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LACCETTA E IL FUOCO
Cultura storiografica, politica e poesia
in Giuseppe Gioachino Belli
BULZONI EDITORE
Volume pubblicato con il contributo di Banca Marche
Si ringrazia la
Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata
ISBN 978-88-7870-490-9
INDICE
6 NOTA AL TESTO
3
Indice
393 BIBLIOGRAFIA
4
Enza Biagini-Augusta Brettoni
NOTA AL TESTO
6
Antologia di testi
PREFAZIONE
A partire da Vico
1
In Cospito [2002], p. 109.
2
La copertina delledizione del 1816 del Della antichissima sapienza deglitaliani tratta
da latini parlari opera di Giambattista di Vico dalla latina nellitaliana favella recata (Mila-
no, dalla Tipografia di Giovanni Silvestri agli Scalini del Duomo) attribuisce a torto la
traduzione a Vincenzo Monti, e non a Gian Domenico Romagnosi.
7
Edoardo Ripari
3
Manzoni [1963], pp. 40-42 passim.
4
Ricordiamo ad esempio, di Carlo Cattaneo, lo scritto Vico et lItalie pubblicato in Il
Politecnico nel 1839; e il saggio di Giuseppe Ferrari, La mente di Giambattista Vico, Mila-
no, Societ tipografica de Classici Italiani, 1837. Lo stesso Belli conosceva questultima
opera per fama, come deduciamo da una sua lettera a Giacomo Ferretti del 4 agosto
1838 (Gi conoscevo per fama il Ferrari e la sua sublime opera). Lamentando le sue
precarie condizioni intellettuali dopo la morte della moglie Mariuccia Conti, il poeta prose-
guiva per in questi termini: Pare che adesso la natura si faccia giuoco de prodig e si
compiaccia nel confondere le regole del suo consueto procedere. A 25 anni esser gi maturi
e di senno e di conoscenza di fatti! Sino a 14 anni luomo suole essere pochissimo per se
stesso, un punto matematico rispetto al mondo e alla societ. E in 11 anni saltare in groppa
ai profondi filosofi sessagenarii! Legger avidamente quellopera, ma la mia mente non
quella di Vico [...]; in Orioli [1962], p. 285 (dora in poi LGZ).
5
Zibaldone, VII, articoli 4495-4515, carte 210 verso-216 verso.
8
Prefazione
6
Va ricordato lo scritto giovanile Sopra lorigine delle umane condizioni, sviluppato in
margine a un saggio dellilluminatissimo Condillak [sic]. Cfr. Muscetta [19832], p. 17.
7
Zibaldone, IX, carte da 301 a 318.
8
Cfr. Volney [1820], pp. 29-35 passim. Belli indicizz con parsimonia Les ruines ou
mditation sur les rvolution des empires di Constantin Franois Chasseboeuf conte di Vol-
ney nel volume II del suo Zibaldone, articoli 1327-1360, carte 240 recto-253 verso.
9
Edoardo Ripari
9
Cfr. De Martino [20033], p. 10: [...] mentre lilluminismo anglo-francese nacque e
matur sulla base della reale forza razionalizzatrice di una vigorosa borghesia commerciale
e industriale, operante nel quadro di forti monarchie nazionali in espansione, lilluminismo
napoletano non pot giovarsi delle stesse condizioni, e fu perci pi riservato e pi indul-
gente verso le esigenze di protezione psicologica connesse al ritualismo magico-religioso.
Ma vedi anche Ferrone [2007], pp. 169 ss.
10
Prefazione
10
Cfr. Eliade [1999], p. 9; e mi permetto di rimandare a Ripari [2006b], pp. 20-44.
11
Volney [1820], pp. 12-14 passim.
11
Edoardo Ripari
12
Vico [1990], pp. 494 e 793.
13
Interessante, a riguardo, una riflessione di Teodonio [1998], vol. II, p. 252, che scrive:
La concezione ciclica del tempo e della storia trova in questo sonetto una delle sue pi
riuscite e compatte espressioni. Lidea che la storia non sia lineare ma ciclica attraversa la
cultura sia in ambito religioso, come qui dove viene proposta da un frate, che laico [...]. Nello
spazio di quattordici versi, Belli riassume la storia del mondo, dallinfinito spaziale (prima
quartina) la cui visione gela il parlante, alla storia degli uomini che comincia, com giusto,
dallAntico Testamento (seconda quartina), giunge alle quotidiane minime presenze del tem-
po presente e ritorna agli inizi della storia con il ricordo del peccato originale (prima terzina),
si allarga alla visione delle massime autorit della storia, per proiettarsi di nuovo, con incarna-
zione e morte, allinfinito del mistero divino; al tempo stesso ripercorre, con vertiginosa intui-
zione, il sorgere stesso dellidea di Dio, stravolgendone la direzione e il significato: lo sbalor-
dimento vichiano delluomo che, guardando linfinita ripetitivit del tutto, elabora lidea di
Dio, si trasforma nellirrisione finale dello stesso percorso culturale.
12
Prefazione
14
Lwith [2004], p. 149.
15
Guerci [2008], pp. 14-15.
13
Edoardo Ripari
16
Ivi, p. 193.
17
Ivi, p. 15.
18
Koselleck [1986], pp. 50-54 passim.
19
Vico [1990], pp. 519-520.
20
Ibidem.
21
LGZ, p. 571.
14
Prefazione
22
Volney [1820], p. 81.
15
Edoardo Ripari
23
Cospito [2002], p. 187.
24
Cfr. ivi, pp. 186-189.
25
Ferrone [2007], pp. 162-163.
16
Prefazione
26
Filangieri [1822], tomo II, pp. 261-262. Ancora Carlo Denina [1826], nelle sue Rivo-
luzioni dItalia indicizzate da Belli nel IX volume zibaldoniano , riprendeva questo mo-
tivo, ricollegandosi per agli storici antichi piuttosto che al Vico. Cfr. ad esempio il tomo
III, libro IX, p. 3: La storia di venti e pi secoli troppo bene conferma quello che i primi
scrittori di politica hanno osservato e scritto: cio che dalla tirannide nasce dordinario il
governo libero, siccome dallabuso della libert rinasce il dispotismo e la tirannia. Vedi
infine Casini [1998].
27
Ferrone [2007], p. 170.
17
Edoardo Ripari
28
Vico [1990], p. 509.
29
Cfr. ad esempio il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, in Leopardi
[20012], p. 972: Quello che furon gli antichi, siamo stati noi tutti, e quello che fu il mondo
per qualche secolo, siamo stati noi per qualche anno, dico fanciulli e partecipi di quella
ignoranza e di quei timori e di quei diletti e di quelle credenze e di quelle sterminate opera-
zioni della fantasia.
18
Prefazione
30
Vico [1990], pp. 513-514.
31
Ivi, p. 509.
32
Cfr. Er Ziggnore e Ccaino, (1146), nota 9.
33
Vico [1990], p. 508.
19
Edoardo Ripari
Sembra corretto, sotto questi rispetti, chiedersi con Giorgio Vigolo se,
in fondo, lo stato di ignoranza, il buio di fallacie che avvolgeva la
plebe di Roma, non venga ad offrire a Belli la condizione di primordiali-
t alla quale allora da tutte le parti si mirava. Non attuava esso meglio
di ogni altro linguaggio si domanda ancora Vigolo listanza estrema di
un rovesciamento di posizioni che alla forma illustre, al cerimoniale delle
accademie aveva contrapposto la Natura, Rousseau, luomo selvaggio di
Hobbes, il bestione tutto stupore e ferocia di Pufendorf, o, infine, la poe-
sia primigenia dei primi uomini di Vico nata da ignoranza di cagioni, la
qual fu loro madre di maraviglia di tutte le cose? 34. Se pensiamo al
romanesco come dialetto in grado di divenire a sua volta generazione di
una nuova lingua o linguaggio, dare una risposta positiva a questi legittimi
interrogativi diviene spontaneo; e per buone ragioni. Vanno fatte tuttavia
alcune precisazioni, senza le quali cadremmo nellerrore di non cogliere
importanti sfumature e divergenze della pagina belliana dalle contempo-
ranee esperienze romantiche, o ancora da altre forme di vichismo lettera-
rio, quali ritroviamo ancora in Leopardi o in Foscolo.
In un significativo appunto, la vichiana sapienza degli antichi viene
trasformata dal Belli in incredibile sapienza che hanno gli ignoranti a
dire spropositi. Se ne ascoltano di s nuovi che tutta la mente di Vico e di
Romagnosi non saprebbe giungere ad immaginare 35. Questa precisazio-
ne dautore tuttaltro che priva di conseguenze: la realt romanesca, in
effetti, rivelava a Belli problemi che oggi appaiono comprensibili se rap-
portati a un percorso poetico dallapproccio in parte empirico, come ab-
biamo visto, e dallaltra deduttivo e costrittivo, nellambiguit posta tra
discorsi popolari dominati dallincultura e il loro svolgimento in una
poesia che, pur annullando miracolosamente ogni riferimento intertestuale,
si presenta come operazione insieme culturale ed ontologica. Ad una pri-
34
Vigolo [1963], vol. I, p. 65.
In Muscetta [1989], p. 49 (il corsivo mio). Nelle parole di Belli potrebbe trovarsi leco
35
di due opere di Giuseppe Ferrari, La mente di Vico, sopra ricordata e plausibilmente letta
avidamente dal poeta dopo il 1838, e La mente di Romagnosi, Milano, Fanfani, 1835.
20
Prefazione
36
LGZ, pp. 377-378.
21
Edoardo Ripari
37
Di destorificazione in quanto occultamento protettivo della storicit dellesiste-
re e risoluzione del divenire nella iterazione dellidentico parla De Martino [1995] (pp.
122-123 e p. 64) che, nel tentativo di integrare lo storicismo crociano con la fenomenologia
religiosa, osserva (p. 62): Il divenire angoscia, soprattutto nei momenti di crisi dellesi-
stenza: listituto religioso della destorificazione sottrae questi momenti alla iniziativa uma-
na e li risolve nella iterazione dellidentico, onde si compie la cancellazione della storia
angosciante.
38
Volney [1820], pp. 159-171 passim.
22
Prefazione
Avant quune nation et reu duna autre nation des dogmes dj invents;
avant quune gnration et hrit des ides acquises par une gnration an-
trieure, nul de tous les systme composs nexistait encore dans le monde.
Enfans de la nature, les premiers humains, antrieurs tout vnement, novi-
ce toute connaissance, naquirent sans aucune ide, ni de dogmes issus de
disputes scholastiques; ni de rites fonds sur des usages et des arts natre; ni
de prceptes qui supposent un dveloppement de passions; ni de codes qui
supposent un langage, un tat social encore au nant; ni de divinit, dont tous
les attributs se rapportent des choses physiques, et tous les actions un tat
despotique de gouvernement; ni enfin dame et de tous ces tres mtaphysi-
ques que lon dit ne point tomber sous les sens, et qui cependant, par toute
autre voie, laccs lentendement demeure impossible 39.
Queste poche riflessioni basteranno per farci vedere sulla terra la societ cos
antica come luomo e per farci vedere nel selvaggio che erra nei boschi non gi
luomo naturale, ma luomo degenerato, luomo che vive contro il suo istituto,
contro la sua destinazione, in poche parole la rovina e la degradazione della
specie umana piuttosto che il simulacro vivente della sua infanzia 40.
39
Ivi, pp. 154-155.
40
Filangieri [1822], p. 51. E cfr. Ferrone [2007], pp. 185-186.
41
Ivi, p. 187. E vedi pp. 188-190.
42
Ivi, p.191.
23
Edoardo Ripari
43
Vigolo [1963], vol. I, p. 195: Tutto ci che il Belli rappresenta di questo mondo
infero, infero in lui stesso, cio una parte condannata e repressa della sua istintivit.
44
Samon [1969], p. 105.
45
Si tratta, in effetti, per dirlo con le parole di De Martino [20033], p. 142, di un
compromesso fra una coscienza culturale superiore, che ha appreso dallilluminismo il
grande tema della razionalit delluniverso, e della potenza trasformatrice dellopera uma-
na rischiarata dal lume della ragione, e una coscienza culturale inferiore, ancora non supe-
rata, secondo la quale, al contrario, tutto va di traverso con una regolarit e una prevedibi-
lit che costituiscono esattamente il rovescio di un mondo illuminato.
24
Prefazione
46
LGZ, p. 513.
47
Volney [1820] p. 207.
48
Zibaldone, IX, carta 112 verso.
25
Edoardo Ripari
Dispotismo e superstizione avevano proscritta dal nostro cielo, con pena del
capo, la filosofia; ma un governo filosofo la richiama dallingiusto suo esilio, e
linvita ad illuminare tutte le classi. Egli sa che il prosperare duna nazione
incompatibile con lignoranza, fonte prima ed eterna di tutti i mali politici; sa
che la suprema compiacenza di un magistrato si quella di regger uomini e
non bruti; che gli errori del popolo sono spade a due tagli, pronte sempre a
ferire chi le maneggia; che le cure i sudori la saggezza di chi comanda non
ottengono lode e riconoscenza che in proporzione dei lumi di chi obbedi-
sce 49.
49
In Carducci [2006], p. 147.
26
Antologia di testi
1
Zibaldone, III, articolo 1745, carte 121 recto-123 recto.
2
Muscetta [19832], p. 173.
27
Edoardo Ripari
3
Zibaldone, I, articolo 380, citato in Muscetta [19832], p. 174.
4
Ivi, V, articoli 3889-3905, carte 1 recto-16 verso.
5
Cfr. De Francesco, in Cuoco [1998], pp. 629 e 639.
28
I. In medio consistit virtus
6
In Zibaldone, III, articolo 1765, carta 127 recto e nelledizione del Saggio del 1820
[18062], leggiamo infatti: Per seguire il trattato fu stabilito un armistizio; ma nellarmistizio
si prepar il tradimento. Appena che la regina seppe loccupazione di Napoli invi da Paler-
mo Milady Hamilton a raggiungere Nelson: voglio prima perdere (avea detto la regina ad
Hamilton) tutti e due i regni che avvilirmi a capitolar coi ribelli. Che Hamilton si prestasse a
servir la regina [...] (i c.vi sono nella carte zibaldoniane); nella princeps invece il testo era il
seguente: Per seguire il trattato fu stabilito un armistizio; ma nellarmistizio si prepar il
tradimento. Appena seppe la capitolazione, la regina da Palermo invi Milady Hamilton a
raggiungere Nelson: voglio prima perdere (avea detto la regina ad Hamilton) tutti e due i
regni che avvilirmi a capitolar coi ribelli. Che Hamilton si fosse prostituita ai capricci della
regina [...]. Per le ulteriori varianti rimandiamo alledizione critica [1998], pp 472-475.
7
Cfr. Gadamer [2000] e Jauss [1987 e 1988].
8
Muscetta [19832], p. 174.
9
Mi permetto di rimandare a Ripari [2006], pp. 119-151.
29
Edoardo Ripari
10
Di condizione di distanza essenziale al laboratorio poetico e allatteggiamento eti-
co-ideologico di Belli ha parlato Merolla [1984], pp. 212 ss., che definisce (p. 271) il cam-
mino del poeta come quello di chi prefer per lo pi osservare anzich partecipare.
11
Teodonio [1998], vol. II, p. 596.
30
I. In medio consistit virtus
12
Botta [1824], tomo IV, libro XXIII, pp. 473-487 passim. La conoscenza, da parte di
Belli, della Storia di Carlo Botta documentata da un elenco di libri posseduti dal poeta, in
Zibaldone, IX, carta 108 recto.
31
Edoardo Ripari
ziando anche un disincanto che sarebbe divenuto segno distintivo del suo
pensiero. Se dunque la Prefazione alledizione del 1806 testimonia una
percezione positiva dellet napoleonica, in quanto dominata dalla mo-
derazione, compagna insaziabile di sapienza e giustizia 13, di contro,
proprio intorno a quella data, il bonapartismo cuochiano veniva tempera-
to dallauspicio di un superamento della stagione dellautoritarismo fran-
cese 14. Sotto questi rispetti, pare ancor meno plausibile lidea di un Belli
populista che offre il suo consenso a Cuoco nellesaltare Masaniello 15.
Perch ci sia populismo, non anzitutto necessario rappresentare il po-
polo come modello, farsene strumento? Ma il distacco del poeta dalla sua
plebaglia, costantemente ribadito nel monumentum sia attraverso le note
in lingua che fanno da corollario ai versi che nellIntroduzione del 1831,
proprio ci che distingue la sua opera dalla produzione romantica con-
temporanea, consentendogli di giungere ad una visione di carattere pi
metafisico che storico, un atteggiamento morale pi ontologico che terre-
no, unindignazione e un pessimismo pi universali che umani 16. Uno
dei principali punti di forza, questo, dei sonetti romaneschi.
13
Muscetta [19832], p. 175.
14
De Francesco, in Cuoco [1998], p. 171.
15
Muscetta [19832], p. 176. E vedi Cuoco [1998], p. 510: Con piccolissime forze
Masaniello ard opporsi, e non invano, allimmensa vendetta della nazione Spagnuola.
Masaniello mor, ma lopera sua rimase [...].
16
Asor Rosa [19767], p. 59. Questo il motivo afferma inoltre Asor Rosa, p. 13 per
cui un poeta come G.G. Belli non pu essere definito [...] populista: in lui infatti, non
avviene mai, neanche di sfuggita, neanche di scorcio, che il popolo venga, non dico idealiz-
zato, ma anche soltanto reso oggetto di una ipotesi ideologica progressista.
17
Carpi [1981], pp. 447-449 passim.
32
I. In medio consistit virtus
Quando diciamo popolo, intendiamo parlare di quel popolo che sia rischiara-
to ne suoi veri interessi, e non gi duna plebe assopita nellignoranza e degra-
data nella schiavit, non gi della cancrenosa classe aristocratica. Luno e lal-
tro estremo sono de morbosi tumori del corpo sociale, che ne corrompono la
sanit 19.
Negli stessi termini, a riprova della centralit del tema nel panorama
italiano, si sarebbe espresso qualche anno dopo anche Berchet, nel tenta-
tivo di individuare un nuovo pubblico letterario cui, con tutta probabili-
18
In LGZ, pp. 516-517.
19
Cos Mario Pagano nel Progetto di costituzione della Repubblica napoletana del 1799,
in Lomonaco [1861], p. 87; e cfr. Venturi [1962], p. 917.
33
Edoardo Ripari
t, si sarebbe rivolto lo stesso Belli, qualora la sua opera fosse uscita dalla
serrata clandestinit per giungere al cospetto degli uomini:
20
Berchet [1912], pp. 17-18. E cfr. Carpi [1978], p. 37.
21
De Francesco, in Cuoco [1998], pp. 149-150.
22
Ivi, pp. 577-578 (c.vo mio).
23
Ivi, pp. 345-346.
24
In ivi [1998], p. 150
34
I. In medio consistit virtus
associar[si] agli estremi. Gi nel 1825, al termine dei suoi appunti sul
viaggio fiorentino, egli aveva posto a confronto Firenze e Napoli, tratteg-
giando i caratteri di due opposti e irriducibili paradigmi storico-politici:
Io mi son qui da pochi giorni, reduce di Milano, dove mi piace assai pi la vita
che altrove. Quella citt benedetta pare stata fondata per lusingare tutti i miei
gusti: ampiezza discreta, moto e tranquillit, eleganza e disinvoltura, ricchezza e
parsimonia, buon cuore senza fasto, spirito e non maldicenza, istruzione dis-
giunta da pedanteria, conservazione piuttosto che societ secondo il senso mo-
derno, niuna curiosit, lustro di arti e di mestieri, purit di cielo, amenit di sito,
sanit di opinioni, lautezza di cibi, abondanza di agi, rispetto nel volgo, civilt
generale etc. etc.: ecco quel che io vi trovo secondo il mio modo di vedere le
cose e di giudicarle in rapporto con me; e per se a Roma non mi richiamasse la
carit del sangue e la necessit de negozii, l mi fermerei ed ancora direi: hic
requies mea. Non ho sin qui veduto Parigi, ma visitandola talora nei libri vi
scopro eccessi di misura nel pi e nel meno, ed io non amo di associarmi agli
estremi. Gli assaggio per curiosit di palato, ma poi cerco il ristoro nel mezzo 25.
25
Tra le fonti che hanno ispirato queste parole, oltre al Saggio cuochiano, forse da
annoverare anche la Storia dItalia dal 1789 al 1814 di Carlo Botta [1824, tomo I, pp. 55-
35
Edoardo Ripari
56], dove lo storico descrive la Francia come una nazione che, per la prontezza della
mente, e per la grandezza dei concetti, d facilmente negli estremi cos nel bene, come nel
male, e sempre si governa coi superlativi.
26
Cuoco [1998], p. 345
27
Ivi, p. 496
28
La nazione napoletana osservava fra laltro Cuoco, ivi, p. 336 si poteva conside-
rare come divisa in due nazioni diverse per due secoli di tempo, e per due gradi di clima.
Pochi erano divenuti inglesi e francesi e coloro che erano rimasti napoletani erano ancora
selvaggi.
36
I. In medio consistit virtus
nione del popolo. Ma le vedute del popolo e quelle de patrioti non erano le
stesse: essi avevano diverse idee, diversi costumi e finanche lingue diverse 29.
I nostri popolani non hanno arte alcuna: non di oratoria, non di poetica: come
niuna plebe nebbe mai. Tutto esce spontaneo dalla natura loro perch lascia-
ta libera nello sviluppo di qualit non fittizie. Direi delle loro idee ed abitudi-
ni, direi del parlar loro ci che pu vedersi dalle fisionomie. Perch tanto
queste diverse nel volgo di una citt da quelle deglindividui di ordini superio-
ri? Perch non frenati i muscoli del volto alla immobilit comandata dalla
civile educazione, si lasciano alla contrazione della passione che domina e del-
laffetto che stimola; e prendono quindi un diverso sviluppo, corrispondente
per solito alla natura dello spirito che que corpi informa e determina. Cos i
volti divengono specchi dellanima. Che se fra i cittadini, subordinati a positi-
ve discipline, non risulta una completa uniformit di fisionomie, ci dipende
da differenze essenzialmente organiche e fondamentali, e dal non aver mai la
29
Ivi, p. 334
37
Edoardo Ripari
natura formato due oggetti di matematica identit. Vero per sempre mi par
rimanere che la educazione che accompagna la parte ceremoniale dellincivili-
mento, fa ogni sforzo per ridurre gli uomini alla uniformit: e se non vi riesce
quanto vorrebbe, forse questo uno de benefici della creazione 30.
30
La distinzione, tanto linguistica e sociale quanto, per cos dire, antropologica tra
plebe romanesca e cittadinanza romana , come torneremo a vedere, una costante dei so-
netti, e in pi occasioni ricorre nelle note in lingua. Come ad esempio nella quinta del
sonetto 908 che leggeremo nel capitolo IV dove Belli, quasi a scusarsi con il lettore per
quanto scritto nel testo, osserva: Lautore qui crede suo debito il protestare solennemente
aver lui cos scritto a solo fine di esprimere gli eccessi delle menti popolari, non gi una sua
propria opinione, troppo falsa ed ingiuriosa a buoni cittadini di Roma.
38
I. In medio consistit virtus
* Fra gli altri sollazzi puerili, usa in Roma il seguente. Un fanciullo si asside giudice. Un
altro, curvato e colla faccia in grembo a lui, percosso da qualcuno del resto della compa-
gnia, che si tiene ivi presso schierata. Rizzatosi allora sulla persona, dice al giudice loffe-
so: Monzignore s stato ferito. / Chi vvha ferito? / La lancia. / Annatela a ttrova in
Francia. / E ssi in Francia nun c? / Annatela a ccerca indov. / E ssi nun ce v ven?
/ Pijjatela pe unorecchia e portatela qui. Con questo mandato va egli attorno, fissando
in volto tutti i suoi compagni, se mai vi apparisse alcun moto dal quale arguire la verit,
mentre gli esplorati si agitano fra le pi curiose smorfie del mondo, per comporsi ad un
aspetto dindifferenza. Finalmente ne sceglie uno, e lo conduce al giudice, che gli diman-
da: Chi questo? Il querelante risponde: Carne allesso; e il giudice, rivestito insieme
della prerogativa di testimonio, riprende: Riportatelo via, ch nun esso; ovvero: Lassa-
telo qui ch esso, secondoch il reclamo era bene o male applicato. Nel primo caso, il
povero deluso ritorna al suo posto in seno al giudice per subirvi nuove percosse: nel secon-
do vi subentra invece il reo convinto, e si ripetono in quella piccola societ colpe, accuse e
condanne. Or noi, supposta uningiuria, ed elevato il dialogo a pi alta significazione,
chiederemo al lettore, per moralit di questi versi, dove dovrebbe cercarsi lorecchio da
menare a penitenza, se cio sul Montmartre o presso il Colle Vaticano.
39
Edoardo Ripari
* Pare che legregio prelato, a sentimento del nostro romanesco, volesse far rivivere il Date
obolum Belisario. Noi non siamo del suo maligno avviso. Crediamo per che se veramente
Belisario and orbato degli occhi del corpo, il nuovo non godesse di que de la mente.
31
Cfr. Orlando [19972], pp. 29-64.
32
Ripari [2006].
33
Cfr. Gibellini [1979], pp. 34-52.
40
I. In medio consistit virtus
34
Le note in calce ai sonetti di Belli, osserva Vigolo [1963], p. 79, ci danno visibil-
mente il grafico del suo sdoppiamento quasi di sogno e di veglia, la sezione del duplice
piano di coscienza in cui la personalit divisa. Vicino al pi libero rigoglio della sua vena,
le note rivelano la minuziosa pedanteria del letterato cruschevole, il quale si affretta ad
affiancare, accanto alla vivace espressione poetica, la scheda della lingua illustre con laria
di chi voglia di volta in volta chiedere scusa e riabilitarsi da un trascorso, da una licenza
momentanea, da cui subito si riprende e corregge.
35
Li polli de li vitturali (1001), 28 ottobre 1833, vv. 9-11.
36
Er vitturino aruvinato (500), 27 novembre 1832, vv. 3-4.
37
Li quadrini pubbrichi (1066), 20 gennaio 1834, vv. 1-2.
38
Er portone dun Ziggnore (652), 23 dicembre 1832, v. 11.
39
Li du ggenerumani (1169), 7 aprile 1834, vv. 1-2.
40
gnisempre un pangrattato (501), 27 novembre 1832, vv. 1-2.
41
Edoardo Ripari
Titolo. Il Cavaliere Gaetano Moroni, gi barbiere di frate Mauro, ora primo aiutante di
Camera di Papa Gregorio. Il signor Rocco, padre di questo grande di Corte, conservate le
sue prime abitudini, segue a frequentare le bettole, dove tiene appuntino il linguaggio che
qui gli attribuito; e la sera, tornando al Vaticano, picchia alle colonne del gran peristilio,
credendole la porta di casa. Il secondo figlio del vecchio Moroni Vincenzo, detto Vin-
cenzino del Papa, il quale, sotto la direzione del fratello Gaetanino, ha lonore di
42
I. In medio consistit virtus
radere i peli santissimi dal mento di Sua Beatitudine. Una sera, giocando egli allanello
in una societ di Roma, fu detto a chi riteneva lanello di portarlo a colui che faceva la
barba al porco. Colui lo port a Vincenzino che non conosceva. Di ci nacque uno scompi-
glio, e la casa ne fu presa di mira siccome un nido di carbonari. 1. Tuttibbozzi,
soprannome del terzo figlio del nostro Moroni. Imbianchino di professione si veduto
innalzato alla dignit di pittore de palazzi Apostolici, tenuta in peggiori tempi da un
certo Raffaello da Urbino. Egli ha difatto imbiancato da capo a fondo il Vaticano e il
Quirinale, ricoprendo di una bella mezza-tinta alcuni affrescacci de fratelli Zuccari, che
esistevano sotto una vortica (cos il Tuttibbozzi chiama la volta) nel giardino di que-
stultimo palazzo. Suole egli, mentre fischia e lavora, tenere in capo un berretto di carta,
in un lato del quale scritto: Evviva Gregorio XVII, nellaltro: Evviva la casa Moro-
ni; e di dietro: Accidenti a li Giacobbini. Desideriamo che questi cenni biografici
possano passare alla posterit insieme con la gloria del nostro amatissimo Pontefice e
Padre. Dio guardi.
41
Cfr. Samon [1969], p. 28: Nel popolano reazionario, come anche in quello ribelle,
c una parte di quello che il poeta pensa in quel momento. Le idee di Belli in fatto di
politica mancano sostanzialmente di stabilit.
43
Edoardo Ripari
42
Croce [1920], p. 10.
43
Banti [2000], p. 114.
44
Ivi, p. 115.
45
Muscetta [19832], p. 175.
44
I. In medio consistit virtus
46
Montesquieu [20046], vol. I, p. 152.
47
Cuoco [1998], pp. 316-317. Belli poteva trovare una riflessione sullo stesso argomen-
to nella Storia della rigenerazione della Grecia di Pouqueville, estratta nel quinto volume
zibaldoniano; si veda in particolare larticolo 2284: Di pi di centinaia di carte costituzio-
nali che nel periodo di circa mezzo secolo si proclamarono nei due emisferi, lultima finora
quella della Grecia (1827) la quale generalmente modellata sulla carta della Francia meri-
ta per molti rispetti di essere annoverata tra le pi saggie [sic] ed accomodata alla condizio-
ne de popoli pei quali fatta.
45
Edoardo Ripari
48
Carpi [1978], p. 40
49
Ibidem.
46
I. In medio consistit virtus
47
Edoardo Ripari
50
Cfr. Gibellini [19872] p. 164. Lautore osserva in Belli la riduzione domestica e
anacronistica in una contemporaneit perenne e in un quotidiano metastorico. Per lim-
magine di un Belli alla ricerca di un luogo sociale della dialettica ricerca che rester
inappagata , cfr. ancora Gibellini [1979].
51
Carpi [1978], p. 40.
52
Ibidem.
53
Cfr. De Francesco, in Cuoco [1998], p. 30.
54
Croce [2000].
48
I. In medio consistit virtus
55
Ivi, p. 31
56
Cfr. De Martino [1995], p. 64 e pp. 122-123. Un episodio curioso avvenuto nello
Stato pontificio alla fine del Settecento, registrato da Belli in una nota del suo canzoniere
(sonetto 1735, 17 novembre 1835), pu aiutarci a comprendere pi da vicino lo svolgersi di
tale fenomeno: nel corso della repubblica francese a Roma infiniti fanatici credettero di
vedere le Madonne delle pubbliche vie aprir gli occhi, girarli e versar lacrime. Di fronte a
un pericolo concreto per la propria presenza storica, il popolo romano era ricorso alla
consolazione e giustificazione dellorizzonte mitico-rituale. La rinnovazione di tale mi-
racolo avvenne nel 1835, quando la presenza storica si ritrov minacciata dallarrivo del
colera alle porte di Roma.
57
Cfr. Guerci [2008], p. 101 e pp. 238-249.
58
Sono le parole di un libello anonimo, Lo Stato pontificio agli altri incliti co-Stati
dItalia, del 1796 (in ivi, pp. 238-239) il quale, tuttaltro che voce isolata, rifletteva la ten-
49
Edoardo Ripari
denza generale degli scrittori controrivoluzionari italiani sia allindomani del 1789, come
osserva Guerci, che, come vedremo, allindomani dei moti del 1830-1831 e della Repubbli-
ca romana del 1849.
59
Sul cristianesimo deistico di Cuoco, val la pena rileggere questa pagina fondamentale
del Saggio storico [1998], pp. 382-383: [...] i nostri repubblicani, seguendo delle idee
troppo inoltrate, voleano far due passi nelle stesso tempo in cui doveano far uno: laltro
avrebbe dovuto venir da se, e sarebbe venuto. Ma essi, mentre voleano spogliare i preti
volean distruggere i Dei; si un linteresse de primi e de secondi, e si rese pi forte la causa
de primi. Ritorniamo sempre allo stesso principio: si volea fare pi di quello che il popolo
volea, e conveniva retrocedere; si potea giugnere alla meta, ma se ne ignorava la strada. [...]
La religione cristiana ridotta a poco a poco alla semplicit del Vangelo, riformate le ric-
chezze de preti, tolto quel celibato che oggi li separa dallo stato, sostituendo ad una prima-
zia monarchica un concilio nazionale, era la religione che meglio convenisse alla democra-
zia. Che altro furono i primi cristiani se non Deisti, democratici? Essi furono perseguitati
non come fedeli ad una nuova religione, ma come contrarj al governo antico. Nelledizio-
ne del 1806, quella letta da Belli, il Partenopeo aggiungeva (in ivi, p. 384) [la religione
cristiana] la religione che meglio di ogni altra si adatta ad una forma di governo moderato
e liberale. Nessunaltra religione tra le conosciute fomenta tanto lo spirito di libert. [...] La
religione cristiana ha per base la giustizia universale: impone dei doveri ai popoli egual-
mente che ai re; e rende quelli pi docili, questi meno oppressori.
60
Cfr. Samon [1969], pp. 26-28 e p. 37.
61
Ivi, p. 20. Scrive ancora il Samon (ivi, p. 78): Leresia totale e senza remore una
tendenza che rimarr sempre tale, senza approdo in una concezione razionale del mondo.
50
I. In medio consistit virtus
Oggi le idee de popoli di Europa sono giunte a tale stato che non possibile
quasi una rivoluzione politica senza che strascini seco unaltra rivoluzione re-
ligiosa, dovech prima la rivoluzione religiosa per lo pi produceva la politica.
Questo forse fa s che le rivoluzioni moderne abbiano meno durata delle anti-
che 63.
Essa aveva innalzata in Europa lautorit papale; essa era stata la prima a scuo-
terne il giogo; ma scuotendolo non lavea rotto, come si era fatto in Inghilter-
ra, ma le antiche idee erano rimaste per materia di eterne dispute su degli
oggetti che conviene solamente credere. Il clero era continuamente alle prese
con Roma, i parlamenti lo erano col clero; la corte ondeggiava tra il clero, i
parlamenti, e Roma. La nazione non si poteva arrestare ai primi passi una
volta dati: lincredulit venne dietro allesame, ma nata in mezzo ai partiti,
risvegliar dovette la gelosia de potenti, e si vide in Francia la massima tolle-
ranza ne filosofi, e la massima intolleranza nel governo, e nella nazione. Po-
62
LGZ, p. 574.
