Sei sulla pagina 1di 44

Zingari

Storia di un popolo discriminato

1
PREFAZIONE
Il 6 dicembre 2011 a Torino una sedicenne ha
denunciato di essere stata stuprata da due “zingari” 1.
Durante una manifestazione di solidarietà alla ragazza,
una cinquantina di persone, bardate per non farsi
riconoscere e armate di spranghe e bombe carta, si
sono staccate dal corteo e hanno dato vita ad un
inferno, bruciando e distruggendo un campo rom nei
pressi della cascina Continassa. Alcune testimonianze
riportano che il gruppo di aggressori abbia inoltre
ostacolato l’intervento dei Vigili del Fuoco, al grido
“lasciateli bruciare”.
La ragazza, alla luce di quanto la sua dichiarazione
avesse provocato, ha smentito la violenza subita,
spiegando che la sua prima dichiarazione era stata
inventata per nascondere ai genitori un rapporto avuto
con il fidanzato.

Tralasciando l’ingenuità della sedicenne, è allarmante


vedere come il gruppo di violenti abbia attaccato il
campo, bruciando la dignità delle persone che vi
abitavano e mettendone la vita in pericolo, per
criminalizzare un’intera comunità delle colpe, vere o
false che fossero, di due singoli individui.

Purtroppo gli “zingari” sono quotidianamente vittime di


discriminazione, in primo luogo da parte di personaggi
politici che spesso basano la propria propaganda

1 La documentazione dei fatti riportati è avvenuta tramite la lettura di


articoli correlati di alcune delle più diffuse testate italiane, quali:
Repubblica, il Corriere della Sera, il Fatto Quotidiano.

2
elettorale sulla “piaga zingara” e in secondo dalle
dicerie e il disgusto della gente.
Etichettati come ladri, stupratori, sporchi e rapitori di
bambini troppo spesso queste persone vengono
additati dall’ignoranza comune come capro espiatorio
dei mali della nostra società.

Il presente scritto, lungi dal voler rappresentare ogni


possibile situazione, ha l'obiettivo di mettere in
evidenza alcune constatazioni, alcuni fenomeni,
sistematicamente ignorati dal dibattito pubblico che,
costantemente, tende a trasformare punti di
problematicità profondi in luoghi comuni, lasciando che
questi siano poi ripresi in chiave demagogica come
“valvole di sfogo” adatte ad attivare una guerra tra
poveri e una mera propaganda nazionalista.

3
Caro Prefetto,
siamo i bambini rom che abitano nella tua città e come
i 4 bimbi di rom morti giorni fa noi abitiamo nelle
baracche.
A volte abbiamo paura che le nostre “case” prendano
fuoco e tutto bruci.
Molti di noi vanno a scuola sui pulmini del comune,
altri, invece, vanno accompagnati dai loro papà.
Sai, a qualcuno piace la scuola, ad altri no, però ci
andiamo perché poi non ci danno più il permesso di
soggiorno. I nostri genitori hanno molti problemi, tanti
dei nostri nonni sono nati in Italia e non sono mai
diventati italiani come sei tu.
Abbiamo sentito dai grandi che tu sei buono e puoi
fare tante cose belle per noi.
Ci puoi aiutare perché non succeda niente di brutto
dove abitiamo?
Perché non ci vieni a trovare?
Così vedi che non siamo come scrivono tanti giornali,
siamo bimbi come tutti, contenti di essere rom, anche
se le nostre case non sono grandi come la tua.
Aiutaci gagio 2 prefetto, vieni a trovarci e ti parleremo
di tante cose così capisci tutto e ci puoi aiutare.
Ti mandiamo un bacio.
I bambini rom dei campi 3

2 Non “zingaro”

3 Questa lettera è stata scritta dai bambini dei campi rom


torinesi e pubblicata da AIZO Onlus (Associazione Italiana

4
Zingari Oggi Onlus) dopo la notizia che quattro bambini di
4, 5, 8 e 11 anni sono morti a causa di un incendio alla
precaria abitazione in cui vivevano in un campo rom di
Roma nel febbraio 2011.

5
“ZINGARI”: CHI SONO?

“ZINGARI”

Il termine “zingaro” è la denominazione, con connotato


negativo, stigmatizzante e discriminatorio, che i gagé,
ossia i non-“zingari”, utilizzano per indicare un gruppo
eterogeneo di etnie, benché queste presentino varie
diversità culturali tra di loro; le più conosciute sono:
rom, sinti, romanicales, gitani.
Anche in campo antropologico il termine “zingaro”
rientra in una categoria chiamata “politetica”, ovvero
non ben definibile.
“Zingaro” viene dal greco Athìnganoi, che indicava gli
esponenti di una setta eretica perseguitata.

6
INDIA: UN’ORIGINE COMUNE

Non è facile stabilire una storia ufficiale del popolo


zingaro, in quanto essi non hanno lasciato
testimonianze scritte, e la documentazione gagé è
limitata. La scoperta di una parentela tra il romanes e
l’hindu non è recente4, ma non si hanno ancora dati
certi sul legame che intercorre tra coloro che parlano il
romanes ed il continente indiano. Ad esempio non si
conosce né l’anno in cui i rom lasciarono l’India, anche
se c’è chi data la migrazione intorno all’anno 10005, né
la causa, né quale fosse la loro regione e casta 6 di
appartenenza. Nella loro migrazione verso ovest alcuni
gruppi si sono arrestati prima dell’arrivo in Europa:
possiamo vedere ciò nei lom7 armeni e nei dom8 del
Medio Oriente.

4 Già nel XVII secolo si era a conoscenza di questa parentela linguistica.

5 Questa tesi è sostenuta da Elisabetta Moretti, docente di antropologia


culturale all’Accademia di Belle Arti di Bari.

6 Per quanto riguarda la casta di appartenenza c’è chi fa derivare il


termine “rom” da “domba”, gruppo mobile di bassa casta, di suonatori e
danzatori.

7 Conosciuti anche come Bosha o Zingari Caucasici sono un gruppo


etnico che vive in Armenia e Georgia e parla un dialetto Indo-Armeno.

8 Gruppo etnico con radici indiane che vive prevalentemente in Iran ed


in Egitto.

7
Una volta giunti in Europa gli antenati di questo popolo
sono venuti in contatto, e spesso integrati, con gruppi
nomadi locali.

IN EUROPA: POPOLAZIONE

Non si ha una cifra ufficiale riguardo la popolazione


zingara in Europa, in quanto non esistono censimenti
precisi. Le varie tesi ipotizzano che questa sia
compresa tra i 5 e i 10 milioni di individui.
La popolazione zingara non è distribuita
omogeneamente sul territorio europeo; infatti
possiamo suddividere il continente in Prima, Seconda e
Terza Europa zingara, a seconda della percentuale che
vi risiede.
La Prima Europa zingara è situata nell’area carpato-
balcanica, dove si trova il 61,5% dell’intera
popolazione zingara europea. La Romania è la nazione
con in assoluto il numero più alto di rom: la stima
minima si aggira intorno ai 1.800.000 individui,
mentre il rapporto più alto tra popolazione zingara e
gagé lo troviamo in Macedonia (11%).
La Seconda Europa zingara è formata da Irlanda,
Francia e Stati appartenenti alla penisola iberica. Qui
la percentuale calcolata sull’intera popolazione è
decisamente inferiore: 14,7%.
La Terza Europa Zingara, con il 10,5% di individui sul
totale è composta da Regno Unito, Germania, Russia
ed Italia.9

9 I dati riportati sono frutto di ricerche di Leonardo Piasere, docente di


Antropologia culturale che ha condotto ricerche e redatto alcuni saggi
sulla popolazione zingara in Europa.

