Sei sulla pagina 1di 41

1:

I RAPPORTI FRA LO STATO E LE CONFESSIONI RELIGIOSE

IL CESARO-PAPISMO

Con l’espressione Cesaro-papismo si intende la coincidenza fra la suprema autorità


spirituale e quella temporale,uno stato di coincidenza fra potere politico ed
ecclesistico.Siffatto sistema caratterizzò l’impero romano e non cessò con la
dichiarazione della religione cristiana come religio licita con gli editti di Milano e di
Nicomedia emessi nel 313 da Costantino e da Licinio.Gli imperatori romani,come
erano stati pontefici massimi del paganesimo divennero i moderatori della nuova
religione.Il cesaro-papismo cessò nell’Europa occidentale con la fine dell’impero
romano d’occidente ma persistette nell’impero di Bisanzio fino al suo crollo,nel
1453.Da allora il cararo-papismo emigrò ancor più a est poiché,essendo il
cristianesimo degli slavi di origine bizantina,tale sistema caratterizzò la monarchia
zarista e dunque ebbe fine con il suo crollo,nel 1917.

IL GIURISDIZIONALISMO

Per giurisdizionalismo si intende la prevalenza della giurisdizione statale su quella


ecclesiastica,la subordinazione della Chiesa allo Stato,ed è il termine con cui in Italia
si designano i sistemi nati in Europa nel periodo intercorrente fra la pace di Augusta
(1555) e quella di Westfalia (1648)quali il territorialismi in Germania o il
giuseppinismo in Austria.Tradizionalmente,i poteri propri dei sistemi
giurisdizionalisti vengono divisi in due categorie:

-poteri volti a proteggere la chiesa

-poteri volti a proteggere lo Stato dalle influenze della Chiesa.

Si tratta di iura maiestatica circa sacra e ,negli stati potestanti,anche in sacris,poteri


pubblicistici rientranti fra le prerogative del sovrano

Alla prima categoria appartengono:

1-ius protectionis=potere dello stato di difendere l’unità della chiesa e la purezza


della fede contro ogni tentativo di eresia,apostasia o scisma;

2-ius reformandi=negli stati cattolici,in cui il sovrano si riconosceva solo iura circa
sacra,consisteva nel potere di introdurre nella Chiesa quelle riforme ritenute
necessarie,mentre negli stati protestanti,in cui il sovrano si riconosceva iura in
2:
sacris,consisteva anche nel potere di intervenire a modificare l’organizzazione
interna della Chiesa,e nel potere di mutare la religione dei sudditi.

Alla seconda categoria appertenevano:

1-ius nominandi=potere del sovrano di intervenire in vario modo nella nomina di


funzionari ecclesiastici,in particolare dei vescovi

2=ius exclusivae=la partecipazione anzidetta si aspletava dichiarando minus grata la


persona nominata;

3=exequatur o pareatur (o placitazione)=potere in virtù del quale tutti gli atti


ecclesistici dovevano ricevere l’approvazione dello stato:senza di essa non
avrebbero avuto neppure efficacia canonica;

4=sequestro di temporalità=potere di sequestrare beni appartenenti ad istituti


ecclesisitici,se si riteneva che fossero male amministrati o amministrati contro gli
interessi dello stato;

5=ius appellationis=diritto di ecclesiastici e fedeli di appellersi al sovrano contro


sentenze o atti dell’autorità ecclesiastica ritenuti lesivi dei propri interessi o di quelli
dello stato;

6=ius dominii eminentis=spettante al sovrano su tutto il territorio dello stato ed in


virtù del quale,per il rapposro enfiteutico,i sudditi eranocondiderati solo domini utili
dei loro beni,

7=ius inspiciendi=generale potere di controllo del principe sulle istituzioni


ecclesiastiche.

LA TEOCRAZIA

Sistema di soggezione dello Stato alla Chiesa,mai pienamente realizzatosi


nell’esperienza giuridica dell’Europa occidentale.Le tesi teocratiche poterono esser
fatte valere dalla Santa sede nel periodo della sua maggiore potenza,cioè fra l’inizio
del pontificato di Gregorio VII-1073 e la fine di quello di Bonifacio VIII-1303,come
risulta da due importanti documenti,il Dictatus Papae del primo e le bolla Unam
Sanctam dell’altro.Quella teorizzata era la Potestas directa in temporalibus,in virtù
della quale si riteneva che tutte le potestà esercitabili sulla terra spettassero al
Papa,che riceveva il compito di esercitarle direttamente da Dio:tutte le altre autorità
3:
agivano per delegazione del Papa.Una simile tesi non fu più sostenibile con
l’indebolimento dell’autorità papale e la rottura dell’unità dei cristiani d’occidebte
con la riforma.In epoca immediatamente successiva al concilio di Trento,Roberto
Bellarmino teorizzò,nella sua opera De Summo Pontifice,la Potestas indirecta in
temporalibus:ossia il potere della chiesa:

di regolare con le proprie leggi anche i rapporti civili;

di sciogliere i fedeli dall’obbligo di osservare leggi contrarie agli interessi della Ciesa;

di premere indirettamente sui governanti affinchè siffatte leggi non siano emanate;

L’opera di Bellarmino fu messa all’indice ma oggi,e da tempo,la potestas indirecta


è,con il nome di potestas mediata,l’unica che la Chiesa si riconosca.

IL SEPARATISMO

Il separatismo è un sistema de-istituzionalizzato,o come è stato definito,un non-


sistema,dei rapporti fra lo stato e la chiesa,basato sulla separazione fra le due
entità.Il separatismo è stato oggetto di varie teorizzazioni,che hanno dato luogo ad
altrettanto variegate esperienze.L’idea separatista fu propugnata inizialmente per
proteggere la Chiesa,tutelandone gli interessi,eventualmente anche contro quelli
dello Stato.Dopo la Riforma fu sostenuta dagli Anabattisti in Germania e dagli
Indipendenti e Congregazionalisti in Inghilterra,paese in cui il maggior teorico del
separatismo fu Milton.Le idee propugnate da tali correnti sono riassumibili in
queste:la Chiesa può essere governata solo da Cristo,ogni pretesa di governo di essa
da parte dello stato è blasfema;lo Stato deve uniformarsi alla legge divina,altrimenti
è opera malefica.Più precisamente,Milton sosteneva che la Chiesa dovesse svolgere
la propria attività con le libere contribuzioni dei fedeli,e che il patrimonio
ecclesiastico dovesse essere destinato alla realizzazione di opere di pubblica
utilità.Tuttavia vi fu grande differenza fra la teoria e la prassi:quando Cromwell,il
capo degli Indipendenti,prese il potere,concesse grande libertà ai dissidenti ma
mantenne la chiesa ufficiale,fondata da Enrico VII ed Elisabetta I.A loro volta i
congregazionalisti inglesi (i “pellegrini”),quando emigrarono nel Massachussetts
fondarono una colonia puritana di stampo teocratico,non separatista.Gli altri paesi
europei toccati dall’ideologia separatista svilupparono due tendenze
antitetiche:quella anticlericale (come avvenne nell’URSS),e l’attitudine a concedere
privilegi ad una confessione religiosa (spesso quella romano-cattolica)
4:
Il separatismo in Italia→in Italia il separatismo non fu frutto di autoctone
teorizzazioni circa il rapporto fra lo stato e la chiesa,ma piuttosto un mezzo politico
per risolvere la cd questione romana.La sua teorizzazione si deve a Cavour,ed è
compendiabile nella celebre formula “libera chiesa in libero stato”.Comunque il
separatismo non ha avuto in Italia grande applicazione,fino alla stipula dei Patti
Lateranensi i rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono stati improntati piuttosto ad un
giurisdizionalismo liberale.Il separatismo è stato termine di un dibattito apertosi,agli
inizi del XX secolo,fra due giuristi,Ruffini e Scaduto,sul rapporto fra libertà religiosa e
uguale trattamento di tutte le confessioni religiose.Il primo sosteneva che il
separatismo non avrebbe sortito effetti positivi sulla libertà religiosa,in quanto un
uguale regime giuridico,valido per tutte le confessioni religiose non avrebbe attuato
una vera uguaglianza,che sarebbe invece consistita nel dare “a ciascuno il
suo”.Sosteneva invece Scaduto che il separatismo avrebbe attuato una vera libertà
religiosa,trattando tutte le confessioni in modo uguale.Il dibattito in questione fu
coevo al relliement dei cattolici alla vita politica del 1913,ed alla menifestazione
delle convinzioni non concordatarie dell’allora presidente del Consiglio,Giolitti,per il
quale lo Stato e la Chiesa erano due rette parallele,destinate a non incontrarsi
mai.Le tesi separatiste non influenzarono l’elaborazione della Costituzione:il
decennio successivo alla sua entrata in vigore fu caratterizzato da un confessionismo
di fatto che provocò la riproposizione delle tesi separatiste,in chiave
antiecclesiastica,da parte della sinistra laica.Nella seconda metà degli anni ’60 le tesi
separatiste furono riproposte dai cd “cattolici del dissenso” e da laici.Il separatismo
sostenuto dalla dottrina laica si basa sull’idea che un identico trattamento per tutte
le confessioni religiose realizzerebbe una piena libertà religiosa ed una vera
uguaglianza fra i singoli cittadini;conclusivamente possiamo dire che le tesi
separatiste non caratterizzino lo Stato italiano che è,come è noto uno stato
concordatario.

LA POLITICA ECCLESIASTICA ITALIANA

DAL 1848 AL 1922→Parlare di politica ecclesisitica italiana a partire dal 1848,quando


l’unità del paese era ancora lontana,non è insensato perché in quell’anno prese
l’avvio in Piamonte la politica ecclesiastica della Destra,i cui riflessi sul piano
normativo furono poi estesi alle altre regioni italiane.L’art 1 dello Statuto del 1848
dichiarava la religione cattolica la sola religione di Stato,e le altre confessioni
tollerata conformemente alle leggi.Vigeva dunque un confessionismo de iure.Tale
5:
confessionismo statitario venne però contraddetto dal Parlamento subalpino
che,con una legge del 1848 affermò che la religione non poteva essere motivo di
discriminazione nel godimento dei diritti civili e politici e nell’ammissibilità alle
cariche politiche e militari.Ciò riveleva una libertà religiosa e un’uguaglianza fra i
sudditi de facto. Ancor più il confessionismo statutario venne contraddetto
dall’andamento delle trattative con la Santa Sede per la revisione dei vecchi
concordati stipulati con i Savoia:del resto gli anni 1848/49 non erano i migliori per
trattare con la Santa Sede:Pio IX,profugo a Gaeta per le vicende della Repubblica
Romana, non era certo disposto a concessioni.Fallite le trattative,il Parlamento
approvò due delle leggi proposte dal guardasigilli Siccardi,concernenti
rispettivamente l’abolizione di ciò che rimaneva del privilegio del foro ecclesiastico e
l’autorizzazione all’acquisto dei beni ecclesiastici.Furono inoltre soppresse la
Compagnia di Gesù e la corporazione delle Dame del Sacro Cuore.Come si vede,la
Destra,sebbene ispirata da idee liberali,non si sottraeva all’utilizzo di strumenti
giurisdizionalisti per raggiungere i propri scopi.

La debellatio dello Stato pontificio pose il problema della cd “questione


romana”:questa trovò soluzione,peraltro del tutto non condivisa ed anzi assai
avversata dalla Chiesa,con l’emanazione della Legge delle Guarentigie-13 maggio
1871 n 214.

Caduta la Destra Storica nel 1876 non cambiò l’indirizzo liberal-giurisdizionalista


della politica ecclesiastica.Nel 1874 la Sacra Penitenzieria,esercitando la potestas
indirecta in temporalibus,aveva dichiarato non opportuna-“non expedit”-la
pertecipazione dei cattolici alle competizioni elettorali politiche.Tale indirizzo venne
osservato fino al 1905,anno in cui Pio X,con l’enciclica Il fermo proposito,dichiarò
che i cattolici avrebbero potuto partecipare al potere legislativo in casi
gravissimi,per la tutela del supremo bene comune:così il non expedit ricevette un
duro colpo ed andò progressivamente attenuandosi,fino a quando fu
definitivamente abolito,nel 1913,anno in cui ebbe luogo il Patto
Gentiloni,un’alleanza per le elezioni politiche di quell’anno fra le associazioni
cattoliche ed esponenti dei liberali conservatori.