63
Cuoco [1998], pp. 380-381.
51
Edoardo Ripari
Il fondo della religione uno, ma veste nelle varie regioni forme diverse a
seconda della diversa indole dei popoli. Essa rassomiglia molto alla favella di
ciascuno di essi. In Francia, per esempio, al pari della lingua pi didascalica
che in Italia; in Italia pi poetica, cio pi liturgica che in Francia. In Francia
la religione interessa pi lo spirito che il cuore ed i sensi; in Napoli pi i sensi
ed il cuore che lo spirito 65.
64
Ibidem.
65
Ivi, p. 382.
66
Ivi, pp. 345-346.
52
I. In medio consistit virtus
67
La morte co la coda (2136), 29 aprile 1846.
53
Edoardo Ripari
gloria, di tutto ci insomma che aggirandosi nelleterno vortice delle cose pe-
ribili, ci vieta di pensare a noi stessi 68.
68
Zibaldone, III, articolo 2457, carte 299 recto-301 verso.
54
I. In medio consistit virtus
Il filosofo deve essere lapostolo della verit e non linventore de sistemi [...].
Finch i mali che opprimono lumanit non saranno guariti; finch gli errori e
i pregiudizi che li perpetuano, troveranno de partigiani; finch la verit cono-
sciuta da pochi uomini privilegiati sar nascosta alla maggior parte del genere
umano; finch apparir lontana da troni; il dovere del filosofo di predicarla,
di sostenerla, di promuoverla, dillustrarla [...]. Cittadino di tutti luoghi, con-
temporaneo di tutte le et, luniverso la sua patria, la terra la sua scuola, i
suoi contemporanei e i posteri sono i suoi discepoli 71.
69
Leggiamo infatti in Zibaldone, III, carta 189 verso: articolo estratto per me dal
Signor Domenico Biagini mio amico. Io per ho acquistato lopera dalla quale esso articolo
fa parte.
70
[...] mi rivolger, scrive Belli nellIntroduzione, ai pochi sinceri virtuosi fra le cui
mani potessero un giorno capitare i miei scritti, e dir loro: Io ritrassi la verit.
71
Filangieri [1822], vol. I, p. 300.
55
Edoardo Ripari
Avea Filangieri filosofo pubblicato i suoi scritti, nei quali non saprei dire se sia
maggiore la forza dellingegno o lamore dellumanit. Erano con avidit letti,
e con grandissime lodi celebrati da tutti. Surse allora universalmente un pi
acceso desiderio di veder lo stato ridotto a miglior forma. Volevasi una libert
civile pi sicura, una libert politica maggiore, una tolleranza religiosa pi
fondata. N a questa inclinazione de popoli contrastava il governo, non anco-
ra insospettito dalla Rivoluzione di Francia 72.
72
Botta [1824], vol. I, p. 27. Un contemporaneo del Filangieri scriveva della
Scienza:
Appare come un astro luminoso e benefico, che, innalzandosi sul nostro orizzonte, dovea
ben tosto illuminare le altre nazioni; in Croce [19585], p. 179. Continua Croce (ivi, pp.
179-180): Assai la ammirava Beniamino Franklin; e anche Bonaparte mostrava ai figliuoli
del Filangieri quel libro sul suo tavolino e diceva dellautore: ce jeune homme, notre
matre tous.
73
Cfr. Muscetta [19832], p. 172.
56
I. In medio consistit virtus
57
Edoardo Ripari
derlo io lavrei creduto il mio accusatore, se non fossi stato avvertito solo che
egli era il mio giudice. La fierezza del suo volto, la rabbia ed il livore che si
manifestava ne suoi occhi, lasprezza colla quale proferiva le sue interrogazio-
ni, le sue minacce e le sue seduzioni, mi fecero vedere nella sua persona un
inimico, e mi fecero anticipatamente leggere sulle sue inarcate ciglia il decreto
della mia condanna. Senza dirmi il motivo pel quale mi avea chiamato alla sua
presenza, egli mi fece alcune domande vaghe sopra molti fatti, alcuni de quali
erano da me conosciuti ed altri ignorati. Senza poter penetrare il fine dove
tendevano le sue interrogazioni, n il legame che aver potessero tra loro, io
risposi da principio a ciascuna di esse colla maggior verit, non nascondendo
n quel che sapeva, n quel che ignorava. Lo vidi pi duna volta infierire,
spesso rallegrarsi, come se mi avesse sorpreso, e qualche volta rimproverava-
mi di menzogna e di contraddizione. Quando io rispondeva tremando, il mio
timore era attribuito alla coscienza del reato: se rispondevo con coraggio, que-
sto si confondeva collo studiato ardore e colla sfrontatezza duno scellerato.
Queste imputazioni, queste false interpretazioni che si davano a miei detti, ed
al tuono stesso della mia voce, servirono a maggiormente turbare la mia me-
moria e la mia ragione, gi confusa dalla complicit e dalla disparit delle
domande che mi erano state fatte. In quel momento io non mi ricordai pi n
di quel che io aveva detto, n di quel che avea prima saputo. Mi avvidi soltan-
to che ciascheduna interrogazione, che da principio mi pareva indifferente,
diveniva quindi una domanda capitale. Nelle ulteriori domande io presi adun-
que il partito della debolezza e del timore: io cominciai a tacere e a negare.
Non ricordandomi pi di quel che aveva detto, non ci voleva molto a sorpren-
dermi in contradizione. Pi imbarazzato dalla mia innocenza, che non lo sa-
rebbe stato un delinquente dalla convinzione del delitto, io vedeva che pi si
prolungava il mio esame, pi si fortificava la prevenzione del giudice contro di
me, pi materiali io dava alla mia rovina. In poche parole, dopo questa lunga
e terribile alterazione, io fui condotto nel luogo ove mi trovate, senza sapere
ci che si fosse tramato contro di me, e quale sarebbe la mia sorte. Una sola
volta ho dovuto aprire questa porta, quando alla presenza dellistesso giudice
sono stato ricondotto per riconoscere i testimoni de quali per altro mi si na-
scosero le deposizioni. Mi si domand se gli conosceva e se aveva qualche
motivo legittimo da escluderli. Quella era la prima volta che io aveva inteso
proferire i loro nomi, e veduti i loro volti. Qualunque relazione potessero essi
avere col mio calunniatore, e colla mia accusa, per me ignorata, perch il
calunniatore non mi stato palesato, e non so ancora quale sia la sua accusa.
Io dovetti, dunque, ammetterli, perch non aveva cosa da opporre, non cono-
scendoli; ma chi sa chessi non sieno congiurati contro di me? Io debbo cre-
derlo, perch, se non avessero contro di me deposto, non sarebbero stati con-
58
I. In medio consistit virtus
dotti innanzi al giudice, e non ci sarebbe stato bisogno di chiamarli alla solen-
nit del confronto. La mia imaginazione mi fa dunque vedere con ragione gi
perfezionata la tela che v contro di me ordita; e i tormenti che ora soffro,
altro non essere che gli esordj della morte. Se la mia confessione necessaria
per portare lultima mano alledificio della mia rovina, io non tarder molto a
dar questo soccorso a miei nemici, perch non posso pi reggere nello stato
in cui mi ritrovo. Io lavrei gi fatto se avessi cognizione delle circostanze del
delitto, sul quale cader dovrebbe, e se la religione non me ne avesse finora
distolto. Il custode, che mi ha condotto, non fa che incoraggiarmi a questo
ultimo passo, e si offre a darmi tutte le istruzioni necessarie per eseguirlo. Egli
mi priva con una porzione di quel pane che la legge mi assegna; mi fa passare
de giorni interi tra gli ardori della sete, e viene qualche volta ad insultarmi
colle minacce della tortura, e colle speranze di un pronto ristoro alla mia fame
e alla mia sete, che mi sar conceduto subito dopo che avr proferita la men-
dace confessione, la quale, per quel chegli mi dice, non servir ad altro che ad
abbreviare il corso del giudizio, giacch, senza di quella, io non lascerei di
esser convinto. Alle minacce della tortura egli ne unisce pure unaltra, che mi
spaventa pi di quella. Egli mi dice, che vi preparato un carcere cento volte
pi orribile di quello nel quale mi ritrovo, e nel quale sar condotto, se stan-
cher la pazienza del giudice. Dalla dipintura chegli me ne ha fatta, laltezza
di questo carcere non maggiore della met del mio corpo, e la sua lunghezza
non contiene che lo spazio che si richiede per potervi rimaner seduto, senza
per altro poter distendere i piedi. Per togliere alle mie braccia e alle mie mani
anche quella piccola porzione di libert, che ora mi concedono le catene che
le circondano, egli mi dice che queste saranno unite a miei piedi, e che una
mano straniera verr ad introdurre nella mia bocca quelle poche once di pane
e di acqua, che serviranno a conservare la mia vita per gli ulteriori tormenti. Io
non ho motivo di credere false le sue minacce o esagerata la sua dipintura. Lo
stato, in cui mi ritrovo, mi dispone ad essere suscettibile di qualunque eccesso
e le leggi, che dirigono i giudici, e i giudici che le fanno eseguire. Io son dispo-
sto, dunque, a proferire la mendace confessione, che mi accelerer la mia morte
che io invoco in ogni istante, e che il solo spergiuro, che dee precederla, mi ha
finora impedito di conseguire.
Legislatori, re, monarchi, padri de popoli, come voi vi chiamate ne vostri
editti, con ci che vedreste, con ci che sentireste, se andaste per un momento
a visitare quella porzione de vostri figli che esauriscono la forza del dolore
sospirando presso la perduta libert! La descrizione che ve ne ho fatta non
n ornata dalleloquenza, n riscaldata dallentusiasmo. Io ho nascosto anzi
qualche cosa di pi che vi in qualche paese dellEuropa per timore che non
venga introdotta in quelli ove non conosciuta. Se questi scritti perverranno
59
Edoardo Ripari
sotto i vostri occhi, se supereranno gli ostacoli che allontanano tutto ci che
vero dalle vostre reggie e dai vostri troni; se non vi sar il cortigiano che li
derida, e lignorante che li calunnj, potrete voi non arrossire nel vedere che
tutti i fenomeni della tirannia si manifestino ancora nelle vostre monarchie, le
quali se sono moderate per le vostre virt, sono pi che dispotiche per le leggi
che vi regnano? In un secolo, nel quale si sono moltiplicati i lumi, e i pregiu-
dizj combattuti con tanto vigore, dovremo noi, dunque, essere ancora le vitti-
me delle stranezze funeste ed orribili, che linvenzione pi micidiale della su-
perstizione ha introdotte nella parte della legislatura, che pi interessa la li-
bert delluomo e la sicurezza del cittadino? Dovremo ancora noi risentirci
de colpi, che ha recati allumanit la terribile Inquisizione in un tempo, in cui
questa fiera superstizione ha perdute quelle unghie, colle quali ha per cinque
secoli lacerato linnocenza, lignoranza, la filosofia, e la religione istessa? Noi
che abbiamo adottate tante leggi de Romani, molte delle quali non sono pi
applicabili allo stato presente delle cose, molte inutili, e molte assurde, dovre-
mo poi trascurare quelle, che tanto favoriscono la civile libert? Dovremo noi
soffrire che il sistema creato da un ambizioso Pontefice prevalga ancora a
quello che la Greca, e la Romana sapienza stabilito aveva nel seno della liber-
t? Che lInquisizione proscritta dalle case de Vescovi, conservi ancora la sua
sede nel tempio di Ges? Che noi avremo di che arrossire leggendo i codici
stessi de tempi barbari sopra molti articoli della criminale procedura! Dovre-
mo noi soffrire ... Ma, ahi! Caliamo per un momento un velo su questa dipin-
tura orribile de pericoli, a quali esposta la nostra libert. Invece di maggior-
mente rattristarci sulla riflessione de mali, occupiamoci della scelta de rime-
dj, e consoliamoci sulla felicit che vi sarebbe di adoprarli 74.
74
Zibaldone, III, articoli 913-914, carte 189 verso-196 recto.
60
I. In medio consistit virtus
61
Edoardo Ripari
62
I. In medio consistit virtus
Nel solco di una simile frizione tra lideale ed il reale, del resto, lo
stesso Filangieri, con la sua Scienza, aveva di fatto superato lintero corpus
della scientia juris, affermando con le parole di Montesquieu: Noi gover-
niamo il mondo come , e non come dovrebbe essere.
75
La bbona nova (1253), 29 aprile 1834, v. 13.
76
Montesquieu [20046], vol. I, p. 177.
63
Edoardo Ripari
infatti lautore dellEsprit des lois, dove non vi sono leggi fondamentali,
non vi nemmeno un deposito di leggi. Da ci deriva che in quei paesi la
religione ha di solito tanta forza, in quanto forma una specie di deposito e
di continuit; e, se non la religione, sono le consuetudini che vi sono
venerate, al posto delle leggi. Ma in uno stato siffatto anche la religione
era paura aggiunta alla paura (V, 14) 77, giacch lubbidienza presuppo-
neva ignoranza in colui che ubbidiva, nel tentativo di fare un cattivo
cittadino per ottenere un buono schiavo. In uno Stato siffatto nulla si
riparava, nulla si migliorava, e come accadeva con Li soprani der Monno
vecchio (361, 21 gennaio 1832), il teocrate, pigro, ignorante, voluttuo-
so, era un uomo a cui i suoi cinque sensi dicevano senza posa che egli
[era] tutto, e che gli altri non [erano] niente (II, 5) 78:
77
Ivi, p. 208.
78
Ivi, p. 164.
64
I. In medio consistit virtus
79
Zibaldone, II, articolo 1184-1252, carte 154 verso -181 verso.
65
Edoardo Ripari
Nel settimo volume, ancora, Belli sostiene in prima persona, con evi-
dente entusiasmo, i princip pedagogici della scuola di Jean Joseph Jaco-
tot (1770-1840):
80
Ivi, IV, articoli 2395-2247, carte 225 recto -289 recto.
81
Ivi, articolo 2141, carta 158 recto.
82
Ivi, VII, articolo 4522, carte 218 recto -219 verso.
66
I. In medio consistit virtus
Certo il poeta dei sonetti, allo stesso tempo, era consapevole della dif-
ficolt di ricondurre la sua piccola patria pontificia allorizzonte delle nuove
conquiste del pensiero laico:
Quanto a lui, non aveva alcun dubbio sullefficacia delle nuove propo-
ste, e si impegnava ad applicarle subito su s stesso, in vista della forma-
zione di Ciro:
Per me, voglio io stesso fare una prova sopra me stesso onde il mio Ciro colga
il frutto di un sistema di associazione ideologica, stato sempre consono a miei
principi, tanto che vado quasi orgoglioso di averlo presentito in certi miei
lavori di storia, delineati presso a poco sul disegno che oggi nel nord si colori-
sce con s bel premio di successi. Del resto mi piacer di sapere se la enciclo-
pedia che ho avuto lonore di procurarle Le sembri almeno capace dinsinuare
ne suoi cari bambini le elementari nozioni delle quali il Mondo Nuovo non
permette pi la ignoranza 84.
83
Ibidem.
84
Ibidem.
67
Edoardo Ripari
85
Gibellini, in Teodonio [1998], vol. 1, p. 71.
86
Er mercato de piazza Navona (1121), 20 marzo 1834, vv. 13-14.
68
I. In medio consistit virtus
Come non ricordare, alla lettura di queste parole, i tanti versi che trat-
teggiano, con la spietatezza di una visione degradata e nauseabonda, il
pontefice e la sua corte ottusa e compiaciuta? Nel secondo sonetto del
87
Er legge e scrive (1596), 27 agosto 1835.
88
Filangieri [1822], vol. I, p. 143.
69
Edoardo Ripari
trittico Un antro viaggio der Papa (1553), del 25 maggio 1835, la parabola
della teocrazia sembra aver raggiunto lo stadio pi estremo di una tiran-
nia educata tra le mura di un serraglio, e lindignazione rabbiosa del
poeta prossima allo schifo:
70
I. In medio consistit virtus
La forza senza tempo della poesia di Belli, ricondotta alla sua attualit,
diviene infatti elemento di una metastoricizzazione: non riconoscibile,
dietro i versi del sonetto, il volto di Gregorio XVI, e tendenzialmente,
nellintero macrotesto, non riusciamo a contestualizzare negli anni Trenta
dellOttocento una Roma che cogliamo, al contrario, intemporale e ana-
cronistica 89. Belli in effetti, confinato in quellinsula extrastorica come un
ragno nella propria tela 90, non ha accesso empirico, una volta sfuma-
ti i ricordi di Milano, a quella realt ideale cui poteva aspirare solo attra-
verso il filtro della letteratura. Per scorgere al di l del suo cupo orizzonte
romano alternative possibili, egli era costretto a far tesoro delle parole dei
suoi autori, cercando avidamente di possederle (gli elenchi, gli estratti, i
meticolosi indici dello Zibaldone ne sono un spia evidente), per poi river-
sarle, ma sotto forma immaginifica e attraverso la mediazione di una lin-
gua abbietta e buffona, sulla sua pagina.
Di fronte alleclettismo dellimpostazione politica e costituzionale del-
la Scienza della legislazione, Belli poteva leggere, ad esempio, lapologia
della nascente nazione americana, o scoprire come la saggia Inghilterra,
per chi riteneva sempre pi necessario un potere illuminato, doveva esse-
re un punto di riferimento indispensabile al fine dellinnovazione politica
89
Scrive con saggezza Vigolo [1963], p. 17: La grandiosit e potenza talora allucinan-
te di alcuni sonetti [...] sta proprio in questa immensit di sfondo intemporale a perdita
docchio, per cui quel papa potrebbe anche essere Paolo III o Innocenzo X. A ben poca
cosa si ridurrebbe la poesia del Belli se fosse rimasta appiattita nei limiti angusti della Roma
di Gregorio XVI.
90
Cfr. La difesa de Roma (1271), 27 maggio 1834, vv. 7-8: e cqui a Rroma sce sto
pperch oggni raggno \ attaccato e vv bbene a la su tela.
71
Edoardo Ripari
91
Zibaldone, V, carte 280 recto e verso, articoli 3286-3287.
92
Ivi, I, articolo 550, carta 129 recto.
72
I. In medio consistit virtus
93
Montesquieu [20046], vol. I, p. 175.
94
Li Papati (942), 4 maggio 1833, vv. 12-14.
95
Cfr. Li Vicarj (1166), 6 aprile 1834, vv. 12-14.
73
Edoardo Ripari
96
Er boja (1111), 18 marzo 1834. C anche leco, in questo sonetto, delle riflessioni di
Joseph De Maistre, secondo cui toute grandeur, toute puissance, toute subordination
repose sur lexcuteur: il est lhorreur et le lien de lassociation humain. Otez du mond cet
agent incomprhensible; dans linstant mme lordre fait place au chaos; les trones sab-
ment et la socit disparot (Les soires de Saint-Ptersbourg, Libraire Greque, Latine et
Franaise, Paris, 1821, tome prmiere, p. 44). Non da escludere, nonostante le carte
belliane non ci informino a riguardo, che il poeta conoscesse lo scritto del controrivoluzio-
nario francese.
74
I. In medio consistit virtus
* Fra gli altri privilegi di simil fatta goduti da varie fraternit di Roma, notabile la prero-
gativa di cui investita la Compagnia di S. Giovanni Decollato, che quella che va a
tumulare i cadaveri dei giustiziati morti penitenti, dappoich glimpenitenti gettansi in
una specie di fogna scavata appi del cosiddetto Muro-torto, avanzo delle antiche costru-
zioni della Villa Domizia sul Pincio, e formante oggi parte del pomerio romano di Ono-
rio, tra le porte Flaminia e Pinciana. La Compagnia dunque poteva, e potrebbe anche
adesso, liberare un malfattore da morte, e menarlo processionalmente con torchio acceso
nelle mani, vestito di damasco bianco, e coronato di alloro, in segno di trionfo della
misericordia sulla giustizia.
75
Edoardo Ripari
97
Zibaldone, V, carta 281 recto, articolo 3288.
98
La bbona nova (1253), 29 aprile 1834, v. 14.
76
I. In medio consistit virtus
99
Va ricordata anche la nota 8 del sonetto 1093 (Le cllere, 14 marzo 1834), in cui la
chiosa ad un testo del tutto estraneo a polemiche politiche diviene occasione di una critica
che sta a dimostrare ladesione del poeta alle recenti acquisizioni della filosofia giuridica,
quella di Filangieri ma anche quella di Beccaria (Dei delitti e delle pene e La tortura): Dar
la corda: frase regalataci dal belluso dei tormenti nei giudizi criminali. Luso caduto, ma
il vestigio della frase rimarr chiss quanto nella bocca del popolo, e sopravviver forse
ancora alla pi tarda memoria di quelle barbarie.
77
Edoardo Ripari
Antonio Camardella non ne fece che una sola assai grossa: nel settembre del
1749 ammazz con un colpo di terzetta il canonico Donato Antonio Morgigni
che, mancandogli di parola in una questione dinteressi, aveva potuto farsi dar
ragione davanti al tribunale, bench realmente avesse torto. Quel modo pro-
verbiale per non nacque tanto dal preticidio [...], quanto dallo scandalo che
il Camardella dette otto giorno dopo, allorch condotto alla forca sulla Piazza
di Ponte SantAngelo, rifiut ostinatamente di convertirsi, bench il celebre
frate Leonardo di Porto Maurizio ci adoperasse per quasi unintera giornata
tutta la sua eloquenza, che davvero non era poca, e il boia, dal canto suo, i
soliti schiaffi, le solite finte dimpiccarlo senzaltro indugio, e i soliti carboni
ardenti, o lastre infocate, o cera liquefatta sulle mani, per atterrirlo con un
assaggio anticipato de tormenti dellinferno [...]. Se non che, mentre negli
altri casi [tutte queste iniziative] pare che giovassero, in questo non servirono
che a inasprire di pi il paziente, il quale, alla minaccia dellinferno, risponde-
va che era contentissimo di andarci, per fare a tizzonate col canonico.
100
Samon [1969], p. 28.
78
I. In medio consistit virtus
ER MERITO DE LI QUADRINI
Tutto lo splendore delle nazioni Europee non si trova oggi che nelle capitali.
Coloro che le abitano sono i soli cittadini dello stato; il resto degli uomini non
che una truppa dinfelici condannati a passar tutta la loro vita ne lavori pi
penosi, colla sicurezza di non poter trasmettere a loro figli altra eredit che
labito al travaglio, alle oppressioni, alla miseria ed alle imprecazioni vane di
una rabbia impotente. Parlando dell ostacolo che la grandezza immensa delle
capitali oppone a progressi dellagricoltura, noi abbiamo fatto vedere colla
101
gnisempre un pangrattato (501), 27 novembre 1832.
79
Edoardo Ripari
maggior precisione quali siano le cause che trasportano in esse tutto il nume-
rario de popoli. Si osserv che alcune di queste cause erano necessarie, molte
abusive. Si propose dunque un compenso per le prime ed una riforma per le
seconde 102.
I territorj delle grandi capitali non sono mai tanto grandi che bastino a dar
possidenza a molti individui. Daltronde i pi grandi e potenti principi del
Regno che nella capitale risiedono naturalmente ne assorbiscono la maggior
parte, senza contare le possidenze delle pubbliche istituzioni. Cos nelle gran-
di capitali i ricchi vivono parte co vistosi redditi delle grandi lor terre, e parte
con quelli e colle grandi cariche dello Stato: i cittadini (*) col resto de fondi
che avvanzasi ai grandi, e col servizio de grandi: il popolo colle arti meccani-
che, e col servizio de grandi e de cittadini. (*) Coglimpieghi, colle arti libera-
li, colla mercatura. Non cos nelle provincie, dove perlopi la estensione de
territorj pi proporzionata al numero degli abitanti, i quali in minori porzio-
ni dividendole, quasi a nessuno manca un cantone di terra da coltivare e da
procacciarne la vita. Perci le provincie sono sempre pi povere delle capitali,
ma negli individui le capitali offrono miserie pi spaventose etc 103.
Chi pu negare che le arti, lindustria, il gusto delle mode, tutte cose che au-
mentano incessantemente i rami del commercio, non siano un bene molto
reale per gli Stati? Ora il cristianesimo, che proscrive il lusso, lo soffoca, di-
strugge queste cose che sono da esso necessariamente dipendenti. Mediante
questo spirito di abnegazione e di rinuncia ad ogni vanit, esso introduce al
loro posto la pigrizia, la povert, labbandono di tutto, in una sola parola la
distruzione delle arti. Esso dunque, per sua propria costituzione, poco adat-
to a realizzare la felicit degli Stati 104.
102
Filangieri [1822], vol. I, pp. 273-274.
103
Zibaldone, I, articolo 91, carta 24 verso.
104
In Einaudi [1979], p. 36.
80
I. In medio consistit virtus
Il denaro che circola nelle mani dei ricchi e degli artisti per soddisfare la loro
domanda di beni superflui aggiungeva il Ginevrino , perduto per la sussi-
stenza delloperaio: questultimo non ha vestiti precisamente perch i primi
hanno bisogno di ornamenti doro per i loro abiti. Lo spreco di generi alimen-
tari necessari al nutrimento degli uomini basta da solo a rendere il lusso odio-
so al genere umano. [...] abbiamo bisogno di salse nelle nostre cucine; ecco
perch tanti malati non hanno neppure una zuppa. Di vino nella nostra tavola,
ecco perch i contadini bevono solo acqua. Di cipria per le nostre parrucche;
per questo tanti poveri non hanno pane 105.
105
In ivi, p. 90.
81
Edoardo Ripari
Il lusso non altro che luso che si fa delle ricchezze e dellindustria, per
procurarsi unesistenza piacevole col soccorso de mezzi pi ricercati che pos-
sono contribuire ad accrescere i comodi della vita ed i piaceri della societ.
Una nazione dunque, nella quale si osserva un gran lusso, deve senza dubbio
contenere grandi ricchezze; se in questa il lusso comune a tutte le classi de
cittadini, segno che le ricchezze vi sono ben distribuite e che la maggior
parte de cittadini ha un certo superfluo da impiegare per la sua felicit; se non
si ritrova che in una sola classe, segno che le ricchezze vi sono mal ripartite,
ma che se altre cause non cooperano a perpetuare questa funesta sproporzio-
ne essa non durer lungo tempo, perch il lusso istesso non tarder molto a
distruggerla 106.
106
Filangieri [1822], vol. I, p. 277.
107
Ivi, pp. 278-279.
82
I. In medio consistit virtus
108
Ivi, pp. 280-281.
83
Edoardo Ripari
Questo male, che i moralisti hanno anche attribuito al lusso, non altro che
un effetto della corruttela de costumi, la quale nel tempo istesso che corrom-
pe il lusso ammollisce gli animi, e rende gli uomini incapaci di reggere alle
penose fatiche della guerra 109.
109
Ivi, p. 282.
110
Zibaldone, I, articolo 203, carta 51 verso, e ivi, articolo 431, carta 105 recto, passim.
111
Ivi, III, articoli 1887-1889, carte 189 recto-192 recto.
84
I. In medio consistit virtus
poteva leggere ancora nella sua edizione del 1826 delle Rivoluzioni dItalia
di Carlo Denina (che avrebbe poi indicizzato nel nono volume zibaldo-
niano), lopinione dello storico secondo cui proprio al lusso e alla effe-
minatezza dei costumi, che portano seco tanti altri vizi, andavano at-
tribuite le intime ragioni della decadenza di Roma antica e delle repub-
bliche italiane del medioevo 112. Nello scritto di Giuseppe Martini Di alcu-
ne cose memorabili dItalia dalla caduta dellImpero romano sino allanno
1700; e della letteratura di essa 113 basato sostanzialmente sullopera de-
niniana la cagione dei gravi danni futuri della penisola era ancora
attribuita al lusso di Cardinali e figli dei Papi che, nel XV secolo, a
discapito dei progressi della filosofia e delle lettere, contribuirono a in-
debolire il paese, e renderlo facile preda delle ambizioni straniere 114.
Una volta immerso nel primordio della sua plebe, poi, la realt roma-
na dovette apparire a Belli ancor pi disastrosa di quanto i libri facessero
immaginare. Nei sonetti, invero, laspra polemica nei confronti della ric-
chezza sempre collegata allimmagine di una generalizzata decadenza
dei costumi, per cui il povero plebeo, cui evidentemente il poeta esprime
solidariet, si ritrova vittima del malcostume smodato e immorale di unari-
stocrazia, tanto laica quanto religiosa, degenerata e ormai parassitaria. Cos
accade in La famijja sur cannejjere (1043), del 9 gennaio 1834:
112
Denina [1826], libro II, pp. 156-168 passim e libro XIV, pp. 48-51 passim. Nellindi-
ce dello Zibaldone (IX, carte da 54 recto a 59 verso) il poeta attentissimo a segnalare ogni
ricorrenza del tema; cfr. carta 55 verso: Lusso I, 4. 29. 32. 41. 59; II. 17. 120. 126; V. 158.
207; VI 199; VII. 34; VIII. 39. 40. X. 117.41.95.9. 200.
113
Trascritto in Zibaldone, III, articoli 1852-1884, carte 158 recto-179 verso.
114
Ivi, articolo 1879.
85
Edoardo Ripari
* Abbiamo in Roma fra gli altri un luminoso esempio di questa verit. Un signor Patrizi
maestro di casa del Principe Chigi, e addetto anche al duca Braschi, stato accusato e
convinto da questultimo di furti vistosi. Ma il signor Patrizi ha danari e bbelle figlie,
potentissimi avvocati della Romana Corte.
86
I. In medio consistit virtus
115
gnisempre un pangrattato, cit., vv. 4-6.
116
La madre poverella (912), 18 febbraio 1833, vv. 9-12.
117
La golaccia, 1339, vv. 12-14.
87
Edoardo Ripari
88
I. In medio consistit virtus
118
Carducci [2006], p. 57.
119
Croce [19585], p. 175.
120
Ibidem.
121
Ivi, pp. 187-188.
89
Edoardo Ripari
122
Muscetta [19832], p. 92.
123
La Professione di fede venne pubblicata nel volume secondo delle Opere postume
pubblicato nel 1824, XIII volume delle Opere delledizione sopra citata. La possibilit che
Belli possedesse anche questo scritto dunque altamente probabile.
90
I. In medio consistit virtus
che questa sua potest non si restringa nella sola superficie della terra e del
mare, ma si approfondi pi in gi ne due altri sotterranei mondi, nel Purgato-
rio e nellInferno [...] 125.
Confesso questa potest non essere circoscritta dal nostro terraqueo globo,
ma che sorvoli pi in alto tutta lampiezza del cielo, sicch non pur possa
esercitarla sopra i maligni spiriti, che hanno il lor soggiorno nellaria, che
[...] chiamiamo cielo; ma via pi alto, e nellEmpireo stesso pu correggere
e comandare gli angioli del Paradiso. [...] In conseguenza di che tengo con
voi che il papa pu collocare e mettere nella possessione di quel regno cele-
ste chi vuole, ed assegnargli quelle sedi e gradazioni che gli aggrada, n pos-
sa essere a niuno impedita lentrata in quello, sempre che ne labbia egli
spedito diploma, ancorch il ripugnassero i vescovi, i cardinali e tutto il
mondo 126.
124
Giannone [1824], vol. II, p. 9.
125
Ivi, p. 12.
126
Ivi, pp. 13-14.
91
Edoardo Ripari
Che riconoscendosi nel papa s alta, indefinita, sovrana ed illimitata potest, ben
gli stia il nome di Vice-Dio, che non pur nelle pubbliche tesi, ma ne libri stam-
pati, che se gli dedicano in Roma ed altrove, tutto il d leggiamo. Talch tengo
essersi oggi gi decisa la quistione, che pur si vide posta in campo: utrum papa
simplex homo sit, an quasi Deus participer utramque naturam cum Cristo 127.
127
Ivi, p. 17.
[...] da unesatta notizia di tutto ci che abbiam proposto, oltre allaccrescimento
128
della prudenza per luso delle leggi e per un diritto discernimento, ciascuno potr ritrarre
lidea dun ottimo governo; poich notandosi nellistoria le perturbazioni ed i moti delle
cose civili, i vizi e le virt, e le varie vicende di esse, sapr molto ben discernere quale sia il
vero, ed al migliore appigliarsi. Ma sopra ogni altro, da ci dipende in gran parte il rischia-
ramento delle nostre leggi patrie e de nostri propri instituti e costumi [...]. Cos Gianno-
ne [1823, vol. I p. 213] nellIntroduzione alla sua Istoria.
92
I. In medio consistit virtus
129
Cfr. De Sanctis [1971], pp. 737-738.
130
Cfr. Ricuperati [1970].
131
Fasano [1984], pp. 47-48.
93
Edoardo Ripari
132
Ivi, pp. 49-50.
94
I. In medio consistit virtus
divertito avverano, doveva daltra parte scontrarsi, nel cantore di una re-
alt che quei lumi escludeva per disposizione naturale, con un retroterra
politico e religioso che affondava le radici del proprio ottuso immobili-
smo in un oscuro paradigma controriformistico. La stessa storiografia gian-
noniana, in virt del suo ampio respiro, del grande impianto della sua
impostazione, muoveva alla rivendicazione di una spiritualit evangelica
tradita, contrapponendosi parimenti a un universo della legislazione che
dalla Controriforma ereditava istanze, prepotenza e ingerenze di tipo feu-
dale. Negli anni di pratica romanesca, Belli aveva dunque guardato con
fascino e attenzione al tentativo del Partenopeo e dei riformatori meridio-
nali, di ridurre la religione a fattore umano, facendo propria, nella sua
poesia, la lucida indagine che Giannone conduceva sulle pratiche cultuali
di una teologia politicamente distorta: Belli stesso, ancora in tardi appun-
ti, avrebbe osservato, sulla scia di Benjamin Constant, che la religione
altro non che un affare di cuor tra luomo e dio 133.
Nellottica di unermeneutica dellalterit radicale, Belli pot leggere
con avidit e stupore, nel terzo libro, capitolo secondo, paragrafo terzo
dellIstoria civile, il racconto delle insigni virt di Teodorico, che afferma-
va, con una scrittura oggettiva e appassionata, un ideale di tolleranza e
una pratica dellefficienza che un presente malato alla radice poteva solo
desiderare:
133
LGZ, p. 569.