8
La difficoltà di fornire cifre precise è anche dovuto alla
reticenza da parte dei vari stati a fornire il numero
esatto di “zingari” presenti sul territorio: infatti le
percentuali ufficiali sono sempre molto inferiori
rispetto a quelle stimate da associazioni rom, volontari
e ricercatori.

NOMADI E SEDENTARI

“Bisogna ascoltare le voci dei rom. […] che il


nomadismo sia caratteristica radicata è
assolutamente falso: i veri rom stanno benissimo
anche stanzialmente, e molti di loro sono
stanziali nei vari paesi.”10
(Momi Ovadia)

Nonostante il termine “zingaro” sia comunemente


usato come sinonimo di “nomade”, e venga accostato,
nella cultura popolare, all’immagine di un popolo che si
muove in carrozze con cavalli, tanti bambini, musica,
balli e colori sgargianti, tale accostamento è frutto di
un’eccessiva generalizzazione.
Sebbene le due tendenze, nomade e sedentaria,
spesso convivano all’interno della stessa area
geografica, possiamo vedere come nella penisola
iberica, nell’Italia centro-meridionale e nell’Est Europa
la popolazione “zingara” ha iniziato da circa un secolo
un processo di sedentarizzazione, mentre nel resto del
continente, ovvero approssimativamente il Nord

10 Momi Ovadia, trasmissione Uomini e Profeti del 28/1/2012, Rai


Radio 3.

9
Europa fino allo scoppio della Seconda Guerra
Mondiale questa fosse prevalentemente nomade.
A Napoli già nel Seicento si documenta un
insediamento fisso, nella penisola iberica i primi
risalgono all’età moderna mentre in Romania esistono
sin da quando fu attestata la presenza dei rom.
Nel corso dell’Ottocento le famiglie “zingare” hanno
iniziato ad adottare uno stile di vita che coniugava
nomadismo e sedentarietà, soprattutto per esigenze
lavorative, che consistevano quasi sempre in attività
stagionali. Le carovane, immagine che rimarrà
nell’idea di “zingaro”, vengono utilizzate a partire da
questo periodo. E mentre le varie autorità territoriali
proseguono con politiche di persecuzione ed
espulsione, la popolazione gagé si “abitua” alla loro
presenza, usufruisce dei servizi messi da loro a
disposizione e si arriva ad avere i “propri zingari”.
Anche questi iniziavano ad indentificarsi in una certa
regione, alla quale facevano sempre riferimento
nonostante le migrazioni stagionali. Riferendosi al loro
spirito di solidarietà gli “zingari” quando emigravano
lasciavano lungo la strada segnali, per avvisare
l’ostilità o l’ospitalità della comunità locale nei loro
confronti, in caso potesse servire a nuove carovane in
arrivo.
Contrariamente a ciò che si pensa oggi più dell’80%
dei cosiddetti “zingari” in Europa sono da tempo
sedentari.

ROM, SINTI, MANUS, GITANI, KALE, ROMANICELS …

Per capire la dislocazione delle varie etnie raggruppate


sotto il termine “zingari” dobbiamo tracciare una linea
immaginaria che va da Roma a Helsinki, passando per

10
Praga: ad est di questa linea possiamo parlare di etnia
rom; ad ovest, invece, i rom sono una minoranza, i
gruppi etnici principali sono i sinti (Germania e Nord
Italia), i manus (Francia), i gitani (Spagna), i kale
(Finlandia e Galles) e i romanicels (Gran Bretagna,
chiamati anche Gypsies). Tutti questi gruppi sono
accomunati da una comune origine nel continente
indiano, confermato dal dialetto parlato, ricco di
eredità sanscrite.
Oltre a queste etnie ve ne sono altre di origine locale,
che vengono comunque identificate come “zingare” in
quanto nomadi: è il caso dei viaggianti del nord
Europa, degli jenische in Germania e Francia, dei
camminanti in Sicilia e dei rudari in Romania.
L’uso di nomi diversi non significa però stabilire delle
distinzioni nette tra i cosiddetti “zingari”, ma delle
gradazioni a partire dalla pienezza della propria
comunità; ossia, ad esempio, i sinti del Nord Italia
chiamano sinti anche i gruppi che si autodefiniscono
rom, considerandoli “meno” sinti, ma comunque
inglobandoli sotto questo termine.
A prescindere dalla denominazione, però, i rom sono
inclini a pensare che i rom sono rom in tutto il mondo,
e che tra di essi deve vigere l’aiuto reciproco. Infatti
un loro detto recita: “il rom deve aiutare il rom”.

I GAGÉ

“Il gagiò lavora, lavora sempre, sperando di


diventare qualcosa e, sperando così, muore. Poi
ha fatto tante leggi, troppe. La libertà è bella: vai
dove voi. Una volta nei tempi antichi, era così:
andavi dove volevi e non ti domandavano niente.
Invece oggi troppi incartamenti ci vogliono.Però

11
non si può essere senza gagé. Tutti insieme
dobbiamo vivere.”11
(B.L. Zlato e M.K. Semezejana)

“Vedere un gagiò che sorride è più raro che


vedere una mucca che fa un uovo.”
(Proverbio rom)

Questo termine indica il non appartenere alla


dimensione romanì, ossia essere gli “altri”, i non-
zingari.
La visione dell’umanità è per questa popolazione
bipartita in dimensione romanì e dimensione
gagikanì12.
Gli stessi “zingari” sostengono che Cristo sia stato
messo in croce dal gagé, lampante esempio della loro
malvagità.
Molti gruppi danno una certa importanza al romano
rat, il “sangue rom”, ma è prevalentemente una
concezione simbolica e quasi per nulla biologica.
Nessuna ideologia razzista “da gagé” viene
propagandata, gli stranieri hanno accolto storicamente
gli stranieri senza problemi e i matrimoni misti sono
numerosi in molte comunità.
Nonostante ciò dopo secoli di politiche discriminatorie
e persecuzioni possiamo capire perché i gagè vengano
guardati con diffidenza. Inoltre gli “zingari” tendono a
considerarli come detentori di un potere violento ma
stupido, da evitare ogni qualvolta risulti possibile.

