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I Valent e …
Genealogia di una stirpe friulana dal 1500
ad oggi.
L’Archivistica è una scienza che sembra appartenere ad una sorta di corporazione composta da
paladini che la “proteggono” da tutte le contaminazioni e dissuadono i non edotti nelle sue
discipline dall’osare un libero approccio alle fonti.
Si propugna la necessità di analizzare gli archivi con lo sguardo “d’insieme” della storia e si
respinge la ricerca ed evidenziazione di fatti particolari considerandoli una frammentazione della
memoria.(*)
La memoria tuttavia è anche una somma di frammenti che raccontano e danno connotato al
passato e possono servire da stimolo per approfondimenti legati all’appartenenza. 3
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Gli Archivi Parrocchiali sono una fonte a volte unica ed insostituibile per ritrovare le proprie
radici; la loro inaccessibilità, la impossibilità di consultarli per mancanza di catalogazione, la
supposta estraneità rispetto ad un contesto comune, rappresentano un vero e smisurato danno
per tutti noi.
Il primo passo è quello di conoscere gli archivi ed il loro contenuto, inventariarli e renderli
largamente accessibili, farli sentire come patrimonio irrinunciabile, una sorta di orgoglioso
lascito della storia ad ognuno di noi.
Il rischio più grande che stiamo oggi correndo è quello del definitivo degrado dei documenti
(pergamene, carta, stampe, litografie, fotografie, ecc.) che si stanno dissolvendo e la cui
scrittura sta inesorabilmente sbiadendo. Fra poco tempo queste fonti non potranno più
raccontare alcunché.
Esse rappresentano per il nostro paese una vera “materia prima”, una risorsa culturale con
enormi potenzialità.
Il salvataggio è un itinerario costoso che la politica non vuole e non può finanziare, ma è
urgentissimo.
Molte persone appartenenti alla “terza età”, previo qualche breve istruzione, potrebbero essere
coinvolte con grande gratificazione personale ed a costi modestissimi nelle attività più urgenti di
inventario e salvataggio su supporto digitale.
La conservazione degli archivi rappresenta una forma di giustizia nei confronti dei nostri
predecessori ed un filo che unendo il presente con il passato ci dà consapevolezza delle nostre
origini e del nostro andare e ci aiuta a plasmare un futuro a misura di uomo.
Gli archivi parrocchiali che all’inizio ho frequentato soprattutto per fini genealogici - quindi
frammentari e specifici - mi hanno aiutato a cogliere ed apprezzare anche aspetti e peculiarità
che delineano un contesto storico nel suo evolvere.
(*) Concetti palesati alla presentazione presso l’Università di Udine del quaderno “Archivistica
Ecclesiastica – Introduzione allo studio” di Angelo Turchini – Civita Editoriale – Nov. 2006.
Cosa spinge un uomo del nostro tempo, del 2000, a frugare nel passato, nei suoi resti?
Tuttavia, qualunque sia l’impulso dominante, l’esplorazione del passato eseguita senza
infingimenti e manipolazioni è ancora necessaria perché troppi nostri convincimenti sono 4
Tante sono le differenze che distinguono noi dai nostri avi ma sono pure moltissime le cose
che ci accomunano, che evidenziano una sorta di strana simmetria, una forma di traslazione
che ci induce a pensare alla ripetitività ciclica di fatti ed atteggiamenti.
La vaga nostalgia di alcuni valori fondanti della coesistenza - che sembrano ormai scomparsi
– non deve assecondare giudizi apparentemente facili ma incoraggiare occasioni di
riflessione.
Compendio
Il detto latino “In nomen omen” (nel nome c’è un destino) e quello di Plauto “Nomen atque
omen” (nome ed augurio) rivelano che fin dall’antichità il nome, al di là dell’aspetto
identificativo, assumeva grande importanza per il suo significato intrinseco ed a volte
dedicatorio.
In alcuni casi, per diversificare meglio una persona rispetto ad un’altra, si aggiungeva anche
un quarto nome “agnomen” ed alcuni nobili aggiungevano di proprio arbitrio altri nomi–
cognomi creando a volte liste lunghissime (1).
Dopo la caduta dell’Impero romano ogni persona veniva identificata solo dal nome personale
che poteva avere una derivazione patronimica, toponomastica, fisica, estetica o caratteriale
e che, in ambito familiare, poteva modificarsi assumendo una forma vezzeggiativa.
L’assortimento dei nomi propri utilizzati nelle nostre antiche comunità era tuttavia abbastanza
limitato ed a ciò contribuiva forse anche la primitiva consuetudine di nominare, per fini
identificativi, il figlio come il padre.
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Una rilevante peculiarità era rappresentata dall’alternarsi dei nomi nei discendenti,
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consuetudine probabilmente derivante dall’ossequio dedicatorio verso i propri predecessori
che a lungo ha condizionato la scelta del nome, ad esempio:
Bernardo (capostipite )
↓
Bernardo
↓
Francesco
↓
Bernardo
↓
Francesco
Origine del Cognome o nome di famiglia o casato.
La forte crescita dimensionale degli insediamenti, iniziata dopo l’anno 1000, evidenziò
l’inadeguatezza del superstite sistema uninominale romano di identificazione degli individui
e pose il problema della distinzione di persone diverse aventi lo stesso nome.
Il primo efficace strumento per la differenziazione degli omonimi e per la loro attribuzione ad
un casato fu il parziale recupero del sistema di nomare della Repubblica romana e cioè
l’adozione del cognome.
I primi nomi di famiglia in Italia, peculiarità identificativa delle classi privilegiate, apparvero
tra il IX e l’XI sec. e, per i primogeniti dei nobili, rappresenteranno l’identificazione con il
casato ed il suo perpetuarsi. 7
I cognomi furono un fenomeno che andò crescendo fino a raggiungere, in epoca 7
rinascimentale, una buona diffusione, non come caratteristica ereditaria bensì come
strumento di distinzione della persona.
Il Concilio di Trento nel 1563, per evitare il matrimonio fra consanguinei, impose alle
Parrocchie l’obbligo della tenuta dell’elenco dei battesimi con indicati nomi propri e di
famiglia. Questo atto istituzionalizzò l’uso del cognome inteso in senso moderno e
riconfermò le sue peculiarità di ereditarietà ed immutabilità che erano già divenute regola alla
fine del Medioevo:.