134
Giannone [1971], p. 412.
135
Larberone (1060, 15 gennaio 1834), v. 14.
95
Edoardo Ripari
Spanemio, fra gli altri, si scaglia contra gli scrittori franzesi che hanno per
favolosi nella persona di Gregorio questi racconti; dice che essi, scrivendo
sotto il regno di Lodovico il Grande, han voluto negar questi fatti, ne sub
Ludovico M. in romano pontifice huiusmodi potestatem agnoscere videren-
tur: ma essi intanto vogliono che fossero veri per farne tal paragone tra Cri-
sto S.N. ed il P. romano. Cristo, volendo quella innumerabile turba, tratta da
suoi miracoli, farlo re, tosto fugg, e loro rispose che il suo regno non era di
questo mondo: il papa, avendo i ribellanti Romani scosso il giogo di Lione ed
offerto il principato a Gregorio, tosto acconsent e ne divenne principe. Cri-
sto espressamente comand che si pagasse il tributo a Cesare: il papa ordin
che non si pagasse pi i tributi a Lione; per queste e simili antitesi, per queste
vie, non tenendo n modo, n misura, han prorotto poi in quella bestemmia di
aver il papa per Anticristo. Ora chi crederebbe che i pi parziali de Greci
scismatici, ed i maggiori sostenitori di questi rabbiosi eretici, sieno ora i mo-
derati Romani e gli scrittori pi addetti a quella corte? 137
136
Giannone [1971], pp. 414-415.
137
Ivi, pp. 439-440.
96
I. In medio consistit virtus
138
Cfr. Zibaldone, VIII, carte 240 recto e verso.
97
Edoardo Ripari
139
Samona [1969], pp. 77.
98
I. In medio consistit virtus
Ora conosco e detesto il mio errore daver creduto il pontefice romano fosse un
pastore, a cui fu commessa la cura duna greggia non sua, ma di Cristo, e che
questi fosse il solo Sposo e il Signore della Chiesa. E perci chiedo perdono, se tali
sentimenti voi avete scorti ne primi miei libri dellIstoria civile, e che a ragione gli
avete altamente sgridati s, ma non giammai convinti per falsi o erronei. Contutto-
ci io ora il detesto, e quando prima San Paolo ed i Padri vecchi diceano che lo
Sposo della Chiesa era Cristo, io ora dico meglio che sia il papa, e mi informo al
detto di Bonifacio VIII, il quale cio nel capitolo quoniam de immunit se stesso
chiam cos: Nos iustitiam nostram et Ecclesiae Sponsae nolentes negligere 140.
* Queste memorabili parole, scritte allinterno della cupola di S. Pietro, sono rivocate in
dubbio da qualche incredulo, sul nudo e solo motivo che nella lingua ebraica, o altra
140
Giannone [1824], vol. II, pp. 21-22.
99
Edoardo Ripari
(fuori della latina o italiana) che avesse parlata Ges Cristo, manca il fondamento anfibo-
logico della omofonia tra Petrus e petra. Ma forse Ges Cristo parl a san Pietro in
latino. In questo caso per la Chiesa greca non fu fondata da Cristo.
141
Giannone [1823], vol. I, p. 203.
142
Bertelli, in Giannone [1971], pp. 355-357 passim.
143
Carducci [2006], p. 31.
144
Cfr. Assmann [1997], pp. 51-58 passim.
100
I. In medio consistit virtus
rono in prima istanza. Le pagine dello Zibaldone daltra parte, dove lIsto-
ria riassunta attraverso criteri meramente cronologici e alfabetici, senza
alcuna analisi o rielaborazioni critiche personali, precludono al lettore la
possibilit di accedere direttamente alla reale riflessione di Belli a riguar-
do, costringendolo a procedere per piccoli indizi e muoversi attraverso la
distorsione del filtro romanesco. Ma certo si realizza, proprio in questa
mirabile fusione tra lintertesto colto e la voce popolare, il dramma intimo
del poeta, reso consapevole dallAufklrung delle stridenti contraddizioni
del proprio mondo, e al contempo costretto, per strategia letteraria, a
esprimersi attraverso modalit linguistiche e ideologiche negate a ogni
luce.
E tuttavia, la sostanziale estraneit del monumento alle rivendica-
zioni e alle conquiste del paradigma letterario risorgimentale, che agiva
gi allinterno del nuovo orizzonte dattesa e partecipava con assoluta con-
sapevolezza alle morfologie della lotta per le nazioni 145, non rappresenta
necessariamente un limite: il genio del Belli fu anzi in grado di fare della
sua condizione una forza, e giungere, attraverso la mediazione culturale
di archetipi primordiali e istintivi, dove la letteratura contemporanea dif-
ficilmente aveva solo cercato approdo. Suscitano infatti, a ogni nuova let-
tura, uno stupore allucinato, metafisico ed infero, quei sonetti che sco-
prono lessenza stessa del potere con uno sguardo visionario ed insieme
scientifico, secondo una vera e propria antropologia delluniverso politi-
co; nella rappresentazione metastorica del papato, nelle deformazioni cor-
porali del pontefice, egli coglieva ad esempio la decrepitezza anacronisti-
ca dellintero potere temporale, come accade nel sonetto del 1 aprile
1829, Pio Ottavo (11) con cui ha inizio, per dirla con Vigolo, la comme-
dia umana di Belli (Che ffior de Papa creeno! Accidenti! / Co rrispetto
de lui pare er Cacamme. / Bbella galanteria da tate e mmamme / pe ff
bbobo a li fijji impertinenti! // Ha un erpeto pe tutto, nun ti ddenti, /
gguercio, je strascineno le gamme, / spnnola da un parte, e bbuggiaram-
me / si arriva a ff la pacchia a li parenti); nelle teriomorfizzazioni che
coinvolgono e sconvolgono la figura di Gregorio XVI, lumeggiava come
demoniaco il suo pontificato, e ne estendeva poi la sostanza a tutti i Prin-
145
Cfr. Banti [2000].
101
Edoardo Ripari
Qui il Papa, osserva Garvin, non domina il mondo in cima alla gerar-
chia ecclesiastica, ma un uomo come noi immerso nella sua animalit
fisiologica. Egli non il salvatore delegato in un mondo cristiano di valori
positivi bens un uomo che opera in un mondo di valori stravolti. La sua
umanit negativa [...] data dalla carnalizzazione delluomo, in questo
suo farsi tutto anatomia: ossa, carne, bocca, denti, budella [...]. Le com-
ponenti fisiche del Papa sono insaccate in un involucro senza forma, in
unarea semantica che suggerisce la voracit papale, privilegiando gli or-
gani suddetti ad attivit digestive ed escretive: bocca, denti, budella 147.
Sono dunque dimensioni simboliche a porsi alla base della forza visiona-
ria e corrosiva dei versi, in assenza di una cronotopia storica e ideologica;
archetipi dalla ricorrenza macrotestuale che consentono al poeta unine-
dita comprensione e rappresentazione della sovranezza.
146
Cfr. ad esempio At., 4, 26 e Eph., 6, 12.
147
Garvin [1978], p. 80.
102
I. In medio consistit virtus
103
Antologia di testi
Non le bisogna usare molte parole a persuadermi delle immense difficolt che
l convenuto superare e che le conviene continuamente combattere nella sua
bella impresa. Conosco in generale lItalia e la Toscana quanto basta per im-
maginarmi tutti gli ostacoli che le si oppongono. In ogni modo, se il suo Gior-
nale, per difetto della letteratura e delle circostanze dItalia, ancora lontano
da quel punto che il suo squisito giudizio si propone, e che hanno conseguito
parecchi giornali stranieri, egli nondimeno la migliore opera periodica che
abbiano glItaliani, e superiore a quello che noi potevamo sperare 2.
1
Raimondi [20002], p. 31.
2
Leopardi [20012], p. 1261.
105
Edoardo Ripari
[...] i libri che oggi si pubblicano in Italia non sono che sciocchezze, barbarie,
e soprattutto rancidumi, copie e ripetizioni. Un giornale che non pu annun-
ziare se non qualche sonetto, qualche testo di lingua inedito o ristampato,
qualche commentario sopra un libro antico, sopra un sasso, una moneta e
cose simili, non pu molto a contribuire ai progressi n dello spirito umano n
della nazione 3.
In effetti, a Roma, il Leopardi era stato lanno prima, nel 1823, sco-
prendo una situazione culturale desolata e desolante, vero e proprio le-
tamaio di letteratura e di opinioni 5:
3
Ivi, p. 1262.
4
Ibidem.
5
Lettera a Carlo Leopardi, 18 gennaio 1823, in ivi, p. 1233.
106
II. Terra di servit, terra desigli
Non abbiamo la certezza che Leopardi, nel suo breve soggiorno roma-
no, conobbe personalmente Giuseppe Gioachino Belli, ma certo avrebbe
trovato nel futuro artefice dei sonetti la stessa insofferenza di poeta e cit-
tadino. I viaggi di Belli a Firenze e Milano, in effetti, muovevano dallur-
genza profonda di evasione da un mondo di anticaglie ed arcaismi, di
Tiberini goffamente rivestiti dei panni di Arcadi, alla ricerca di nuovi
modelli letterari e linguistici e di un nuovo pubblico. Lesperienza di real-
t radicalmente altre consent in effetti, al Trasteverino, di acquisire una
consapevolezza inedita delle condizioni effettive delluniverso teocratico,
e soprattutto di estendere il panorama delle sue riflessioni alle idee di
nazione e progresso, sulle sorti comuni di un intero popolo intuite,
sino ad allora, solo attraverso il filtro della pagina scritta.
6
Ivi, p. 1236.
7
Ivi, p. 1226.
107
Edoardo Ripari
I SANTI-PETTI
108
II. Terra di servit, terra desigli
8
Teodonio [1998], vol. II, p. 104.
109
Edoardo Ripari
Agli indizi dati dalloste al nostro romanesco pare avere lui associata la notizia
che doveva avere di un sonetto del di lui padrone sulla morte di Geronimo
nostro, uno della Compagnia de Santi-petti, avvenuta nel giorno 15 aprile
1834, cio pochi giorni prima del banchetto genetliaco, del quale si parla. Il
sonetto necrologio il seguente, che noi qui diamo in forma di illustrazione,
con appresso laggiunta di alcuni schiarimenti:
110
II. Terra di servit, terra desigli
1821: Bacia per me nel mezzo dellomerica fronte del mio santissimo
Amati (il santo-petto Geronimo), e la nota successiva, che rappresenta
una delle pagine pi lucide e significative di tutta la prosa di Belli 9, ag-
giunge ulteriori spunti di satira e motivi di insofferente disagio:
9
Ibidem.
10
Ibidem.
111
Edoardo Ripari
11
LGZ, pp. 312-313.
12
Ibidem.
13
Significativo anche questo brano dello Zibaldone (I, articolo 546, carta 127 verso):
(societ / beffa / impostura / improvviso. / Ignoranza). Giorgio Pescatori ancora vivente
(1825) nella Citt di Napoli si trov presente ad una conversazione in cui molti recitarono
versi. Pregato anchegli di dire qualche cosa, come non letterato ma astuto e lepido di
molto, rispose non aver nulla di scritto a memoria, ma che per compiacere chi lo invitava
avrebbe dopo un breve momento di riflessione composto un distico greco estemporaneo
sul soggetto che gli si fosse assegnato. Gli fu questo dato, e poi finchegli pensasse recit
altri una brevissima cosa. Dopodich alzatosi seriamente il Pescatori disse alcune parolacce
insignificanti foggiate a desinenza greca, e a ritmo poetico, disposto a mandare la cosa in
celia dove non gli fosse menata buona, o di riceversi seriamente gli applusi, quando alcuno
meglio di lui non avesse inteso di greco. Accadde nella seconda maniera: sicch egli da tutti
lodato e celebrato, il giorno dopo ricevette visite ed inviti per nuove accademie, alle quali
ognuno indovina che egli mai non torn, bench gravemente lo facesse sperare.
112
II. Terra di servit, terra desigli
taire [...], non riflette grande luce allintorno di propria vita romana; ed
condannata ad essere sempre cos, immobile, immutabile; la sua vita in-
tellettuale era infatti animata da squallidi imitatori di Metastasio nelle
cicale scoppiate dArcadia, da personaggi come il sarto improvvisatore,
Francesco Gianni (1749-1823), specie di mulo nato dallincrociamento
della giomenta Arcadia con lonagro Ossianismo nella frega dellenfasi
rivoluzionaria, o Giovan Battista Casti altro Geronimo Amati me-
nestrello nomade della marcia e fetida arte del servaggio italiano. Giullare
di tutto e di tutti; e infine da frati, preti belletteristi e gesuiti, tutti
retori falsi: ossa fracide che accusano letisia della fede e il sormontar
vittorioso del diavolo filosofismo che li tiene a cappuccio 14.
In questa prospettiva, la rivoluzione letteraria di Belli appare davvero
sorprendente, tanto pi se pensiamo che egli stesso apparteneva alla terza
generazione di intellettuali romani, i restaurati per eccellenza, nel periodo
di pianificazione dellorganizzazione delle istituzioni in senso controrifor-
mistico, dove i ceti medi sarebbero stati sempre pi facilmente e massic-
ciamente coinvolti nella produzione della cultura e del consenso, in un
orizzonte tradizionalista ed accademico. Clero e aristocrazia, borghesia
e popolo, condividevano una rozzezza di costumi (o meglio di usanze,
per usare ancora una distinzione leopardiana) maggiore rispetto al conte-
sto nazionale e internazionale, a causa della forte rigidit sociale e della
particolare natura teocratica dello Stato: il forte livello di integrazione tra
potere religioso e politico, la creazione e il controllo del consenso, una
censura particolarmente vigile e capillare, la presenza onnivora del clero
in istituzioni come scuole, biblioteche, accademie, venivano a caratteriz-
zare le opzioni disciplinari di quel ceto medio laico, cui Belli aveva guar-
dato e guardava, addirittura come sostanzialmente pi conservative e
tradizionali rispetto a quelle ecclesiastiche 15.
Una personalit come quella belliana, in tali circostanze, doveva inevi-
tabilmente guardare a un contesto pi ampio per conferire alla sua pagina
una dimensione nazionale e recuperare, dunque, quella tensione etica,
civile, progressista che la letteratura contemporanea tendeva ad obliare.
14
Carducci [2006], p. 33.
15
Merolla [1984], p. 81 e p. 125.
113
Edoardo Ripari
114
II. Terra di servit, terra desigli
16
Contini [19952], p. 261.
115
Edoardo Ripari
17
Ibidem.
18
Ivi, p. 68.
19
In Ibidem.
20
Sulla vicenda cfr. il Ricoglitore italiano e straniero [1837], p. 580, dove ritroviamo la
cronaca dello scandalo che suscit lAccademia della Crusca per la premiazione del Dome-
nicano; Monti [1859], p. 42, che sottolinea listile ampollosissimo della lingua barocca
del Buffa, il quale si giov della dimestichezza con molti Cruscobeoni; Cant [1882], p.
48 e Stampa [1885], p. 232. In particolare, in questo ultimo scritto, si sottolinea con effica-
cia come il Buffa, predicando, toccasse il grottesco.
116
II. Terra di servit, terra desigli
Gi nel 1830 daltra parte, in una lettera del 15 maggio alla moglie
Maria Conti, esempio mirabile di prosa umoristica, Belli aveva professato
apertamente una deontologia del vero contrapponendola proprio a una
lingua quella del purismo del pio Cesari che aveva oramai consuma-
to i codici espressivi necessari alla rappresentazione del reale:
[...] a uno storico fedele disconviene meno unoscenit che una negligenza.
Cazzus!, esclam dunque il facente funzione, fottetemi in profosso questa caro-
gna. Con tutto ci intorno al vocabolo carogna, non debbo dissimulare, a di-
scarico del magistrato, che le opinioni dei filologi non vanno daccordo: poi-
ch se da un canto vero che un dignitario di Roma viet un giorno a me
stesso che col ministero di quella voce io potessi indicare onestamente pure
un asino morto, chi non ricorda dallaltro la purit, il candore e la eleganza
con che il piissimo Cesari di cruschevole memoria chiam Divina Carogna il
sacrosanto corpo di Cristo? 21
21
LGZ, pp. 118-119.
117
Edoardo Ripari
cora il 19 giugno 1838) 22, che per il vizio di un pesante filtro letterario
tendeva a disperdere lessenza pi intima, pi tattile, laidamente veritiera
della realt, appariva invero, sebbene in via del tutto obliqua, gi nellin-
fanzia della poesia di un autore che di tale problematica avrebbe fatto la
chiave di lettura della sua poetica pi significativa, dimostrandoci pi di
ogni altro contemporaneo che attraverso il linguaggio che percepiamo e
decodifichiamo il mondo che ci circonda. Ancora in un sonetto ascrivibi-
le al primo periodo della Tiberina, ad esempio, in cui lesigenza di sfogo
viscerale cercava goffamente di farsi strada fra le pieghe di una lingua
ossidata, la soluzione stilistica scaturiva dalla giustapposizione dei modi e
delle forme del basso corporeo della tradizione comica a uno stile altiso-
nante in finto-antico:
22
Ivi, p. 243.
118
II. Terra di servit, terra desigli
119
Edoardo Ripari
23
Muscetta [19832], p. 78.
120
II. Terra di servit, terra desigli
121
Edoardo Ripari
Questo sonetto scriveva nel manoscritto, sotto il testo fu scritto con espressa
intenzione di satirizzare il barocco stile di Monsignor Carlo Emanuele Muzza-
relli Uditore di Ruota, il quale oltre il cattivo comporre recita alla ferrarese
raddoppiando nella pronuncia alcune consonanti semplici, e semplificando
altre doppie: cosicch viene spesso a cadere in suoni equivoci e di vario senso.
24
Raimondi [20002], p. 50.
25
Ivi, p. 55.
122
II. Terra di servit, terra desigli
26
Lo ritroviamo nel secondo volume dello Zibaldone, articolo 1463, carte 306 recto-
307 verso.
123
Edoardo Ripari
27
Zibaldone, IV, articoli 2290-2316, carte 186 recto-200 recto.
28
Rispettivamente nel terzo volume, carta 67, e nel settimo, carta 154.
124
II. Terra di servit, terra desigli
29
Articoli 1001-1146, carte 1-98.
30
Ferrone [2007], p. 173.
125
Edoardo Ripari
31
Zibaldone, V, articolo 2843, carta 141 recto.
32
Ivi, articolo 2933, carte 152 verso-153 verso.
33
Ivi, articolo 2937, carte 155 recto e verso.
34
Ivi, articoli 3003-3018, carte 181 recto-188.
35
Ivi, articoli 3100-3213, carte 209 recto-229 recto, passim.
36
Ivi, articolo 3071, carta 199 verso.
126
II. Terra di servit, terra desigli
37
Ivi, articolo 3106, carte 211 verso-212 recto.
38
Ivi, articolo 3107, carta 212 recto.
39
Ivi, IV, articolo 2288, 172 recto-183 recto.
40
Ivi, articolo 2289, carte 184 recto-185 verso.
41
Ivi, II, articoli 1147-1154, carte 99 recto-116 verso.
127
Edoardo Ripari
2. Erano gli anni in cui unorrenda reazione contro natura, cio con-
tro storia ebbe a dire pi volte Croce avrebbe ricondotto la Roma dei
Papi alloscuro clima medievale e controriformistico, escludendola ulte-
riormente, o meglio definitivamente opponendola alle istanze del nuovo
paradigma storicistico e laico, che la circondavano con una minaccia sen-
za precedenti. Alla morte di Pio VIII, infatti, lo scontro tra zelanti e
politici si era riproposto vistosamente, e aveva bloccato i lavori di uno
dei conclavi pi lunghi e discussi della storia. Dopo cinquanta giorni, cen-
to scrutini e numerosi disordini a Roma e in tutto lo Stato pontificio, veni-
va eletto, il 2 febbraio 1831, Gregorio XVI, il pontefice che pi di ogni
altro sarebbe stato in lotta contro il secolo. Nei suoi confronti, Belli fu
diffidente sin dallinizio. Proprio il 2 febbraio 1831, un sonetto romane-
sco sullUpertura der concrave (93) inaugurava latteggiamento di scettica
insofferenza nei confronti di Frate Mauro che caratterizza lintero uni-
verso dialettale:
42
Ivi, III, articoli 1655-1671, carte 85 recto-90 recto.
43
Ivi, V, articolo 3226, carte 233 recto-237 verso.
44
Ivi, articoli 3227-3316, carte 239 recto-285 recto.
128
II. Terra di servit, terra desigli
45
In Villari [2007], vol. 3, pp. 50-64 passim.
129
Edoardo Ripari
organizzativa, proponevano cos ben altra ricetta: una volta aboliti codici
e tribunali istituiti dai francesi, il clero veniva esentato dalle imposte, gli
ebrei venivano di nuovo rinchiusi nei ghetti, veniva proibita la vaccinazio-
ne contro il vaiolo portato del diavolo , ripristinato il SantUffizio, ri-
chiamati i gesuiti.
In questa prospettiva, la conversione belliana appare in tutta la sua
dimensione etica, non solo nelleversione linguistica e civile, ma anche e
soprattutto perch animata dal sentimento profondo dellurgenza di una
riforma intra ecclesiam. Le stesse carte zibaldoniane, daltra parte, rivela-
no la capacit del poeta di ricondurre le conquiste del pensiero europeo
alleffettiva situazione italiana e romana, e di convertire dati e informazio-
ni alle necessit della sua musa dialettale. Gi nel 1828, infatti, Belli anti-
cipava i criteri del suo metodo conoscitivo e letterario, guardando da un
lato allo scenario politico internazionale, e adattandolo dallaltro a unot-
tica tutta romana e romanesca: cos il 16 aprile 1828 componeva un picco-
lo racconto su Ferdinando IV III e I Re del Regno delle due Sicilie che
fugg da Napoli per salvarsi dalla Costituzione sotto legida del congres-
so di Lubiana. Ad una statua di lui eretta in Palermo osservava fu di
notte rovesciato sul capo un vaso di sterco, e poi lasciatovelo con sotto
questa epigrafe A tal guerriero degno cimiero. Scoperto lautore, fu
condannato ai ferri in vita 46. Pi oltre rifletteva sulla politica deleteria di
Leone XII, e si soffermava sullinterpretazione satirica fornita dai Roma-
neschi su Pio VIII (di quellanno il sonetto omonimo, che apre defini-
tivamente la commedia romana):
Il Pontefice Leone XII guast molto la cosa pubblica. Morto lui, e montato al
trono Federico Saverio Castiglioni col nome di Pio VIII, fu veduto che lo
stemma di questi era un leone che ritto sulle zampe posteriori sostiene una
torre colle anteriori; fu allora detto satiricamente rappresentante quellarme
Leone che consegna la torre di Babel (confusione) a Pio VIII. Tratto molto
spiritoso e degno dellarguto popolo romano 47.
46
Zibaldone, V, articolo 2833, carta 139 verso.
47
Ivi, VII, articolo 4237, carta 153 recto.
130
II. Terra di servit, terra desigli
Chi pensa con idee sproporzionate al soggetto e parla con parole sproporzio-
nate al pensiero pu talora per accidente sembrare di aver bene pensato e
parlato, mentre pure err e nella idea e nel vocabolo: cosicch un errore so-
vente ne rettifichi un altro. Diamo di questa metafisica verit due paragoni
uno fisico e laltro aritmetico. Una mensa non bene orizzontale abbia sopra un
candeliere inclinato dalla banda opposta alla inclinazione del piano. Il vizio
della linea verticale emender quello della orizzontale, e ne risulter un ordi-
ne. Chi, date le seguenti cifre, da sommare, 6 5 4 dicesse, sommando: sei e
cinque dodici: dodici e quattro quindici errerebbe due volte, e con due errori
avrebbe dato nulladimeno un regolare prodotto di 15.
48
Li cancelletti, 152, 2 ottobre 1831.
49
Zibaldone, VII, articolo 4238, carta 153 verso. E cfr. il sonetto Li teatri de Roma
(343), del 12 gennaio 1832.
131
Edoardo Ripari
Levate dunque sempre la voce voi animosi che avete petto da tanto, e se un
sollecito esito non coroner le vostre speranze sotto i vostri occhi che ne vissero
bramosi, vi sosterr il conforto di quella gran verit: di, di, di e qualche cosa
resta. Molte forze e tutte cospiranti ad un fine, spesso vincono la stessa natura 51.
50
Raimondi [20002], p. 38.
51
LGZ, p. 313.
132
II. Terra di servit, terra desigli
52
Ibidem.
53
Cit. in Raimondi [20002], p. 56.
54
Ibidem.
55
Ivi, p. 57.
133
Edoardo Ripari
Odia lingrato
(e assai ve nha) De beneficii il peso
Del suo benefattor; ma laltro in lui
Ama allincontro i benefizii sui.
Per vivere in pace con questi uomini pericolosi, fa duopo suscitar destramen-
te motivi di esercitar teco qualche facile cortesia; e conciliando cos in essi
linteresse dellavarizia con quello dellorgoglio, liberarli dalla incomoda ne-
cessit di non vedere in te un inferiore. Ma dove poi un giorno tu li trovi fuori
della probabilit di nuocerti, allora quella tua temporanea sommissione ven-
dicala col flagello del beneficio 57.
56
Zibaldone I, articolo 310, carta 70 recto.
57
Ivi, IV, articolo 2458, carte 301 verso-302 recto.
134
II. Terra di servit, terra desigli
135
Edoardo Ripari
Lanno successivo poi, vedeva la luce una Canzone, dallo stesso Belli
definita civile, in cui il Romano si poneva ulteriormente il problema di
un intervento diretto, attraverso la letteratura, nel contesto politico-socia-
le e storico non solo relativo allangusta realt dello Stato papale, ma ad
un orizzonte dattesa definitivamente italiano. Essa nasceva, invero, da
una lite fra musici nata in seno allAccademia filarmonica di Roma, ma
la presenza occulta di pi sublimi verit ci confermata proprio da
Belli. La sua coscienza di cittadino era dunque tentata da una militanza
poetica che lo conduceva e lavrebbe condotto di l a breve a una profon-
da meditazione sulle cause dellitaliana decadenza attraverso un retaggio
filosofico che gi Leopardi e Manzoni, pur su altri binari, avevano fatto
proprio. Belli muoveva in effetti, in virt del suo atteggiamento pi reli-
gioso che ideologico, da un terreno moralistico ed esistenziale che non
escludeva, tuttavia, idealit civili gi care alla poetica del Petrarca:
136
II. Terra di servit, terra desigli
Ill.mo Sig. Nobili, noviziato io sul rifiuto di permesso che codesto Reverendo
revisore ecclesiastico si d alla stampa della mia canzone se prima non venga
dichiarato lo scopo di essa, volentieri io mi faccio a dichiarare ci che nella
nona strofa accennato. In Roma esiste unAccademia filarmonica, regolata,
approvata e di eccellenti speranze. Alcuni individui separati da essa per priva-
te differenze ne hanno adesso eretta unaltra con parole di sdegno e mire di
reciproca distruzione. I brutti litigi attuali e i danni futuri mi eccitarono a
levare la voce rampognando coloro che non badano a vedovare la patria di un
lustro [...] 58.
58
In Vighi [1975], vol. I, p. 691
137
Edoardo Ripari
lante, che da un lato allude con chiarezza alla piccola patria dello Stato
pontificio, mentre sottende dallaltro, pur ben dissimulata, la pi sublime
idea di Italia:
E leggiamo ancora:
138
II. Terra di servit, terra desigli
politico 59. Una retorica che si scorge con facilit in questi versi,
nellimmagine di una patria personificata in regal matrona, che
inerme tende il seno al nemico.
Rispetto a queste divergenti interpretazioni, va tuttavia notato che nel
corso di un decennio, attraverso dichiarazioni dello stesso Belli, i versi
della canzone subiscono, in uno slittamento interpretativo, un definitivo
allargamento di orizzonte. Gi nella citata epistola al Nobili, linvito a
vedovare la patria era di per s significativo, in quanto aderiva, pi o
meno consapevolmente, a un preciso contesto simbolico patriottico. Ma
nella lettera del 31 gennaio 1836 ad Amalia Bettini, attrice drammatica e
amica del poeta di note simpatie liberali, che Belli si spingeva ad afferma-
zioni retrospettive chiarificatrici ed inequivocabili:
Dacch i primi studi delle storie e della ragion politica dei popoli principiaro-
no a svilupparmi un senso nella parola di Patria, il sommo pensiero che abbia
di poi occupato continuamente il mio spirito quello si fu delle cause della
italiana decadenza, non che di quella specie di fato che questa gi s potente e
pur sempre nobilissima terra mantien vile e derisa. Vane se non al tutto ingiu-
ste mi parvero ognora le querele dItalia contro la violenza straniera, quando
la principale vergogna debba ella vederla sul proprio volto, e il roditor verme
suo vero cercarlo nelle stesse sue viscere. Succedute le cupidigie delloro al-
lamor della gloria, allardire linsolenza, agli stenti dei campi lozio e le lasci-
vie, e alle magnanime imprese le discipline del fasto e del triclinio, la pubblica
vita divenne privata e, sciolto il gran vincolo simboleggiato sapientemente ne
fasci de littori, ciascun uomo si raccolse in se stesso, non pi cospirando al
comun bene ma inteso allindividuale suo comodo. Surse allora uno scettro su
milioni di spade e la verit di ciascuno segn il termine allimpero di tutto per
dar principio ad una nuova grandezza, falsa ed instabile, perch scompagnata
dalluniversale interesse che anima e vita delle nazioni [...]. Meditavo io ap-
punto nellanno 1825 sui miseri destini di queste nostre belle contrade, allor-
ch lAmor-personale, vecchia ed eterna origine delle italiane sventure, venne
a dividere gli animi di un romano sodalizio, che dal culto de numeri musicali
sintitol Accademia filarmonica. Il malnato scisma separ lonorevole istituto
in due corpi, n luno n laltro de quali poteva bastare a se stesso. Parsemi
quella discordia circostanza atta a pretesto per levare alta la voce, e, sgridando
i miei sconsigliati cittadini per quello per s oscuro soggetto, far balenare a
59
Muscetta [19832], p. 102.
139
Edoardo Ripari
Nel maggio del 1828, del resto, mentre estraeva con minuzia per il
suo Zibaldone numerosi brani dai 25 volumi della Storia della rigenera-
zione della Grecia di Pouqueville, Belli aveva gi potuto riandare con la
memoria alle vicende culturali della sua piccola patria, allepisodio
della scissione dellAccademia filarmonica che aveva suscitato la sua in-
dignazione di romano ed italiano, leggendo e trascrivendo, nel segno di
una drammatica alterit, notizie relative alla fondazione, nel 1813 ad
Atene, della societ dei Filomusi, lungimirante esempio di istituzione
nata al fine di sgombrare lignoranza di un popolo oppresso da seco-
li di barbarie:
Fin dal 1813 si fond in Atene una societ chiamata de Filomusi ad oggetto di
sgombrare lignoranza che da tanto tempo signoreggiava la patria delle scienze
delle lettere e delle arti. La politica sospettosa de Musulmani non le permette-
va, bench grandissimo ne fosse il numero dei membri ascritti, che di aggiun-
gere qualche professore di filosofia e di eloquenza alle scuole elementari, di
sussidiare gli allievi indigenti, e di mantenere alcuni giovani nelle universit
dEuropa. Tuttoci segretamente, come pure segretamente avevano gettate le
fondamenta di una biblioteca, e raccoglievano i monumenti di architettura e di
scultura strappati a tanti secoli di barbarie e alle incessanti ricerche degli Eu-
ropei da Cosimo il Vecchio a Lord Elgair che senza compassione spogli Ate-
ne de capi lavori onde Fidia e i suoi allievi avevano ornato il Partenone. Le
circostanze non permettevano di formare un museo; ma non perdettero mai la
speranza di un migliore avvenire, in cui sarebbe loro concesso dinnalzarne
uno degno della classica terra che tuttavia racchiude inesauribili tesori di scul-
ture dogni maniera. N questavvenire era lontano. Non appena fu lattica
sgombrata dai Maomettani che lillustre societ si riordin in pi di 400 mem-
60
LGZ, pp. 315-316.
140
II. Terra di servit, terra desigli
61
Zibaldone, IV, articolo 2256, carte 158 recto-160 recto.
141
Edoardo Ripari
62
Il ne faut pas confondre lAmour-propre et lAmour de soi-mme, deux passions
trs-diffrentes par leur nature et par leur effets. LAmour de soi-mme est un sentiment
naturel qui porte tout animal veiller sa propre conservation; et qui, dirig dans lhomme
par la raison et modifi par la piti, produit lhumanit et la vertu. Lamour-propre nest
quun sentiment relatif, factice et n dans la socit, qui porte chaque individu faire plus
de cas de soi que de tout autre, qui inspire aux hommes tous les maux quils se font mutuel-
lement, et qui est la vritable source de lhonneur. Le plus mchant des hommes est celui
qui sisole le plus, qui concentre le plus son cur en lui-mme; le meilleur est celui qui
partage galement ses affections tous ses semblables. Il vaut beaucoup mieux aimer une
matresse que de saimer seul au monde. Mais quiconque aime tendrement ses parens, ses
amis, sa patrie et le genre humain, se dgrade par un attachement dsordonn qui nuit
bientt tous les autre, et leur est infailliblement prfr. Lamour de soi, qui ne regarde
qu nous, est content quand nos vrais besoins sont satisfaits; mais lAmour-propre, qui se
compare, nest jamais content et ne surot ltre, parce que ce sentiment, en nous prfrant
aux autre, exige aussi que le autres nous prfrent eux, ce qui est impossible. Voil com-
142
II. Terra di servit, terra desigli
ment les passions douces et affectueuses naissent de lamour de soi, et comment les pas-
sions haineuses et irascibles naissent de lAmour-propre. Ainsi ce qui tend lhomme essen-
tiellement bon, est davoir peu besoins et de se comparer peu aux autres; ce qui le rend
essentiellement bon, est davoir beaucoup de besoins et de tenir beaucoup lopinion. Les
prceptes de la loi naturelle ne sont pas fonds sur la raison seule, ils ont une base plus
solide et plus sage. LAmour des hommes driv de lAmour de soi, est le principe de la
justice humaine; in Rousseau [1806], pp. 53-55.
