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Vladimir Propp (1895-1970) ha stu- Grazie alla geniale opera di Vladimir

diato Filologia slava all’Università di


Pietrogrado. Terminati gli studi nel 1918,
Propp, l’analisi folcloristica entra
ha insegnato Lingua e letteratura russa a pieno titolo tra gli strumenti di

VLADIMIR PROPP LA FIABA RUSSA


nelle scuole, poi Lingua tedesca all’Uni- studio della semiotica generale.
versità di Leningrado. Il campo principale
della sua attività è stato lo studio del fol- Questo libro può essere conside-
clore. Tra le sue opere tradotte in Italia, rato la summa teorica del lavoro
I canti popolari russi (1966), Morfologia
della fiaba (1966), Edipo alla luce del
di Propp, che, per tutta la vita, ha
folclore (1975), Feste agrarie russe cercato di elaborare una scienza
(1993) e Comicità e riso (2000). VLADIMIR PROPP della fiaba. Al di là dei contenuti,
LA FIABA RUSSA del contesto, della funzione socia-
le, ciò che distingue la fiaba è so-
prattutto la sua poetica specifica.
“‘In un certo reame, in un certo stato, c’era una volta’: è PREFAZIONE DI Scomponendo un vasto numero di
in questo modo tranquillo ed epico che comincia la fiaba GIANFRANCO MARRONE racconti popolari russi in unità nar-
di magia, ma è una tranquillità ingannevole. La fiaba è un rative più piccole, Propp è stato in
susseguirsi di eventi di grande tensione. Non è per niente grado di estrarne una tipologia, più
statica, non descrive e non caratterizza mai, passa subito o meno fissa, di struttura narrativa.
all’azione.” Così, il libro ripercorre le mille va-
rianti delle fiabe di magia, di quel-
le in forma di novella, delle fiabe
cumulative, con animali e così via,
rintracciandone ogni volta tipologie
e differenze, abbozzando classifica-
zioni provvisorie. Tutto un immagi-
nario fantasioso e, al tempo stesso,
meccanico che è ancora il nostro o
che, forse, dovrebbe esserlo.

ISBN 978-88-5756-970-3

MIMESIS
Mimesis Edizioni
Insegne
www.mimesisedizioni.it

25,00 euro 9 788857 569703 MIMESIS INSEGNE


MIMESIS / INSEGNE
N. 27

Collana diretta da Paolo Fabbri † e Gianfranco Marrone

Comitato Scientifico
Jacques Fontanille (Università di Limoges)
Jean-Marie Klinkenberg (Università di Liège)
Jorge Lozano (Università Complutense, Madrid)
Isabella Pezzini (Università La Sapienza, Roma)
Vladimir Propp

LA FIABA RUSSA

Prefazione di
Gianfranco Marrone

MIMESIS
Titolo originale dell’opera: Russkaja skazka.

MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine)


www.mimesisedizioni.it
mimesis@mimesisedizioni.it

Collana: Insegne, n. 27
Isbn: 9788857569703

© 2020 – MIM EDIZIONI SRL


Via Monfalcone, 17/19 – 20099
Sesto San Giovanni (MI)
Phone: +39 02 24861657 / 24416383

L’editore ha effettuato, senza successo, tutte le ricerche necessarie al fine


di identificare gli aventi titolo rispetto ai diritti dell’opera. Pertanto resta
disponibile ad assolvere le proprie obbligazioni.
Prefazione
Gianfranco Marrone