11 B.L. Zlato e M.K. Semezejana, Rom sim, edizione Lacio Drom, Roma,
1984.

12 Ovvero “dei gagé”.

12
LA LINGUA: IL ROMANES

Il romanes, o romani, deriva dai dialetti popolari


dell’India del Nord, a loro volta nati dal Sanscrito.
Attraverso uno studio filologico si è potuto ricostruire
ipoteticamente il percorso compiuto dalla regione
asiatica fino all’Europa, in quanto il romanes ha
acquisito termini persiani, curdi e greci. Inoltre, a
seconda della dislocazione nell’area geografica
europea, il romanes è ricco di prestiti delle lingue non
zingare con cui questa popolazione è venuta a
contatto.
In molte comunità, come tra i gitani e i sinti, il
romanes “stretto” si è perso. Nel Nord Italia, i sinti
parlano un dialetto con influenze lombarde, emiliane e
venete, nel quale inseriscono una manciata di termini
romanes.
Ogni parola può avere svariate interpretazioni e
significati a secondo del contesto in cui è inserita e
dell'emozione che la sorregge.

“ZINGARI” IN ITALIA

“Per la prima volta nella vita Vissalòm ebbe un


luogo dove andare, lui che aveva sempre girato il
mondo a caso, lasciando quasi che fosse il cavallo
a scegliere la strada. Voleva passare al di là delle
montagne carsiche, in Italia, voleva vivere gli
anni che gli rimanevano in quel regno, che era il
paese del sole e delle belle giornate. Tanto uno
stato valeva l'altro, e la patria dello zingaro era là

13
dove fermava il suo wurdon13 per accamparsi e
legava i cavalli al tronco di un albero.”14
(Carlo Sgorlon)

Come detto in precedenza nel nostro Paese le due


etnie maggioritarie sono al nord i sinti e al centro sud i
rom. La popolazione zingara in Italia ammonta ad una
cifra compresa tra le 80.000 e le 110.000 unità.
Circa l’80% degli “zingari” italiani hanno la
cittadinanza italiana, il restante 20% proviene
prevalentemente dai territori dell’ex-Jugoslavia.
Circa il 75% è di religione cattolica, il 20%
mussulmana e il restante è ortodosso, testimone di
Geova o pentecostale.
I primi “zingari” insediatisi nel territorio italiano sono i
rom abruzzesi. Il primo documento che ne attesta la
presenza risale al 142215, ma alcuni ricercatori
ipotizzano che l’arrivo sia antecedente a tale data.
I bandi tra il 1500 e il 1700 dimostrano quale fu la
politica adottata dal gagé: espulsioni, reclusioni,
persecuzioni e discriminazioni.

13 Carro trainato da cavalli in lingua romanì.

14 Il Calderas, Carlo Sgorlon, A. Mondadori Edizioni, Milano, 1988.

15 Il primo documento che segnala l'arrivo degli zingari in Italia è


quello del 18 luglio 1422, un'anonima cronaca bolognese contenuta
nella Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori: "A di
18 luglio 1422 venne in Bologna un duca d'Egitto, il quale aveva nome
Andrea, e venne con donne, putti e uomini del suo paese, e potevano
essere ben cento persone... ".

14
I Rom: sono in prevalenza commercianti, in origini
dell’Est europeo. Sono molto legati alla propria cultura
e tradizione, quindi più ostici nell’integrazione con i
gagé.

I Sinti: sono spesso dediti all’arte circense, allo


spettacolo di strada o all’attività di giostrai. Questa
etnia è diffusa in prevalenza nel nord Italia, ed era la
più numerosa prima delle migrazioni di massa di rom
dalla ex Jugoslavia durante la guerra (1991-1995).
Sono meno conservatori rispetto ai rom, quindi
generalmente hanno la cittadinanza italiana e sono
ben integrati con i gagé locali.

15
CULTURA

LA FAMIGLIA

L'istituzione fondamentale su cui si regge la società


romanes è la famiglia, intesa nel senso più ampio,
come gruppo cioè che si riconosce nella discendenza
da un antenato comune. Da sempre all’interno del
mondo zingaro vi è un sentimento di solidarietà, a
differenza dell’esterno, cioè del mondo gigiò, visto
come una minaccia.
Le comunità zingare si basano su regole etico-morali,
sulla dignità e sull’onore. Non esistono classi o
gerarchie sociali all’interno di esse, ma solo un
principio di eguaglianza che riflette un’ottica di vita di
tipo orizzontale.
Il cardine della struttura sociale dei rom è la famiglia
patriarcale, dove il vecchio, considerato saggio, ne è
rappresentante riconosciuto.

16
Un aspetto fondamentale della famiglia è l’amore e la
cura per i bambini. Questa istituzione si deve occupare
anche di quelle funzioni che nel mondo gagé sono
affidate a terzi, come l’istruzione.
Una famiglia numerosa è considerata una grande
fortuna.
Ogni anziano è chiamato “zio” e ogni adulto “fratello”,
a testimonianza di quanto all’interno di una comunità
viga un sentimento di quasi familiarità.

IL FIDANZAMENTO

La serenata è la proposta tipica di fidanzamento. La


melodia viene eseguita da un gruppo musicale
assoldato per l’occasione sotto l’abitazione della
prescelta. Tre brani musicali sono destinati alla
ragazza e due ai parenti più stetti, specialmente se
questi possono esprimere un parere favorevole o meno
al fidanzamento.
Dopo aver eseguito i tre brani alla prescelta si va in
giro per i parenti, poi si torna sotto casa dell’amata e
per evitare qualsiasi fraintendimento di persona si
pronuncia a gran voce il nome dell’interessata.
La festa si protrae per tutta la notte, all’aperto, con la
partecipazione di amici e parenti del giovane.
Al mattino i genitori del ragazzo preparano un
banchetto per accogliere la giovane prescelta e i suoi
parenti. Il padre della ragazza riunisce la famiglia in
consiglio, includendo anche la figlia nella discussione,
e si reca successivamente al banchetto per esprimere
il suo parere. Se quest’ultimo è negativo dirà “non ho
figlie da maritare” o “mia figlia non desidera maritarsi”.
In caso positivo viene chiamata la figlia e presentata al
pretendente, che le darà l’anello di fidanzamento.

17
Se durante il fidanzamento sorgono dei contrasti tra i
due gruppi familiari o tra i due fidanzati, il padre della
ragazza è obbligato a rimborsare alla famiglia del
fidanzato tutte le spese sostenute.
La purezza fisica della ragazza è un elemento
fondamentale e un valore assoluto nella cultura
zingara.
Le spese del fidanzamento sono a carico dei genitori
del ragazzo, quelle del matrimonio, invece, dei genitori
della sposa.
Per non incorrere in ampie spese, in passato si
verificavano spesso “fughe d’amore” tra gli amanti che
non potevano permettersi di sostenere
economicamente tutto l’iter del fidanzamento e del
matrimonio.

IL MATRIMONIO

Oggi il matrimonio si svolge prevalentemente in


chiesa, secondo il rito cattolico.
È una grandissima festa, durante la quale gli sposi
vengono accompagnati da una scintillante carrozza
trainata da più pariglie di cavalli. Il matrimonio viene
accompagnato da lauti banchetti e musica, che
costituiscono un momento di incontro tra i diversi
gruppi familiari.
Oggi sono frequenti i matrimoni misti, un tempo molto
rari.

