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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

LEZIONE 1
Da dove viene e quando nasce il diritto ecclesiastico

Possiamo riferirci a due questioni diverse: la nascita dell'espressione "diritto


ecclesiastico" e la nascita della disciplina vera e propria. Pagina | 1

Se pensiamo al termine “ecclesiastico” il collegamento è col termine “ecclesia”, in


greco assemblea e per traslato Chiesa.
L'espressione diritto ecclesiastico risale già ai primi secoli del cristianesimo,
quando si affermano le prime strutture giuridiche della Chiesa, ed era
originariamente riferita alla potestà della Chiesa.

NB: perché parliamo di potestà della Chiesa? La chiesa cattolica si dota, per
ragioni storiche (persecuzioni ecc.) di un sistema giuridico proprio, parallelo a
quello dell’Impero Romano nel quale nasce e si sviluppa.
Bisogna quindi tener conto che anticamente il diritto della Chiesa ha avuto ruoli e
peso diversi rispetto ad oggi.
In particolare, dopo l’editto di Costantino e di Teodosio, la religione cristiana
assunse un ruolo nuovo nell’Impero Romano ed ebbe un carattere pubblico
(religione ufficiale, nelle cerimonie etc.). Le leggi della chiesa vengono riconosciute
e recepite dai sovrani e acquistano forza di legge; i peccati sono anche reati…
poiché lo Stato è cristiano, si comporta difendendo e applicando, come fosse diritto
statale, il diritto cristiano. Es. sentenze canoniche sono applicate anche in ambito
civile direttamente, lo Stato funziona da braccio secolare della Chiesa.
In questa dinamica si definisce anche un dualismo tra Stato e Chiesa, con alterne
vicende: in alcuni momenti è il primo a prevalere (e a controllare, ad es., le nomine
e i beni della chiesa), in altri è la Chiesa a ottenere la supremazia (il papa incorona
gli imperatori, ecc.).

NB: in questa contrapposizione tra le due istituzioni, il diritto individuale di libertà


religiosa viene storicamente “dimenticato”, compresso… riacquista importanza solo
in epoca moderna.

In queste epoche il termine ius ecclesiasticum indica, appunto, il diritto, il potere


della Chiesa cattolica. Non sempre è sinonimo di legge o diritto della Chiesa, che
spesso viene invece indicato con il termine ius canonicum, lex canonica; il diritto
ecclesiasticum indicherebbe invece più in generale il complesso del potere
normativo della Chiesa.
NB: kanon, in greco, è il “regolo” = in senso traslato, la regola di condotta, il
precetto

Con la Riforma (XVI sec.), soprattutto in Germania, si affermano due espressioni


diverse: "diritto canonico" e "diritto ecclesiastico". La prima si riferiva al

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Corpus dei Canoni della Chiesa cattolica (redatto durante il Medioevo, in varie
tappe);
La seconda espressione ("diritto ecclesiastico" o Kirchenrecht) faceva riferimento
all'organizzazione della Chiesa e di volta in volta veniva corredata da un aggettivo
(diritto ecclesiastico cattolico, diritto ecclesiastico protestante....).
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In Italia e in altri Stati le due espressioni sono più confuse e intercambiabili,
utilizzate come sinonimi (il riferimento è sempre alla Chiesa cattolica, sia per quanto
riguarda i "canoni" - da cui "diritto canonico" - sia per quanto attiene
all'organizzazione ecclesiastica - cioè della Chiesa -) Questa situazione nell'uso
di queste espressioni cambia quando lo studio delle norme di diritto statale in
materia religiosa inizia ad essere distinto dallo studio del diritto canonico.
Tra Italia e Germania nell’800 si sviluppa il diritto ecclesiastico come lo intendiamo
oggi. E di conseguenza cambia anche l'uso dei termini, rispetto a come li ho
descritti finora.

In primo luogo, a fine 800 alcuni autori italiani (che sono considerati i "padri" del
diritto ecclesiastico odierno: Francesco Ruffini, Francesco Scaduto – prolusione
1884, con influenza del tedesco Friedberg) iniziano a distinguere nelle loro opere il
diritto statale che riguarda le confessioni religiose dal diritto interno alle confessioni.
Non distinguono però del tutto lo studio delle due branche del diritto, anzi: parlano
solo di diritto ecclesiastico, che si divide a sua volta in norme di provenienza statale
e norme di provenienza ecclesiastica (ovvero di provenienza della Chiesa: non c'è,
quindi, ancora una chiara distinzione di termini tra diritto ecclesiastico e canonico).
Inoltre, si studia solitamente il diritto della Chiesa (canonico), al quale si affianca
l'esame delle norme dello Stato che danno effetti civili alle norme canoniche
(l'esempio classico è quello del matrimonio, celebrato in chiesa secondo il diritto
canonico, al quale alcuni Stati riconoscono effetti civili). Si trattava, insomma di uno
studio di un diritto in funzione dell'altro, non si studiavano ad esempio le norme di
diritto canonico che non avevano interesse per il diritto statale.

L’insegnamento del diritto canonico peraltro viene soppresso da molte


università nella seconda metà dell’800. Siamo infatti in un periodo nel quale il
diritto dello Stato prevale su quello delle sue articolazioni (positivismo giuridico e
liberalismo, il solo ente produttore del diritto è lo Stato!). Quindi ci si occupa del
diritto dello Stato e assieme di quello della Chiesa, per avere una sorta di controllo
sul diritto proprio della Chiesa.
NB: nessuno mette in dubbio il fatto che la Chiesa produca un suo diritto, ma è
come negargli importanza e autonomia

Un cambiamento importante si ha nei primi 2-3 decenni del 900 quando si afferma
la teoria degli ordinamenti giuridici (Santi Romano, L’ordinamento giuridico, 1918)
in base alla quale a ogni

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“istituzione” (organizzazione sociale) corrisponde un ordinamento, che produce


diritto. Stato e Chiesa sono due ordinamenti indipendenti e primari. In pratica si
sostiene che la Chiesa, come anche altre comunità sociali, può essere considerata
un vero e proprio ordinamento giuridico primario, vale a dire un sistema di norme
che si regge da solo e che ha una sua "indipendenza" rispetto ad altri ordinamenti.
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Ad esempio il fatto che il diritto canonico preveda delle sanzioni, come la
scomunica, che sono riconosciute come tali dagli aderenti e che sono rispettate ed
applicate, dimostra che siamo di fronte a un sistema giuridico in grado di governare
i rapporti giuridici al suo interno, senza necessità che lo Stato riconosca e dia
efficacia a quelle sanzioni.
Di conseguenza i due sistemi normativi (Stato e Chiesa) possono essere
studiati entrambi come insiemi di norme che hanno la propria autonomia e
valore, a prescindere dal riconoscimento di uno da parte dell'altro.

Il riconoscimento dell'ordinamento della Chiesa come primario e autonomo fa sì


che si affermi più nettamente, in dottrina, la distinzione tra lo studio del diritto
canonico (quello che fa riferimento all'ordinamento della Chiesa) e diritto
ecclesiastico inteso come lo intendiamo ora (quello che fa riferimento
all'ordinamento dello Stato). Ciò avviene dagli anni ‘20 e poi più decisamente negli
anni 30-40 del 900 (autori: Arturo Carlo Jemolo, Mario Falco, Domenico
Schiappoli, etc.)
Ad es. Jemolo (Elementi di diritto ecclesiatico, 1927) sottolinea che i due insiemi di
norme (della Chiesa e dello Stato) non sono riconducibili a unità e che sono diversi
per finalità, mezzi, campi di competenza. Perciò è opportuno distinguere lo studio
dei due (anche se nel manuale tratta entrambe)

Tra l’altro con la codificazione del 1917 riprende vigore anche lo studio del dir
canonico

Facciamo un passo avanti ancora.

I due ordinamenti sono anche in rapporto tra loro. Ad esempio il fatto che la Chiesa
sia un ordinamento originario e autonomo rispetto allo Stato non toglie che sia
comunque oggetto dell’amministrazione dello Stato, cioè che lo Stato si interessi ad
essa e alle conseguenze di alcune sue norme nell'ordinamento civile. E che lo
Stato detti alcune norme per regolare queste conseguenze e i rapporti con le
confessioni religiose.

Il diritto ecclesiastico, sviluppandosi come dottrina autonoma, si configura quindi


come la scienza che studia le norme prodotte dai due diversi ordinamenti - Stato e
Chiesa – che concorrono a regolare le stesse materie (quelle che poi sono state
definite le res mixtae, come il matrimonio, ma anche ad esempio le nomine
ecclesiastiche e il ruolo dei ministri di culto, etc.). Quindi in definitiva è la scienza

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che studia i rapporti tra questi due ordinamenti (che sono originari e
rispettivamente autonomi, ma che entrano in rapporto, regolando spesso materie di
interesse comune).

Un ulteriore rafforzamento del diritto ecclesiastico come branca autonoma nello


studio del diritto si ha con la firma dei concordati tra Stati e Chiesa cattolica (che Pagina | 4
consacrano in qualche modo la regolamentazione e il significato dei rapporti tra
Stati e Chiesa, la necessità di regolare le res mixtae...). In Italia il Concordato si
firma nel 1929.
In qualche modo in quel momento storico lo studio delle relazioni Stato-Chiesa
sembra avere anche un oggetto particolare, cioè le norme cosiddette
"pattizie", quelle del Concordato e simili.

Con la Costituzione repubblicana, allo studio del concordato si affianca (e si


sottolinea) lo studio dei diritti relativi alla libertà religiosa (principi di uguaglianza
e libertà etc.).

L'Italia (e, dietro influsso italiano, la Spagna) è il Paese dove si afferma


maggiormente l'indipendenza dottrinale del diritto ecclesiastico e il suo significato
non solo come mero studio dei concordati (questo è accaduto in Germania ad
esempio, e il diritto ecclesiatico è finito con l'essere considerato un pezzo del diritto
internazionale e dei trattati)

Lo studio e lo sviluppo del dir ecclesiastico segue, quindi, la storia:


- Se prima si concentra sui beni ecclesiastici e, poi, sullo studio dei
Concordati…
- Dopo ancora l’accento è sulla dimensione della libertà religiosa (legislatio
libertatis)
- E OGGI: sia rapporto con le confessioni religiose (non solo con la Chiesa
cattolica), sia la libertà religiosa e la disciplina di molti altri temi “nuovi”,
collegati col fattore religioso…. In un contesto di pluralismo confessionale >>>
presenza di molte religioni nelle società plurali, rapporti con esse, e molti
comportamenti oggi sono dettati dalla religione, anche nel quotidiano
- Diritto ecclesiastico è per alcuni un termine “demodé” (perché farebbe
riferimento troppo esplicitamente alla CHIESA (ecclesia) e si dovrebbero usare
altre denominazioni come “Diritto e religione”, ecc.

Oggi comunque non si discute più di questa distinzione (dir eccl/dir canonico), che
è pacifica.
Distinguiamo quindi:
- il diritto della Chiesa > il diritto canonico

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- il diritto ecclesiastico: studio del diritto dello Stato relativo al fenomeno


religioso, ai rapporti con le confessioni religiose, alla libertà religiosa

V ediamo meglio q ual è l’oggetto del nostro studio


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Il dir ecclesiastico ha un oggetto di studio proprio? Tale da renderlo una disciplina


autonoma? Si può costruire un “sistema”, con le norme di dir. Eccl.? Un “sistema”
concluso, a se stante?

Come abbiamo accennato, se consideriamo ad es. il solo studio delle norme dei
concordati, potremmo demandarlo al diritto internazionale o dei trattati, così come
se consideriamo il solo studio dei principi costituzionali e della libertà religiosa, non
vedremmo chiaramente la distinzione tra dir. Eccl. e dir. Costituzionale.

In effetti l’oggetto del nostro studio è un po’ più ampio: si tratta di


- Rapporti tra Stato e confessioni religiose (abbiamo detto non solo la Chiesa),
siano essi disciplinati da concordati e norme pattizie o da altra tipologia di
norme
- Disciplina del fattore religioso: quindi: non solo il profilo istituzionale, quello
relativo alle confessioni, ma anche quello relativo all’individuo, alla libertà
religiosa, ai vari risvolti che il fattore religioso ha nell’ordinamento giuridico
- Trattiamo poi delle norme dello Stato (in Spagna si chiama diritto eccl dello
Stato), ma ricordandoci sempre che lo Stato non ha il monopolio della
produzione giuridica
- Nb: oggi anche norme internazionali e dell’UE sono rilevanti per la lib religiosa

Qualche esempio di temi Temi classici: enti e matrimonio (prevalenza questioni


relative alla Chiesa cattolica e al suo rapporto con lo Stato)

temi più nuovi: -


obiezione di
coscienza
- diversità religiose ed esigenze peculiari in ambito pubblico e nel lavoro
- laicità dello spazio pubblico (presenza crocifisso, ecc)
- presenza di nuove religioni e rapporti con esse (luoghi di culto, ecc.) -
questioni di bioetica e libertà religiosa

Pensiamo oggi in generale al pluralismo etnico e religioso, ai problemi derivanti dal


moltiplicarsi delle richieste in merito alla libertà religiosa, ai diversi casi (anche di
attualità) che mostrano la presenza delle religioni sempre più visibile nelle nostre
società
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Emergono anche vari casi di giurisprudenza…


Rilevanza di questi casi anche per l’esercizio delle professioni legali, tanto che il
diritto ecclesiastico è materia d’esame per gli avvocati - Qs ci indica l’interesse nello
studio di qs materia
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Più difficile affermare che esista un sistema vero e proprio
- Avrebbe un sistema proprio, se consideriamo che ha un oggetto di studio
peculiare: ad es. lo studio delle relazioni con le confessioni: sono norme di
diritto speciale o son le stesse usate x altri gruppi sociali? Allora il DE potrebbe
esistere come sistema solo nei paesi che hanno norme speciali?
- Se l’oggetto di studio è, più propriamente, il fattore religioso, anche altre
discipline lo studiano ed è più difficile ricavare un “sistema” proprio
- Se pensiamo ad altre branche del diritto è più facile parlare di un sistema:
gerarchia di norme, a partire dai principi costituzionali, una sistematizzazione
in un codice…. Il dir eccl non ha un codice e ci sono molte intersezioni con
altre discipline, più difficile quindi parlare di un sistema. Però quello che
proveremo a fare è proprio partire dai principi per osservare se e in che modo
le norme che si occupano del fattore religioso rispondono a quei principi.
Come vedremo è una materia dalla scarsa sistematizzazione anche perché è
molto influenzata dalla politica, dalla società, dall’attualità…

Un aspetto peculiare della disciplina è il metodo

Qual è il metodo che possiamo adottare per studiare questi temi?

Importante acquisire un metodo – analizzare le problematiche religiose alla luce


dei principi fondamentali (che studieremo) e cercando di riflettere sulla
gestione del pluralismo e con attenzione al dato storico, sociologico
Attenzione e metodo che vanno al di là dell’analisi della norma e basta

Metodo che guarda anche ai diversi soggetti che agiscono in quest’area e che
producono diritto. Se pensiamo alla distinzione tra canonico ed ecclesiastico è
importante, ad esempio, cogliere le interazioni tra Stato e confessioni, che
producono diritto. Si parla in questo senso di PLURALISMO GIURIDICO
Ricordiamoci, quindi, fin d’ora, che lo Stato non è l’unico soggetto che produce
diritto, ma che come dicevano gli antichi ubi societas ibi ius… E tra le varie
comunità che producono diritto (sportive, sociali…) vi sono anche quelle religiose

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Siccome dobbiamo studiare (detto brevemente) il rapporto tra diritto e


religione ci possiamo interrogare preliminarmente su che cosa si intende per
RELIGIONE

Le scienze sociali che studiano le religioni non riescono quasi mai a fornire una Pagina | 7
definizione univoca di questo termine. È un concetto ampio, variegato – quando
parliamo di religione, sappiamo approssimativamente a cosa ci riferiamo, ma è
difficile definirla.
Possiamo cmq dire, ai fini della ns materia, che la religione è qualcosa che implica
una dimensione soprannaturale (metagiuridica) e che è anche qualcosa di sociale,
di umano, con molteplici profili che osserviamo nella vita quotidiana della ns
società.

Vedremo più avanti che in alcuni casi è necessario per l’operatore del diritto sapere
che cosa è religione e che cosa no…. Ma attenzione: quasi mai il diritto offre una
definizione standard. Spesso si va a vedere se si possono rintracciare alcuni
elementi di base, ad es.
1) la credenza in una realtà trascendente
2) alcune manifestazioni esterne come riti o liturgie
3) una dimensione sociale e comunitaria (che interessa particolarmente il
diritto
4) un complesso di regole e doveri (legge morale, sistema etico),
dell’uomo verso Dio e verso gli altri uomini

Ciò che è certo è la rilevanza del fatto religioso nelle società odierne, il ruolo
sociale delle religioni.
Il ruolo sociale delle religioni è sempre esistito, sebbene con forme diverse e nella
storia si sono sempre avute relazioni tra il potere civile (lo Stato) e le religioni.
Ad esempio le religioni hanno spesso fornito agli Stati valori e legittimazione, ad es.
fondando sulle proprie regole morali il senso della giustizia e del diritto - modo di
concepire il bene e il male che passava allo Stato e alle sue istituzioni.
Oppure i luoghi di culto sono serviti per rifugio dei dissidenti nel caso di regimi
repressivi
O ancora istituzioni religiose hanno svolto nella storia (e ancora oggi) importanti
compiti socioassistenziali (conventi e istituti per minori, ospedali, scuole, ecc.)
Inoltre, anche lo sviluppo del diritto nella storia deve qualcosa alla religione (e
viceversa, il diritto canonico ad es. deve qualcosa al dir romano)

Se è indubbio il ruolo sociale delle religioni, oggi come nella storia, vi sono però
diversi modi in cui lo Stato e le religioni entrano in rapporto tra loro.

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Proviamo a delineare alcuni modelli che si sono verificati nella storia, per poi
procedere a vedere qual è il modello italiano di rapporti tra Stato e confessioni
religiose.
MONISMO STATO-RELIGIONE
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Nel passato alcune zone del mondo vedevano un monismo, un’unione tra Stato e
religione. Sono i modelli dell’antica Grecia e Roma: la religione era “del popolo”, un
tratto nazionale-etnico – politica, religione e comunità erano un tutt’uno e vi erano
religioni ufficiali

DUALISMO o distinzione tra religione e politica


In questo caso vi è una distinzione e quindi si può parlare propriamente di rapporti
tra religione e Stato. Distinzione di qs tipo è introdotta con il Cristianesimo (“Date a
Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio”, massima evangelica)

(tematiche che vedremo anche in dir. Comp delle religioni)

Le novità in qs senso:
- Esistono due ordini diversi (secolare e religioso)
- Ciascuno presenta obblighi diversi
- Il potere politico è demistificato, non è più sacro

NB: la distinzione degli ordini temporale e spirituale nn significa che questi non
possano comunicare, entrare in relazione. Ad es. negli scritti dei primi padri della
Chiesa, si parla del dovere di obbedire alle leggi civili – sempre però tenendo in
conto la necessità di obbedire prima a Dio e poi agli uomini.
(Primi conflitti di coscienza – ancora oggi esistenti)

Stante il dualismo cristiano, e considerato che ci occuperemo dell’area italiana ed


europea, facciamo un cenno ai modelli storici di relazioni tra Stato e religioni.

 Il cesaropapismo
Modello sul quale si innesta la nuova religione cristiana con il suo principio
dualistico. L’imperatore di Roma infatti era anche il Pontifex Maximus, sacerdote
della religione civile.
Il cesaropapismo è un modello che accentra in “Cesare” (autorità civile) anche le
funzioni di “papa” (autorità religiosa)
Dopo l’editto di Teodosio, modello che in certo modo continua: l’imperatore ha
competenza nella nomina dei vescovi e li può deporre, legifera anche in materia
religiosa, presiede e convoca i concili, può pronunciarsi su dogmi, ecc.

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Col passare dei secoli, si cerca di distinguere autorità religiosa e secolare e di


mettere fine a certi abusi (ad es. nelle nomine = lotta per le investiture tra il 900 e il
1110) La chiesa così acquista libertà (potere nelle nomine, ecc.)

 in alcuni casi si tende a modelli TEOCRATICI:


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il papa incorona l’imperatore, si pronuncia sui candidati al titolo (arriva a deporlo,
nel 1076 con Enrico VIII e altri casi)
L’Europa è cristiana e quindi anche le autorità secolari sottostanno al potere
religioso, o comunque vi trovano la fonte di legittimazione

Dopo molti secoli di dominio della Chiesa o dell’Impero, cambiamenti con la riforma
luterana
e l’età moderna:

- anzitutto, dal punto di vista teologico: LA RIFORMA accentua il principio


dualistico. Le Chiese riformate non seguono il diritto canonico romano e
lasciano competenze al potere secolare.
Il principe è visto da Lutero come un incaricato di Dio a mantenere l’ordine,
sia dello Stato, sia della Chiesa che si trova sul suo territorio.
Quindi da un lato secolarizzazione del diritto, che avviene più tardi negli
Stati cattolici, spesso in seguito a contrasti e a provvedimenti anticlericali.
Ad es. con la rivoluzione francese lo Stato si prende alcune delle
competenze che erano delle parrocchie (anagrafe, ecc.) Dall’altro lato,
negli Stati nord Europei dove si afferma il protestantesimo, l’autorità civile
regola anche questioni religiose come erezione e confini parrocchie ecc.,
ma anche talvolta controllo sui dogmi >> qui si userà l’espressione diritto
ecclesiastico per indicare il diritto dello Stato che si occupa del governo
della Chiesa
In questi contesti: chiese nazionali. Tolta ogni autorità al papa, è il
principe a occuparsi delle chiese, che diventano chiese di Stato

- Nascono gli Stati nazionali, ciascuno con una propria identità religiosa: chi
aderisce alla riforma, chi resta fedele al papa di Roma; Stati con chiesa
nazionale; Stati con altri modelli di rapporti Stato-confessioni

- Si rompe l’unità religiosa dell’Europa – guerre di religione

Due trattati cercano di porre fine ai conflitti


- Pace di Augusta 1555

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- Pace di Westfalia 1648 tra cattolici e protestanti. Fine dell’ambizione di


estendere il cattolicesimo a tutti i territori. Questo trattato segna la
creazione degli Stati nazionali, con una religione propria
- si afferma il principio del cuius regio eius et religio (di chi è la regione,
appartiene anche la religione: ovvero al sovrano appartiene il potere e
anche la decisione sulla religione da seguire) >>> gli altri culti sono tollerati Pagina | 10
in base a specifici “editti sulla tolleranza”

- In questo periodo si afferma pure (e questo è particolarmente importante


per il nostro discorso) il monopolio dello Stato nella creazione del diritto – lo
Stato si emancipa dal ruolo delle confessioni (della Chiesa in particolare)
nel dettare la legge.
Questo segna l’inizio dell’età moderna:
Mentre nel medioevo convivevano diversi regimi giuridici (Chiesa,
corporazioni, ius mercatorum, comuni…) lo Stato ora si arroga il diritto di
dettare le norme e l’interpretazione del diritto (Hobbes: autoritas, non
veritas facit legem)

- Si pongono alcune basi ideologiche-politiche per il separatismo: Grozio e il


suo “etsi Deus non daretur”, è l’altra soluzione alle guerre di religione:
secolarizzazione del diritto (il principio del cuius regio è una soluzione di
tipo politico, per risolvere le guerre di religione si decide che ogni stato
debba essere omogeneo religiosamente), assolutismo statale, il monarca
non è più soggetto alle autorità religiose e detta le norme; la religione è da
confinarsi, tendenzialmente, alla sfera privata

BASI DEL SEPARATISMO… che rimane in larga parte inattuato… è spesso un


ideale a cui tendere, ma che non si realizza mai del tutto (cfr. ad esempio
introduzione storica dei rapporti Statoconfessioni in Italia)

MODELLI DI RELAZIONI STATO-CONFESSIONI in questo periodo

- Nel nord Europa, in base al principio del cuius regio eius et religio: Chiese
di Stato
(ufficiali) – sono modelli che sono arrivati fino ad oggi (Norvegia,
Danimarca, UK…)

- Nei paesi cattolici gli Stati, anche se più tardi (XVI-XVIII sec.), assumono
competenze spirituali (parallelamente a qnto avviene negli Stati protestanti)
e cercano di svincolarsi dal potere della Chiesa
Modelli: giuseppinismo in Austria, giurisdizionalismo in Italia,
Regalismo in Spagna, Gallicanismo in Francia…. Nomi diversi per lo
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stesso fenomeno. Si tratta sopratt di controllo sulle nomine ecclesiastiche


(placet regio) e sono ingerenze che si risolvono solo nel XX secolo.
In fondo, volontà degli Stati di superare il dominio della Chiesa, di
controllarla, di privarla dei suoi patrimoni e nazionalizzarli (temi ricorrenti:
relazioni finanziarie, nomine vescovi) NB: il giurisdizionalismo del ‘700-‘800 Pagina | 11
vede da una parte la Chiesa godere di privilegi (è religione ufficiale, solo i
cattolici possono accedere a determinati uffici o incarichi pubblici; spesso
solo i cattolici possono esercitare il culto pubblicamente…) e dall’altra lo
Stato che cerca di intervenire nelle questioni religiose (controllo sui beni,
incameramento di essi all’estinzione di enti eccles; controllo sulle nomine,
controllo sugli atti della Chiesa prima della pubblicazione; ecc. – nell’impero
austro-ungarico si arrivò a disciplinare e controllare minuziosamente anche
gli atti di culto … ecc.ecc.) un altro intervento tipico di qs periodo è la
soppressione o l’avversione verso ordini religiosi, in particolare i gesuiti (visti
più fedeli al papa che allo stato

Andiamo a vedere più nello specifico COSA ACCADE IN ITALIA

Ci interessa perché ci sono riflessi nella legislazione ancora oggi in vigore.