Solo nel XVIII sec. tuttavia, per la necessità di porre ordine ad una popolazione sempre più
numerosa, si impose per legge l’adozione dei cognomi.
de Riu = De Rivo
di Mont = De Monte
di Colle = Colle
Non c’è una statistica relativa all’origine dei cognomi ma gli studi sulla loro formazione
consentono di attribuirne le seguenti derivazioni:
1. 35 % dal capostipite ;
2. 35% dalla toponomastica ;
3. 15% dalle caratteristiche fisiche del capostipite ;
4. 10% dalla professione, mestiere od occupazione ;
5. 3% di derivazione straniera recente ;
6. 2% nome augurale che la carità cristiana riservava ai trovatelli.
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Fonti
In Italia, nel periodo che precede l’istituzione Napoleonica dello stato civile comunale
avvenuta nel 1804(1), i registri parrocchiali dei battesimi costituiscono l’unica annotazione
continuativa dei nati.
La consultazione dei registri antichi redatti in un latino a volte approssimativo, già faticosa a
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causa della non facile interpretazione di una grafia frequentemente illeggibile e sbiadita, è
stata ingarbugliata dal già citato metodo di alternanza nominativa che complica 9
l’identificazione dei personaggi che avevano lo stesso nome ed erano figli di padri omonimi.
Il costume remoto, protrattosi anche nel 1800, di non menzionare nei registri di battesimo il
nome della madre o di indicarlo privo di cognome e di patronimico ed a volte con il cognome
del marito, ha intricato ulteriormente le cose.
La dissonanza tra il nome registrato sul libro dei battesimi e quello sui registri civili e la
predilezione nell’impiego comune del secondo (3), la pratica abbastanza diffusa di privilegiare
in famiglia l’uso del secondo o terzo nome di battesimo o addirittura di adottare un
nominativo prettamente domestico e non ufficiale (4) hanno, in alcune circostanze, influito
negativamente sulla chiarezza delle registrazioni di matrimonio e di morte.
L’identificazione necessaria per questa ricerca genealogica è stata possibile soltanto
incrociando tra loro in un paziente e laborioso “puzzle” tutti i dati (nascite, matrimoni, morti,
parentele, ecc.) e facendo una scrupolosa attenzione alle date ed all’età dei personaggi.
Solo dopo il 1850 si trovano menzionati con assiduità i soprannomi che, sempre attraverso
un accurato confronto di date ed età, aiutano ad identificare i personaggi fra tanti omonimi ed
appartenenti allo stesso casato.
Un notevole aiuto nel districare la matassa è venuto dai Registri Anagrafici che nelle
Parrocchie venivano fatti saltuariamente al fine di censire la popolazione.
A Portis, fortunatamente, fu compilato un “Indice dei matrimoni dal 1650 al 1851” che ha
permesso il superamento di alcuni ostacoli interpretativi.
(1) Dopo l’istituzione nel 1804 dell’Anagrafe Civile la tenuta dei registri di “Stato Civile” fu spesso demandata
ai parroci che già la svolgevano dal 1563 (Concilio di Trento).
A questo periodo risalgono i primi registri prestampati che rispondono a requisiti informativi ben precisi e
normati.
Durante la dominazione austriaca (1815÷1865) lo “Stato Civile” resta affidato alle parrocchie.
Dopo la Grande Guerra nei territori liberati dal giogo austriaco i registri restano affidati alle parrocchie
fino al 1920 e diventano comunali solo dal 1921.
Generalmente i Comuni hanno un’Anagrafe che risale al 1866 anche se divenne obbligatoria solo nel
1871 dopo l’unificazione d’Italia.
I censimenti - quelli civili sono datati 1861, 1881, 1901, 1921, 1931, ecc.- venivano eseguiti anche dai
parroci che compilavano i “registri anagrafici per N° civico” (1840, 1922, 1942) o lo “stato anagrafico
della popolazione” (1941). Erano elenchi fatti forse per agevolare il calcolo della decima (quartes),
eseguiti mnemonicamente dai sacerdoti, quindi con possibili dimenticanze ed inesattezze ed a volte gli
individui erano identificati con un nome domestico non rispondente a quello ufficiale.
(2) Venzone anticipò di 12 anni le direttive Conciliari del 1563.
(3) es.: Emidio Cromazio Valent (I 3159) civ. Leonardo, ecc.
(4) es.: Caterina Valent (I 559) chiamata Giovanna, Caterina Valent (I 2067) nominata Maria e Domenico
Valentino Valent (I 2306) chiamato Giovanni, Francesco Valent (I 2595) nominato Carlo, ecc.
Origine del cognome “Valent”
I Valent - che rappresentano ancor oggi la stirpe più numerosa del Comune di Venzone - in
principio erano insediati nella parrocchia di Portis e più precisamente nei Piani (Stazione per
la Carnia) (2). Da qui si diffusero a Venzone, Pioverno ed altri borghi. Questa distribuzione
territoriale, che si evince dai libri, pare pure avvalorata dal fatto che nella Parrocchia di S.
Andrea di Venzone, nei periodi sotto elencati non sono registrati eventi riguardanti i Valent:
1594 ÷ 1642: nessun matrimonio;
1642 ÷ 1712: nessun decesso;
1712 ÷ 1743: nessun battesimo.
Nel tempo alcuni dei cognomi hanno subito delle variazioni di scrittura [es.: Bellina (Bilini/a) –
Colle (di Colle) - Gollino (Gulini) – De Monte (di Mont) - Siega (della Siega) – Zamolo
(Zamul)], mentre Valent ed altri (es.: Di Bernardo – Limerutti – Stringari - Di Michieli –- ecc.)
hanno mantenuto invariata la loro grafia.
Il capostipite dei Valent è Simeone (I 0) morto il 15 luglio del 1594 e sepolto nel cimitero di S.
Bartolomeo di Portis nella “tomba di famiglia” (3), precisazione che ci fa supporre un certo
livello di censo. Di esso non si conosce né la data di nascita, né quella di matrimonio e
neppure il nome della moglie ma solo quello di due figli Antonio (I 4) [+ 05.12.1626] e
Giovanni (I 5) [+ 03.11.1622].
Tra i primi Valent appaiono tre nomi che restano avulsi dalla genealogia e sono: Giovanni
(I 1) padre di Giorgio (I 2) [+ 13.12.1602] e Leonardo (I 3) [+ 15.12.1669 a 70 anni] figlio di
Simeone (I 0 ?).
(1) Il cognome “Valens” appare in una stele funeraria di Aquileia del 2° sec. d.C,, riferito a Marcus Antonius,
oriundo della tribù Fabia di Berito (città delle leggi di Fenicia in oriente). L’iscrizione è particolarmente
significativa riguardo al tema dell’integrazione sociale di un immigrato. (Vedasi “Le pietre e le stelle” di
Renato Jacumin, ed. Paolo Gaspari 2008, pag. 104).