Vladimir Jakovlevič Propp nasce a San Pietroburgo il 17


aprile 1895 e muore a Leningrado il 22 agosto 1970. Come dire
che, pur essendo rimasto sempre nella stessa città, la storia gli è
passata davanti, e quei luoghi hanno assunto nel corso del (suo)
tempo tutt’altro senso e ben diverso sapore. Certo, per un folk-
lorista come lui, abituato a riflettere sulla distanza dei secoli, se
non dei millenni, quei settantacinque anni del Novecento saran-
no state bazzecole. Resta comunque il fatto che i pesanti cam-
biamenti epocali di cui è stato testimone – la rivoluzione russa
e il lungo regime politico-culturale sovietico che ne è seguito
– hanno parecchio pesato sul suo lavoro a dir poco geniale.
A trentatré anni, nel 1928, Propp pubblica quello che reste-
rà il suo capolavoro, Morfologia della fiaba, libro che cambia
radicalmente il modo di considerare la narrazione folklorica
(non regno della fantasia ma domino spirituale sottoposto a
rigorose leggi antropologiche) e, soprattutto, inventa un nuo-
vo metodo per analizzarla (lo studio strutturale del raccon-
to). Analizzando un corpus di un centinaio di fiabe di magia
raccolte dal folklorista Alexander Afanas’ev, Propp si rende
conto che, al di là della grande ricchezza di personaggi e di
situazioni, in queste storie la serie delle funzioni narrative resta
costante. In botanica si usa distinguere tra varietà, specie e ge-
neri delle piante sulla base di quelle loro caratteristiche mor-
fologiche che vanno a costituire una struttura unitaria. Allo
stesso modo, secondo Propp, occorre procedere nello studio
della fiaba: uno studio anch’esso morfologico poiché appunto,
per poter dar luogo a un’analisi rigorosa del folklore narrativo,
occorre andare alla ricerca di ciò che tiene insieme le singole
parti, non solo di una singola storia, ma di una stessa specie
e, di più, di un intero genere. Una tipologia di fiabe è possi-
bile insomma se non si lavora tanto sui motivi fiabeschi (gli
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attributi dei personaggi, le motivazioni del loro agire, le loro


modalità di apparizione e sparizione…) ma sulle forme che
essi, strutturati fra loro, tendono ad assumere. Così come nella
lingua occorre distinguere fra variabili (sostanza) e invarianti
(forma), allo stesso modo ogni fiaba ha le sue particolarità, le
sue ‘trovate’ narrative, che ne costituiscono il suo fascino este-
tico e il suo interesse storico-antropologico. Ma questa loro
ricchezza è possibile perché, tutte, si fondano sulla medesima
struttura: sulla medesima successione di 31 funzioni narrative.
Gli elementi variabili sono i personaggi, i loro attributi fisi-
ci e psicologici, i modi più o meno fantastici in cui appaiono
e agiscono; quelli invarianti sono le loro azioni, o, meglio, la
funzione che quelle azioni svolgono rispetto all’insieme della
storia. Che l’eroe sia un contadino o un principe, che il fine
della sua avventura sia uccidere un drago o conquistare un
regno, che la vicenda si svolga in un bosco fatato o in un ri-
dente paesino, in ogni caso lo schema narrativo delle funzioni
apparirà ricorrente.

***

Una funzione narrativa, spiega Propp, è “l’operato d’un per-


sonaggio determinato dal punto di vista del suo significato per
lo svolgimento della vicenda”, dove il termine ‘significato’ va
inteso, qui, in senso quasi matematico (il ruolo di un elemento e
le sue variazioni in funzione del ruolo e delle variazioni degli al-
tri elementi); o in senso economico (il valore dell’azione rispetto
alle relazioni che intrattiene con le altre azioni). Se un personag-
gio, a un certo punto, si sposa, quel che va studiato è il ruolo
che questo matrimonio ha rispetto alla vicenda complessiva, la
sua collocazione rispetto al flusso narrativo. Se le nozze stanno
alla fine della fiaba, vanno interpretate come il premio che l’eroe
riceve per aver svolto bene il suo compito (per es.: il re gli dà in
moglie la principessa che ha salvato dalle grinfie dell’antagoni-
sta); se invece stanno all’inizio, potranno essere intese come un
esordio che, con buona probabilità, porterà a una situazione di
mancanza (per es.: la sposa verrà rapita, e bisognerà ritrovarla);
se invece sono collocate verso la metà, potrebbero essere inte-
se come una specie di prova (per es.: l’eroe riceve come dono
di matrimonio la spada fatata che lo aiuterà a svolgere il suo
compito); ma, ovviamente, le nozze possono anche non avere
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alcun ruolo particolare. L’azione è la medesima, ma il suo si-