Vedremo la storia dei rapporti Stato-confessioni dal periodo immediatamente
precedente l’Unità d’Italia in poi

LEZIONE 2 STORIA E DIRITTO ECCLESIASTICO


Nella storia dell’Italia i rapportai tra stato e chiesa sono stati suddivisi in 3 fasi:
1. periodo liberale: separatismo
2. periodo autoritario e totalitario: all’inizio di questo periodo nasce il concordato
del 29
3. sistema costituzionale democratico: pluralismo e accordi -> modello
concordatario nel nuovo ordine costituzionale

Con l’unificazione Italiana, quindi dopo il congresso di Vienna (1815) si dichiara che
l’Italia è un’espressione geografica con molti Stati

Nel primo periodo, quello liberale, ci si trova nel contesto del regno di
piemontesardegna. Dal 1848 al 1871 si hanno una sere di cambiamenti normativi
tendenti al: • liberalismo, nel quale i diritti di libertà garantiti per legge
• Separatismo (moderato)
Lo statuti Albertino del 1848 dichiara all’art. 1: “La religione cattolica, apostolica e
romana è la sola religione dello Stato. Gli altri culti sono tollerati conformemente
alle leggi che li riguardano” -> quindi:
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⁃ si fa ancora riferimento a religione di Stato


⁃ vi è tolleranza (che è diversa dalla libertà religiosa)
⁃ vi è ancora richiamo alle leggi, le quali fingono da garanzie, anche se minime
Nasce quindi un’impostazione liberale.
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Sempre nel primo periodo, grazie alle modifiche, si cancella la rilevanza civile di
norme e istituti confessionali che storicamente regolavano la vita dei cittadini
(nascita, matrimonio, etc.), creando, in sostituzione, strutture sociali laiche;
vengono votati i rapporti diretti tra Stato e confessioni religiose -> solo allo Stato
spetta disciplinare il fattore religioso con norme unilaterali.
Nel modello liberale , convivono una politica legislativa liberale e separatista e,
interventi di tipo giurisdizionale.

La legislazione ecclesiastica del periodo liberare va divisa in due parti, da una perte
la legislazione separatista e liberale, e dall’alta una legislazione giurisdizionalista:

separatista/libreale giurisdizionalista
1849 lege Sineo: la differenza di culto 1850 due leggi Siccardi: la prima limita
non pu formare eccezione al godimento l’efficacia civile delle giurisdizione
dei diritti civili ed all’ammissibilità alle canonica; la seconda stabilisce
cariche civili e militari autorizzazione agli acquisti degli enti
1855: vengono soppressi gli ordini
1865: il cc riconosce solo il matrimonio
religiosi non dediti all’assistenza, alla
civile
predicazione e all’educazione
1873 vengono abolite le facoltà di
1866/87: diversi provvedienti
teologia
sopprimono le congregazioni e
1877 legge coppino: viene abolito
associazioni religiose, incamerandone i
l’insegnamento religioso nelle suole
beni
pubbliche
1889 codice penale zannardelli: il bene 1890 riorganizzazione, per mano dallo
giuridico protetto è il sentimento religioso stato, delle istituzioni di beneficenza e
individuale, da cui discende l’uguale incameramento dei beni delle
tutela di tutti i culti in materia penale confraternite
Dobbiamo tenere presente, in questo periodo liberare e separatista, la questione
romana. La questione romana è importante per capre il rapporto ambivalente tra
stato e chiesa -> si ha con l’unità d’Italia nella quale non si aveva annesso Roma, e
quindi la chiesa all’unità stessa. In quanto periodo si hanno tesi politiche diverse
che tenevano che Roma dovesse essere la capitare del regno d’Italia -> bisognava
riconoscerla.

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Il rifiuto dello stato italiano nei confronti di Roma e del pontefice poneva in essere
una questione -> lo stato italiano non era riconosciuto dal pontefice, ma la chiesa
era conosciuta in tutta europa.
La questione non è solo una questione solo territoriale, ma è anche una questione
di rapporti tra lo stato italiano appena nato e la chiesa cattolica -> 1870 Roma viene Pagina | 13
presa militarmente dopo una serie di giochi diplomatici e il papa, ritiratosi nei
palazzi del vaticano, continua a non riconoscere lo stato italiano.
Quindi:
1. questione territoriale parla della città di Roma, che in qualche modo si risolve
con la breccia di porta romana, nella quale il pontefice si ritira in votavano e
la città viene inserita all’interni del neo-stato
2. questione dei rapporti stato/chiesa: vi è un’ostilità del pontefice verso il nuovo
stato in quanto lo stato voleva prendere la città di Roma eliminando il potere
temporale. Allo stesso tempo occorre trovare una soluzione per questa
questione assicurando, da una parte, la libertà di governo della chiesa, e
dall’altra, risolvere la questione di coesistenza di Roma e della chiesa
cattolica della chiesa cattolica.

Leggi delle Guarentigie 1871 -> Titolo I: prerogative del Sommo Pontefice e della
Santa Sede
⁃ pontefice con diritto di legazione attiva e passiva
⁃ godimento (ma non proprietà) di Vaticano; palazzi del Laterano e della villa di
Castelgandolfo con relative pertinenze (immunità residenza)
⁃ stato italiano si impegnava a versare tre milioni di lire annue a Vaticano
⁃ libertà di comunicazione tra papa e vescovi e immunità sedi conclave e
concilio ecumenico
⁃ persona del Papa sacra ed inviolabile, alla pari di quella del Re > attributo di
sovranità
Titolo II: Relazioni della Chiesa con lo Stato in Italia
⁃ libera discussione in materia religiosa
⁃ piena libertà di riunione: no autorizzazione regia per sinodi e concili
⁃ libertà nella nomina dei vescovi che non dovevano più giurare al re
⁃ atti ecclesiastici liberi da exequatur
⁃ controllo regio su destinazione beni ecclesiastici (ancora segno di
giurisdizionalismo)

13
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Dal non expedit al 29 -> la questione romana non viene risolta con le Guarentigie,
infatti:
⁃ l’italia riconosce inviolabilità del Papa, ma non la sua sovranità su un territorio
Pagina | 14
⁃ le garanzie sono concesse unilateralmente dallo Stato italiano, Stato non
riconosciuto dal Papa
⁃ Vi è ostilità da parte del Pontefice
⁃ assenza cattolici dalla vita dello Stato italiano -> no all’elettorato passivo e attivo
dei cattolici, fino al 1919
La situazione inizia a cambiare agli inizia del 1900, soprattutto dopo Prima Guerra
Mondiale

Da qui inizi il secondo periodo, cioè quello dell’epoca fascista -> si inizia a spostarsi
verso la conciliazione:
⁃ 1919 abolito il Non expedit
⁃ 1918 supplementi di congrua per il clero
⁃ permangono reciproche diffidenze tra Stato e Chiesa, ma iniziano trattative e
idee conciliatoriste
Lo Stato autoritario fascista, dalle elezioni del 1921, inizia a creare leggi che
propendono in una direzione diversa dal liberalismo e separazione e, il
cattolicesimo è visto come instrumentum regni.

Legislazione dell’epoca facista -> dove i nuovi cambiati legislativi si


contrappongono a vecchi normative:
⁃ 1923 riforma Gentile: riguardava i programmi scolastici. Il cattolicesimo era
fondamentale dell’istruzione pubblica -> contrapposta alla Legge Coppino
del 1877
⁃ 1923: la legge sulla stampa introduce il reato di vilipendio della religione di stato
-> contrapposta al Codice penale Zannardelli del 1890
⁃ 1926: si istituisce un ruolo organico per i cappellani militari per il servizio
religioso nelle forze armate -> contrapposto ai provvedimenti che avevano
stabilito l’obbligo di leva per i chierici.

L’11 febbraio del 29 vengono firmati i Patti Lateranensi, formati da:


1. trattato
2. concordato
3. 4 allegati, tra cui una convenzione finanziaria Il trattato stabiliva:
14
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

⁃ indipendenza e sovranità della Santa Sede


⁃ fonda lo Stato Città del Vaticano
⁃ riconoscimento dello Stato Italiano da parte della Santa Sede
⁃ posizione del pontefice Pagina | 15

Il preambolo: «dovendosi, per assicurare alla Santa Sede l'assoluta e visibile


indipendenza, garantirLe una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale,
si è ravvisata la necessità di costruire, con particolari modalità, la Città del
Vaticano, riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e
l'esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana»
Il concordato stabiliva le Condizioni della Chiesa e della religione in Italia:
a. riconoscendo la libertà alla Chiesa
b. rinunciando ad aspetti giurisdizionalismo
c. lo stato mantiene controllo sulla Chiesa, senza per separatismo
d. vi è un rafforzamento del confessionismo e della religione di Stato Per quanto
riguarda il Riconoscimento della libertà alla Chiesa:
•Art. 1 «L’Italia, ai sensi dell'articolo 1 del Trattato, assicura alla Chiesa Cattolica il
libero esercizio del potere spirituale, il libero e pubblico esercizio del culto, nonché
della sua giurisdizione in materia ecclesiastica in conformità alle norme del
presente Concordato….»
•Art. 2 libertà di comunicazione e di esercizio del ministero da parte degli
ecclesiastici •Art. 3: «Gli studenti di teologia […] I chierici ordinati in sacris ed i
religiosi, che hanno emesso i voti, sono esenti dal servizio militare, salvo il caso di
mobilitazione generale» (in epoca liberale: obbligo del servizio militare anche per gli
ecclesiastici) Invece, per la riinuncia a giurisdizionalismo vi è:
⁃ l’abolizione del placet e l’exequatur (Art. 24)
⁃ superamento legislazione eversiva
⁃ attribuzione automatica della personalità giuridica agli enti con personalità
giuridica canonica
⁃ indipendenza della Chiesa nella erezione di nuovi enti e associazioni (art. 31)
⁃ abolizione controlli governativi e imposte speciali sugli enti
Per la lettera c, e quindi il mantenimento dello Stato di un controllo sulla Chiesa
abbiamo:
⁃ nulla osta per nomine legate ai «benefici» (art. 26)
⁃ assenso governativo su nomine di parroci e vescovi (art. 19)
⁃ giuramento dei vescovi (art. 20)
15
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Per quanto riguarda il confessionismo si parla di:


⁃ •Efficacia civile degli atti ecclesiastici («braccio secolare»): «Nessun
ecclesiastico pu essere assunto o rimanere in un impiego od ufficio dello
Stato italiano o di enti pubblici dipendenti dal medesimo senza il nulla-osta
dell'ordinario diocesano. La revoca del nulla-osta priva l’ecclesiastico della Pagina | 16
capacità di continuare ad esercitare l’impiego o l’ufficio assunto. […]» (art. 5)
⁃ •art. 23 del Trattato: piena efficacia giuridica di sentenze e provvedimenti
emanati da autorità ecclesiastiche
Si pu anche parlare, per quanto riguarda il confessionismo
⁃ il matrimonio concordatario (art. 34)
⁃ giurisdizione ecclesiastica sul matrimonio (art. 34)
⁃ confessionalizzazione anche della scuola: insegnamento obbligatorio della
religione nelle scuole pubbliche (art. 36)
Si parla di disposizioni di segno contrario alle scelte fatte in epoca liberale, anche
perché il Cattolicesimo diventa Religione di Stato con un Nuovo codice penale
(Rocco, 1930) con tutela rinforzata della Religione di Stato

Libertà religiosa nell’età fascista -> si parla di:


• libertas ecclesiae ( =libertà dell’istituzione) e non di libertà personale
• bilateralità e non separazione
• pluralismo giuridico gerarchico e istituzionale = sono le due istituzioni che si
accordano, gli individui, i cittadini e i fedeli sono meri sudditi delle autorità dei
due ordinamenti, quello statale e quello canonico
• stato confessionale, lo Stato non è più indifferente alla religione ma ritorna a
dare efficacia al principio della religione di stato (principio che nell’epoca
liberale era stato considerato pressoché simbolico/formale)
• differenze Chiesa cattolica/altri culti si parla anche di culti ammessi, dove:
⁃ «la Religione cattolica è, sol’essa, secondo lo Statuto e i Trattati, la Religione
dello Stato con le logiche e giuridiche conseguenze di una tale situazione di
diritto costitutivo, segnatamente in ordine alla propaganda» (Pio XI, lettera al
Segretario di Stato Pietro Gasparri del 30 maggio 1929).
⁃ l’espressione ‘culti ammessi’, «se pur giustamente più riguardosa di quella dello
Statuto», non ha, «dal punto di vista giuridico, sostanzialmente diverso
significato» (Guardasigilli Rocco)
Questi culti non sono tollerati (dallo statuto albertino) ma sono ammessi nello Stato,
tanto che vige la regola della non discriminazione in base al culto. Vi è per un

16
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Limite: «purché non professino principi e non seguano riti contrari all'ordine
pubblico o al buon costume»

Legislazione del 29 e limite per i culti ammessi ->


-> Approvazione dei ministri di culto: «Le nomine dei ministri dei culti diversi dalla Pagina | 17
religione dello Stato debbono essere notificate al Ministero dell'Interno per
l'approvazione. Nessun effetto civile pu essere riconosciuto agli atti del proprio
ministero compiuti da tali ministri di culto, se la loro nomina non abbia ottenuto
l'approvazione governativa» (art. 3 legge sui colti ammessi).
-> Matrimonio:
• necessario ministro di culto approvato
• considerato matrimonio civile celebrato in forma speciale (produce, ai sensi
dell’art. 7 «gli stessi effetti del matrimonio celebrato davanti l'ufficiale dello
stato civile»)
• no rilevanza delle norme religiose
• non ci sono alcune delle disposizioni di privilegio previste per il matrimonio
concordatario cattolico (es. la trascrizione tardiva)

Legislazione del 29: leggi speciali ->


⁃ il governo ha facoltà di «rivedere le norme legislative esistenti che disciplinano i
culti acattolici» (art. 14 legge sui culti ammessi).
⁃ regio decreto 30 ottobre 1930 n. 1731 per comunità ebraiche= principio
dell’appartenenza obbligatoria alle comunità + equiparazione delle comunità
stesse agli enti pubblici, con la previsione anche di una loro capacità
impositiva.

Attuazione legge del 29 -> regio decreto 289 del 1930:


⁃ autorizzazione apertura luoghi di culto (art. 1) (richiesta da parte di un
ministro approvato)
⁃ autorizzazione per riunioni e atti di culto, quando non presieduti da ministri
approvati (art. 2)
⁃ controlli e autorizzazioni per l’attività degli enti: poteri d’ispezione, anche con
nomina di un commissario governativo (art. 14)
Altre norme nell’eta fascista: restrizioni della libertà religiosa:
• testo unico Pubblica Sicurezza (1931) : necessaria autorizzazione
dell’autorità di pubblica sicurezza per le riunioni pubbliche -> si considera
pubblica anche una riunione che, «sebbene indetta in forma privata», per il
luogo in cui sarà tenuta o per il numero di persone o per lo scopo o per

17
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

l’oggetto, ha «carattere di riunione non privata»; la giurisprudenza e la


dottrina estendono la norma alle riunioni private degli acattolici
• 1932: competenza in materia di culti passa dal Ministero della Giustizia al
Ministero dell’Interno (maggiori controlli)
• 1934: circolare del sottosegretario al Ministero dell’Interno Guido Buffarini
Pagina | 18
Guidi, si emanano disposizioni restrittive riguardo alle riunioni religiose degli
acattolici

Misure pliziesche e restrizioni di libertà -> Persecuzione di alcuni culti, in quanto si


cerca il favore della Chiesa cattolica reprimendo associazioni non allineate col
regime:
• aprile 1935: circolare Buffarini Guidi che ordina ai prefetti lo scioglimento
delle associazioni dei Pentecostali, la chiusura dei luoghi di culto e il divieto
di svolgere pratiche religiose, ritenute «contrarie all’ordine sociale e nocive
dell’integrità fisica e psichica della razza»
• agosto 1939, circolare di Bocchini: repressione dei pentecostali, estesa
anche ai testimoni di Geova
• 1940 vengono sciolte le associazioni dell’Esercito della salvezza

Per quanto riguarda la chiesa cattolica, cosa viene fatto? ->


⁃ dopo i Patti del 1929, misure restrittive anche nei confronti della Chiesa cattolica
⁃ 1931: scioglimento Azione cattolica
⁃ 1938: leggi razziali
⁃ entrata nella seconda guerra mondiale
⁃ il Regime si aliena le simpatie della Chiesa
cattolica I patti da ricodadare sono diversi:
• 1929: Trattato + Concordato
• trattato: tuttora in vigore, tranne per art. 1 e interpretazione
costituzionalmente orientata dell’art. 23
• concordato: sostituito dal nuovo accordo tra Italia e Santa Sede, firmato nel
1984
• legge n. 1159/1929: in vigore, per le confessioni religiose senza intesa, salvo
le norme via via dichiarate incostituzionali
• importanza della dialettica libertà individuale/libertà confessioni religiose

La terza fase si caratterizza di tutto ci che è accaduto dal dopoguerra ad oggi: nel
1946 vi è stato un referendum con il quale si è sancita la nascita della Repubblica.
Quello che l’Assemblea Costituente (1946-47) voleva era i tutelare diritti e avere un
dibattito sulla posizione dei Patti del 1929.
18
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Nel 1947 vi è stata l’approvazione della Costituzione democratica e il1° gennaio


1948 è entrata in vigore con le caratteristiche della:
⁃ rigidità e gerarchia delle fonti
⁃ ruolo Corte Costituzionale
Pagina | 19
⁃ disegna un modello pluralista, non stato-centrico (Ruolo delle formazioni
sociali)
⁃ diritti fondamentali

La costituzione ha un carattere laico attraverso la produzione di norme di tipo


bilaterale attraverso un sistema concordatario, infatti l’art. 7 (sui Patti) è il perno del
sistema costituzionale nel quale la libertà religiosa è sia istituzionale che
individuale.
LEZIONE 3
LA LIBERTA’ RELIGIOSA
Art. 19 Cost. – Libertà religiosa –
“Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi
forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in
pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrati al buon costume”.
La libertà religiosa e il principio personalistico sono le chiavi di lettura del «sistema»
di diritto ecclesiastico disegnato dalla Costituzione.
La libertà religiosa ha 2 profili fondamentali:
1) Profilo personale espresso dall’art. 19 ove cita il pluralismo personale (eredità
Stato liberale)
2) Profilo istituzionale espresso dagli art. 7 e 8 Cost. ove cita il pluralismo
istituzionale (eredità del Novecento).

Analisi del diritto di libertà religiosa (art. 19)


Tre aspetti nell’analisi:
1. Caratteristiche generali e soggetti titolari
2. Contenuti: le facoltà derivanti dalla libertà religiosa
3. Limiti
Natura e titolari
L’art. 19 della Costituzione è una norma d’impronta liberale, cioè che non si
distingue molto dalle norme sulle libertà fondamentali, sui diritti enunciati durante
l’epoca liberale separatista. L’eco di questa norma lo troviamo nello Statuto
Albertino e dalla legge..
19
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Prima affermazione “tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede


religiosa” non sembra presenta nuove novità dalla legislazione precedente, ovvero
una garanzia di tipo negativo ove lo Stato era imparziale, si astiene ad intervenire
per far si che le persona possano esercitare la libertà religiosa.
Leggendo tale prima affermazione nel contesto Repubblicano odierno, ci Pagina | 20
accorgiamo che ci siano delle differenze. “Tutti” parola riferimento ai titolari che
sono tutte le persone che siano o meno cittadini italiani, tutte le persone che si
trovano sul territorio italiano, amplissima tutela e ovviamente ha assunto un peso
particolare poiché sono presenti confessioni diverse, anche apolidi e coloro che
non godono di alcuna cittadinanza.
Articolo che pone delle basi per superare l’impianto liberale, “forma associata”
dell’esercizio della libertà religiosa, dimensioni che superano appunto l’impianto
liberale. Combinato disposto con art. 3.2 intervento positivo della Repubblica per
eliminare gli ostacoli al godimento dei diritti fondamentali.
Natura: diritto fondamentale
L’articolo 19 è un diritto inviolabile, indisponibile, intrasmissibile, inalienabile e
personalissimo.
Non può essere oggetto di valide rinunce e transazioni, per esempio in materia di
diritto di famiglia o di patti prematrimoniali.
Non è espropriabile né limitabile né dal soggetto stesso che ne è titolare, né da altri
soggetti (in primis dallo Stato).
È un diritto soggettivo erga omnes e non può degradare a mero interesse legittimo,
come in epoca fascista.
Definito dalla dottrina "diritto pubblico soggettivo" (Ruffini). Significa che può essere
azionato nei confronti dello Stato da chiunque si ritenga leso. Cioè, se esiste una
legge o un provvedimento che pare contrario alla libertà religiosa, l'individuo, il
"soggetto" titolare di quel diritto può adire il giudice ordinario per farne rilevare
l'illegittimità
Questo significa anche che la libertà religiosa può esser limitata solo in modo
conforme alla costituzione. Atti statali come autorizzazioni preventive (tipici
dell'epoca fascista) sono da considerarsi illegittimi perché degradano la libertà
religiosa a mero interesse legittimo, non riconoscendone il carattere di dir
fondamentale

Inoltre non ci sono controlli preventivi, illegittimità di provvedimenti contrati a tale


libertà.
L’Assemblea Costituente pervenne alla definitiva formulazione del testo così da
garantire a chiunque il “diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in

20
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in


privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrati al buon costume”.
L’esercizio del culto è dunque una componente essenziale della libertà religiosa,
conseguenziale alla stessa professione di una fede religiosa, non soggetto anche
nella sua forma pubblica e nessun controllo, salvo la condizione, in un certo senso Pagina | 21
ovvia e naturale, che “non si tratti di riti contrati al buon costume”.. Corte Cost.,
sent.n. 195 del 1993
Articolo 19 ha efficacia immediata e precettiva come citato dalla sentenza n. 45 del
1957 Corte Cost.
In un primo momento, la Cassazione (sentenza 7 febbraio 1948 delle sez un. sez
penale) aveva affermato che l'art. 19 non aveva operatività immediata (occorreva,
cioè, una normativa di dettaglio per dare attuazione all'articolo).
La corte costituzionale, una volta entrata in funzione, si trovò a dover decidere su
casi relativi alla libertà religiosa e affermò (1957, sent. n. 45) che l'art. 19 aveva una
efficacia immediata e aveva carattere precettivo, senza la necessità che
intervenissero altre norme attuative. La legislazione sulla libertà religiosa (ad es. la
legge sui culti ammessi) poteva quindi essere sottoposta a sindacato di
costituzionalità facendo diretto riferimento all'art. 19, senza necessità di attendere
una ulteriore normazione sul diritto di libertà religiosa

Inoltre è una libertà positiva e non solo negativa, implica quindi l’impegno dello
Stato a superare atteggiamento astensionista tipico del liberalismo e a far si che la
libertà religiosa sia effettivamente esercitata.
Titolari: diritto universale
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa…”
Non ci sono preferenze da parte dello Stato.
non si distingue più tra libertà della confessione cattolica e dei culti ammessi, ma
TUTTI sono titolari, indistintamente, della libertà religiosa garantita dall'art. 19

Estensione tutela a tutti, a prescindere dallo status di cittadino. Stranieri e apolidi


non c’è una rilevanza della reciprocità.
Stante la presenza di molti stranieri sul territorio italiano, i quali spesso professano
religioni diverse da quelle già presenti in Italia storicamente, ci si è chiesti se
debbano essere garantiti i diritti fondamentali anche a coloro che provengono da
Stati nei quali la libertà religiosa non è tutelata. Il dibattito politico, in particolare, ha
più volte sottolineato come la volontà di costruire in Italia luoghi di culto islamici
dovesse essere subordinata al lasciar costruire chiese (o altri luoghi di culto) nei
paesi islamici da cui provengono gruppi di immigrati musulmani che si trovano in
Italia.
In realtà, mi preme sottolineare come questi argomenti siano argomenti di stampo
prettamente POLITICO e non trovano fondamento nell'art. 19 della Costituzione, il
21
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

quale afferma che nel nostro regime costituzionale e democratico TUTTI siano
titolari del diritto di libertà religiosa

Contenuti
Elenco non tassativo, è meramente esemplificativo, significa che molte altre facoltà Pagina | 22
potranno essere individuate dal giudice o dal legislatore, si dovrà fare riferimento
alle pratiche di ciascun credo religioso, norme e atti di culto.
Questione preliminare cosa significa l’espressione fede religiosa.
L’articolo 19 tutela e garantisce la fede religiosa.
Fede religiosa/ religione non esiste una definizione giuridica, ma nell’ambito
antropologico..
Non c’è perché il diritto non vuole definire cosa sia una religione per non tagliare
fuori dalla garanzia della libertà religiosa una serie di credenze che definendo in
modo stretto e circoscritto cos’è una fede religiosa, sarebbero appunto tagliate fuori
dalle forme di garanzia. Lascia all’interprete di far rientrare o meno nella tutela di
libertà religiosa, le varie espressioni delle varie credenze. Credenze termine
individuato dalla legislazione internazionale, convenzione internazionale sui diritti
dell’uomo per riferirsi alla libertà religiosa.
Binomio che troviamo ripetuto patti dell’Onu diritti umani.
Credenza non è una semplice opinione, ma è un insieme di opinioni che ha un
ruolo pregnante per la vita dell’individuo. Insieme di idee che orientano la vita
dell’individuo.
Religione e credenza fanno riferimento a qualcosa che orienta la vita dell’individuo.
Secondo la dottrina unanime prevalente l’articolo 19 pur citando un termine che fa
riferimento alla religione in senso stretto, tutela anche le credenze insieme di
convinzioni anche se non sono religiose in senso stretto, esempio l’ateismo la non
religione oppure il pacifismo oppure l’essere animalisti o vegetariani (possono
essere assimilati con una credenza, legislatore sarà un opinione o sarà una vera e
propria credenza).
L’ateismo tutelato dall’articolo 19 perché garantisco la libertà negativa ovvero la
libertà di non credere ma l’ateismo è tutelato anche a un livello più profondo visto
come credenza quindi un insieme di ideologie e convinzioni, non semplici opinioni.
Francesco Ruffini “La libertà religiosa è la facoltà spettante all’individuo di credere
quello più gli piace, o di non credere, se più gli piace, a nulla”.
Un’altra questione preliminare è la libertà di coscienza, si collega riguardo al
significato di fede religiosa poiché secondo la dottrina libertà maggiormente ampia
e comprensiva di tutte le opzioni della coscienza religiose e non.