18
LA MORTE

La morte è un evento molto sentito tra i membri del


defunto, che si riuniscono in un sincero spirito di
solidarietà.
Il corteo funebre è accompagnato da una banda
musicale e, per gli “zingari” più abbienti, negli ultimi
tempi è entrata la tradizione di gettare petali da un
elicottero.
Le persone più vicine alla famiglia in lutto portano il
consolo, ovvero il pranzo del conforto, con grande
abbondanza di cibo perché, dopo la veglia funebre tutti
possano ristorarsi. Sono però banditi latticini, carne e
uova, di cui i membri in lutto si priveranno per lungo
tempo.
Il lutto dura dai sei mesi ai tre anni, a seconda del
grado di parentela e del grado di amicizia con il
defunto.
In segno di lutto è obbligatorio vestirsi con abiti neri e
astenersi da ogni attività considerata divertente, come
feste, cerimonie, banchetti, entrare in locali pubblici e
ascoltare programmi radiofonici o televisivi.
Inoltre gli uomini non si tagliano la barba, che lasciano
crescere incolta per varie settimane.
Successivamente la tomba andrà curata
minuziosamente. I monumenti sepolcrali possono
avere forme decisamente insolite per i gagé, come
cavalli, scooter o automobili. Oltre alla cura è
importante far sentire la propria presenza al defunto,
portando sulla tomba pietanze, sigarette o
conversando con lui.

Tradizionalmente il lutto deve essere seguito da una


serie di azioni, quali la distruzione delle proprietà del
morto (abiti, utensili, banconote, immobili…), una

19
volta attraverso il fuoco, ora, per ragioni di sicurezza,
con un demolitore. Tutti gli oggetti che sfuggono alla
distruzione vengono inseriti nella bara, qualunque sia
la loro natura.
Questo drastico atto permette di mantenere una certa
situazione economica, evitando che qualche membro
della comunità si arricchisca maggiormente rispetto
agli altri, rompendo così la tendenziale uguaglianza del
gruppo.

IL KRISS

Il kriss è un vero e proprio tribunale civile, formato da


anziani scelti per particolari doti umane e morali, ai
quali le parti contendenti si rivolgono per risolvere
problemi di natura morale, matrimoniale, economica e
civile tramite il dialogo.

LA MUSICA

"[…] La loro arte è un linguaggio sublime, un


canto mistico, ma chiaro agli iniziati, che viene
usato per esprimere quello che vogliono senza
lasciarsi influenzare da nulla che sia estraneo ai
loro desideri. Hanno inventato la loro musica e
l'hanno inventata per se stessi, per parlarsi, per
cantare fra loro, per mantenersi uniti, e hanno
inventato i più commoventi monologhi".16
Franz Liszt

16 Franz Liszt, Degli Zingari e della loro musica in Ungheria

20
Gli “zingari” vivono la loro musica come espressione
profonda della loro esistenza, come mezzo di
comunicazione di valori etici e culturali, ma anche
come mezzo di decontrazione psicologica, di
liberazione dalle repressioni della società sorda e
inospitale.
La musica romaní, infatti, riflette lo stato d'animo
profondo di questo popolo, fatto di emarginazione e di
precarietà.
È caratterizzata da tratti briosi, ritmi incalzanti e pieni
di vita, contrapposti ad altri malinconici e dissonanti.
La cultura musicale è trasmessa di generazione in
generazione, e ciò spiega la presenza ancora oggi di
tratti orientali, che si possono riconoscere soprattutto
nella ricchezza ritmica e negli abbellimenti.

Una delle parole chiave della cultura musicale


“zingara” è interpretazione.
L’innato senso di libertà e l’impulsività, perpetuata
grazie alla mancanza di una base musicale a livello
teorico, ripudia i canoni prefissati a favore della
creatività intrinseca nel musicista.
Lo stesso Liszt ci sottolinea come i ritmi zingareschi si
sottraggono a qualsiasi regola prefissata: "...passanti
dal movimento binario al ternario secondo le esigenze
di impressioni tumultuose od assopite". 17 E poi
prosegue "la sonorità dei loro strumenti è inarrivabile.
La nota dei violini si stacca netta e stridente; il loro
vigore di esecuzione è incredibile. Le corde,
febbrilmente vibranti, sembrano ad ogni istante vicine
a spezzarsi in un parossismo di tensione sonora".18

17 Franz Liszt, opera citata

18 Franz Liszt, opera citata

21
Gli strumenti più comuni sono violini, cembali,
fisarmoniche e chitarre. Oltre che bravi esecutori gli
“zingari” erano anche bravi artigiani, infatti spesso gli
strumenti musicali erano autoprodotti.

La musica tradizionale popolare dei Balcani, il


Flamenco spagnolo e al Jazz Manouche francese hanno
profonde influenze zingare. Il flamenco è descritto da
José Amaya, un gitano della compagnia musicale
Luisillo, come “la forma con cui il gitano manifesta il
suo sentimento (triste, allegro, religioso che sia). La
sera, quando si riunisce la famiglia, basta che uno
accenni il ritmo battendo le mani e già un bambino sta
ballando e la madre sta cantando. Basta un accenno: è
una comunicazione!"19

È paradossale come fossero innamorati della loro


musica anche i comandanti nazisti, a tal punto da far
accompagnare le processioni ai forni crematori con
un’orchestra zigana.

RELIGIONE E SPIRITUALITÀ

Anche in campo religioso non vi è un unico credo, e ciò


avvalora maggiormente la tesi della polieticità del
termine “zingaro”.
Vi sono “zingari” mussulmani, ortodossi, cattolici e
luterani. Ma vi sono anche degli elementi comuni di
origine indiana.

19 M. Karpati , I figli del vento, La scuola, 1978.

22
Ad esempio sono molto sentiti i concetti di fortuna e di
destino, più correttamente Karma, considerato ciò che
guida l’universo e tutto ciò che avviene al suo interno.
Alcuni santi comuni a “zingari” sia cristiani che
mussulmani sono di origine indiana, e tra questi
ricordiamo Bibi la Nera e San Giorgio.
In onore di San Giorgio in primavera si festeggia
sacrificando un agnello e appendendone le carni ad un
albero, affinché gli spiriti buoni se ne cibino e
continuino ad essere benevoli.
Sempre in primavera si festeggia Bibi la Nera,
protettrice dei bambini, sotto un grande albero. In
Serbia questa è rappresentata come Kalì, la dea che
nella religione hindu è considerata la moglie di Shiva.
Esiste anche una comunità ebraica in Bulgaria,
derivata da matrimoni misti tra rom ed ebrei avvenuta
in seguito alla comune deportazione durante la
Seconda Guerra Mondiale. Diverse famiglie
appartenenti a questo gruppo sono emigrate in
Israele.