Alla prima guerra mondiale seguì l’irruzione sulla scena politica dei ,partiti di
massa,quali il partito socialista e quello popolare,fondato da don Luigi Sturzo.La crisi
di tali partiti portò all’ascesa del fascismo.
6:
DAL 1922 AL 1947→Il partito fascista,originariamente,non propugnava una
compiuta ideologia politica;quando si presentò alle elezioni nel 1919 parve
comunque caratterizzato da idee anticlericali.Mussolini non ottenne seggi in
quell’anno e quando si ripresentò,alle elezioni del 1921,con le quali ottenne il
mandato parlamentere,il suo programma di politica ecclesistica era decisamente
cambiato:la fusione del partito fascista con quello nazionalista aveva portato il
primo ad assorbire la concezione della religione cattolica del secondo,e cioè di essa
quale religione dei padri e e della tradizione,idonea quale instrumentum regni di
cementificazione dell’unità nazionale.Fu risentendo di questo clima che si
avviarono,nel 1926,le trattative per la stipulazione di quegli accordi che avrebbero
preso il nome di Patti lateranensi.

I PATTI LATERANENSI→Vennero stipulati solennemente,nel palazzo del Laterano,il


13 febbraio 1929,e furono firmati dal Cardinale Gasparri quale rappresentante della
Santa Sede,e da Mussolini quale rappresentante del governo italiano.Constavano di
tre atti distinti:

TRATTATO Riconosceva alla Santa Sede piena


autonomia ed indipendenza,anche quale
soggetto di diritto internazionale,quale
Stato della Città del Vaticano.Indicava
inoltre nella religione cattolica la sola
religione dello Stato italiano.La Santa
Sede riconosceva lo Stato italiano con
capitale a Roma.
CONCORDATO I vescovi erano tenuti a giurarae fedeltà
allo Stato italiano ma alla Chiesa
Cattolica erano riservati consistenti
privilegi:
 Al matrimonio religioso erano
riconosciuti effetti civili e le cause
di nullità rientravano nella
competenza dei tribunali
ecclesiastici;
 L’insegnamento della dottrina
cattolica,definito “fondamento e
coronamento”dell’istruzione
pubblica,diveniva obbligatorio
nelle scuole elementari e medie;
7:
 I preti spretati o colpiti da censura
non potevano ottenere né
mantenere alcun incarico pubblico
nello Stato italiano.
CONVENZIONE FINANZIARIA Con essa lo Stato italiano si impegnava a
risarcire la Santa Sede dei danni infertile
durante l’occupazione di Roma,avvenuta
nel 1870,e ciò attraverso il versamento
di 750.000.000 di lire in contanti ed un
miliardo di titoli di Stato al 5%.

Il Concordato non portò una pace assoluta,e il rapporto fra lo Stato fascista e la
Chiesa cattolica fu sempre ambivalente:il primo infatti,preoccupato che i circoli di
azione cattolica svolgessero attività politica o sindacale,compì spesso azioni
vioolente contro sedi e persone,che si arrestarono solo con un nuovo accordo,nel
1931.Inoltre,se da un lato la Chiesa vedeva con favore iniziative quali la conquista
dell’Etiopia,che ne favoriva l’evangelizzazione,o l’intervento nella guerra civile
spagnola a favore del dittatore Franco,in chiave antagonista delcomunismo ateo,non
potè condividere la politica razzista adottatata dal regime fascista ad imitazione di
quella del Terzo Reich.

Il fascismo fu travolto dalla seconda guerra mondiale:in quegli anni la Chiesa


cattolica fece il suo dovere,tutti coloro che erano perseguitati dai nazifascisti
poterono trovare asilo presso di essa.I partiti cattolici,ed in special modo la
DC,fercero parte del CNL.Alla vigilia delle elezioni per l’Assemblea Costituente e per
il referendum istituzionale,nessun partito della sinistra propose la denuncia dei Patti
o propugnò una politica antiecclesiastica.Nella vicenda circa il richiamo dei Patti
Lateranensi nella Cost,la DC seguì le direttive delle Santa Sede,interessata
ovviamente a far sì che gli accordi venissero confermati anche dal nascente stato
repubblicano,e trovò un alleato nel PCI,intenzionato a salvaguardare la pave
religiosa fra gli italiani.Gli anni successivi all’entrata in vigore della Cost furono
caratterizzati da un confessionismo di fatto che cessò solo con il declino dei governi
centristi,quando la Corte Cost pronunciò,fra il 1957 ed il 1959,quelle sentenze che
ristabilirono la libertà di culto delle minoranze religiose.

GLI ACCORDI DI VILLA MADAMA→il processo che condusse alla revisione del
Concordato del ’29 fu lungo e farraginoso e subì diverse battute
8:
d’arresto.Comunque,tale processo si concluse con la stiplula,nel 1984,degli accordi
di Villa Madama,da parte del cardinale segretario di Stato Agostino Casaroli e
dell’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi.L’accordo fu denominato dalle
parti,nell’intitolazione e nell’art 13 dell’accordo stesso,”accordo di modificazione del
Concordato Lateranense”,per collegarne la formazione al patto del ’29 ed all’art 7
cost.Il legeme con il concordato fu anche confermato con l’adesione alla prassi
internazionele dell’alternanaza delle sedi:poiché il Concordato del ’29 era stato
stipulato nel Palazzo del Laterano,che secondo l’at 5 della legge delle guarentigie era
un bene indisponibile dello Stato italiano destinato al godimento da parte del
Pontefice,il nuovo accordo fu stipulato in territorio italiano.Tuttavia il legema con il
Concordato ebbe caraattere esclusivamente formale:gli accordi di Villa Madama ed
il relativo Protocoll-concernente gli enti ecclesiastici,il loro patrimonio ed i
sostentamento del clero-non conservarono nulla del vecchio concordato.Inoltre le
ragioni che avevano condotto alla stipula dei Patti Lateranensi erano profondamente
diverse da quelle che motivarono gli accordi dell’ ’84:nel primo caso si voleva
utilizzare la religione come instrumantum regni,nel secondo si prese atto della
struttura corporativa della società italiana,quale risultava dagli art 7 ed 8 3 comma
cost.Inoltre vi è una forte differenza quantitatuva fra il numero degli art dei due
accordi:gli accordi di Villa Madama sono assai più prolissi.Il vero fil rouge fra i due
accordi è piuttosto da ravvisarsi nella natura concordataria della soluzione delle
questioni pendenti fra Stato e Chiesa:il primo non vuole imporre alla seconda le
proprie decisioni unilaterali ,ma si pone di fronte ad essa su un piano di parità.

LE CONFESSIONI RELIGIOSE

Le istituzioni operanti in materia di religione che assumono rilievo preminente nella


Cost.sono le confessioni religiose:l’art 7,1 comma fa esplicito riferimento alla
confessione religiosa di maggioranza in Italia,la Chiesa cattolica,e l’art 8 fa
riferimento al 1 comma a tutte le confessioni religiose,ed al 2 e 3 comma alle
confessioni religiose minoritarie.Non vi è una norma che dia una definizione di
confessione religiosa,anche perché tale definizione non è agevole,in quanto i gruppi
sociali intuitivamente qualificabili come confessioni religiose e quelli che aspirano a
a tale qualifica sono eterogenei ed è difficile astrarre un denominatore comune che
li comprenda tutti.Comunque possiamo considerarare valevole e rilevante sul piano
giuridico la definizione delle confessioni religiose quali comunità sociali
stabili,dotate o non di organizzazione e normazione propria,caratterizzate da una
9:
propria visione del mondo basata sull’idea dell’esistenza di un essere trascendente
in rapporto con l’uomo,o sulla ricerca del divino nell’immanenza.Lo Stato,per
attribuire ad un gruppo sociale la qualifica di confessione religiosa,non può
compiere valutazioni sul merito delle credenze di religione,ma deve attenersi a
criteri formali,indicati dalla Corte cost. nella sentenza 195/1993→tali criteri sono:

stipula di un’intesa ex art 8 3 comma;

eventuali precedenti riconoscimenti pubblici;

esistenza di uno statuto che indichi i caratteri dell’organizzazione;

la comune considerazione.

Tali criteri devono essere utilizzati separatamente,procedendo dal


primo,evidentemente assorbente,all’ultimo.Non si tratta peraltro di criteri esaustivi
in quanto è evidente che non potrebbe ricevere la qualifica di confessione religiosa il
gruppo sociale che compisse atti contrari al buon costume o violasse la legge penale.

È indubbio che la Chiesa cattolica costituisca un ordinamento giuridico originario;è


dubbio invece che tale qualifica competa alle confessioni religiose di
minoranza,proprio tenendo conto di quanto previsto dal 2 comma art 8 cost.,il quale
stabilisce che le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno il diritto di
organizzarsi conformemente ai propri statuti,in quanto essi non contrastino con
l’ordinamento giuridico italiano.Il fine della norma cost.le è accertarsi che i gruppi
sociali con finalità religiose diverse dalla cattolica,quando costituiscano un
ordinamento giuridico,siano riconosciuti come tali.

Alcuni hanno ravvisato un collegamento fra il 2 comma art 8 cost e l’art 18


cost.concernente la libertà di associazione,il cui primo comma dice che “i cittadini
hanno il diritto di associarsi liberamente senza autorizzazione,per fini che non sono
vietati ai singoli dalla legge penale”.Secondo i sostenitori della tesi in esame,il 2
comma dell’art 8 costituirebbe una diramazione dell’art 18,il quale conterrebbe
implicitamente la libertaà religiosa di cui all’art 8.In realtà i due fenomeni,l’esistenza
di un ordinamento giuridico confessionale,e l’ammissibilità di un ‘associazione nella
fede comune,sebbene sembrino esteriormente simili,sono diversi dal punto di vista
della struttura interna della,diciamo così,qualità.Un ordinamento giuridico infatti
nasce dall’impulso organizzatorio del gruppo sociale,il che prescinde dall’eventuale
10:
successiva nascita di un ente esponenziale qual è un’associazione.L’associazione
d’altra parte;può non costituire un ordinamento giuridico,ove si tenga presente che
il quid caratterizzante un ordinamento è l’esistenza di una normazione
propria,eventualmente anche contrastante con l’ordinamento giuridico
generale:un’associazione deve infatti necessariamente conformarsi ad
esso.Riassuntivamente,si può dire che l’associazione trova nell’ordinamento statuale
il suo habitat naturale,mentre la confessione religiosa ne prescinde.Quanto detto
trova conferma nel dato normativo,cioè nella diversa disciplina degli statuti delle
associazione e di quelle delle confessioni religiose.Le associazioni,disciplinate dagli
art 14ss e 16ss cc,devono conformarsi all’ordinamento giuridico generale,mentre gli
statauti delle confessioni religiose sono protetti dall’art 8 cost e non possono essere
incisi da norme di legge ordinaria né da fonti di rango inferiore;anzi possono fungere
da norme interposte nel giudizio di costituzionalità che investa norme sulle
confessioni religiose.

LA PERSONALITà DELLE CONFESSIONI RELIGIOSE NEL DIRITTO ITALIANO→secondo


principi generalmente riconosciuti,la Chiesa cattolica ha personalità nel diritto
pubblico italiano,è cioè un ‘istituzione con caratteri peculiari in quanto titolare di
poteri pubblicistici.Si tratta di una pubblicità non analoga a quella degli enti che
fanno parte dell’organizzazione statale,in quanto la Chiesa sfugge al regime di
questi,ma analoga alla soggettività pubblicistica presentata,per alcuni rapporti,dagli
stati esteri nel diritto italiano.è altrettanto pacifico che la Chiesa non abbia
personalità di diritto privato,sia perché non le è stata mai riconosciuta sia perché la
tradizione giuridica italiana considera titolari dei beni ecclesiastici i singoli enti e non
la chiesa considerata nella sua unitarietà.Neppure le altre confessioni religiose
hanno personalità di diritto privato.