22
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Non è espressamente prevista dalla Costituzione perché in assemblea costituente


si ritenne di privilegiare l’aspetto religioso, la dottrina si divide in 2 posizioni la prima
che tale libertà sia tutelata dall’articolo 21 e giurisprudenza anni 50 e 60
affidamento della prole, si mosse in questo senso quindi non tutelata dall’articolo
19. L’altra posizione dottrinale invece sostiene che la costituzione non vuole
Pagina | 23
differenziare chi crede e non crede, quindi l’articolo 19 tutelerebbe la possibilità di
avere convincimenti negativi non religiosi, quindi in senso ampio anche la libertà di
coscienza.
Alcune sentenze anni 70, in materia di giuramento, si mossero in questa direzione.
Tale libertà viene letta in collegamento alla libertà religiosa, potrebbe essere un
contenuto ulteriore della libertà religiosa perché potrebbe essere interpretata come
momento prodromico per la libertà di religione, quindi momento di formazione dei
propri convincimenti.
Formazione della coscienza tutelata dallo Stato dai condizionamenti esterni, offrire
neutralità nei momenti formativi.
Rilevanza giuridica della libertà coscienza e manifestazione esteriore è la
rilevazione della manifestazione di tutti i casi dell’obiezione di coscienza, sono
manifestazioni della propria coscienza che sono tutelate da questo diritto di libertà
di coscienza e secondo alcuni anche con la lettura ampia dell’articolo 19.
Il nostro costituente ha ritenuto particolarmente importanti tali contenuti:
“Libera professione”
Professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma individuale o
associata.
Libertà di avere o non avere una religione, distinzione tra foro interno e foro
esterno cioè le dimensioni della libertà religiosa.
Quelle interne sono quelle che si svolgono all’interno della vita dell’individuo che
non emergono esternamente quindi la libertà di formare la propria coscienza e
avere una convinzione.
Quelle esterne manifestazioni esteriori della propria fede religiosa, quindi la
libertà di manifestarla e di tenere comportamenti ad essa conformi.
Libera professione della propria fede religiosa, tra le altre facoltà che la dottrina
riconosce e cita sono la libertà di aderire a una confessione religiosa quindi a un
credo religioso, in corrispondenza c’è un divieto una non obbligo a partecipare
ad alcuna confessione religiosa, contenuto emerso in particolare nella questione
all’appartenenza delle comunità ebraiche italiane poiché il reso decreto del 1930
che dettava le norme sull’organizzazione delle comunità ebraiche italiane,
prevedeva che ci fosse un’appartenenza di diritto per tutti gli ebrei che
nascevano in un determinato territorio.
C.c. 1984 ha dichiarato illegittime queste norme, poiché il diritto di libertà
religiosa comporta la libertà di aderire o non aderire ad un credo religioso.

23
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Insieme alla libera adesione c’è anche il libero recesso, cessare di far parte a un
credo religioso, non far più parte della chiesa cattolica e quindi chiedere di
sbattezzarsi. Lega dello sbattezzo quindi volevano avere la cancellazione dei
propri dati poiché non più fedeli della chiesa cattolica.
Garante per la protezione dei dati personali precisando che i registri dei
Pagina | 24
battezzati conservati presso archivi parrocchiali, sono dei registri ufficiali che
tengono conto di un dato che fa parte della vita di quell’istituzione chiesa
cattolica. L’ex fedele che voglia sbattezzarsi può chiedere secondo il garante, la
rettifica dei propri dati personali quindi si può appore al margine che tale
persona non voglia più far parte della chiesa cattolica ma non può chiedere la
cancellazione dei propri dati dai registri poiché è dato che storicamente ha
riguardato quella persona e istituzione.
Facoltà di cambiare religione e creare una nuova religione di propria scelta.
(collegamento alla libertà di coscienza alla tutela che riguarda quel momento in
cui si formano i convincimenti personali che precedono il foro esterno.)
Riservatezza dei propri dati personali, dichiarazione di appartenenza o no di un
credo religioso. Il diritto a non rilevare il proprio credo ha diverse conseguenze
dal punto di vista giuridico un esempio può essere il divieto di indagini sulla fede
del lavoratore sancito dallo statuto dei lavoratori l.300/1970, dat non può fare
indagini sulla fede del lavoratore perché facendole si potrebbe generare un
condizionamento nella scelta del personale da assumere o nel trattamento da
riservare a determinati fedeli rispetto ad altri.
La scelta del proprio credo non può determinare una disuguaglianza.

“Libertà di propaganda”
Citata sostanzialmente per un motivo storico legato al regime precedente.
Risente di quanto fosse stato previsto nel 1929 nella legge sui culti ammessi,
propaganda fu interpretata in modo particolarmente liberticida dal regime
fascista. In particolare si sosteneva che fosse libera la discussione in materia
religiosa, quindi esporre idee e contenuti religiosi ma non fare attività di
propaganda cioè portare qualcuno sulla propria posizione (proselitismo), la
discussione consentita tra colti tra persone di un certo livello culturale.
Mentre la propaganda, religione cattolica religione di stato, veniva vista come
un’attività contraria alla religione di Stato perciò la propaganda era consentita ai
cattolici, mentre per i non cattolici era libertà che non si poteva esplicitare e
soggetta a delle restrizioni/limiti.
Costituzione sceglie di citare la propaganda perché vuole mostrare come il
regime costituzionale cambi l’interpretazione del diritto di libertà religiosa.
Richiamo storico Corte d’Appello di Roma, 1936
“Nelle discussioni si espongono le ragioni favorevoli e contrarie di un dato
argomento per giungere a una conclusione e non si fa opera di propaganda,
mentre la propaganda include sempre il concetto di propagare la religione
presso chi non ne ha alcuna o ne segue una diversa”.

24
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

“Il principio della libertà religiosa dei culti ammessi nello Stato fu sempre ritenuto
nel senso che la [libertà di coscienza non può essere sottoposta ad alcuna
sorveglianza finche non si esplichi con atti e manifestazioni esterne; ma quando
l’esercizio della libertà suddetta venga a costituire causa di gravi disordini, lo
stato ha l’obbligo di intervenire, per tutelare che la libertà religiosa di ciascuno
Pagina | 25
sia contenuta nei suoi limiti e non turbi quella degli altri”.
Con la propaganda iniziamo a parlare di contenuti di foro esterno della libertà
religiosa.
Inoltre con la libertà di propaganda c’è un accesso paritario ai mezzi di
comunicazioni.
I limiti comunque della propaganda verso gli altri diritti sono sempre la
riservatezza, tutela del sentimento religioso..

“Esercizio del culto”


È un impianto non solo liberale (tutela “positiva”).
L’esercizio del culto può avvenire sia in privato che in pubblico e in forma
individuale e collettiva.

[facoltà collegate a questo contenuto: svolgimento di atti di culto, pubblico o


privato, collettivo o individuale; apertura di luoghi di culto (sent. n. 59/1958 della
Corte costituzionale), facoltà di costituire o appartenere ad associazioni di
carattere religioso (in combinato disposto con l'art. 20 della Costituzione), ecc.
L'esercizio del culto fa parte più evidentemente del foro esterno della libertà
religiosa.
Ed è soprattutto con riferimento all'esercizio del culto (o comunque a ciò che
riguarda il foro esterno) che parliamo di limiti alla libertà religiosa.... "purché non
si tratti di RITI contrari al buon costume".
I riti sono celebrazioni, atti di culto, ecc., i cui contenuti variano a seconda del
culto di riferimento. Lo Stato opera una sorta di rinvio agli ordinamenti
confessionali per "definire" cosa sono i "riti"].

Il rito è la forma per eccellenza dell’esercizio del culto. Si intendono celebrazioni,


atti di culto che variano a seconda della confessione religiosa, non possono
essere definiti in modo univoco ma si fa riferimento alle diverse pratiche delle
diverse religioni.
Cito in queste slides alcuni articoli che servono per inquadrare meglio la lettura del
diritto di libertà religiosa nel nostro ordinamento.
Particolarmente importante è l'art. 2, perché afferma che i diritti dell'uomo sono
inviolabili e sono "riconosciuti" dalla Repubblica (cioè, non più "concessi" dal
regime, ma riconosciuti in quanto patrimonio della persona umana, che precedono
la loro consacrazione scritta), e inoltre afferma che i diritti si svolgono all'interno
delle formazioni sociali. Anche qui, c'è un cambiamento rilevante rispetto al regime
fascista, poiché non siamo più di fronte a un rapporto "di vertice" tra stato e
individuo, tra stato e confessioni religiose, ma siamo di fronte a un riconoscimento
25
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

delle formazioni sociali, che hanno un ruolo importante nella vita dell'ordinamento
giuridico e non sono più compresse da uno Stato "totalitario" e accentratore. Si
pongono qui anche le basi del cosiddetto "stato sociale".

Art. 2 Cost. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia
come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede Pagina | 26
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale.
Tale articolo riconosce quindi:
 Principio personalista
 Tutela dei diritti umani
 Rilievo delle formazioni sociali
Art. 3 Cost. – principio di uguaglianza – collegato all’articolo 19 libertà
religiosa
3.1 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali.
3.2 È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
LEZIONE 4
I LIMITI DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA
Come prima analisi si deve confrontare il dato testuale dell’articolo 19 con il suo
diretto precedente storico art.1 della legge dei culti ammessi (legge n.1159 del
1929).
Ci accorgiamo di un parallelismo tra gli elementi da sottoporre al vaglio di
compatibilità e i limiti previsti per la libertà religiosa.
Art.1 legge n.1159 del 1929 afferma “sono ammessi nello Stati culti diversi dalla
religione cattolica apostolica e romana, purché non professino principi e non
seguano riti contrari all’ordine pubblico o al buon costume. L’esercizio, anche
pubblico di tali culti è libero.”
Gli elementi da sottoporre al vaglio di compatibilità sono i principi e riti e gli elementi
che ci servono per limitare la libertà religiosa sono i valori dell’ordine pubblico e il
buon costume.
Art. 19 Cost. afferma “tutti hanno diritto…purché non si tratti di riti contrati al buon
costume.”

26
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Si trova un precedente storico con la legge dei culti ammessi ma riprodotto in


maniera diversa e con valori diversi. Libertà religiosa è piena e i limiti fanno eco
all’art. 1 ma ripropone soltanto alcuni elementi.
Con l’entrata in vigore della Costituzione del 1948, alcuni degli elementi da
sottoporre al vaglio di compatibilità e alcuni degli elementi limite determinanti i Pagina | 27
confini della liceità della libertà religiosa, quindi gli elementi che fungono da valore
che può limitare la libertà religiosa vengono a cadere.
Principi e ordine pubblico non vengono riproposti nella Costituzione del 1948
poiché i principi definiti elementi da sottoporre al vaglio di compatibilità perché
vagliare un principio confessionale significherebbe andare a controllare la libertà
religiosa in modo aprioristico, da dover valutare i principi teorici di una religione.
Operazione che è incompatibile con quanto previsto dalla nostra Costituzione circa
il principio di distinzione degli ordini, significa che lo Stato non è competente a
valutare e giudicare elementi confessionali quindi materia delle confessioni
religiose. I principi non possono essere valutati e sottoposti a un controllo
preventivo perché lo Stato si ritiene incompetente a giudicare elementi
confessionali.
Elementi da sottoporre al vaglio di compatibilità rimangono i riti, cioè elementi
esteriori di una libertà religiosa ciò che una confessione religiosa, un fedele
esplicita nel foro esterno, quindi può essere controllato dallo Stato e ex post quindi
controllato e limitato solo una volta svolto, quindi posto.
Elementi del foro interno non sono vagliati dallo Stato, poiché non competente a
giudicare.
Concetto del buon costume
Elementi limite determinanti i confini della liceità, la Costituzione ripropone soltanto
il buon costume poiché l’ordine pubblico è stato utilizzato in maniera
eccessivamente estensiva dal regime fascista per limitare la libertà religiosa degli
acattolici.
Costituzione non lo ripropone esplicitamente poiché vuole evitare ritorni al passato
che anche nell’ordinamento repubblicano non vuole che l’ordine pubblico utilizzato
per reprimere espressioni della libertà religiosa. Viene considerato sempre un
valore che può limitare la libertà religiosa ma è definito limite implicito, cioè non
viene espresso per cambio di passo.
La lettura del concetto di buon costume deve essere operata attraverso la lettura
della norma dell’articolo 19 e anche con la lettura della giurisprudenza. La Corte
Costituzionale ci viene in aiuto con una sent. 1965 relativa all’art. 21 della Cost che
ci aiuta ad interpretare e leggere questo limite del buon costume.

27
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Il significato va inteso come divieto di comportamenti che violino il pudore sessuale,


buon costume va letto secondo l’interpretazione penalistica del termine ovvero la
violazione del pudore sessuale.
Interpretazione fatta per restringere il campo d’azione di questo limite appunto ad
un concetto facilmente comprensibili, che si è in grado di comprendere. È un Pagina | 28
concetto che non si presta a una definizione immutabile nel tempo e che si presta
ad una lettura elastica, che varia a seconda dell’epoca e contesti ma rimane
interpretazione comprensibile. Non è un limite talmente ampio da non capire cosa
significhi.
Concetto del buon costume quindi non c’è una definizione categorica né nelle
norme né nella giurisprudenza e appunto si tratta di un concetto elastico quindi
dotato di una relatività storica.
Il pudore sessuale concetto diffuso e generalmente compreso in un determinato
momento storico si è “in grado di valutare quali comportamenti debbano
considerarsi osceni secondo il comune senso del pudore, nel tempo e nelle
circostanze in cui essi si realizzano”. (Corte Cost. sent. n. 293/2000)
L’applicazione del limite per la Corte Costituzionale deve essere prudente, quindi la
lettura di questo limite deve essere fatta leggendolo nel contesto della “pluralità”
delle concezioni etiche che convivono nella società contemporanea.
Si fa riferimento a un pudore sessuale o morale tuttavia il “comune sentimento della
morale” va letto necessariamente sulla scorta di un pluralismo che esiste nella
nostra società, no riferimento a una morale unica.
Il contenuto minimo del concetto del comune sentimento della morale di base è la
dignità della persona in base all’art. 2 Cost. questo limite interpretato in maniera
circoscritta, quando anche si parla di morale sessuale e comune sentimento della
morale, quindi si usa un termine che potrebbe dare adito a un’interpretazione più
ampia, la Corte Cost. afferma attenzione a non rifarsi a un concetto di morale a uso
della maggioranza, altrimenti torneremmo ai rischi del periodo fascista che voleva
imporre una morale e etica di Stato e limitava i diritti fondamentali proprio in base a
questi concetti.
uso prudente del limite:
- vale sempre il principio che la libertà sia da limitare solo per quel tanto
strettamente necessario a garantirla
- riferimento al senso della morale va inteso sempre in senso PLURALE, facendo
riferimento alla pluralità delle concezioni etiche della società
-... e in ultima analisi tenendo presente il rispetto della dignità umana

Secondo la giurisprudenza il buon costume sarebbe la risultante dell’osservanza di


un complesso di leggi atti ad assicurare la libera e pacifica convivenza cioè il

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

concetto del buon costume mire ad assicurare una convivenza sociale pacifica
conforme ai principi costituzionali.
Alcuni autori affermano che il buon costume va a salvaguardare dettami scaturenti
dal costume e dalla coscienza sociale, occorre fare molta attenzione a questa
interpretazione più ampia del limite del buon costume, attenzione a non sconfinare Pagina | 29
verso concetti eccessivamente ampi e sfumati. Perché offrendo un’interpretazione
più ampia del limite si rischierebbe ad andare a limitare il diritto di libertà religiosa.
parte della giurisprudenza ha parlato anche di "principi etici che costituiscono la
morale sociale", ma si tratta di concetti eccessivamente sfumati, difficilmente
tangibili. Il Buon costume invece, seppur elastico e non categorico, è un concetto
piuttosto circoscritto e comprensibile.

Il limite del buon costume funziona sempre a posteriori, si tratta di un controllo ex


post che riguarda i riti e non i principi. L’art. 19 a differenza dell’art. 21 prevede solo
un controllo successivo perché il limite riguarda l’effettivo svolgimento di riti contrati
al buon costume. (ciò che avviene nel foro esterno).
La Corte Costituzionale in uno delle sue prime sent 45/1957 afferma che quando vi
è un limite ad una libertà fondamentale ciò non significa che automaticamente che
quel limite debba comportare delle autorizzazioni preventive all’attuazione di quel
diritto. Il caso dell’art. 19 è previsto un limite ciò non significa a questo limite debba
corrispondere un controllo preventivo, libertà religiosa si svolge pienamente.
Lo scattare del limite del buon costume, controllo a posteriori con eventuale
intervento repressivo, verificato rito effettivamente contrario al buon costume andrò
a reprimere quel rito. L’eventuale intervento repressivo è da commisurare alle
specifiche manifestazioni e ai singoli atti si può arrivare quindi allo scioglimento
della riunione o anche arresto o denuncia dei soggetti personalmente responsabili
di specifici reati violando una norma penale.
Il limite del buon costume di per sé non è la fonte di divieti di natura penalistica
perché la nostra costituzione prevede che per divieti di tipo penalistico esiste la
stretta riserva di legge in ambito penale prevista dall’art. 25 Cost.
Tuttavia l’esercizio della libertà religiosa può incontrare il limite del diritto penale. Il
diritto penale può limitare la libertà religiosa? Il diritto penale funziona da strumento
di difesa di valori chiavi del nostro ordinamento giuridico, quindi in una norma
penale c’è sempre un valore tutelato “il bene giuridico protetto”.
Il diritto penale agisce come limite di diritto di libertà religiosa.
Se una norma penale vieta atti che possano essere espressione di libertà religiosa
si avrà uno scontro tra il diritto penale e la libertà religiosa ma la regola generale è
che l’esercizio della libertà religiosa non può sconfinare nell’illecito penale dovrà
fare quindi fare i conti l’applicazione norma penale.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Il codice penale regola anche alcuni ipotesi di esclusione della punibilità


nell’esercizio del diritto fondamentale ovvero regola alcune ipotesi di applicazione
flessibile del diritto penale che ci consente di fare un bilanciamento tra i valori ove
da una parte c’è l’esercizio della libertà religiosa e dall’altra il bene giuridico tutelato
dalla norma penale.
Pagina | 30
Molto spesso quando le norme religiose e penali sono in contrasto si tratta di una
diversità tra la cultura del soggetto e la cultura dello stato che impregna il diritto
penale. Quindi avremo uno scontro tra una norma dello Stato che incrimina un
comportamento quindi è espressione della cultura di quello stato e dall’altra parte
una norma prodotta da un altro soggetto che produce diritto che autorizza o impone
il medesimo comportamento incriminato dallo Stato.
Esempi possono essere violenze private legate a questioni matrimoniali,
obbedienza dei figli..
I caratteri tipici del diritto penale
Il diritto penale è una branca del diritto che risente della cultura che orienta un
determinato orientamento giuridico. Il diritto penale è improntato a un localismo
cioè tipico di un determinato territorio, tipico dello Stato nel nostro caso; ciò che è
reato in uno Stato può non esserlo in un altro Stato. È caratterizzato dal principio
di territorialità con l’art. 3 c.p. ove “la legge penale obbliga tutti coloro che, cittadini
o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato”.
Non è culturalmente neutro cioè risente del contesto culturale nel quale viene
elaborato, dei valori e dei costumi di una società. Il fatto che non sia neutro lo fa
essere un diritto che più facilmente entra in contrasto con quelle culture che sono
presenti nel nostro ordinamento. Si parla in diritto penale di reati culturalmente
orientati sono quegli atti posti in essere d auna particolare cultura/religione in
corrispondenza di un precetto religioso culturale e che però per l’ordinamento
giuridico statale sono reati.
Sono atti che rispondono a una norma culturale o religiosa ma per l’ordinamento
statale sono dei veri e propri reati.
Esempi possono essere religioni i fedeli sono tenuti a utilizzare determinate
sostanze che sono vietate dallo Stato, ambito di trattamento del proprio corpo delle
mutilazioni genitali femminili che sono atti che appunto vanno a ledere l’integrità
fisica delle bambine e per la cultura sono atti permessi poiché rituali di
appartenenza, invece per il diritto sono definiti lesioni personali.
Il diritto penale italiano contiene degli strumenti di flessibilità con i quali si cerca
di operare un bilanciamento tra valori.
1. Esimenti o scriminanti sono situazioni che escludono l’antigiuridicità del fatto,
quindi viene meno un elemento essenziale del reato cioè il reato ha tutti i suoi
contenuti il soggetto, la modalità ma viene considerato in alcuni particolari casi
30
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

come non antigiuridico, non vietato. Si può parlare sia di alcune disposizioni di
legge che prevedono al loro interno la presenza di un giustificato motivo, che
giustifica appunto la messa in atto di azioni che altrimenti dovrebbero essere
vietati, possiamo citare l’esempio dei simboli religiosi, c’è una legge del 1975
epoca terrorismo in Italia che vieta nei luoghi pubblici di indossare capi
Pagina | 31
d’abbigliamento che tengono occulto il volto, la legge salvo che ciò costituisca
un giustificato motivo.
La giurisprudenza si è posta l’ipotesi giustificato motivo possa rientrare il portare
un capo d’abbigliamento di tipo religioso, un esempio il burqa. La giurisprudenza
si è chiesta se indossare il burqa che rientra in un’azione vietata da tale norma,
non costituisca per caso un giustificato motivo poiché il burqa viene indossato
per esercitare la libertà religiosa quindi un diritto fondamentale.
Più in generale l’art. 51 c.p. parla dell’esercizio di un diritto fondamentale come
circostanza esimente o scriminante; “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di
un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della
pubblica autorità, esclude la punibilità”. Esclude l’antigiuridicità del fatto,
l’esercitare per esempio la libertà religiosa; quindi c’è un divieto
penalisticamente rilevante, l’esercizio della libertà religiosa può funzionare da
scriminate da circostanza che esclude la punibilità.
Tuttavia sempre l’art. 19 funziona da esimente o da scriminante? Solo quando
c’è l’esercizio del culto in senso stretto oppure qualsiasi comportamento
collegato al credo può essere una scriminante?
La libertà religiosa non è sempre e automaticamente una circostanza esimente,
non sempre può escludere l’applicazione della norme penale perché altrimenti
basterebbe giustificare con l’esercizio della libertà religiosa qualsiasi atto e il
diritto penale verrebbe svuotato di significato e della sua operatività. Occorre
quindi trovare un bilanciamento tra i diritti in gioco tra la libertà religiosa e il
valore giuridico tutelato dalla norma penale. Per esempio la libertà religiosa
solitamente prevale su altri diritti e altri interessi, quindi funziona da esimente se
le condotte penalmente rilevanti sono di tenue lesività, un esempio in casi di
proc giuridici dinanzi giudici ecclesiastici, tribunale sacra rota che si occupa di
giudicare le nullità del matrimonio canonico. Se c’è un trattamento dei dati
personali, sessuali e sensibili per il soggetto, trattamento dei dati non conforme
a ciò che prevede la normativa italiana ma in alcuni casi non c’è reato illecito dei
dati perché appunto il tribunale e procedimento giudiziale sono operativi in forza
di una libertà religiosa del soggetto, quindi in questo caso prevale la libertà
religiosa sul valore giuridico tutelato dall’altra norma cioè la privacy.
In altri casi le condotte lesive di beni fondamenti per la costituzione, non sono
scriminate le condotte penalmente rilevanti. Per esempio le mutilazioni genitali
femminili in forza di motivazione religiosa non è scriminata perché il bene
giuridico tutelato è molto più rilevante rispetto all’esercizio di una condotta
religiosamente motivata.