gnificato cambia a seconda del posto che occupa nell’insieme.
Per ricostruite l’ossatura della storia bisogna allora considerare,
non le azioni in sé, ma le loro funzioni. Funzioni che, fra l’altro,
sono in numero abbastanza limitato, e si succedono secondo il
medesimo ordine. Al punto che, dice Propp, le fiabe di magia
raccontano in fondo sempre la stessa storia.
In cosa consiste questa storia comune? Seguendo la serie del-
le principali funzioni individuate da Propp, essa si racconta da
sola. La Situazione iniziale in ogni fiaba è positiva: dominano
equilibrio, armonia, benessere. Tale equilibrio si incrina già nel-
le funzioni d’esordio, dove c’è un Divieto e la sua Infrazione,
ma soprattutto inizia l’Investigazione dell’Antagonista. Più il
benessere iniziale è forte, spiega Propp, più contrasterà con la
sciagura incombente, ossia con quel Danneggiamento procura-
to dall’Antagonista che dà inizio alla vicenda vera e propria: sia
esso caratterizzato da un rapimento, da un furto, dalla distruzio-
ne del raccolto, da un assassinio, da una guerra o tanto altro. Il
che equivale a dire che a compiere la prima mossa significativa
– ossia funzionale – della fiaba è sempre l’Antagonista, il cattivo:
più energico è il cattivo, più duro è il Danneggiamento che ha
rotto l’equilibrio della Situazione iniziale, più il compito dell’E-
roe sarà difficile, e più la fiaba sarà riuscita. Così, la notizia della
Mancanza procurata dal Danneggiamento si sparge, e ha luogo
la Mediazione, ossia la ricerca di chi dovrà occuparsi di riparare
tale Mancanza, assumendo cioè il ruolo di chi diventerà, a cose
fatte, Eroe. L’Eroe, in altre parole, non è tale già dall’inizio, ma
lo diviene progressivamente grazie alla serie di Prove che dovrà
intraprendere per svolgere il proprio compito, il quale gli vie-
ne affidato, di solito, da chi ha subito il Danneggiamento: può
darsi il caso che la Vittima e l’Eroe coincidano, ma più spesso
il protagonista è una terza persona, una persona qualsiasi, ad
avere attribuito il compito di risolvere il problema. Il seguito
della storia è presto detto: ecco la Partenza dell’Eroe alla ricerca
dell’Antagonista, che si trova in un altrove spazio-temporale ben
definito, quello che viene chiamato l’Altro Regno. La sua ricer-
ca è innanzitutto un viaggio, lungo il quale egli incontra alcuni
Aiutanti che gli fanno dono del mezzo magico (un cavallo alto,
un anello che rende invisibili, un potere sovrannaturale, una
spada invincibile…) necessario al momento della Lotta, oppure
degli Oppositori a cui lo sottrae. L’acquisizione della Fornitura
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occupa gran parte della fiaba, e in qualche modo ne costituisce


la parte centrale, poiché è qui che hanno luogo le avventure più
importanti e fantastiche grazie alle quali quella che inizialmen-
te era una persona qualsiasi inizia a trasformarsi, assumendo le
sembianze di un Eroe. Raggiunto l’Altro Regno, ha finalmente
luogo la Lotta vera e propria contro l’Antagonista, durante la
quale ha luogo la Marchiatura (un segno impresso nel corpo,
una cicatrice, ma anche un oggetto dell’Antagonista che resta in
possesso dell’Eroe), che si conclude, in questo genere di fiabe,
con una Vittoria, e dunque con la Rimozione della mancanza: la
principessa rapita viene liberata, il denaro rubato è recuperato,
la guerra si conclude etc. Ma qui si chiude solo una parte della
fiaba, quella che riguarda la Vittima, la quale per parte sua torna
alla Situazione iniziale. Dal punto di vista dell’Eroe, che durante
le avventure legate alla Fornitura e alla Lotta s’è assai trasforma-
to, la storia continua. Inizia infatti il suo Ritorno a casa, tutt’al-
tro che facile, dove sarà sottoposto a nuove prove, nuovi rischi,
nuove avventure. Arrivato là dove era partito, incontrerà per
esempio dei Falsi Eroi che mentre lui era assente hanno preso il
suo posto, contro i quali dovrà intraprendere un’ennesima sfida,
vincendo la quale potrà farsi riconoscere, anche grazie alla Mar-
chiatura subita, come colui il quale è l’unico e vero Eroe. La fase
dello Smascheramento del falso Eroe ha un che di teatrale, si
svolge quasi dinnanzi a un pubblico, composto da coloro i quali
avevano inviato il protagonista nell’Altro regno, e che adesso,
trovandolo molto diverso, devono operare il necessario Ricono-
scimento e garantire la sua Trasfigurazione. La favola si chiude
così con le Nozze, ossia col meritato premio attribuito all’Eroe.