(2) L’intera genealogia Valent trae origine da un unico capostipite e non - come l’epoca potrebbe
giustificare - da una pluralità di soggetti . Questa particolarità fa supporre che questa stirpe non fosse
autoctona e che l’insediamento in questo luogo fosse abbastanza recente.
(3) Questo particolare non è in contraddizione con l’ipotesi di non autoctonia esposta nella nota precedente.
Il cognome appare menzionato – come mi informa Pietro Bellina della segreteria
dell’Associazione “Amici di Venzone” – anche in altre, a volte più remote, occasioni:
1. 19.06.1324: obiit Reinardus Valent (Scalon C. – I libri degli anniversari di Cividale del Friuli
Istitutpo Storico Italiano per il Medio Evo Pio Paschini – Graphic Linea Tavagnacco –
maggio 2008, pag. 624);.
2. 1327: Valent filg Mançon lb. J di ueli (Pieve di S. Maria di Gemona, quaderno n. 986, c. 9v)
[In Vicario F. – Quaderni gemonesi del Trecento, pieve di Santa Maria – Forum 2007 Editrice
Universitaria Udinese – Grafiche Tielle di Sequals, marzo 2007];
3. 1363: Ricevey di Valent Mançon di Got per fit so dnr vij (Pieve di S. Maria di Gemona,
quaderno n. 1007, c.13v)[In Vicario F. c.s.];
4. 1467: Item spendei per conzi VII bozi XXV comperado dali tutori deli fioli di Toni
Valent in rason de I III ss XIII lu conzo monta I XXXIII s XII (PIE - quaderno del 11
cameraro anno 1467, 85c ); 11
5. 1470: Item spendei per chumision de conselio da la Fradalia per braz III di biritin che io
feze far uno zupero al fiolo de Andrea di Blas di Pluern e uno zupero al fiol di Toni
Valent e uno per de calze per uno monta lu pano a s XLVIII lu braz I VII s III (PIE –
quaderno del cameraro anno 1470, 248f);
6. 1492, marzo: Item per broche de conzar lorgano Haue pre Bernardin s. 1
Item haue mastro Valent per 2 ferri da metter in suso deli organi s. 6 –
[Spilimbergo ( Tesolini L. Organi e organisti a Spilimbergo 1300 - 1981) Spigolatura
d’archivio – AGRAF Udine agosto 1981, pag. 97)];
7. 1504: Antonio Valent (Resia numero unico primavera 1967, Soc. Fil. Friulana);
8. 28.01.1586: Simeone Valent (I 0 ?) padrino di battesimo di Maddalena Tonussi f. di
Michele di Portis (Venzone, Archivio Parrocchiale)
9. 14.02.1586: Lucia (I 6) moglie di Antonio Valent madrina di battesimo di Valentino
Linassi di Chiusaforte ed abitante a Portis (Venzone – Arch. Parrocchiale);
10. 1631: Petri Valentis [Iscrizione sulla pila (intorno al bordo) dell’acquasantiera della
Chiesa di San Giorgio di Resia] (Resia, Marinelli pag. 18).
Nel casato dei Valent l’alternanza dei nomi tra padre, figlio e nipote è altissima e la loro
ripetizione è quasi insistita. La tabella che segue mette in luce questa peculiarità ed
evidenzia, anche se con qualche differenza, la sua valenza generale per tutti gli individui
della presente genealogia:
Ventidue nomi appaiono, come primo o secondo nominativo, 1727 volte su 2254, ovvero la
ripetizione nominale riguarda quasi il 77% degli individui di cognome Valent e la percentuale
cresce se si analizzano anche le discendenze della linea femminile del casato.
Note generali:
1. Il nome latino Jacobus è stato tradotto in Giacomo anziché Jacopo perché nel mondo
friulano è prevalente questa versione.
2. Nicolò è la traduzione preferita del latino Nicolaus.
3. Luigia è prevalsa su Luisa nella versione di Aloisia.
4. Girolamo è la traduzione di Hieronymus.
5. Simone è il primo ad apparire poi compare Simeone. Entrambi sono presenti
contemporaneamente e, forse per errore di scrittura, anche in sovrapposizione. Per
semplificazione genealogica si è privilegiato Simeone.
6. Giobatta è la versione che accomuna Giovanni Battista e Gianbattista.
7. Il nome Sabbata, derivante da “Sante Sabide” - sconosciuta all’agiografia ufficiale - 12
appare sette volte nel 1700 e due soltanto nel 1800 poi, dopo un prima timida 12
correzione con Sabina, scompare definitivamente. Il nome infatti seguì la sorte del
culto di “Sante Sabide” il quale, essendo correlato alla solennizzazione del Sabato
secondo l’uso ebraico diffuso nelle campagne aquileiesi, venne osteggiato fino ad
ottenerne l’annullamento ma, paradossalmente, senza cancellare la dedicazione di
una ventina di sacelli ed oratori friulani situati vicino ad una fonte d’acqua sorgiva (es.
la Cripta della Pieve di S, Margherita del Gruagno).
8. La ripetitività dei nomi in una famiglia veniva infranta occasionalmente, e forse per
ragioni di deferenza, dando alla neonata il nome della madrina o più raramente al
neonato quello del padrino.
9. I bimbi nati morti e quindi senza battesimo erano indicati da un generico “infantulus”
o da “Nescio Nomen” e venivano solitamente sepolti in terreno non consacrato “fuori
porta” del camposanto.
10. In caso di morte prematura di un neonato, il successivo primo figlio degli stessi
genitori assumeva generalmente il nome del fratello scomparso.
11. I cognomi “Pascoli” e “Tonussi”, espressioni latine al genitivo, sono stati tradotti
naturalmente in Pascolo e Tonusso. Tuttavia le forme con desinenza “i”
sopravvivono in quantità minoritaria ed in siti diversi.
12. Il cognome Ferrario, allontanandosi da Venzone e migrando verso la città di Udine,
tende a modificarsi in Ferrari.
Soprannomi
I soprannomi rappresentano anch’essi un parziale recupero del sistema di nomare della
Repubblica romana. Nati nel periodo di formazione dei nomi di famiglia come accorgimento
per distinguere persone diverse con nomi e cognomi uguali, uniformati allo stesso principio
ispiratore dei cognomi, hanno poi identificato anche i casati o le loro ramificazioni.