63
Leopardi [20012], pp. 1013-1019 passim.
143
Edoardo Ripari
Evidentemente Belli non pot mai leggere tali parole, che tuttavia ci
appaiono essenziali alla comprensione delle sue intime riflessioni, soprat-
tutto perch queste vanno a loro volta ricondotte a un pessimismo ancora
settecentesco, alla interpretazione negativa, scettica, rassegnata di sugge-
rimenti, chiarificazioni, teorie illuministiche e post-illuministiche.
Les Ruines di Volney appaiono anzi il modello intertestuale diretto
delle appassionate parole che Belli inviava ad Amalia Bettini nel 1836, e il
retroterra filosofico che in via obliqua, traslitterata, ipostatizzata aveva
animato e animava quei sonetti romaneschi che erano espressione di un
disagio politico e civile tutto belliano. Sulla scorta del Contratto sociale
altra presenza zibaldoniana lidologue ascriveva infatti alla degenera-
zione della naturale soddisfazione dei bisogni (il rousseauiano amour de
soi) in cupidit (lamour propre) la responsabilit della prevarica-
zione del pi forte sul pi debole, per cui alla loi naturelle succedeva
una suddivisione della societ in oppressori ed oppressi:
64
Volney [1820], pp. 34-35.
144
II. Terra di servit, terra desigli
Cependant la cupidit avait suscit entre les hommes une lutte constante et uni-
verselle qui, portant sans cesse les individus et les socit des invasions rcipro-
ques, occasiona des rvolutions successives et une agitation renaissante 65.
Ainsi, parce quun homme fut plus fort quun autre, cette ingalit, accident
de la nature, fut prise pour sa loi; et parce que le fort put ravir au faible la vie,
et quil la lui conserva, il sarrogea sur sa personne un droit de propriet abu-
sif, et lesclavage des individus prpara lesclavage des nations 66.
Et dans les socits formes sur ces bases, le temps et le travail ayant dvelop-
p les richesses, la cupidit, gne par les lois, devint plus artificieuse sans tre
moins active. Sous des apparences dunion et de paix civile, elle fomenta, au
sein de chaque tat, une guerre intestine, dans laquelle les citoyens, diviss en
corps opposs de professions, de classes, de familles tendirent ternellement
sapproprier, sous le nom de pouvoir suprme, la facult de tout dpouiller et
de tout asservir au gr de leur passions: et cest cet esprit dinvasions qui,
dguis sous toutes les formes, mais toujours le mme dans son but et dans ses
mobiles, na cess de tourmenter les nations 67.
65
Ivi, p. 44.
66
Ibidem.
67
Ivi, pp. 45-46.
145
Edoardo Ripari
Dans un pays, les chefs gaux en forces se redoutant mutuellement, firent des
pactes impies, des associations sclrates; et se partageant les pouvoirs, les
rangs, les honneurs, ils sattriburent des privilges, des immunits; srig-
rent en corps spars, en classes distinctes; sasservirent en commun le peu-
ple, et sous le nom daristocratie, ltat fut tourment par les passions des
grands et des riches 68.
Dans un autre pays, tendant au mme but par dautres moyens, des impos-
teurs sacrs abusrent de la crdulit des hommes ignorans. Dans lombre des
temples, et derrire les voiles des autels, ils firent agir et parler les dieux, ren-
dirent des oracles, montrrent des prodiges, ordonnrent des sacrifices, impo-
srent des offrandes, prescrivirent des fondations; et, sous le nom de thocratie
et de religion, les tats furent tourments par les passions des prtres.
Gi Vico, nella sua Scienza dei corsi e ricorsi di una storia ideal
eterna, aveva scandito le tre et delluomo e della societ nella progressi-
va alterazione dellorganizzazione democratica in aristocrazia, della
monarchia in dispotismo assoluto. La vichiana filosofia della storia, per,
era dominata da un provvidenzialismo i cui facili compromessi la saturni-
na disposizione esistenziale di Belli e lo scetticismo del punto di vista infi-
mo che domina i sonetti avevano rifiutato per il vizio di una pessimistica e
rassegnata percezione della fenomenologia degli eventi. Di fronte alle
Ruines poi, il cammino della storia tornava a presentarsi al poeta del mo-
numento come un processo fatale, inevitabile, di progressiva corruzio-
ne, un processo che egli veniva a identificare con le sorti dellitaliana na-
zione e della romana piccola patria in particolare, nella chiara percezione
di un cercle ternel de vicissitudes che nasceva dun cercle ternel de
passions 69. La storia non era dunque che un progressiva dissoluzione di
68
Ibidem.
69
Ivi, pp. 47-48.
146
II. Terra di servit, terra desigli
Par la raison qu mesure que les tats acquirent plus dtendue, leur admi-
nistration devenant plus pineuse et plus complique, il fallut, pour remuer
ces masses, donner plus dnergie au pouvoir, et quil ny eut plus de propor-
tion entre les devoirs des souverains et leur facults.[...]. Le peuple indigent
savilit; les grands rassasis se dpravrent; et le nombre des intresss la
conservation de ltat dcroissant, sa force et son existence devinrent dautant
plus prcaires. Dautre part, nul objet ntant offert lmulation, nul encou-
ragement linstruction, les esprit tombrent dans une ignorance profonde 70.
Et les oppresseurs tant moins nombreux que les opprims, il fallut, pour
soutenir ce faux quilibre, perfectionner la science de loppression. Lart de
gouverner ne fut plus que celui dassujettir au plus petit nombre le plus grand.
Pour obtenir une obissance si contraire linstinct, il fallut tablir des peines
plus svre; et la cruaut des lois rendit les murs atroces. Et la distinction des
personnes tablissant dans ltat deux codes, deux justices, deux droits; le
peuple, plac entre le penchant de son cur et le serment de sa bouche, eut
deux consciences contradictoires, et les ides du juste et de linjuste neurent
plus de base dans son entendement.
70
Ivi, pp. 50-51.
147
Edoardo Ripari
Nascevano cos, negli uomini esclusi dalla vita pubblica, dottrine fu-
neste, religioni atrabiliari e misantropiche, una morale negativa e antiso-
ciale che conduceva allinerzia della morte e sviluppava superstizioni, fa-
natismo, ignoranza: le campagne si spopolavano, le citt restavano incu-
stodite, le costruzioni si riducevano a rovine:
finch una morale abngative et anti-sociale plongea les nations dans liner-
tie de la mort 71.
Eppure, proprio queste rovine del tempo passato restavano ad ammo-
nimento degli uomini del presente, una lezione sulla necessit di non in-
frangere le leggi della natura, una premonizione, infine, che un mondo
nuovo era alle porte, e si sarebbe imposto scorgendo nelle rovine la molla
delle rivoluzioni che avrebbero condotto lumanit allavvento di un nuo-
vo paradigma storico e religioso:
Eh bien! [...] puisque lexprience des races passes reste ensevelie pour les
races vivantes, puisque les fautes des aeux nont pas encore instruit leurs
descendans, les exemples anciens vont reparatre: la terre va voir se renouve-
ler les scnes imposantes des temps oublis. De nouvelles rvolutions vont
agiter les peoples et les empires. Des trnes puissans vont tre de nouveau
renverss, et des catastrophes terribles rappelleront aux hommes que ce nest
point en vain quils enfreignent les lois de la nature, et les prceptes de la
sagesse et de la vrit 72.
71
Ivi, pp. 52-53.
72
Ivi, p. 55.
148
II. Terra di servit, terra desigli
149
Edoardo Ripari
* La Fajola una gran foresta del nostro Stato, la quale per essere stata altre volte nido
famoso di ladri, ha dato nome ad ogni ceto di amici della roba altrui.
150
II. Terra di servit, terra desigli
Nel sonetto Li Vicarj (1164) del 6 aprile 1834, limite estremo nella
rappresentazione della burocrazia teocratica, la percezione distinta delle
cariche politiche e religiose del papa, del cardinal vicario, dei vicariati
giudiziari, dei vicereggenti coadiutori torna ad occultarsi in una infinita
iterazione di uno stesso nome, di una stessa sostanza, nellaffermazione
definitiva di quella che Carpi, con pertinenza, ha chiamato ideologia
belliana dellimmutabilit:
151
Edoardo Ripari
152
II. Terra di servit, terra desigli
ta. Anche se i documenti indicizzati o estratti sono del tutto privi di com-
menti o annotazioni del poeta, la sola presenza di determinati autori ed
opere ci rende partecipi della profonda conoscenza che Belli approfondi-
va, nei primi anni di immersione nel primordio, delle dinamiche e delle
morfologie che venivano costruendo un ampio e coerente discorso sul-
la nazione del Risorgimento. I versi anonimi Nella caduta di Varsavia.
Grido italico, trascritti nel 1831 nel nono volume zibaldoniano, carte 212
recto-214 verso, per il loro lirismo patriottico ricco delle grammatiche e
degli ideologemi pi tipici del paradigma letterario nazionalistico, ne sono
un esempio di indiscutibile valore:
153
Edoardo Ripari
Nei versi del Grido italico, Belli si imbatteva poi nella trascrizione liri-
ca di una simile analisi politica, scoprendo come Polonia e Italia erano
accomunate dalle stesse ispirazioni e dagli stessi ostacoli:
73
Palmieri [1831], pp. 5-6.
154
II. Terra di servit, terra desigli
155
Edoardo Ripari
74
Palmieri [1831], pp. 16-17.
75
Ibidem.
156
II. Terra di servit, terra desigli
76
Zibaldone, IV, articoli 2003-2287, carte 101 recto-170 verso.
77
Cfr. Banti [2000].
157
Edoardo Ripari
Fino a quando o Palicari (bravi) viveremo noi simili ai lioni spinti tra gli sco-
scendimenti delle montagne, erranti in mezzo ai boschi, costretti a dormire in
fondo alle caverne, separati dal mondo per sottrarsi alla schiavit? Alla schia-
vit! Alle armi! Sagrifichiamo, se fa duopo, famiglie, figli, amici: piuttosto
unora di libert che secoli di schiavit! Che serve la vita a coloro che sono fra
le catene? Vedete come questi Visir, questi oppressori avvelenano la nostra
vita? Lavorare e soffrire mentre essi ingrassano. Leviamoci; e se dobbiamo
perire, muoriamo colla patria! La vedete? Volgete gli sguardi al piano! Con-
template questi visir, i pasci, le loro forche, i pali, gli ardenti roghi, i vostri
fratelli prostratisi ai loro piedi, i vostri fratelli in mezzo ai carnefici, i vostri
fratelli solcare la terra per alimentare la loro indolenza! La loro indolenza, o
cielo! Che mai dico! La loro empia rabbia! Essi immolarono i vostri generosi
sostegni Soutzos, Morousis, Petrakis, Scanaves, Gykes, Mavregenis, vostri eroici
capitani, vostri sacerdoti, vostri benefattori! 78
78
Zibaldone, IV, articolo 2120 ad esempio, carte 117 verso e 118 recto.
79
Banti [2000], p. 58.
158
II. Terra di servit, terra desigli
aria, senza lasciare ai tiranni il piacere di saziare gli sguardi sopra i loro cada-
veri [...]. Alcune sbigottite madri suliotte, per nascondere ai nemici le tracce
de loro passi, stringevan la gola ai loro bambini perch non piangessero e li
soffocavano [...]. Dopo essersi difese coi ceffi e coi coltelli, vedonsi prive de
loro sposi e de loro fratelli, ad un solo grido unanime: Moriamo! spontanea-
mente pi di 200 madri stringendosi al seno i loro bambini e seguite dalle
giovanette figlie si precipitano nelle torbide acque del fiume Achelon che le
inghiotte 80.
Addio valli, addio montagne, e voi fioriti poggi, ombrosi boschetti di sempre
verdeggianti melarangi, addio fresche campagne, addio per sempre felici rive.
Parga, illustre amata terra, ahi troppo vicina ai Mussulmani! LInglese ti ven-
de, o mia cara patria, al pi feroce de tiranni. Addio valli ecc. Partite, antichi
agricoltori dellEpiro, impuro avanzo degli ultimi cristiani, disse Osmano nel
suo delirio; cedete i vostri tempi e i vostri beni. Addio valli ecc. Che la croce,
altrove trionfante, si chini innanzi ad Ismaele! Figli de Greci, razza impoten-
te, andate vagabondi senza trono e senza altare. Addio valli ecc. Cos, o trop-
po superba Inghilterra, profanando il tuo nome e i tuoi diritti, parlava un
sanguinoso tiranno, nemico delle sante nostre leggi. Addio valli ecc. Possano
i miei canti mormorare al suo orecchio portati sullale delleco, come la folgo-
re che risveglia il vile in seno nel suo riposo. Addio valli ecc. Dio vendicatore,
prendi il fulmine, scaglia contro Osmano i tuoi dardi. La sua presenza lord la
terra. Incenerisci lautore de nostri mali [...] 81.
80
Zibaldone, IV, articolo 2042, carte 108 recto e verso.
81
Ivi, articolo 2066, carte 114 recto e verso.
159
Edoardo Ripari
82
Ivi, carte 114 verso-115 verso.
160
II. Terra di servit, terra desigli
83
Ivi, carta 118 verso.
161
Edoardo Ripari
84
Banti [2000], p. 45.
162
II. Terra di servit, terra desigli
85
Zibaldone, III, articoli 1646-1654, carte 80 recto-81 verso.
163
Edoardo Ripari
86
Ivi, articoli 1735-1736, carta 115 verso.
87
Gavazzeni, in Foscolo [1994], p. 793.
88
Zibaldone V, articolo 3226, carte 233-237.
164
II. Terra di servit, terra desigli
Dov lanima di questo bel corpo? [...] Ditemi a quale grande e forte pensie-
ro chiedete un simbolo per riempire questo quadro il cui cielo cos bello,
laria cos pura e trasparente, il fogliame cos esattamente e artisticamente ri-
tratto. [...] il fatto che la passione, la passione bruciante, tempestosa, che vi
pone il cielo o linferno nellanima, che fa di voi un santo o un criminale, un
gigante o un pigmeo, che vi battezza per il martirio o per la vittoria, bandita
89
Ne troviamo un dettagliato indice in ivi, I, articoli 916-920, carte 201 verso-204
verso.
165
Edoardo Ripari
da queste pagine. [...] Le sue gioie sono gioie di famiglia, i suoi dolori non
arrivano fino alla rivolta, le sue espiazioni si compiono sempre attraverso la
sottomissione e la preghiera [...] e il suo grido abituale []: Volgete i vostri
cuori verso il cielo 90.
La logica dei Promessi sposi, del resto, era universalistica prima che
nazionalistica, e questo aspetto appare rilevante se confrontato con la di-
mensione metapolitica che Belli realizza sia nei versi in lingua che nei pi
spregiudicati tra i sonetti romaneschi. Il tema delloppressione straniera
infatti, che Belli rievocava nella lettera alla Bettini, presenta nel Manzoni
una differenza strutturale dalla morfologia canonica: da un lato evidente
che nella vicenda di Renzo e Lucia esso assume le forme di una violenza
diretta contro lonore sessuale delle donne, e di conseguenza degli uomi-
ni, della popolazione oppressa, in linea con il simbolismo del discorso
nazionale; ma daltro canto, osserva ancora Banti, i riferimenti geopoliti-
ci sono sfumati, o sono ricondotti ad usi linguistici arcaici, propri dello
Stato di Milano di inizio Seicento, cos da evidenziare il carattere univer-
sale del contrasto che qui interessa a Manzoni, che sta nella relazione pura
oppressori-oppressi, priva di specifici vettori etnonazionali:
90
G. Mazzini, De lArt en Italie, propos de Marco Visconti, roman de Thomas Grossi
[1835], citato in Banti [2000], p. 46. Tradizione dal francese di A.M. Banti.
91
Ivi, pp. 47-49 passim.
166
II. Terra di servit, terra desigli
Certo quel che pi manc allet nostra, lamor della patria, poich i primi la
resero serva con le mannaje, i secondi la volevano render serva coi cannoni
Tedeschi, rei gli uni e gli altri per non aver voluto accettare quella libert, che
il re e gli uomini savj volevano dar loro, unica e sola libert, che ad un tanto
stato, quanto la Francia , potesse convenirsi; nuovo, ma non unico argomen-
to, che non pu esser libert, dove sono i mali costumi, massime la cupidit
sfrenata di comandare, e di comparire 93.
92
Sirri [1992], pp. 31-43 passim.
93
Botta [1824], tomo I, libro II, pp. 83-84.
167
Edoardo Ripari
94
Ivi, tomo I, libro III, p. 138.
95
Ancora Carducci [2006. p. 14], nelle sue Letture del Risorgimento, avrebbe antologiz-
zato questo significativo passo dal libro XVI: GlItaliani ricoverati in Francia, dico quelli
che si erano acquistato maggior credito nelle faccende, avevano persuaso a loro medesimi che
in tanta tempesta di fortuna grande mezzo a far risorgere lItalia e ad aiutare lo sforzo della
Francia per ricuperarla fosse pretendere il disegno di unirla tutta in un solo Stato; perch non
dubitavano che a questa parola di unit italiaca glItaliani bramosamente non concorressero
a procurarla. [...] Il gittare i nostri liberi sguardi verso la patria nostra, mandare in dimenti-
canza, se fia possibile, la grandezza dei mali che da tutte le tirannidi sofferto abbiamo, rintrac-
ciarne le cagioni, mostrarne i rimedi, collocare le speranze nella giustizia nella lealt dei Fran-
cesi e nei principii che hanno manifestato, pruovare che i popoli dItalia debbono essere
amici ed alleati naturali della Francia, mostrare che vogliono esser liberi, porre in chiaro
finalmente che lunit dItalia necessaria alla felicit ed alla prosperit dei due popoli, fia
largomento dello scritto che indirizziamo al popolo francese ed a suoi rappresentanti.
168
II. Terra di servit, terra desigli
96
Ivi, pp. 124-125.
97
Calcaterra [1935], pp. 158-159.
169
Edoardo Ripari
La cagione che lItalia non abbia anchella una repubblica e un principe che la
governa, solamente la Chiesa; perch avendovi abitato e tenuto imperio tem-
porale non stata s potente da occupare il restante dellItalia e farsene princi-
pe, n avendo permesso che un altro la occupi, stata cagione che la non
potuta venire sotto un capo, ma stata sotto pi Principi e Signori; ond pi
facile il vincerla. E queste medesime turbolenze furono che sottoposero lIta-
lia alla dominazione de tedeschi, che guidati da Otone Imperatore erano ve-
nuti nel 952 ad assaltarla 98.
98
Zibaldone, III, articolo 1883, carte 179 verso-180 recto.
[...] a torto aggiungeva Denina [1826], tomo V, libro XXV, pp. 304-306 passim
99
gli Italiani [sono] tacciati di poco patriottismo. Non formando un sol corpo di nazione
sotto le stesse leggi, e un solo governo, il loro patriottismo non pu avere n oggetti cos
rilevanti, n per conseguenza la stessa energia chebbe il patriottismo Inglese e Francese,
quando queste due nazioni si disputavano la preponderanza nella bilancia del commercio,
e linfluenza principale sopra gli affari generali del globo. Ma se mai venisse ad accendersi
guerra tra qualcuna delle nazioni oltremontane e lItalia, il patriottismo e la tanto decantata
virt degli antichi risorgerebbe di certo. Il patriottismo figlio della rivalit nazionale; e la
virt, che nel senso dei politici non che valore e bravura, nasce e cresce in mezzo alle
guerre; nella pace immancabilmente languisce e si estingue. Certamente il patriottismo
sarebbe in Italia pi generale se fosse animato da una identit dinteressi, e se vi fosse un
centro dunione, che non sarebbe forse difficile di trovar appunto col dovera gi una
volta. Roma cristiana, senzavere un premeditato sistema di comandare alluniverso, come
non lavea avuto Roma antica di conquistarlo, era divenuta di fatto il centro dunione di
tutte le nazioni che professavano la fede cristiana.
170
II. Terra di servit, terra desigli
una sorta di koin storica e culturale, per cui il patriottismo [...] non si
traduceva in negazione dei fondamenti della sfera pubblica degli antichi
Stati, della legittimit delle loro istituzioni, della sovranit dei loro princi-
pi. Se dunque, sul piano culturale, Belli cercava di contribuire al pro-
gresso delle arti e delle scienze che facevano dellItalia una nazione, sul
piano politico la sua fedelt alla propria piccola patria era assolutamen-
te fuori discussione 100.
100
Banti [2000], p. 7.
101
Felici, in Teodonio [1998], vol. II, pp. 382-383.
171
Edoardo Ripari
102
Morandi, in ivi., vol. II, p. 136.
103
In Belli [1991], p. 497.
172
II. Terra di servit, terra desigli
173
Edoardo Ripari
104
Palmieri [1831], p. 17.
174
II. Terra di servit, terra desigli
105
Ivi, p. 8.
175
Edoardo Ripari
106
Foscolo [1809], p. 93.
Particolari avvenimenti della storia della penisola (fatti reali e ben storici) osserva
107
Banti [2000, pp. 76-77] acquistano rilievo solo quando possono essere considerati come
prefigurazioni del risveglio della nazione. Cos eventi apparentemente autonomi e non col-
legati acquistano il medesimo significato come momenti specifici di una ininterrotta storia
della comunit nazionale italiana che aspetta il suo compimento.
108
Esempi ricorrenti di questo fenomeno ritroviamo infatti nella stessa predicazione e
nella pubblicistica di quegli anni, che Belli pot ascoltare gi nella sua infanzia. A titolo
puramente esplicativo, possiamo citare un brano da La moderna democrazia smascherata di
padre Prospero Tonso (1799), il quale, commentando con esultanza lintervento delle trup-
pe austriache contro i Francesi in Piemonte, notava che la storia pur sempre uguale a se
stessa e ammirabile sempre nelle sue pur arcane vie la sacra provvidenza, e a riprova
176
II. Terra di servit, terra desigli
zione di archetipi fissati da norme celesti, come accade con tutta evidenza
nel sonetto Gnente de novo (902):
ricorreva al racconto biblico del tradimento del re assiro Sennacherib a danno del re dIsrae-
le: Orribile tradimento che si rinnov in tutte pressoch le sue circostanze ai nostri giorni,
e sotto gli occhi nostri, uditori riveriti. Tanto vero i detti del Savio, che le cose che alla
giornata succedono sulla faccia del globo non sono che una copia fedele, una continuata
ripetizione delle gi accadute nei secoli che ci precedettero; cit. in Guerci [2008], p. 14.
109
Rimando a Ripari [2006b], pp. 21-44.
177
Edoardo Ripari
178
Antologia di testi
LA TENTAZIONE LIBERALE
1
Zibaldone, V, articoli 3227-3316, carte 239 recto-285 recto.
2
Cfr. il mio Belli, dHerbigny e i futuri destini dellEuropa, in Bibliomanie, n. 14,
luglio-settembre 2008.
3
Croce [1991], p. 13.
4
In ivi, p. 14.
179
Edoardo Ripari
golo individuo e libert degli altri tutti singoli nei quali ella trova il suo
limite 5.
Memore degli entusiasmi di Condorcet, che laveva iniziato alla carrie-
ra politica, e delle idealit della massoneria illuminata 6, dHerbigny
animava il discorso di fede nei destini delluomo; ma, nella consapevolez-
za che nel Mondo morale, egualmente che nel Mondo fisico, la luce
dovesse scendere dallalto, vi proiettava al contempo una sorta di stato
di allerta, nella percezione che fosse giunto il momento del-
lautocoscienza dei popoli, e del loro intendimento ad intervenire di-
rettamente nella storia, dopo che la protesta religiosa della Riforma e le
istanze politiche della Rivoluzione frutto entrambe di un nuovo ardire
del pensiero razionalistico e laico avventuratosi tra i popoli sotto la forma
dellideologia avevano incominciato a rischiarare le coscienze tenute per
secoli nelle tenebre dellignoranza:
I pensamenti che hanno per oggetto la felicit e la dignit delluomo non ap-
partengono a quello che li ha concepiti. Sono essi devoluti allumanit. do-
vere di ogni cittadino di recare il suo raggio di luce al viver loro comune, ove
concorrono per illuminarsi le ragioni dubbiose ed incerte sul loro destino. La
verit non soffre pi tranquillamente dessere schiava: ella si agita tra i Re che
lincatenano, e i popoli che vogliono liberarla. Ella simile ad una sovrana
spogliata dellimpero, ma forte di tutti i suoi dritti, che deve finalmente segui-
re ne luoghi stessi dovella incatenata. Il mondo sociale non vuol pi rego-
larsi senza di lei: ella non pi si contenta della prudenza che la celava: ha
bisogno del coraggio che la proclama: esso la pone in prima fila tra i benefizii
che ogni uomo debbe agli uomini 7.
5
Ivi, p. 19.
6
Cfr. Jacob [1995].
7
Zibaldone, V, articolo 3227, carta 240 recto.
180
III. Il canchero nella radice
La vita condotta nei palazzi non istruisce i re della vita della societ: tutto ci
che in queste accademie si insegna non ha nessuna somiglianza con ci che
avviene in corte. Le genti di corte non possono dare ai re nessuna idea dei
popoli: i cortegiani sono esseri deformi in nulla simili agli altri uomini: la loro
volontaria servit attesta la loro degradazione. Non si trova in loro che di-
sprezzo delle pubbliche e private virt, rinunzia alla dignit personale, avvili-
mento di tutti i sentimenti, e vi si trovano tutti i vizi figli di una smodata
8
Ivi, carta 240 verso.
9
Ivi, carta 241 recto, passim.
10
Ivi, articolo 3236, carte 244 verso-245 recto.
181
Edoardo Ripari
I tempi del potere assoluto dei re erano stati i tempi del silenzio dei
popoli, ma ora la volont riprendeva il posto di tutto, ciascuna
cosa riprendeva il suo nome, il suo volere e il suo posto, e i re doveva-
no concepire dellautorit reale unidea diversa da quella che ne aveva
fatto concepire il modo con cui [era] stata finora esercitata. Infatti la
pubblica ragione la riduceva ne suoi veri elementi, fuori dei quali
essa entrava tra i poteri illegittimi. Invano dunque i re volevano dare la
divozione: erano essi a riceverla. Non era pi in loro potere dopporsi
al movimento che la societ comunicava a se stessa e che strascinava
tutto ci che la compone. Il mondo infatti si move per una forza che
gli inerente; nessuno lha creata, nessuno pu fermarla 13.
Il Francese, inoltre, sapeva bene che lo scontro in atto possedeva una
dimensione religiosa oltre che politica, e si imponeva attraverso un razio-
nalismo mai discompagnato dalla passione e dalla fede nella causa del-
11
Ivi, articolo 3232, carte 243 recto-243 verso.
12
Ivi, articolo 3229, carta 242 recto.
13
Ivi, articolo 3228, carta 241 verso.
182
III. Il canchero nella radice
(Esame della Francia nel tempo che era per met protestante. Controversie reli-
giose, cagione dello sviluppo del genio e della filosofia. A quelle questioni si
uniscono in seguito le altre di politica; e la ragione umana sillumina in Francia.
Roma e i Re Francesi se ne spaventano. Esterminio; e retrocessione dei lumi)
[...]. La Francia fu in ogni tempo la spada e lo scudo di Roma; la Francia dopo
che Roma chiesa, lha liberata da suoi primi e da suoi ultimi nemici. Roma
ringrazi i suoi re. La Francia la salv dal mortal colpo della riforma; che far
Roma senza la Francia? La Spagna, il Portogallo, alcune contrade dItalia, al-
cune province della Belgica non sono che ausiliari: esse molto possono fare
insieme alla Francia, ma nulla senza di lei. Sessa manca a Roma, il Vaticano
cade. Roma lo sa: ed perci che fa ogni sforzo per ripigliarla; ma finora essa
lagita senza fermarla; la stanca senza trascinarla con lei. Sessa manca a Roma,
il Vaticano cade 14.
Ne suoi nuovi pericoli, Roma ha tenuto consiglio: qual sar il giorno del suo
sdegno? Esso non fissato: ella stessa lo ignora. Leducazione dei popoli non
ancora completata; il fanatismo non n esteso abbastanza n abbastanza
acceso: ma finalmente bisogna che cada la filosofia o Roma: tutte e due si sono
messe nellalternativa. La filosofia non ha duopo di fare altro che di crescere e
diramarsi: essa non ha armi e non ne ha bisogno; ma Roma obligata ad impu-
gnar le sue. Mancandole la virt e la verit, le necessario dattinger dal male
la sua forza, non potendo trarla dal bene. Una nuova proscrizione prolunghe-
r di due secoli il suo imperio; questo il partito che ha preso, ma il giorno
dellesecuzione non fissato; fino a quellepoca tutto sar apparentemente in
calma. Non emaneranno da Roma che proteste damore, sensi di moderazio-
14
Ivi, articoli 3256-3259, carte 255 recto-256 verso passim.
183
Edoardo Ripari
15
Ivi, articoli 3256-3257, carta 255 recto e verso.
16
Volney [1820], p. 70.
184
III. Il canchero nella radice
Vainement le sultan oppose ses armes; ses guerriers ignorans sont battus,
disperss: vainement il appelle ses sujets; les curs sont glacs; les sujets r-
pondent: cela est crit; et quimporte qui soit notre matre? nous ne pouvons
perdre charger. Vainement les vrais croyans invoquent les cieux et le proph-
te: le prophte est mort, et les cieux, sans piti, rpondent: Cessez de nous
invoquer; vous avez fait vous maux, gurissez-les vous-mmes. La nature a
tabli des lois, cest vous de les pratiquer: observez, raisonnez, profitez de
lexprience [...]. Les peuples sont ignorans, quils sinstruisent; leurs chefs
sont pervers, quils se corrigent et samliorent; car tel est larrt de la nature:
puisque les maux des socits viennent de la cupidit et de lignorance, les hom-
mes ne cesseront dtre tourments quils ne soient clairs et sages, quils ne
pratiquent lart de la justice, fond sur la connaissance de leur rapports et des
lois de leur organisation 17.
Chefs et docteurs des peuples! vous voyez comment jusquici les nations, vi-
vant isoles, ont suivi des routes diffrentes; chacune croit suivre celle de la
vrit; et cependant si la vrit nen quune, et que les opinions soient oppo-
ses, il est bien vident que quelquun se trouve en erreur. Or, si tant dhom-
mes se trompent, qui osera garantir que lui-mme nest pas abus? Commen-
cez donc par tre indulgens sur vos dissentimens et sur vos discordances.
Cherchons tous la vrit comme si nul ne la possdait. Jusqu ce jour les
17
Ivi, pp. 71-72.
18
Ivi, pp. 79-80 passim.
185
Edoardo Ripari
opinions qui ont gouvern la terre, produites au hasard, accrdites par lamour
de la nouveaut et par limitation, propages par lenthousiasme et lignoran-
ce populaires, ont en quelque sorte usurp clandestinement leur empire. Il est
temps, si elles sont fondes, de donner leur certitude un caractre de solen-
nit, et de lgitimer leur existence. Rappelons-les donc aujourdhui un exa-
men gnral et commun; que chacun expose sa croyance, et que tous deve-
nant le juge de chacun, cela seul soit reconnu vrai, qui lest pour le genre
humain 19.
19
Ivi, p. 119.
186
III. Il canchero nella radice
preghiere: senza la spada nulla divien potente sulla terra, e la nuova Roma
aveva ci imparato dallantica. Roma non poteva molto a lungo sostenere lo
sforzo di tante chiese rivali, di tante sette contrarie; ella doveva inoltre respin-
gere gli attacchi della filosofia tuttavia potente nella Grecia e nellItalia; sareb-
be quindi inevitabilmente perita, se non avesse sostenuto la sua eloquenza col
ferro de suoi difensori. La sua primaria, la sua sola politica stata quella di
fanatizzare i suoi amici per iscagliarli contro i suoi nemici: in tal modo ella
trionf ne primi concilii [...]. Non si vergogna ella punto della sua origine? 20
Non paga della sua egemonia in Europa, Roma aveva infatti rivolto i
suoi occhi avidi allAmerica, proprio nel tempo in cui [questa] appariva
improvvisamente allantico Mondo come una nuova creazione; se ne era
impadronita come duna vasta preda, portando lincendio su di que-
sto secondo universo, riducendone gli imperii in cenere con la forza
del fanatismo:
Il culto del sole fa luogo al culto dei pontefici; dieci milioni duomini sono
offerti in olocausto alla divinit di Roma; e lAmerica annunziata come un mondo
abitato, pi non che la scoperta di una tomba. La specie umana che lanima-
va vi estinta, ogni esistenza annientata, e di quel Mondo pieno di vita, e
20
Zibaldone, V, articolo 3246, carta 250 recto.
21
Ivi, articolo 3249, carta 251 verso.
187
Edoardo Ripari
22
Ivi, articolo 3250, carta 252 recto.
188
III. Il canchero nella radice
23
Ivi, articolo 3252, carta 253 recto.
24
Ivi, articolo 3253, carta 253 verso.
189
Edoardo Ripari
25
Ivi, articoli 3274-3275, carte 264 verso-265 recto.
190
III. Il canchero nella radice
forma dei governi non sarebbe tanto importante se vi si mantenesse una esatta
giustizia, poich la giustizia ci che interessa agli uomini. In tutte le condi-
zioni politiche, le opinioni ed i sentimenti degli uomini non si alterano, se non
quando lequit non presiede pi ai destini della societ. Glimperj rovesciati
per fatto dei popoli non debbono attribuire le loro catastrofi che ad avere
sbandito la giustizia. Quando essa disparve dalla repubblica romana, Roma si
abbandon al potere Monarchico nella speranza che questo glielavrebbe re-
stituita; e quando nellantica Italia si trattava di sapere se Roma rimarrebbe
repubblica o diverrebbe monarchia, i cuori dei Romani erano gi monarchici,
perch la giustizia repubblicana pi non esisteva in Roma. questo un gran
subietto di riflessione per tutti i modi di governo; poich se la giustizia abban-
dona le monarchie, i popoli ricercheranno il governo repubblicano, nella spe-
ranza di ritrovarvela, nello stesso modo che se la giustizia politica si tace nelle
repubbliche, i popoli andranno a domandarla alla Monarchia; questa transi-
zione oggi ben facile, perch il governo costituzionale partecipa delle due es-
senze, perch i popoli passando sotto questo governo vi trovano una parte dei
vantaggi loro, e perch essi vi scorgono delle garanzie di quella stessa giustizia
che forma il solo oggetto dei loro voti e dei loro sforzi26.
