivoluzione; chiusura di tutte le chiese; nuovo calendario
che contava gli anni dal giorno della rivoluzione. Inoltre, vengono cancellati i nomi dei santi e dei mesi.
Robespierre fu ghigliottinato il 28/07/1794 in seguito ad un colpo di stato che pose fine al periodo del
terrore. La rivoluzione finì nel 1799, con la fine del governo di beuf e l’ascesa di Napoleone Bonaparte. Se si
fosse rimasti fedeli all’idea di raggiungere solo la costituzione, la rivoluzione sarebbe terminata nel 1792,
senza passare per il comitato della salute pubblica e altri governi di natura dittatoriale.

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