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Legate
in primo luogo a bisogni elementari e primari dell'esistenza, si pu supporre che esse
si siano sempre verificate e abbiano avuto luogo anche nelle et pi remote delle quali
non si conserva alcuna testimonianza. Tale fenomeno pu essere considerato sotto un
triplice aspetto: quello della mobilit umana considerata in s e nel suo complesso;
quello della mobilit osservata sotto l'angolo visuale del paese di provenienza
(emigrazione); quello, infine, di tale mobilit esaminata in riferimento al paese
ospitante. Se vero che questi due ultimi costituiscono a prima vista aspetti parziali
del fenomeno generale della migrazione, occorre anche riconoscere che non per
questo la migrazione pu riassumere i problemi propri dell'emigrazione e
dell'immigrazione. Tuttavia la migrazione in s e per s considerata si presenta come
un fenomeno comune a tutte le epoche storiche. I termini emigrazione' e
immigrazione' non esprimono invece soltanto una determinazione del movimento
della migrazione, ma comprendono necessariamente i problemi specifici relativi a quel
duplice suo comportamento, riferiti all'epoca moderna e contemporanea.
Le questioni connesse con lo spostamento di masse umane o di individui in cerca di
migliori condizioni di vita sono di una complessit che si andata rivelando soltanto
gradualmente dinanzi agli occhi della scienza moderna. Le nostre conoscenze sono in
questo caso condizionate dai rilevamenti statistici, ma richiedono una valutazione
economica, sociale e politica che a sua volta, e soltanto di recente, ha sollevato la
necessit della determinazione della dimensione storica per un apprezzamento
soddisfacente di quanto accaduto e sta accadendo nel nostro mondo in relazione ai
movimenti migratori. L'interesse sempre maggiore dimostrato dalla scienza storica nei
confronti di questo argomento uno dei risultati dell'influsso esercitato dall'economia
e dalla statistica sulla scienza storica contemporanea e anche del maggiore interesse
che la scienza economica andata mostrando per la storia. Questo incontro tra
discipline un tempo divise destinato a rivelare vasti campi d'indagine finora ignorati
o trascurati.
Sotto questo profilo si devono anche considerare i motivi che spingono l'uomo a
mutare la sua sede originaria. La considerazione generale che, almeno in astratto,
l'economia mondiale un'unit turbata soltanto dalle divisioni politiche o ideologiche e
che, per conseguenza, il benessere del mondo strettamente legato a un'equilibrata
distribuzione della mano d'opera e dei capitali, in modo tale che la prima possa trovare
la migliore collocazione possibile e i secondi il massimo rendimento, sottoposta in
concreto alla verifica della realt storica. La valutazione delle cause reali delle
migrazioni pu subire qualche modifica e qualche ulteriore specificazione, anche
quando ci si limiti a contrapporre alle migrazioni forzate, perch determinate dalla
violenza, le migrazioni libere', cio quelle dovute a una scelta non determinata da
invasioni e persecuzioni.
affermazione ovvia che le migrazioni, pur mutando il loro carattere e le loro
motivazioni nelle varie epoche, non sono cessate nell'et moderna, nonostante i
cambiamenti intervenuti nella vita economica e l'enorme accrescimento della
ricchezza. Per quanto l'immigrazione europea e sudamericana negli Stati Uniti e quella
europea nell'America Centrale e Meridionale siano state l'oggetto esclusivo dell'analisi
scientifica statunitense e abbiano avuto una netta prevalenza nella letteratura meno
recente, negli ultimi decenni l'indagine si allargata alle migrazioni europee verso altri
quando sembrava impossibile che potessero ancora attuarsi arcaiche forme di violenza
e che ricomparissero avvenimenti apocalittici che la scienza storica meno recente
aveva considerato propri di et remote.
Abbiamo cos fissato la nostra attenzione sulle migrazioni massive, nel tentativo di
stabilire i tipi che corrispondono ai movimenti migratori che si verificano nel nostro
secolo. E abbiamo constatato che di esse fanno parte anche le deportazioni'. Che
anche questo delle deportazioni sia un fenomeno che debba essere studiato nel
quadro generale della mobilit delle popolazioni dunque accertato, perch gli
spostamenti demici, siano essi dovuti a determinazione spontanea o siano invece
forzati, devono pur essere considerati sotto l'unico aspetto delle conseguenze che
comportano nella societ e nell'economia di determinati paesi.