LA QUESTIONE DELL’IMPURITÀ

Questa concezione di purità/impurità sembra risalire


alle comuni origini indiane, quindi all’organizzazione
sociale per caste.
L’impurità può riferirsi sia ad oggetti o azioni da
evitare, ma anche a persone, qualora fossero
condannate per un’inflazione commessa da parte di
qualcuno di autorevole nella comunità. In quest’ultimo
caso i contatti con tali persone sono proibiti, a costo
dell’estensione della pena al trasgressore. Quando la
punizione viene scontata, o viene deciso di annullarla,
vi è un processo di totale reinserimento all’interno

23
della comunità.

I gagé, per il loro stile di vita e per la loro brama di


possedere ogni cosa, anche la più superflua, vengono
spesso associati alla sfera dell’impuro.
Un esempio che potrebbe far riflettere è la concezione
di “sporco”. I gagé sono soliti definire “sporchi” gli
“zingari”, senza sapere che le due concezioni di
“pulito” non combaciano. Per gli “zingari” è
fondamentale che il corpo sia pulito interiormente,
l’esteriorità è un fattore secondario; quindi adottano
una serie di precauzioni, ad esempio lavano il cibo con
molta cura, in un recipiente che avrà solo quella
funzione, per mantenerne la purezza. Le tipiche
roulotte, infatti, non hanno lavandini interni in quanto
ciò non permetterebbe il mantenimento di questa
accortezza, facendo di conseguenza passare il proprio
corpo a livello interiore da uno stato puro ad impuro.

ISTRUZIONE

Per secoli la scuola non è stata un’istituzione


conosciuta nel mondo “zingaro”. Gli insegnamenti
venivano impartiti dalla famiglia e dai vecchi, che
avevano il compito di tramandare oralmente la cultura
e la storia di questo popolo.
Quando le rivoluzioni industriali hanno imposto nuovi
modelli economici e culturali questo sistema educativo
è entrato in crisi, prevalentemente per il suo aspetto
orale e mai scritto. Infatti essere analfabeti era
diventato un handicap troppo limitante sia nei rapporti
lavorativi sia nei confronti della burocrazia dei vari
stati.
Ciò nonostante al giorno d’oggi, se paragonata al
modello d’istruzione gagé, quello “zingaro” presenta

24
gravi problematiche: il 97% dei bambini non frequenta
o non termina la scuola dell’obbligo, dove spesso
vengono considerati disadattati sociali e anche
mentali.20
Gli zingari adulti sono per lo più analfabeti.
In alcuni casi, inoltre, per i bambini “zingari” l’italiano
è la terza lingua, dopo quella materna e il dialetto
locale.
Questa mancanza di istruzione condiziona anche il
futuro ambito lavorativo, escludendo i lavori
considerati dignitosi e comunque più remunerativi.
Spesso l’unica opzione è di trovare sostentamento
come ambulanti o mendicando, dal momento che
lavori tradizionali degli zingari, come ad esempio
lavorare i metalli o commerciare cavalli, sono
praticamente scomparsi.

20 Vedi: rapporto annuale Amnesty International sulle violazioni dei


diritti umani 2012

25
26
STORIA
TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA

“In questi giorni sono fuggiti tre schiavi zingari


[…]. Uno, di nome Chutschdy Peter, è già la
seconda volta che fugge. Su suggerimento della
mia amata moglie, l’ho fatto battere a sangue
nelle piante dei piedi e poi gli ho fatto tenere i
piedi immersi in acqua e soda caustica. Dopo di
che gli ho fatto tagliare il labbro superiore, l’ho
fatto cuocere e gliel’ho fatto mangiare. Agli altri
due zingari, di nome Rutyos Ferki e Tschingely
Andris, ho fatto dare cinquanta bastonate e li ho
costretti a mangiare due cariore di letame”.
(tratto dal diario di un nobile transilvano del
Settecento21)

Durante l’Età Moderna si credeva che gli zingari


appartenessero alla stirpe di Caino, o a quella di
Cham, stirpi maledette, la prima condannata a
vagabondare per il mondo per il fratricidio, la seconda
ad essere fatta schiava per aver visto nudo il proprio
padre Noè. L’essere maledetto veniva trasmesso di
padre in figlio, senza possibilità di riscatto.

TERRITORI GRECI

Nell’attuale Grecia tra il Medioevo e l’Età Moderna


troviamo diverse situazioni riguardo sia la mobilità
delle popolazioni “zingare” presenti, sia la loro
condizione sociale. La loro presenza è attestata da

21 Heinrich von Wlislocki riportò alla fine dell’Ottocento questa pagina


tratta dal diario di un nobile transilvano del Settecento.

27
alcuni documenti a partire dal 1300. Con l’avanzata
dell’Impero Ottomano agli inizi del 1500 gli
insediamenti di “zingari” iniziano a spopolarsi, e
contemporaneamente viene attestata la presenza di
questi nell’Italia meridionale e in Spagna.
Vengono segnalati sia gruppi nomadi che insediamenti
fissi. I primi vivono in piccole tende o grotte, non si
fermano più di un mese nello stesso posto e vengono
considerati maledetti anche se seguono il rito greco; i
secondi, soprattutto in alcune cittadine portuali del
Peloponneso, vivono al di fuori delle mura e svolgono
perlopiù la mansione di fabbro.
Sebbene vivessero in condizioni di estrema povertà ed
emarginazione sociale i gruppi citati erano composti da
uomini liberi, diversamente da quelli che popolavano
l’isola di Corfù, dove vigeva il sistema feudale. Nel
cosiddetto “feudo degli zingari” quest’ultimi vivevano
in condizione di schiavitù, il loro padrone gigiò era in
possesso di poteri maggiori rispetto agli altri feudatari
dell’isola, creando così una sorta di “gerarchia tra
schiavi”.

IMPERO OTTOMANO

I rom che vivevano sotto l’Impero Ottomano non


hanno mai subito persecuzioni, anzi erano inseriti nella
società, seppur controllati tramite il sistema tributario.
L’unica discriminante era che i rom mussulmani non
potevano legarsi con quelli cattolici. Erano parte del
ceto inferiore, lavoravano spesso come artigiani, ma
anche boia ed impagliatori di teste.

28
VALACCHIA22 E MOLDAVIA

Il primo documento che attesta la presenza di rom in


questa zona risale al 1385 e si tratta di una donazione
di quaranta famiglie da parte di un principe locale ad
un monastero.
Questa regione era basata sul modello feudale, che
rimarrà in vigore fino al 1800. La società era basata
sul modello piramidale, con ai vertici clero e boiari 23,
grandi proprietari terrieri. La casta più bassa era
evidentemente quella degli schiavi, i robi, che fino al
Quattrocento potevano essere solo “zingari”, tanto che
i due termini divennero ben presto sinonimi.
A seconda del loro proprietario gli “zingari” potevano
essere di proprietà dei principi, dei boiari o dei
monasteri. Quelli dei boiari e dei monasteri erano
esenti dal pagamento di tasse, a differenza di quelli
dei principi. Durante la vita uno schiavo poteva
passare da un padrone all’altro.
Appena uno “zingaro” metteva piede in un principato
era automaticamente schiavo del principe, che in tal
modo accumulava una “riserva di zingari” che donava,
a seconda delle necessità politiche del momento, ai
boiari o ai monasteri. Riguardo quest’ultimi le
donazioni assicuravano al donatore e alla sua famiglia
la pace eterna in paradiso.
Mentre i servi gagè non necessariamente portavano la
loro famiglia a condividere la loro condizione i rom
venivano venduti assieme a donne e bambini.