LA RILEVANZA DEGLI ORDINAMENTI CONFESSIONALI NEL DIRITTO DELLO


STATO→Quando lo stato riconosce agli effetti civili l’appartenenza di una persona
fisica o di un ente ad una confessione religiosa o attribuisce efficacia alla qualifica
assunta dall’uno o dall’altra nell’ambito di essa,la legge attua un collegamento fra
l’ordinamento statuale e quello rappresentato dalla confessione religiosa.

Il collegemento fra ordinamenti avviene previa l’utilizzo di tre tecniche:

rinvio materiale o recettizio


11:
rinvio formale

presupposto in senso tecnico

Nel caso in esame è da escludersi l’utilizzabilità del rinvio materiale:a questo si


ricorre quando un ordinamento,riconoscendosi competente in una
materia,recepisce al suo interno la disciplina dettata in detta materia da un altro
ordinamento;non può essere questo il caso in quanto lo statao italiano.per quel che
attiene alla disciplina del fenomeno religioso,riconosce alle confessioni ampia
autonomia e si professa di regola indifferene alle scelte religiose dei singoli.Non v’è
competenza statale nei rapporti confessionali,né l’esigenza di recepire
nell’ordianamento statale norme di derivazione confessionale.

Il presupposto in senso tecnico ricorre quando lo stato attribiusce efficacia ad una


qualifica confessionale,mentre il rinvio formale ricorre quando l’ordinamento dello
stato rinvia a quello confessionale per la disciplina di materie parimenti disciplinate
dall’ordinamento statale,perché di competenza di questo,ma che lo sono anche del
diritto confessionale.Si tratta di norme con le quali l’ordinamento dello stato si
adatta a quello confessionale,analoghe a quelle che,nel diritto
internazionale,presiedono al collegamento fra ordinamenti statali.La peculiarità di
tali norme è data dal fatto che lo stato è competente a disciplinare le materie in
questione,ma,in ragione dei profili confessionali che tali materie presentano,esso
rinvia all’ordnamento confessionale.

LE CONFESSIONI RELIGIOSE NELLA COSTITUZIONE

LA CHIESA CATTOLICA:L’ART.7 COST.

Art 7 cost→Lo Stato e la Chiesa cattolica sono,ciascuno nel proprio


ordine,indipendenti e sovrani.

I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.Le modificazioni di tali


patti,accettate da entrambe le parti,non richiedono procedimento di revisione
costituzionale.

Il riconoscimento della reciproca indipendenza e sovranità dello stato e della chiesa


cattolica,contenuto nell’art 7 cost.è stato da alcuni considerato un mero omaggio
politico alla chiesa cattolica,una formula vacua.priva di effetti giuridici.Da altri sono
stati invece giustamente sottolineati gli effetti di atale riconoscimento dal punto di
12:
vista del diritto positivo,primo fra tutti il riconoscimento della chiesa cattolica quale
ordinamento originario ed indipendente,il che costituisce il presupposto
costituzionele della posizione della Chiesa cattolica rispetto allo Stato italiano.Inoltre
l’art 7 1 comma stabilisce la reciproca non subordinabilità dello Stato e della Chiesa.

L’interpretazione dell’art 7 ha dato luogo ad un vivace dibattito,conclusosi quando è


intervenuta sul tema la Corte cost.

COSTITUZIONALIZZAZIONE DEI PATTI LATERANENSI→subito dopo l’entrata in vigore


della Cost.,parte della dottrina sostenne che con l’art 7 cost i Patti Lateranensi erano
stati “costituzionalizzati”;con tale espressione si voleva intendere che le norme dei
patti erano state recepite all’interno della Cost.,attribuendo loro lo stesso valore
formale delle altre norme cost.,il che le rendeva prevalenti non solo sulle norme di
legge ordinaria ma anche,in quanto norme cost “speciali”,sulle norme cost
generali.Tale tesi trovòadesioni in dottrina e,talvolta,anche in sede
giurisprudenziale.

COST. DEL PRINCIPIO CONCORDATARIO→Abbandonata da alcuni fautori di essa la


tesi di cui si è detto,fu sostenuta la tesi della costituzionalizzazione del principio
concordatario:secondo tale principio l’art 7 avrebbe garantito i patti del ’29,avrebbe
stabilito la necessità che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa fossero regolati da accordi
paritari,creato un ius singulare,prevalente sulle norme costituzionali generali
interferenti nella stessa materia e riconosciuto la regola internazionale sello stare
pactis,svolgendo una funzione analoga a quella svolta dagli art 10 e 11 cost.

COST DEL PRINCIPIO PATTIZIO→alla tesi precedente si contrappose quella della


costituzionalizzazione del principio pattizio,secondo la quale l’art 7 avrebbe
garantito gli accordi del ’29 ed ogni altro successivo accordo concernente le stesse
materie:accordi riguardanti altre materie non avrebbero goduto della medesima
garanzia.

Abbandonate le tesi della costituzionalizzazione dei principi concordatario e pattizio


si sostenne che l’art 7 avrebbe garantito le norme pattizie in vigore nel ’47 ed ogni
altro successivo accordo che fosse intercorso fra lo Stato e la Santa Sede:l’art 7
avrebbe cioè contenuto nella sua seconda parte un meccanismo di adattamento
automatico dell’ordinamento italiano ai vecchi e nuovi accordi,costituendo un
ordine di esecuzione nell’ordinamento interno delle norme di origine pattizia.
13:
L’ART 7 COME NORMA SULLE FONTI DEL DIRITTO→Alcuni autori hanno considerato
l’art 7 nella prospettiva di norma sulle fonti del diritto;tale analisi presuppone l’idea
che nel sistema delle fonti del diritto italiano,fra il gradino occupato dalla Cost e
dalle leggi cost,e quello occupato dalla legge ordinaria ve ne sia uno
intermedio,occupato dalle cd fonti atipiche,così qualificate perché,pur avendo il
valore formale della legge ordinaria,resisterebbero alla deroga,modifica,sospensione
ed abrogazione da parte della legge ordinaria.Tale sarebbe la legge di esecuzione dei
Patti Lateranensi 810/1929 e dunque le norme protette dall’art 7 cost non
potrebbero essere incise dalla legge ordinaria ma neppure essere in contrasto con la
Cost o con le leggi cost.Secondo altri,proprio perché protette da questo e non da
procedimenti previsti da un’apposita legge ordinaria,le norme di cui all’art 7 non
sarebbero qualificabili come fonti atipiche ma pseudo-atipiche.

L’ART 7 DAL PUNTO DI VISTA DEI SUOI EFFETTI SUI POTERI DELLO
STATO→considerando l’art 7 da questo punto di vista l’oggetto di tutele è duplice:i
patti del ’29 nel diritto internazionale,e la logge di esecuzione di essi 810/29 nel
diritto interno.Nel primo ambito la norma costituzionale priva il governo della
legittimazione a denunciare i patti,nel secondo esclude la competenza del legislatore
ordinario a modificare,derogare,sospendere,abrogare la legge stessa.

LA DECOSTITUZIONALIZZAZIONE→La dottrina che si è dedicata all’analisi dell’art 7


cost successivamente alla pronuncia della Corte Cost sul contrasto fra leggi
costituzioneli e norme contenute negli accordi del ’29 si è espressa nel senso
dell’equparazione fra la legge 810/29 e le leggi cost.,equiparazione che tali norme
perderebbero,attraverso un meccanismo di “decostituzionalizzazione”in quelle parti
che fossero colpite da un nuovo accordo e per modificare le quali sarebbe
sufficiente una legge ordinaria di esecuzione del nuovo accordo stesso

LE CONFESSIONI RELIGIOSE DIVERSE DALLA CATTOLICA:L’ART.8 COST.

Art. 8 cost→Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla


legge.
14:
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno il diritto di organizzarsi
secondo i propri statuti,in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico
italiano.

I loro rapporti con lo stato sono regolati per legge sulla base di intese con le
relative rappresentanze.

L’art 8 contiene una norma generale di riconoscimento analoga a


quella,speciale,contenuta nell’art 7,primo comma,riferita alla chiesa cattolica.Lo
stato regola i propri rapporti con le confessioni religiose diverse dalla cattolica in
forma concordata,accordando loro un trattamento privilegiato rispetto ad altri
gruppi sociali,il che è coerente con la circostanza che le confessioni organizzate
siano riconosciute quali ordinamenti originari ed indipendenti:sarebbe stato
contraddittorio con tale riconoscimento imporre loro una disciplina eteronoma ed
unilaterale.Il terzo comma dell’art 8 contiene una riserva di legge che,concernendo
una materia quale la libertà religiosa,è da ritenersi assoluta o,secondo una diversa
prospettiva,rinforzata o aggravata:in altre parole il potere legislativo deve essere
esercitato con particolari modalità,quelle indicate appunto dagli art 7 ed 8 cost.

Le intese di cui al 3 comma art 8 cost hanno suscitato vari interrogativi circa la loro
natura giuridica,il loro contenuto,la competenza a stipularle,l’individuazione delle
rappresentanze delle confessioni religiose diverse dalla cattolica.Una tesi estrema
nega alle intese natura giuridica e le considera atti aventi mero valore politico,un
rilievo di convenienza ed opportunità:essendo le intese libere nella forma e
costituendo semplicemente la base per la futura legge,il legislatore non sarebbe
tenuto ad attenervisi.Insomma essendo lo Stato il giudice ultimo sulla congruità
delle intese e sulla legittimità delle rappresentanze della confessione,non sarebbe
viziata da incostituzionalità la legge che regolasse un culto di minoranza senza che vi
sia stata un’intesa in proposito.Questa opinione è tuttavia isolata perché è in palese
contrasto con la ratio della garanzia offerta alle confessioni religiose dall’art 8 cost:le
intese apppartengono senz’altro al campo del diritto,costituiscono la condizione di
legittimità cost,il presupposto autorizzativo della legge di cui stanno alla base,un
limite per il legislatore ordinario che,non potendo eludere la garanzia di cui si è
detto,dovrà riportare nelle legge il contenuto dell’intesa.

L’inserimento delle intese in una delle categorie degli atti giuridici già note ha
presentato diversi problemi,sia per la novità della disposizione cost in esame,sia per
15:
il preconcetto che il legislatore consederi le confessioni religiose diverse dalla
cattolica come ordinamenti subordinati.Alcuni hanno sostenuto che le intese
sarebbero assimilabili ai concordati ma ciò non è sostenibile in quanto

CONCORDATI=CONVENZIONI ESTERNE,DISCIPLINATE NELLA FORMAZIONE E NELLA


VALIDITà DA UN ORDINAMENTO DIVERSO DA QUELLI ESPRESSI DALLO STATO
ITALIANO E DALLA CHIESA CATTOLICA,SULLA BASE DI NORME PRESUPPOSTE
DALL’ART 7 COST.

INTESE=ATTI DI DIRITTO PUBBLICO INTERNO,LIBERI NELLA FORMA E I CUI VIZI,IN


SEDE DI FORMAZIONE DELLA LEGGE,DANNO LUOGO A QUESTIONI DI LEGITTIMITà
COST.LE

L a questione è se le intese siano atti di diritto interno od esterno.La dottrina


propende per la prima tesi,sulla base dell’idea che le confessioni religiose diverse
dalla cattolica non costituiscano ordinamenti primari.Ove però si attribuisca,come il
prof.Finocchiaro fa,tale qualifica a tali gruppi sociali,viene meno la preclusione a
considerarli atti di dirirro esterno.Ciò non rende tuttavia le intese assimilabili ai
concordati:

CONCORDATI=ATTI DISCIPLINATI NELLA FORMA,SOLENNE,NELLA VALIDITà E


NELL’EFFICACIA DA APPOSITE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE GENERALE,UN
ORDINAMENTO CHE NON PRENDE IN CONSIDERAZIONE LE INTESE IN NESSUNA
SPECIFICA NORMA.