I soprannomi, essendo legati alla lingua corrente, hanno generalmente una matrice friulana
ed in alcuni casi discendono:
dai nomi [es. Bastianello da Sebastiano - Bortolazzo da Bartolomeo – Cechiti da
Francesco - Gustinello da Agostino – Peresin da Pietro - Simonello e Simonut da
Simone / Simeone – Titai da Giobatta - Toneto, Tonan e Tonacul da Antonio ––
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Venuzie da Benvenuto - Zuanoto da Zuan (Giovanni) - ecc.];
13
dalla professione (es. Stradin - Barcarul);
dall’aspetto (es. Rizot);
dal borgo di residenza (es. Scis, Rossits, Rozza);
da antichi termini friulani (es. Chiotul da Chiò = casa);
dal comportamento, carattere o abitudini (es. Bochion, Bochiate, Cigar);
dall’acquisizione ed integrazione del soprannome materno (es. Marietta, che si
aggiunge al paterno Nicul fino a soppiantarlo – Bulo associato al Gnerve paterno);
dal soprannome della moglie imposto al marito quando questi “al leve cuc” andava ad
abitare in casa di lei.
Frequentemente il soprannome era - e resta - una parola “astratta” senza significato né
relazione con cose o persone e poteva trarre origine “da una fresca interpretazione
popolana, comica, satirica, qualche lampeggiamento di fantasia e di spirito” ed anche da un
vezzo, gioco, difetto o abitudine magari acquisita dal soggetto in tenera età (es. Nicul = Niciul
= Nizzul = altalena, dondolo – Capìte = velu li cal càpite = eccolo che arriva – Benado =
storpiatura infantile di Bernardo).
In alcuni casi si può immaginare anche una derivazione dal latino, es Munirulis da:
Monerula = gazza;
oppure:
Munire = fortificare.
L’abitazione di questa stirpe era circondata da un’alta cinta, aveva l’aspetto di una
fortificazione ed era perciò comunemente soprannominata “Vatican”. Questo fatto induce a
privilegiare la derivazione del soprannome da “munire”.
Anche l’approssimata grafia dei soprannomi, qui riprodotta senza variazioni, denota il
grossolano tentativo di conversione del suono primigenio:
o Bochion ≈ Bocion (sboccato)
o Buzulite diminutivo di Bùssul ≈ Bùzzul (bicchiere) ?
o Cigar ≈ Sigar (sigaro)
o Chiandele ≈ Ciandele (candela)
o De Lunge ≈ De Lùngie (della lunga)
o Gnoch = Gnòc ≈ docile, tranquillo, sempliciotto ? ≈ nomignolo
dispregiativo di Tedesco ?
o Grif = Grêf (greve)
o Jache = derivazione da Jacum, Giacomo (Indiv.cod. 910)
o Menisi, Menizil, Menizi ≈ Menìssul (germoglio che ha già un certo
sviluppo)?
o Nicul ≈ Nìciul (culla, altalena)
o Quaggio ≈ Quàcio (quatto, tranquillo)?
o Zeche ≈ Sècie (secca) ? ≈ Zècie (germoglio di buon getto) ?
Si registra anche il fenomeno della non continuità di un soprannome che, per una sorta di
filiazione, dava origine a diramazioni che generavano nuove famiglie (es. Menizi → Brighe,
Tonan, Chiotul oppure Chiotul → Capìte).
In un registro anagrafico di Portis del 1854, che spazia dall’ultima decade del 1700 al 1880,
sono elencate le famiglie residenti, il numero civico della loro abitazione - indicato senza
distinzione tra Portis e Piani di Portis - ed i soprannomi.
Per i Valent si contano ben 58 soprannomi differenti:
In genealogia sono pure annotati molti altri soprannomi, a volte di curioso ed interessante
significato, che non identificano una dinastia ma sono esclusivamente personali e che
possono interessare al massimo la sola generazione successiva. (es. Brusecjasis, Fugio,
Morite, Tonore, Zuet, Zuncule, ecc.)
Osservazioni di carattere generale
o In questa genealogia, che conta 6507 individui e 2811 famiglie, si trovano compresi
tutti i Valent originari di Portis, Pioverno e Venzone fino a oltre il 2000 e sono
registrate solo una o due generazioni dei discendenti dalla linea femminile del casato.
o I cognomi che si intrecciano per matrimonio con i Valent e che appaiono nella
discendenza del ramo femminile, sono:
o In alcuni casi tra i libri delle Curazie di Portis e Pioverno e quelli della Parrocchiale di
Venzone - che per prevalenza gerarchica trascriveva nei suoi registri anche i dati
delle chiese filiali - non c’è conformità. Si sono privilegiate le annotazioni delle
Curazie perché registrate direttamente e non frutto di trascrizione successiva. Anche i
padrini ed i testimoni a volte sono diversi e tuttavia sono stati tutti menzionati.
o Le date di nascita non desunte dai registri dei battesimi ma ricavate da quelli
anagrafici, di matrimonio, ecc., possono essere leggermente imprecise. Esse infatti
rappresentano solitamente il momento più importante dell’origine dei cristiani che non
era quello della nascita ma quello della “Rinascita alla Grazia” ovvero del primo
sacramento.
o Nei registri più antichi le date di morte e di sepoltura non sono distinte ed è forse
privilegiata quella della tumulazione che rappresenta formalmente la discesa agli
inferi, il luogo che, secondo Socrate, si divideva in due poli: i Campi Elisi dei beati ed
il tartaro, il friulano “boboros”, dei malvagi.
Il momento dell’inumazione è forse favorito perché raffigura l’inizio della risurrezione
cristiana, dell’apocatastasis ovvero del percorso salvifico universale nel segno di
Giona (Aquileia, mosaico dell’aula Teodoriana).
o Le parrocchie ospitanti erano solite notificare a quelle di origine gli eventi che
riguardavano gli individui nati altrove. Questa consuetudine si è andata attenuando e
quindi i dati non trovati nei libri, ma direttamente comunicati dagli interessati possono
essere incompleti o contenere degli errori. La carenza di notifica riguarda a volte le
nascite ma soprattutto i battesimi e gli altri sacramenti. Paradossalmente, un registro
impreciso è più attendibile della memoria.
o Nelle “Note” si trovano registrati i richiami per la ricerca bibliografica: Paese =
Parrocchia – Registro, pagina, N° progressivo, ecc.
o L’età del matrimonio per le donne si aggira normalmente tra i 15 ed i 23 anni, per gli
uomini dai 25 ai 54 anni. Numerose sono le annotazioni del consenso paterno per le
spose minorenni.
o Appaiono frequenti i casi in cui l’età della moglie risulta sensibilmente maggiore 17
rispetto a quella del consorte. Forse per il marito emigrante e lungamente assente la 17
maturità della donna - che doveva prevalentemente dedicarsi a fare “pan, fruz e
liscìe” - rappresentava un elemento di maggiore affidabilità.
o Il sagrestano ed il suo aiutante furono per un lungo periodo i “copari dal anèl” di tutti
gli sposi del paese, infatti furono i soli testimoni di nozze ammessi e ritenuti
“istituzionali”; soltanto nel corso del 19° secolo ad uno dei due poté subentrare un
parente oppure un amico degli sposi ed a volte questi non aveva ancora raggiunto la
maggiore età.
o Il numero di figli per famiglia varia da un massimo di 12 dei tempi più remoti, si attesta
nel medio periodo sui 6 ÷ 8 e si riduce ad 1 ÷ 2 nei tempi più recenti.