***

Ogni fiaba racconta insomma due storie, una circolare e una


lineare. Da una parte il racconto oggettivo, collettivo, sociale,
dove il Danneggiamento viene superato e si torna alla Situazio-
ne Iniziale. Dall’altra il racconto soggettivo, individuale, dove
l’Eroe supera tutte le sfide che incontra e da persona comune
acquista un nuovo status, diviene qualcuno al di sopra della
media, assume una nuova identità. Se nel primo caso c’è una
conservazione, nel secondo che invece una trasformazione, ed è
quest’ultima, a ben vedere, che è l’anima d’ogni fiaba. L’eroe si
deve trasformare. Al termine della storia non è uguale a ciò che
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era all’inizio: si sposa, diventa ricco, viene in qualche modo pre-


miato per le sue azioni. Questo riconoscimento sociale del suo
ruolo si collega alla funzione finale delle Nozze, che manifesta
il premio riconosciuto al protagonista e il cambiamento del suo
statuto rispetto all’inizio della vicenda. In sintesi, ogni fiaba è
strutturata secondo tre grandi Prove assegnate al protagonista
per diventare Eroe: una Prova Qualificante (quella che Propp
chiama Fornitura), dove il protagonista incaricato di risolvere il
Danneggiamento ottiene da un Oppositore o da un Aiutante gli
strumenti magici per agire; una Prova Decisiva (la Lotta), dove
avviene il combattimento con l’Antagonista, la Marchiatura e la
conseguente Vittoria; e una Prova glorificante (Smascheramento
e Trasfigurazione), grazie alla quale l’Eroe assume a livello so-
ciale il suo nuovo status.

***

Il libro ha successo. A suo modo. Viene additato in tutti i


manuali sovietici di folklore (anche scolastici) come il perfetto
esempio di ciò che, in sede scientifica, non va fatto: ed è tacciato
di sterile formalismo. Il nome di Propp va così a far compagnia a
quelli di Jakobson e di Sklovskij, di Tynjanov e di Ejchenbaum.
Tutta gente che egli personalmente nemmeno conosce, acco-
munata dal fatto di non esser gradita agli accigliati alfieri del
materialismo dialettico. Eppure la sua idea di morfologia non
discendeva affatto dal formalismo linguistico dell’Opojaz mo-
scovita, quanto piuttosto dalla teoria goethiana delle piante, pe-
raltro riccamente citata nel libro.
È così che la ricerca di Propp cambia strada: la tesi di dot-
torato viene dedicata, come recita il titolo italiano del libro che
ne conseguirà, alle Radici storiche dei racconti di fate: abban-
donato il metodo morfologico per tornare alla storia, Propp va
alla ricerca delle possibili origini delle favole slave, e le ritrova
in certi riti di iniziazione del neolitico. Come l’eroe della fiaba
parte verso l’altro regno e torna solo se trasfigurato, analoga-
mente i giovani preistorici venivano abbandonati nella foresta
ed erano considerati adulti se e solo se sapevano cavarsela da
soli ritornando, malconci, nel villaggio. È la vecchia teoria folk-
lorica dei residui che, discutibile in generale, produce in questo
caso un esito ricco di fascino. Ma la passione per le strutture
narrative non cessa di permeare le ricerche successive, di modo
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che le maggiori opere di Propp, una volta presa la cattedra uni-