Tuttavia l’ordinamento internazionale non è il solo ordinamento esterno esistente:vi


è anzi chi sostiene che anche i concordati vengano stupulati nell’ambito di un
ordinamento “concordatario”,nascente dall’incontro della volontà dello Stato
italiano con quella della Chiesa cattolica.Nella specie sarebbe possibile dire,in
astratto che le intese sono atti di un ordinamento esterno,nascente dall’incontro
della volontà dello Stato italiano con quella della confessione religiosa
interewssata,dissiplinati in via analogica,nella sostanza,da quelle regole di lealtà e
buona fede che presiedono ai rapporti bilaterali fra ordinamenti indipendenti,e nella
forma da quelle regole che le parti di volta in volta vorranno darsi.Il carattere
esterno delle intese è confermato dall modalità di stipulazione dell’intesa del
fabbraio ’84 con la Tavola Valdese,avvenuta in forma solenne e alla quale
parteciparono il presidente ed il vicepresidente del Consiglio dei Ministri.
16:
PROCEDIMENTO PER LA STIPULA DI UN’ INTESA

la richiesta di intesa deve essere preventivamente sottoposta al parere del Ministero


dell’Interno (Direzione generale affari dei culti).La competenza ad aviviare le
trattative spetta al Governo.

 LA CONFESSIONE INTERESSATA DEVE→farne istanza→PRESIDENTE CONSIGLIO


DEI MIN.
 IL PRESIDENTE CONS→affida l’incarico di condurre le trattative
al→SEGRETARIO/SOTTOSEG.CONS MIN→si avvale della→ COMMISSIONE
INTERMINISTERIALE PER LE INTESE CON LE CONF.RELIGIOSE
 COMM.→predispone la bozza dell’intesa,unitamente alla delegazione della
confessione richiedente→su tale bozza esprime il proprio parere la
COMMISSIONE CONSULTIVA SULLA LIBERTà RELIGIOSA

Concluse le trattative,l’intesa viene sottoposta all’esame del→CONS MIN (per


l’autorizzazione alla firma da parte del Pres Cons Min
Dopo la firma da parte del Pres Cons e del Pres Conf rel.,l’intesa viene
trasmessa al →PARLAMENTO per la sua approvazione con→ LEGGE

LA LIBERTà RELIGIOSA

La libertà religiosa,come osserva Ruffini,è un concetto adiaforo,che non prende


partito né per la fede né per la miscredenza,né per l’ortodossia né per
l’eterodossia,ma consiste nel creare e mantenere nella società un ordinamento
giuridico tale che ciascuno possa perseguire e conseguire a sua posta i fini della
salvezza dell’anima o della verità scientifica, senza che nessuno,in nessuna
forma ,possa mettergli in ciò alcun ostacolo o arrecare perciò alcun danno.

Art 19 cost:Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in


qualsiasi forma,individuale o associata,di farne propaganda e di esercitarne in
pubblico o in privato il culto,purchè non si tratti di riti contrari al buon costume.
17:
Nella disposizione in esame la libertà religiosa è presentata come un diritto
soggettivo garantito ai singoli ad alle formazioni sociali,ed il cui pratico estrinsecarsi
avviene attraverso l’esercizio delle tre facoltà menzionate:

1-libera professione della fede;

2-libera propaganda di essa;

3-libero esercizio del suo culto,con il solo limite rappresentato dal rispetto del buon
costume.

Come si vede non può essere attuato nessun controllo preventivo sull’esercizio delle
facoltà anzidette ma solo,eventualmente un intervento in chiave repressiva qualora
risultasse che i riti svolti siano contrari al buon costume

Il diritto in questione è un diritto pubblico soggettivo:pubblico poiché azionabile nei


confronti dello stato:il singolo cittadino o il gruppo sociale interessati potrebbero
adire l’autorità giudiziaria per far dichiarare l’illegittimità del provvedimento
limitativo,o sollecitarla affinchè sollevi questione di legittimità cost.nel caso in cui si
trattasse di un provvedimento assunto in forza di norme di legge in contrasto con la
Cost.

Idiritti di libertà garantiti dalla Cost.,e dunque anche il diritto alla libertà
religiosa,potrebbero vedersi degradati da diritti soggettivi a meri interessi legittimi
ove non si tenesse fermo il principio che i diritti di libertà costituzionalmente
garantiti possono essere limitati da poteri dell’autorità di governo solo ove questi
siano stati attribuiti ad essa dalla Costituzione stessa.La corte costituzionale,nella
quasi totalità delle sue sentenze,ha affermato che i diritti di libertà possono essere
limitati solo da altri principi e precetti costituzionali.In qualche altra rara
sentenza,tuttavia,la corte ha mostrato di deflettere da questo sicuro
criterio,contrapponendo al dirtto di libertà interessi quali l’ordine pubblico,la
morale,la sicurezza pubblica:questo punto di vista offrirebbe al governo il destro per
emettere provvedimenti limitativi dei diritti di libertà a tutela degli interessi di cui si
è detto,il che farebbe regredire i diritti costituzionalmente garantitit dal rango di
diritti soggettivi a quello di meri interessi legittimi.Tale conclusione è inammissibile
per il diitto alla libertà religiosa,che nel nostro ordinamento incontra il solo limite del
buon costume:una violazione del diritto di libertà religiosa da parte dell’autorità di
18:
governo comporterebbe non soloml’illegittimità dell’atto limitativo ma anche la
responsabilità dell’agente ex art 28 cost.

LIBERTà RELIGIOSA NEI RAPPORTI PRIVATISTICI→NELL’AMBITO DELLA FAMIGLIA→La


libertà religiosa è un diritto pubblico soggettivo,inviolabile ed indisponibile e dunque
l’ordinamento appresta gli strumenti necessari affinchè gli atti di autonomia privata
non possano limitarla.Per quanto riguarda l’educazione della prole,l’art 147 cc
stabilisce che i genitori debbano mantenere,istruire ed educare la prole tenendo
conto delle capacità,dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.Non si fa
esplicito riferimento all’educazione religiosa ma è pacifico che i genitori possano
educare i figli in questa o quella religione,ma che ciò debba risolversi in un mero
avviamento, e non debba mai trasformarsi in coercizione.non hanno validità
giuridica quie patti,stipulati prima o durante il matrimonio,con i quali i genitori
prendano accordi sull’educazione religiosa della prole,e ciò perché tali atti
concernerebbero materie indisponibili quali la potestà genitoriale e la libertà
religiosa dei figli.Nel caso di disaccordo fra i genitori,non ricomponibile in ambito
familiare,circa l’educazione religiosa della prole,interviene a dirimere il conflitto il
tribunale per i minorenni.L’appartenenza confessionale dei coniugi non è parametro
utilizzato per l’affidamento della prole,essendo lo stato italiano non confessionista e
rispettoso delle scelte individuali.Per quel che attiene ai rapporti fra i
conuigi,ciascuno di essi è libero di professare qualsivoglia fede religiosa,o di non
professarne alcuna,e di tentare,con mezzi leciti e con le cautele suggerite dalla
delicatezza della materia,di influire sul coniuge a tale proposito.L’appartenenza ad
una fede religiosa non condivisa dal conuige non può essere motivo di addebito
della separazione,a meno che non si tratti di una fede totalizzante e fanatica,che
incida negativamente sulla vita familiare ed induca l’adepto a non adempiere ai
propri obblighi familiari.Per quanto riguarda gli atti di ultima volontà,la libertà
religiosa potrebbe incontrare dei limiti in quelle disposizioni che condizionassero
l’acquisto dell’eredità o del legato al compimento o meno,da parte del beneficiato,di
atti in sede religiosa.La validità di tali condizioni è dubbia,quando risulti che il
testatore abbia voluto indurre il beneficiato a compiere atti contrari alle proprie
convinzioni,limitandone la libertà;quando invece il lascito sia stato determinato per
favorire i programmi dell’erede,la condizione sarebbe lecita.

RAPPORTI DI LAVORO E PUBBLICO IMPIEGO→la religione non può rappresentare


motivo di discriminazione o di trattamento di maggior favore nel rapporto di
19:
pubblico impiego e nei rapporti di lavoro in generale.Le norme che escludono
l’accesso di alcuni soggetti(ministri di culto,ecclesiastici,religiosi) ad alcuni
incarichi,non violano la libertà religiosa di costoro,poiché sono dettate o per stabilire
incompatibilità fra due uffici diversi,tutelando beni costituzionalmente garantiti
quale l’imparzialità della P.A.,o per sottrarre tali soggetti ad incarichi incompatibili
con la mitezza d’animo che la loro qualifica religiosa suggerisce.Diverso è il caso in
cui un ente o un’associazione dichiaratamente confesionale richieda per i propri
dipendenti l’appartenenza ad una data confessione:in questo caso il al diritto alla
libertà religiosa del singolo si contrappone quello all’identità confessionale dell’ente.

LA LIBERTà DI COSCIENZA E L’ATEISMO

Il caput et fundamentum di tutte le fcoltà promananti dal diritto di libertà religiosa è


quello attinente alla libertà di coscienza,cioè il libero atteggiarsi dell’individuo
rispetto al problema dell’essere e dell’esistere,in tutti i suoi aspetti.Secondo la
dottrina tradizionale,la libertà di coscienza,come quella di culto,intanto vengono in
rilievo dal punto di vista giuridico,in quanto si manifestano all’esterno:tuttavia è la
protezione di tali manifestazioni esteriori a permettere la libera formazione della
coscienza in interiore homine.A questo proposito si è sostenuto che lo Stato
dovrebbe garantire la libera formazione della coscienza,ossia l’inviolabile diritto al
momento formativo e conoscitivo di tutte le possibili alternative che si offrono in
materia di religione.In piena applicazione di quanto previsto dall’art 3 cost lo stato
dovrebbe creare una situazione di partenza di assoluta uguaglianza ,ed in particolare
garantire l’eguale accesso di tutti allo strumento di libera formazione della coscienza
più efficace:l’istruzione.Ma inteso in questo senso il diritto alla libera formazione
della coscienza coinciderebbe con il diritto all’istruzione,garantito dall’art 34 cost.In
effetti la Cost non prevede un diritto alla libera formazione della coscienza diverso
dai diritti alla libera manifestazione e ricezione del pensiero di cui agli art 15 e 21
cost,e dal diritto all’istruzione,di cui all art 34 cost.D’altra parte la coscienza è
esposta a mille condizionamenti sociali di cui la legge non può far tabula
rasa,creando un ambiente asettico in cui la coscienza possa liberamente formarsi.

L’ATEISMO→il diritto alla libertà religiosa consiste non solo nella possibilità di
aderire a questa o a quella fede religiosa,ma anche nel diritto a rifiutarle
tutte,professando cioè l’ateismo.L’art 19,oltre a garantire l’esercizio delle facoltà
che sono la pratica estrinsecazione dell’esercizio del diritto alla libertà
20:
religiosa.contiene un aspetto,talvolta impropriamente qualificato come
“negativo”,consistente nel diritto di rifiutare qualsiasi professione di fede.In breve il
diritto alla libertà religiosa comporta anche la protezione dell’ateo e del
miscredente.Ciò trova conferma nel dettato dell’art 3 1 comma cost:da una
posizione religiosa,areligiosa o antireligiosa,non può derivare alcuna conseguenza
favorevole o sfavorevole nel campo del diritto comune.Anche l’ateismo cd “attivo” è
protetto dalla Cost.,dagli art 19,21 e da tutti quelli che garantiscono l’uguaglianza dei
cittadini,il diritto di associazione,il diritto di riunione e la libertà di
insegnamento.Dunque gli atei,e le organizzazioni a cui dessero vita,hanno diritto di
contestare tutte le limitazioni che derivassero a danno della loro azione
dall’esistenza di privilegi altrui non compatibili con la Cost.,ma non possono
contestare,in blocco,l’esistenza di un favor religionis,che pure svolge un’obiettiva
funzione antiateistica.è ovvio che tale favor potrebbe essere rimosso ma oggi non vi
è la possibilità di configurare un diritto soggettivo alla sua abolizione,ma quella di
vedere in questa tendenza un interesse semplice,che non ha il potere di ottenere
dagli organi giurisdizionali una decisione sul merito della questione.L’ateismo
potrebbe trovare piena equiparazione alle confessioni religiose in uno stato
separatista,mentre quello italiano è uno Stato concordatario.