31
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Quindi un bilanciamento nel quale volta per volta il giudice o chi è chiamato a
interpretare la norma sarà tenuto a trovare l’equilibrio cioè la soluzione più
corretta per il caso specifico.

2. Le circostanze attenuanti l’art. 62 c.p. individua le circostanze attenuanti


Pagina | 32
comuni quindi tutte le circostanze nell’avere agito per motivi di particolare valore
morale o sociale e da questi motivi c’è anche nell’aver agito in forza della
propria libertà religiosa, attenuano il reato cioè il reato sussiste non è esclusa la
punibilità, ma c’è un’attenuazione della pena cioè della conseguenza del reato.
Art. 62 bis c.p. attenuanti generiche si prevede che “indipendentemente dalle
circostanze previste dall’art.62, il giudice può prendere in considerazione altre
circostanze diverse, qualora ritenga tali da giustificare una diminuzione della
pena”.
Esempi di esimenti ed attenuanti per la libertà religiosa - Vedi esempi slide 17
«Secondo le notizie relative alle caratteristiche comportamentali degli adepti della
religione rastafariana, la marjuana non è utilizzata solo come erba medicinale, ma
anche come “erba meditativa”, come tale possibile apportatrice dello stato
psicofisico inteso alla contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza
che “la erba sacra” sia cresciuta sulla tomba di re Salomone. Il semplicistico
richiamo al dato ponderale della sostanza e la trascurata valutazione delle
circostanze di tempo, luogo e modalità comportamentali dell’imputato non è,
pertanto, sufficiente ad integrare l'obbligo di motivazione, specie quando siano
allegate dall'imputato circostanze specifiche quali, per l'appunto, l'appartenenza alla
religione rastafariana» (Corte di Cassazione. VI Sezione Penale. Sentenza 10
luglio 2008 n. 28720: «Consumo di marjuana a scopo meditativo da parte di fedeli
rastafariani»)
Limite fondamentale
“Anche per i cosiddetti reati culturalmente orientati vige il principio dell'irrilevanza
della ignorantia juris, pur letta nell'ambito interpretativo della Corte delle leggi,
quando le condotte oggetto di valutazione si caratterizzino per la palese violazione
dei diritti essenziali ed inviolabili della persona, quali riconosciuti ed affermati
dalla Costituzione, costituendo la base indefettibile dell'ordinamento giuridico
italiano e il cardine della regolamentazione concreta dei rapporti
interpersonali» (Corte di Cassazione sez. VI pen.: Sentenza 30 marzo 2012, n.
12089, percosse a minore).”
Diritto penale è limite legittimo a libertà religiosa solo se presidia beni
costituzionali di pari valore
I limiti impliciti (non sono esplicitati nell’art. 19)
Oltre il limite del buon costume applicato ai riti e all’atto di culto, esistono anche i
limiti impliciti al diritto di libertà religiosa. Quindi il limite del buon costume non può
32
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

essere considerato l’unico limite al diritto di libertà religiosa, valgono alcuni criteri
generali relativi alla possibilità di limitare i diritti fondamentali.
Il diritto di libertà religiosa può essere limitato quando c’è necessità di tutelare altri
diritti costituzionalmente rilevanti oppure per tutelare altri principi, valori, interessi di
natura pubblicistica, nominati nella Costituzione. Con la seconda tutela entra in Pagina | 33
gioco anche il valore dell’ordine pubblico, pur non essendo esplicitato nell’art. 19
l’ordine pubblico, letto sotto specifici termini, a determinate condizioni rientra tra
questi principi e valori di natura pubblicistica che possono generare un limite per la
libertà religiosa.
Tra i limiti impliciti che possono essere apposti al diritto di libertà religiosa troviamo
l’ordine pubblico.
Come affermato precedentemente l’ordine pubblico non è stato inserito nel testo
dell’art. 19 poiché si voleva evitare un ritorno al passato, ritorno al periodo fascista.
Tuttavia l’ordine pubblico è un principio, una nozione necessaria al funzionamento
dell’ordinamento giuridico e può essere utilizzato quindi come limite implicito.
È una nozione necessaria perché attraverso al concetto di ordine pubblico vengono
veicolati tutti quei valori fondamentali che fanno parte dell’ordinamento giuridico
italiano e che assicurano la convivenza civile e la stabilità dell’ordinamento
democratico.
Molto spesso però i confini di questa nozione sono molto incerti poiché è una
nozione difficile da definire in maniera univoca e molto spesso viene
strumentalizzata per promuovere e sottolineare alcuni valori o altri a seconda del
concetto. Anche per questo motivo i nostri costituenti non hanno voluto inserire
l’ordine pubblico nella Costituzione perché appunto essendo una nozione incerta e
strumentalizzata, si preferisce non citarla espressamente.
Secondo la dottrina ci sono due accezioni fondamentali di ordine pubblico:
 Ordine pubblico ideale o normativo inteso come l’insieme dei principi e delle
istituzioni posti alla base dell’ordinamento e della sua sopravvivenza. Tuttavia
ha contorni eccessivamente sfumati e può divenire uno strumento per reprimere
qualunque manifestazione di volontà che contrasti con i valori dell’ordine legale
costituito (dissenso).

 Ordine pubblico materiale inteso come complesso delle condizioni che


assicurano la tranquillità e la sicurezza materiale di tutti i cittadini. Mentre con
l’ordine pubblico ideale, si rischia un ritorno al passato, con l’ordine pubblico
materiale si allude alle condizioni di pacifica convivenza, di buon assetto e
regolare l’andamento del vivere civile.
Esempio riunioni e manifestazioni pubbliche vs problemi di sicurezza urbana 
in questo caso il limite deve fare riferimento a ORDINE PUBBLICO
33
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

COSTITUZIONALE. Ispirato quindi a principi di pluralismo e libertà sanciti in


Costituzione, è quello che consente a tutti il godimento effettivo dei diritti
(C.Cost. n. 19/1962)-
Condizioni generali per porre limiti alla libertà religiosa
Pagina | 34
Condizioni generali dettati dalla Giurisprudenza che possono essere applicati a
qualsiasi altro diritto fondamentale.
La libertà religiosa può essere limitata quando:
 C’è un conflitto tra libertà religiosa e altri diritti o principi fondamentali.
 L’altro diritto o principio sarebbe snaturato se non ci fosse il limite a libertà
religiosa, cioè io la limito perché altrimenti l’altro diritto verrebbe meno.
 Limitazione a libertà religiosa è ragionevole e proporzionata (principio di
ragionevolezza). In questo senso la Corte Costituzionale afferma che in ogni
caso vige sempre il principio ermeneutico per cui la libertà deve essere limitata
quel tanto che basta per garantirla (Corte Cost. 487/1989).
Dalle norme si possono ricavare dei principi che ci aiuteranno a costruire il nostro
sistema di diritto ecclesiastico. Parliamo di libertà religiosa come norma sancita
nell’art. 19 ma anche come principio della tutela della libertà religiosa. (slide 26 –
norme e principi).
Libertà religiosa come diritto significa che l’art.19 garantisce il diritto personale di
libertà religiosa. È una norma immediatamente precettiva ed è un diritto garantito
anche dal diritto internazionale e dell’UE.
Libertà religiosa come principio fondamentale ove ispira e orienta l’attività
legislativa e amministrativa: devono essere conformi alla tutela della libertà
religiosa. Si basa su un criterio ermeneutico e in caso di contrasto tra norme,
prevale la tutela della libertà religiosa.
LEZIONE 5
LA LIBERTA’ RELIGIOSA NELLE FONTI SOVRANAZIONALI
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (ONU -1948). Si firma questa
dichiarazione nel post secondo dopo guerra poiché i diritti umani in questo periodo
vengono negati dalle decisioni degli Stati totalitari, quindi si vuole consacrare
l’importanza dei diritti umani in una dichiarazione universale nel seno delle Nazioni
Unite.
È una dichiarazione, quindi ha un valore relativamente cogente rispetto agli stati
firmatari e fornisce una cornice generale per l’interpretazione e lettura dei diritti
fondamentali in ambito internazionale.
Dobbiamo distinguere:

34
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

 l’ambito interazionale universale sempre facendo riferimento all’ONU, quindi


convenzioni, atti adottati per tutti gli Stati che aderiscono all’ONU, quindi a livello
mondiale.
 l’ambito internazionale regionale facciamo riferimento alle varie organizzazioni
sovranazionali che fanno riferimento ad un continente, nel nostro caso
Pagina | 35
all’Europa (CEDU – convenzione europea dei diritti dell’uomo) è stata firmata
nell’ambito del Consiglio d’Europa.
Tutela della libertà religiosa
La libertà religiosa viene garantita in molte convenzioni internazionali:
partendo dall’ambito universale dobbiamo citare la dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, ove nell’art. 18 cita il diritto alla libertà religiosa, le fa eco anche il
patto dei diritti civili e politici del 1966 firmato sempre nell’ambito dell’ONU.
Il patto dei diritti civili e politici è affiancato da un altro patto dei diritti sociali ed
economici, ove non si cita espressamente la libertà religiosa.
Accanto a questi atti generali sui diritti umani, nell’ambito dell’ONU è stata firmata
nel 1981 una Dichiarazione sull’eliminazione delle forme di intolleranze e
discriminazione fondate sulla religione o il credo. Dedicata specificamente alla
religione, è particolare poiché è una dichiarazione meramente dichiarativo, che
vuole fornire una lettura dei diritti fondamentali ma non è cogente per gli Stati
firmatari (no convenzione poiché vincola gli Stati al suo rispetto e dà delle forme di
attivazione contro gli stati che la violano).
Nell’ambito dell’ONU si sono fatti alcuni tentativi per arrivare a firmare una
convenzione vincolante in materia religiosa ma le diverse posizioni degli Stati
hanno impedito questo procedimento e quindi l’unico atto specificamente dedicato
al tema della libertà religiosa è appunto questa Dichiarazione del 1981, che non è
vincolante.
La citiamo perché anche gli atti non vincolanti, in ambito internazionale, sono
importanti a livello interpretativo ovvero quando gli Stati firmatari si trovano a fornire
una lettura di un particolare diritto fondamentale possono fare riferimento alle
Convenzioni internazionali sul tema, le quali forniscono un minimo comune
denominatore del diritto fondamentale una sorta quindi di lettura condivisa del
diritto fondamentale.
La difficoltà di giungere a una Convenzione vincolante in materia religiosa sia un
indicatore di quanto sia difficile raggiungere una lettura condivisa su questo diritto
delicato da interpretare. Tale diritto è delicato da interpretare poiché è segnato da
posizioni ideologiche, dal mutare delle condizioni politiche e le varie posizioni dei
diversi Stati (alcuni con religioni di maggioranza e alcuni con religioni ufficiali
ovvero di Stato, altri ancora con un sistema concordatario, o un sistema laico e
separatista) tutte queste differenze fanno si che sulla libertà religiosa ci siano

35
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

diverse interpretazioni/letture e gli Stati non sempre si trovano d’accordo su che


cosa dobbiamo intendere per libertà religiosa.
La Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (CEDU)
firmata nel 1950 all’interno del consiglio d’Europa, è una convenzione. In ambito
regionale si è giunti a una posizione più condivisa rispetto ai diritti fondamentali, Pagina | 36
ambito omogeneo ove minori sono le differenze tra l’interpretazione delle libertà
fondamentali (no dichiarazione).
Strumenti di attivazione degli Stati nei confronti dei diritti fondamentali
Le Convenzioni dell’ONU – Dichiarazioni dell’ONU prevedono alcuni sistemi di
controllo tipici del diritto internazionale, prevedono una serie di rapporti annuali
degli Stati firmatari fanno sul rispetto dei diritti fondamentali. Inoltre prevedono la
costituzione di specifici comitati sui particolari diritti citati nelle Convenzioni che si
occupano di effettuare operazioni, valutazioni e pareri, delle visite negli Stati
firmatari che fanno il punto su quanto e come sia stato implementato quel
particolare diritto. Sta proprio nello Stato firmatario attuare quel diritto.
CEDU costituisce un vero e proprio sistema giurisdizionale: la Corte europea dei
diritti dell’uomo, specifico tribunale che si occupa di giudicare sulle violazioni di
questa Convenzione e a questo tribunale fanno riferimento gli Stati membri o anche
gli individui, quando un diritto garantito nella Convenzione viene violato.
È un sistema molto innovativo, Convenzione vincolante per gli Stati e costituisce
una vera e propria Giurisdizione sopranazionale:
 Corte permanente ( Corte europea dei diritti dell’uomo) a differenza dei
comitati per la valutazione che sono stabilite da altre Convenzioni
internazionali, o tribunali che possono essere costituiti al bisogno da altre
Convenzioni internazionali.
In questo caso si tratta di una Corte permanente, non richiede
un’accettazione da parte degli Stati sul suo potere di giudicare, non è un
arbitro che viene nominato di volta in volta.
 Ha competenza automatica su tutti i ricorsi relativi alla violazione della
CEDU.
 Giurisdizione sussidiaria ovvero occorre prima esaurire le vie di ricorso
interne ai singoli Stati, quando una persona o uno Stato ritiene che ci sia
stata una violazione di un diritto fondamentale garantito dalla CEDU deve
prima fare ricorso a un giudice interno, poi un volta esaurito tutte le vie del
ricorso interne quindi bisogna arrivare al grado più alto della giurisdizione, e
una volta che tutte le vie del ricorso interne sono esaurite e non hanno
soddisfatto alla richiesta di tutela di quel diritto a questo punto si può adire
alla Corte Europea dei diritti dell’uomo (sede Strasburgo).
Esempio: in Italia se io mi dovessi ritenere violato in un diritto fondamentale
garantito nella Convenzione Europea dei diritti dell’uomo farò riferimento

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

prima al tribunale, poi alla Corte d’Appello, poi a seconda se sia giurisdizione
ordinaria dovrò arrivare in Cassazione, se tutte queste vie di ricorso sono
state esaudite e non ho trovato soddisfazione del mio diritto potrò adire alla
Corte Europea dei diritti dell’uomo.
 Ruolo interpretativo nelle sue sentenze non si limita a stabilire la ragione o il
Pagina | 37
torto in quel singolo caso, non si limita a stabilire se quel diritto fondamentale
è stato violato oppure no, ma fa una ricostruzione dei diritti fondamentali in
gioco fungendo da interprete a quei diritti fondamentali a livello europeo.
Molto spesso le sue interpretazioni sono riprese da altre sentenze.
Ricorsi interstatali (art. 33 Cedu) quando uno Stato vede che in un altro Stato
firmatario vengono violati dei diritti fondamentali, si può fare ricorso alla Corte
Europea.
Ricorsi individuali (art. 34 Cedu) qualsiasi soggetto (individui, gruppi e ONG) che
ritenga violati i suoi diritti da parte di uno Stato firmatario della CEDU, può adire
direttamente alla Corte di Strasburgo. È una particolarità di questo sistema
giurisdizionale perché quasi sempre le altre Convenzioni internazionali che
riguardano i diritti fondamentali, invece se anche hanno un tribunale o un arbitro
che giudica sulle violazioni dei diritti fondamentali, possono essere chiamati in
causa soltanto dagli Stati siccome sono gli Stati i firmatari di una particolare
Convenzione internazionale sono loro anche che agiscono di fronte al tribunale o
all’arbitro nominato. Invece per quanto riguarda la CEDU, nella Convenzione
stessa si è voluto inserire la possibilità anche per gli individui di fare ricorso alla
Corte Europea.
Entrambi i ricorsi devono riguardare violazioni di diritti contenuti nella CEDU e
violazioni commesse dagli Stati ovvero violazioni poste da istituzioni pubbliche, si
tratta quindi di ricorsi contro istituzioni pubbliche quindi non sono ricorsi interprivati.
Esempio ritengo che un mio diritto è stato violato da un concittadino non posso far
ricorso alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, farò ricorso alla CEDU
soltanto se il diritto che io ritengo violato è stato violato da un istituzione pubblica
attraverso l’emanazione di una legge contraria a un diritto fondamentale oppure se
in un procedimento giurisdizionale dove c’è in gioco un mio diritto fondamentale, io
mi ritengo leso dall’esercizio del potere giudiziario o contro la pubblica
amministrazione. La condizione è l’esaurimento delle vie di ricorso interne.

Articoli della CEDU rilevanti per il fenomeno religioso


Art. 14 fa riferimento al divieto di discriminazione fondato su diversi fattori
compresa la religione.

37
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Protocollo addizionale n. 1, art. 2 riguarda la libertà educativa religiosa dei


genitori nello scegliere le forme di educazione per i propri figli che siano conformi al
proprio credo
Protocollo addizionale n.12 del 2000, il quale non è stato ancora ratificato da tutti
gli Stati firmatari compresa l’Italia, riguarda il principio di uguaglianza. Pagina | 38

Articoli collegati alla libertà religiosa:


Art. 10 libertà di espressione e manifestazione del pensiero
Art. 8 vita privata e familiare
Art. 9 libertà di pensiero, coscienza e religione

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e


di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o
credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il
proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in
privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e
l’osservanza dei riti.
Analisi art. 9.1
Analisi di determinati punti, specificati successivamente anche dalla giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo: nella libertà religiosa è citata anche la
libertà di pensiero e di coscienza, nella nostra Costituzione non è citata
espressamente anche se successivamente è stata ricavata in via interpretativa. Si
fa riferimento a un foro interno nel quale si include anche la libertà di pensiero e di
coscienza come momento più ampio della libertà religiosa, prima viene la libertà di
pensiero e di coscienza e all’interno di quest’ultima si forma anche il convincimento
religioso, poi viene la libertà religiosa.
Il foro esterno cioè la libertà di manifestare la propria religione e il proprio credo.
Si fa riferimento a quel binomio religione-credo, che fa riferimento a un ampio
insieme di credenze tutelabili all’interno di questo diritto fondamentale. Termine
credo-credenza e non opinione (termine relativo e sottile), sono un qualcosa che
orienta la vita dell’individuo qualcosa di più strutturato. Nell’articolo 9 come anche
nelle Convenzioni internazionali citate in precedenza, si fa riferimento proprio a
questo binomio per includere non soltanto la religione nella tutela della libertà
religiosa ma anche le credenze quindi una credenza ateistica, filosofica, non
confessionale è anch’essa tutelata. In questo ambito la nostra Costituzione non lo
afferma espressamente, anche se poi la giurisprudenza ha ritenuto di poter
includere anche l’ateismo nelle forme tutelate nella nostra Costituzione.
Si fa riferimento poi all’esercizio di libertà religiosa, in forma individuale o collettiva,
si fa riferimento al fatto che la libertà religiosa sia un diritto non soltanto individuale
ma anche da esercitare in gruppo; conseguenza anche in riferimento i ricorsi alla
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Corte Europea dei diritti dell’uomo che possono essere esercitati/portati avanti non
soltanto dagli individui ma anche dalle collettività, dalle confessioni religiose.
Sentenze importanti su articolo 9 della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che
hanno fatto il punto su alcuni principi generali relativi a questo diritto fondamentale.
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Sentenza 1993 promossa da un individuo il sign. Kokkinakis contro il suo paese la
Grecia: si fa riferimento al valore importantissimo della libertà religiosa per le
società democratiche. La libertà religiosa ha un valore fondamentale se letta in
un’ottica di pluralismo quindi in società democratiche. È importante tutelare la
libertà religiosa non soltanto per i credenti ma anche per gli atei e agnostici, tutti
coloro che non si occupano di religione. Garantire la libertà religiosa significa
garantire la libertà di credere e di non credere, se viene a mancare questo diritto
fondamentale viene a mancare anche la libertà di coloro che non si interessano di
religione.
Kokkinakis era un testimone di Geova greco e fu condannato dalla Grecia per
proselitismo indebito, ovvero egli andava a suonare in giro per le case per
annunciare e testimoniare la sua religione e cercare nuovi adepti. Ai sensi del
codice penale greco questo non si poteva fare poiché c’è un regime di religione di
Stato, che è la religione cristiana-ortodossa. Kokkinakis fu condannato e anche lui
esaurisce in tutte le vie di ricorso interne e poi farà ricorso alla Corte Europea dei
diritti dell’uomo, la quale non gli dà ragione fino in fondo perchè vuole tentare di
trovare un equilibrio tra il salvare la legislazione nazionale greca e il salvare la
libertà religiosa dell’individuo che in quel momento la stava reclamando. Si
stabilisce poi che le legislazioni nazionali possono in realtà stabilire dei limiti alla
libertà religiosa anche relativamente a questa particolare aspetto.
Sentenza 1999 inerente ai titolari della libertà religiosa, estensione dell’art. 9 a
soggetti collettivi oltre che individuali. Sentenza sempre contro la Grecia, caso di
ingerenza statale delle nomine muftì musulmani cioè ministri di culto e si afferma
che anche le Chiese e soggetti collettivi sono titolari della libertà religiosa e dunque
possono adire alla Corte Europea e che un principio fondamentale è quello della
libertà di organizzazione interna delle confessioni religiose, quindi non possono
vedere lo Stato intervenire nella loro organizzazione.
Questione della definizione del concetto di religione, binomio religione-credenza:
molteplici sentenze che hanno definito i vari concetti in gioco.
Concetto di coscienza che disegna una tutela dei sistemi di credenza non soltanto
religiosa e in senso ampio la libertà di coscienza precede la libertà religiosa.
Concetto di credenza unito da quello di religione, che si distingue da quello di
opinione, ma solo quelle dotate di un certo livello di forza e coerenza nel definire la
visione della vita di un individuo - sentenza 1982 caso Campbell-Cosans presa da
modello di riferimento per tutte le altre sentenze che hanno ragionato su questo
argomento.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Nel binomio Religion-Belief viene tutelato anche la libertà religiosa “negativa”,


credenze areligiose come l’ateismo.