Si nota che gli sposi minorenni, a causa della loro lunga fertilità, danno origine alle
figliolanze più numerose.
o Il Battesimo veniva somministrato fino ai primi anni del 1800 entro la giornata della
nascita o al più tardi entro il giorno successivo. In seguito l’intervallo tra nascita e
battesimo si allungò fino a otto e più giorni raggiungendo e superando, dopo il 1960,
anche i tre mesi.
o I figli illegittimi, nati fuori del matrimonio, venivano a volte battezzati con sveltezza,
quasi alla chetichella, in ore antelucane e, sovente, con l’assistenza di un solo
padrino.
o Il numero dei bambini nati fuori dal matrimonio appare sensibile, favorito forse dal
limite minimo di età imposto per il matrimonio a coloro che erano arruolati nelle forze
di pubblica sicurezza (carabinieri, finanzieri, ecc.). Questi pargoli, a seguito delle
nozze della madre, solitamente venivano:
- legittimati se lo sposo era il padre naturale;
- adottati se lo sposo non era il padre naturale.
Essi, per carenza di aggiornamento dei registri parrocchiali figurano a volte
disordinatamente indicati con il cognome della madre o quello del padre. 18
Un’indagine nei libri comunali potrebbe risultare interessante ed avvalorare la 18
tesi che per gli atti di legittimazione e di adozione si privilegiasse, a causa della loro
importanza civilistica, la registrazione in Comune.
Mortalità infantile:
< ad 1 anno: 15 %
nel 1° anno: 7 %
nel 2° anno : 3,3 %
dal 3° al 5° anno: 3 %
____________
28,3 % nei primi 5 anni di vita
Mortalità generale:
da 0 a 9 anni: 30,15 %
da 10 a 19 “ : 3,6 % }
da 20 a 29 “ : 5,14 % }
da 30 a 39 “ : 4,4 % } 27,24 %
da 40 a 49 “ : 6,1 % }
da 50 a 59 “ : 8 % }
da 60 a 69 “ : 13,2 % }
da 70 a 79 anni: 15,5 % } 40,4 %
da 80 a 89 anni: 11,7 % }
da 90 a 99 anni: 1,9 %
Nei secoli scorsi e fino ai primi decenni del 1900 - per carenze igieniche,
sanitarie, alimentari, ecc. – si registrava una sorta di selezione naturale dei
nati e, durante l’infanzia, quasi un terzo di essi periva.
La mortalità delle puerpere era tanto elevata da passare in proverbio: “Une
fèmine ha vièrte la sepoltùre par cinquànte dîs dopo il part”.
Circa il 60 % degli individui sopravvissuti in quel contesto temporale ed
ambientale risulta però particolarmente longevo.
Si rileva che la mortalità prematura tra i figli illegittimi è più alta di quella dei
figli legittimi.
La mortalità non mostra impennate particolari per l’attraversamento dei
periodi bellici.
C’è notizia di qualche decesso, avvenuto lontano dal paese natio – anche in
Ungheria – mentre viene prestato il servizio militare nell’esercito imperiale
austroungarico.
La peste del 1629 (vedi pag. 23 “Prezzi granaglie”) sembra l’evento più falcidiante
verificatosi nel Comune, superiore all’epidemia di colera che imperversò a
metà del 1800 e forse più cruento del devastante terremoto del 06 maggio
1976.
Centenari:
Paola Salandino (I 44) moglie di Giovanni Valent (I 5), mori nel 1671;
Giacomo Valent (I 837), n.28.03.1756 - m. 02.04.1856.
o L’analfabetismo sia maschile che femminile è molto diffuso fino agli inizi del 1900. Nel
1881 in provincia di Udine il 62,45 % della popolazione era illetterata.
o La sopravvivenza delle famiglie, che doveva essere abbastanza difficile, era affidata
frequentemente al reddito derivante dall’emigrazione dei capi famiglia, prima
nell’Impero Austro-Ungarico “lis Giermaniis”, in Romania, in Serbia, poi nel XX sec.
anche verso il Belgio e soprattutto la Francia mentre verso la Svizzera, in dissonanza
con il resto del Friuli, non si registrò alcun flusso migratorio. Il Belgio e la Francia
durante la Grande Guerra avevano subito gravi distruzioni ed i nostri emigranti -
prevalentemente muratori, fornaciai, carpentieri e manovali - trovarono facile impiego
nella ricostruzione. La Svizzera - che grazie alla sua neutralità ed alla sua funzione di
banca per tutti i traffici si era giovata del periodo bellico per acquisire prosperità –
assorbiva invece prevalentemente manodopera per le sue manifatture trovandola nel
resto del Friuli.
Fondamentale contributo veniva pure dal faticoso lavoro delle donne e dalla loro
oculata amministrazione delle poche sostanze.
Nelle famiglie disunite dall’emigrazione le mogli surrogavano i mariti caricandosi di
responsabilità rilevanti e primarie inconsuete per il genere femminile disegnando
così, con largo anticipo, quell’emancipazione che le donne in Europa conquistarono
solo durante la Prima Guerra Mondiale allorché dovettero forzatamente sostituire in
molte attività il personale maschile chiamato alle armi.
Si intuisce pure che la struttura patriarcale costituiva un pilastro economico
fondamentale per la famiglia e che, anche se di difficile gestione “ tociave gloti amâr
e spudâ dolz”, non creava problemi di convivenza degni di essere registrati.
o Fino ai primi decenni del 1900 si registra la frequente pratica del levirato, antica
usanza del popolo ebraico e di altri popoli semitici, secondo la quale, se un uomo
sposato moriva senza figli, suo fratello o il suo parente più prossimo doveva sposare
la vedova ed il loro figlio primogenito sarebbe stato considerato legalmente figlio del
defunto.