LA QUESTIONE ROMANA E LA LEGGE DELLE GUARENTIGIE

Con l’espressione “questione romana” si intende il problema politico relativo alla


legittimità del potere temporale dei papi e alla sopravvivenza di uno stato pontificio
indipendente e con piena sovranità sulla città di Roma,successivamente
all’unificazione dello Stato italiano.Il 20 settembre del 1870 l’esercito italiano entrò
a Roma,non più difesa dalle truppe francesi,annettendo lo Stato della Chiesa al
Regno d’Italia.Il 3 settembre del 1871 Roma fu dichiarata capitale del Regno.Questi
eventi scatenarono un aspro contrasto politico-diplomatico che trovò un primo
tentativo di composizione con la legge delle guarentigie,del 13 maggio 1871.Tale
legge fu un atto unilaterale emanato dal Parlamento italiano per regolare i rapporti
fra lo Stato e la Chiesa.La legge constava di 20 articoli e garantiva al pontefice:

l’inviolabilità della persona;

il conferimento degli onori sovrani (il che lo equiparava ad un capo di stato


straniero);
21:
la possibilità di tenere guardie armate;

il possesso dei sacri palazzi (Vaticano,Laterano,castel Gandolfo e le pertinenze di


essi)→cui erano riconosciuti l’extraterritorialità e la libertà delle comunicazioni
postali e telegrafiche.

Inoltre,l’art 4 della legge stabiliva il versamento di una rendita annua alla curia
romana,con la quale lo stato italiano si faceva carico del mantenimento della corte
ppale,ora che per i pontefici erano venuti meno gli introiti derivanti dal possesso di
uno stato indipendente.

Infine la legge si proponeva di regolare i rapporti fra lo Stato e la Chiesa e garantiva


ai membri di quest’ultima,grande libertà di esercizio del culto,di movimento ,di
riunione e di testimonianza all’interno dello Stato italiano,aboliva l’exequatur e la
placitazione e sollevava i vescovi dall’obbligo di giurare fedeltà al re.

Nonostante le ampie concessioni che la legge faceva alla Chiesa questa la rifiutò
sdegnosamente,anche in quanto atto unilaterale:Pio IX dichiarò che essa conteneva
solo “futili privilegi ed immunità”,e con l’enciclica Ubi nos del 1871 dichiarò che il
potere spirituale e quello temporale non potevano essere disgiunti.

La legge delle guarentigie era espressione delle convinzioni separatiste propugnate


da Cavour e dalla Destra,e,sebbene assai criticata,regolò i rapporti fra lo Stato e la
Chiesa per 60 anni,fino alla stipula,nel 1929,dei Ptti Lateranensi.

LO STATO DELLA CITTà DEL VATICANO E LA SANTA SEDE

Lo Stato Città del Vaticano (SCV)è stato creato con il Tattato del Laterano.La
differenza con quanto previsto dalla legge delle Guarentigie è che questa prevedeva
che la Santa Sede avesse solo il “godimento”dei sacri palazzi e delle pertinenze di
essi,me non la disponibilità,trattandosi di beni appartenenti allo Stato e facenti
parte del suo patrimonio indisponibile;il Trattato del ’29 ha stabilito invece che il
Palazzo vaticano,con tutte le sue pertinenze ed i suoi accessori sia di proprietà della
Santa Sede.Il fatto che il territorio del piccolo stato sia “di proprietà”dell’ente
sovrano ha dato luogo alla creazione,in pieno XX secolo,di un Patrimonialstaat,e ciò
non nel senso di astratta concessione della sovranità sul territorio,ma come effettiva
appartenenza del territorio dello stato al sovrano.Ed in ciò risiede la prima
caratteristica saliente dello SCV;un’ulteriore caratteristica sta nel fatto che mentre
22:
normalmente gli stati nazionali nascono allo scopo do organizzare la società
nell’interesse e per il bene di essa,lo SCV è nato in chiave strumentale,cioè per
fornire il pidistallo terreno all’indipendenza e sovranità,anche in ambito
internazionale,della Santa Sede.Tale peculiarità è sottolineata dal fatto che la Santa
Sede non partecipa alle competizioni temporali fra gli stati ed ai congressi
internazionali organizzati a tal fine:essa interviene solo se i contendenti fanno
appello alla sua missione di pace.Perciò lo SCV è considerato neutrale ed
inviolabile.Riassuntivamente,possiamo definirte lo SCV come uno stato
patrimoniale,strumentale e neutrale,la cui sovranità spetta ad un monarca
elettivo.

FONTI DEL DIRITTO DELLO SCV→loSCV ha una sua normazione,che ha avuto inizio
con l’emanazione di 6 leggi organiche,avvenuta lo stesso giorno in cui furono
scambiate le ratifiche dei Patti Lateranensi.L aprima di tali leggi aveva carattere
fondamentale,poiché determinava gli organi istituzionali dello Stato:tale legge è
oggi sostituita con quella emanata,motu proprio da Benedetto XVI nel 2008,ed
entrata in vigore nel 2009.Successivamente a queste,sono state emanate altre
leggi,pubblicate in un supplemento agli Acta Apostolicae Sedis,e che normalmente
entrano in vigore il 7 giorno successivo alla pubblicazione.

L’ordinamento giuridico vaticano riconosce nel diritto canonico la sua prima fonte
normativa;inoltre si conforma alle norma del diritto internazionale generale e a
quelle derivanti da trattati ed altri accordi in cui è parte.Nelle materie non regolate
dalle fonti anzidette si osservano,in via suppletiva e previo recepimento da parte
della competente autorità vaticana.le leggi e gli altri atti normativi emanati dallo
Stato italiano.

Nello SCV si osservano il codice penale ed il codice di procedura penale italiani,oltre


al codice di procedura civile vaticano.

ASSETTO ISTITUZIONALE DELLO SCV→il capo dello stato è il Sommo Pontefice,il


quale ha tutti i poteri di governo,legislativo,esecutivo e giudiziario.Egli è coadiuvato
dal Cardinale segretario di Stato.In via ordinaria,il potere legislativo è esercitato da
una commissione nominata per un quinquennio,al cui presidente spetta l’esercizio
del potere esecutivo.Gli organi giudiziari sono il Giudice unico,il Tribunale della corte
d’appello e la Corte di Cassazione.Per le cause concernenti materie disciplinate dal
23:
diritto canonico vi sono i tribunali della Santa Sede,cioè il Tribunale apostolico della
rota romana ed il supremo tribunale della signatura apostolica.

RAPPORTI NEL CAMPO GIUDIZIARIO→Il Trattato stabilisce che le sentenze emesse


dai tribunali ecclesiastici possano essere rese esecutive (“delibate”)nello Stato
italiano secondo le norme del diritto internazionale.

Lo SCV può,occasionalmente o stabilmente,delegare lo Stato italiano o punire i


delitti commessi all’interno dello SCV stesso.La delega non occorre,e si procede
senz’altro d’ufficio a norma delle leggi italiane,qualora il reo si sia rifugiato nello
stato italiano.

Lo SCV deve consegnare allo stato italiano l’imputato di delitti che siano considerati
tali anche nello SCV che si sia rifugiato al suo interno o in immobili immuni.In
quest’ultimo caso coloro che sono preposti a tali immobili possono invitare gli agenti
ad entrarvi per procedere all’arresto.

Qualora lo SCV richieda allo Stato italiano di procedere per delitti compiuti
all’interno dello SCV stesso,lo Stato italiano procederà secondo le sue leggi poiché la
funzione punitiva riguarda l’esercizio di una prerogativa sovrana a cui lo Stato non
può rinunciare.

IL RICONOSCIMENTO DELLA PERSONALITà GIURIDICA DEGLI ENTI CONFESSIONALI

Il riconoscimento della personalità giuridica degli enti confessionali


nell’ordinamento italiano può avvenire in 3 modi:

Per legge,quando il legislatore effettua tale riconoscimento;

mediante la costituzione dell’ente secondo uno schema previsto dalla legge:l’ente


ottiene la personalità quando il suo atto costitutivo viene riconosciuto conforme a
legge dall’autorità giudiziaria e viene trascritto in un apposito registro;

attraverso un atto governativo di riconoscimento,emanato nella forma del decreto


ministeriale.

Vi sono poi alcuni enti,quali la Santa Sede e la Chiesa valdese,che vedono


riconosciuta la propria personalità giuridica per antico possesso di stato:il
riconoscimento di tale personalità è cioè avvenuto molto tempo addietro,talvolta in
epoca anteriore all’unità d’Italia.
24:
Il riconoscimento di parrocchie, diocesi ed istituti per il sostentamento del clero
avviene invece mediante un procedimento abbreviato che accosta tali enti a quegli
enti privati (quali le società di capitali),che vedono riconosciuta la propria
personalità giridica a seguito di un giudizio di omologazione effettuato dal tribunale
e dell’iscrizione nel registro delle imprese.

RICONOSCIMENTO DEGLI ENTI DELLA CHIESA CATTOLICA

Il riconoscimento degli enti della chiesa cattolica è subordinato alla ricorrenza di


alcuni requisiti:

1-l’ente deve avere sede in Italia;

2-l’ente deve essere stato costituito o approvato dall’autorità ecclesiastica;

3-l’autorità ecclesistica deve dare il proprio assenso a che l’ente faccia richiesta di
riconoscimento;

4-l’ente deve avere un fine di religione o di culto e tale fine deve avre carattere
costitutivo ed essenziale

Sono da considerarsi attività di religione o di culto quelle rivolte:

all’esercizio del culto stesso ed alla cura delle anime;

alla formazione del clero e degli ecclesiastici;

al perseguimento di scopi missionari;

alla catechesi ed all’educazione cristiana.

Con l’espressione carattere “costitutivo ed essenziale”del fine di religione o di culto


si intende dire che l’ente non deve solo proporsi astrattamente il perseguimento di
tale fine,ma deve concretamente perseguirlo e realizzarlo nello svolgimento delle
attività anzidette.

Procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica degli enti


ecclesiastici→Il procedimento ha inizio con la richiesta di riconoscimento inoltrata
da chi rappresenta l’ente secondo il diritto canonico o dalla competente autorità
ecclesiastica alla prefettura del luogo in cui l’ente ha sede,che costituisce l’organo
periferico della Direzione generale affari dei culti del Min istero dell’interno.Tale
25:
richiesta deve essere accompagnata dai documenti che provano la sussistenza dei
requisiti necessari al riconoscimento e cioè:

copia del decreto canonico di erezione dell’ente,contenente la denominazione,la


sede e la natura dello stesso,

un estratto dello statuto contenente le norme circa la struttura dell’ente,

l’atto di assenso dell’autorità ecclesiastica alla richiesta di riconoscimento.

Il Prefetto,istriuta la pratica la invia,corredata di un proprio rapporto,al Ministero


dell’interno,dove viene esaminata,con l’eventuale ausilio del Consiglio di
Stato,dopodichè,se nulla osta al riconoscimento viene emanato il relativo decreto.

Ottenuto il riconoscimento,l’ente ha l’onere di richiedere l’iscrizione nel registro


delle persone giuridiche,depositando contestualmente il decreto canonico di
erezione dell’ente.