LItalia tanto desiderata, che ha appartenuto a tanti re, a tanti principi, duchi,
e pontefici, senza mai appartenere a se stessa, la contrada che pi dogni
altra deve far plauso allestensione del sistema costituzionale: essa dopo la
caduta dellimpero romano non stata altro che una preda; niuno lha posse-
duta e niuno la possiede se non a questo titolo. Il suo spezzamento la prova
materiale chessa stata una preda spartita. I pretesi diritti dei Re di Francia,
di Spagna, di Germania; e i diritti degli Unni, dei Vandali e dei Saraceni, sono
della stessa natura, ed emanano dallo stesso principio di forza, di violenza, di
brigantaggio. LItalia come la Grecia; ella pu alzare il suo grido dindigna-
zione e sorgere sulle sue tombe; ma essa non come la Grecia ridotta alla
disperazione; ella ha molto da desiderare; ma ha tutto da sperare dalla forza
della civilizzazione che reca a tutti i popoli una minor violenza una nuova
situazione (si desidera ed annunzia la riunione di un solo regno dalle diverse
province italiane, dal quale avvenimento si predice non poter fallire il ritorno de
26
Ivi, articoli 3290-3291, carte 273 recto e verso.
191
Edoardo Ripari
popoli di questa bella contrada alla maest e allo splendore di cui sono capaci). E
Roma? Essa capitale dun culto pu stare senza lItalia: lItalia come regno
politico non pu stare senza Roma. Il solo nome di Roma sembra qualificare
un impero. Roma non necessaria alla religione cristiana lo allimpero dIta-
lia. La Repubblica in un deserto vi splende bella come nel centro di Gerusa-
lemme. Cristo non fond la sua religione in Roma; prefer anzi i tugurii al
Campidoglio 27.
Ma eh? povero Giorgio jr! ad uso di ricetta. E ora avremo forse un recipe
Guilhelm pro usu. Pillola dura! E il lordo Vellintone, che far? Oh pure i
grandi romori nel gabinetto di Queluz! La Porta si sganghera: Santa Fe gron-
da. Gallia arde. A Buenos-Aires tira aria cattiva. Mexico d in campanelle.
Don Fernando cogliona i figli maschi di S. Luigi: Dante Algeri prepara una
tragicommedia cum notis variorum. S. Nicholaosko piglia Armeni in Salvia-
no, se non li compera a sconto di pigione. Intanto le nuove elezioni oltre-
27
Ivi, articolo 3293, carta 274 verso.
192
III. Il canchero nella radice
28
LGZ, pp. 156-157.
193
Edoardo Ripari
1. Il general marmont, duca di ragusi. 2. Luigi XVI. 3. Spargimento di quel che sinten-
de. 4. Alla stampa, sotto la figura delle lettere dellalfabeto. 5. Equivoco fra busse,
battiture, e busse che nelle scuole delle maestre dicono ai fanciulli alla fine dellalfabe-
to, cio: Ette, cnne, rnne e busse, Sia lodato el bon Ges. Le prime voci esprimono
tre segni che nella cosiddetta Santa-Croce (cio labbecedario, perch innanzi allA pre-
cede un ) vengono appresso alla Z, e sono &.V.R.: il busse poi si aggiunge onde far
cadere in rima il nome di Ges, che termina la canzoncina. 6. Nix: nulla. 7. Lavorare
alla pulignacca: far le cose destramente, a capello. Questa frase derivata in Roma dalle
molle da cocchio dette alla Polignac. 8. Un X: un nulla.
29
Teodonio [1998], vol. I, p. 35.
194
III. Il canchero nella radice
30
Palmieri [1831], p. 18.
31
Zibaldone, IX, carta 182 verso.
195
Edoardo Ripari
Nel corso del 1834, inoltre, Luigi Filippo dOrleans era entrato in
aperto contrasto con le correnti liberali e massoniche, che risposero al-
lormai sempre pi accentuata involuzione costituzionale con rivolte sia
a Parigi che a Lione; lanno successivo, poi, cera stato lattentato al re,
su cui Belli sarebbe ritornato, ed ora, tra il luglio e lagosto, in Polonia le
manovre militari di russi e prussiani a Kalitz preludevano a unalleanza
antifrancese, a un vero e proprio spianto per la Francia. Il poeta ne
parla nel sonetto Bbone nove (1599), del 28 agosto 1835, dove si accen-
tua la sua indignazione, ma con essa anche lo scetticismo nei confronti
del presente politico:
196
III. Il canchero nella radice
32
Teodonio [1998], vol. II, p. 476.
197
Edoardo Ripari
33
Orioli [1965], p. 54.
198
III. Il canchero nella radice
* Parole dirette al camminatore della Direzione del giornale Il Tiberino, che andava
offrendo un foglio coi ritratti de condannati del 29 luglio 1835, pel prezzo di un paolo.
** Precise parole di un girovago venditore di stampe, che spacciava un rame con 5 santi
canonizzati da Pio VII, e fra quelli il Papa canonizzatore.
199
Edoardo Ripari
1. Don Michele I di Braganza e Alcantara alz trono pel baciamano del San Michele
1836. Fu a porte chiuse, ammessi i soli di lui confidenti, presi fra i pi screditati
cittadini di Roma e innalzati al grado di ciambellani e grandi dignitari di corte. 2. Il re
Luigi Filippo di Borbone, proclamata per necessit la generale amnistia politica (sot-
to alcune riserve fondamentali), abbracci il suo ministro guarda-sigilli esclamando
scenicamente: Enfin je suis heureux!. 3. Otone di Baviera, re dellEllade, ha pel
riposo de suoi amatissimi sudditi prorogato clementemente di altri quattro anni il
soggiorno de reggimenti bavari sul territorio greco. 4. Don Carlos di Borbone mas-
sacra i diletti figli del suo cuore, onde liberarli dalla oppressione del regime costitu-
zionale sotto le di lui dolci cognata e nipote, Cristina e Isabella. 5. Sualfa: nome di
ironica intelligenza. 6. Si allude alla carestia prodotta dalle convulsioni atmosferiche
di questo anno e del precedente. La Santit di Gregorio XVI non fa che gemerne pei
tipi della R.C.A.
200
III. Il canchero nella radice
[Luigi Filippo] che aveva tradito le loro aspettative con la politica del non
intervento e che, col passare del tempo, pareva sempre pi somigliare a
un sovrano assoluto 34. Le commediole dunque, che per le sue caratteri-
stiche di stile e contenuto va letto nel filo occulto dellindignatio politi-
ca propria di tanti prosimetri gi esaminati, assume rispetto a questi un
ulteriore spessore critico: laddove lapparato in lingua di componimenti
quali Er padre de Ghitanino o Monziggnore s stato ferito limitava la sua
prospettiva di militanza al contesto specificamente pontificio, riducendo
lorizzonte storico a cronaca, le note di questo sonetto assumono la di-
mensione di un vero e proprio giudizio storiografico: una bilancio detta-
gliato e ben definito della situazione politica europea nellanno di grazia
1837.
Eppure, anche in questo sonetto, che riduce lintero teatrino politico a
farsa attraverso unira che nega, deride e distrugge 35, il poeta abdica
dalla responsabilit ideologica di avanzare una pars costruens, in assenza
della quale prevale uno scetticismo disincantato, sullorlo del pessimi-
smo storico, dallo spessore sovrapartitico e metapolitico; ed a ragione
Felici ha osservato come di fronte agli avvenimenti storici Belli si sia
sforzato di mantenere una posizione distaccata e serena, cercando di
valutare equamente tutte le componenti della situazione venutasi a deter-
minare 36. N tuttavia il distacco riesce sempre ad accompagnarsi a se-
renit 37, laddove lequidistanza non risolve il dubbio, la remora intellet-
tuale e psicologica, e si rivela come mera strategia di medietas di fronte
allimpossibilit per il poeta di assumere una posizione unilaterale e defi-
nitiva, o di riconoscersi con una determinata ideologia storica. Proprio
nella maggior parte dei sonetti politici del 1831, in effetti, Belli, certo at-
tento a cogliere le atmosfere surriscaldate dello scontro in corso, vigile e
preoccupato per landamento dei moti, sceglie tuttavia di veicolare il suo
incerto pensiero solo attraverso una prospettiva obliqua, dando spazio
pressoch esclusivo alla voce sanfedista del plebeo, alla cui coscienza si
oppone con forza attraverso lantifrasi e il sarcasmo, senza per esplicita-
34
Ibidem.
35
Carducci [1939], p. 386.
36
Felici [1965], p. 395.
37
Ibidem.
201
Edoardo Ripari
Ancora nel sonetto Larmata nova der Sommo Pontescife (207), dell11
ottobre seguente, il ricordo del fallito tentativo insurrezionale del 5 feb-
braio, violentemente represso e strumentalizzato al fine di inasprire il con-
trollo poliziesco sulla citt di Roma (anche in questa circostanza furono
proibite le maschere per il carnevale), viene affidato a una voce esclusiva-
mente popolare, verso la quale la diffidenza, se non meglio il disprezzo di
Belli evidente. Avviene ancora che il parlante cade vittima del suo stesso
linguaggio, fino allesito paradossale dellultima terzina, dove possibile
cogliere, assolutamente camuffata, la malizia dellintellettuale:
202
III. Il canchero nella radice
Le stesse note in lingua, luogo privilegiato delle istanze del poeta, pur
suggerendo nel loro distacco la natura critica dellatteggiamento di que-
sti, rivestono un ruolo puramente denotativo:
1. In Piazza Colonna accadde il movimento rivoluzionario alla prima ora di notte del
giorno 12 febbraio 1831, ultimo sabato di carnovale. 2. Fare una statua di cera ad uno,
vale: riputarlo per lottimo fra suoi eguali.
38
Orioli [1965], pp. 55-56.
203
Edoardo Ripari
1. Si stampa. Ne molti editti che si stamparono durante le vicende politiche del 1831, non
si leggevano che espressioni di cordoglio e di pianto delle paterne viscere di Sua Beatitudine.
2. A rifar bello tutto il palazzo. Malgrado la trista condizione dellerario in quel tempo, si
spesero vistose somme per rimodernare il palazzo, cos che meglio che ad un papa potesse
dar ricetto ad una sposa regina. 3. Gregorio XVI in brevi istanti passato dal chiostro al
trono. 4. Scimmiate: leziosit sceniche. 5. Mozzorecchi sono detti i cavillosi e bugiardi
leguli del romano foro.
La frequenza di simili sconcerti per diversi luoghi dello Stato non pu essere
favorevole al ristabilimento della buona intelligenza reciproca, tanto necessa-
ria pel ritorno di un ordine desideratissimo, al quale ciascuno dei partiti do-
vrebbe cospirare, cooperando col sagrifizio duna parte del proprio orgoglio e
39
Zibaldone, IX, carta 114 verso.
204
III. Il canchero nella radice
del sommo diritto che affaccia. Il Mondo pare oggimai una caldaia di mosto.
Per ora grandacido si sviluppa: quando ci consoleremo col vino di tanto fer-
mento? Iddio ci tragga da tanti imbarazzi, ci faccia buoni, ci consoli, amen 40.
40
In Spagnoletti [1961], vol. I, p. 248.
205
Edoardo Ripari
1. Allude al nuovo ordine cavalleresco di S. Gregorio, istituito da Gregorio XVI per rimu-
nerare chi gli sembrato bene dopo la rivoluzione del 5 febbraio 1831. 2. Confusione. 3.
Qui propriamente vuol dire non aver essi fatto n male n bene. 4. Gran Signore, e grano
turco. 5. Un mandatario della Confraternita di S. Gregorio Taumaturgo grida: Devoti de
san Gregori ettamaturco protettor de li casi disperati, deo gherazzia. Qui pu allude-
re a disperazione politica.
41
Orioli [1965], p. 59.
206
III. Il canchero nella radice
Mai Frate Mauro cos animalesco come in questo suo ritratto in pan-
tofole. Il papa-Dio signore assoluto, per arbitrariet, della vita, della
morte, della sofferenza gratuita dei suoi sudditi-tortore, dati in pasto per
soddisfazione, per gusto, secondo una costellazione simbolica propria
dellarchetipo della predicazione popolare del Deus ridens, a quel rapace
che simbolo dello stesso papato.
La disperata impotenza ad agire su un piano politico dunque, in circo-
stanze come questa, si rivela un motivo di forza poetica, una vittoria della
poesia nellorizzonte metastorico, che riscatta il poeta dalla sconfitta ine-
vitabile sul piano di una storia che si imponeva violenta e inesorabile. E
daltra parte, proprio quando si imbatte in ostacoli insormontabili Belli
diventa distruttore e cantore ammaliato, eretico e pieno di Dio, consape-
vole che si pu essere carnefice e poeta 42.
42
LGZ, p. 566.
207
Edoardo Ripari
LA SOVRANEZZA
43
Delumeau [2006].
44
Muscetta [19832], p. 203.
208
III. Il canchero nella radice
Questi versi per non sono tanto la testimonianza dellamore del poe-
ta per Romaccia: un amore che gli faceva escludere che la sua fine
fosse legata alla fine del cattolicesimo, in una estrema apocalisse 45; quan-
to piuttosto limplicita confessione del timore che quella possibilit fosse
non solo verosimile ma vicina a realizzarsi.
Unopposizione radicale tra politicit e religiosit si imponeva infatti
al pensiero di Belli proprio nel momento della sua immersione nel pri-
mordio romanesco. Ma proprio questesperienza radicale, nei due de-
cenni di totalizzante lavoro clandestino, non tendeva forse, lungi dallaf-
fermarsi come atto di un pensiero progressivo, a rimanere impaludata
nella ripetizione del rito e della liturgia, certo ardita o sacrilega, di un
eterno presente? Belli invero, che si era ritrovato nella difficolt di rap-
presentare nei suoi versi le dinamiche storiche di quel mondo plebeo esclu-
so dalla storia, rischiava di trovarsi gettato nella condizione di dover ac-
cettare quella stessa naturale immobilit cui pure, nella ricerca di criteri
di miglioramento, aveva cercato di opporsi, e che presto, nella perce-
zione che lo scontro in corso fosse definitivo e assoluto, avrebbe strenua-
mente difeso. Anche nei momenti in cui la forza critica della poesia si
afferma con inaudita efficacia, il sedimento religioso del poeta, con i sui
dubbi metafisici, e quello del popolo in cui si cala, con la sua ancestrale
superstizione rafforzata da una destorificazione istituzionale che agiva
per il mantenimento della presenza contro la minaccia dellirruente sto-
45
Ibidem.
209
Edoardo Ripari
ria, tendevano a prevalere egemoni, al punto che gli stessi sonetti politici
pensiamo ad esempio alle ambiguit di Gnente de novo sfuggivano
programmaticamente alla prospettiva dello storicismo liberale, risolven-
do il senso dellessere storico sul piano di unermeneutica metafisica e
ontologica. Non vogliamo, n certo possibile farlo, disconoscere il ricor-
rere, nel 996, di un atteggiamento distruttivo che spinge il poeta al di l
della mera negazione: prevale tuttavia, nella belliana fede in una religio-
ne disperata costellata di fermenti di vera e propria miscredenza 46,
uno scetticismo erede di una remora profonda, di un dubbio e di una
paura squisitamente cattolici, che ostacolano lassunzione definitiva di una
prospettiva riformistica o rivoluzionaria, e la possibilit, dunque, di rior-
ganizzare in senso positivo tutti quei valori e quelle realt di cui, spietati,
i versi romaneschi fanno tabula rasa.
Nel sonetto del 9 novembre 1832, Er codisce novo (435), ad esempio,
la rabbia esplosiva che accomuna autore e plebe diretta, chirurgica, e
riflette le acquisizioni liberali di Belli in ambito giuridico e legislativo.
Eppure, dietro la pars destruens, negato qualsiasi approdo in una con-
cezione conseguentemente razionale del mondo 47, al punto che il poeta
e il suo popolo vengono a trovarsi accomunati nella stessa subalternit
costituzionale:
46
Cfr. Samon [1969], pp. 5-11. E vedi a p. 15: La razionalit piena sempre in
apparenza a portata di mano di Belli, che per, nei fatti, mai la raggiunge pienamente.
47
Ivi, p. 77.
210
III. Il canchero nella radice
211
Edoardo Ripari
48
Carpi [1978], p. 59.
49
Ivi, p. 57.
212
III. Il canchero nella radice
213
Edoardo Ripari
50
Pozzi [1983], pp. 92-95 passim.
214
III. Il canchero nella radice
Nel corso dellanno del Signore 1834, del resto, un ultimo, estremo
sussulto liberale sembra animare i versi caustici ed eversivi di molti sonet-
ti romaneschi 51; un grido di rivolta che trova concreta espressione in un
componimento del 15 gennaio di imbarazzante eccezionalit 52, Larbe-
rone (1060):
51
Cfr. Fasano [1991].
52
Ivi, p. 22.
215
Edoardo Ripari
53
Muscetta [19832], p. 189.
54
Samon [1969], pp. 82-83.
55
Fasano [1991], p. 24.
56
Gibellini, in Teodonio [1998], Roma, vol. I, p. 1093.
216
III. Il canchero nella radice
57
Fasano [1991], p. 28.
58
Ivi, p. 38.
59
Ivi, p. 40.
60
Ibidem.
217
Edoardo Ripari
61
Ivi, p. 46.
218
III. Il canchero nella radice
219
Edoardo Ripari
62
Ivi, p. 56.
63
Ivi, pp. 57-58, e cfr. Garvin [1978].
64
Fasano [1991], p. 55.
220
III. Il canchero nella radice
versi, invero, contengono tutti gli elementi di forza del radicalismo critico
di Belli ed insieme tutti i limiti di una coscienza politica irrisolta, sospesa
su un dubbio amletico scaturito da una inedita e drammatica compren-
sione delle dinamiche storiche del proprio tempo. Lautore, nel sonetto,
simpatizza apertamente con un amico Carbonaro (forse Felice Scifoni,
della Societ di Lettura?), senza tuttavia vagheggiare in modo concreto
e propositivo una palingenesi rivoluzionaria: evidente che Belli soppesa
possibilit estreme, nellurgenza di un cambiamento di direzione necessa-
rio e doveroso per una realt politica non pi sostenibile, per unistituzio-
ne millenaria giunta al bivio, nel pericolo della radicale messa in discus-
sione della propria presenza storica. La Chiesa dunque, caso unico al
mondo per la sua essenza teocratica, vissuta nel corso dei secoli in una
situazione di costante precariet, ed ora, di fronte ad uno scontro di para-
digmi decisivo e finale, si trova nel momento di massima crisi, decadenza
e solitudine: ovunque minacciata, essa ormai incapace di reagire, di avan-
zare proposte per il suo miglioramento e la sua stessa sopravvivenza. La
cancrena procede inesorabile in un clima di disperazione politica, giun-
ta alla radice guastando lintero edificio, mentre lassenza di prospettive,
di rimedi praticabili coinvolge lintera stratificazione sociale.
Del 20 aprile 1834, il sonetto Un zegreto miracoloso (1213) torna a getta-
re nuova luce su questa desolante verit; atmosfere apocalittiche alludono
al generalizzato teatro di lotta, una visionariet controriformistica riporta
alla dimensione di un inferno terreno la crisi politica internazionale, e una
sbigottita impotenza smorza la tensione nella paradossale ultima terzina:
221
Edoardo Ripari
222
III. Il canchero nella radice
65
Ivi, p. 37.
223
Edoardo Ripari
* Del resto, aggravandosi ogni giorno pi i mali sopra la Sposa dellAgnello immacola-
to, non possiamo non eccitare calorosamente Voi partecipi delle nostre cure per la somma
vostra religione e piet, ad offrire umilmente con Noi fervorose preghiere al Padre delle
misericordie, affinch riguardi propizio dalleccelso abitacolo de cieli la Vigna piantata
dalla sua destra, e clementissimamente da essa allontani la diuturna tempesta. Fine
della allocuzione tenuta da N.S. Gregorio, per divina provvidenza Papa XVI, nel Conci-
storo segreto del giorno decimo di dicembre 1837.
224
III. Il canchero nella radice
66
Laffari de Stato (2135), 28 aprile 1846
225
Antologia di testi
227
Edoardo Ripari
verit, venne interpretato da Benedetto Croce, nella sua Storia della storio-
grafia italiana del secolo decimonono, come la spia di un metodo e di idealit
anacronistici e reazionari, in aperto contrasto sia con il razionalismo more
geometrico degli illuministi che con la morfologia nazionalistica sorta nel-
lambito romantico 1. Lo stesso Botta, in effetti, aveva rivendicato, in una
lettera al conte Littardi del 27 novembre 1822, la natura sostanzialmente
umanistica e morale del suo purismo letterario e narrativo:
Certo non mi ridurr mai a fare la parte di semplice narratore, come fanno gli
storici dei nostri tempi: altro maggiore dovere incombe allo storico; e se egli
non esalta la virt, e non fulmina il vizio, farebbe meglio tacersi, n merita
certamente il nome di storico. Se si vogliono gazzette da me, io non le so fare.
Voglio scrivere quanto posso, da Tacito, non da scrittorello moderno 2.
1
Croce [1920].
2
In Maturi [1962], p. 40.
3
Botta [1825], vol. III, p. 71.
4
Ivi, p. 223; e cfr. Zibaldone, III, articolo 1624, carta 63 recto.
228
IV. Cristo per Nerone
5
Maturi [1962], p. 39.
6
Cfr. Croce [2001], pp. 291-316.
229
Edoardo Ripari
7
Cfr. Croce [1920], p. 82. Coloro fra i nobili che avevano militato in America leggia-
mo ad esempio nella Storia dItalia [1824, tomo I, libro II, p. 67] del Botta , eransi lasciati
ridurre s per lesempio, e s ancora sospinti da una illusione benevola credendo, che una
americana pianta potesse portar buoni frutti in un terreno europeo non adatto ad opinioni
pi favorevoli ai popoli che alla Corona.
8
Botta [1825], vol. V, p. 168; e cfr. Zibaldone, III, articolo 1637, carta 64 recto.
230
IV. Cristo per Nerone
siccome sogliono agli uomini generosi facilmente riuscir care ed affette le ge-
nerose imprese, cos questa dAmerica, parendogli come a quasi tutti gli uo-
mini di que tempi e particolarmente ai Francesi, non solo generosa, ma que-
sta ed altre, grandemente amava e favoriva [...]. Questa generosit e modestia
del marchese de La Fayette riusc tanto pi grata agli Americani, quanto che
parecchi fra quei Francesi i quali condotti vi erano ai soldi dellAmerica vole-
vano a grosse paghe tirare ed i pi alti gradi nellesercito americano riempire
[...]. La Fayette pel suo zelo verso la libert, per la quale gli Stati Uniti com-
battevano, aveva lasciata la famiglia, i parenti e gli amici ed era ito a sue spese
ad offerir i suoi servigi senza voler trar paga o altro emolumento godere 9.
9
Ivi, vol. VI, pp. 136-139 passim.
231
Edoardo Ripari
Alla stessa sproporzione, allo stesso disincanto, il poeta aveva del resto
gi ricondotto in un sonetto del 9 gennaio precedente le note parole
del Franklin (al mondo di sicuro ci sono solo la morte e le tasse) nella
prospettiva della pi desolata rassegnazione popolare:
10
Er carnovale der 34 (1043), 9 gennaio 1834.
232
IV. Cristo per Nerone
cani che il cielo e la fortuna avessero loro fatto abilit di poter creare quegli
ordini pubblici, nei quali fossero raccolte tutte le eccellenze della britannica
costituzione [...]. Non si potrebbe facilmente dire con quanto consentimento
dei popoli sia stata ricevuta quella scrittura del Peine. Chi diventava da arden-
te arrabbiato. Chi da tiepido infervorato; e perfino vi furono di quelli che da
leali diventaron libertini. Ognuno voleva lindipendenza 11.
Il Peine, agli occhi di un poeta che agli albori della sua parabola mo-
numentale adombrava la necessit di inserirsi nella dialettica culturale e
storica degli eventi in corso, si offriva dunque come il pi lungimirante
dei modelli, e si inseriva al contempo, tragicamente, nellabisso incolma-
bile che lo stesso poeta, nellesperienza decennale di quel monumento,
veniva a scorgere tra i due orizzonti dattesa, stemperando la consapevo-
lezza sempre pi accentuata di un impossibile consentimento con il pub-
blico in un disincantato pessimismo.
Ma il personaggio che per la sua prudenza e generosit, per lanelito
spontaneo verso le cause giuste ed il sacro principio della libert, riempie di
entusiasmo le pagine dellIstoria, certo George Washington: a suo con-
fronto, Bonaparte, il liberticida della Storia dItalia, un vero e proprio
genio del male. E Belli, nellindice del suo Zibaldone, non si risparmia nel
sottolineare i tanti esempi di impareggiabile magnanimit delleroe statuni-
tense. Questo brano ad esempio, dal V volume dellIstoria, diveniva ai suoi
occhi un paradigma delle condizioni per acquistar gloria:
11
Ivi, vol. V, p. 184. E cfr. Zibaldone, III, articolo 1636, carta 63 verso.
233
Edoardo Ripari
12
Botta [1825], pp. 183-190 passim. E cfr. Zibaldone, articolo 1637, carta 63 verso.
Cos, nella Storia dItalia [1824, tomo I, libro VI, p. 306], Botta descriveva lavanzata
13
234
IV. Cristo per Nerone
Napoleone aveva conquistato Mosca, che ben presto fu dai Russi ridotta in
cenere. Il principe Kutuzow marciava sopra Leitoskova fra Kaluga e Mosca,
nella quale citt pensava Napoleone che oramai non aveva pi scampo. Ivi
avanzava a Pietroburgo, si tirava dietro tutta larmata Russa, che gli avrebbe
tagliato la comunicazione colla Polonia: se ne volgeva verso Jaroslav e Wladi-
mir si ritrovava in condizione asciutta [...]. I Francesi erano nelle pi funeste
estremit. Napoleone risolse di ritirare il suo esercito dalla Russia, ma era gi
14
Scott [1828-29], tomo XIV, cap. LVI, pp. 119-121 passim.
235
Edoardo Ripari
15
Zibaldone, I, articolo 99, carte 27 recto-30 verso.
236
IV. Cristo per Nerone
rica ridotta a soggezione. Gli si deve perci molta lode, per non essersi lascia-
to in s grave occorrenza trasportare da un poco prudente consiglio e per aver
se stesso e i suoi serbati ai casi avvenire ed alla miglior fortuna 16.
16
Botta [1825], vol. V, p. 41; e cfr. Zibaldone, III, articolo 1637, carta 63 verso.
17
Li Ggiudii de lEgitto (619), 16 dicembre 1832, v. 5.
18
Er roffiano onorato (327), 10 gennaio 1832, v. 8.
19
Scott [1828-29], tomo VIII, cap. XVII, p. 65.
237
Edoardo Ripari
tore della vaccinazione e benefattore 20. Nella Storia dItalia dal 1789 al
1814, Botta descriveva in effetti il diciottesimo secolo coi tratti dellidillio,
esaltando unet rischiarata da quei governi illuminati (da Giuseppe dAu-
stria a Leopoldo di Toscana agli stessi Borboni di Napoli, disposti a speri-
mentare le proposte del Filangieri) che avevano compreso la necessit di
intraprendere un profondo percorso di riforme che assecondavano la
filosofia esquisita di quei tempi 21. Sarebbero stati gli eventi del 1789, la
parabola di Napoleone e i rinnovati tumulti rivoluzionari a deviare sovra-
ni e sudditi dal giusto cammino, e a far piombare la penisola nella pi
triste e luttuosa et della sua secolare storia 22. Lo stesso papato tempora-
le, dove pure le nuove dottrine filosofiche, che parlavano tanta umani-
t, avevano messo poche radici, era guardato con indulgenza dallo
storico, che contrapponeva lintransigenza di Pio VI alla giusta tolleranza
del successore Clemente XIV 23. Se da un lato Botta, animato damor pa-
trio, sembrava inchinarsi riverente dinanzi ai martiri giacobini napoletani
del 99 24, daltro canto il suo ideale di politica interna assumeva tendenze
decisamente moderate, nel vagheggiamento di una repubblica patrizia che
riecheggiava i motivi pi ricorrenti della pubblicistica restaurata: caduto
Bonaparte, infatti, gli Italiani dovevano ritornare alle riforme del secolo
passato, ed evitare qualsiasi inclinazione verso quei governi geometrici,
astrattamente e razionalisticamente concepiti, che gi Cuoco aveva con-
dannati con fermezza. Il carattere regressivo dellilluminismo bottiano, in
questa prospettiva, viene per allo scoperto: oramai gli ideali dei Lumi
non erano pi sentiti nel loro momento creativo e progressivo, ma nel
momento quietistico, conservatore, che opponeva allAufklrung di Vol-
taire il moderatismo rischiarato di Metternich, e ai lumi eversivi che pre-
ludevano alle rivoluzioni la sobria prudenza della Restaurazione del 1815 25.
20
Maturi [1962], p. 45. Alla notizia della morte di Edward Jenner (26 gennaio 1826), lo
stesso Belli dedicava un articolo zibaldoniano (I, articolo 51, carta 17 verso) in cui ricorda
la scoperta del vaccino antivaioloso.
21
Ivi, p. 67, e cfr. Botta [1824], tomo I, libro I, pp. 3-51, e in particolare pp. 9-14; 26-
29 e p. 51.
22
Maturi [1962], pp. 67-68.
23
Botta [1824], pp. 34 ss.
24
Maturi [1962], pp. 69-70.
25
Ivi, p. 45.
238
IV. Cristo per Nerone
26
Leggiamo ad esempio nel sesto libro della Storia [1824, tomo I, p. 306]: se un
benigno risguardo dei cieli non ajuta lumana generazione in Europa, temo assai, che lesem-
pio, e le ricordanze delle cose fatte in Italia, sotto colore di libert, siano ostacolo insupera-
bile alla fondazione di lei.
27
Li sordati bboni (1268), 23 maggio 1834, v. 9.
28
Cfr. Botta [1825], tomo II, p. 182.
29
Scott [1828-1829], tomo I, cap. I, p. 27.
30
Ivi, cap. IV, p. 181.
239
Edoardo Ripari
31
Ivi, pp. 154-155 passim. p. 135 Similmente Botta [1824, tomo I, libro III, p. 135]
definiva i giacobini uomini perversi i quali celavano rei disegni sotto magnifiche parole di
virt, di repubblica, di libert, di uguaglianza, che ingannarono i buoni ed ingenui uto-
pisti, i quali non si svegliavano dal forte sonno, e continuavano nelle loro beatitudini.
32
Scott [1828-1829], tomo I, cap. IV, p. 167.
33
Ivi, p. 172.
34
Ivi, tomo II, cap. VI, pp. 55-56 passim.
240
IV. Cristo per Nerone
35
Ibidem.
36
Vanno nondimeno ricordati, come suggestione indiretta e tuttavia innegabile, i temi
sul concetto di eguaglianza che sin dall89 la pubblicistica reazionaria fece propri, e che
Belli, ancor fanciullo e adolescente, dovette ascoltare in pi occasioni. In effetti, tra gli
scrittori controrivoluzionari a cavallo di secolo, quello della disuguaglianza per natura
era un vero e proprio topos: se nella natura regnavano disuguaglianza e diversit, cos dove-
va essere per il mondo umano in cui non si scorgeva niente dindipendente, [...] niente
deguale, ma al contrario, dappertutto, variet, disparit, disuguaglianza. Cos Alfonso
Muzzarelli ribadiva che la disuguaglianza era intrinseca alla natura stessa, e la con-
trapponeva alleguaglianza filosofica che, a suo dire, minacciava pi di ogni altra idea la
vera eguaglianza, quella evangelica ovvero la carit, sfociando nella violenza del
fanatismo delleguaglianza e della libert. Negli stessi anni monsignor Turchi, vescovo
di Parma, a sua volta osservava: La vera eguaglianza della societ non pu consistere che
in una mutua e ragionevole dipendenza degli uni dagli altri; ma questa deve avere per base
un punto di unione, in cui si trovino tutti eguali. Ci non pu aversi che nel vangelo che ha
per fondamento la carit. E infine Thjulen alla voce eguaglianza del suo Dizionario la
definiva: Una finzione, un sogno filosofico per lusingare lorgoglio e linvidia della plebe,
ed indurla nelle mire che i seduttori suoi si erano proposte. In Guerci [2008], pp. 27-39
passim e pp. 142-153 passim.
241
Edoardo Ripari
possibile conciliare, sul piano della poesia, la verit religiosa con le nuove
idealit? Quando Belli lamenta, nellIntroduzione del 1831, la condizione
di una plebe abbandonata e senza miglioramento, d in effetti voce a
profonde esigenze di riforma; e tuttavia, rigorosamente fedele a una de-
ontologia della verit, rifiuta di strumentalizzare loggetto della sua poe-
sia, rinunciando alla compromissione del paternalismo manzoniano che
candidava lonesto Renzo a una cittadinanza borghese. Nel suo scavo de-
mopsicologico, al contrario, il Trasteverino elude la possibilit di innalza-
re il plebeo a modello storico, e non perch si concentra dantescamente
su un destino individuale 37, ma perch scorge, dietro il singolo locutore
dei suoi versi, lanima di un intero popolo disperso e senza nome, pro-
iettato dalla sua poesia su un piano universale privo di ogni tentazione
populistica.
necessario, in effetti, ripensare alle fondamenta il reale significato di
un sonetto davvero centrale nelleconomia del monumento, e allo stes-
so tempo pi volte frainteso, perch interpretato coi criteri ermeneutici
unilaterali dellideologia. Li du ggenerumani (1169), al contrario, bellis-
simo e terribile componimento del 7 aprile 1834, mostra da vicino il ca-
rattere problematico dellegualitarismo e dellumanitarismo belliani, non-
ch la natura ambigua e la profonda stratificazione culturale dellintero
canzoniere romanesco:
37
Cos invece vuole Stefania Luttazzi [2001], p. 72.