2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non


può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono
stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una Pagina | 40
società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione
dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione
dei diritti e della libertà altrui”
Analisi art. 9.2: limiti alla libertà religiosa
Si affermano i limiti alla libertà religiosa, le restrizioni sono applicate alla libertà di
manifestare la propria religione o il proprio credo.
Le sentenze in merito all’articolo 9 della CEDU, spesso riguardano le “restrizioni”
previste dall’art. 9.2, i limiti a questa libertà fondamentale riguardano solo la
manifestazione, quindi i limiti riguardano al foro esterno della libertà religiosa. Sono
restrizioni stabilite dalla legge e devono costituire delle misure necessarie,
estrema ratio quella di stabilire dei limiti alle libertà fondamentali. Tutela dei valori
fondamentali della società democratica, valori individuati nella pubblica sicurezza,
ordine pubblico, salute pubblica o morale pubblica, o per la protezione dei
diritti e della libertà altrui.
I limiti citati nell’art. 9.2 sono molto più numerosi rispetto a quelli citati nell’art. 19
della nostra Costituzione, ove è citato solamente il buon costume. Sono più
numerosi poiché la Convenzione europea deve mettere d’accordo tutti gli Stati e
ordinamenti, quindi citare esplicitamente quali possono essere i limiti connessi alla
libertà religiosa, ai sensi dell’art. 9 CEDU. Inoltre non si può lasciare libera
interpretazione al giudice, come succede nella Costituzione attraverso il concetto
dei cd. limiti impliciti.
L’analisi della Corte Europea verte, innanzitutto, sull’esistenza di una restrizione: se
il reclamo posto dall’individuo o Stato alla Corte Europea riguardo alla violazione di
un diritto fondamentale, fa riferimento a una restrizione stabilita per legge.
L’esistenza di una restrizione stabilita per legge, ovvero se l’individuo fa riferimento
a un evidente limitazione della libertà religiosa oppure soltanto ad una sua
impressione di violazione di un diritto: deve esistere quindi una determinata
restrizione e tale deve essere stabilita per legge. Se queste condizioni esistono la
Corte continuerà con la sua analisi e andrà a osservare se questa restrizione, una
volta individuata, è giustificata da uno di quei valori e limiti stabiliti dall’art. 9.2.
Tali limiti, come per esempio la salute pubblica per noi è implicito, per l’art. 9.2 della
CEDU è un limite esplicito.
In sintesi: restrizione deve esistere, stabilita per legge, cioè attraverso un
provvedimento o procedimento normativo adottato secondo le regole previste da

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

quell’ordinamento giuridico, non deve essere per forza una legge quindi un atto di
rango legislativo, e deve essere giustificata.
Per valutare se una restrizione alla libertà religiosa è giustificata, la Corte opera
una valutazione secondo delle linee:
Pagina | 41
 Le restrizioni sono necessarie in una società democratica?
 Da quali valori in gioco è giustificata la restrizione? Per esempio una restrizione
alla libertà religiosa può essere giustificata dall’ordine pubblico?
Per fare questo tipo di valutazione, quindi se la restrizione alla libertà religiosa è
effettivamente giustificabile, la Corte ragiona con la teoria “margine
d’apprezzamento”.
Teoria “margine d’apprezzamento” è uno spazio di manovra, concesso agli Stati
firmatari della CEDU, nel definire le restrizioni alla libertà religiosa, in base alle
caratteristiche dell’ordinamento giuridico di riferimento e alle modalità di disciplinare
il fenomeno religioso.
Siamo nell’ambito di una Convenzione internazionale, che fa riferimento a più
ordinamenti giuridici diversi e con caratteristiche diverse, per questo agli Stati viene
sempre concesso e garantito uno spazio di manovra nel definire appunto le
restrizioni ai diritti fondamentali.
Le restrizioni cambieranno in base alle modalità con le quali uno Stato definisce la
libertà religiosa, la tutela, disciplina il rapporto con le confessioni religiose o
esercizio della libertà religiosa. Quindi la Corte Europea tiene conto sempre del
fatto che ai diritti fondamentali può essere data una lettura diversa a seconda
dell’ordinamento.
La disciplina del fenomeno religioso ha diverse caratteristiche a seconda degli
ordinamenti, delle caratteristiche storiche dei rapporti tra Stato-confessioni: quindi
questo spazio di manovra lasciato agli Stati consente al singolo ordinamento
giuridico di disciplinare le restrizioni alla libertà religiosa in modo diverso.
La Corte Europea, non intende sostituirsi ai governi nazionali per eventuali
restrizioni in merito, opera da giudice superpartes che dà una serie di strumenti per
valutare in modo comune e uniforme determinati diritti. Tuttavia arriva sempre al
limite del margine di apprezzamento, c’è uno spazio proprio della Corte per
interpretare i diritti e leggere le restrizioni dei diritti: quando tale spazio finisce, la
Corte si arresta di fronte a tale margine e alla potestà degli Stati di tutelare la libertà
di religione con le proprie caratteristiche.
Per esempio l’interpretazione del principio di laicità in Francia, può giustificare delle
restrizioni più ampie alla manifestazione della libertà religiosa: caso dei simboli
religiosi o del velo. La legislazione francese, in merito ai simboli religiosi, usa il
termine ostentible cioè i simboli religiosi che sono particolarmente visibili nella sfera
pubblica. In forza della lettura della laicità alla francese, che vede le manifestazioni
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

della libertà religiosa limitate alla sfera privata, le restrizioni a questa libertà sono
diverse rispetto a ciò che accade in Italia ove la laicità lascia la libertà di
manifestare la libertà religiosa anche nella sfera pubblica.
La Corte Europea come si comporta dinanzi a queste scelte diverse poste dagli
Stati membri? Pagina | 42

La Corte Europea dà alcuni paletti e alcune letture standard comuni agli Stati
firmatari, poi si ferma di fronte alle diverse scelte governative rispetto al fenomeno
religioso. Per tornare all’esempio della Francia, le restrizioni posti in merito alla
libertà religiosa sono ritenute giustificate dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo
perché nell’ambito del margine d’apprezzamento francese, la lettura della laicità
giustifica e fa comprendere il perché si stabiliscano determinate restrizioni alla
libertà religiosa.
Tutto l’operato della Corte Europea dei diritti dell’uomo si svolge con un
delicatissimo bilanciamento tra diritti e valori contrapposti e vede dell’interpretazioni
dei diritti molto variabili a seconda dello Stato membro e della propria lettura dei
diritti in un determinato caso. Quindi il bilanciamento tra diritti e interpretazioni
variabili, fa si che ci siano delle oscillazioni nelle decisioni prese dalla Corte
Europea dei diritti dell’uomo in merito alla libertà religiosa ma alcuni principi
generali esistono e dettati dalla Corte.
Principi generali della CEDU
1. Pratiche vs. atti ispirati dalla religione
La tutela della manifestazione della religione non significa garanzia sempre e
comunque per tutti i comportamenti ispirati dalla religione.
Quindi si fa una differenza tra le pratiche di culto e atto ispirato dalla religione:
Sentenza in merito è quella che ha riguardato il rispetto delle festività religiose
(Kosteski Macedonia, 2006). La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha
giustificato il licenziamento di un lavoratore che si fosse assentato da lavoro per
motivi religiosi, da parte dello Stato macedone. Per la Corte se l’assenza non è
prevista dal contratto o non è concordata con il datore di lavoro, il licenziamento
è giustificato perché le assenze dal lavoro per andare a pregare rientrano in
comportamenti che sono ispirati dalla religione e non vengono definiti atti di
culto. La Corte afferma che sono manifestazioni della religione solo quegli atti
intimamente collegati alla religione o al credo di appartenenza, quindi spesso si
fa riferimento al culto cioè alle pratiche obbligatorie per una certa religione,
quindi una ritualità.
Quindi non tutte le pratiche e atti che sono ispirati dalla religione sono tutelati ai
sensi dell’art. 9 CEDU.

Recentemente una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, di segno
parzialmente contrario (Eweida v. UK del 2013) si prendevano in considerazione

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

dei diversi casi all’interno del mondo del lavoro nel Regno Unito, tra i quali
quello della signorina Eweida.
Eweida hostess di religione cristiana, che voleva indossare sulla divisa del
lavoro una catenina con il crocifisso per dimostrare la sua appartenenza
religiosa. Nei ricorsi presso il giudice interno, il ricorso venne sempre respinto
Pagina | 43
perché si giustificava il licenziamento della signora perché lei aveva rifiutato di
rimuovere il crocifisso poiché la compagnia aerea le aveva chiesto di indossare
una divisa completamente neutra.
Dopo il licenziamento e il ricorso alle vie interne, la signorina fa ricorso alla
Corte Europea dei diritti dell’uomo: in questo caso la Corte afferma che tale atto
non faccia parte di una pratica obbligatoria in quella determinata religione
tuttavia occorre valutare nel caso concreto se nella manifestazione del credo ci
sia un nesso abbastanza stretto e diretto tra il comportamento e il credo che vi
sta dietro. In questo caso la Corte afferma che il nesso è ben visibile, perché
altrimenti la signora non avrebbe sopportato il declassamento della sua
postazione lavorativa e il licenziamento.
In questa sentenza, la Corte Europea ragiona in una maniera parzialmente
diversa rispetto cioè escludendo dalla tutela i comportamenti ispirati dalla
religione.

2. Uguaglianza e diversità
Principio generale che collega la libertà religiosa con il divieto di discriminazioni.
L’art. 14 CEDU vieta la discriminazione nel godimento dei diritti fondamentali
stabiliti dalla Convenzione stessa, vieta la discriminazione fondata sulla libertà
religiosa e appartenenza.
La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha ragionato sui concetti di
discriminazione distinguendo: discriminazione diretta e discriminazione indiretta.
Da questo punto di vista la Corte Europea ha costruito un sistema concettuale
relativamente alle discriminazione che poi è stato recepito anche dalla
legislazione antidiscriminatoria dell’Unione Europea.

La sentenza Thlimmenos c. Grecia del 2000 è quella che introduce nel sistema
della CEDU il concetto di discriminazione indiretta contrapposto con la
discriminazione diretta.
Per discriminazione diretta si intende il trattamento differenziato fondato sulla
religione, trattamento che direttamente ha a che fare con la religione e tratta in
modo diverso una persona rispetto a un’altra in ragione della sua appartenenza
religiosa. Un esempio durante un colloquio di lavoro scegliere un candidato
rispetto a un altro in ragione solo ed esclusivamente della sua appartenenza
religiosa.
La discriminazione indiretta ha a che fare con i trattamenti tutti uguali che
trattano tutte le persone nello stesso modo senza tener presente le differenze
religiose e così facendo pongono in una posizione di svantaggio i fedeli di una

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

religione. Nel caso analizzato dalla Corte Europea nel 2000 in Grecia, c’era una
norma uguale per tutti che aveva a che fare con i precedenti penali dei candidati
di un concorso per l’amministrazione pubblica. La norma stabiliva che tutti
coloro che avessero dei precedenti penali non potevano accedere ai concorsi
pubblici, in questo caso il ricorrente il sign. Thlimmenos aveva un precedente
Pagina | 44
penale perché essendo un Testimone di Geova si era rifiutato di svolgere il
servizio militare obbligatorio, quindi era finito incriminato per tale
comportamento.
La CEDU afferma che tale norma inerente ai precedenti penali, pone in una
situazione di particolare svantaggio i fedeli Testimoni di Geova, perché coloro
che appartenevano a questa religione avevano tutti un precedente penale ma
per motivi religiosi e non per reati di grande gravità, erano tutti reati perché
avevano operato un’obiezione di coscienza. La CEDU afferma che tale norma è
indirettamente discriminatoria nei confronti di alcuni fedeli perché non tiene
conto della sua condizione diversa rispetto alle altre persone che avevano
precedenti penali per altri motivi. Quindi è una norma illegittima per
discriminazione nei confronti della religione.
Tutti questi principi enunciati per uguaglianza e non discriminazione hanno a
che fare con la tutela del pluralismo ovvero tutela delle diversità religiose, la
Corte Europea apre la strada alla tutela delle diversità religiose vietando così
norme che stabiliscono comportamenti uguali per tutti senza valorizzano e non
tenendo conto delle diversità religiose.

3. I rapporti con le confessioni religiose


Sentenza questione di riconoscimento/registrazione delle confessioni religiose
nei registri pubblici.
In alcuni Stati la registrazione è una condizione per accedere ai concordati e
determinati trattamenti stabiliti dalla legge per le confessioni religiose.
Questi trattamenti differenziati, secondo la CEDU, sono ammessi perché si
fondano su sistemi di collaborazione con le confessioni religiose che possano
tenere una considerazione diversa una confessione piuttosto che un’altra. Gli
Stati possono decidere con quali confessioni collaborare e avere un rapporto
concordatario con alcune confessioni non tutte.
Il problema è se il trattamento differenziato nasce da una scelta discrezionale
fatta correttamente nulla questio ma se il trattamento differenziato discende da
un’applicazione discrezionale e discriminatoria dei criteri di riconoscimento delle
confessioni religiose allora si sta violando la libertà religiosa di quella
confessione religiosa.
Gli Stati che prevedono una registrazione e un riconoscimento giuridico delle
confessioni religiose e che finiscono di negare questa registrazione sulla base di
criteri discrezionali stanno operando una discriminazione dei fedeli appartenenti
a quella confessione religiosa.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

La Corte Europea contesta l’applicazione discrezionale e discriminatoria di quei


criteri di riconoscimento, il alcuni Stati il riconoscimento della confessione
religiosa viene sottoposto a un procedimento amministrativo molto complesso
che richiede una serie di documentazioni, testimonianze dell’esistenza della
confessione religiosa, il numero di adepti, la presentazione di statuti..
Pagina | 45
È capitato alcune volte che le autorità amministrative competenti per la
registrazione delle confessioni religiose abbiano continuato a richiedere
documentazione supplementare, a ribalzare la confessione religiosa da un
procedimento amministrativo ad un altro, negando appunto il riconoscimento e
la registrazione ufficiale nei registri pubblici. La CEDU ha ritenuto tutto questo
discriminatorio perché appunto finisce per bloccare l’accesso della confessione
religiosa stessa a determinati diritti tra cui diritti collegati alla libertà religiosa
stessa.
Quindi se dalla registrazione discende una diversa graduazione nel godimento
della libertà religiosa, occorre fare attenzione che la procedura di
riconoscimento/registrazione sia piana e trasparente altrimenti la libertà religiosa
viene limitata di quella determinata confessione religiosa e verrà limitata anche
la libertà dei singoli fedeli.

4. Importanza della neutralità dello Stato


Secondo la Corte c’è un legame molto stretto tra principio di laicità, tutela della
democrazia
La laicità implica dei principi fondamentali:
 Neutralità dello Stato, separazione degli ambiti religioso/politico
 Possibilità delle confessioni di auto-organizzarsi senza ingerenze dello Stato
 Imparzialità dello Stato nei confronti delle diverse opzioni religiose
 Tutela della libertà religiosa e di coscienza di tutti, in condizioni di parità
Secondo la CEDU, la laicità vieta allo Stato di esprimere preferenze verso una
religione e lo obbliga ad essere un arbitro neutro; la laicità è fondamentale per
tutelare al meglio la libertà religiosa, definito un principio fondamentale
finalizzato alla più ampia tutela della libertà religiosa.
La laicità, nei diversi Stati firmatari della CEDU, ha diverse interpretazioni: può
essere letta in maniera rigida, come in Francia dove la laicità vuole l’esclusione
completa della religione nella sfera pubblica oppure in maniera più aperta come
per esempio la lettura italiana ove la laicità viene ritenuta come tutela del
pluralismo confessionale, laicità positiva che tutela la libertà religiosa anche
nella sfera pubblica.
Oltre i punti fondamentali, citati prima, per l’interpretazione del principio di laicità,
la Corte Europea accetta e apprezza le diverse interpretazioni di questo
principio sempre con l’ottica di tutelare la libertà religiosa tenendo conto del
margine d’apprezzamento d’interpretare tutte queste questioni.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Principi emersi nel sistema della CEDU relativamente alla libertà religiosa e ai
rapporti con le confessioni religiose
 Tutela del pluralismo ovvero la tutela della libertà religiosa e della non
discriminazione funzionale al pluralismo nella società democratica. La tutela
della libertà religiosa apprezzando e tutelando tutte l’espressioni della libertà Pagina | 46
religiosa, da quella degli atei a quelle più stabili.

 Autonomia delle comunità religiose nella loro organizzazione e incompetenza


dello Stato in materia religiosa: la laicità, imparzialità e distinzione degli ordini
(ordine secolare e religioso) è uno dei nuclei fondamentali del principio di laicità
comune a tutti gli Stati.

 La CEDU tutela la collaborazione tra Stati e comunità religiose, inoltre si è


occupata anche dei trattamenti specifici delle confessioni religiose ad esempio
gli accordi e concordati.

 La CEDU ha affermato che c’è la possibilità di attuare trattamenti specifici cd.


differenziati alle confessioni religiose ma senza violare il principio di
uguaglianza. I trattamenti differenziati specifici sono giustificati fin tanto che la
situazione delle confessioni religiose stesse è differenziata: quindi per ogni
confessione un trattamento specifico in forza anche della lettura del principio di
uguaglianza e non discriminazione che vuole il divieto di discriminazione diretta
e indiretta ovvero divieto di trattamenti uguali per tutti per situazioni diverse. La
Corte Europea ha posto dei limiti alla discrezionalità governativa nei confronti
del trattamento delle confessioni religiose appunto perché la discrezionalità
governativa rischia di andare a trattare le confessioni religiose in maniera
differenziata e senza garanzie, così facendo rischia di violare i diritti
fondamentali delle confessioni.
Tutti questi principi sono affermati sempre attraverso un bilanciamento tra interessi
sovranazionali e interessi nazionali quindi interessi della Corte Europea a fornire
un’interpretazione standard per tutti gli Stati firmatari e gli interessi degli Stati ad
attuare una lettura nazionale diversa del singolo ordinamento giuridico che tenga
conto delle singole caratteristiche dell’ordinamento giuridico in riferimento.
A tal proposito dobbiamo nuovamente accennare alla dottrina del margine
d’apprezzamento cioè l’azione della Corte arriva fino al punto nel quale inizia lo
spazio di manovra dello Stato nazionale che ha competenze nel disciplinare
determinati diritti.
Procedimento di fronte alla Corte per eventuale caso
Si parla quasi sempre di ricorsi individuali, raramente sono ricorsi interstatali. I
ricorsi individuali vengono presentanti dinanzi alla Corte soltanto dopo aver esperito
tutte le vie di ricorso interne.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

A questo punto si aprono tre strade:


1. Se il caso per motivi formali è chiaramente irricevibile viene assegnato ad un
giudice unico che emana una decisione inerente alla irricevibilità.
2. Se il caso appare come ricevibile potrà essere assegnato a un comitato di 3
giudici ove la materia è ripetitiva quindi già questioni già analizzate dalla Corte. Il Pagina | 47
Comitato in questo caso può analizzare il caso e decidere della sua
inammissibilità oppure ove dovesse essere ammissibile emanare una decisione
in merito.
3. Se il caso appare come ricevibile ma ha una materia non ripetitiva, quindi
argomenti e temi nuovi per la Corte, viene assegnato a una camera di 7 giudici
e analizzando possono decidere l’inammissibilità oppure emanando una
sentenza di ammissibilità e di merito. Una volta presa questa decisione nella
camera dei 7 giudici, si può avere un ricorso da parte delle parti coinvolte nel
procedimento alla Grande camera composta da 17 giudici la quale si esprimerà
con una sentenza. La Grande camera interviene anche laddove la camera dei 7
giudici intraveda degli elementi di particolare difficoltà in merito alla decisione
oppure elementi di rischi e conflitto tra la giurisprudenza della Corte e quella
nazionale: in questi casi la camera dei 7 giudici può fare un rimessione alla
Grande camera dei 17 giudici che deciderà direttamente il caso.
Come leggere le sentenze della Corte
• ° parte: «In fatto» :
a) parte con ricostruzione del procedimento interno
b) sintesi diritto interno rilevante
• 2° parte «In diritto»: esame di ogni art. CEDU contestato
a) ricevibilità/ammissibilità della singola doglianza
b) tesi delle parti (Governo dello Stato rispondente; ricorrente) ed eventuali terzi.
Nelle sentenze della Grande Chambre: cenni alla sent. precedente
c) valutazione della Corte
• Conclusioni
• Eventuali opinioni dissenzienti

Il ruolo del diritto UE


La Convenzione Europea dei diritti dell’uomo è firmata nell’ambito del Consiglio
d’Europa che è un’altra organizzazione rispetto all’Unione Europea.
L’Unione Europea nasce nel secondo dopoguerra con competenze settoriali cioè si
occupava solo di determinate materie, non era un’organizzazione internazionale
con competenze generali. Nasce non chiamandosi UE ma come Comunità
Economica Europea (CEE), si parte da due prime comunità economiche:
1. Comunità Europea per il carbone e per l’acciaio
2. Comunità Europea Econimica

47
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Solo dopo il Trattato di Mastricht nasce l’UE che avrà delle competenze più ampie.
Le Comunità Economiche, basandosi solo su competenze settoriali, prettamente
competenze economiche, lavoro e scambi di beni e di servizi, inizialmente non si
pongono il problema della tutela dei diritti fondamentali. Tale tutela emerge quando
si nota che materie di competenza della Comunità Economica Europea toccano Pagina | 48
anche diritti fondamentali, ad esempio nella circolazione dei beni e delle persone si
generano delle problematiche inerenti ai diritti dei lavoratori che cambiano lo stato
di residenza.
La Comunità Economica quindi si pone il problema di come garantire tali diritti
fondamentali; in un primo momento tali diritti vengono garantiti grazie allo
strumento della giurisprudenza. Quindi attraverso la Corte di giustizia, organo
previsto dalle Comunità Economiche Europee per garantire la corretta applicazione
dei Trattati istitutivi e tale azione inizia a individuare determinati diritti da tutelare
anche all’interno dell’attuazione del diritto comunitario. La Corte di Giustizia ritiene
che negli ambiti che sono di competenza della Comunità Economica Europea non
debbano intervenire i giudici nazionali soprattutto le Corte Costituzionali nazionali
(soprattutto quella tedesca e italiana) che avevano minacciato di intervenire
giudicando il diritto comunitario quando questo si fosse posto in contrasto con diritti
fondamentali del cittadino. Per evitare ciò la Corte di Giustizia pone la una sua
azione per tutelare i diritti fondamentali per evitare che Corti nazionali vadano a
esercitare un sindacato su diritto comunitario. Il diritto comunitario, a tal proposito,
ha un valore sovraordinato rispetto ai diritti nazionali e che alcuni atti prodotti dalla
Comunità Economica Europea e successivamente dall’UE sono direttamente
efficaci nei territori degli Stati membri.
La Corte di Giustizia comincia a tutelare i diritti fondamentali dell’individuo e a
creare una sorta di catalogo dei diritti tutelati all’interno del diritto comunitario. Per
fare ciò utilizza la CEDU, già in vigore dal 1950, e, le cd. tradizioni costituzionali
comuni ovvero le tradizioni costituzionali degli Stati firmatari della Comunità
Economica Europea che individuano valori comuni ai vari Stati membri.
Il diritto dell’UE non ha competenza diretta in materia religiosa, perché
appunto è un diritto che ha competenza settoriale ma anche successivamente
quando le CEE vengono fuse e si origina l’UE non si assume mai la competenza
diretta in materia religiosa poiché la materia religiosa è ritenuta una materia di
competenza propria ed esclusiva degli Stati membri. Quindi dall’UE, la religione
viene toccata indirettamente per esempio per quanto riguarda la circolazione di
beni e persone come emerge il fattore religioso? In caso di circolazione di un
ministro di culto da uno Stato all’altro, tale soggetto quali diritti avrà? Potrà essere
conosciuta la sua nomina in un altro Stato? Un altro esempio può essere il diritto di
lavoro che è competenza del diritto comunitario fin dai primi tempi, emergono
problematiche relative all’esercizio della libertà religiosa quando i lavoratori

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

decidono di portare un simbolo religioso nel luogo di lavoro o che chiedono di


assentarsi per motivazioni legate alle festività religiose.
L’Unione Europea ha sempre elaborato una legislazione sui divieti di
discriminazione perché in uno spazio libero nel quale tutti i lavoratori circolano
liberamente è importante che non vi siano discriminazioni tra gli uni e gli altri di Pagina | 49
carattere religioso, provenienza..
Principi guida dell’azione del diritto dell’UE nei confronti del fenomeno
religioso
1. Tutela dei diritti fondamentali anche nell’applicazione del diritto dell’UE
La libertà religiosa è stata sancita in un primo momento dalla Corte di Giustizia
in un caso d’indizione di un concorso pubblico nel quale un soggetto di religione
ebraica aveva chiesto di spostare il giorno del concorso per poter rispettare una
festività ebraica. (La sentenza del 1976 caso Price).
La tutela dei diritti fondamentali, in un primo momento emersa attraverso
l’azione della Corte di Giustizia, poi successivamente codificata in una Carta dei
diritti fondamentali dell’UE(Carta di Nizza) poiché approvata e firmata dal
Consiglio Europeo del 2000 a Nizza.
La Carta di Nizza trae spunto dalla CEDU, all’inizio è una carta meramente
dichiarativa quindi che serve a dare maggiore chiarezza ai diritti tutelati
nell’ambito comunitario ma non è un testo vincolante. Successivamente nel
2009 con il Trattato di Lisbona diviene un testo vincolante.
Il limite di questa carta è che tutela i diritti della persona solo nel campo di
applicazione del diritto di UE, quindi non ha particolari effetti nel diritto degli Stati
membri poiché gli Stati membri continuano a garantire i diritti fondamentali per
proprio conto attraverso la loro legislazione nazionale.
Invece la Carta dei diritti fondamentali serve nel momento in cui si applica il
diritto dell’UE che deve rispettare i diritti fondamentali, non soltanto non perché
c’è un’azione della Corte di Giustizia volta a tutelare i cittadini europei dinanzi ad
atti comunitari ma proprio perché è un atto vincolante per le istituzioni dell’UE.