22 Regno che corrispondeva all’attuale parte sud della Romania.

23 Membro dell’aristocrazia feudale dell’est europeo.

29
Oltre alle donazioni gli “zingari” potevano essere
comprati, scambiati, ricevuti in eredità o in dote e
addirittura erano frequenti le incursioni nei principati
vicini per farne razzia.
Le ribellioni da parte dei rom non furono mai violente,
si trattava soprattutto di non presentarsi al lavoro,
nascondersi o darsi alla fuga. Sebbene i proprietari
terrieri non avessero diritto di morte sui robi
ricorrevano a dure repressioni e torture. Le più comuni
erano: bastonate alla piante dei piedi, un collare a
raggi appuntiti che non permetteva di appoggiare la
testa, l’imprigionamento o la rottura delle famiglie con
la dispersione degli individui in vari villaggi e
monasteri.
La schiavitù in Moldavia e Valacchia verrà abolita
solamente nel 1848.

TRANSILVANIA

In questa regione dell’attuale Romania i rom ebbero


libertà di movimento e uno statuto indipendente fino
all’età moderna; l’unico obbligo era quello di versare le
tasse alla corona. Quando la regione cadde sotto
l’Impero Ottomano i rom furono sottoposti a controlli
tramite il sistema tributario, sebbene vi fossero già
forme di asservismo, che si consolidarono nel 1700
circa. Anche qui vennero adottate forme di tortura per
i rom che si ribellavano, spesso più crudeli rispetto alla
Moldavia e alla Valacchia.

EUROPA OCCIDENTALE

Nell’Europa occidentale gli “zingari” venivano visti


come un popolo maledetto, e la politica contro di essi
si basava sull’esclusione sociale ed economica.

30
Spesso gli “zingari” presenti su questo territorio si
fingevano pellegrini egiziani che stavano compiendo un
viaggio di espiazione. Questa forma di mobilità era
l’unica socialmente e politicamente accettata, in tal
modo, quindi, essi non incorrevano in persecuzioni.
Inoltre in questo modo potevano chiedere beni ai
gagè, che successivamente ridistribuivano all’interno
della loro comunità, evitando il rapporto di
dominanza/sottomissione con i locali.
Nel richiedere donazioni mostravano lettere di
raccomandazione, spesso false, firmate dal Papa o
dall’Imperatore del Sacro Romano Impero.
“Siamo egiziani ma cristiani, dobbiamo espiare una
penitenza per un peccato di apostasia che ci condanna
a un pellegrinaggio di sette anni prima di poter
ritornare nella nostra terra. Per favore aiutateci. Eccovi
le lettere di protezione che lo attestano”. 24
Ma il chiedere non era l’unica attività dei gruppi di
“zingari” occidentali; spesso svolgevano attività quali
la divinazione, il commercio di cavalli e gli spettacoli
nelle piazze.
Con il 1400 assistiamo ad una svolta nel rapporto
“zingari”-gagé: in cambio di elemosina questi
dovevano lasciare il territorio. Banditi da quasi tutti i
regni da pellegrini assumono l’aspetto di vagabondi,
quindi una categoria sociale perseguibile. A inizio ‘500
la maggior parte degli Stati occidentali adotta
legislazioni antizingare, a partire dalla Svizzera25 e
dall’Italia26.

24 Lettera riportata da Leonardo Piasere in I rom d’Europa.

25 1471

26 1493

31
In Italia le persecuzioni legalizzate avvennero sia a
nord che a sud; le pene prevedevano: bando,
fustigazioni, mutilazioni corporali, imprigionamento,
esecuzioni e squartamenti. Gli “zingari” vengono
etichettati negativamente come “razza”, ridicolizzati e
presi come esempio di non cittadino da non seguire,
avviando così un processo di “stranierizzazione”.

SPAGNA

Differentemente dal resto dell’occidente in Spagna non


erano previste persecuzioni o espulsioni, ma un
etnocidio, ovvero l’assimilazione culturale totale.
Intorno al 1600 vennero approvate leggi che
sopprimevano le differenze culturali dei gitani, ad
esempio impedendo di vestirsi in maniera differente
dagli spagnoli, di parlare il romanes e di nomadizzare,
pena la schiavitù o l’esecuzione capitale. Quando, nel
1700, si cerca di applicare anche in Spagna il “modello
occidentale”, avviando una politica di espulsione,
questa non riscontrò successo, in quanto la
popolazione gitana era ormai ben radicata tra la
popolazione autoctona; quindi si procedette con
un’ulteriore politica di assimilazione culturale,
impedendo i matrimoni tra gitani e strappando i figli ai
genitori per assegnarli a famiglie gagè.
In Catalogna dopo la Seconda Guerra Mondiale
consolidarono il loro mestiere di merciai,
specializzandosi soprattutto nella vendita ambulante
nei mercati di abbigliamento. Si ritengono “gitani
moderni”, sono felicemente inseriti nella società locale
ed organizzati in associazioni che portano avanti
rivendicazioni collettive. In questa regione la pacifica

32
convivenza è stata dimostrata anche nelle Olimpiadi di
Barcellona del 1992, quando lo spettacolo finale è
stato eseguito da un complesso musicale gitano.

ETÀ CONTEMPORANEA

“ Le esperienze raccolte finora nel combattere la


piaga degli zingari e le conoscenze ottenute dalla
ricerca biologico-razziale, rendono opportuno
risolvere il problema degli zingari tenendo ben
presente la natura di questa razza. Secondo
l’esperienza i sanguemisti costituiscono la
maggior parte della criminalità zingara”
Heinrich Himmler
(capo supremo delle SS, 8 dicembre 1938)

“Le membra sono secche e il ventre è gonfio.


Nelle brande li accanto ci sono le madri; occhi
esausti e ardenti di febbre […]. Al muro sul retro
è annessa una baracchetta di legno: è la stanza
dei cadaveri. Ho già visto molti cadaveri nel
campo di concentramento. Ma qui mi ritraggo
spaventato. Una montagna di corpi alta più di
due metri. Quasi tutti bambini, neonati,
adolescenti. In cima scorrazzano i topi.”
Un sopravvissuto al campo Blle – Auschwitz

LE TEORIE SCIENTIFICHE RAZZISTE

33
Tra ‘700 e ‘800, con l’incontro l’evoluzionismo e la
razziologia su base biologica scopare l’idea di una
stirpe maledetta, e ad essa si sostituisce quella di una
razza inferiore. Lombroso27, inoltre, aggiunse il
connotato di delinquente per nascita a questa “razza”.
A fine Ottocento vengono creati uffici contro “la piaga
zingara”

POJARRAMOS

“Gli zingari, un popolo antico e pieno di vitalità,


hanno cercato di resistere alla morte, ma la
crudeltà e la superiorità dei nazisti ha avuto il
sopravvento. Talvolta, nel loro martirio, hanno
trovato nella musica qualche consolazione:
affamati e laceri si radunavano fuori dalle loro
baracche ad Auschwitz per suonare e
incoraggiavano i bambini a danzare.”