242
IV. Cristo per Nerone
38
Muscetta [19832], p. 185,
39
Questo il brano, dal capitolo XVII delle Ruines, che ispira le considerazioni muscet-
tiane, in ivi, p. 183: Alors les hommes, choisis par le peuple pour rechercher les vrais
principes de la morale et de la raison, procdrent a lobjet sacr de leur mission; et, aprs
un long examen, ayant dcouvert un principe universel et fondamental, il sleva un lgisla-
teur qui dit au peuple: Voici la base primordiale, lorigine physique de toute justice et de
tout droit. Quelle que soit la puissance active, la cause motrice qui rgit lunivers, ayant
donn tous les hommes les mmes organes, les mmes besoins, elle a, par ce fait mme,
dclar quelle leur donnait tous les mmes droits lusage de ses biens, et que tous les
hommes sont gaux dans lordre de la nature. Queste ed altre pagine delle Ruines
osserva Muscetta a p. 184 sono fondamentali per comprendere la genesi culturale delle
aspirazioni egalitarie cos frequenti nei sonetti belliani, l dove per dare unimmagine
fedele del popolo di Roma, il poeta, pur prevedendo le proteste di zelosi e pazienti sud-
diti per lo spirito insubordinato e licenzioso che qua e l ne traspare, volle ed os espri-
mere, accanto ai pregiudizi e alle superstizioni, i lumi che non mancavano neppure ad
una plebe abbandonata senza miglioramento. E ci volle fare anche a costo che gli rim-
proverassero di essersi nascosto dietro la maschera del popolano per prestare a lui le
sue proprie massime e i principi suoi.
243
Edoardo Ripari
40
In ivi, p. 184.
41
Ivi, p. 185.
42
Ivi, p. 186.
244
IV. Cristo per Nerone
43
Vigolo [1963], vol. II, p. 60.
44
Muscetta [19832], p. 185.
45
Carpi [1978], p. 54.
245
Edoardo Ripari
46
Carpi [1978], p. 56.
47
Ivi, p. 57.
48
Ivi, p. 55.
246
IV. Cristo per Nerone
49
Ibidem.
247
Edoardo Ripari
50
Teodonio [1998], vol. II, p. 1012.
248
IV. Cristo per Nerone
51
Cfr. Gibellini [19872], pp. 13-35.
52
Ivi, pp. 173-174.
249
Edoardo Ripari
le sulla miseria humanae conditionis, e che nellansia del divino torna tut-
tavia a dissolversi, nel riconoscimento finale, tutto paolino, di una supre-
mazia della charitas sulla speranza e la stessa fede.
Di fronte alluniverso politico e storico dei sonetti romaneschi, venia-
mo cos ricondotti a una dimensione religiosa e universale, umanitaria
eppur non umanistica, ontologica e mai strumentale. Ma questa la forza,
non il limite, di una poesia che daltra parte sempre in grado di offrirci,
nel suo senso complessivo, unimmagine precisa e indelebile 53 del tem-
po in cui, solitaria e clandestina, prese forma.
Il resto osserva Samon non necessariamente compito di lui, del
poeta 54.
53
Samon [1969], p. 92.
54
Ibidem.
55
Cfr. Lejeune [1986] e Starobinski [1994].
250
IV. Cristo per Nerone
56
LGZ, p. 5.
57
Ivi, pp. 5-6.
251
Edoardo Ripari
58
Ivi. pp. 6-9 passim.
59
Ivi, p. 6.
60
Vigolo, in Belli [20048], p. XVI.
61
Cfr. De Martino [1995], pp. 47-74.
62
Sicu t ra tin principio nunche e ppeggio (599).
252
IV. Cristo per Nerone
63
Di ferina barbarie che aveva sconvolto tutti i popoli dellEuropa aveva gi par-
lato il giornalista romano Michele Mallio aprendo gli Annali del 1793. Il termine scon-
volgimento annuncia infatti un tema e una costellazione simbolica che sarebbero stati
dominanti nella pubblicistica reazionaria degli anni successivi, e la cui influenza sembra
aver subito Belli nella lunga lettera del 1811. Nel Quadro del fanatismo della rivoluzione di
Francia, di un autore anonimo, si parlava ancora di bugiarda eguaglianza e di una insa-
nissima turba, attraverso la similitudine dellimpetuoso torrente senza ripe, n argini, di
uomini convertiti in fiere ed in mostri terribilissimi, fatti per nutrirsi di massacri, di carne-
ficine, di stragi. Particolarmente significativo infine questo brano dal libello Della Mo-
narchia di Luigi Martorelli: Bisogna pur confessare che il nostro secolo nellapprossimarsi
al suo termine ci presenta uno spettacolo non mai pi veduto nel mondo. Ogni secolo nella
storia stato segnato con qualche grande avvenimento, sia nel fisico e sia nel morale. Ma
quello di cui siamo noi spettatori tale per limportanza e per luniversalit, che non am-
mette confronto; in Guerci [2008], pp. 81 e 101-110 passim e pp. 196-197.
64
LGZ, pp. 8-9.
65
Croce [19542], pp. 229-241.
253
Edoardo Ripari
I francesi [...] ingrossatisi coi presidj che dei loro raccoglievano ovunque, pre-
sto ricomparvero pi feroci, e con onta e scorno indelebili del nome parteno-
peo, quasi senza un colpo di cannone n un lampo di spada ritolsero ai nemici
la preda. Ottantamila soldati fuggirono avanti a seimila; ed il misero Valentini
da tutti abbandonato e solo, non trov altro scampo alla sua vita, che nella
nostra fedele ospitalit [...]. Forse troppo, o caro amico, io ti sembro diffon-
dermi in questi politici racconti; ma mi mestieri di bene descriverti la fonte
primaria di tutte le mie successive calamit. In que giorni mia Madre soprap-
presa da un sbito terrore per la propria sicurezza, chiar la sua determinata
volont di abbandonare la sua patria. A nulla valsero le preghiere del marito:
a nulla le lagrime de figlioli. Rimase ferma nella sua risoluzione, e conducen-
do me ancora fanciullo, partimmo subito alla volta di Napoli precedendo di
poco il mio zio cugino il generale Valentini [...]. Ah mai non avessimo mosso
quel primo passo fatale! Inorridisci qu, o dilettissimo amico, tu, il cui bel-
lanimo cos dai tradimenti rifugge. Uscito appena il Valentini dalla citt dalla
porta di San Giovanni, fu preso, e contro ogni data fede, ed ogni dritto delle
genti ricondotto in Roma, e fucilato nel seguente giorno sulla piazza di Monte
Citorio. Egli and al supplicio da eroe. Rivestito di tutte le divise del suo gra-
66
LGZ, p. 8.
254
IV. Cristo per Nerone
do, volle senza benda guardare fermo quelle armi, dalle quali egli stesso invo-
c il foco e la morte 67.
Ma per Belli e la sua famiglia, questo episodio era solo il primo di una
lunga serie di sventure: la storia, con la sua accelerazione sempre pi tra-
volgente, si dipanava con tutto il suo portato negativo, sotto il segno del-
limprevedibile, di qualcosa che sfugge al fattore umano, alluomo che
pure in quegli anni si illudeva di porsi a motore degli eventi; essa si pre-
sentava al futuro poeta dei sonetti come una spada di Damocle sospesa
con un sottilissimo filo sopra la sua testa, e lo costringeva ad apprendere
larte del travestimento e della dissimulazione, larma pi efficace, eppur
vana, per scampare allimminente pericolo:
Noi informati del barbaro caso precipitammo la fuga scortati dal cameriere
dello sventurato Valentini; ed arrivati ad una locanda del Regno, ivi stanca
volle mia Madre fermarsi, e trapassare la notte. Cos andammo a riposarci,
ignari della nuova disgrazia che ci soprastava nel sonno: poich allapparire
del giorno risvegliatici, non trovammo pi n i nostri bagagli n quello scelle-
rato servo, nel quale cos a torto avevamo riposto fiduca. Di poco meno di
10.000 scudi fu il danno del furto. Soli e privi di tutto fummo costretti prose-
guire il viaggio fino a Napoli, ove accolti in casa del banchiere del fratello
germano di mia madre, ricevemmo in prestito vesti per mutarci, e danari per
soddisfare il nolo della nostra vettura 68.
Nella patria napoletana, in una societ cittadina che restava via via
paralizzata dalla grettezza ed inerzia di una corte peraltro elegante e
variopinta nella sua sguaiataggine 69, Giuseppe Gioachino doveva assu-
mere una forma mentis disincantata e contemplativa, un giudizio distac-
cato e scettico sugli eventi, nella limpida percezione dei contrari, delle
opposizioni politiche e sociali, di uningiustizia insita nella storia, al di
l delle contrapposte fazioni; acquisiva il pessimismo di una antropologia
negativa, che un sostrato culturale cattolico e quaresimale accentuava ed
avrebbe accentuato. Dopo i misfatti dei giacubbini invero, la bugiar-
67
Ivi, p. 9.
68
Ivi, p. 10.
69
Croce E. [1999], pp. 23-24.
255
Edoardo Ripari
Mia madre, sospettata complice con la mia famiglia del tradimento di Valenti-
ni fu dichiarata vittima di una ingiusta vendetta, e bastarono appena i sacri
recessi di un convento di monache per salvare la sua e la mia vita dallebbrezza
del popolare furore. Ecco come si fondano gli umani giudizj! Noi abbando-
nammo Roma per sottrarci allira di una fazione, e ci ponemmo fra gli artigli
dellaltra, la quale, lungi dal perseguitarci, avrebbe anzi dovuto concederci
pietosa accoglienza e conforto delle sofferte sciagure 70.
70
LGZ, p. 10.
71
Ivi, pp. 10-11.
256
IV. Cristo per Nerone
72
Ivi, pp. 11-12.
257
Edoardo Ripari
to amore per le cose tranquille 73. Presto edotto a diffidare del vizio delle
arti cortigianesche, delle serpi che si nascondo nel seno di una
illimitata fiducia, della vilt della seduzione, percepiva lurgenza di di-
fendere la propria anima libera e sdegnosa proiettandola su un superio-
re piano spirituale 74. Ma alla superiorit dellarbitraria sorte non vera
rimedio: della sorte che trasforma i progetti in sogni! fumo! vanit!. La
sfiducia nei destini delluomo e della storia, doveva aggravarsi di fronte
agli oscuri piani di una natura nemica, quando a complicare ogni dub-
biezza sopraggiungeva a Civitavecchia una improvvisa malattia epide-
mica. Fu in questa dolorosa circostanza che Gaudenzio, uomo severo
che mai sorrise allo spaesato bambino 75, e pure incapace di una seria
condotta negli affari, soggiogato dagli adulatori 76, dava finalmente pro-
va di generosit, di cristianissimo caritatevole animo, ponendo a rischio la
propria vita in aiuto dei colerosi, fino a contrarre il morbo e a chiudere gli
occhi, dopo diciotto giorni di patimenti e dolori, alle miserie della
terra.
Di ritorno a Roma, nella nuova povera casa in via del Corso 391, Giu-
seppe Gioachino conosceva il duro stillicidio delle privazioni 78, e veni-
73
Ibidem.
74
Ivi, p. 13.
75
Cfr. Ivi, p. 7: Ricorder sempre con orrore il gastigo da lui datomi nellet di sette
anni a pena di essermi ritenuto con silenzio un soldo da me trovato sopra la di lui scrivania.
Mi rinchiuse solo per due giorni in una camera oscura con vitto di pane ed acqua, e poi, al
terzo giorno trasportato da quella in unaltra, in presenza di circa venti persone tutte con-
sanguinee mi udii accusare dal mio genitore di furto.
76
Spagnoletti [1961], vol. I, p. 12.
77
LGZ, p. 15
78
Spagnoletti [1961], vol. I, p. 12.
258
IV. Cristo per Nerone
Ed eccomi gettato scriveva nell11 nel mondo cos diverso da quello, che
poco addietro dovea farvi ingresso [...]. Ritiro, abbiezione, e tristezza erano
divenuti il mio patrimonio [...]. Correva lanno decimoterzo della mia et; e
cominci in quello il corso non pi poscia interrotto de miei studj. Abituato
per tempo alla lettura ed alla riflessione, dotato di tenacissima volont di riu-
scire in quello che desiderava, e di un immenso amor proprio di far bene quel
che faceva, andai alluniversit collanimo gi preparato alla emulazione ed
alla vittoria 80.
79
LGZ, p. 15.
80
Ivi, pp. 16-17.
81
Muscetta [19832], p. 15.
259
Edoardo Ripari
Gli occhi suoi gi coperti dal livido velo della morte si illuminarono allora
delle ultime scintille vitali, e la virt della religione seppe renderle per brevi
momenti un vigore che ella aveva perduto fra i suoi travagli. Rivolta quindi a
noi, ed a me principalmente dirigendo le sue estreme parole, ci ricord i dove-
ri di cristiano, di suddito, di cittadino, compendiandoci brevemente le ricom-
pense ed i gastighi che Iddio e la coscienza retribuiscono alla virt ed al vizio.
Ci confort di non troppo confidare negli uomini, ma s tutto in noi stessi e
nelle opere nostre, e ci avvert in ultimo qualunque affanno poter essere tolle-
rabile ed anche dolce quando si pensi che le calamit come i piaceri dovendo
sulla terra aver fine, in questa idea di un termine si rinchiude necessariamente
la consolazione dello sventurato, ed il tormento delluomo felice 83.
Tra il 1798 ed il 1811 Belli aveva dunque vissuto qualcosa che non si
sarebbe cancellato mai del tutto, e avrebbe provocato pi tardi una
crisi di sfiducia nei confronti della societ contemporanea, lorrore per i
mutamenti politici accompagnati dal sangue e dalle violenze. La rivolu-
zione del 98, insomma, con i traumi sofferti da bambino, sarebbe
divenuta il termine di confronto per qualunque altro rivolgimento poli-
tico, esercitando una spinta ad un esorcismo egualmente vigoroso 84. Uno
studioso di psicologia osserva ancora Spagnoletti forse andrebbe pi
in l, anteponendo alla vocazione realistica del poeta, alle letture volteria-
ne e roussoiane che stanno alla base della sua formazione culturale
lesperienza che egli ebbe fin dallet pi tenera dei gravi avvenimenti ai
quali si riferisce lautobiografia 85.
82
LGZ, pp. 17-18 passim.
83
Ivi, p. 18.
84
Spagnoletti [1961], vol. I, p. 13.
85
Ibidem.
260
IV. Cristo per Nerone
86
Croce [1938], pp. 262-263.
261
Edoardo Ripari
87
Cfr. Prosperi [1996], pp. 551 e ss.
262
IV. Cristo per Nerone
Lisola di Samotracia che lantico sacerdozio aveva scelta per formarne il san-
tuario de misteri cui erano stati iniziati Orfeo, Ercole, Agamennone, e Filippo
re di Macedonia, privata dellaltare degli Dei Cabiri conserv un non so che di
mistico sino alla presente et. Le donne rimaste in possesso di predire lavveni-
re subentrarono ai Gerofanti; ma invece di eroi e di re oramai non approdano
alle sue spiagge che alcuni marinari greci che vengono a comperare amuleti
onde avere propizio il vento (navigazione) oppure pietose vecchie per chiede-
re se un diletto amante si conserver fedele allamata figlia, o se le render
lamore dopo aver traditi i suoi giuramenti. Trecento famiglie greche sparse in
questisola, contente di andar vagando sotto le fresche ombre delle sue valli,
contente del latte e delle lane delle loro pecore vivevanvi in pace senza nulla
saper della insurrezione della Grecia, quando vi approdarono i Turchi 88.
88
Zibaldone, V, articolo 2177, carta 140 recto.
89
Ivi, articolo 2249, carta 155 recto.
90
Ivi, articolo 2259, carta 160 verso.
263
Edoardo Ripari
tato il calcolo decimale e le varie nostre misure fondate sullo stesso calco-
lo. Tuttoci che esatto e utile sommamente piace a questo popolo, che
accolse con entusiasmo la vaccina, e che essendo senza repulsi pregiudizi
accoglier sempre le cose capaci di migliorare la sua condizione 91, anno-
tava); ma tali osservazioni servivano piuttosto al cittadino per meglio
comprendere leffettiva alterit tra utili exempla e le tenebre romanesche.
infatti il consueto, amaro scetticismo verso il corso della storia a preva-
lere, nella rilevazione delle contraddizioni e delle violenze, delle assurdit
e dei soprusi che la caratterizzano, soprattutto quando si stringono legami
illegittimi e nefasti tra le ragioni religiose e quelle ideologiche; come quan-
do, nel giorno di Pasqua dellanno 1798, Al, per meschine strategie
politiche, fece ordinare una strage a San Basilio, terra della catena marit-
tima dei monti Cerauni, e una famiglia di quattordici persone fu appic-
cata tutta ad una stessa pianta, che fu poi per molto tempo chiamata luli-
vo dei martiri 92. Anche in queste circostanze, tuttavia, la curiosit antro-
pologica, e il disagio morale, precedono linteresse storiografico:
91
Ivi, articolo 2102, carta 123 recto.
92
Ivi, articolo 2034, carta 107 recto.
93
Ivi, articolo 2086, carta 118 verso.
264
IV. Cristo per Nerone
del popolaccio 94, per una saggezza antica e proverbiale che ricordava
non esservi pi ridicolo mostro di un impotente tiranno, che tutti
glignoranti sono bestiali 95, soprattutto nel caso in cui un popolo acca-
rezzato esprime tutto il suo furore, rendendosi pi pericoloso di un
principe pervertito dalladulazione 96; che la guerra infine, in quanto
tale, non pu e non deve che nutrire la guerra 97.
Laccorta annotazione dei fenomeni superstiziosi o credenze religiose
domina per su ogni criterio di estrazione e riassunzione, e risponde ap-
pieno agli assunti propri della musa dialettale:
94
Ivi, articolo 2114, carta 123 recto.
95
Ivi, articolo 2089, carta 119 recto.
96
Ivi, articolo 2213, carta 148 verso.
97
Ivi, articolo 2152, carta 136 recto.
98
Ivi, articolo 2077, carte 117 recto e verso.
265
Edoardo Ripari
Nella metropoli di San Nicola [...] mostravasi come a Roma un pezzo della
colonna cui fu legato Ges Cristo; era di un colore bruno di ferro, e i Greci
pretendevano che nel Venerd Santo sudasse. Vi si vedevano inoltre tre urne
di ferro in una delle quali riposavano le ossa di sette giovanetti martirizzati
per ordine di Antioco, perch ricusarono di abbracciare la religione paga-
na 100.
99
Ivi, III, articoli 1890-1975, carte 194 recto-234 recto.
100
Ivi, V, articolo 2136, carta 133 verso.
266
IV. Cristo per Nerone
1. Carne sanguinolenta di carogna che si vende a Roma a cibo di gatti. 2. Nella chiesa di
Santa Prassede sullEsquilino si vede la colonna della flagellazione. Giunge appena ai
fianchi di un uomo. 3. Il deretano, con rispetto parlando.
267
Edoardo Ripari
1. Chiesa suburbana, dove in dato tempo dellanno corre il popolo divoto a gozzovigliare.
2. Nella Santa Casa di Loreto si conserva e mostra la vecchia scodella in cui mangiava il
pancotto N. S. G. Su di essa i pii pellegrini fregano le loro corone le quali ipso facto
rimangono benedette e operatrici di portenti anche meteorologici. 3. Pretendevasi, ma in
oggi que buoni preti van pi a rilento nel sostenerlo, che quella sagra Casa fosse sospesa
in aria come la casa di Maometto, e che in prova poteva passarlesi per di sotto un nastro.
Una dama per che accett lesperimento, rimase cieca miracolosamente prima della con-
sumazione dellatto. Bel testimonio venuto a mancare! da leggersi lopera di un Vesco-
vo Lauretano sulla nostralit de materiali betlemici onde sospesa quella casa volante.
2. Il sentimento del tempo che caratterizza il 996, sia nei contenuti che
nella struttura, tende esso stesso ad escludere le dinamiche della storia, in
uninedita convergenza tra la temporalit liturgica del fare poetico 101 e
quella ritualistica dellannulus ecclesiastico, tra i ritmi di composizione e
quelli che cadenzavano la vita quotidiana della societ pontificia. Tra il
1829 e il 1849 Belli aveva composto 2279 sonetti; ben 1867 dal 1830 al
1836, con picchi di dodici testi al giorno: egli visse un decennio della sua
vita, nel periodo di maggior turbolenza nella realt politica europea, ita-
liana e romana, pressoch esclusivamente sub specie poesiae. Lordinamento
cronologico dei 30.208 versi romaneschi, con la segnalazione paratestuale
di giorno, mese, anno, oltre a rispondere a una sorta di estetica del fram-
mento (Distinti quadretti e non fra loro congiunti fuorch dal filo oc-
culto della macchina, aggiungeranno assai meglio al fine principale, sal-
101
Cfr. Gibellini [19872], e Ripari [2008].
268
IV. Cristo per Nerone
vando insieme i lettori dal tedio di una lettura troppo unitaria e monoto-
na. Il mio un volume da prendersi e lasciarsi, come si fa de sollazzi,
senza bisogno di progressivo riordinamento didee. Ogni pagina il prin-
cipio del libro: ogni pagina il fine, leggiamo nellIntroduzione), viene a
porsi, in questa prospettiva, come il pi vitale filo occulto della macchi-
na, ipostatizzando una concezione quaresimale del modus operandi lette-
rario. La stessa monometria del canzoniere sembra ribadirlo: gi Vigolo
individuava in essa qualcosa di simile alle preghiere, ai rosari degli
orientali che passano la vita contro un muro in contemplazione. Il sonet-
to, infatti, il pi chiuso dei metri della nostra tradizione letteraria, breve e
contratto, da un lato si rivelava del tutto funzionale alla brevitas di una
mentalit popolare spropositata, votata al sarcasmo e allepigramma, al
dir proverbiale e conciso, ai risoluti modi di un genio manesco, alla
sua incapacit di parlare a lungo in discorso regolare ed espositivo; dal-
laltro si affermava come vera e propria forma mentis tipicamente bellia-
na, una seconda natura, un istinto, una specie di organo o di struttura
epilaringa 102.
Sotto questi rispetti, tendeva dunque a ridursi quella distanza dalla
prospettiva plebea che il cittadino aveva posto come strategica, nella
convergenza tra i contenuti e le forme della poesia, tra il tempo fittizio e
quello reale; nel prevalere, infine, del sentimento arcaico e religioso del-
luniverso popolare, fatto di corsi e ricorsi e scarsamente materiato di
fatti che ne scandiscono il ritmo 103, sullaspirazione dellintellettuale ad
operare nellorizzonte degli eventi. Belli particolarmente efficace nel
cogliere ogni gesto minimo della vita quotidiana del popolaccio, scan-
102
Osserva ancora Vigolo [1963], vol. I, pp. 99-100: Una volta adottata la formula
del sonetto (ma non si pu dire nemmeno adottata perch la portava gi in s come
tradizione e morfologia di linguaggio, come le declinazioni, e le coniugazioni dei verbi) egli
vi resta immutabilmente fedele come la chiocciola al suo nicchio, con quella tendenza, per
di pi, alla mania, alla ossessione che era nel suo carattere. Nella formula del sonetto egli
ha risolto a priori, una volta per tutte, i problemi della scelta, di incertezza che un artista
pu avere sui mezzi pi proficui. Per il Belli questi problemi non esistono pi: egli li ha
lasciati tutti dietro di s, dietro il principio della sua opera, nella quale entrato, una volta
per sempre come in una eternit. [...] una specie di fato e di rinuncia in cui si rivela
ancora il medievalismo originario del sonetto. Il poeta lo accettava come una regola religio-
sa, un chiostro: rinunciare al mondo, per avere il mondo.
103
Samon [1969], p. 105.
269
Edoardo Ripari
104
Cfr. Heidegger [1970], pp. 212-216.
270
IV. Cristo per Nerone
lincombere di una nuova storia. Belli, del resto, coglie la sua plebe nel
periodo storico in cui questa stessa strategia dellimmutabilit, di fronte
allirrompere di un nuovo paradigma, di unulteriore mediazione ester-
na 105 opposta alluniverso teocratico, stava entrando ormai in una crisi
irreversibile, e in cui il ricorso al rito dissolveva nel riso, nella commedia
dellarte la sua potenza sacrale:
105
Cfr. Girard [2006].
271
Edoardo Ripari
106
Samon [1969], p. 100 e cfr. ibid: Nel poeta una certa disperata vaghezza controri-
formistica organo non asportabile.
107
Ivi, pp. 26-27.
272
IV. Cristo per Nerone
273
Edoardo Ripari
violentemente quel teschio alla citt di Pozzuoli. 4. Con un coso, ecc. Coso voce generi-
ca che rappresenta tutto ci che si vuole. Qu sta pel reliquario nominato alla nota prece-
dente. 5. Si maneggia. Tardando il miracolo, il prete si ravvolge tra le mani il reliquiario,
e lo frega e lo accarezza. 6. In quel tal. 7. Bestemmiavano orazioni. E realmente le sono
pi bestemmie che altro. Fra i credi e le salve-regine, ecc., recitate o gridate con una specie
di furor baccante, e storpiate Iddio sa come, sempre interpolata la orazione seguente:
Benedetto lo Padre, benedetto lo Fijjo, benedetto lo Spiritossanto, che cci ddato chis-
so Santo nuosto; e fede a chi nun crede. 8. La ninna-nanna, tanto esprime quelle
cantilene con le quali le nutrici provocano il sonno de bambini, quanto il tentennamento
delle culle, da quelle cantilene accompagnato.
La tua idea [...] che il selvaggio sia il superstizioso, il non pi accettabile mo-
ralmente, mentre il semplice caso naturale (anche la crudelt della natura ci
appare moralmente superata) accompagna la tua favola perenne il selvaggio,
il titanico, il brutale, il reazionario sono superati dal cittadino, dallolimpico,
dal progressivo 108.
108
Pavese [1997], pp. 304-305.
274
IV. Cristo per Nerone
Un sonetto del 17 febbraio 1833 assume ai nostri occhi, sin dal titolo
Listoria romana (908) , una connotazione esemplare:
275
Edoardo Ripari
Non solo la nota 5 allultimo verso (Lautore qui crede suo debito il
protestare solennemente aver lui cos scritto a solo fine di esprimere gli
eccessi delle menti popolari, non gi una sua propria opinione, troppo
falsa e ingiuriosa a buoni cittadini di Roma) e la seconda quartina torna-
no a ribadire labissale distanza etica e cittadina dellautore dalluniverso
plebeo; ma si offre anche al lettore un nuovo indizio per la comprensione
del rapporto tra i sonetti romaneschi e lo Zibaldone: se uno dei principali
scopi di questultimo proprio quello di impicciare i fili a una memoria
storiografica, i primi vi si oppongono in modo radicale, pur sottendendo
quello scetticismo di fondo verso i grandi avvenimenti della storia che
tanto caratterizza il poeta stesso.
Nel 996, in effetti, la supremazia strategica ed estetica del protagoni-
smo plebeo non impedisce di individuare temi e problemi direttamente
riconducibili alla volont di Belli. Diviene allora lecito interrogarsi sulle
motivazioni profonde che hanno spinto il poeta, onnivoro lettore di lette-
ratura storiografica rischiarata, alla scelta di ricordare, tra eventi e perso-
naggi storici paradigmatici, pressoch esclusivamente esempi negativi,
nellassordante silenzio di ogni dimensione ottimistica e plutarchiana del-
la fenomenologia della storia. Un moralismo tacitiano e unantropologia
biblica negativa muovono infatti il severo giudizio di Belli sul millenario
succedersi degli eventi. Nella loro raffigurazione pancronica e romano-
centrica, la vicenda di Romolo e Remo assume ad esempio il ruolo di
figura del fratricidio primordiale, di assassinio fondatore che si pone,
in una circolarit priva di tensioni verticali, come ab origine di Roma in
prima istanza, e a livello profondo, macrotestuale, della storia tutta. La
violenza e il sacro sono in effetti, nelluniverso monumentale, il princi-
pale elemento della sovrastoricizzazione degli avvenimenti che caratteriz-
za il commedione nella sua struttura. Alla vicenda di Caino e Abele,
Belli giustappone dunque quella dei fondatori di Roma, e da qui giunge
276
IV. Cristo per Nerone
ad una allucinata rappresentazione della sua realt. Cos accade nel sonet-
to A Padron Marcello (1031), del 27 novembre 1833:
109
LAngeli ribbelli, sonetti 2 [903-904], 2, vv. 7-8.
110
Sonetto 333, 12 gennaio 1832, v. 11.
277
Edoardo Ripari
* Piazze sulle quali sino agli ultimi anni si eseguita la giustizia. Ora le esecuzioni han
luogo in Via de Cerchi, che corre parallela al lato esterno settentrionale dellantico Circo
Massimo, nella valle fra lAventino e il Palatino, bagnata una volta dal Velabro maggiore.
Ed ivi ben si conviene la punizione de misfatti dove fu da Romani compiuto il primo
delitto: il ratto delle Sabine.
111
Caino (180), 6 ottobre 1831, v. 12.
278
IV. Cristo per Nerone
112
Campidojjo (46), 10 settembre 1830.
113
La crudert de Nerone (1595), 26 agosto 1835, vv. 1-4.
279
Edoardo Ripari
114
Cfr. Larte moderne (1583), 21 agosto 1835, v. 4.
115
Simile scetticismo nei confronti del classicismo rivoluzionario aveva gi manife-
stato Botta [1824] nella sua Storia dItalia, libro III, pp. 133-134, dove Belli poteva leggere:
[...] le storie della Grecia, e di Roma si riandavano con diligenza, e maravigliosamente
infiammavano gli animi. Chi voleva esser Pericle, chi Aristide, chi Scipione, e di Bruti non
vera penuria: siccome poi un famoso filosofo francese aveva scritto, che la virt era la base
delle repubbliche, cos era anche nata la moda della virt. Certamente non si pu negare, e
i posteri deonlo sapere (poich non vogliamo, per quanto sta in noi, che le opinioni conta-
minino con landar dei secoli la virt) che gli utopisti di quei tempi per amicizia, per since-
rit, per fede, per costanza danimo, e per tutte quelle virt, che alla vita privata si appar-
tengono, non siano stati piuttosto singolari, che rari. Solo errarono, perch credettero, che
le utope potessero essere di questi tempi, perch si fidarono di uomini infedeli, e perch
supposero virt in uomini, che erano la sentina de vizj.
116
In Carducci [2006], p. 57.
280
IV. Cristo per Nerone
281
Edoardo Ripari
Lo sguardo che Belli riservava al mondo antico non era daltra parte
quello di uno storico ma di un antropologo che deve fare i conti, nella sua
stessa coscienza, con unantropologia, ora biblica ora agostiniana, distan-
te se non opposta a quel retroterra umanistico che il paradigma liberale
veniva a recuperare e proporre. Nella Roma delle origini, il cristiano Belli
non era in grado di scorgere quellintegrit morale, quella forza fisica,
quelle virt che tanti poeti a lui contemporanei ponevano a modello dei
loro versi, ma piuttosto una violenza pagana a sua volta ricondotta a un
male ontologico:
117
Zibaldone, III, articolo 1863, carta 167
recto.
118
Ivi, I, articolo 13, carta 7 verso.
119
Cfr. Volney [1820], p. 1. Je vous salue, ruines solitaires, tombeaux saints, murs
silencieux! cest vous que jadresse ma prire. Oui! tandis que votre aspect repousse dun
secret effroi les regards du vulgaire, mon cur trouve vous contempler le charme de
sentimens profonds et des hautes penses. Combien dutiles leons, de rflexions touchan-
tes ou fortes noffrez-vous pas lesprit qui sait vous consulter! Cest vous qui, lorsque la
terre entire asservie se taisait devant les tyrans, proclamiez dj les vrits quils dtestent,
et qui, confondant la dpouille des rois celle du dernier esclave, attestiez le saint dogme
282
IV. Cristo per Nerone
Chaque jour je trouvais sur ma route des champs abandonns, des villages
dserts, des villes en ruines: souvent je rencontrais dantiques monumens,
des colonnes, des aquducs, des tombeaux: et ce spectacle tourna mon esprit
vers la mditation des temps passs, et suscita dans mon coeur des penses
graves et profondes 121.
de lgalit. Cest dans votre enceinte, quamant solitaire de la libert, jai vu mapparatre
son gnie, non tel que se le peint un vulgaire insens, arm de torches et de poignards, mais
sous laspect auguste de la justice, tenant en ses mains les balances sacres o se psent les
actions des mortels aux portes de lternit.
120
Ivi, pp. 2-3: Vous punissez loppresseur puissant; vous ravissez lor au concussion-
naire avare, et vous vengez le faible quil a dpouill; vous compensez les privations du
pauvre, en fltrissant de soucis le faste du riche; vous consolez le malheureux, en lui offrant
un dernier asile; enfin vous donnez lame ce juste quilibre de force et de sensibilit qui
constitue la sagesse, la science de la vie [...] O ruines! je retournerai vers vous prendre vos
leons! je me placerai dans la paix de vos solitudes; et l, loign du spectacle affligeant des
passions, jaimerai les hommes sur des souvenirs; je moccuperai de leur bonheur, et le
mien se composera de lide de lavoir ht.
121
Ivi, p. 6.
283
Edoardo Ripari
122
In Belli [20048], pp. 492-493.
284
IV. Cristo per Nerone
Di fronte alle ruines, Volney scopriva che la storia poteva essere con-
cepita come progressivo miglioramento, giacch lesperienza del passa-
to non veniva mai completamente perduta, anche laddove persisteva la
superstizione: infatti, poich il male delluomo risiedeva nella sua igno-
ranza, si apriva la possibilit concreta che limitazione e la conoscenza
del passato potessero condurre a un effettivo cambiamento, quando classi
intere sarebbero state istruite e la scienza sarebbe divenuta possesso co-
mune a tutti i gradini delledificio sociale. Nel suo ottimismo, il francese
individuava proprio nella lingua il veicolo principale della civilizzazio-
ne 123.