Modificazioni dell’ente ecclesiastico→le modificazioni di carattere sostanziale subite


dall’ente a proposito del fine perseguito,della destinazione dei suoi beni e del suo
modo di esistenza,per essere efficaci nell’ordinamento italiano devono essere
riconosciute analogamente a quanto previsto per il riconoscimento della personalità
giuridica,e cioè con decreto del Ministro dell’Interno.Per quanto riguarda il fine
persegiuto,è assai difficile determinare quando la modificazione di esso abbia
carattere essenziale:è compito che attiene all’amministrazione.Le modificazioni della
destinazione dei beni,sono sottoposte a controllo perché rilevanti nel garantire i
terzi attraverso il riconoscimento della personalità giuridica o,nel caso di perdita del
patrimonio da parte di una fondazione,per l’eventuale revoca del
riconoscimento.Infine,le modificazioni del modo di esistenza dell’ente attengono
alla struttura dell’ente stesso.

Estinzione dell’ente ecclesiastico→un ente ecclesiastico può estinguersi perché


viene soppresso dall’autorità ecclesistica o perché gli viene revocato il
riconoscimento della personalità giuridica.Nel primo caso il provvedimento canonico
di estinzione o soppressione deve essere trasmesso al Ministro dell’interno,il quale
provvede con decreto all’iscrizione nel registro delle persone giuridiche.Nel secondo
caso,qualora vengano meno i requisiti richiesti dalla legge per il riconoscimento
civile dell’ente,e solo in questo caso,l’autorità governativa dispone la revoca del
26:
riconoscimento con decreto del ministro dell’interno,sentito,ove necessario,il paree
del Consiglio di Stato,Poiché si tratta in questo caso di un provvedimento autonomo
dell’autorità governativa,questa deve sentire l’autorità ecclesiastica.

Natura degli enti ecclesiastici→La natura giuridica degli enti ecclesiastici è


dibattuta:vi è chi sostiene che si tratti di enti pubblici,chi sostiene si tratti di enti
privati e chi colloca tali enti in una posizione intermedia fra le due ,ritenendoli dotati
di una pubblicità speciale.In realtà si tratta di enti né pubblici né privati,ma dotati di
una grande ed autonoma organizzazione confessionale,cui lo stato si limita a
riconoscere personalità giuridica.La loro natura dunque è assai peculiare.

IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO

Fino al 1986 il sostentamento del clero è stato garantito attraverso un sistema


retributivo beneficiale,basato sull’affiancamento agli uffici ecclesiastici di un
beneficio,una dotazione patrimoniale posta in essere da una fondazione,il cui
reddito serviva,appunto,per retribuire il funzionario ecclesiastico.Quersto sistema
dava luogo a forti sperequazioni fra i diversi funzionari,in quanto la retribuzione di
essi dipendeva dal reddito prodotto dal beneficio,che a sua volta variava a seconda
dell’entità del patrimonio della fondazione beneficiale.In questo modo vi erano
vescovi “ricchi” e vescovi “poveri”,parroci “ricchi” e parroci “poveri”,e così via.Lo
Stato tentava di ovviare a questa sperequazione corrispondendo un supplemento di
congrua a favore di quei funzionari il cui beneficio producesse un reddito inferiore
ad una certa soglia.Poichè la corresponsione di tali assegni supplementari era
considerata finalizzata a garantire al funzionario cui era destinata un dignitoso
sostentamento,era considerata altresì una prestazione di carattere alimentare
gravante sul fondo per il culto:questo significava che gli ecclesiastici il cui reddito
fosse inferiore ai limiti previsti dalla legge,erano titolari di un diritto soggettivo alla
corresponsione degli assegni supplementari nei confronti del fondo per il culto.

Questo sistema venne svardinato dal nuovo codex iuris canonici,che ne previde la
sostituzione con un sistema più moderno,basato sulla costituzione degli istituti per il
sostentamento del clero.Anche lo Stato italiano aderì a tale riforma
patrimoniale,con l’accordo del 15 novembre 1984,e con la successiva legge n
222/1985,che previdero l’erezione da parte del vescovo o dei vescovi interessati,di
istituti per il sostentamento del clero in tutte le diocesi.Tali istituti sono enti
ecclesistici civilmente riconosciuti.Tuttavia né la legge né l’accordo anzidetti
27:
attuarono una separazione dello Stato dalla Chiesa in materia di retribuzione del
clero.

ISTITUTI DIOCESANI PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO→La funzione di tali istituti


è quella di corrispondere,con l’eventuale concorso dell’Istituto centrale,un congruo
e dignitoso sostentamento al clero che presta servizio a favore della propria
diocesi.Tali enti devono inoltre destinare una quota delle loro risorse a coloro
che,una volta abbandonata la vita ecclesisiastica,non dispongano di risorse
sufficienti a garantire una vita dignitosa.Il FONDO PATRIMONIALE→degli istituti
diocesani è costituito dai beni appartenenti agli enti beneficiali presenti nella
diocesi,estintisi ipso iure con l’erezione dell’istituto diocesano.La ripartizione dei
beni fra l’istituto diocesano e le parrocchie,i capitoli e le chiese non soppressi ha
avuto luogo attraverso un duplice trasferimanto di proprietà:dai benefici estinti agli
istituti diocesani e da questi a capitoli,parrocchie e diocesi

ISTITUTO CENTRALE PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO→questo è nato con un


proprio fondo di dotazione patrimoniale,corrispostogli dalla CEI.Le sue entrate
principali sono costituite dalle offerte ricevute dai fedeli e dalla corresponsione ,da
parte dello stato ,dell 8 per mille dell’irpef destinato dai contribuenti a scopi di
natura religiosa(a diretta gestione della Chiesa).Tale istituto può concludere tutti
quei negozi che sono finalizzati ad incrementarne il patrimonio (intraprendere
investimenti,ricevere eredità o donazioni,ecc.).

Per quanto riguarda RAPPORTI FRA GLI ISTITUTI DIOCESANI SDC E L’ISTITUTO
CENTRALE→i primi provvedono all’integrazione dei proventi dei sacerdoti con i
redditi derivanti dal proprio patrimonio:quando tali redditi risultino insufficienti,si
rivolgono all’istituto centrale.Quest’ultimo peraltro deve conoscere
preventivamente il fabbisogno degli istituti centrali,poiché questi devono
comunicargli il loro stato di previsione.Inoltre,quando si estingue un istituto
finanziario,gli istituti diocesani devo trasmettere una relazione consultiva.

L’organizzazione delineata ha la peculiarità di non avere un carattere unitario:la


struttura a cui dà luogo sembra piuttosto una raggiera,il cui centro è occupato
dall’istituto centrale ed i cui raggi sono costituiti dagli istituti diocesani sdc.Ognuno
di questi enti è dotato di autonomia e personalità giuridica e la loro natura giuridica
risulta simile.
28:
LA REMUNERAZIONE DEI SACERDOTI→la CEI ha chiarito che ad avere deuritto al
sostentamento sono quei sacerdoti che dedicano la propria vita allo svolgimento
delle funzioni loro assegnate dal vescovo diocesano:hanno cioè diritto all’assegno
solo i sacerdoti stabilmente preposti ad un ufficio ecclesistico,mentre quelli che
svolgono prestazioni occasionali o per un periodo di tempo limitato hanno diritto a
ricevere la giusta remunerazione dall’ente ecclesisitico che si è avvalso della loro
attività.

DETERMINAZIONE DEGLI ASSEGNI→i 2/3 circa della retribuzione dei sacerdoti è


uguale per tutti.Per la determinazione dell’ammontare della quota residua la CEI si
avvale di criteri con i quali ai sacerdoti vengono assegnati di punti in base a:

l’ufficio occupato (vescovo,parroco ecc.)

l’anzianità nell’esercizio del ministero personale

la residenza del sacerdote (per tenere conto del costo della vite nel luogo in cui il
sacerdote opera)

la presenza o meno di un alloggio ecclesiastico (per tenere conto delle eventuali


spese di locazione)

Perché si possa determinare ancora più precisamente l’equo ammontare


dell’assegno,il sacerdote deve comunucare all’istituto diocesano le retribuzioni
ricevute da enti ecclesisitici o da terzi:l’istituto valuta questi dati,e se trova che
quanto percepito dal sacerdote sia inferiore ad un minimo prestabilito,procederà
all’integrazione.I sacerdoti hanno diritto all’integrazione sia secondo il diritto
canonico che secondo quello statale:in quest’ultimo ambito sono titolari di un diritto
soggettivo che possono far valere di fronte al giudice (ordinario e non del
lavoro,poiché il sacerdote svolge una missione non un lavoro).Tuttavia poiché il
collegamento fra i due ordinamenti consente al sacerdote di rivolgersi al giudice
statale solo se non si è prima rivolto a quello ecclesiastico,quest’ultimo difficilmente
vorrà percorrere questa via,che rischia di pregiudicarne i rapporti con la Chiesa.

ENTRATE PRIVATISTICHE DEGLI ENTI CONFESSIONALI→sono regolete dal diritto


comune.Le oblazioni dei fedeli ai ministri di culto,se di lieve ammontare,sono
considerate donazioni manuali,e sono disciplinate dall’art 783cc.Tali oblazioni sono
29:
destinate ad una persona giuridica e sono da questa acquistate senza bisogno di
autorizzazione da parte dello Stato,in quanto qualificate come donazioni manuali.

DISPOSIZIONI A FAVORE DELL’ANIMA→disciplinate dall’art 629cc=norme finalizzate


a dare esecuzione alle disposizioni testamentarie di coloro che ritengono che il
compimento di riti religiosi sia propedeutico alla salvezza dell’anima.Sono valide se
sono determinati i beni da impiegare per la loro esecuzione,o almeno determinabile
la cifra da destinare a questo scopo.La loro natura giuridica è quella di oneri a carico
dell’erede o del legatario,e chiunque si anteressato può agire per dare loro
esecuzione,se è indicato dal testatore almeno un interessato;se non lo è,il testatore
può indicare una persona che ha il compito di dare esecuzione alla disposizione.Se la
disposizione è protratta nel tempo,può accadere che i beni non bastino ad
eseguirla,o che essa assorba quasi l’intero ammontare del lascito:in questo caso,se
le parti sono d’accordo,si può ottenere una riduzione;se fra le parti non vi è
accordo,la riduzione si può ottenere cmq con una sentenza del giudice statale.

ENTRATE DI DIRITTO PUBBLICO DEGLI ENTI CONFESSIONALI→sono entrate che


l’ente riceve in virtù di rapporti pubblicistici:o perché lo Stato gli riconosce poteri
tributari,o perché l’ente riceve finanziamenti dallo Stato o da altre organizzazioni
pubbliche.Dl 1/1/1990 lo Stato corrisponde alla CEI l’8 per mille dell’irpef per il
perseguimento di scopi umanitari o assistenziali (entrata gestita dallo Stato) o di tipo
religioso (entrata gestita dalla Chiesa,o delle confessioni di minoranza ammesse,a
cui si voglia devolvere tale quota).L CEI ha il compito di redigere ogni anno un
rendiconto sull’utilizzo di tali risorse,e di pubblicarlo sul proprio organo ufficale,e a
fornire esaurienti informazioni sul contenuto di esso.

ENTI DELLA CHIESA CATTOLICA

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA-CEI

La conferenza episcopale è un istituto permanente la cui struttura di base è


costituita dall’assemblea dei vescovi di una nazione o di un determinato
territorio;viene costituita,novata o estinta dalla Santa Sede e,per l’ordinamento
giuridico della Chiesa,acquista personalità giuridica con la sua legittima erezione.La
Conferenza Episcopale Italiana è legittimata,secondo quanto previsto dagli accordi
del 1984,a stipulare intese con le autorità italiane,in quelle materie che richiedono
30:
collaborazione fra lo Stato e la Chiesa.La CEI può compiere atti giuridicamente
rilevanti nell’esercizio di poteri normativi ed amministrativi.