Ci sono state anche delle trattative per l’adesione dell’UE alla CEDU, in modo
che anche l’UE debba rispettare il catalogo dei diritti stabiliti nella CEDU tuttavia
questa trattative non sono ancora arrivate a una conclusione.

Carta dei diritti fondamentali che è uno strumento di tutela dell’individuo anche
all’interno dell’applicazione del diritto dell’UE.
Mentre il sistema giurisdizionale previsto dalla CEDU, la Corte di Giustizia non è
competente ad accettare, se non in rarissimi casi, ricorsi individuali per la
violazione dei diritti fondamentali. Quindi ove ci dovesse essere una violazione
dei diritti fondamentali da parte dello Stato, il soggetto competente garante dei
diritti fondamentali è ancora la Corte Europea dei diritti dell’uomo con sede a
Strasburgo.
49
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

2. Rispetto dei sistemi nazionali di rapporti tra Stato/confessioni religiose


Poiché l’UE non è competente in materia religiosa, non si pronuncia e non cerca
di creare un’uniformità a livello sovranazionale relativamente ai rapporti tra Stato
e confessioni religiose (che si sviluppano a livello nazionale).
Pagina | 50
Questo principio che è emerso già con il Trattato di Amsterdam (1997);
successivamente reinserito in un protocollo addizionale con allegato il Trattato di
Amsterdam e inserito per ultimo nel Trattato sul funzionamento dell’UE all’art.17.
LEZIONE 6
LIBERTA’ RELIGIOSA, UGUAGLIANZA E DIVERSITA’
Foro interno:
● Libertà di coscienza
● libertà di avere o non avere una religione
● professione della fede
Foro Esterno:
● manifestazioni e pratiche religiose
● riti e liturgie
● atti motivati da precetti religiosi
precetti religiosi e comportamenti individuali
2. Molti precetti religiosi incidono su vari settori della vita quotidiana
● e sui rapporti giuridici, nel pubblico è tra i privati

Parlando della libertà religiosa, bisogna fare una premessa, il collegamento tra
precetti religiosi e la esercizio libertà religiosa, riportando es di contrasto tra norme
religiose e quelle dello stato, ci accorgiamo che molte volte i comportamenti di un
fedele sono motivati da norma religiosa, stringente e obbligante dettata dalla
divinità, dal dio in cui si crede, di coseguenza i precetti che un fedele osserva e i
suoicomportamenti sono corrispondenti ad una norma di diritto divino e quindi
norme che il fedele sente di osservare, che si contrappongo alle norme dello stato,
non spiegabili razionalmente, non conformi all’ordinamento giuriddico. Biogna
vedere come l osservanza dei precetti religiosa ha effetto sull’applicazione del
principio della libertà religiosa e sulla applicazione del principio di uguaglianza,
perché l’osservanza dei precetti religiosi, oggi, in un contesto di di società multi
culturale, metta in gioco problemi relativi all’uguaglianza di trattamento o diversità
di trattamento, quindi occorre osservare coome e quando la libertà religiosa entri in
rapporto con il principio di uguaglianza, tenendo conto che molti precetti relgiosi e
la loro osservanza da parte dei fedeli hanno un ruolo su vari settori della vita
quotidiana, e dunque anche rapporti giuridici tra cittadini fedeli e lo stato e le
istituzioni politiche.
ESEMPI: Osservanza dei giorni festivi prescritti dalla religione, intesi anche come
giorni di riposo, settimanali, es domenica, ebrei sabato o festività religiose. Tutto ciò
50
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

ha dei risvolti nella vita giuridica, per es per quanto riguarda diritto del lavoro,
possiamo godere dei giorni di riposo, corrispondenti ai giorni di festività. Nel
calendario civile le festivià buddiste e musulmane non sono riconosciute. Questo
problema si può verificare anche nella nostra società secolarizzate per i cristiani, in
molti settori lavorativi, come il settore del commercio, funzionano anche nei giorni Pagina | 51
festivi.
Ultimo esempio: possibilità di portare simboli religiosi o vestirsi secondo la regola
religiosa nell’ambiente di lavoro (sikh e hijab).
CONTESTO: società multiculturali
ESEMPI: prescrizioni alimentari e mense delle strutture pubbliche, Ramadan
digiuno e prestazioni lavorative, abbigliamento e simboli nell'ambiente religiosi
nell'ambiente di lavoro come il turbante sikh ho il velo islamico. Altro esemio,
Ramandan, mese di digiuno, lavoratori in difficoltà con le prestazioni lavorative,
soprattuto nei periodi estivi, si pone il problema su come rendere compatibile il
rispetto della regola religiosa e il rispetto della norma statale e il contesto
economico.

UGUAGLIANZA O DIVERSITA’?
Nella tutela della libertà religiosa, in particolare nella tutela della libertà religiosa in
ambito di foro esterno, ci viene in aiuto il princio di uguaglianza o stiamo o parliamo
di qualcoa di diverso? Che rapporto hanno il principio di uguaglianza e la libertà
religiosa, il rispetto di tutti le confessioni religiose, un principio di tutela delle libertà
religiose?
PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E RELIGIONE
Articolo 3 COSTITUZIONE:
● Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche di condizioni personali e sociali
● è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fa la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica
economica, sociale del paese.

Analizzando il principio di uguaglianza con rapporto al fenomeo religioso, il primo


articolo da citare è sicuramente il n. 3, che enuncia il principio di uguaglianza, si
distingue in due commi. Il primo tratta l’uguaglianza cosidetta formale, uguaglianza
di fronte alla legge, tutti sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni, in
particolare la religione. DIVIETO DI DISTIZIONI, STESSA APPLICAZIONE DELLA
LEGGE E LEGGI GENERALI, Questi vincoli, sono vincoli per i poteri pubblici, in
particolare per il legislatoe che deve fare lex generali e non. Le distinzioni,
51
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

attraverso interpretazione art 3 fatta dalla giurisprudenza, si possono catalogare in


distinzioni LECITE e ILLECITE.
Le distinzioni possono essere operate in certi casi, è necessario partire dalla
presunzione della illegittimità delle distinzioni, se la lex al suo interno opera delle
distinzioni sulla base di alcuni settori protetti, come la religione, la prima reazione Pagina | 52
dell’ordinamento giuridico è presupporre che quella dist sia illgettima, ad un
secondo momento occorre controllare se la distinzione si fonda alla base su
diverse situazioni, il legslatore può scegliere se disciplinare in maniera diversa
due situazioni diverse, si tratta di distinioni, non discriminazioni. Quindi inizialmente
bisogna presuppore l’illegittimità di tale distinzione ma successivamente è
necessario capire su cosa si fonda, attraverso un controllo di ragionevolezza, il
controllo di costituzionalità si base su tale giudizio, ossia controllo la ratio della
norma e conntrollo se le situazioni che la norma disciplina, sono situazioni uguali,
riconducibili alla medisima ratio, e quindi illegittima, oppure se sono divese, con
ratio diverse, in quel caso si tratta di distinzioni legittime.

Giurisprudenza costituzionale
Applicazione del principio di uguaglianza
Giudizio di ragionevolezza:
 Sentenza n. 340 del 2004 (non su fattore religioso)
● Violazione dell'articolo 3 Costituzione quando situazioni sostanzialmente
identiche siano disciplinate in modo ingiustificato diverso
● Non c'è contrasto con articolo 3 quando alla diversità di disciplina
corrispondono situazioni non sostanzialmente identiche
Esempio: status dei Ministri di culto, hanno ruolo particolare nelle confessioni
religiose, questo status, si distingue il ministro attraverso trattamenti specifici,
tutela del segreto del ministro di culto, ha privilegi o restrizioni. Distinzioni sulla
base della religione ma giusta e ragionevole. La loro condizione è differente rispetto
a quella di altre persone, appartenenti e non a quella religione.

L’art. 3.2, si afferma un’uguaglianza sostanziale, nella quale non ci limita a


sancire quell davanti alla lex ma si richiede una attivazione da parte dello Stato,
intervento da parte della repubblica che ha il compito di rimuovere gli ostacoli al
pieno godimento dei diritti e dell’uguaglianza. Siamo in uno stato inteventista,
assicura libertà fondamentali, e si limita a non intervenire ma lasciare piena libertà
individuale e tutelandole. Lo stato interviene infatti per rimuovere gli ostacoli che
incontrano queste libertà fondamentali. La rimozione degli ostacoli, nel nostro caso,
significa anche tolgiere tutte le condiioni di disparità e favorire le differenze
religiose, uguaglianza dei cittadini significa tener conto di tutt le diverse
confessionin religiose già trattate. Un fedele deve anche essere tutelato nella
possbilità di rispettare i precetti e esprimere la propria libertà religiosa. La
52
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

rimozione degli ostacoli alla libertà religiosa può verificarsi attraverso diversi
interventi, ad es, AZIONI POSITIVE: tutte quelle attività dirette e positive, mirate a
rimuovere condizioni di disparità o svantaggio.

UGUAGLIANZA SOSTANZIALE Pagina | 53


● Sì persegue una ragionevole diversità e non trattamenti preferenziali
● tutela delle diversità anche religiose, vista come rimozione degli ostacoli per
una più piena libertà
● le azioni positive: trattamenti di favore Per riequilibrare una situazione di
svantaggio
LE AZIONI POSITIVE:
● Vanno sempre bilanciate con uguaglianza formale; sono intese come una
deroga al uguaglianza formale (favoriscono determinati gruppi o settori)
● sono sempre provvisorie, finché dura la situazione di disparità (es. quote rosa)
● di difficile applicazione alla religione (come si misura lo svantaggio di una
religione rispetto ad un’altra?)
CRITICITA’:
● Chi tutelare? in base a quali criteri?
1. uguali punti di partenza O uguali punti di arrivo?
2. interventi di favore sono in contrasto con laicità o neutralità dello Stato

Dall'articolo 3 a divieti di discriminazione:


Sono rilevanti nel nostro ordinamento, oerchè aiutano a tutelare libertà religiosa
con le sue diversità, diversità dei precetti confessionali e traducono in norme
specifiche il principio generale di uguaglianza, ci dicono nello specifico come
trattare le persone in relazione alla propria religione. Sono contenuti nella
legislazioni e nelle fonti secondarie, obbloigano anche i privati e non solo i pubblici
poteri. es.: mondo del lavoro, divieti di discriminazione obbligano datore di lavoro a
tutelare fattore religioso rispetto ad atteggiamenti discriminatori.

Legge n.300/1970 – Statuto dei lavoratori


Art. 8. Divieto di indagini sulle opinioni.
È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello
svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi,
sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non
rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.
Art. 15. Atti discriminatori.
È nullo qualsiasi patto od atto diretto a: […]
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o
mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti
pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua
53
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

partecipazione ad uno sciopero.


Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a
fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap,
di età o basata sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali (*).
(come modificato da art. 13 legge 9 dicembre 1977, n. 903, e dall'art. 4 del Decreto Pagina | 54
legislativo 9 luglio 2003, n. 216)

Divieti di discriminazione nell’ambito del lavoro:


1. Legge 9 dicembre 1977, numero 903 ha inserito tra i fattori di
discriminazione vietata ex articolo 15 dello Statuto dei lavoratori anche le
convinzioni personali intese in senso lato
● Articolo 4 legge 15 luglio 1966, numero 604, vieta i licenziamenti
discriminatori per i quali la legge 11 maggio 1900, numero 108 prevede non
solo la nullità ma anche il reintegro dei lavoratori, esempio articolo 18
T.U IMMIGRAZIONE
1. Riferisce anche ai cittadini italiani
2. ambiti nei quali si applica il divieto di discriminazione:
○ Attività dei pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio
○ fornitura di beni e servizi
○ lavoro, occupazione, formazione professionale
○ istruzione
○ avvio ed esercizio di attività economiche
NON DISCRIMINAZIONE NELL’AMBITO DEL LAVORO
• Ambito classico dell'applicazione dei divieti
● Statuto dei lavoratori e norme antidiscriminatorie di prima generazione: la
regola generale è quella della irrilevanza della religione nel rapporto di lavoro
● alcune eccezioni: L'Impiego di tendenza, Si applica nel lavoro rilevante che è
necessario per perseguire certi obiettivi.
LE NORME PIU’ RECENTI:
D.lgs. 215/2003 e D.lgd. 216/2003
 Divieti di discriminare in alcuni concreti ambiti di attività tra parentesi lavoro,
beni e servizi, istruzione, ecc)
● Non solo divieto di trattamenti differenziati, ma anche necessità di tutela delle
diversità
● Concetto di discriminazione indiretta
● Azioni positive
NOZIONE DI DISCRIMINAZIONE
Discriminazione diretta:
3. Trattamento sfavorevole che differenzia una persona da un'altra sulla base di
un fattore determinato, ad esempio di religione
● Verifica trattamenti svantaggiosi di fatto
54
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

● conseguenza: trattare tutti allo stesso modo


Discriminazione indiretta:
4. Trattamento svantaggioso derivante da una misura neutra, uguale per tutti
● a meno che non vi sia un motivo legittimo è proporzionato per il trattamento
neutro Pagina | 55
● conseguenza: rimozione della discriminazione indiretta, prendere in
considerazione le appartenenze e le diversità religiose
ESEMPI DISCRIMINAZIONE RELIGIOSA DIRETTA
3. Di lavoro tratta qualcuno meno favorevolmente perché Professa una
religione diversa O perché non è credente
● licenziamento Discriminatorio
● discriminazione per supposizione
ESEMPI DISCRIMINAZIONE RELIGIOSA INDIRETTA
● Nell'ambito del lavoro, una regola sulle divise può porre in una
situazione di particolare smontaggio Chi indossa simboli religiosi
● quando la regola neutra risponde ad un fine legittimo e risulta appropriata è
necessaria al suo perseguimento, non è indirettamente discriminatoria,
esempio: imposizione abbigliamento per motivi di sicurezza o igiene
IL LAVORO: ambito privilegiato di osservazione:
● ambito peculiare nel quale regole Generali entrano in contatto con precetti
religiosi
● il fatto religioso emerge oggi modo Maggiore
● problema di bilanciare gli interessi del datore di lavoro e i diritti correlati alla
religione
● problema di costituzionale
ALCUNI CASI: FESTIVITA’ RELIGIOSE:
• Italia: caso mascherini portiere di hotel avventista e regola religiosa su
sabato festivo
● Francia: Cassazione, chambre civile, 18 dicembre 2002, n. 01- 00 519: non
sussiste l'obbligo di accomodamenti Per consentire agli ebrei di rispettare riposo
sabbatico sistema di apertura del portone di un edificio
Articolo 3 e profili soggettivi:
 Articolo 3: i cittadini:
• Quando si tratta di diritti inviolabili il principio di eguaglianza vale pure per lo
straniero
1. pari dignità e uguaglianza garantite anche ai non cittadini
2. problema interventi ex art. 3.2?
● applicabilità dell'eguaglianza ex art 3 cost ai gruppi?: illegittima disparità di
trattamento tra le associazioni si ripercuoterebbe Sulla sfera giuridica degli
iscritti e si risolverebbe in una violazione delle uguaglianza del cittadino
Art 3 e confessioni religiose
55
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Sentenza n.329 del 1997:


5. Inaccettabile ogni tipo di discriminazione che si basi sul maggiore o minore
numero degli appartenenti alle varie confessioni religiose
● valutazioni apprezzamenti legislativi differenziati e differenziatori incidere
Ebbero sulla pari dignità della persona Pagina | 56
Articolo 8.12: uguale libertà:
• Uguaglianza e gruppi: le confessioni religiose hanno una disciplina
particolare nel nostro ordinamento
● articolo 8.1 autorizza regimi giuridici differenziati, purché vi sia uguale misure di
libertà in tutte le confessioni religiose
● non uguaglianza Ma = libertà
LEZIONE 7
PROFILI COLLETTIVI DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA
LE CONFESSIONI RELIGIOSE
Profili della libertà religiosa
PROFILO PERSONALE
Art. 19 della costituzione, libertà religiosa individuale, si rivolge agli individui nella
loro libertà e capacità e ci permette di esprimere liberamente la propria libertà
religiosa anche in forma collettiva, attraverso riunioni, il destinatario primo però la
singola persona. Tutti sono titolari di tale diritto, il profilo che possiamo chiamare
personale quindi è quello espresso dargli art 19, letto in congiunzione con gli art. 3
e 2 della costituzione, riguardanti il principio di uguaglianza e atrt. 20 riguardante le
collettività religiose, visto però non in modo cosi strutturato, non sono le confessioni
religiose l’oggetto dell’articolo 20 non sono le associazioni, riunioni di individui che
professano insieme la libertà religiosa. La libertà e l’uguaglianza sono principi
comuni ad ogni stato di diritto nell’area occidentale, in tutte le tradizioni
costituzionali dei paesi europei troviamo gli enunciati di tali principi. Ci
occuperemo delle prossime lezioni del profilo collettivo istituzionale, espresso da
altri della costituzione come l’art come 7 e 8 e riguarda le istituzioni che si
occupano di professare la libertà religiosa.
Il trattamento delle istituzioni religiose, la tutela del pluralismo giuridico religioso è
una eredità del novecento, momento in cui si va dialogare con le confessioni
religiose e con il concordato della chiesa cattolica. La fase successiva storica nel
rapporto tra stato e confessioni religiosi vede invece un maggiore accento dei
rapporti con le confessioni e quindi sotto un profili istituzionale . Nella nostra
costituzione troviamo due profili, sia quello dello stato liberale sia quelli del
novecento. I principi espressi nella nostra costituzione sono tipici e peculiari
nell’ordinamento italiano.
La facoltà di riunirsi per fini religiosi è garantita per dall’art. 19, poi vi sono altri art
18 : libertà di riunione e di associazione e art. 2 della costituzione.

56
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

ART. 20 COSTITUZIONE
“il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione ed
istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di
speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di
attività”. Pagina | 57
• È specificazione del principio di uguaglianza e di non discriminazione ex art. 3
della costituzione
• vieta trattamenti sfavorevoli; non esclude trattamento di favore
• rafforza l’affermazione della libertà religiosa
Ritroviamo una possibilità per la libertà religiosa, in congiunzione all’art. 19.
L’art. 20 della costituzione tutela sia le associazioni, istituzioni, per quanto riguarda
ricordiamo il fenomeno associativo, per istituzioni facciamo riferimento a qualcosa
di strutturato che fa rifermento alla disciplina degli enti ecclesiastici. Ci interessa
sottolineare come art 20 tuteli un vario panorama di collettività che hanno fin
religioso, riconosciuti e non. l’art. Non obbliga alle associazioni avere una
determinata forma giuridica perché tutto ciò rientrerebbe in un comportamento di
discriminazione, le tutela tutte indistintamente in quanto perseguono fini religiosi e
poiché la tutela è finalizzata alla tutela della libertà religiosa. Art. 19 e libertà
religiosa funzionano sia come libertà fondamentale ma anche da principio.

ART 2: NORMA PROPEDEUTICA ALLA DISCIPLINA DEL PLURALISMO


CONFESSIONALE
Le tutele che abbiamo citato le ritroviamo nell’art. 2, art importante perché viene da
un periodo di forti limitazioni sociali. L’individuo era trattato direttamente dalle
norme dello stato.
Abbiamo invece, in questo caso, dei corpi intermedi, necessari per il pieno sviluppo
dei diritti del soggetto. l’art. Tutela sia organizzazioni sociali sia le formazioni
religiose organizzate come ordinamenti giuridici, ossia le cosiddette confessioni
religiosi.
• tutela dei diritti inviolabili della persona “sia come singolo sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità”
• norma di base sul riconoscimento del ruolo dei corpi intermedi
• garanzie che poi di articolano per: formazioni sociali flessibilmente organizzate
(art 19 e 20)
• formazioni religiose organizzate come veri e propri ordinamenti giuridici:
confessioni religiose (art.7 e 8)

Da associazioni a confessioni
La costituzione italiana non si limita a garantire diritto di associazione religiosa ma
parla di confessioni religiose: garanzie specifiche

ARTICOLO 2 FORMAZIONI SOCIALI


57
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Racchiude un esempio più ampio dove sono raccolte sia le associazioni che le
formazioni religiose. La finalità religiosa è una dei profili sulla quale si sviluppa la
personalità umana. Il costituente ha deciso ben due art riguardanti le confessioni
religiose.
• Insieme più ampio rispetto a confessioni (livello preliminare a tutela Pagina | 58
confessioni)
• sviluppo personalità umana (anche sotto il profilo religioso)

CONFESSIONI RELIGIOSE
• fanno parte delle formazioni sociali
• art. 7 e posizione peculiare della Chiesa, hanno disciplina peculiare. Su questo
articolo in particolare si concentrò un dibattito dell’assemblea costituente, in
quanto si trattaca di stabilire che posizione dare ai patti lateranensi.
• art. 8: altre confessioni religiose, già incontrato nel primo comma dove parla
della uguaglianza, tutte le confessioni religiose sono libere davanti alla legge.
Negli altri commi parlerà delle confessioni religiose diverse da quella cattolica.
Leggendo insieme tutti gli articoli possiamo dire che l nostro ordinamento ha un
carattere pluralistico, sociale e religioso. Parlando di confessioni religiose come
ordinamenti e formazioni sociali ecc, ci dobbiamo ricordare che si tratta di vere e
proprie istituzioni che producono diritti, norme, consideranti obbliganti dai credenti,
che spesso si scontrato con le norme statali per rispetto un precetto religioso.

ART. 8 COSTITUZIONE
• Comma 1: uguale libertà di tutte le confessioni religiose.
• comma 2: autonomia confessionale
• comma 3: intese tra le confessioni religiose e lo stato

Nozione di confessione religiosa - per comprendere a chi si rivolge l’art,


bisogna capire chi sono i destinatari.

Definizione di confessione?
• Non esiste definizione scritta nella costituzione né in altre norme in vigore
• assenza di definizione: scelta opportuna? Probabilmente si, definire dei
fenomeni
• complessi come quello religioso o associativo religioso, potrebbe significare
escludere dalla tutela tutta una serie di soggetti. Definire una confessione
religiosa in base a riferimenti storici e culturali, rischieremmo di riferirci alla
chiesa cattolica, escludendo le altre. In questo modo si evita di escludere dalla
tutela confessioni religiose strutturate diversamente.
• Ma è necessaria? Una definizione in realtà in alcuni casi è necessaria, la
costituzione definisce un trattamento specifico per le confessioni , bisogna
capire chi sono tali soggetti. È rilevante definirla, per comprendere a chi siamo
davanti, se tale soggetto può accedere a certi diritti e tutele
58
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• Definizione difficile perché fenomeno variegato

Come definirle?
1° Tesi - Distinzione da associazione (Criterio giuridico/istituzionale): tesi
usata dalla dottrina per definire le confessioni religiosi e distinguerle dalle semplici Pagina | 59
associazioni
la confessione viene vista come:
• realtà istituzionale: organizzazione e normazione propria. Una realtà più
istituzionali rispetto alle associazioni semplici
• deve avere una propria visione del mondo: univocità = autonoma da altre
confessioni con finalità proprie.
PROBLEMI
Presenta dei limiti se pensiamo a quanto sia variegato il fenomeno religioso
una tesi di questo genere taglierebbe fuori:
• e le confessioni con scarsa organizzazione e caratterizzazione istituzionale,
coloro che si sono organizzate in modo più spontaneistico
• problema di assicurare la eguale libertà giuridica e l’autonomia organizzativa
• finalità proprie: non sempre servono a distinguere confessioni da
associazioni
Ci possono essere confessioni che scelgono di non darsi uno statuto e di non darsi
un ordinamento interno cosi strutturato.