Non ci stanchiamo di osservare quanto la lezione illuministica abbia
coinvolto linteresse di Belli, determinando spesso le sue stesse scelte
nellambito della poesia; ma nel medesimo tempo dobbiamo riafferma-
re con forza leffettiva estraneit di questi a quellorizzonte ideologico,
che da un lato gli consentiva di comprendere con chiarezza le dinami-
che del proprio tempo, con la sua crisi di valori e le sue insanabili con-
traddizioni, ma dallaltro, nello stesso momento, gli rivelava una reale
assenza di prospettive, che lesperienza esistenziale e poetica veniva as-
solutamente a confermare. Il pessimismo belliano, rileva daltra parte
Samon, ha la sua radice proprio in quellinizio della fine della con-
cezione teleologica della vita e del mondo che alla base del pensiero
123
Leggiamo ancora in Volney [1820], pp. 77-78: Dans ltat moderne, et surtout
dans celui de lEurope, de grandes nations ayant contract lalliance dun mme langage, il
sest tabli de vastes communauts dopinions; les esprits se sont rapprochs, les curs se
sont tendus; il y a eu accord de penses, unit daction: ensuite un art sacr, un don divin
du gnie, limprimerie, ayant fourni le moyen de rpandre, de communiquer en un mme
ide des millions dhommes, et de la fixer dune manire durable, sans que la puissance
des tyrans pt larrter ni lanantir, il sest form une masse progressive dinstruction, une
atmosphre croissante de lumires, qui, dsormais, assurent solidement lamlioration.
285
Edoardo Ripari
124
Samon [1969], p. 117.
125
Girard [2006], pp. 241-259.
286
IV. Cristo per Nerone
126
La Compaggnia de Santi-petti, 1235, v. 3.
127
LGZ, p. 572.
287
Edoardo Ripari
288
IV. Cristo per Nerone
128
Carpegna Falconieri [2002], pp. 228-232 passim.
129
Ivi, p. 238.
289
Edoardo Ripari
130
Denina [1826], tomo IV, libro XV, pp. 13-15 passim.
131
La Nunziata (329), 12 gennai 1832, vv. 1-8 passim.
132
La scirconcisione der Zignore (331), 12 gennaio 1832, vv. 4-8 passim.
133
Er duello de Dvide (720), 9 gennaio 1833, v. 7.
134
Gibellini [19872] p. 163.
135
Gadamer, [2000], pp. 277-279.
290
IV. Cristo per Nerone
136
Cose antiche (1034), 30 novembre 1833, vv. 4-14.
291
Antologia di testi
1
Cfr. Veglia [2000].
293
Edoardo Ripari
stile semplice e asciutto eredi del Novellino, piuttosto che del pi felice
spirito del Boccaccio:
Nel medesimo mese [aprile 1825] accadde nella Chiesa di S.Pietro in Vaticano
altro aneddoto. Sogliono i beneficiari ivi celebranti donare di regala un soldo
a chierici inservienti per ogni sacrificio. Uno fra quelli per avarizia nulla mai
dava, perloch i chierici proposero di evitarlo. Un giorno che quel magro si
parava a celebrare, due fra i pi piccoli di costoro non sapendo dove nascon-
dersi sul momento si chiusero dentro una gran cassa, che quivi presso trova-
vasi in una delle sale contigue. Ivi erano allorch un altro prete con un secola-
re entrarono in quella sala onde venire al sagramento di penitenza, ed il prete
su quella cassa si assise, mentre il penitente genuflesse a lui accanto. Mancava
gi troppo il respiro a due rinchiusi, sicch le cose della penitenza andando a
lungo, incominciarono colle schiene a pian piano sollevare il coperchio, e con
esso il confessore. Il quale che pio molto e semplice uomo era, forte prese a
temere, ma tacque, contento di stimolare il penitente a finirla. Colui per che
di altre peccata sentivasi forse ancora grave, e daltra parte ignaro de motivi
della fretta del sacerdote, continuava e cos pure continuavano i fanciulli la lor
tresca di dentro: e a tanto giunge il ballo del prete, che questi grondante sudo-
re e con voce tremula di spavento, grid: presto fratello, che le iniquit vostre
han qui chiamato il diavolo a persecuzione. E in cos dicendo per fuggire si
lev di sulla cassa, donde, rossi come fuoco e sbuffanti, saltaron fuori i due
demonietti vestiti in cotta e zimarrino 2.
2
Zibaldone, I, articolo 854, carta 177 verso.
294
V. I giacubbini e la legge der Signore
3
Zibaldone, II, articolo 1695, carte 92 verso-93 recto.
295
Edoardo Ripari
esclusivamente que gridi che egli sapeva cos ben fare. Egli mi rispose: Ob-
bregato, signore, faccio lobbrego mia 4.
4
Ivi, V, articolo 2821, carte 135 verso-136 recto.
5
Ivi, VI, articoli 3682-3700, carte 196 recto-199 verso.
6
Ecco il brano cui Belli fa riferimento, in Pigault-Lebrun [1803], tomo III, pp. 199-
200: [...] On ma parl des talens de monsieur, et de la modicit de ses prix, je lui demande
un pre ternel: savez-vous ce quil mapporte? un dieu ngre. H, monsieur, repartit le
peintre, tos livres ne disent-ils pas que Dieu fit lhomme son image? Or, jen suis un, je
crois. Monsieur, Adam tait blanc. Il tait noir. Il tait blanc. Quand je le peindrai,
je le ferai noir; car enfin, je veux comme vous tre le fils de Dieu ; et puisquil na fait quun
homme, jai mes raisons de soutenir quil la fait noir comme vous de prtendre quil la fait
blanc. Mais, mon cher monsieur, ce sont deux races tout--fait diffrentes. Do diable
lune des deux est-elle venue? Etes-vous chrtien, mon cher ami? Oui, par la grce de
Dieu. Le Christ tait-il noir? Il leut t, sil lui eut plu de natre en Afrique. Mais il ne
296
V. I giacubbini e la legge der Signore
la pas voulu. Donc il prfre le blanc, donc son pre est blanc. Ce nest pas cela. Donc
voulant partager ses grces, il a fait son fils blanc, pour vous consoler de ntre pas noir. Le
marquis riait quelquefois comme un homme du peuple, et lorsquil put parler, il dit: Pui-
squil nest pas possible, messieurs, de vous entendre sur la couleur du premier homme,
voici mon avis, qui peut tout concilier: cest de faire votre pre ternel un ct noir et
lautre blanc. Vous vous mocquez, monsieur le marquis, et bien certainement je ne pren-
drai pas le tableau. Je vous ferai assigner. Nous verrons. Non seulement pour me payer,
mais pour reconnatre quAdam tait noir.
7
Ivi, VI, articoli 3698-3699, carta 198 verso.
297
Edoardo Ripari
nedette dalla Santit di N.S. Pio VII P.O.M. con varie notizie sopra i campa-
nili e sopra ogni sorta di orologi, ed unappendice di monumenti (1806) 8.
Significativo, daltra parte, un ulteriore rimando bibliografico del poeta
alla traduzione dal tedesco dellInno di Schiller sulle campane: sta essa
fra le mie carte, annotava. Ancora nel settimo volume zibaldoniano, Bel-
li dava notizie sulla lettura nellAdunanza dellAccademia Tiberina del
16 aprile 1827, di un poema sulla passione di Cristo della poetessa france-
se Delfina Gay madame de Girardin [1804-1855], autrice di poesie quali
Le suore di santa Camilla, Maddalena, La visione di Giovanna dArco, Lul-
timo giorno di Pompei apprezzate dalla scuola romantica. Il giudizio posi-
tivo del Trasteverino sui versi della Gay de Girardin, andava in particolar
modo allo stile delicato, ma allo stesso tempo, significativamente, Belli
ne apprezzava lumanizzazione dei personaggi religiosi 9. Ancora da
Pesaro nel 1830, dal 20 giugno all11 luglio, Belli eseguiva estratti, per
uso futuro del [suo] Ciro, dallopera, prestatagli ancora dal Procacci,
intitolata Memorie ecclesiastiche appartenenti allistoria ed al culto della
B. Chiara di Rimini raccolte dal conte Giuseppe Garampi canonico della
Basilica Vaticana e Prefetto dellArchivio segreto apostolico consacrate alla
Santit del Nostro Signore Benedetto XIV. In Roma MDCCLV appresso
8
Ivi, articolo 3593, carte 170 recto-171.
9
Ivi, VII, articolo 4078, carta 113. Sulla Gay leggiamo in La signora Emilia di Girardin,
in Ricoglitore italiano e straniero [1836], pp. 609 e 611 passim: Nel 1822 laccademia
francese mise in concorso lelogio da farsi ai medici cherano andati a rinchiudersi entro
Barcellona durante la peste. Fra i diversi componimenti presentati, i giudici esclusero a
malincuore una commovente elegia che avea per titolo Le suore di santa Camilla. Lautore,
diceasi, non avea trattato se non una parte del soggetto. Questo autore era madamigella
Delfina Gay. Non certamente a dirsi chella non avesse afferrata lintenzione dellaccade-
mia; ma non saprei spiegare per qual vaghezza di giovenile istinto, appena le si dipinsero
alla fantasia le soavi sembianze delle suore di santa Camilla, non le fosse pi possibile il
vantare altra devota affezione fuor della loro. Il signor Alessandro Duval lesse questa poe-
sia, che fu colmata dapplausi; onore di pubblica lettura che valea meglio di una medaglia
doro. Poich si seppe essere di una giovinetta tale lavoro, il sentimento chesso eccit
assunse una tinta di tenerezza, e ciascuno nel ritirarsi si rec seco una speranza che lavve-
nire non ha smentita [...]. Madamigella Gay aveva avuto il coraggio di lodare Carlo X per
la libert restituita alla stampa. Nello stesso anno salut con nobili versi la nobile causa de
Greci, ed in contraccambio, luditorio cui ella protendea la mano, le porgeva un poco doro
che serv a prolungare dalcune ore lagonia immortale di Missolongi. Non egli bello che
in tutte le ferite dellumanit si rinvenga la pietosa mano di una donna?.
298
V. I giacubbini e la legge der Signore
10
Ivi, V, articoli 2541-2780, carte 1 recto-118 verso.
11
Ivi, VII, articolo 4103, carte 116 recto-118 verso.
12
Ivi, III, articoli 1994-1999, carte 232 recto e verso.
299
Edoardo Ripari
300
V. I giacubbini e la legge der Signore
rivolta polacca del 31, e che avrebbe ancora nel 1834 manifestato il suo
sdegno contro un papa rinnegato nelle Parole dun credente 13.
In effetti, il distacco dellultramontanismo dalla linea ufficiale vatica-
na, preludeva a un possibile dialogo con le forze liberali moderate, consa-
pevoli della necessit che i sovrani europei intraprendessero un cammino
di riforme onde scongiurare laggravarsi della causa rivoluzionaria. Nei
Futuri destini dellEuropa di dHerbigny, Belli poteva approfondire la
questione estraendo questo brano:
13
Cfr. LGZ, p. 278.
14
Cfr. Zibaldone, VII, articolo 3238, carta 245 verso.
301
Edoardo Ripari
* Lequivoco si fonda sulla consimiglianza del titolo di A.C. Met (Auditor Camerae Met.)
appartenente ad uno de giudici prelati del fro di Roma col nome proprio musulmano
Acmet. E realmente Ahmed Feth Pasci, ambasciatore per la sublime porta presso il re
cristianissimo, fu il 12 giugno 1838 accolto dal successore di Urbano II in amorevole e
paterna udienza, negata per saviamente al dragomanno di quello, perch greco scismati-
co, dovendosi dalla moderna Chiesa Romana preferire lintiero Maometto a un mezzo
Ges Cristo, dacch la ristaurazione del 1814 e le sue conseguenze dimostrarono la utilit
di qualche concordia tra la vecchia religione e la nuova politica.
2. Belli del resto, negli anni precedenti, aveva spinto la sua attenzione
sulle soglie del deismo e dellindifferentismo, leggendo la Loi naturelle di
Volney che trovava in appendice alla sua edizione delle Ruines, e discuten-
do con lamico Biagini su pagine ormai classiche di Diderot e Voltaire. Di
Biagini, in effetti, la grafia degli articoli zibaldoniani, trascrizione comple-
ta dellArticle Foi, Section III dal Dictionnaire philosophique:
302
V. I giacubbini e la legge der Signore
15
Ivi, articoli 4042-4043, carta 102 recto-103 verso.
16
Muscetta [19832], pp. 131-132.
17
Ivi, p. 135.
303
Edoardo Ripari
Notiamo per, con Gibellini 18, che il calzolaio dottore (in Roma i cal-
zolai e i barbieri sono i dottori della plebe, annota Belli), a differenza di altri
plebei irrazionalisti convinti, come il dottoretto del sonetto omonimo,
18
Gibellini [19872], p. 181.
304
V. I giacubbini e la legge der Signore
19
Teodonio [1998], vol. 1, p. 182.
20
Zibaldone, VII, articolo 4045, carta 104 recto.
305
Edoardo Ripari
21
Gibellini [19872], pp. 19-22.
22
Ivi, p. 27.
306
V. I giacubbini e la legge der Signore
23
Nel nono volume dello Zibaldone, carta 107, Belli cita in effetti lOrigine de tous les cultes,
del 1795, dove Dupuis riconduceva le origini di tutte le religioni allastrologia primitiva.
307
Edoardo Ripari
24
Zibaldone, I, articolo 383, carta 91 verso.
25
Belli riporta questo passo dallApology for christianity in a series of letters addressed to
Edward Gibbon di Richard Watson in Zibaldone, IV, articolo 1997. Cfr. Watson [1820], p.
57: You cannot otherwise obviate this conclusion, than by questioning the authenticity of
that book, concernig which, Newton, when he was writing his Commentary on Daniel,
expressed himself from the person from whom I had the anecdote (Dr. Smith, late Master
of Trinity College), and which deserves not to be lost: I find more sure marks of authenti-
city in the Bible, than in ever profan history whatsoever.
308
V. I giacubbini e la legge der Signore
26
Volney [1820], pp. 205-206.
27
Sonetto 1329, 11 ottobre 1834.
309
Edoardo Ripari
310
V. I giacubbini e la legge der Signore
28
Zibaldone, VI, articoli 3763-3767, carte 240 recto-243 recto.
311
Edoardo Ripari
29
Ivi, I, articolo 104, carta 35 recto.
30
Ivi, articoli 183-184, carta 47 recto.
31
Ivi, articolo 572, carta 131 recto.
32
Ivi, articoli 822-823, carta 172 verso.
33
Ivi, II, articoli 1156-1170, carte 125 recto-134 verso.
312
V. I giacubbini e la legge der Signore
34
Ivi, articoli 1253-1254, carte 183 verso e 190 verso-191 verso.
35
Ivi, III, articolo 1696, carte 93 recto e verso.
36
Ivi, VII, articoli 4009-4037, carte 83 recto-99 recto.
313
Edoardo Ripari
37
Ivi, articoli 4255-4256, carte 158 recto-160 recto.
314
V. I giacubbini e la legge der Signore
38
Ivi, articolo 4257, carta 160 recto e verso.
39
Ivi, articolo 4400, carta 191 recto e verso.
40
Ivi, IX, carte 151 recto-161.
41
Ivi, carte 175 recto-180 verso.
42
Ivi, carte 163 recto-173 recto.
315
Edoardo Ripari
316
V. I giacubbini e la legge der Signore
43
Cfr. Beccaria [1995].
317
Edoardo Ripari
I Romaneschi che hanno sempre per la bocca i fulmini e le saette in via dim-
precazione, sentono poi certa ripugnanza superstiziosa a far menzione di que-
sti fenomeni, quasi temessero di chiamarsene addosso: e vi sostituiscono la
parola porcheria. Dovendone poi dire il nome, non mancano di mandargli
addosso una formola preservativa: Dio salvi ognuno; Salvo dove me tocco ecc.
La distinzione qui data della natura e della forma de fulmini e delle saette di
vera credenza popolare.
318
V. I giacubbini e la legge der Signore
si, ben distinti allinterno delle stesse mura cittadine. Cos accade nelle
note del sonetto Le catacomme (831), del 26 gennaio 1833, dove Belli ci
informa che le lucerne di terra, chiamate volgarmente lumi perpetui,
credonsi dai romaneschi e da moltissimi romani andar sempre fino al
momento che sentano il contatto dellaria: e cos, al primo aprirsi di uno
di que sepolcri, si immaginano di vedere il fumo della fiamma allorallora
spenta. Il lector in fabula dei Sonetti avrebbe certo provato grande inte-
resse imbattendosi nella puntuale e meticolosa attenzione con cui il poeta
guarda a manifestazioni minime della vita quotidiana. Veniamo ad esem-
pio informati intorno al gioco del far il verde:
Fra i molti e saporiti giuochi praticati in Roma anche nelle non infime societ,
questo pel quale molti uomini e donne, pongonsi in circolo, e fanno girare
dalluno allaltro un pezzetto di cerino acceso, dicendo ad ogni consegna: ben
venga e ben vada il signor don Alonso, che viaggia a piedi a cavallo al bigonzo.
Con molta fretta si cerca di proferire quei bei due versi, onde presto passare il
consumato cerino al compagno, il quale non lo riceve che allultima parola.
Colui che poi bruciandosi i diti lascia spegnere e cadere il cerino, d un pe-
gno, per riavere il quale deve poi fare una penitenza, imposta per lo pi dalla
pi gentile signora della societ 45.
44
Er verde (888), 12 febbraio 1833, nota 1.
45
Li bballi novi (719), 9 gennaio 1833, nota 4.
319
Edoardo Ripari
46
Cfr. Ripari [2006], pp. 143 ss.
320
V. I giacubbini e la legge der Signore
1. Uno per omo vale: uno per cadauno, qualunque sia il genere di cui si
parli. 2. Grande il concetto in che dal volgo sono tenuti i Re Magi della
Epifania per la loro influenza sui misteriosi eventi. 3. In questa chiesa sono
associati i cadaveri de giustiziati da una fraternit specialmente a ci addetta.
Ivi concorrono in particolar modo le donne, onde ottenere numeri di sicura
sortita al lotto. Unaltra devozione al medesimo scopo da esse praticata sa-
lendo co ginocchi (anche di notte) la lunghissima scalinata di S.Maria in Ara-
coeli, sul Campidoglio, e recitando ad ogni scaglione o un Requiem aeternam
o un De profundis, secondo lagio o il fervore della postulante. 4. I giustiziati
hanno una grande cognizione delle future sorti del lotto. 5. Questo il famoso
libro de rapporti fra le cose e idee anche astratte ed i numeri del lotto, libro
adornato di orride figuracce di arti e mestieri, corrispondenti ad altrettante
cifre della serie giocabile: libro finalmente che san leggere per miracolo anche
gli illetterati.
321
Edoardo Ripari
1. Giuoco di carte consimile al faraone. 2. Chi non prende lEucarestia che la pasqua. 3
Vendono. Nelle provincie, prima della pasqua si portano dai curati per le case tanti bi-
glietti pasquali, quanti sono individui della famiglia, onde ciascuno restituisca il suo,
munito del proprio nome, nellatto che si comunica allaltare. A Roma al contrario si usa
che i comunicandi li ricevano al momento che prendono il sacramento; e, terminato quin-
di il tempo pasquale, girano i curati a raccogliere per le case i biglietti e ne eseguiscono il
confronto coglindividui. Di che avviene che nella provincia si faccia maggior luogo ai
sacrilegii, e in Roma al traffico de polizzini per mezzo de chierici: dappoich l il con-
fronto accade attualmente, e qua si riferisce ad azioni passate, delle quali il parroco non
pu serbare memoria. Nulladimeno il buon cristiano sempre quello che ha un biglietto
da rendere.
47
Prosperi [1996], p. 203.
48
Vighi, in Teodonio [1998], vol I, p. 80.
322
V. I giacubbini e la legge der Signore
49
Leggiamo in Vigolo [1963], pp. 194-194 passim: [...] un elemento demoniaco nel
Belli c innegabilmente, soggettivo e oggettivo, collegato anche allo scatenamento di una
parte oscura della sua personalit, alla forma di vera e propria ossessione che assume in
alcuni periodi la creazione dei Sonetti, allaccentuazione della foga blasfemante e scurrile,
amaramente compiaciuta dei suoi estremi. [...] Che cosa debba intendersi per diabolismo
nella poesia di Belli senza andare nel gratuito o nel fantasioso mi pare che si possa
razionalmente stabilire, sia in molti caratteri obiettivi della sua opera, sia nella colorazione
soggettiva della sua personalit. E in ogni caso ed anzi tutto una parte quasi estromessa,
condannata, esclusa dalla coscienza, da certe dignit di valori della coscienza che si confi-
gura come il diavolo, il quale, prima ancora che lo spirito di negazione, a sua volta lessere
di tutto ci che stato negato (scacciato, condannato, escluso, o maledetto) fuori da noi o
dentro di noi.
323
Edoardo Ripari
50
Ivi, vol. I, p. 163.
324
V. I giacubbini e la legge der Signore
51
De Martino [20033], pp. 142-143.
325
Edoardo Ripari
52
Rossi [19932], p. 185.
326
V. I giacubbini e la legge der Signore
53
Ivi, p. 192.
54
Ivi, p. 220.
55
De Martino [20023], p. 244.
56
Ivi, p. 258.
327
Edoardo Ripari
57
Prosperi [1996], p. XVIII.
58
Ivi, p. 203.
59
Librandi [1993], pp. 355-381.
60
Zibaldone, VIII, carte 149 recto154 recto.
328
V. I giacubbini e la legge der Signore
1. Il 15 marzo 1829 Belli si recava alla chiesa dei SS. Lorenzo e Dama-
so per udire il noto predicatore Vincenzo Scarpa da Padova (1790-1854).
Nel settimo volume dello Zibaldone, troviamo il resoconto della giornata:
61
Ivi, I, articolo 59, carta 17 bis recto.
329
Edoardo Ripari
62
Ivi, VII, articolo 4219, carte 147 recto-148 recto.
63
Un esempio ulteriore ritroviamo in altri estratti zibaldoniani, tra cui un significativo
rimando allIstoria americana del Botta, dove i predicatori si trovavano ad affiancare i gui-
datori prudenti delle masse popolari e con molto calore insistevano che la causa degli
Americani era la causa del cielo; che questo affeziona e protegge gli uomini liberi ed ha in
aborrimento gli autori della tirannide; che ingiusti e tirannici oltre misura erano i disegni
dei ministri inglesi contro gli Americani, che gli uomini, cittadini e cristiani dovevano unir-
si ai loro capi per difender ci che luomo ha pi caro, la religion pi sacra. In Botta
[1825], vol. VI, p. 96.
330
V. I giacubbini e la legge der Signore
* Cos usava il R.mo Missionario apostolico Monsign. Giardoni. Allorch il popolo com-
punto gridava Misericordia, egli continuava la mimica di braccia e di bocca; e il popolo
diceva: vero, Ges mio, vero.
331
Edoardo Ripari
332
V. I giacubbini e la legge der Signore
La malizia del nostro romanesco riproduce in certo modo le obiezioni vecchie de frati
intorno agli uomini a capo in-gi, ai pozzi rovesciati, e a tante altre luminose considera-
zioni che fruttarono la frusta inquisitoriale a Galileo Galilei. Vorremmo noi dire che fosse
quello il primo e lultimo errore de frati e de loro confratelli da chierca?
64
Teodonio [1998], vol. II, p. 231.
65
Almansi [1978], p. 16.
333
Edoardo Ripari
334
V. I giacubbini e la legge der Signore
1. Nel suo noto trattato Il parroco istruito, Padre Segneri, nella neces-
sit di una sempre pi coinvolgente comunicazione con le masse popola-
ri, individuava nella predominanza del movere sul docere il mezzo neces-
sario ai nuovi obiettivi della predicazione popolare. Se da un lato, allin-
domani della Riforma luterana e di fronte a una minaccia senza preceden-
ti per lortodossia, lo spirito missionario fu animato dalla volont di istru-
ire al vero culto, nei fatti si comprese che la via pi larga per ottenere lo
scopo pi immediato il controllo era far forza su un linguaggio estre-
mamente persuasivo e diretto, volto a far pressione sulle emozioni pi che
sullintelletto, sul cuore pi che sulle menti. Dai modelli di santit gi
gi fino alle pratiche per la fertilit dei campi osserva Prosperi cera
tutto un mondo di valori e rappresentazioni che doveva essere diffuso
negli angoli pi remoti della societ 66.
Nel sostrato romanesco Belli trova i residui di una intelligenza popola-
re che, di fronte alle questioni religiose nate in seno alla Controriforma, si
era appassionata alle discussioni su complesse diatribe teologiche e scrit-
turali: il retroterra culturale del monumento, in effetti, non sempre
necessariamente riconducibile a un intertesto colto, bens anche, come
spesso accade, a una registrazione pi o meno fedele di espressioni e
66
Prosperi [1996], p. XV.
335
Edoardo Ripari
67
Ginzburg [19992], p. XVIII.
68
In Prosperi [1996], p. 125.
69
In ivi, p. 326.
70
In ivi, p. 356.
71
In ivi, p. 634.
336
V. I giacubbini e la legge der Signore
canto, giungeva ai limiti della fantasia, sino alla riduzione delle frasi evan-
geliche di Cristo o degli apostoli a significati che niente avevano a che
spartire con loriginale 72, e nel tentativo di riportare limmaginario bibli-
co alla sensibilit propria del materialismo popolare, capitava loro di defi-
nire leucaristia come un agnello arrostito e sanguinolento di cui si ciba
lanima che aspira alla perfezione 73. Ma ancora negli anni Trenta del-
lOttocento ci si poteva imbattere in preti e frati che paragonavano lo
Spirito Santo al lardo acceso che sbrodola e bbarbotta durante la cottu-
ra di ghiotta carne dabbacchio, come accade in un sonetto belliano
Una spiegazzione (424), dell8 novembre 1832 gi interpretato da
Muscetta in chiave squisitamente voltairiana 74:
72
Ivi, p. 134.
73
Ibidem.
74
Muscetta [19832], p. 22.
337
Edoardo Ripari
75
Teodonio [1998], vol. II, p. 210.
76
Zibaldone, I, articolo 27, carta 10 recto. E cfr. Calmet [1746], p. 152: Tout le mond
sait ce que lon dit des Dmons Incubes et Succubes, et des femmes et des filles sduites par
le mauvais Esprit, qui on e ou qui on cr avoir commerce charnel avec lui; p. 436: Les
Hbreux parlent des Repham, des Gans impies qui gmissent sous les eaux. Salomon dit
que les mchant descendront dans labme avec les Repham. Isae dscrivant larrive du
Roi de Babylon dans les Enfers, dit que les Gans se sont levs pour venir par honneur au-
devant de lui, et lui on dit: Tu as donc t per de playes aussi-bien que nous; ton orgueil a t
prcipit dans lEnfer; ton lit sera la pourriture, et ta couverture seront le vers.
338
V. I giacubbini e la legge der Signore
In questo secolo stesso toccato a noi, non ha Dio chiaramente dato a conosce-
re, che le sue minacce non sono altamente fallaci, quali tu pensi, ma infallibili,
quali tu non vorresti? [...] Non lItalia, non la Spagna, non la Francia, non la
Germania, non la fiandra, non lInghilterra hanno potuto godere in veruna
339
Edoardo Ripari
parte ozj piacevoli, ovvero sonni sicuri [...]. Apri pur gli occhi tuo malgrado, e
rimira in breve giro di anni le sollevazioni s strane di tanti popoli; giacch
continue sono state a d nostri le rivolte, or di Germania, or di Portogallo, or
di Catalogna, or dInghilterra, or di Napoli, or di Polonia [...]. In qual altro
secolo si raccontano litigj pi pertinaci, o congiure pi frequenti; tradimenti
pi ingiuriosi, o saccheggiamenti pi ingiusti, uccisioni pi barbare, o crudel-
t pi nefande? 77
77
Segneri [1757], p. 88.
78
Prosperi [1996], p. 96.
79
Ivi, p. 439.
80
Ibidem.
81
Ivi, p. 16.
82
Ivi, p. 285.
340
V. I giacubbini e la legge der Signore
83
Ibidem.
341
Edoardo Ripari
342
V. I giacubbini e la legge der Signore
84
Cfr. Gibellini [19872], pp. 195-222.
343
Edoardo Ripari
344
V. I giacubbini e la legge der Signore
La comicit dei versi non riesce a mascherare del tutto una tragica
gravit di fondo; ma soprattutto, con questo sonetto, Belli documenta il
ritorno, nella Roma di Gregorio XVI, di un inferno tipicamente controri-
formistico e barocco: un inferno-caos fatto di coabitazioni forzate, un
ignobile lazzaretto interclassista 85. Nella societ pontificia dellOtto-
cento, ancora divisa in vere e proprie caste, il desiderio interdetto del-
luguaglianza e della trasgressione sessuale [...] si riversa nei sotterranei
dellinferno-inconscio, nelle caverne notturne del sogno a celebrarvi un
85
Camporesi [19982], pp. 21-22.
345
Edoardo Ripari
86
Ibidem.
87
Cfr. Bachtin [19953], pp. 3-69 e 405-480.
88
Segneri [1757], p. 81.
346
V. I giacubbini e la legge der Signore
89
Ivi, p. 82.
90
Camporesi [19982]p. 45.
91
Almansi [1997], pp. 131-166.
347
Edoardo Ripari
La porta di quel soggiorno infaustissimo di tutti i mali sar serrata da due gran
chiavi di ferro: da un Mai e da un Sempre [...]. Ma chi sa dire quanto rinchiu-
dano di tormento queste due brevi sillabe, Mai e Sempre, di cui si compone
lorribile eternit? 92
Si, si, dice lAppostolo San Giovanni (Apoc., 9. 6): Quaerent mortem, & non
invenient. Questo sar lesercizio, nel quale i miseri si occuperanno per tutta
92
Cito da Camporesi [19982], p. 55.
348
V. I giacubbini e la legge der Signore
leternit. Cercar la morte sotto tutte anche le sue forme medesime pi spieta-
te, cercar la morte, e non aver mai fortuna di ritrovarla [...]. E se tutto questo
Universo ripieno sia di minutissima sabbia, ed ogni secolo ne sia colto un sol
grano, lasceranno quei miseri di penare, quando gi luniverso sia tutto sgom-
bro? N meno. In saecula, in saecula [...]. O tuono orrendo! o turbine spaven-
toso! Comesser pu, che questa sola voce In aeterno, non sia bastante a sba-
lordirci la mente, e disfarci il cuore? Grotte, rupi, spelonche, aim, dove siete,
che mi vien voglia di venire a rinchiudermi dentro a qualcuna di voi, ed ivi,
senza pi rimirar faccia duomo, o raggio di luce, star meco a piangere, e a
ripetere, Eternit, Eternit, finch io giunga a capire ci, che dir voglia esser
dannato per tutta lEternit, Usque in Sempiternum 93.
Che sar del dannato che in carne viva star tutto nel fuoco abbrugiando
senza poter morire unhora, un giorno, un mese, un anno, diecanni, cen-
tanni, millanni, uneternit; finch Dio sar Dio, un non finisce mai, mai,
mai [...]. Spaventevole mai; terribilissimo mai. O mai gigante dinfinita sta-
tura, oceano dimmenso golfo, labirinto dinnumerevoli giri. Chi ti misura,
se non il braccio delleternit? [...] Gigante mai. Mai oceano. Mai, mai,
mai inimmaginabile mai [...]. O mai martirio della nostra mente, o mai car-
nefice del nostro cuore 94.
93
Segneri [1757], p. 83.
94
Orchi [16562], pp. 149-150.
349
Edoardo Ripari
95
Citato in Samon [1969], p. 121.
350
V. I giacubbini e la legge der Signore
DEUS RIDENS
96
Ivi, p. 112.
97
Perch fremon le genti? Perch i popoli / volgono in mente lor vani disegni? / I Re
del Mondo si levaro in Turba, / e nel Signor, e del Signor dellUnto / i prenci fer di mille
voti un voto. / Rompiam lor lacci, e ricusianne il giogo. / Ma que chabita i Cieli avralli a
scherno, / ed il Signor si beffer di loro. / Lor far udir dellira la sua voce, / e gli costerner
nel suo furore; in Vighi [1975], vol. I, p. 154. interessante osservare come il rovescia-
mento del testo biblico posto in atto nei sonetti romaneschi risulti ancor pi evidente se
messo a confronto con questa traduzione del 1810-1812.
98
Angelo Maria da San Filippo, Quaresimale, Venezia, Recurti, 1715, p. 88. Cito da
Camporesi [19982], p. 127.
351
Edoardo Ripari
Se Dio rimirasse quei reprobi con locchio del dispiacere, pur si potrebbe
sperare che, per non fare a se stesso il rammarico eterno, cader lasciasse una
stilla dellinfinita misericordia ad ammorzar tanto fuoco: ma essendo parte
della sovrana felicit il supplizio dei condannati, non pu sperarsi misericor-
dia, senza creder che Dio voglia privare se stesso per tutta quanta leternit
duna porzione della sua gloria e dimezzarsi la beatitudine che riceve da lor
supplizi [...] Dominus irridebit eos. Ah intollerabile spasimo! Peccai di troppa
credenza [...] quando io pensai che il tormento di miserabili condannati fosse
vedere la faccia del sommo Dio sdegnato, ma riconobbi pi aspro il rimirar la
bocca del grande Dio che ride 99.
99
In ivi, p. 131.
352
V. I giacubbini e la legge der Signore
353
Edoardo Ripari
Io per me credo, che disperati andasser molti a lanciarsi immezzo alle fiamme,
per non pi sopravvivere a tanterrore; e se la torre donde Nerone festeggi
non fosse stata circondata e difesa da grosse guardie, non so veder come tutti
non fossero col corsi per darle fuoco; o non avessero procurato di abbatterla
a forza di urti, se non avevano allora pronto il furor delle catapulte. Or figura-
tevi che a pari di questa, anzi di gran lunga pi insana, e pi inesplicabile, sta
la Rabbia de Reprobi allInferno. Ardono essi in un incendio molto pi lut-
100
Cfr. Garvin [1978].
101
La crudert de Nerone (1595), 26 agosto 1835, vv. 5-8.
102
Garvin [1978], pp. 65-69.