Per le condizioni determinate dallo sviluppo dell'economia e della civilt
contemporanea nel suo complesso, le migrazioni non avvengono pi sotto il segno di
un alto rischio e di un'avventura aperta a ogni risultato. Nella stragrande maggioranza
dei casi i movimenti migratori sono provocati dalla differenza di livello economico tra i
paesi d'origine degli emigranti e quelli della loro destinazione. Gli emigranti trovano
nelle regioni che li ricevono delle condizioni di vita civile, anche se sussistono in tali
condizioni differenze enormi a seconda dei paesi ospitanti e anche del mestiere che
l'immigrato deve esercitare. Tuttavia, anche coloro che si recano per lavoro in regioni
dell'America Meridionale o del Vicino Oriente nelle quali, a parte ogni altro fattore
negativo, le condizioni climatiche possono rappresentare da sole un elemento di
difficolt, godono della protezione della legislazione del paese ospite e di quello
d'origine, per quanto essa possa ancora essere giudicata insufficiente e manchevole in
molti casi, e fanno parte, in qualit di dipendenti, di aziende che ne garantiscono il
salario e il tenore di vita.
La dottrina contemporanea intorno alle migrazioni si affaticata a operare distinzioni
sulle loro cause e modalit e ha cercato di distinguere col maggior rigore possibile ci
che pu essere definito con i termini emigrazione' e immigrazione'. Abbiamo gi visto
che in questo genere di fenomeni devono essere compresi anche i movimenti forzati
delle popolazioni. Ma la ricerca di altri criteri obiettivi per una definizione della mobilit
umana si imposta alla teoria proprio di fronte alla grande variet con la quale essa di
volta in volta si attua. Cos s' sentito anche il bisogno di elencare tutte le cause
possibili, accanto alle quali hanno assunto una sempre maggiore importanza i motivi
psicologici. Le pi generali cause delle migrazioni sono: 1) la povert del villaggio
contadino; 2) i cambiamenti provocati dall'industrializzazione; 3) le condizioni di lavoro
nei nuovi centri industriali; 4) l'esistenza di classi privilegiate e il contrasto tra la
posizione politica di queste e quella delle masse; 5) le rivolte pietiste contro le chiese
tradizionali e la comparsa di nuove sette; 6) le persecuzioni religiose; 7) il servizio
militare obbligatorio; 8) il costante bisogno di mano d'opera di quel paese; 9) l'utopia
religiosa e sociale.
La considerazione globale dell'immigrazione europea nel continente americano per
destinata a correggere la tesi della prevalenza degli Stati Uniti come paese di
accoglimento, fondata sul rilievo preponderante dato all'immigrazione nella letteratura
degli Stati Uniti. stato giustamente osservato che nell'emisfero occidentale vi sono
paesi nei quali l'immigrazione europea stata pi massiva che negli Stati Uniti,
almeno dal punto di vista percentuale, in rapporto con la popolazione. Cos l'Argentina
viene al primo posto, con 5,4 milioni d'immigrati; segue il Brasile con 3,8 milioni e il
Canada, con 4,5 milioni.
Tuttavia questi dati statistici devono essere valutati anche sotto l'aspetto della durata
dell'immigrazione. Negli Stati Uniti, ma ancor pi nei paesi dell'America Latina,
l'immigrazione transitoria, per quanto tale carattere presenti grande variabilit,
legata sia al periodo, sia ai gruppi etnici immigrati. La quota di rimpatri, per quanto
concerne gli Stati Uniti, stata valutata a oltre il 30%, mentre per l'Argentina del
53%; tale quota, relativamente ai gruppi etnici, sale all'86-89% per i popoli balcanici e
scende all'11% per gli Irlandesi e al 5% per gli Ebrei. Per quanto riguarda l'Italia, una
considerazione globale degli espatri e dei rimpatri relativi ai paesi europei ed
extraeuropei per il periodo 1958-1975 fornisce dei dati estremamente interessanti.
possibile infatti constatare che la quota relativa ai rimpatri dai paesi europei pi alta
di quella dei paesi extraeuropei e che i rimpatri, sia per gli uni che per gli altri, hanno
assunto un ritmo tale da superare gli espatri. evidente che la tendenza al ritorno
pi accentuata quanto minore la distanza dal paese d'origine e pi agevole il rientro.
Negli ultimi anni i ritorni sono stati pi numerosi a causa della crisi economica in atto
nei paesi europei ed extraeuropei.
Per concludere, occorre accennare al tema generale dell'influsso esercitato dalle
masse immigrate sul paese d'accoglimento e, viceversa, dalla cultura di questo sul
paese d'origine. L'argomento ha dato luogo a pareri diversi e a discussioni, e pu
essere considerato solo molto limitatamente, perch le influenze reciproche che cos
hanno luogo risentono delle condizioni culturali, economiche, sociali e politiche dei
rispettivi paesi e debbono perci essere valutate caso per caso. Ai fini di questa
introduzione sar sufficiente aver notato che esse esistono e che in qualche caso sono
d'importanza fondamentale; il caso, come stato gi accennato, della Svezia, paese,
come gli altri scandinavi, largamente esportatore di mano d'opera, le cui
caratteristiche sono state determinate in modo decisivo dall'emigrazione (Sndberg).