Con questo termine, Pojarramos (“grande


divoramento” in romanì) si indica il tentativo del
regime nazista di sterminare le etnie romanì durante la
Seconda Guerra Mondiale.
Nel corso della guerra furono uccise, per lo più nei
lager, almeno 500.000 persone definite come “razza
zingara”. Durante il processo di Norimberga (1945 –
1946), contro i criminali nazisti, non si è riuscito a
dare una stima precisa degli zingari scomparsi nei vari

27 Cesare Lombroso (1835 - 1909), medico, antropologo, criminologo


e giurista italiano. Le sue opere si basano sul concetto del criminale per
nascita: l'origine del comportamento criminale è insita nelle
caratteristiche anatomiche del criminale, persona fisicamente differente
dall'uomo normale. Le sue teorie vennero in seguito smentite.

34
campi di concentramento, forse anche a causa, come
sostiene Donald Kenrick nel libro “Il destino degli
zingari”, che durante il processo “vennero spese
soltanto poche parole per l’olocausto che segnò
profondamente l’intero popolo zingaro”.

Odio raziale e istituzioni atte alla discriminazione degli


“zingari” in Germania non nacquero con Hitler, bensì
prima. Guglielmo II nel 1899 fondò degli uffici di
polizia atti al controllo di stili di vita e movimenti di
questa popolazione, mentre nel 1926 venne approvata
una legge per la lotta contro gli “zingari”, che
prevedeva l’espulsione di rom e sinti non nati sul
territorio tedesco, il divieto di viaggiare in gruppi e di
accamparsi senza una stabile occupazione lavorativa.
Con i regime hitleriano si passò dall’intolleranza alla
persecuzione e al genocidio.
Le teorie congiunte di antropologi e neurologi razzisti
italiani e tedeschi hanno fornito le basi “scientifiche
dell’olocausto nazista. Sebbene gli “zingari”
appartenessero alla razza ariana erano degenerati
dopo l’incrocio con asociali europei, quindi non
esistevano più individui puri ma solo pericolosi meticci.
Su suggerimento del neurologo Robert Ritter, nel 1936
Hitler fece sterilizzare tutti gli “zingari” maggiori di
dodici anni, e li fece deportare nel campo di
concentramento di Dachau e iniziò a far costruire nei
vari campi sezioni destinate solamente agli “zingari”.
La deportazione di massa vera e propria iniziò nel
1942, quando tutti gli “zingari”, per ordine di

35
Himmler28, vennero internati nel campo Blle, satellite
di Auschwitz.
A partire dal 1943 gli “zingari” vennero spesso
sottoposti ad esperimenti scientifici: a molti vennero
inculcati germi e virus per osservare le reazioni
dell’organismo di fronte alle malattie, altri vennero
obbligati a ingerire acqua salata fino alla morte. Le
giovani donne venivano sterilizzate, mentre quelle più
mature venivano fatte denudare con il compito di
riscaldare i corpi di chi era stato usato come cavia per
esperimenti di congelamento. Questa, per il regime,
era la soluzione finale alla “piaga zingara”. Si stima
che, solo ad Auschwitz persero la vita 20.000 zingari,
mentre altri 30.000 morirono nei campi polacchi di
Sobibor, Treblinka e Maydanek.
In Italia i campi destinati ai rom erano quelli di
Tossicia (Toscana) e Agnone (Basilicata).
Vi sono anche molte testimonianze di rom scappati e
arruolatisi nelle file della resistenza.
Omicidi e massacri erano un’alternativa alla
deportazione. Si calcola che alcune regioni europee
subirono un calo dell’80% di zingari.

Solo nel 1980 il governo tedesco ha ammesso


ufficialmente che gli “zingari” nel periodo tra il 1936 e
il 1944 hanno subito una persecuzione razziale, ma a
tutt’oggi non hanno ancora ricevuto alcun risarcimento
per i beni confiscatigli dai nazisti.

28 Heinrich Luitpold Himmler (1900-1945) comandante delle SS dal


1929.

36
Gli ebrei e gli “zingari” hanno percorso tratti di strada
in comune, dalla discriminazione alla persecuzione e
allo sterminio in epoca nazifascista. Dopo la Seconda
Guerra Mondiale, però, la concezione degli ebrei è
cambiata radicalmente, mentre quella degli “zingari” è
rimasta invariata.29

URSS

Nella seconda metà del Novecento nell’Urss e negli


Stati Socialisti si cercò di assimilare i rom e di
combattere il nomadismo tramite la proletarizzazione
di questi. Krusciov nel 1956 emana una legge che
vieta il nomadismo, e condanna a 5 anni di lavori
forzati chi vi resiste. Questo venne seguito da
un’azione massiccia di inserimento nelle fabbriche e
nelle scuole.
La Polonia è il primo stato tra quelli sotto il controllo
comunista che intraprende una politica di negazione
dell’identità rom, con un processo di duro
assimilazionismo. Lo scopo principale era quello di
eliminare il nomadismo, essenziale per lo svolgimento
delle loro professioni, facendoli così cadere nel lavoro
salariato. I rom vengono inquadrati in cooperative
dirette da gagè, dove sono sottopagati, anche per la
loro velocità nello svolgere le mansioni assegnate: se
lavorassero di più andrebbero contro la legge, e
verrebbero quindi puntiti, quindi si vedono costretti a
non lavorare se non per qualche giorno al mese, e
vengono di conseguenza accusati di lassismo.

29 Tesi sostenuta da Momi Ovadia nella trasmissione Uomini e Profeti


del 28/1/2012, Rai Radio 3.

37
Inoltre venne imposto che un delegato per famiglia
tenesse un registro in cui dovevano comparire nomi e
sesso di tutti i membri; costui doveva consegnare alle
autorità locali questo registro in caso di permanenza
sul territorio per più di 48 ore. Se nel caso di
accertamenti le autorità riscontravano incongruenze
avevano l’obbligo di arrestare il delegato.
In Romania, per evitare l’assonanza con il termine
rom, questi vengono ri-denominati zingari.
In Slovacchia venne promossa una politica di
“dispersione e trasferimento”, che prevedeva lo
spingere le donne rom a non avere figli, ad abortire e
a farsi sterilizzare.