POTERI NORMATIVI 1-definisce l’esercizio del ministero del


clero;
2-determina periodicamente quanto gli
è dovuto;
3-emana le disposizioni necessarie per
l’esecuzione nel diritto canonico delle
norme sui beni ecclesiastici e sul
sostentamento del clero.
POTERI AMMINISTRATIVI 1-riceve dallo Stato una somma di
denaro e ne determina la destinazione;
2-ripartisce gli avanzi di gestione degli
istituti diocesani fra questi e l’istituto
centrale;
3-ha eretto e dotato l’istituto centrale
per il sostentamento del clero.

CAPITOLI

CHIESE

SANTUARI

DIOCESI E PARROCCHIE

FABBRICERIE

CONFRATERNITE

PRELATURE PERSONALI

FONDAZIONI DI CULTO

ASSOCIAZIONI RELIGIOSE.

IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO

Il vecchio sistema retributivo del clero era di tipo beneficiale:l’ufficio ecclesisastico


era cioè affiancato da un beneficio,una dotazione patrimoniale postain essere da un
ente di tipo “fondazione”,il cui reddito serviva appunto a retribuire il funzionario
31:
ecclesiastico.Questo sistema generava forti sperequazioni fra le retribuzioni dei vari
funzionari,poiché le collegava al reddito del beneficio e dunque all’entità del
patrimonio della fondazione beneficiale.Per ovviare a tale sperequazione lo Stao
corrispondeva,a quegli ecclesiastici il cui beneficio producesse un reddito in feriore
ad un certo minimo,un supplemento di congrua:anche dopo il Concordato lo Stato
decise di continuare a corrispondere tali assegni supplementari.Poichè la
corresponsione di tali assegni era considerata finalizzata a garantire ai funzionari
ecclesiastici un decoroso sostentamento personale,essa era considerata altresì una
prestazione di carattere alimentare a carico per legge del Fondo per il culto,
Dunque,i funzionari ecclesiastici il cui reddito fosse inferiore ai limiti previsti dalla
legge erano titolari di un vero e proprio diritto soggettivo nei confronti del Fondo
per il culto.

Questo sistema retributivo beneficiale è stato scardinato dal nuovo Codex Iuris
Canonici,che ne ha previsto la sostituzione con un sistema basato sull’erezione di
Istituti per il sostentamento del clero,diocesani o interdiocesani,enti ecclesistici
civilmente riconosciuti.Anche lo Stato italiano ha aderito a tale riforma della
gestione patrimoniale,con l’accordo del 15 novembre 1984;ma né detto accordo,né
la successiva legge 222/1985,hanno del tutto separato lo Stato dalla chiesa per quel
che attiene alla materia in esame.Comunque essi hanno previsto l’erezione,in ogni
diocesi,di altrettanti isc,ad opera del vescovo o dei vescovi interessati;tali enti
acquistano la personalità giuridica cilvile a decorrere dalla data di pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficale del decreto del Ministero dell’Interno,emanato entro 60 gg
dalla ricazione del provvedimento canonico di erezione.

ENTI DIOCESANI DI SOSTENTAMENTO DEL CLERO→tali enti hanno il compito di


corrispondere,al clero che svolge servizio a favore della propria diocesi,una congrua
e dignitosa remunerazione.Hanno inoltre il compito di destinare parte delle proprie
risorse a coloro che,abbandonata la vita ecclesisitica,non abbiano un reddito
sufficiente a garantire loro una vita dignitosa.

IL MATRIMONIO

IL MATRIMONIO CONCORDATARIO→il matrimonio concordatario è il matrimonio


canonico,che,in base agli accordi fra lo Stato e la Chiesa,può produrre effetti non
soltanto religiosi,ma anche civili.Fino al 1965,il solo matrimonio possibile nello Stato
Italiano era quello canonico:alla Chiesa era infatti riconosciuta competenza sul
32:
matrimonio dei battezzati,mentre coloro che professavano altre religioni si
vedevano di fatto privati del ius connubii,ed erano costretti a dar luogo a famiglie di
fatto.Il codice civile introdotto nel 1965 ribaltò questa situazione introducendo il
matrimonio civile obbligatorio:anche i cattolici si vedevano costrettia celebrarare le
proprie nozze due volte,una in Municipio e l’altra in chiesa.Con il Concordato del 29
la Chiesa riacquistò sul matrimonio un potere simile a quello che le riconosceva il
concilio di Trento:al matrimonio vennero riconosciuti gli effetti civili,purchè fosse
trascritto nei registri dello stato civile,e le cause di nullità di esso vennero fatte
ricadere nella competenza dei tribunali ecclesiastici,le cui sentenze furono
considerate rilevanti nel diritto dello Stato.Le differenze con le previsioni tridentine
erano dunque rappresentate dal fatto che il matrimonio canonoco avrebbe dovuto
essere trascritto e dal mantenimento del matrimonio civile per i cattolici,poiché lo
Stato non volle introdurre un divieto in tal senso.

Il 18 febbraio del 1984 fu sottoscritto un accordo di revisione del concordato,cui si


aggiunse un protocollo addizionale che ne costituisce parte integrante:tale accordo
confermò il matrimonio concordatario apportando alcune modifiche alla sua
disciplina:si sono riconosciuti effetti civili al matrimonio canonico,in presenza di
alcune condizioni.

Sulla natura giuridica del matrimonio concordatario occorre precisare che esso non
costituisce una forma dell’atto di matrimonio alternativa a quella prevista davanti
all’ufficiale dello stato civile,ma un matrimonio canonico,retto nella forma dell’atto
dal diritto canonico,che riceve effetti anche nell’ordinamento giuridico dello
Stato.Ed infatti,proprio perché si tratta di matrimonio canonico,le sentenze di nullità
pronunciate dai tribunali ecclesisiastici possono prodirre effetti nell’ordinamento
statuale attraverso la delibazione da parte della Corte d’Appello.A questo
proposito,è discusso se la competenza dei tribunali ecclesiastici sulla validità del
matrimonio sia di carattere esclusivo o sia concorrente con quella dei tribunali
italiani

Risulta evidente che la presenza,nel nostro ordinamento,del matrimonio


concordatario,introduce una discriminazione fra i cittadini sulla base delle loro
credenze di religione,poiché l’alternativa fra il matrimonio civile e quello
concordatario è offerta solo ai cattolici.La Corte cost ha dichiarato che tale
discriminazione non costituisce violazione del principio di uguaglianza di cui all’art 3
33:
cost,poiché è espressamente consentita dall’art 7 cost,il quale,per la disciplina dei
rapporti fra lo Stato e la Chiesa,rinvia espressamente ai Patti Lateranensi,di cui il
Concordato è parte integrante.

CONDIZIONI PER L’ACQUISTO DEGLI EFFETTI CIVILI DA PARTE DEL MATRIMONIO


CANONICO→Perché il matrimonio canonico possa acquistare effetti civili occorre
che:

1-il parroco o il suo delegato informino i coniugi su quali siano gli effetti civili del
matrimonio e dia loro lettura degli articoli del codice civile che disciplinano i diritti e
doveri dei coniugi (gli stessi di cui deve dare letture l’ufficiale dello stato civile,e cioè
143,144 e 147);

2-il celebrante deve redigere due copie originali dell’atto di matrimonio,contenente


anche le dichiarazioni dei coniugi consentite dalla legge civile,quali ad esempio
quelle relative alla scelta del regime patrimoniale;

3-entro 5 gg dalla celebrazione il parroco deve inviare uno degli originali dell’atto di
matrimonio redatti all’ufficiale dello stato civile,per la trascrizione sui registri dello
stato civile.

LE PUBBLICAZIONI→Per “pubblicazioni”si intende un atto,affisso sulla porta della


casa comunale,e nel caso di matrimonio religioso,sulla porta della casa
parrocchiale,recante le generalità dei coniugi.Vi è un nesso fra le pubblicazioni e la
trascrizione del matrimonio canonico:le pubblicazioni richieste in vista della
trascrizione del matrimonio canonico devono essere effettuate secondo le modalità
previste dalla legge per le pubblicazioni che precedono il matrimonio civile e cioè
quelle previste dagli art 84 ed 86cc.La richiesta di pubblicazioni deve essere inoltrata
dai coniugi o da un loro incaricato all’ufficiale dello statao civile del comune in cui
uno dei coniugi ha la residenza,e le pubblicazioni sono effettuate nei comuni di
residenza dei coniugi.Le parti devono recare all’ufficiale dello stato civile una
richiesta scritta del parroco,in modo che questo sappia che le pubblicazioni sono
effettuate ai fini della trascrizione di un matrimonio canonico,e non per la
celebrazione di un matrimonio civile.Effettuata la trascrizione e trascorsi tre
giorni,l’ufficiale rilascia alle parti un certificato attestante che nulla osta alla
trascrizione civile,L’ufficiale dello stato civile,se si avvede che il matrimonio non
potrebbe essere trascritto,cioè che sussistono degli impedimenti a che il matrimonio
34:
acquisti effetti civili,può rifiutare le pubblicazioni.In questo caso si applica l’art
98cc:l’ufficiale dello stato civile rilascia un certificato recante le ragioni del rifiuto e
contro tale rifiuto è dato ricorso al Tribunale,che provvede in camera di
consiglio,sentito il pubblico ministero. Vi è trascrizione tempestiva quando il parroco
trasmette l’atto di matrimonio all’ufficiale dello stato civile entro 5 gg dalla
celebrazione e questo,riscontrando che l’atto è regolare,essendo state fatte le
pubblicazioni civili, lo trascrive entro le 24 ore successive.

Nel caso di trascrizione tardiva è possibile che debbano essere eseguite nuove
pubblicazioni,in quanto queste perdono efficacia dopo 180 gg.

LA TRASCRIZIONE DEL MATRIMONIO CANONICO→la trascrizione del matrimonio


canonico non svolge una mera funzione di pubblicità dichiarativa,ma
costitutiva:senza di essa infatti,il matrimonio canonico sarebbe un atto puramente
religioso,privo di effetti civili.La trascrizione ha efficacia retroattiva:i suoi effetti
decorrono non dal momento in cui essa è effettuata,ma dal momento in cui il
matrimonio è stato celebrato.Vi puuò essere trascrizione tempestiva o tardiva:

tempestiva→il parroco,entro 5 giorni dalla celebrazione,trasmette all’ufficiale dello


stato civile uno degli originali dell’atto di matrimonio che ha redatto,e l’ufficiale lo
trascrive entro 24 ore;

tardiva→può avvenire in qualunque momento,trascorso il tempo previsto per una


trascrizione tempestiva,non avvenuta per un qualunque motivo.La richiesta deve
essere effettuata da entrambi i coniugi,o anche da uno solo di essi,purchè l’altro ne
sia al corrente e non faccia opposizione,Questo requisito del consenso di entrambi i
coniugi,sia pure nella forma della mancata opposizione,esclude l’ammissibilità della
trascrizione del matrimonio post mortem di uno dei coniugi,che potrebbe essere
richiesta a fini successori.Anche la trascrizione ha effetto retroattivo alla
celebrazione del matrimonio,ma non pregiudica i diritti acquistati legittimamente
dai terzi