2° Tesi – Criterio storico/sociologico:


✔ numero minimo e stabile di fedeli (criterio sociologico), se non si arriva a quel
numero siamo di fronte ad una associazione semplice con una finalità religiosa,
ma non è una confessione
✔ radicamento nella società, nel tempo, sul territorio, ruolo della pubblica opinione

PROBLEMI: questa tesi taglia fuori:


✔ le confessioni “nuove”
✔ Minoranze, se una confessione religiosa non ha molti adepti è meritevole di
tutela come le confessioni religiose? Soprattutto le minoranze necessitano di
tutela
✔ Attenzione a garanzie di libertà, da non limitare discrezionalmente

3° Tesi – Criterio psicologico


✔ Autodefinizione come confessione religiosa. Secondo questa tesi è c.r chi si
definisce tale
✔ auto percezione della normatività e dall’appartenenza.

PROBLEMI
✔ è sufficiente autoqualificarsi?
✔ C. cost. 195/1993, no, per l’accesso ad alcuni benefici
59
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

✔ necessari requisiti oggettivi (non basta autoqualificazione in caso di


riconoscimento)
se ci affidassimo a tale criterio, l’art. 8 si svuoterebbe di senso. Dobbiamo cercare
di creare di distinguere associazioni da confessioni religiose. Dunque
l’autoqualificazione non è corretta perché è finalizzata a diritti specifici che devono
Pagina | 60
essere destinati determinati soggetti, sono necessari i requisiti oggettivi.

Una definizione ‘minima’ e flessibile


Poco dettagliata e capace di adattarsi a tutte le realtà religiose contemplate nel
nostro ordinamento
• Comunità stabile
• con un minimo di struttura
• con una propria concezione del mondo, riconducibile a un credo religioso
• con norme relative ai rapporti dei fedeli con l’ordinamento confessionale stesso
e con gli ordinamenti altri
attenzione: lo stato laico è incompetente a valutare il patrimonio dottrinale- difficoltà
nella definizione. Lo Stato riconosce la sua difficoltà a dare una definizione di
confessione religiosa e da una definizione aperte quante più realtà religiose. Anche
la giurisprudenza sta attenta ad usare una definizione vaga, aperta che conferisca
diritti a più dimensioni, avvalendosi di requisiti oggettivi”.

Citazione sentenza: corte di cassazione nel 2013 del caso dell’UAAR, che aveva
chiesto di essere riconosciuta come confessione religiosa per poter stabilire
un'intesa con lo stato e aderire al sistema di finanziamento statale delle confessioni
religiose.

La corte di cassazione ha, in questo ambito, ragionato sulla nozione di cr,


affermando che nel momento in cui occorre attribuire conseguenze giuridiche a
partire dallo status di confessione, è doveroso che gli organi dello stato se ne
facciano carico, restando altrimenti affidato al loro arbitrio il riconoscimento di diritti
e facoltà connesse alla qualificazione.

Lo stato non può limitarsi a una presa d’atto, non basta l'auto qualificazione,
soprattutto per l’attribuzione di particolari diritti. La definizione cambierà in
base a diversi fattori, circostante, autorità statali ecc. la cassazione ha detto che
non ci si può trincerare dietro la difficoltà di dare una definizione.

Identificare una confessione religiosa: i criteri della giurisprudenza


costituzionale
Corte Cost. n.467/1992

60
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• Auto qualificazione da verificarsi in concreto sulla base dei parametri stabiliti


dallo stato (=concezione di religione)
• riconoscimento pubblico (es. approvazione dei ministri di culto, procedure della
legislazione sui culti ammessi ecc)

Pagina | 61
Corte Cost. sent. 195/1993
• la natura di confessione potrà risultare anche da precedenti riconoscimenti
pubblici
• dallo statuto che ne esprime chiaramente i caratteri
• o comunque dalla comune considerazione

Tutti questi criteri sono generali, non c’è definizione rigida o standard, e autentica
che possono essere applicati di volta in volta in base ai diversi casi. Non vi è una
definizione fissa ma si usano questi requisiti in presenza di una confessione
religiosa.
Nozione aperta e flessibile
• Sebbene ci si possa servire di analogia con “confessione cattolica”, definire una
religione esclusivamente ispirandosi alle religioni di ascendenza biblica è
“illegittimo”: violazione articoli 8, 19 e 20 perché si lede libertà religiosa di chi
segua religioni differenti
• Non casuale assenza in Costituzione di definizione di “confessione religiosa”:
ciò può permettere di andare oltre ai modelli già conosciuti
• Non necessario credo in Essere supremo (buddhismo, taoismo)
• Non necessaria richiesta di appartenenza esclusiva (buddhismo)
• Non esiste nel diritto italiano distinzione tra «confessione» e «sette».

La giurisprudenza di merito (ha tentato di dare una definizione più precisa)


«la mancanza di una definizione legale della religione o della confessione religiosa
indica a chiarissime lettere la volontà del legislatore costituente di non precludere
(…) tale esercizio ad alcuno, per diverse o strane che siano le sue credenze
religiose e le loro ascendenze culturali. La mancanza nell'ordinamento di una
definizione del concetto di religione non è infatti casuale, ma è ispirata alla
complessità e alla polivalenza della nozione di essa e alla conseguente necessità
di non limitare con una definizione precostituita e perciò stesso restrittiva l'ampia
libertà religiosa assicurata – nei limiti predetti – con la normativa costituzionale in
esame.» (Cass., sez. VI penale, 8 ottobre 1997, n. 1329)

• Può, quindi, dirsi che “confessione religiosa” è una comunità sociale avente una
propria concezione del mondo, basata sull’esistenza di un essere supremo, in
rapporto con gli uomini, ed al quale questi devono obbedienza, rispetto a
venerazione(corte appello di milano, sentenza 2 dicembre 1996, n.4314
scientology caso, il giudice ha cercato di definire confessione religiosa
• problemi/rischi:

61
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• tale definizione riguarda le religioni monoteiste come quella cristiana


• di fronte a criteri generali e vaghi: tentare una definizione più precisa? No in
quanto criteri troppo precisi escluderebbero confessioni religiose
• si segue il modello delle chiese cristiane, e i nuovi culti?

Pagina | 62
SINTESI:
• non esiste una definizione di confessione
• la auto qualificazione non basta per accedere ad alcuni diritti specifici
• criteri per definirle (storico, istituzionale e psicologico9 e per distinguerle dalle
semplici associazioni
• definizioni flessibili e attente al contesto
• tutte hanno comunque libertà ex art. 8.1
• riconoscimento? Esiste riconoscimento giuridico? Una procedura
amministrativa?

Non c’è alcun riconoscimento formale delle confessioni religiose


nell’ordinamento italiano, non esiste attribuzione di questa qualifica a una sorta di
riconoscimento può risultare da diversi atti e da diverse modalità:
 Se una confessione religiosa ha raggiunto una intesa con lo stato, il gruppo è
riconosciuto come confessione religiosa.
 La qualifica può risultare anche da altri riconoscimenti come l’inserimento di
quel gruppo all’interno di trattamenti specifici
(ES FONDO DI PREVIDENZA DEI MINISTRI DI CULTO LEX N. 22 DICEMBRE
1973).
 statuto della confessione, statuto che emerge da una analisi, gli statuti non
possono contrastare con ordinamento giuridico italiano.
 comune considerazione, come disse la corte di cassazione nella sentenza.
195/2003
 procedimento incidentale (ruolo del giudice), es. scientology

Ulteriore riconoscimento (impropriamente) attraverso legge n.1159/1929 art. 2:


prevede il riconoscimento della personalità giuridica degli enti morali, es lex sui culti
annessi.
ENTE MORALE: Enti che esprimono attività della confessione religiosa che
esprimono nell’ordinamento giuridico tutte quelle attività proprie della
confessione stessa
Quando una confessione religiosa senza intesa, non ancora in rapporto con lo
stato, chiede il riconoscimento di un suo ente, spesso chiede riconoscimento il ente
esponenziale, ossia quello rappresentativo della propria confessione religiosa. (es.
riconoscimento moschea islamica di Roma). Il procedimento di riconoscimento nel
caso dell’art. 2 spesso diventa un riconoscimento della confessione stessa, una
volta riconosciuto l’ente rappresentativo, riconosce anche la qualifica di
confessione religiosa.
62
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Negli altri paesi: registro confessioni religiose, vi è quindi un procedimento più


lineare e più chiaro. La pubblica amministrazione scrive gli enti e le confessioni
religiose che vi sono dietro a determinati enti.

LEZIONE 8 Pagina | 63
PRINCIPIO DI AUTONOMIA E DISTINZIONE DEGLI ORDINI
La posizione delle confessioni religiose nell’ordinamento italiano
in questa lezione parleremo dei principi che governano lo status delle confessioni
religiose nell’ordinamento giuridico come si definiscono, quali sono le
problematiche giuridiche. Vediamo come sono disciplinate nel nostro ordinamento.
Possiamo riscontrare un doppio binario, abbiamo un articolo che si occupa della
chiesa cattolica, art. 7, e l’altro che si occupa delle altre confessioni religiose, ossia
l’art. 8, ma possiamo individuare due principi, quello della autonomia confessionale,
delineato dal 7.1 e 8.2, e quello pattizio, 7.2 e 8.3, il tutto “sotto” art. 8.1, uguale
libertà di tutte le confessioni.

PRINCIPIO DI AUTONOMIA CONFESSIONALE E DISTINZIONE ORDINI


Anche se ci troviamo davanti ad un doppio binario, notiamo che i due articoli
enucleano dei principi riscontrabili in entrambi. Partiamo dal principio di autonomia
confessionale di distinzione degli ordini, questo principio lo ritroviamo nell’art. 7.1, “
lo stato e la chiesa sono ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, e
nell’art. 8.2, “le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritti di
organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento
giuridico italiano.

DIFFERENZA CHIESA/ALTRI CULTI


Notiamo subito la differenza della terminologia usata dal 7.1 e 8.2.
7.1: parla di INDIPENDENZA dello stato e della chiesa cattolica, parla di ordine,
ordine proprio, un concetto che richiama al termine coordinamenti e parla di
sovranità, tutti termini forti, che assicurano la forza di un ordinamento confessionale
che produce norme, riconosciuto e originale. Riguardo agli altri culti si parla di una
libertà di organizzarsi attraverso gli statuti, E si pone dei limiti perché gli statuti non
devono contrastare con l’ordinamento giuridico italiano.
La terminologia diversa è data da ragioni storiche, e della sovranità della Chiesa

ART. 7.1 COSTITUZIONE


• per molti commentatori affermazione meramente dichiarativa, priva di effetti
pratici (si certificava una situazione di fatto)
• specificazione di art. 2 cost (riconoscimento corpi intermedi): chiesa cattolica
ordinamento primario/ rilievo internazionale
• presupposto per art. 7.2 cost
63
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• rifiuto di ordinamento teocratico o giurisdizionista: stato democratico


separatista

LETTURA MENO RIDUTTIVA (in parallelo con art. 8.2)


• stato di astiene da interventi nella disciplina interna della chiesa (divieto di
Pagina | 64
ingerenza)
• libertà della chiesa, ma non solo
• elementi importanti per principio di laicità: separazione tra questioni civili e
religiose (ORDINE PROPRIO), parità e non subalternità
• sovranità e indipendenza reciproca (stato e chiesa)
• distinzione tra gli ordini

PRINCIPIO DI DISTINZIONE DEGLI ORDINI


principio ribadito dall’accordo di villa madama del 1984, che impegna chiesa e
stato. La chiesa si impegna a rispettare questo principio, possiamo parlare di una
definizione concordata delle materie. È l’accordo tra le parti ce definisce
competente e materie senza superare il confine. Abbiamo pero materie miste, rex
mistae, che non fanno parte esclusivamente di u a sfera, basti pensare al
matrimonio religioso che produce effetti civili e non. Le materie di confine le
troviamo scritte nell’accordo del 1984, dove sono confluite le materie miste. Non c'è
da nessuna parte un testo sulle competenze divise tra chiesa e stato, nella
costituzione troverò la maggior parte di materie statali, stesso discorso vale non
vale per le materie della chiesa, se non nell’accordo di villa madama.

DAI DUE ARTICOLI, PRINCIPI COMUNI


ARTICOLO 7.1
• indipendenza
• sovranità
• ordine proprio
ART. 8.2
• libere di organizzarsi, si afferma il principio di autonomia confessionale. Ossa
quello di affermare gli ordinamenti confessionali rispetto agli ordinamenti
dello stato
• potestà statuaria

CONSEGUENZE:
• originarietà e indipendenza degli ordinamenti confessionali rispetto
all’ordinamento dello stato
• affermazione dell’incompetenza dello stato nella sfera di competenza propria
degli ordinamenti confessionali
ARTICOLO 8.2 COSTITUZIONE
ANALISI DELLA NORMA

64
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Riguarda le confessioni religiose diverse dalla cattolica e ripropone il termine d


confessione religiosa. Troviamo un sotto insieme che parla delle confessioni
diverse da quella cattolica, è un articolo che va letto in parallelo con art. 7.1
comma. Si parla del diritto delle confessioni religiose diverse da quella cattolica di
organizzarsi secondo i loro statuti, si tratta di un diritto e di una facoltà ma non di un Pagina | 65
obbligo e darsi una struttura spontaneistica. Hanno autonomia di organizzarsi in
modo indipendente da ciò che fa lo stato. I contenuti degli statuti non sono previsti
dallo stato, non vi sono controlli sulla loro fissazione, lo stato ha solo un controllo
riguardante il non contrasto degli statuti in contrasto con l’ordinamento religioso.
ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO: gli statuti non devono violare i suoi
principi fondamentali, non specifiche norme.

OGGETTO E MODALITA’ DEL CONTROLLO DEGLI STATUTI


dobbiamo ricordare che stiamo parlando del principio di autonomia confessionale
divisione degli ordini. Il controllo ergo sarà sulle norme organizzative della
confessione religiosa, disciplina ecc.

oggetto: norme organizzative e non principi religiosi


criterio: rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento
1. norme penali
2. diritti e libertà fondamentali
3. principi vigenti in materia di organizzazioni plurisoggettive (es. libertà di recesso,
diritti degli aderenti)
momento: solitamente nel riconoscimento dell’ente esponenziale ex art. 2 legge
1159/1929

RICONOSCIMENTO ENTI MORALI


• non c’è procedimento formale per riconoscimento delle confessioni
• riconoscimento della confessione è impropriamente equiparato al
riconoscimento di un suo ente esponenziale ai sensi dell’art. 2 della L.
1159/1929
articolo 2 della legge n. 1159/1929 “gli istituti di culti diversi dalla religione di stato
possono essere eretti in ente morale”

LA PROCEDURA DI RICONOSCIMENTO AI SENSI DELLA LEGGE 1159/1929


come si fa a riconoscere un ente confessionale senza intesa?
• Istanza al ministero dell’interno (direzione generale affari dei culti che si
occupa della materia). Il ministero si occupa di cercare eventuali requisiti
dell’ente, tra i quali la finalità di religione del culto.
• parere del consiglio di stato (facoltativo ma non richiesto), parere tecnico
• parere consiglio dei ministri, parere politico

65
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• riconoscimento personalità giuridica necessario per trattative intesa ex art 8.3


cost. (PRASSI)
• sorta di considerazione ufficiale come confessione

STATUTI
Pagina | 66
• da statuto devono risultare: scopo, mezzi finanziari per il raggiungimento,
organi di amministrazione e norme di funzionamento (art. 10 r.d 289/1939)
• verifica sullo statuto (dell’ente esponenziale) è equiparata (impropriamente)
alla verifica degli statuti delle confessioni ex art. 8.2

LEZIONE 9 PRINCIPIO PATTIZIO


Art. 7.2 Cost. “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni
dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione
costituzionale”
Art. 8.3 Cost. “I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di
intese con le relative rappresentanze”.
Principio pattizio è il principio in base al quale la Costituzione italiana afferma che
le relazioni tra Stato e confessioni religiose debbano essere regolate attraverso la
predisposizione di accordi sottoscritti dalle parti interessate.
Tale contraddistingue il nostro Stato che configura il nostro modello di relazioni tra
Stato e confessioni religiose come un modello concordatario/bilaterale: appunto le
relazioni tra Stato e confessioni sono regolate attraverso fonti pattizie cioè fonti
bilaterali.
Sviluppo storico delle fonti bilaterali
Non sempre il nostro ordinamento è stato connotato da una bilateralità tra Stato e
confessioni religiose:
1. Periodo liberale
Si prediligono delle fonti unilaterali, tutto ciò si accompagnava con un certo
sospetto nei confronti delle confessioni religiose e con la preferenza
nell’assegnazione dei diritti fondamentali direttamente all’individuo senza
l’interpolazione del ruolo delle confessioni religiose.
2. Dal 1929
Confessioni religiose diventano molto importanti nel periodo fascista, con la
firma del Concordato tra Stato e Chiesa Cattolica (l.1159/1929), si passa a
disegnare un modello bilaterale. È una caratteristica che ci portiamo dietro fino
ai giorni nostri.
3. Costituzione
Con l’inserimento della Costituzione vengono inseriti dei riferimenti non solo al
Concordato ma anche a accordi con le confessioni diverse dalla cattolica, che
vengono nominati, nell’art. 8.3, intese. Quindi il principio pattizio viene esteso
66
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

anche alle confessioni non cattoliche e adottando un nuovo strumento quello


delle intese.
Il peso delle fonti bilaterali, in particolare il Concordato del 1929, fu al centro del
dibattito in Assemblea Costituente quando si parlò di che status dare alle
confessioni religiose e come regolare questa materia. Pagina | 67

Nel momento della scrittura della Costituzione si voleva dare un cambio di passo
rispetto alle scelte di epoca fascista per questo si pose il problema che fine avrebbe
fatto il Concordato del 1929: perché da una parte ormai un status quo raggiunto
con la Chiesa cattolica e dall’altra parte era un atto approvato da un regime dal
quale si voleva marcare il cambiamento.
Quindi in Assemblea Costituente si scelse di non tornare al separatismo dell’epoca
liberale, perché si voleva tutelare la pace religiosa raggiunta con la risoluzione
della questione romana appunto raggiunta con la stipulazione dei Patti Lateranensi
nel 1929. Quindi si voleva tutelare un certo equilibrio ormai raggiunto con la Chiesa
Cattolica, la quale peraltro aveva avuto peso nel momento della seconda guerra
mondiale poiché i cattolici avevano partecipato attivamente alla vita dello Stato e
anche nel momento della costituente, prima con il Patto Nazionale di Liberazione
durante l’epoca della Resistenza e poi con la formazione dell’Assemblea
Costituente, il partito cattolico aveva avuto un grosso ruolo nell’entrata
dell’Assemblea. Molti padri costituenti avevano radici cattoliche e aderenti al partito
della Democrazia Cristiana.
Nel disegnare l’ordinamento giuridico repubblicano, i padri costituenti vollero
inserire nella Costituzione alcuni riferimenti al ruolo delle formazioni sociali del
nostro ordinamento. Quindi lo Stato che si configurava era uno Stato democratico e
pluralista che dava un forte ruolo alle formazioni sociali tra le quali le confessioni
religiose. Questo forte ruolo delle formazioni sociali è individuato dall’art. 2 della
nostra Costituzione, un principio personalista e un principio di democrazia plurale
che dà luogo a tali formazioni sociali. Inoltre è un pluralismo confessionale poiché
ruolo della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose, ruolo che fu inserito
nella Costituzione successivamente poiché prima fu discusso dell’art. 7 inerente
allo status della Chiesa cattolica poi si estesero le garanzie anche alle altre
confessioni religiose.
Il principio delle libertà delle confessioni religiose art. 8.1 funziona da cappello
generale per i diritti di tutte le confessioni religiose.
Quindi successivamente si fede un patto costituente, lo Stato accettava il ruolo
della Chiesa e il peso dei Patti del 1929, e, la Chiesa accettava il ruolo e
l’autonomia dello Stato rispetto alla religione e quindi accettava che lo Stato fosse
uno Stato laico. Stato laico che non avrebbe inserito nella Costituzione alcun
riferimento alla religione cattolica, sia inerente alla religione di Stato sia riferimenti
generali a tale religione come religione di cultura.

67
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Principio pattizio nella Costituzione


La bilateralità è anche necessaria, non solo per questo patto di non belligeranza
relativo alla pace religiosa nel momento in cui si redige la Costituzione, è una
bilateralità necessaria poiché la Chiesa Cattolica viene riconosciuta come
ordinamento primario e autonomo rispetto allo Stato (art. 7.1), le confessioni Pagina | 68
religiose diverse da quella cattolica hanno una loro sfera di autonomia e d’azione
nella quale lo Stato non può entrare.
Nel momento in cui abbiamo citato il principio di autonomia confessionale e
distinzione degli ordini, ci dobbiamo domandare come si fa a regolare le materie
miste e che fa parte di quello spazio di confine tra la sfera dell’autonomia della
confessione religiosa e la sfera dell’autonomia dello Stato.
Chi regola queste materie miste? In questo caso la bilateralità è necessaria perchè
in quello spazio che è di competenza di entrambi i soggetti, dovrò andare a
regolare gli argomenti che fanno parte di entrambe le sfere in maniera pattizia cioè
bilaterale concordata. Perchè se uno dei due soggetti andasse a legiferare
unilateralmente su quell’argomento che è di competenza di entrambi, violerebbe il
principio di autonomia confessionale. L’esempio delle materie miste del matrimonio
religioso con effetti civili, se uno dei due soggetti andasse a regolare tutto e
autonomamente la materia del matrimonio andrebbe a sconfinare in un campo non
del tutto suo: Chiesa cattolica che va a regolare gli effetti civili del matrimonio
celebrato in Chiesa quindi va a legiferare condizioni da compiere o gli impedimenti.
Stessa cosa vale per lo Stato, se lo Stato andasse a legiferare sulle condizioni per
contrarre un matrimonio in chiesa dal punto di vista degli effetti religiosi, starebbe
violando il principio di distinzione degli ordini.
I due soggetti, Stato e Chiesa, devono essere d’accordo per governare una materia
mista in questo senso la bilateralità è necessaria, per questo gli art. 7.2 e 8.3 sono
il fulcro dell’assetto costituzionale dei rapporti tra Stato e Confessioni religiose.
Principio pattizio – analisi dell’art. 7.2
Tale articolo prese in considerazione il problema di citare o meno i Patti
Lateranensi del 1929. In Assemblea Costituente si discusse molto dell’opportunità
di consacrare espressamente nel testo costituzionale i Patti del 1929: da una parte
si voleva riconoscere il valore dei patti e della loro vigenza, dall’altra parte i
detrattori di questa norma si affermò il rischio che inserire in Costituzione i Patti del
1929 sarebbe significato dare un rilievo costituzionale ai suoi contenuti. Determinati
contenuti avevano dei principi in particolare contrasto con i principi che la
Costituzione stava affermando.
Primo fra tutti era il principio della religione di Stato, art.1 dei Trattato del Laterano,
così come altre sfumature erano in contrasto con quello che si voleva sancire nella
Costituzione.