versitaria, mescolano con non comune sagacia istanze formali e
interessi storici. Il tutto alla luce di una visione antropologica di
ampio respiro che ripensa il folklore come strato basilare dell’e-
sperienza umana e sociale. Ed è la volta di volumi come Edipo
alla luce del folklore, Comicità e riso, I canti popolari russi, Feste
agrarie russe, oltre ai numerosissimi interventi sparsi in volumi
e riviste d’ogni tipo.
La svolta si ha per iniziativa dei due principali esponenti del-
lo strutturalismo novecentesco, due eccelsi studiosi ebrei en-
trambi transfughi, durante la seconda guerra mondiale, a New
York: il linguista Roman Jakobson, che fa tradurre in inglese la
Morfologia della fiaba nel 1958, e l’antropologo Claude Lévi-
Strauss, che nel 1960 gli dedica una lunga recensione destinata
a far scalpore. Improvvisamente scoppia una specie di Propp-
mania. Al punto che, a metà degli anni Sessanta, la nascita della
narratologia francese – con Barthes, Greimas, Todorov, Genette
e tanti altri – si celebra in nome di opere come la Poetica di Ari-
stotele e la Morfologia di Propp. Si parva licet. Tutti a usare la
stringa delle 31 funzioni narrative presenti nella fiaba, elabora-
ta trent’anni prima dallo studioso russo per analizzare racconti
d’ogni tipo (popolari come letterari, mediatici come cinemato-
grafici, etc.), cambiandola e adattandola, ma tenendola sempre
e comunque come basilare punto di riferimento metodologico.
La casa editrice Einaudi confeziona nel ’66 una versione italiana
del testo proppiano di grandissimo prestigio (a cura di Gian Lu-
igi Bravo), ponendo in appendice la traduzione della recensione
lévi-straussiana (polemica su certi punti teorici) e la replica che
lo stesso Propp, già in età avanzata, prova a fornire. È curioso:
mentre l’antropologo francese, dichiarandosi seguace del folk-
lorista russo, prova a rilanciarne le idee nel terreno spinoso della
mitologia amerindia, quest’ultimo si chiude in ritirata, inneg-
giando al primato della storia sulla struttura, della letteratura ar-
tistica su quella popolare. Incomprensione reciproca? Per gran
parte sì. Ma i sovietici sono ancora là, e sorvegliano ogni idea
letteraria considerata eversiva.

***

Il tutto si risolve in quello che sarà l’ultimo libro di Propp,


uscito postumo a Leningrado nell’‘84 con il titolo La fiaba rus-
XIII

sa. Lezioni inedite. Da considerare come la summa teorica del


lavoro proppiano e, di conseguenza, come suo testamento spi-
rituale. Il libro si legge facilmente: ha un carattere divulgativo
alto, sebbene parole come ‘scienza’ o ‘scientifico’ ricorrano
spesso. Elaborare una scienza della fiaba è stata la sfida epi-
stemologica del lavoro di Propp, e queste lezioni inedite sono
la testimonianza che ne valeva la pena. Ma di che scienza si
tratta? Non certo un riadattamento ad hoc del positivismo ot-
tocentesco, né tantomeno una riproposizione ingenua di quel
mito dell’esattezza matematica e dell’oggettività dura e pura
che ancor oggi è assai diffuso. Gettare uno sguardo rigoroso
e condiviso alla narrazione folklorica significa piuttosto, per
Propp, avere contezza dei numerosi problemi interpretativi
che essa pone allo studioso e, ancor prima, al pubblico stesso
della fiaba: materiale orale per eccellenza, dunque di diffici-
lissima presa, roba che sfugge da tutti i lati, che si ripresenta
in vesti sempre diverse, con personaggi, situazioni, intrecci e
valori che cambiano a ogni momento, a seconda dei paesi e
delle epoche, dei regimi di senso e delle poetiche implicite.
Fare scienza della fiaba è dunque in primo luogo saper gestire
il gioco fra oralità e scrittura, da un lato, fra varianti e inva-
rianti, dall’altro. Due fenomeni strettamente legati fra loro che
suscitano problemi d’ogni sorta, e su cui le migliori scienze
umane di ieri e di oggi – antropologia, critica letteraria, lingui-
stica, semiotica – non cessano di interrogarsi. Così nella Fiaba
russa Propp si dilunga sui diversi modi, momenti e problemi
della trascrizione, letteraria e no, del folklore narrativo: ripor-
tare sulla carta una fiaba significa al tempo stesso preservala
dall’oblio e fissarla in un canone, garantirle una vita futura ma
sempre uguale a se stessa. Trasformando così una singola va-
riante narrativa in una specie di modello ideale per le narrazio-
ni future. Da un lato infatti, scrive Propp, “la fiaba è il simbolo
dell’unità fra i popoli; i popoli si capiscono a vicenda attra-
verso le fiabe”; d’altro canto però questa specie di patrimonio
poetico comune “viene raccontato da ogni popolo in modo
particolare”, da ogni gruppo sociale e perfino da ogni indivi-
duo in modo diverso, dando rilievo ora a un intreccio ora a un
altro, ora a un personaggio ora a un altro, ora a un finale ora a
un altro. Da un lato la stabilità, dall’altro la creatività: nessuna
delle due istanze può vivere senza l’altra. Grande lezione di
XIV