Non disponiamo ancora tuttavia di un'elaborazione scientifica sufficiente per valutare
esattamente quale sia stato il peso dell'immigrazione europea su un paese come gli
Stati Uniti, e viceversa il peso degli Stati Uniti sul continente europeo, se non per
l'aspetto economico, per il quale c' una larga convergenza di vedute. L'influsso della
civilt europea sui paesi dell'America Latina invece valutabile pi esattamente
perch la composizione etnica dell'immigrazione pi semplice rispetto a quella degli
Stati Uniti. Aspetti della cultura di paesi come l'Argentina e il Brasile dipendono
chiaramente dall'immigrazione italiana.
Dal punto di vista teorico vi sono due tesi che si contendono il campo. V' una visione
ottimistica, secondo la quale l'immigrazione produce nuova ricchezza e promuove lo
sviluppo sociale cos del paese ospitante come di quello d'origine; e v' una visione
pessimistica che si domanda se l'aumento della mano d'opera mediante le
immigrazioni non comporti anche un costo sociale e non rappresenti quindi un freno
all'innovazione. La mano d'opera nuova, specie se eccedente, comporterebbe infatti
un ritardo nello sviluppo economico, perch renderebbe meno attivi coloro che sono
gi impiegati e ritarderebbe i provvedimenti diretti a creare i mezzi tecnici idonei a
ridurre la mano d'opera. Ma evidente che si tratta anche qui di una questione legata
alle condizioni effettuali del paese ospitante, cio al suo potenziale economico e alla
congiuntura.
Comunque si risolvano queste questioni caso per caso, e innegabile che la prosperit
economica del mondo occidentale deve gran parte del suo sviluppo all'impulso
ricevuto dai movimenti migratori.
Fin dal 1862, il Congresso degli Stati Uniti, ritenendo indispensabile per lo sviluppo
economico del paese l'immigrazione, aveva emanato la Homestead law che
concedeva gratuitamente una superficie di terra (160 acri = 62 ettari) ai coltivatori
che volessero stabilirvisi. La crisi agricola europea, che si era determinata in quegli
stessi anni, favor l'immigrazione di lavoratori agricoli, cosicch la popolazione
contadina registr un incremento parallelo a quello dell'immigrazione.
A tanto ammontava la cosiddetta nuova immigrazione', per distinguerla da quella con
la quale aveva avuto inizio la penetrazione europea nell'America Settentrionale. I
vecchi immigrati, che provenivano dal Nordeuropa, appartenevano ai ceti intellettuali
e artigiani, e i motivi che li avevano spinti a emigrare non erano solo economici ma
anche ideali. La nuova immigrazione' proveniva invece dall'Europa meridionale e
orientale; era formata da Italiani, Austriaci, Ungheresi, Cechi, Russi, Polacchi,
Slovacchi, Rumeni, Baltici ed Ebrei provenienti essi pure dai paesi dell'Est europeo. Si
trattava di gente umile, non preparata alle difficolt che sono sempre insite in un
mutamento dell'ambiente, del clima, delle abitudini sociali, tenacemente attaccata al
proprio paese d'origine e tuttavia spinta dalla forza del bisogno. Vecchia e nuova
immigrazione si mescolarono dunque, in modo particolarmente accentuato, nei grandi
centri urbani.
Nel periodo immediatamente precedente e seguente la prima guerra mondiale,
l'immigrazione tedesca ridiede il primato agli immigrati della vecchia immigrazione' di
fronte a quelli della nuova immigrazione'. Tale nuovo primato degli immigrati europei
provenienti dai paesi settentrionali contribu forse, anche se non in modo decisivo, al
mutamento della politica degli Stati Uniti nei confronti dell'assorbimento della mano
d'opera straniera. Ma essenziale fu il progresso economico e industriale che segu alla
partecipazione degli Stati Uniti al primo conflitto mondiale e che indicato dalla
produzione dell'acciaio, che nel 1923 raggiunse negli Stati Uniti i 47.700.000
tonnellate di fronte ai 38.800.000 di tutto il resto del mondo. Il progresso della
tecnologia e la necessit di adoperare nell'industria mano d'opera qualificata fecero
apparire in una luce negativa l'immissione nel paese di una nuova massa di lavoratori
non qualificati provenienti dalle campagne. A questi motivi, discutibili ma fondati su
considerazioni concrete, si aggiunsero ragioni ideologiche assai meno giustificabili. Il
moralismo puritano dei discendenti di John Winthrop, che a met del sec. XVII aveva
pur considerato l'America come un paese atto alla coabitazione e all'associazione",
aveva reagito al contatto diretto con la societ europea provocato dall'intervento in
guerra nel 1917. L'Europa apparve come una sentina di tutti i mali. La giovane
America doveva reagire al suo influsso demoniaco. Ed singolare che la reazione
moralistica identificasse il male non nella ricchezza, ma nella povert, e che l'umanit
fosse divisa in razze inferiori e razze superiori, in evidente contrasto con
l'insegnamento evangelico.
Ancora oggi il problema del rapporto tra le migrazioni oltremare e quelle intraeuropee
oggetto di valutazioni diverse.