IMPEDIMENTI ALLA TRASCRIZIONE

Sono previsti dall’art 8 dell’accordo 18 febbraio 1984.Si tratta di impedimenti che


impediscono la trascrizione ma questa è comunque ammessa quando,secondo la
legge civile,non è puù possibile proporre un’azione di nullità o annullabilità
35:
I nubendi non possiedono i requisiti Se la competente autorità statale
anagrafici richiesti dalla legge civile per autorizza il minore a contrarre
contrarre matrimonio. matrimonio,valutata la sua maturità
psicofisica e la fondatezza delle ragioni
addotte,può aver luogo la trascrizione
tempestiva.
Se lo Stato non ha rilasciato
un’autorizzazione in tal senso,il
matrimonio non è trascrivibile
tempestivamente,ma può esserlo
trascorso un anno dal raggiungimento
della maggiore età.
Vi sono impedimenti che la legge civile L’interdetto per infermità di mente non
considera inderogabili,ovvero,secondo può contrarre matrimonio e non può
quanto precisato dal protocollo concludere nessun negozio
addizionale all’accordo 18 febbraio giuridicamente rilevante.
1984: Tuttavia,poiché il matrimonio
1= uno dei nubendi è interdetto per dell’infermo,sebbene annullabile,non è
infermità di mente più impugnabile se,dopo la revoca
dell’interdizione,i coniugi hanno
convissuto per un anno,il matrimonio
può essere trascritto tardivamente se i
coniugi hanno vissuto insieme per un
anno dopo la revoca dell’interdizione
2=vi è già fra i nubendi,o fra uno di essi Nel primo caso,non può avvenire
ed un terzo un vincolo coniugale con trascrizione perché,oltre ad essere
effetti civili fortemente illogica,costituirebbe un
inammissibile bis in idem.
Se il vincolo intercorre fra uno dei
nubendi ed un terzo,se tale vincolo è
stato reso nullo o annullato,la
trascrizione può avvenire;non può
invece avvenire se tale vincolo è stato
sciolto con una sentenza di divorzio
passata in giudicato successivamente
alla celebrazione del matrimonio
canonico.
3-vi è fra i nubendi un impedimento da L’adozione da luogo ad un rapporto
36:
delitto,da adozione o affinità in linea parificato dalla legge a quello di
retta filiazione legittima;
L’afinità costituisce impedimento
inderogabile,a meno che il matrimonio
da cui deriva il rapporto di affinità sia
dichiarato nullo (in questo caso le parti
possono chieder al tribunale
l’autorizzazione al matrimonio,di cui poi
possono chieder la trascrizione)
L’impedimento da delitto vige fra le perti
una delle quali sia stata condannata per
delitto o tentato delitto nei confronti del
coniuge dell’altra.L’impedimento non
nasce dal fatto delittuoso,ma dalla
sentenza di condanna.

IL MATRIMONIO DELLE CONFESSIONI RELIGIOSE DIVERSE DALLA CATTOLICA

Per tentare di attenuare la diversità di trattamento accordato in materia


matrimoniale ai cittadini cattolici rispetto ai non cattolici,la legge 24 giugno 1929 n
1159 ha stabilito che i matrimoni celebrati secondo culti diversi da quello cattolico
possano vedersi riconosciuti gli stessi effetti civili del matrimonio civile,celebrato
dinnanzi all’ufficiale dello stato civile.La disciplina di tali matrimoni è tuttavia assai
diversa da quella che regola il matrimonio canonico:la loro
regolamentazione,infatti,anche per quel che attiene alla loro validità,ricade
integralmente nella disciplina del codice civile;la loro sola particolarità risiede nella
forma della celebrazione,che avviene,previa autorizzazione da parte dell’ufficiale
dello stato civile,davanti al ministro di un culto diverso da quello cattolico.Anche tali
matrimoni devono trascritti nei registri dello stato civile;non è ammissibile,in
assenza di una specifica norma in tal senso,la trascrizione tardiva.Le confessione
religiose che hanno stipulato un intesa con lo stato italiano,hanno regolato la loro
disciplina matrimoniale sulla falsariga di quella concordatari.

IL MATRIMONIO EBRAICO

La legge 101/1989,che ha approvato l’intesa con l’unione delle comunità


ebraiche,ha attribuito effetti civili al matrimonio celebrato appunto secondo il rito
37:
ebraico.Anche tale matrimonio deve essere trascritto per acquistare effetti civili,e
deve essere celebrato da un ministro di culto italiano,a pena di nullità.

La particolarità del matrimonio in questione è data dal fatto che durante la


celebrazione del rito,il solo a manifestare la sua volontà apertis verbis è lo sposo:la
sposa la manifesta invece implicitamente,accettando l’anello nuziale.Ciò si discosta
significativamente da quanto previsto dalla legge civile italiana in materia di
accertamento della volontà dei nubendi.

Le parti devono richiedere la pubblicazione al competente ufficiale dello stato


civile,informandolo del fatto che intendono celebrare il matrimonio di fronte ad un
ministro del culto ebraico.Il pubblico ufficiale rilascia loro un doppio nulla osta da
consegnare al ministro del culto.Il celebrante deve informare i coniugi dei diritti e
degli obblighi civili che derivano dalle nozze,dando loro lettura degli art 143 144 e
147 cc.In ciò sta una significative differenza con quanto previsto in materia dalle
intese stipulate con altre confessioni religiose,quali quella valdese o metodista,le
quali hanno ritenuto inopportuno che il ministro del culto inficiasse la sacralità del
proprio ufficio dando lettura di scritture profane e facendosi così “pubblico
ufficiale”.Ma l’illusione di tenere separati gli aspetti temporali da quelli spirituali
è,appunto,un’illusione:anche i ministri delle confessioni citate devono infatti
redigere l’atto di matrimonio e trasmetterlo all’ufficiale dello stato civile,facendo
così i “pubblici ufficiali”.Il ministro di culto,entro 5 gg dalla celebrazione deve
trasmettere all’ufficiale dello stato civile un originale dell’atto e del nulla osta:l’uff st
civ,se trova corretta tale documentazione,trascrive il matrimonio nelle 24 ore
successive.è ammessa la trascrizione tardiva.Le comunità ebraiche conservano la
facoltà di costituire e sciogliere vincoli matrimoniali di tipo religioso in osservanza
delle antiche leggi e tradizioni ebraiche,ma si tratta di atti privi di rilevanza civile

LA NULLITà DEL MATRIMONIO CANONICO

Ipresupposti che possono condurre ad una pronuncia di nullità matrimoniale da


parte del giudice canonico sono:

-mancanza del consenso da parte di uno o di entrambi i coniugi (rientrano in tale


ipotesi i casi di simulazione e di riserva mentale)
38:
-errore sulla persona o sulle qualità del coniuge

-violenza o timore

-l’insussistenza,in capo ad uno dei coniugi,della volontà di attuare una o più delle
finalità essenziali del matrimonio cristiano,quale ad esempio quella di procreare

-l’incapacità di uno dei coniugi di avere rapporti coniugali.

La nullità del matrimonio rato e non consumato si può ottenere attraverso un


diverso procedimanto,cioè la dispensa papale:un provvedimento di carattere
amministrativo e non giuduziario,che peraltro non può essere delibato in quanto
grazioso e discrezionale,ne quale sono assenti le garanzie giurisdizionali offerte ad
ogni cittadino dalla Costituzione repubblicana.

Il diritto canonico prevede che il giudice,prima di accettare ed istruire la causa di


nullità,debba esperire ogni tentativo per conciliare i coniugi ed evitare il giudizio.Se
tali tentetivi falliscono,si instaura il giudizio presso il tribunale competente.

GIUDIZIO CANONICO DI PRIMO GRADO→Sono legittimati a propore l’azione i coniugi


o il promotore di giustizia,nel caso in cui la nullità sia di pubblica ragione.Il tribunale
comptetente è quello del luogo in cui i coniugi risiedono o hanno il
domicilio.Esaurite la fase istruttoria e quella dibattimentale,il Giudice collegiale si
riunisce per emettere il suo giudizio:una volta verbalizzato il convincimento del
giudice la sentenza deve essere redatta entro un mese;deve inoltre essere
pubblicata e notificata alle parti per publicos tabellarios.

GIUDIZIO CANONICO DI APPELLO→entro 15 giorni dalla pubblicazione della


sentenza di primo grado,la parte soccombente o il difensore del vincolo possono
proporre appello presso lo stesso tribunale:questo può confermare la sentenza
impugnata con decreto ,oppure istruire una nuova causa,sulla falsariga di quella
precedente.è da notare che è ammessa la mutatio libelli,e dunque può essere
trattata in questa sede una questione del tutto nuova rispetto a quella trattata
durante il precedente grado di giudizio.Se il tribunale d’appello conferma la
sentenza di nullità matrimoniale,questa pronuncia è immediatamente esecutiva in
ambito religioso:ma perché possano prodursi effetti civili occorre l’exequatur,cioè il
decreto di esecutività emanato dal Supremo Tribunale della Segnatura apostolica.Il
relativo giudizio si svolge presso la Santa Sede,ed è sostanzialmente un giudizio di
39:
controllo:con esso si attesta la regolarità del procedimanto ottemperato da parte dei
tribunali canonici.Posto in essere tale controllo di legittimità,il Supremo Tribunale
emana un decreto con il quale attesta la legittimità della sentenza.

La doppia sentenza di nullità pronunciata dai tribunali canonici non è in grado di


produrre effetti civili nell’ordinamento giuidico italiano.A questo fine essa deve
essere delibata.

LA DELIBAZIONE DELLE SENTENZE ECCLESIASTICHE

La “delibazione”è la speciale procedura giudiziaria tramite la quale una sentenza


ecclesiastica di nullità matrimoniale acquista,su richiesta di parte,effetti civili
nell’ordinamento giuridico italiano.Essa è prevista dall’ accordo del 18 febbraio
1984,modificativo del Concordato del ’29,all’art 8 n 2.

La procedura si apre con la domanda di delibazione che uno o entrambi i coniugi


inoltrano alla Corte d’Appello competente nel territorio,cioè quella nel cui distretto
si trova il comune nel quale il matrimonio fu trascritto.La domanda deve essere
sottoscritta da un procuratore legale ,e richiede la ricorrenza di alcuni presupposti
processuali:

 La duplice pronuncia di nullità del matrimonio,costituita dalle due conformi


decisioni giudiziali,emanate in ambito ecclesistico,dichiarative della nullità del
matrimonio,secondo la procedura prevista per i processi di nullità
matrimoniale
 Il decreto di esecutività,emesso dal Supremo tribunale della segnatura
apostolica,nella sua funzione di organo di controllo dell’attività giudiziaria
ecclesiastica,attestante l’esecutività nell’ordinameto canonico della sentenza
delibanda.

ADEMPIMENTI DELLA CORTE D’APPELLO→ai fini della sua indagine,la Corte deve
accertare:

1-l’esistenza e l’autenticità delle due decisioni giudiziali ecclesisitiche dichiarative


della nullità del matrimonio.e del decreto di esecutività emanato dal supremo
tribunale della segnatura apostolica;

2-che il matrimonio dichiarato nullo fosse un matrimonio concordatario;


40:
3-che durante il giudizio svoltosi di fronte al tribunale ecclesiastico alle parti sia stato
assicurato il diritto di agire e di difendersi,in modo non difforme dai principi
dell’ordinamento italiano;

4-che non vi siano circostanze ostative alla dichiarazione di efficacia


nell’ordinamento italiano di una sentenza straniera e cioè:

a-che non vi sia una sentenza italiana passata in giudicato,contrastante con quella
ecclesiastica;

b-che la sentenza ecclesiastica non abbia contenuti contrari all’ordine pubblico


italiano;

c-che non vi sia fra le parti un giudizio penedente di fronte al giudice


italiano,concernente lo stesso oggetto (cioè la nullità del matrimonio,anche se
richiesta per montivi diversi rispetto a quelli addotti in ambito
ecclesiastico),instaurato prima che la sentenza canonica sia divenuta esecutiva.

Qualora la corte renda esecutiva la sentenza di nullità,puo provvedere a statuizioni


temporanee di carattere economino,in favore del coniuge in buona fede (cioè che
ignorava le cause di ullità al momento della celebrazione),rinviando al giudice
competente per ogni statuizione definitiva.

EFFETTI DELLA DELIBAZIONE→la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità


priva il matrimonio degli effetti civili ex tunc,cioè dal momento della
celebrazione,ma lascia impregiudicato il repporto di filiazione,con i diritti e i doveri
che ne conseguono.Questo rende superflua la domanda di divorzio.Viceversa anche
se è intervanuto il divorzio,si può ottenere la delibazione,che però in questo caso
produrrà solo effetti religiosi,poiché oramai a regolare gli effetti civili è
intervenuto ,appunto il divorzio.
41:

Potrebbero piacerti anche