umiltà artistica che è insieme condizione di possibilità d’ogni


invenzione umana e sociale.
Così il libro ripercorre le mille e mille varianti delle fiabe
di magia, di quelle a forma di novella, delle altre cumulative,
delle favole con animali e così via, rintracciandone ogni volta
tipologie e differenze, abbozzando provvisorie classificazioni.
Leggiamo di personaggi tipici come la fanciulla perseguitata e
il diavolo sciocco, i tre fratelli e l’eroe solitario, la sudiciona tra-
sformata in principessa e la strega cattiva che salva i bambini
in pericolo, il contadino gabbato dal nobile e la nave volante,
gli indovini fortunati e i ladri furbi. Tutto un immaginario al
tempo stesso fantasioso e meccanico che è ancora il nostro, o
che forse dovrebbe esserlo, a dispetto delle stereotipie narrative
che i media vecchi e nuovi pretendono di propinarci. In fondo,
ancora una volta aveva ragione Italo Calvino quando scriveva,
dopo averne lette e scritte a migliaia, che le fiabe, comunque,
sono sempre vere.
MIMESIS INSEGNE
Collana diretta da Paolo Fabbri † e Gianfranco Marrone

1 René Thom, Arte e morfologia. Saggi di semiotica, a cura di Paolo


Fabbri
2 Paolo Fabbri, Elogio di Babele, in preparazione
3 François Jullien, L’ansa e l’accesso. Strategie del senso in Cina, Grecia
4 Isabella Pezzini e Paolo Fabbri (a cura di) Le avventure di Pinocchio.
Tra un linguaggio e l’altro
5 Gianfranco Marrone e Alice Giannitrapani (a cura di), La cucina del
senso. Gusto, significazione, testualità
6 James Elkins, La pittura cos’è. Un linguaggio alchemico
7 Gianfranco Marrone (a cura di), Semiotica della natura, (natura della
semiotica)
8 Francesco Marsciani, Minima semiotica. Percorsi nella significazione
9 Stefano Jacoviello, La rivincita di Orfeo. Esperienza estetica e semiotica
del discorso musicale
10 Dario Mangano e Gianfranco Marrone (a cura di), Dietetica e semiotica.
Regimi di senso
11 Gianfranco Marrone, Figure di città. Spazi urbani e discorsi sociali
12 Louis Marin, Della rappresentazione, a cura di Lucia Corrain
13 Nicola Dusi, Dal cinema ai media digitali. Logiche del sensibile tra
corpi, oggetti, passioni
14 François Rastier, Arti e scienze del testo. Per una semiotica delle culture,
nuova edizione italiana a cura di Alice Giannitrapani
15 Gianfranco Marrone, Semiotica del gusto. Linguaggi della cucina, del
cibo, della tavola
16 Paolo Fabbri, L’efficacia semiotica. Risposte e repliche, a cura di
Gianfranco Marrone
17 François Jullien, Vivere di paesaggio o l’impensato della ragione, a cura
di Francesco Marsciani
18 Tiziana Migliore, I sensi del visibile. Immagine, testo, opera
19 J. Louis Pietro, L’atto della comunciazione, a cura di P. Fabbri e U.M.
Olivieri
20 Franciscu Sedda, Tradurre la tradizione. Sardegna: su ballu, i corpi, la
cultura
21 Lucia Corrain, La pittura di mercato. Il “parlar coperto” nel ciclo
Fugger di Vincenzo Campi, Postfazione di Gianfranco Marrone
22 Dario Mangano, Ikea e altre semiosfere
23 Paolo Fabbri, Vedere ad arte. Iconico e icastico, a cura di Tiziana
Migliore
24 Dallo spazio alla città. Letture e fondamenti di semiotica urbana,
antologia a cura di Isabella Pezzini e Riccardo Finocchi,
25 Francesca Polacci, Inquadrare per creare. Sulle tracce semio-estetiche
della foto di scultura
26 Tarcisio Lancioni, E inseguiremo ancora unicorni. Alterità immaginate
e dinamiche culturali
Finito di stampare
nel mese di settembre 2020
da Digital Team – Fano (PU)

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