La motivazione addotta per questa legge era quella di assicurare al defunto una
discendenza, cosa che era ed è tuttora ritenuta di grande importanza tra i popoli
semitici. Essa però aveva anche un’altra importante funzione sociale, quella di
garantire un marito alla vedova che, in una società in cui le donne non potevano
lavorare, aveva bisogno di un uomo il quale, traendola da una situazione di assoluta
precarietà, provvedesse al suo sostentamento.
Il levirato nella nostra terra era tuttavia sostanzialmente diverso, esso non era
obbligatorio ed era applicato anche in presenza di eredi naturali del defunto,
insomma era motivato prevalentemente da ragioni di sostentamento dei famigliari
sopravvissuti ed era comunque soggetto a dispensa in quanto i cognati che si
univano in matrimonio erano assimilati a parenti di 1° -
Il nostro levirato, seppure dissimile, è una traccia concreta dell’esistenza dei forti
legami che abbiamo con le radici giudaico-cristiane che sono alla base della nostra
storia e della nostra cultura.
o L’emigrazione sia interna che esterna, in origine di tipo stagionale, nel XX secolo si
trasforma anche in stanziale e, in molti casi diventa definitiva.
Il cordone ombelicale con il proprio paese di origine tuttavia non viene reciso anzi,
in alcuni casi, si consolida battezzando i figli, nati altrove, presso il proprio fonte
natio e frequentemente, anche chi è emigrato in modo definitivo, quando decede, si
fa inumare nel camposanto dove riposano i suoi avi.
o L’effetto delle Leggi Razziali del 1938 fa capolino nella registrazione del matrimonio
tra Lucio Valent ed Antonia Clara Zamolo (24.02.1940) che vengono dichiarati
entrambi “di razza ariana e cittadinanza italiana” (cod. F 1934 – Portis Reg. Matrim.9
– pag 48 N° 48) e ciò ben prima del 1943 e dell’occupazione tedesca.
20
o Dall’analisi delle date di nascita, morte ed a volte di matrimonio appare una ripetuta 20
ma misteriosa simmetria, ovvero gli eventi accadono a distanza di anni nello stesso
giorno (es. nascita il giorno 13 e morte il 13) o nel medesimo mese (es. nascita in gennaio
e morte in gennaio).
Gradi di parentela:
1. nella linea retta il grado si calcola contando le persone fino allo stipite comune, senza contare il
capostipite;
2. nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti sino allo
stipite comune (da escludere) e da questo discendendo all’altro parente.
Curiosità storiche
I sacerdoti generalmente erano i soli soggetti alfabetizzati di una comunità e svolgevano
perciò anche la funzione di cronisti della loro epoca riportando “a futura memoria” gli
accadimenti particolari o degni di nota.
La collocazione di queste annotazioni appare diversa e singolare, apparentemente legata
alle due componenti dell’essere umano: anima e corpo.
Ciò che l’uomo alla sua morte deve abbandonare, non può portare con sé nell’aldilà, le cose
del “corpo”, ciò che non ha avuto in proprietà ma soltanto in temporaneo possesso, ciò di cui
è stato protagonista oppure soltanto - e forse ignaro - testimone, venivano registrate sul libro
dei morti quasi ad evidenziarne la caducità e sancirne la separazione.
21
La fondazione o la benedizione di una nuova chiesa invece era assimilata alle cose
“dell’anima”, alla rinascita battesimale, era un lascito ai posteri ed un auspicio e quindi veniva
21
segnata sul libro dei battesimi.
14.03.1605: funerale del papa Clemente VIII, il cui pontificato fu adombrato dalle
vicende di Giordano Bruno e Beatrice, Lucrezia e Giacomo Cenci. (Venzone – Morti 1°
Reg.)
30.06.1611 – ore 22: Giobatta Voraio, sacerdote di 29 anni, fu trucidato alle ore 22
presso la casa di Odorico Polli da Giuseppe e Leonardo Fadi. (Venzone – Morti 1° Reg.)
25.01.1638: a Pioverno andarono a fuoco 4 case, ad uno “Michul” non restarono
neppure gli stracci per coprirsi. (Venzone – Morti 2° Reg.)
27.05.1824: Giobatta Valent ( I 671) f. di Giovanni ed i capi famiglia di Pioverno si
impegnano a pagare il sacerdote per l’insegnamento della dottrina nel loro borgo.
Domenica 10.11.1851: alluvione del Fella.
“Buona parte dei ponti sopra Dogna franarono ed il legname ostruì e ruppe i ponti”
(a valle?). Nella Parrocchia di Dogna morirono 13 persone. (Portis - Morti 7° Reg.)
07.08.1855: primo caso di morte per colera a Portis. Si trattava di Canciano Zamolo f.
di Nicolò “Sat” e Caterina Pascolo f. di Canciano. Fu sepolto di notte senza le
consuete cerimonie. (Portis – Morti 7° Reg.)
14.09.1855: don Felice Tavoschi di Comeglians, parroco di Venzone, morì di colera.
(Portis – Morti 7° Reg.)
01.09.1859: don Pasquale Della Stua, Arciprete di Moggio, su mandato della Curia
Arciv., benedisse il nuovo cimitero di Portis. (Portis – Morti 7° Reg.)
03.03.1863: Mons. Baldassarre De Giudici, ex Curato di Portis ed effettivo Canonico
dell’insigne Collegiata di Cividale, su delega della Curia Arciv., sede vacante, benedì
e pose la prima pietra della nuova parrocchiale di Portis. (Portis – Battesimi 7° Reg.)
27.02.1876, domenica: don Pasquale Della Stua, Canonico Udinese, abate di
Moggio, benedì la nuova Chiesa di Portis ed ufficiò il primo rito sacro. (Portis – Battesimi
7° Reg.)
12.03.1876: l’Arciv. di Udine Andrea Casasola consacrò la nuova chiesa di Portis ed
assegnò, per la ricorrenza del rito, la 2^ domenica dopo Pasqua. (Portis – Battesimi 7°
Reg.)
Agli ultimi di gennaio 1878 partirono per l’America:
- Pietro Bellina f. di Pietro “Cromazio” di 36 anni, ammogliato;
- Andrea Limerutti f. di Carlo “Scaiole” di 31 anni, vedovo. (Portis – Morti 7°
Reg.)
Alla fine di gennaio 1879 Lucia Foraboschi fu Daniele, 22 anni, di Moggio, seguì il
marito Pietro Bellina in America. (Portis – Morti 7° Reg.)