38
LUOGHI COMUNI e DISCRIMINAZIONE

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingarie fui


contento, perché rubacchiavano…”
(Bertold Brecht)

Come già detto gli “zingari” sono molto spesso


soggetti a discriminazioni di carattere etnico e
attaccati per luoghi comuni infondati. Vorrei proporre
alcuni estratti di un’intervista ad Alexian Santino
Spinelli30 da parte di Antonella Loi in seguito alla

30 Alexian Santino Spinelli: musicista compositore, cantautore,


insegnante, poeta, saggista rom.Ha una laurea in Lingue e Letterature
Straniere Moderne e un'altra in Musicologia, entrambe conseguite
all'Università degli Studi di Bologna. Insegna lingua e Cultura Romaní
all'Università di Chieti.

39
decisione del presidente francese Nicolas Sarkozy di
espellere tutti gli “zingari” presenti sul territorio 31.

“Nei confronti del mondo rom c'è un'ignoranza


pressoché totale. Però tutti sanno che i rom rubano i
bambini […] non un solo caso e dico uno accertato
dalla magistratura italiana di rapimento di bambini da
parte di persone rom. La balla più grande. Però tutti
sono convinti che i rom rubino i bambini. Così come
tutti sono convinti che i rom siano nomadi e quindi
siano loro a voler vivere nei campi nomadi in queste
condizioni disumane.

“CAMPI NOMADI” e le politiche abitative

I Sinti e i Rom italiani vedono in molti casi negato il


diritto alla residenza, alla sanità, alla scuola e al
lavoro. In Italia si costruiscono ancora i “campi
nomadi”, luoghi di segregazione e ghettizzazione
sovraffollati che concentrano gli individui contro la loro
volontà e unica scelta per le famiglie che traggono
ancora il sostentamento grazie ad attività interanti.
Infatti i “campi nomadi” nascono come soluzione
temporanea negli anni Settanta, per offrire spazio di
sosta alle famiglie sinte che avevano perso le attività
di giostrai, e per le famiglie di rom iugoslave. L’Italia

31 “Scegliere chi deve rimanere in un Paese sulla base


dell'appartenenza etnica va contro qualsiasi convenzione
internazionale è una violazione dei diritti umani. Una forma di
deportazione che il popolo rom ha già subito nei campi di
concentramento nazisti". (dichiarazione di Santino Spinelli
nell’intervista in esame)

40
divenne il “paese dei campi”. Una problematica molto
sottovalutata è che i rom iugoslavi erano da molto
tempo sedentari, quindi hanno subito un processo di
“riziganizzazione” forzata una volta arrivati nel nostro
paese. Non necessariamente dovevano tornare
nomadi, ma erano costretti a vivere in baracche, in
assenza di condizioni igienico-sanitarie.
Nella mentalità comune lo “zingaro” è colui che abita
in un campo fatiscente. Per queste comunità, invece,
che nella loro lingua prima di giungere in Italia non
avevano neanche una termine che designasse la
nostra parola “campo”, sperano che questo sia un
momento transitorio nella loro vita.

In Italia la maggioranza dei Comuni ha emanato delle


ordinanze di “divieto di sosta ai nomadi”, che negano il
diritto di circolare e soggiornare liberamente sul
territorio nazionale ai soli cittadini italiani riconosciuti
come “nomadi” o “zingari”.
I campi sono un enorme problema. Innanzitutto
spesso mancano i servizi igienico-sanitari minimi, o
non sono adeguati al numero di ospitanti del campo.
La sporcizia dipende anche dalla cronica mancanza di
acqua corrente, causa anche della diffusione di
malattie. Le condizioni disumane di questi campi si
ripercuotono duramente sulla vita dei suoi abitanti: le
statistiche affermano che la vita media di uno
“zingaro” è di 45 anni.
Un’altra mancanza è l’energia elettrica, che
permetterebbe di utilizzare sistemi di riscaldamento
meno rischiosi dei comunemente utilizzati bracieri o
stufette a gas, indispensabili contro il freddo, ma a
volte letali perché scatenano incendi.
Inoltre spesso nei campi mancano i cassonetti per i
rifiuti e delle vasche per il bucato.

41
Le famiglie che possono permetterselo preferiscono
vivere in aree di proprietà, quindi gestite in maniera
dignitosa, garantendosi almeno i servizi minimi.
Questa tipologia abitativa di acquisto e residenza su
terreni agricoli è però andata in crisi quando, nel 2001,
è stata emanata una legge che dichiara “abuso
edilizio” la roulotte.

Il 24 Aprile 2006, il Comitato Europeo per i Diritti


Sociali (CEDS) ha decretato che l’Italia
sistematicamente viola, con politiche e prassi, il diritto
di Rom e Sinti ad un alloggio adeguato, in quanto le
politiche abitative concernenti queste persone mirano
alla separazione dal resto della società italiana. Si è
arrivato nuovamente a parlare di “segregazione su
base razziale”.

INTEGRAZIONE?

Spesso per ovviare le allarmanti condizioni di vita si è


parlato di “integrazione”, tramite progetti che però
solitamente non vengono elaborati in presenza di
membri delle comunità in questione. L’integrazione, o
meglio l’inclusione sociale, comporta, mediante un
"teoricamente" libero consenso, l’accettazione di un
sistema di valori costruito da altri, quindi incapace di
rispettarne l’alterità che non partecipa in alcun modo
alla definizione della stessa piattaforma valoriale,
negando quindi la cultura e la tradizione “zingara”.
Gli “zingari”, e in particolar modo i rom, pur di non
perdere la propria cultura, alla quale sono molto legati

42
hanno preferito escludersi da una società opprimente e
crudele che lascia poco spazio all'essere dando invece
fin troppi incentivi all'avere, al protagonismo
esasperato, alle gerarchie, alle differenziazioni sociali.

PREGIUDIZI E LUOGHI COMUNI

"Gli zingari rubano, è vero, però io non ho mai


sentito dire - non l'ho mai visto scritto da
nessuna parte - che gli zingari abbiano rubato
tramite banca. Questo è un dato di fatto.”
(Fabrizio de Andrè)

I pregiudizi che circolano nella nostra società sugli


“zingari” risalgono al 1500. Allora si diceva che fossero
spie al servizio dei turchi, che fossero discendenti di
Caino e che avessero forgiato i chiodi usati per
crocifiggere Cristo, che diffondessero la peste (che
attualizzato si può collegare al binomio “zingaro-
sporcizia”) e che rubassero i bambini.
Paradossalmente nell’Impero Austro-Ungarico, come
pure in Spagna, nel Settecento avveniva il contrario.
Sotto dettato reale i bambini sinti e rom presenti sul
territorio, all’età di quattro anni dovevano essere tolti
alle loro famiglie e dati in affidamento a contadini che
li crescessero “come buoni cristiani”.
Non erano dunque gli “zingari” a rapire i bambini gagé,
ma i gagé a rapire i bambini “zingari”, anche se in
modo legale.

La Costituzione della Repubblica Italiana all'articolo 6


dice: "La Repubblica tutela con apposite norme le
minoranze linguistiche". Questo popolo non è però di
fatto mai stato riconosciuto come minoranza, né a

43
livello nazionale, né a livello europeo, nonostante sia
la minoranza più grande del continente.

44

Potrebbero piacerti anche