354
V. I giacubbini e la legge der Signore
tuoso, il quale a loro, come disse Isaia, non gi divora le contrade, le cose, le
suppellettili, ma la vita, Erit populus quasi esca ignis (Is. 9. 29). E pur quando
alzano gli occhi per rivoltarsi a quel gran Dio che lo accese, veggono chegli
(lo dovr dire?) veggono chegli divenuto per essi (secondo un lor sentimen-
to) un Nerone, non per ingiustizia, ma per severit, non solo non vuole, o
consolarli, o soccorrerli, o compatirli, ma di pi plaudit manu ad manum, e
con un diletto incredibile se ne ride. Pensate dunque in quali smanie debbono
essi prorompere, in quai furori! Noi bruciamo e Dio ride? Noi bruciamo e
Dio ride? O Dio crudelissimo! Perch non prendi a conquiderci co tuoi ful-
mini, piuttosto che ad insultarci con le tue risa? Raddoppia pure spietato le
nostre fiamme, imperversale, incrudeliscile, ma solo poi non di voler s gioi-
re. Ah riso a noi pi amaro del nostro pianto! ah gioja a noi pi funesta de
nostri guai! Perch non ha linferno voragini pi profonde, per sfuggire ivi il
volto di un Dio che ride? Troppo cingann chi ne disse che il maggior nostro
tormento sarebbe stato il rimirare la faccia di un Dio sdegnato. Di un Dio
ridente, bisognava anzi dirci, di un Dio ridente 103.
103
Segneri [1757], pp. 84-85.
104
Samon [1969], p. 110.
355
Edoardo Ripari
105
Le risate der Papa (1348), 17 novembre 1834.
356
VI. CATTOLICI O ATEI
San Giobbe e il tramonto dello Stato pontificio
1
Er cllera moribbus, 2 (2247, vv. 9 e 11-14).
357
Edoardo Ripari
le Madonne delle pubbliche vie aprir gli occhi, girarli e versar lacrime.
E, armato della forza disvelante della ragione, aggiungeva con spirito vol-
tairiano: Nel 1835, avvicinandosi il colera al nostro Stato, alcuni o credu-
li o impostori cominciarono a sparger voce della rinnovazione di un tanto
miracolo. Poi tornava a nascondersi dietro il gruggno di un popolano
pi astuto, insinuando:
2
Er cllera moribbus, 4 (2249, v. 4).
3
Er cllera moribbus, 3 (2248, v. 8).
4
Er cllera moribbus, 6 (2251).
358
VI. Cattolici o atei
Solo in rare occasioni, in quei versi sul cllera moribbus, faceva ca-
polino una rabbia dissacrante e furiosa, che si inaspriva proprio laddove
si scopriva sorda, imbattendosi nella constatazione dellimpotenza del
proprio grido:
5
Er cllera moribbus, 13 (2258).
6
Er cllera moribbus, 29 (2274).
7
Er cllera moribbus, 34 (2279, vv. 1-4).
359
Edoardo Ripari
Di fronte alla terrorit del collra, lunico rimedio, per chi era in
grado di farvi ricorso, non restava che la saggezza della rassegnazione:
8
Veglia [2000], p. 211.
9
Ivi, p 185.
10
Er cllera moribbus, 5 (2250, vv. 5-8).
11
Er cllera moribbus, 17 (2262, vv. 2 e 9-12).
12
Cfr. Veglia [2000], p. 194.
13
Ivi, p. 198.
360
VI. Cattolici o atei
CUPIO DISSOLVI
14
LGZ, pp. 125-127.
361
Edoardo Ripari
Ma il lutto improvviso era la met sola dei nuovi mali del poeta, che
inaspettatamente si ritrov in una gravosa indigenza, e privo di quel gu-
scio protettivo e di quelle condizioni che sole avevano reso possibile
limmersione e la poesia:
Il mio corpo, divenuto che sar cadavere, ordino e voglio che senza alcuna
specie di pompa venga trasportato dalla mia abitazione fino al luogo della
sepoltura come suol dirsi per carit o in forma pauperum; e ci non solo per
risparmiar gravezza e dispendii al lieve patrimonio di mio figlio, ma eziando e
pi specialmente in risguardo della umilt e mortificazione dovute alle colpe
delle quali innanzi a Dio macchiata la mia vita.
15
Ivi, p. 129.
16
Cfr. Ragni [1987], pp. 28-29.
17
Ibidem.
362
VI. Cattolici o atei
Io nella mia prima giovent scriveva al figlio Ciro il 30 giugno 1838 fondai
a Roma unAccademia letteraria col nome di Tiberina. Nel 1828 me ne ritirai
per savii motivi che un giorno ti spiegher. Intanto sappi che dopo dieci anni
alcuni miei ottimi amici e sapientissimi han voluto che io tornassi a quellisti-
tuto da me abbandonato, sperando essi che ne trarrei sollievo al mio spirito
18
Li morti de Roma (815), 32 gennaio 1833, vv. 9-14.
19
In Spagnoletti [1961], vol. I, p. 28.
363
Edoardo Ripari
20
Lettera a G.Ferretti, 19 giugno 1838, in ivi, p. 455.
21
Ivi, p. 28.
364
VI. Cattolici o atei
della Virt. Oggi per che lazione degli anni, unita allo studio delle matemati-
che e a quello de classici latini, deve avere di tanto corroborato il tuo spirito,
quanto ti basti a farti comprendere gli elementi di verit superiori, mi cade in
idea dinviarti alcuni miei versi, i quali, scritti espressamente per te, riusciran-
no forse non inutili a imprimerti nellanimo pi solide nozioni di morale e di
civilt 22.
22
In ivi, vol. II, p. 74.
23
Luomo specchio delluomo, vv. 9-11.
24
La libert, 25 febbraio 1838.
365
Edoardo Ripari
25
Gnoli [1883], p. 151.
26
Botta [1824], pp. 305-306.
27
Cfr. Guerci [2008], pp. 118-123 passim. Tra gli esempi, merita attenzione questo
brano in cui Giulio Alvisini, nel discorso preliminare alla traduzione dellHistoire du clerg
di Barruel, osservava: Ella questa la libert che esenta luomo a proprio piacimento da
tutti i legami indispensabili della legge naturale, sociale e cristiana, che tende a favorire
tutte le passioni di una natura corrotta, a fargli scuotere il giogo dellautorit paterna, di
una morale pura, di una religione santa, per quindi immergerlo in tutti i disordini dellanar-
chia, in tutte le impudicizie e in tutti gli orrori del paganesimo e dellateismo. quella che
sotto il mentito nome di libert altro non in realt, se non la licenza e un libertinaggio di
spirito, di cuore e di condotta, perch non lo adescano che con una libert falsa, essendo
eglino stessi [i rivoluzionari] gli schiavi della corruzione che li domina; in ivi, p. 124.
366
VI. Cattolici o atei
In queste poesie che mettiamo in luce per le stampe leggiamo nella presen-
tazione editoriale non troveranno i lettori quelle lune mezzo-velate che a
quando a quando rallegrano le foreste col guizzo dun patetico raggio; quel-
lulular di gufi, di civette, di barbagianni ec. ec. su per le diroccate mura delle
castella, e tante altre malinconie di che la povera Italia gi comincia ad avere
tanta saziet, da turarsi le orecchie con pi salda cera che non fece Ulisse. Ma
non troveranno nemmeno gli Endimioni dormienti che innamorano le Diane
e tutti quei pecorai e caprai sonanti la siringa di Pane che nessuno mai sent n
conobbe, n quegli Dei che con lammutolirsi dei sacerdoti perderono ogni
oracolo e virt, e si nascosero per sempre sotto le nevi dellOlimpo. In queste
poesie lautore sa di essere un uomo del secolo XIX, e di parlare ad uomini di
questo secolo, quindi i suoi temi, i suoi concetti, le sue parole si concordano
allet nostra e a nostri costumi 28.
Nella sua recensione del luglio 1844, Giacomo Ferretti scorgeva nei
versi uno stile velato da cui traspare unironia socratica, un tessuto
poetico giocoso che vuole erudire attraverso il riso. Ma in Belli oramai,
costretto dai tempi e dallumbratile coscienza a dichiararsi innocente sin
laddove non aveva peccato, prevaleva, e sempre pi avrebbe prevalso, la
remora:
Nello spedirvi per la posta il libro scriveva a Neroni Cancelli il 1 aprile 1844
, di una cosa intanto io vi prego, ed che se da qualcuno udiste un d o laltro
biasimare lasprezza di certe opinioni e frasi sparse qua e l ne miei versi,
vogliate amichevolmente difendermi col sostenere sulla mia parola che nel
pungere o viz, o difetti, o ridicollagini, non intesi mai generalizzare, portando
io rispetto a quanto nella societ merita riverenza per comune consentimento
degli uomini 29.
ER PAPA NOVO
Uno degli ultimi sonetti dedicati a Gregorio XVI, Er Papa in ner Cor-
pusdommine (2093) del 6 gennaio 1846, rivela un inedito atteggiamento
di indulgenza nei confronti di Frate Mauro:
28
In Vighi [1975], vol. II, p. 237.
29
Ivi, p. 238.
367
Edoardo Ripari
368
VI. Cattolici o atei
Sul piano personale, daltra parte, egli poteva perdonare Gregorio XVI
(avrebbe scritto di l a breve il noto appunto: A Papa Grigorio je volevo
bbene perch me dava er gusto de potenne d mmale 30), senza per riu-
scire a giustificare, sul piano storico, un papato che aveva ridotto lo Stato
pontificio a cittadella fortificata, isolata, priva di influenza, e deformato la
religione allontanandola radicalmente dalla dimensione evangelica del
cristianesimo primitivo.
Allelezione del Papa novo (2140), Giovanni Maria Mastai Ferretti,
salito al soglio pontificio il 16 giugno col nome di Pio IX, prevalse da
subito un atteggiamento di evidente diffidenza, in un Belli niente affatto
partecipe delle strepitose dimostrazioni popolari e delle speranze gia-
cubbine di cui la storia e liconografia ci hanno lasciato numerose testi-
monianze:
30
LGZ, p. 576.
369
Edoardo Ripari
Faccio eco sincerissimo alla tua esclamazione: oh lottimo Sovrano! Qui molti
del popolo portano al cappellaccio una coccardina caudata, che pare una stel-
la cometa. Su tutte le porte delle case e botteghe leggi in carta bianca e stampa
gialla: Viva limmortale Pio IX. Truppe di ragazzetti circolano per questi vicoli
con bandierette in mano cantando una popolare canzoncina che poco io com-
prendo. Una strofa per mi restata in mente, ed questa: Partimo da Bolo-
gna / E annamo a Roma Santa / Colla bandiera bianca / Del car nostro So-
vran. Non ti paiono versi degni del cedro, o di cedrate? Ma, comunque siano,
esprimono sempre interni sensi di amore, e per la plebe ci basta 31.
31
In Spagnoletti [1961], vol. II, p. 248.
370
VI. Cattolici o atei
una benedizione, direi casereccia, allaffollato popolo che lo attendeva per au-
gurargli lunga e prospera vita. Sua Santit era commossa, n meno commossa la
moltitudine, che la ama di vero cuore e quanto Essa merita 32.
Lanimo liberale e riformatore del Belli, dunque, non si era del tut-
to eclissato, e pur mantenendo una distanza cittadina dalle manife-
stazioni plebee, egli approvava le nuove e necessarie istanze di miglio-
ramento: limitata libert di stampa, abolizione del ghetto, Consulta di
Stato, Guardia civica 33. Estraneo agli entusiasmi neoguelfi o alle spe-
ranze di un Giuseppe Montalli (che avrebbe ricordato: Lutopia del
papato rigeneratore mi schiudeva innanzi mirabile prospettiva, in cui
tutti gli affetti di patria, di democrazia, di religione si sentivano copio-
samente appagati. Italiano, vedevo finalmente le membra sparte della
mia nazione in un sol corpo, e lanima di questo corpo a Roma, e capo
dItalia il capo di tutta la cristianit 34) Belli avvertiva daltro canto, su
tutte, lesigenza di un pi risoluto decisionismo da parte di un ponte-
fice che appariva, al contrario, tuttaltro che determinato sulla strada
da seguire.
32
Ivi, p. 249.
33
Interessante, nel sonetto Lorloggio (2141) del 22 ottobre 1846 che riflette sulla deci-
sione del papa di utilizzare il conteggio a la francese per gli orologi, una nota del poeta: Il
pubblico orologio del palazzo pontificio al quirinale, pari ad altri orologi di Roma, ebbe
finora il quadrante diviso in sole sei ore, le quali, mandandosi esso orologio alla romana,
faceva perci in un d quattro uficii, cio di ore 6, di 12, di 18 e di 24. La campana peraltro
battea di 12 in 12. Da questi elementi nasceano ta bizzarre combinazioni, che uno svizzero
della guardia ebbe un giorno ad esclamare: Oh Griste! Segnar guattre, sonar tiece e star
fentitua! Pio IX fa ora cangiare il quadrante, che segner quindi allastronomica. Agli sta-
zionarii questa innovazione non piace. Sul sonetto scrive Muscetta (Lanza [1965], vol. IV,
p. 2242): Agli occhi del liberalismo moderato del Belli, riaperti alla speranza, questo
come il simbolo dei cambiamenti rispetto allorologio di papa Gregorio, meravigliosamen-
te stazionario e abitudinario.
34
In Villari [2007], vol. III, p. 142.
371
Edoardo Ripari
35
Er papa bbono (2149), 4 novembre 1846
36
In Teodonio [1998], vol. II, p. 1072.
37
Di tuttaltro parere, appunto, Muscetta, in Lanza [1965], vol. IV, p. 2252.
38
La salute der papa (2150), 4 novembre 1846, v. 6.
372
VI. Cattolici o atei
39
Li vvoli in zaccoccia (2152), 5 novembre 1846, v. 4.
40
La scechezza der Papa (2162), 2 gennaio 1847, vv. 3-4.
41
Sonetto 2153, 8 novembre 1846.
373
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42
In Belli [19903], p. 599.
43
Di diverso avviso Teodonio [1998], vol. II, p. 1052.
374
VI. Cattolici o atei
44
Vigolo, in Belli [20048], p. XVIII.
375
Edoardo Ripari
Dichiaro [...] che quella qualunque porzione de ripetuti miei versi che per
avventura sia di gi conosciuta ed abbia in qualsivoglia guisa potuto circolare
di voce in voce e di scritto in iscritto, viene da me ripudiata per mia opera, sia
perch realmente (per quanto mia notizia) va difforme da miei originali, e
perch al postutto io nego di pi riconoscere lavori da me fatti per solo capric-
cio e in tempi di mente sregolata, i quali si oppongono aglintimi e veraci
sentimenti dellanimo mio 46.
45
In Spagnoletti [1961], vol. II, p. 270.
46
In ivi, p. 281.
47
Ibidem.
376
VI. Cattolici o atei
dieci giorni a questa parte trovasi a Terni una guarnigione di cinquemila spa-
gnuoli. Circa agli affari, poco c finora da discorrere: ne parliamo al riveder-
ci. Cosa buona per questa, cio che il Corazza non parla affatto di danni ne
tuoi terreni per causa dellaccampamento di Garibaldi 48.
Oh! sento piovere! scriveva il 17 alla nuora Cristina . Se non frigge i polpi
qualche vicino, questa acqua di certo. Eh, piove davvero. Ma come diavolo
mai! Dopo una giornata simile! Capisci, Cristina mia, come va il Mondo? Nel
meglio il destino te laccocca. Veramente per faceva troppo caldo, e il nego-
zio non andava colle sue gambe. E cost? fa acqua, fa vento, fa caldo, fa fred-
do, che fa? E tu, come tu te la passi?Ah! questa nostra casuccia, senza di te,
pare un deserto. Io vi porrei fuori per insegna lAlbergo di Santo Ilarione. Mi
duole lanima il doverti dare un brutta notizia. Ciro di te non vuol saperne pi
n puzza n odore, per causa di quel male arrivato Rossi, e ho gran sospetti
che abbia gi scritto a Portici, o a Gaeta che sia, per lo scioglimento del matri-
monio. Che scandalo per tutta Cristiana. Se era a Roma il buon Mazzini, ce lo
avrei messo di mezzo 49.
Col ritorno di Pio IX a Roma, nel 1850, si inaugurava una fase di du-
rissima repressione, e Belli, a ribadire la sua fedelt, stendeva un sonetto,
Il giugno 1849, che quasi stentiamo a riconoscere del lettore di Voltaire e
Giannone, e che tuttavia non va attribuito alle necessit della sua posizio-
ne ormai ufficiale; la dura condanna dei moti mazziniani nasceva invero
da un profondo, autentico turbamento 50:
48
In ivi, p. 283.
49
In ivi, p. 288.
50
Gibellini, in Belli [19903], p. XC.
377
Edoardo Ripari
51
LGZ, p. 574.
52
Ivi, pp. 401-402.
378
VI. Cattolici o atei
Ancora al 1853 risale la recensione, che solo ad una prima lettura appare
in irriducibile contrasto con le sferzanti pagine romanesche, della Storia delle
guerre dItalia dal 18 marzo 1848 al 28 agosto 1849 di Luigi Scalchi (Roma,
Gaetano Chiassi, 1851) singolare lavoro, improntato com da capo a fon-
do del medesimo indifferentismo sulle inique sorgenti da cui rampollarono
quelle guerre devastatrici, annotava Belli dove lautore proponeva una
storia diffusa e un racconto dettagliato di tutti i mali che emanarono
dalle stesse guerre, e, appellandosi al pubblico, aggiungeva:
Il vero amico gode delle gioje dellamico e sinteressa e prende parte alle sue
sventure. Or chi sarebbe quel romano che non volesse versare una lacrima in
toccare le piaghe onde fu coperta Roma nellultima catastrofe? Pari sentimen-
to di amore dovr provare il piemontese, il ligure, il toscano, il lombardo, il
veneto, il partenopeo, il siculo ed ogni cittadino di qualunqualtra parte della
nostra sfortunata Penisola, cui la provvidenza eterna ha gi reso matura a
nuovi destini 53.
53
Scalchi [1851], pp. 5-6 passim.
54
LGZ, pp. 411-412 passim.
379
Edoardo Ripari
rato, non aveva alcuna voglia di battersi per una causa cos turpe 55. Il
lettore di Volney e dHerbigny, invero, non era mai stato accondiscenden-
te verso le aspirazioni delle masse a porsi a motore della storia; e gli illu-
ministi, lungi dal mutare il suo scetticismo di cittadino, avevano al contrario
alimentato una vena pessimistica e disincantata, laddove, ad esempio, il fi-
losofo del buon selvaggio aveva osservato, nel capitolo VIII, libro II del
Contract social (Du peuple), che la plupart des peuples ainsi que les hom-
mes ne sont dociles que dans leur jeunesse, ils deviennent incorrigibles en
vieillissant, e che, quand une fois les coutumes sont tablies et les prjugs
enracins, cest une entreprise dangereuse et vaine de vouloir les rformer.
Infatti, le peuple ne peut pas mme souffrir quon touche ses maux pour
les dtruire, semblable ces malades stupides et sans courage qui frmis-
sent laspect du mdicin 56; da questo concetto di popolo maturo a liber-
t scriveva ora Belli con aggravato disagio si vuol rimanere una illusione
e un errore facili ad entrar nei lettori, e aggiungeva:
Scelgasi questo luogo [capitolo XXV, p. 582, l. 22 della Storia] fra cento per
manifestare la profonda maraviglia che ad ogni onesto arreca il vedere come la
storia presente sembri scritta a bello studio nello scopo di esaltare la virt, la
vigoria danimo e leroismo di uomini ribelli, di rivoluzionarii per mestiere,
senza mai una parola di biasimo sulla iniqua causa da cui mossero e sul pi
scellerato fine a cui tendevano quelle gesta di fellonia e di sangue 58.
55
Ivi, p. 416.
56
Rousseu [1831], p. 169.
57
LGZ, ivi, pp. 412-413.
58
Ivi, p. 417.
380
VI. Cattolici o atei
Ecco la storia dei nobili e generosi battaglieri italiani leggiamo nelle stesse
pagine , i quali, se si eccettui il regolare esercito sardo inviato alle battaglie
dalla legittima Autorit, non furono che un miscuglio di traditori de principi,
se non gli autori o complici o conniventi di incalcolabili iatture alla immensa
maggiorit deglinnocenti, nella vita, nellonore, negli averi e nella tranquilli-
t, la quale sa il solo Iddio quando si potr dai miseri ricuperare 59.
59
Ivi, pp. 414-417 passim.
60
Ivi, p. 417.
381
Edoardo Ripari
61
Cfr. Spagnoletti [1961] vol. I, p. 23; a pagina 30 leggiamo: Tutto larco della vec-
chiaia del Belli percorso da una serie di scompensi, ai quali egli trasmette puntualmente la
complessit della sua psicologia di solitario. Quando egli piange per luccisione di Pellegri-
no Rossi, quando maledice gli eccessi compiuti durante la Repubblica romana, nefando
prologo di vicinissimo comunismo, quando si leva dal suo scranno di presidente della
Tiberina a leggere poesie contro la cessata rivoluzione, non tanto la sincerit di questi
gesti a sorprenderci, quanto il tono irritato di rivalsa, che ne sottolinea la cupa violenza.
Oltrepassare il linguaggio dei redattori della Civilt Cattolica dopo il 50 non era cosa
facile; il Belli ci riusc, con il capitolo dedicato alla Civilt Moderna, uno dei dodici di cui
si componeva un libro di satire e sermoni, rimasto inedito sino alla morte per lopposizione
della censura pontificia. Anche il governo temeva ora, da parte dellautore dei Sonetti,
questi eccessi di zelo in suo favore.
62
LGZ, p. 560.
382
VI. Cattolici o atei
CATTOLICI O ATEI
63
Ivi, p. 561.
64
Ivi, p. 562.
65
Liberatori [1850], pp. 55-73 passim.
383
Edoardo Ripari
66
Cfr. Guerci [2008], p. 5.
67
LGZ, p. 570.
68
Ivi, p. 574.
69
Samon [1969] p. 91.
70
LGZ, p. 570.
71
Ivi, p. 562.
384
VI. Cattolici o atei
72
LGZ, p. 570. Il Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche, e delle altre
istituzioni umane di Joseph De Maistre era stato ripubblicato a Firenze nel 1845, per la
traduzione di Cosimo-Andrea Samminiatelli, e a Napoli nel 1854. Non provata dalle carte
zibaldoniane e dallepistolario, la frequentazione belliana delle opere demaistreiane non-
dimeno supponibile, anche da un confronto con i sonetti romaneschi. Gi nel 1832 Nobili
di Pesaro (presso cui Belli aveva gi pubblicato opere in lingua) pubblicava il Viaggio not-
turno intorno alla mia camera, per la traduzione di Paolina Leopardi; e nel 1839 lOfficina
Tipografica di Napoli dava alle stampe La giovinetta sibera e Il lebbroso di Aosta per la
traduzione di Carlo Mele.
385
Edoardo Ripari
73
Cfr. Schmitt [1996], pp. 27 e 74. Questa lintera riflessione del Corts: Lumanit vaga
cieca in un labirinto di cui nessuno conosce n lentrata, n luscita e nemmeno la struttura,
ed questo che noi chiamiamo storia; lumanit una nave sballottata per il mare senza meta,
carica di una ciurma sediziosa, volgare, reclutata a forza, che balla e canta a squarciagola
finch lira di Dio precipita in mare la marmaglia ribelle perch torni a regnare il silenzio
74
Ivi, p. 29. Anche la lettura da parte di Belli delle opere del Corts supponibile; il Saggio
sul cattolicesimo, liberalismo, e socialismo, in effetti, venne pubblicato nel 1851 a Firenze presso
Federico Bencini, e lanno successivo a Foligno, presso la Tipografia Tomassini.
386
VI. Cattolici o atei
Se vero, daltra parte, che ogni idea politica, come suggerisce Sch-
mitt, prende inevitabilmente posizione riguardo alla natura delluomo, e
presuppone che esso sia buono per natura o malvagio per natura 75, allora
lumanitarismo disperato del poeta della plebe romana non poteva che
scontrarsi con la politica culturale del razionalismo illuminista, cui aveva
attentamente guardato, cui dovette inevitabilmente distaccarsi quando sco-
pr che quella stessa plebe era destinata a restare abbandonata e senza
miglioramento. Col suo spirito ora finemente decostruttivo, ora e pi
spesso audacemente e violentemente distruttivo, Belli infatti non posse-
dette mai la forza propositiva di un pensiero ideologico saldo; sotto questi
rispetti, dal giovane ventenne del 1811 al geniale poeta degli anni Trenta,
sino al cupio dissolvi della piena maturit, esiste, pur tra numerose lacera-
zioni, una sotterranea ma robusta continuit: nessuna vera e propria
rottura, dunque, nessuna inversione di marea 76.
Nellattesa preoccupata del 48, il puntiglioso amanuense dei Futuri
destini dellEuropa annotava allora il seguente aforisma:
Total separazione della Chiesa dallo Stato! Tolgasi linfluenza dellordine spi-
rituale sopra il temporale, ed accadr come nellordine fisico allorch simpe-
disce lazione dellanima sopra il corpo, il quale forzato a spegnersi e cadere
in corruzione 77;
75
Ibidem.
76
Samon [1969], p. 2.
77
LGZ, p. 573.
387
Edoardo Ripari
parte delle forze liberali, a causa dello spirito sanfedista di molti compo-
nimenti dialettali. E daltro canto, abbiamo visto, Belli aveva gi nel 1837
destinato al fuoco purificatore quegli stessi sonetti, per il loro carattere
blasfemo. Ancora una volta, insomma, la vittima della storia si era ritro-
vata tra due opposte fazioni nella solitudine del satiro, senza avere possi-
bilit effettiva di integrarsi con luna o laltra, se non nella precariet delle
contingenze. Ma il sonetto affermava molto di pi: nel 31, grazie alla
voce plebea, Belli intuiva in effetti che il satanismo dellepoca, lungi dal-
lessere un paradosso contingente, stava imponendosi come saldo prin-
cipio intellettuale, la cui espressione letteraria, osservava ancora il Cor-
ts, era lelevazione al trono di Satana e del fratricida Caino 78.
Di fronte a questa stessa consapevolezza, gi De Maistre aveva scor-
to nella sovranit una fondamentale dimensione decisionistica, e nel-
la Chiesa in particolare la decisione ultima, inappellabile, e afferma-
va: Notre intrt nest point quune question soit decid de telle ou
telle manire, mais quelle le soit sans retard et sans appel. Latteggia-
mento di Belli nei confronti di Pio IX, il pontefice del dogma del-
linfallibilit, non muoveva certo dalla maturata convinzione che in-
fallibilit e sovranezza fossero parfaitement synonymes, quanto,
per profonda disperazione, dalla consapevolezza che la sovranit, pur
sinonimo di arbitrariet, fosse al contempo, come rilevammo, neces-
saria. La condanna di Gregorio XVI da parte sua, daltro canto, muove-
va dalla scoperta, dietro la superba imbecillit politica di Frate Mauro,
di uninerzia che ora nascondeva un male ontologico; e invero la mag-
gior parte dei sonetti ultrareazionari riflettevano sulla necessit della
decisione di fronte a una minaccia imminente; unesigenza tutta ple-
bea, che il cantore della plebe sarebbe stato costretto, allindomani del
49, a condividere appieno. Papa Grigorio, nun f ppi er cazzaccio,
sbottava un popolano nel 1832:
78
Cfr. Schmitt [1996], p. 27.
388
VI. Cattolici o atei
79
Momoriale ar Papa (394).
80
In Guerci [2008], pp. 196-197.
81
In ivi, pp. 230-238 passim.
82
Schmitt [1996], p. 25.
83
LGZ, p. 562 (i corsivi sono nel testo).
389
Edoardo Ripari
Mai come in questi versi egli aveva intuito e subito quel nesso inscindi-
bile tra politica e peccato che caratterizzava lorizzonte pontificio;
mai era giunto a tale disperazione: la disperazione di un cattolico che si
scopriva per un momento, con orrore, ateo. Ma non si trattava anche del-
leterna contrapposizione tra bene e male, Dio e diavolo, di fronte alla
quale si imponeva un aut aut estremo che non conosceva sintesi superio-
re? Non ci illudiamo avrebbe affermato Ballerini la Rivoluzione
lerrore, essa satanica per eccellenza 84. Non era dunque laffermazione
suprema di una volont di ortodossia, di fronte alla paura di unalter-
nativa, di una novit abissale? Lortodossia, ci ricorda di fatto Ren
Girard, una continuit ininterrotta ed quindi assenza di innovazio-
ne 85, e si pone a monte di una inevitabile paura del nuovo 86. La stessa
parola rigenerazione, negli opuscoli controrivoluzionari e nelle omelie,
era divenuta, in quegli anni, sinonimo di innovazione e, quindi, di di-
struzione 87. Lavvento dellinnovazione a discapito della ripetizione,
della liturgia, si era in effetti imposta, per la prima volta, allindomani
degli eventi del 1789, con lirrompere, in una rivoluzione copernicana, di
una mediazione radicalmente altra, che avrebbe posto fine a un mon-
do in cui si davano per scontate necessit e identit di tutti i modelli
culturali 88. Tale mediazione, evidentemente, aveva assunto una con-
notazione ancor pi essenziale e strutturale in un contesto totalitario
come quello della Roma pontificia, in cui tuttavia quelle stesse identit,
di fronte alla pi grande delle crisi (giacch il canchero era nella radi-
84
Ballerini [1872], p. 10.
85
Girard [2006], p. 241.
86
Ivi, p. 243.
87
Guerci [2008], pp. 46-47 passim.
88
Girard [2006], p. 243.
390
VI. Cattolici o atei
sce), stavano venendo definitivamente meno: erano anni in cui Belli de-
liberava di lasciarne un monumento, via via pi consapevole che la loro
alterazione avrebbe potuto scatenare una folla primordiale e far regre-
dire al caos originario 89.
Davanti a queste prospettive, Belli non poteva che schierarsi con quel-
la Civilt Cattolica che era divenuta lorgano ufficiale di un cattolicesi-
mo rinchiuso fra traballanti barricate; non poteva non schierarsi con Pio
IX, sia nel giorno della sua elezione tra la commozione universale e le
speranze dei liberali, sia quando invece il pontefice continu a ribadire
che nemici del cattolicesimo erano stati il catarismo e levangelismo un
tempo, il liberalismo ora, ponendosi agli occhi degli sparuti sudditi come
sorta di kat-echon, forza qui tenet la fine di un intero eone e lavvento
dellAnticristo. Una posizione disperata, anchessa, giacch la storia della
modernit si era imposta sulla visione medievale della storia riconducen-
do luniversale lotta per Roma in una altrettanto universale lotta contro
Roma 90.
89
Ibidem.
90
Cfr. Schmitt [20064], pp. 42-47 passim.
391
BIBLIOGRAFIA
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393
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Bibliografia
CRITICA BELLIANA
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Edoardo Ripari
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SAGGI E MANUALI
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Edoardo Ripari
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Indice dei nomi e delle opere
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Indice dei nomi e delle opere
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Indice dei nomi e delle opere
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Indice dei nomi e delle opere
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Indice dei nomi e delle opere
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Indice dei nomi e delle opere
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Indice dei nomi e delle opere
Maturi, Walter 228n, 229n, 238n, 398 32n, 44n, 46, 89, 90n, 120n, 138,
Mazio, Luigia 253, 259-260 139n, 208n, 216 e n, 243 e n, 245 e
Mazzini, Giuseppe 49, 51, 226, 263, n, 259n, 286, 289, 303 e n, 305, 337
265, 266n, 300, 377-378, 383 e n, 371n, 372n, 393, 396
Mele, Carlo 385n Muzzarelli, Alfonso 366n
Melon, Jean Franois Muzzarelli, Carlo Emanuele 121-122
Observations sur le Commerce, 81
Mentelle, Edme Nelson, Horatio 29n
Gographie universelle, 312 Nerone, Caio Cesare Augusto 279, 287,
Merolla, Riccardo 30n, 113n, 396 354-355
Metastasio, Pietro 113, 134 Neroni Cancelli, Giuseppe 35, 361,
Metternich, Klemens von 238 363, 367
Michele I di Braganza 200 Newman, John Henry 389
Michelet, Jules 8 Newton, Isaac 9, 65, 308, 383
Milizia, Francesco 128 Niccolini, Giovanni Battista 163
Mirabeau, Honor Gabriel Riqueti con- Nobili, Annesio 137, 139, 383n
te di 328 Nol, Franois-Joseph-Michel 315
Missirini, Melchiorre 132 Nteca, Lidinio 141
Montaigne, Michel de 65
Montalembert, Charles Forbes comte de Orchi, Emanuele 349 e n, 394
Histoire gnral, civile, naturelle, po- Orfeo 263
litique et rligieuse de tous les Peu- Orioli, Giovanni 6, 14n, 192, 198n, 200,
ples du monde, 300 203 e n, 206n, 396
Montalli, Giuseppe 371 Orlando, Francesco 40n
Montesquieu, Charles-Louis de Secon- Orlans, Luigi Filippo d 157, 194-197,
dat 69, 72, 89, 182, 184, 266, 281, 200-201
302-303, 313, 326, 394 Osiride 282
Esprit des lois 9, 33, 45 e n, 63 e n, 64, Ottone di Baviera 200
73n, Ottone I di Sassonia 170
Lettres Persanes, 307
Monti, Vincenzo 7 e n, 26, 116 e n, 117, Pagano, Mario 7, 16, 34, 175, 394
163, 165, 179, 394 Progetto di costituzione della Repub-
Morandi, Luigi 78, 111, 172n blica napoletana del 1799, 33 e n
Morgigni, Donato Antonio 78 Paglierini, Marco 299
Moroni, Gaetano 42, 289 Paglierini, Niccol 299
Moroni, Rocco 42 Palmieri, Michele 153, 154n, 156 e n,
Moroni, Vincenzo 42-43 174 e n, 194, 195n, 395
Mos 237, 290-291, 307 Pamphilj, Giovanni Battista vedi Inno-
Muratori, Ludovico Antonio 7, 229, 299 cenzo X
Muscetta, Carlo 9n, 20n, 27 e n, 29 e n, Paolo III 71n
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Indice dei nomi e delle opere
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