1885: i capi famiglia di Pioverno si impegnano a corrispondere al sacerdote per
l’insegnamento della dottrina da farsi nel loro borgo quanto convenuto nell’ultimo
contratto del 1883.
26.01.1928: inaugurazione della Chiesa dei Piani di Portis dedicata a S. Pietro
Apostolo.
01.06.1943. presso l’Ist. Rizzoli di Bologna morì Arturo Clapiz f. di Leonardo ed Olivia
Piva, Sergente Maggiore Artiglieria Julia di 30 anni, ferito sul fronte Russo - primo
caduto di Portis nella 2^ guerra mondiale. (Portis – Morti 8° Reg.)
21.07.1943: l’aviere Vittorio Valent f. di Pietro “Gustinello” e Domenica Valent, di anni
25 circa, morì a Rodi. (Portis – Morti 8° Reg. – pag. 149 N° 15)
04.02.1947: a causa di una forte nevicata si ruppero i cavi dell’alta tensione e quattro
persone rimasero fulminate nella neve: Attilio Di Bernardo “Chisse” – Assunta Bulfon
– Giacomo Bellina “Verdure” – Matilde Di Bernardo. (Portis – Morti 8° Reg.)
Franco Valent “Gustinello” mi ha inviato questo ricordo:
”Avevo nove anni e in quel giorno, era di domenica, ero andato da mia nonna
Giovanna Valent “Ninai” che abitava con mia zia Angelina Temporal a Portis
nell`ultima casa della “stréte de fontane”, di fronte alla casa di Nando. La “stréte”
faceva poi una curva a sinistra dove incominciavano gli scalini per andare alla chiesa.
Sopra queste case passava l’elettrodotto dell´alta tensione.
Era caduta molta neve e, come si apprese molto tempo dopo, a causa della rottura di
un isolatore un cavo cadde a terra senza che nessuno si accorgesse e rimase
coperto dalla bianca coltre proprio nella curva della “strette”.
Le prime persone che passarono, ignare, rimasero fulminate dai 20000 Volt.
Io stavo per andare in Chiesa quando sentii gridare.
Uscii precipitosamente di casa e vidi una scena agghiacciante: tre persone erano a 22
terra riverse ed una quarta si dimenava tra gli spasmi urlando. 22
La porta di casa distava circa quindici metri ed istintivamente mi diressi verso quella
persona che si dibatteva per aiutarla e capire quello che stava succedendo.
Avevo fatto appena tre o quattro passi quando mi sentii attratto da una forza immane,
caddi a terra scosso da convulsioni, dolore e sussulti in tutto il corpo.
Urlavo di terrore.
Qualcuno mi afferrò per i piedi e mi recuperò salvandomi. Era Nando che, richiamato
dalle grida, immaginò quanto stava succedendo.
Sembra un brutto romanzo, morirono 4 persone e mia zia e Nando si
salvarono per miracolo.
Non credo che i famigliari delle vittime abbiano riscosso alcun indennizzo.
Mia zia ebbe sempre il terrore dell’elettricità ed una certa debolezza di cuore, fu
perseguitata da incubi anche in età avanzata ed ogni volta che raccontava l’accaduto
era scossa dal pianto. „
10.10.1965: Caduti di Portis nella Guerra 1915 ÷ 18 e registrati sulla campana grande
di S. Rocco:
1. Bellina Angelo 11. Ferrario Simeone
2. Bolt Giovanni 12. Foraboschi Pietro
3. Bolt Antonio 13. Goi Massimo
4. Di Bernardo Lodovico 14. Limerutti Giovanni
5. “ “ Domenico 15. Tonussi Valentino
6. “ “ Italico 16. Treu Pietro
7. “ “ Leonardo 17. Zamolo Francesco
8. “ “ Taddeo 18. “ Giobatta
9. “ “ Guerrino 19. “ Pietro
10. De Michielis Antonio 20. “ Pietro
Prezzi granaglie
Alcune delle tabelle sotto riportate rappresentano una vera rarità e costituiscono uno strumento prezioso per l’analisi storica e
statistica della vita nel nostro territorio.
Prezzo medio al 30.06.1628 a Udine (già fortemente influenzato dalla grande carestia dell’epoca) – Archivio Comun. BCU, b 242 (*)
Frumento Segala Avena Sorgo turco Miglio Saraceno Sorgo rosso Fava
£ / Staio 19 15 10 12 12 10 8 14
Lo staio friulano corrispondeva a 73,16 litri e si divideva in 6 persenali. La conversione tra unità di volume ed unità di peso per il
frumento seguiva questa regola: 1 staio = 120 libbre grosse x 477 g/cad. = 57,24 Kg.
23
23
Venzone, [Reg. Morti 2 (05.02.1618 ÷ 24.11.1641). pag. 85, N° 78] – Mercoledì 05.06.1629 (1)
Il sacerdote Claudio Voraio, ammalato con “febbre e petecchie” raccontò la grandissima carestia che colpì il paese in quel tempo.
Era in corso la guerra del Monferrato con la discesa del Re di Francia in soccorso del Duca di Mantova ed era anche l’epoca della
peste descritta da Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”. Per documentare la gravità della situazione don Voraio registrò i
prezzi astronomici che, a causa della carestia e della peste, furono raggiunti dalle granaglie e dai fagioli.
La popolazione, non avendo i mezzi per comperare il cibo, si nutriva di crusca e ghiande e moriva, forse anche per costipazione,
cadendo in strada. I morti furono 26 in giugno, 20 in luglio, 13 in agosto e don Voraio a causa delle sue precarie condizioni di
salute si sottrasse alla consueta e puntuale registrazione dei decessi limitandosi ad elencare semplicemente i nomi delle vittime.
Frumento Segala Sorgo turco Miglio Saraceno Sorgo rosso Fava Fagioli
£ / Staio 50 ÷ 60 36 ÷ 40 35 ÷ 40 27 ÷37 24 > 20 ÷ 24 33 > 33
Prezzi pagati nel 1671 dagli arciducali (Relaz. di Francesco Grimani Provveditore Generale della Patria del Friuli e Governatore di Palma)
Frumento Vino
Soldi / Staio 16 Soldi / conza 21
Prezzi di Mediocrità rilevati sulla piazza di Udine: (da archivio di S. Margherita del Gruagno)
Anno Frumento Segala Avena Sorgo Turco Miglio Sorgo rosso Orzo pil. Orzo dec. Fagioli Vino
1848 16,49 10,1 10,43 10,48 6,02 20,27 9,14 15,13 15,54
1849 13,89 9,13 9,18 7,7 4,2 15,9 9,61 9,95 15,04
1850 13,15 9,22 8,73 8,49 5,09 14,02 8,37 8,2 16,54
1851 13,29 8,75 9,03 9,33 6,04 13,18 7,07 10,53 33,08
1852 14,93 10,15 8,19 9,62 5,78 13,53 7,25 9,04 36,19
1853 21,8 14,3 11,66 16,21 7,18 26,38 12,9 21,02 58,67
1854 22,16 15,45 9,8 17,81 6,88 21,58 10,82 15,6 70
1855 22,49 15,1 11,62 11,25 5,26 20,61 10,58 13,32 72,5
1856 20,6 12,06 10,78 11,13 6,76 21,57 11,07 14,46 46,76
1857 16,9 9
1858 14 9
1859 16 9
1860 14,25 9,24 15,2
L’unità di misura non è espressa
=================================
(*) Bibliografia: Alessio Fornasin – “Il mercato dei grani di Udine. Indagine per una storia dei prezzi in Friuli (se. XVI ÷ XVIII)”.
(1) Questa annotazione attesta che in quell’anno vi fu forse una pandemia di tifo petecchiale oppure che la peste si era diffusa in
Friuli già nel 1629 contrariamente a quanto Giuseppe Marchetti in “Friuli. Uomini e tempi” nella biografia di Ciro di Pers scriveva:
«Nel 1631penetrava in Friuli la peste bubbonica che fino all’anno prima aveva desolato Milano, come si legge nei “Promessi
Sposi„, e turbe di lupi affamati discesero dai monti seminando stragi nei paesi: Ciro di Pers cantò in rima quegli orrori, allargando il
suo poetico lutto a tutta l’Italia.»
Altre fonti attestano che il Friuli, negli anni 1629 e 1630 fu colpito da una terribile carestia, le febbri malariche falcidiarono la
popolazione e l’epizoozia provocò la morte di moltissimi animali. Ad Udine affluirono torme di affamati e molti perirono per
inazione. La fuga contagiò tutti e molti friulani ripararono anche a Venezia tanto che i veneziani chiamarono il 1629 «l’anno dei
furlani».
Consiglio dell’Economia provinciale di Udine – Prezzi medi all’ettolitro ed al quintale del decennio 1918 ÷ 1927 (Legge 11
giugno 1925 N° 998: (da archivio di S. Margherita del Gruagno)
Media 90,48 119,66 69,81 94,68 40,89 90,23 64,32 89,018 26,673 53,341 172,345
Venzone:
Battesimi
Libro 1 e 2 + 4 frammenti 03.02.1551 ÷ 1750
“ 3 04.01.1594 ÷ 30.04.1608
“ 4 03.05.1608 ÷ 03.02.1642
“ 5 1633 ÷ 1658 (per famiglia)
“ 6 1573 ÷ 1612 (per famiglia)
“ 7 26.04.1712 ÷ 21.01.1743 (nessun Valent)
“ 8 31.01.1743 ÷ 14.03.1767
“ 9 19.03.1767 ÷ 27.12.1794
“ 10 1795 ÷ 1819 (per famiglia)
“ 11 1819 ÷ 1833 (per famiglia)
“ 12 21.03.1837 ÷ 01.06.1857 25
“ 13 1859 ÷ 1886 25
“ 14 1887 ÷ 1900
“ 15 1901 ÷ 1910
“ 16 1911 ÷ 1920
“ 17 1921 ÷ 1939
“ 18 1939 ÷ 1950
“ 19 1951 ÷ 1979
“ 20 1980 ÷ 2003
Matrimoni
Libro I e II 1626 ÷ 1750
Libro III e IV 25.04.1594 ÷ 27.01.1642 (nessun Valent)
“ V 02.03.1642 ÷ 09.02.1712
“ VI 1712 ÷ 1795
“ VII 27.01.1796 ÷ 30.01.1850
“ VIII 15.07.1815 ÷ 15.10.1840
Reg. 9 22.11.1840 ÷ 31.12.1857
“ 3 1858 ÷ 31.08.1871
Libro VIII 1851 ÷ 1900
“ IX 1901 ÷ 1910
“ X 1911 ÷ 1929
“ XI 1930 ÷ 1939
“ XII 1939 ÷ 1949
“ XIII 1950 ÷ 1975
“ XIV 1976 ÷ 1992
Morti
Libro 1 1594 ÷ 1618
“ 2 02.1618 ÷ 24.11.1641
“ 3 04.03.1642 ÷ 31.03.1712 (Nessun Valent)
“ 4 16.03.1712 ÷ 28.12.1742
“ 5 02.01.1743 ÷ 25.08.1770
“ 6 29.08.1770 ÷ 30.07.1835
“ 7 02.10.1835 ÷ 26.12.1860
“ 8 1861 ÷ 1900
“ 9 1901 ÷ 1910
“ 10 1911 ÷ 1920
“ 11 1921 ÷ 1972
“ 12 1972 ÷ 1993
Matrimoni
Libro 1 1962 ÷
26
Morti
Libro 1911 ÷ 1949
26
Portis:
Battesimi
Libro 1 1613 ÷ 1628 *
“ 2 1652 ÷ 1668 **
“ 3 1668 ÷ 1721 ***
“ 4 1722 ÷ 1755 ****
“ 5 1755 ÷ 1777
“ 6 1778 ÷ 1826
“ 7 1826 ÷ 1882
“ 8 1883 ÷ 1910
“ 9 1911 ÷ 1952
“ 10 1953 ÷ 2003
I ÷ II 1758 ÷ 1776
III ÷ IV 1759 ÷ 1852
Matrimoni
Libro 2 1650 ÷ 1666 vedi **
“ 3 1666 ÷ 1722 vedi ***
“ 4 1722 ÷ 1735 vedi ****
“ 5 1757 ÷ 1776
“ 6 1778 ÷ 1825
“ 7 1826 ÷ 1910
“ 8 1911 ÷ 1929
“ 9 1929 ÷ 1963
“ 10 1963 ÷ 2007
Morti
Libro 1 1602 ÷ 1630 vedi *
“ 2 1650 ÷ 1666 vedi **
“ 3 1666 ÷ 1722 vedi ***
“ 4 -
“ 5 1755 ÷ 1776
“ 6 1778 ÷ 1826
“ 7 1826 ÷ 1910
“ 8 1911 ÷ 1961
“ 9 1962 ÷ 1997
N.B.: I primi 4 libri di Battesimo di Portis, contrassegnati da asterischi, contengono anche le registrazioni dei matrimoni e dei morti.