68
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Da parte del PCI e di alcuni partiti di minoranza si propose di sancire nella


Costituzione, anziché i Patti Lateranensi del 1929, un generico principio
concordatario ovvero stabilire che i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica sarebbero
stati regolati in termini bilaterali. Tuttavia l’affermazione di tale principio avrebbe
potuto determinare una denuncia dei Patti da parte dell’Italia e un rinvio a data da
Pagina | 69
destinarsi di un nuovo Concordato ove ci sarebbe stato un ruolo della Chiesa con
una legislazione bilaterale ma si sarebbe lasciato tutto molto nell’incertezza.
Passò quindi la proposta di Dossetti, democrazia cristiana - uno dei padri
costituenti della nostra Costituzione, e tale proposta fu approvata anche dal partito
comunista quindi ci fu un accordo inerente alla scrittura dell’art. 7.2 della menzione
del Concordato del 1929 che in questo modo avrebbe sancito il valore dei Patti
Lateranensi ma senza dare valore costituzionale alle norme dei patti: quindi la
proposta di Dossetti fu quella di interpretare l’art. 7.2 come una norma sulla
produzione giuridica cioè una norma afferma come entra in vigore le legislazione
concordataria del 1929 nel nuovo assetto costituzionale.
‘I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti,
accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale’.
Esplicita citazione dei Patti del 1929 e il timore dei costituenti era quello di dare un
valore di norma costituzionale ai contenuti dei Patti quando delle norme erano in
contrasto con la Costituzione. Ci si chiedeva se le singole norme dei Patti stavano
diventando parte dell’ordinamento italiano con una particolare forza perché appunto
citate dalla Costituzione ivi compreso il principio della religione di Stato oppure se
bisognava dare ai Patti un altro valore, pur essendo citati in Costituzione, un valore
non costituzionale. Dossetti affermava quest’ultima posizione, successivamente
scelta e l’interpretazione dell’art. 7.2 va ritenuto coincidente con ciò che Dossetti
aveva proposto. Per Dossetti non si andava a costituzionalizzare le singole norme
dei Patti, ma piuttosto l’art. 7 della Costituzione si pone come norma sula
produzione giuridica. Inoltre nella Costituzione, non solo si dà rilievo ai Patti
Lateranensi, ma si sa rilievo in generale del fattore religioso, alle Confessioni
diverse da quella cattolica, si affermano una serie di diritti stabiliti dagli art. 8, art.
19 e art. 20 della Costituzione che attenuano i privilegi della Chiesa cattolica e
prevedono garanzie per altri culti.
Art. 7.2 norma sulla produzione giuridica
Norma che riguarda le modalità con le quali si sistemano i Patti nel nostro
ordinamento – norma che prevede le modalità d’ingresso dei Patti nel nostro
ordinamento. Definita norma strumentale per consentire che i Patti fossero vigenti
dopo l’approvazione della Costituzione senza la necessità di una procedura
aggravata o passaggio parlamentare.
L’art.7 come norma sulla produzione giuridica è ancora strumentale a impegnare lo
Stato a non modificare unilateralmente quanto accettato dalle parti nel 1929,

69
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

poiché si temeva che con il cambio di ordinamento giuridico si tentasse di


cancellare con un colpo di spugna quello che era stato pattuito tra Stato-Chiesa nel
1929, che aveva portato alla pace religiosa.
L’art. 7 come norma sulla produzione giuridica in quanto subordina le modifiche
dei Patti a un nuovo accordo oppure a una procedura di revisione Pagina | 70
costituzionale. Nella Costituzione afferma che tale modifica dei Patti si fa con un
nuovo accordo oppure si procede con una procedura aggravata prevista dall’art.
138 Cost. (revisione costituzionale).
Lo scopo dell’art. 7.2 era quello di mettere a riparo i Patti lateranensi da possibili
“colpi di mano” parlamentari – quindi non sono previste modifiche o abrogazioni
unilaterali da parte del Parlamento, ma senza costituzionalizzare le singole norme
dei Patti.
NB: una modifica unilaterale era tecnicamente possibile, poiché i Patti del 1929,
prima della Costituzione, impegnavano Stato e Santa Sede solo al livello
internazionale. I patti erano entrati in vigore con una legge di esecuzione, simile in
tutto a quelle di esecuzione dei trattati internazionali negli ordinamenti interni. Lo
Stato poteva denunciare unilateralmente i Patti: sarebbe stato inadempiente dal
punto di vista internazionale, ma la modifica o abrogazione era tecnicamente
possibile.

In seguito all’entrata in vigore della Costituzione, la dottrina ha aperto una


discussione inerente a che posizione hanno i Patti nella gerarchia delle fonti?

1° Tesi – voleva la costituzionalizzazione dei Patti perché l’art. 7 parlava di


revisione costituzionale per la modifica delle norme pattizie e quindi le norme dei
patti sono equiparabili a norme di rango costituzionale.
Tale tesi ha avuto qualche eco nella giurisprudenza, e, in poche pronunce si
affermava che le norme del Concordato erano di valore costituzionale o addirittura
prevalevano alle norme della Costituzione perché sarebbero norme costituzionali
speciali (dedicate a un argomento speciale).
Secondo questa dottrina le norme dei patti non sarebbero neanche sottoponibili a
sindacato di costituzionalità, avrebbero un valore nella gerarchia delle fonti di rango
costituzionale.
Punti critici tesi:
- Non tiene conto della discussione in Assemblea Costituente ove si escluse
esplicitamente che le norme dei patti fossero costituzionalizzate.
- Dal pto di vista tecnico non ogni materia trattata in Costituzione diviene di valore
costituzionale
- Non ogni fonte rinviata diviene uguale a fonte rinviante quindi se l’articolo della
Costituzione rinvia ad una fonte, questa non assume il suo solito valore nella
gerarchia delle fonti.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

- Se è vero che è necessario un procedimento di revisione costituzionale tipico


delle norme di rango costituzionale – è vero anche che se ci dovesse essere un
accordo tra Stato-Chiesa le norme dei Patti sono modificabili senza
procedimento aggravato, quindi non assimilabili a norme costituzionali.
(consenso e accordo delle parti si procede con un norma ordinaria per la loro
Pagina | 71
modifica)

2° Tesi – vedeva l’art. 7.2 una norma sulla produzione giuridica e che avrebbe
costituzionalizzato, non le singole norme, un principio concordatario quindi sarebbe
di valore costituzionale solo il principio.
Ci sarebbe un impegno dello Stato a regolare i rapporti con la Chiesa, in modo
pattizio, e le materie già disciplinate dai patti del 29 – obbligare a utilizzare la
disciplina pattizia.
Secondo questa tesi si sarebbe costituzionalizzato il principio concordatario, poiché
le norme pattizie sono norme ordinarie come appunto la norma di esecuzione del
Trattato e del Concordato del 29. Sono norme ordinarie non hanno valore
costituzionale, tuttavia hanno un impegno costituzionale dello Stato a trattare, in
modo bilaterale, i rapporti tra Stato-Chiesa.
Punti critici tesi:
- Assemblea Costituente non aveva accolto la proposta di Togliatti. La proposta di
Togliatti era quella di inserire in Costituzione un generico principio
costituzionale, mentre invece scrisse l’art. 7 con la citazione esplicita dei Patti.
- Valore del principio concordatario sancisce tuttavia tale tesi non chiarisce quale
posizione hanno i patti nella gerarchia delle fonti e non risolve il sindacato di
costituzionalità sulle norme dei patti.

La dottrina ha elaborato delle tesi intermedie, che sono poi quelle che hanno
prevalso nella lettura di questo articolo.
Queste tesi si fondano sulla teoria che l’art. 7.2 sia una norma sulle fonti, come
aveva affermato Dossetti in Assemblea Costituente.
Cosa significa? Significa che intanto l’art. 7.2 non sancisce un generico
principio pattizio, come voleva la 2° tesi dottrinale, perché contiene un esplicito
riferimento al Concordato.
La Corte Costituzionale afferma, in una sentenza del 1971, che l’art.7 della
Costituzione ha collocato le norme dei Patti Lateranensi su un piano peculiare, e ha
fatto si che per lo Stato derivassero alcuni vincoli e obblighi, in particolare l’impegno
costituzionalmente garantito a conservare i Patti – l’art. 7 lo ha fatto in forza di un
riferimento a norme specifiche e non norme concordatarie.
I Patti in questo modo acquistano un’area di specialità, pur essendo introdotti nel
nostro ordinamento con una norma ordinaria, ma non hanno prevalenza integrale
sui principi costituzionali e tuttavia hanno una forza passiva o di resistenza
all’abrogazione.

71
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Tale forza passiva o di resistenza all’abrogazione le rende assimilabili, sotto questo


limitato profilo, alle norme costituzionali.

Quindi la tesi intermedia ha elaborato un bilanciamento tra principi, un


bilanciamento tra Costituzione e Patti – da un lato i Patti non prevalgono sui valori
Pagina | 72
essenziali della Costituzione, dall’altro lato lo Stato rispetta il regime stabilito dai
Patti, impegnandosi a non abrogarli e modificarli unilateralmente se non con un
nuovo accordo o un procedimento aggravato (revisione costituzionale).
Quindi norme concordatarie sono formalmente ordinarie ma resistono ad
abrogazione e modifica, se non con un nuovo accordo o un procedimento di
revisione costituzionale.

Le norme di derivazione pattizia, ovvero i Patti del 1929 e le rispettive leggi


esecutive, sono fonti atipiche che formalmente sono leggi ordinarie ma hanno
una forza superiore rispetto a quella determinata dalla loro posizione formale
nella gerarchia delle fonti, quindi sono fonti assimilabili a quelle
costituzionali.

La sentenza 30/1971 ha analizzato analiticamente i punti enunciati dalla tesi


intermedia – la Corte Costituzionale si ispira alla tesi dell’art. 7.2 come norma sulle
fonti ed enuncia un principio pattizio.
Quindi dall’art. 7.2 si può enunciare un principio pattizio, tale articolo ha prodotto
diritto in relazione ai Patti del 1929 questo significa che:
- Le norme dei Patti sono collocate su un piano particolare rispetto alla gerarchia
delle fonti
- Hanno una resistenza passiva – quindi no modifiche unilaterali come norma
ordinaria normale
- Hanno un valore rinforzato ma ammesso controllo di costituzionalità rispetto ai
principi supremi
Rispetto al controllo di costituzionalità, la Corte Costituzionale afferma che i poteri
di controllo sulle norme pattizie sono limitati. Le norme pattizie sono
valutabili costituzionalmente solo rispetto ai principi supremi. Anche in questo
caso l’art. 7 “ha prodotto diritto” quindi ha prodotto delle conseguenze giuridiche
rispetto alla posizione dei Patti nella gerarchia delle fonti e nel nostro ordinamento.
La Corte sottrae il Concordato al controllo di costituzionalità salvo che nei confronti
dei principi supremi, i quali sono definiti un parametro di legittimità anche
relativamente alle norme atipiche pattizie.

La Corte Costituzionale afferma, rispetto ai principi supremi e al sindacato di


costituzionalità dei Patti del 29, che poiché la sovranità tra Stato e Chiesa è
reciproca (art. 7.1) il richiamo ai Patti non può avere la forza di negare i principi
supremi dell’ordinamento costituzionale dello Stato.

72
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

I principi supremi, che consentono un giudizio di costituzionalità sulle norme dei


patti, sono quei precetti basilari dello Stato che connotano la forma di Stato.
La Corte Costituzionale ha affermato che non sono identificabili con singole norme
della Costituzione ma vanno dedotti da valori e caratteri fondamentali
dell’ordinamento. La loro individuazione spetta alla Corte Costituzionale stessa e
Pagina | 73
ne disegna un catalogo aperto.
I principi supremi rilevanti per il diritto ecclesiastico sono:
 La laicità dello Stato.
 Diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti – ciascun cittadino che si senta violato
nelle sue posizioni soggettive di fare ricorso ad un giudice per ottenere una
tutela giurisdizionale dei propri diritti fondamentali.
 Inderogabile tutela dell’ordine pubblico – rileva nella materia del matrimonio e
delibazione delle sentenze di nullità.

Gli Accordi di Villa Madama 1984


Sono accordi che hanno modificato i Patti Lateranensi – furono firmati nel 1984
dall’Italia, con Governo presieduto da Craxi, e la Santa Sede.
Aveva la finalità di adeguare i Patti Lateranensi ai principi dell’ordinamento
costituzionale democratico.
Si tratta di una modifica del Concordato del 1929 con un nuovo accordo senza la
necessità di una revisione costituzionale – accordo firmato nel 18 febbraio 1984 e
successivamente introdotto nell’ordinamento con la legge di esecuzione, poiché
sono degli accordi internazionali.
Questa legge di esecuzione fa un passaggio parlamentare, dopo la firma del
governo, ed è la legge n. 121/1985 e afferma ‘le disposizioni del concordato del
1929 all’art.13 non riprodotte nel nuovo accordo sono abrogate’.
In realtà nel nuovo accordo del 1984 nessuna norma del 1929 è riprodotta e quindi
tutte le disposizione del Concordato del 1929 sono da considerare abrogate e tale
Concordato integralmente sostituito.

La Corte Costituzionale ha affermato che la legge 121/1985 ha lo stesso tipo di


copertura dei Patti Lateranensi – quindi fonte atipica.
Le sentenze successive al 1984 hanno affermato, in particolare, che gli accordi del
1984 hanno la stessa copertura rispetto al controllo di costituzionalità.
Anche le norme dell’Accordo di Villa Madama sono sottoponibili al controllo di
costituzionalità solo rispetto ai principi supremi.
In particolare, la sentenza 203/1989 ha enunciato il principio supremo di laicità e
riguardava una norma dell’accordo del 1984.
La dottrina in questo senso è critica poiché ritiene che la copertura dell’accordo
1984 sia relativa soltanto dal punto di vista meramente passivo quindi le norme del
1984 resistono all’abrogazione e modifica unilaterale ma sarebbero sottoponibili a
sindacato di costituzionalità.

73
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Articolo 8.3 – collegato all’art. 7.2


Dalle norme ricaviamo dei principi – da queste due norme ricaviamo il principio
pattizio.
L’art. 8.3 va a estendere la regola della bilateralità alle confessioni acattoliche
affermando:
Pagina | 74
‘ I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le
relativa rappresentanze’

Nella scrittura della Costituzione i padri costituenti hanno voluto estendere alle
confessioni acattoliche il metodo bilaterale, con la tendenza (tipica delle discussioni
in Assemblea Costituente) a colmare la condizione di disparità tra la Chiesa e altri
culti che era stata evidente soprattutto in epoca fascista. Con questa tendenza si
inserisce il metodo bilaterale anche alle confessioni non cattoliche parlando
appunto di intese.
Sia per la Chiesa sia per le altre confessioni religiose, il principio pattizio è in
rapporto con il principio di distinzione degli ordini.
Ciò che rientra nell’area intermedia tra sfera di competenza dello Stato e sfera di
competenza della Chiesa cattolica, deve essere regolato per via pattizia appunto
per evitare lo sconfinamento di un soggetto nell’area di competenza dell’altro –
quindi ciò che è di competenza di entrambi non può essere che regolato
bilateralmente.
L’art. 8.2 parla di autonomia confessionale – l’art. 8.3 inerente al principio pattizio
perché anche nelle confessioni religiose diverse dalla cattolica c’è un’area di
specialità e di autonomia.

I tratti comuni tra l’art. 7.2 e l’art. 8.3 sono:


 Bilateralità per regolare i rapporti
 Rapporto con il principio di autonomia confessionale
Tuttavia è vero anche che per le due categorie di confessioni religiose, da una
parte la Chiesa cattolica e dall’altra parte le altre confessioni religiose, si disegnano
due discipline diverse.

L’art. 7.2 – parla dei Patti del 1929 che sono trattati internazionali stipulati tra 2
soggetti di diritto internazionale. C’è un valore storico dei Patti del 1929 che
avevano risolto la questione romana e che ci fosse una pace religiosa.

L’art. 8.3 – fenomeno nuovo con l’introduzione da parte dei padri costituenti delle
Intese per portare anche alle confessioni non cattoliche lo stesso trattamento
bilaterale.
Le intese sono patti, sono atti di diritto interno poiché firmati tra lo Stato e le
rappresentanze delle confessioni religiose che sono operanti nel nostro territorio.
Essendo un fenomeno nuovo, si pongono una serie di questioni, in particolare su
determinati termini:

74
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

 Le rappresentanze
 Il procedimento per arrivare alle intese
 Il valore di ‘legge sulla base di intese’

La stipula delle intese: i soggetti Pagina | 75


Non troviamo delle norme specifiche su come si stipula un’intesa ma è una prassi,
poiché era uno strumento nuovo rimasto inattuato fino al momento della stipula
degli accordi del 1984 con la Chiesa Cattolica.
L’art. 8.3 parla di rapporti tra Stato e rappresentanze delle confessioni religiose.
Le rappresentanze sono le confessioni riconosciute: non esiste un procedimento
di riconoscimento formale delle confessioni religiose nel nostro ordinamento e si
utilizza per parlare di riconoscimento, il riconoscimento degli enti esponenziali in
base all’art. 2 della legge sui culti ammessi (legge 1159/1929). Quindi le
confessioni che possono accedere alla stipula delle intese, sono quelle confessioni
che hanno un ente esponenziale riconosciuto dall’art. 2 legge 1159/1929.
Le rappresentanze in questo senso sono i rappresentanti di quell’ente
rappresentante della confessione religiosa stessa.
Qualora una confessione religiosa non abbia ottenuto il riconoscimento
dell’ente esponenziale non può accedere alla procedura per stipulare l’intesa.

Da parte dello Stato, i rapporti con le confessioni religiose sono intrattenuti in base
all’’art. 8: riferimento normativo legge 400/1998 competenze del Consiglio dei
Ministri. L’art.2.3 lettera l afferma che sono sottoposti alla deliberazione del
Consiglio dei Ministri i rapporti con le confessioni religiose in base all’art. 8.

La stipula delle intese: l’avvio al procedimento


 Se una confessione religiosa ha la personalità giuridica di un ente esponenziale
in base all’art. 2 l. 1159/1929 – possiamo parlare di rappresentanza della
confessione religiosa può fare istanza per l’avvio della stipula di un’intesa.
 L’istanza va diretta al Presidente del Consiglio dei Ministri, riferimento all’art.2
d.lgs 303/1999 afferma che il Presidente del Consiglio si avvale della presidenza
per l’esercizio di funzione d’impulso, coordinazione tra queste vengono inclusi i
rapporti tra Governo-confessioni religiose in base agli art. 7-8.

 Su questa istanza si esprime un parere preventivo la Direzione Generale


Affari dei Culti presso il Ministero dell’Interno che si occupa di questioni di
rapporti con le confessioni religiose.

 Tuttavia la responsabilità principale è della Presidenza del Consiglio dei Ministri


– il PdC incarica il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei
ministri di condurre le trattative con la rappresentanza della confessione
religiosa interessata.

75
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Durante le trattative il Direttore Generale Affari dei Culti fa parte dalla commissione
per l’intese, quindi interagisce con la Presidenza del Consiglio.

La stipula delle intese: le trattative


 Il Sottosegretario avvale di una Commissione interministeriale per le intese,
Pagina | 76
nella quale siedono tutti i ministri che sono interessati della materia trattata
dall’intesa.
 La Commissione interministeriale siederà al tavolo con la delegazione della
Confessione religiosa richiedente e predisporrà, in maniera bilaterale, la bozza
di intesa.  parere preliminare da parte della Commissione consultiva per la
libertà religiosa, è una Commissione istituita presso il governo e della quale
fanno parte esperti di diritto ecclesiastico.

La stipula delle intese: la chiusura


 La bozza di intesa viene siglata dal Sottosegretario e da un rappresentante
della confessione religiosa.
 Successivamente ci sarà l’esame del Consiglio dei Ministri nei confronti della
bozza, e, ogni ministro dovrà vedere a lui compete se la bozza funziona o meno.
 Bozza approvata, il Consiglio dei Ministri autorizza alla firma il Presidente
del Consiglio – dalla bozza si passerà all’intesa che verrà firmata dal PdC e
dal Presidente della Confessione religiosa.
 L’intesa verrà trasmessa al Parlamento con un disegno di legge governativo
per l’approvazione con legge.
Art. 8.3 ‘legge sulla base di intese’ Di che legge stiamo parlando? Le intese
erano uno strumento nuovo e fino a quel momento sconosciuto ed era molto
incerto sia il valore giuridico delle intese e il procedimento per raggiungerla.
Che tipo di legge approva il Parlamento?
‘legge sulla base di intesa’ non sarà una legge di ratifica di esecuzione come
accade con gli Accordi con la Chiesa cattolica.
Appunto tramite la prassi si è inventato questo strumento di ingresso nel nostro
ordinamento delle Intese, come se fossero un accordo esterno ma in realtà sono
un accordo di diritto interno. Venne definita una legge di approvazione poiché
non dà esecuzione ad un trattato internazionale, ma approva nell’ordinamento
italiano un’intesa raggiunta dal Governo e da una rappresentanza
confessionale.

Nella prassi ciò che prevale è una legge identica all’intesa approvata; talvolta ci
sono piccola modifiche che riguardano neanche la forma ma semplicemente la
disposizione degli articoli.

L’art. 8.3 stabilisce una riserva di legge ‘negoziata’ per quanto riguarda i rapporti tra
Stato e confessioni acattoliche – quindi il procedimento legislativo,

76
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

nell’approvazione delle leggi inerente all’intese, sarà peculiare poiché sarà un


procedimento aggravato che lega le mani al Parlamento.
Per non espropriare il Parlamento, si passa da una parlamentarizzazione del
disegno di legge ma il Parlamento ha una limitata possibilità di introdurre
emendamenti poiché riguarda quasi esclusivamente la disposizione degli articoli
Pagina | 77
dell’intesa e legge approvazione.
Ha una limitata possibilità di introdurre emendamenti perché in caso violerebbe
quella riserva di legge ‘negoziata’ e il principio pattizio.

Valore giuridico delle leggi di approvazione


La dottrina tende ad equiparare i fenomeni regolati dall’art. 7.2 e 8.3 tuttavia la
legge su base di intese ha valore diverso dalla legge di esecuzione del Concordato.
Sono leggi particolari definite fonti atipiche, con derivazione bilaterale e l’intesa
è il loro parametro di legittimità quindi modificare la legge approvazione significa
andare a modificare ciò che è stato concordato tra Stato e confessione religiosa
interessata. La legge di approvazione non può violare quanto pattuito – quindi
anche se sono leggi formalmente ordinarie sono delle leggi di tipo rinforzato.
Sono leggi rinforzate poiché modificabili solo previo accordo tra le parti e non
abrogabili unilateralmente, perché la Costituzione riserva all’accordo tra le parti la
disciplina dei rapporti tra Stato e Confessioni religiose.
Anche le leggi di approvazione dell’intese sono soggette a un controllo di
costituzionalità.

L’attuazione dell’art. 8.3


Il principio pattizio è rimasto inattuato fino al 1984, poiché fino al 1984 riguardava
solo la legislazione bilaterale quindi la Chiesa cattolica.
Successivamente al 1984, anno dell’Accordo di Villa Madama, si iniziarono a
stipulare intese con le altre confessioni religiose.
La prima intesa – quella con la Tavola Baldese – viene approvata con legge tra
1984-1985 come l’Accordo di Villa Madama.

L’attuazione dell’art. 8.3 è importante perché le intese quando stipulate hanno un


risultato di sottrarre le confessioni religiose dall’applicazione della normativa del
1929 sui culti ammessi, dando una serie di prerogative e diritti alle confessioni
religiose che riescono a raggiungere lo strumento pattizio dell’intesa.

Nel nostro ordinamento non c’è una legge unilaterale sulla libertà religiosa che
afferma i contenuti, come non abbiamo una legge unilaterale inerente alla
stipulazione di intese.
Non avendo una legge unilaterale, le confessioni diverse da quella cattolica
per accedere a determinati benefici devono raggiungere l’intesa.
Per le confessioni diverse dalla cattolica e senza intesa, devono vedere
riconosciuta la personalità giuridica dei propri enti e far riferimento all’art. 2 sui culti

77
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

ammessi, che prevede una procedura più complessa che non abbiamo nelle
confessioni con intesa.
Le confessioni diverse dalla cattolica vogliano raggiungere questo strumento e il
fatto che questo principio sia rimasto inattuato fino al 1984 e poi abbia avuto
diverse fasi fa capire che non è così immediata l’attuazione dell’art.8.3.
Pagina | 78

La stagione delle intese (dal 1984)


1984: Accordo di revisione del Concordato del 1929 (Accordo di Villa Madama,
approvato con L. 121/1985)
LE PRIME INTESE:
1. Valdesi (legge n. 449, 11 agosto 1984)
2. Avventisti del 7° giorno (L. 516, 22 novembre 1988)
3. Assemblee di Dio in Italia A.D.I. (legge n. 517, 22 novembre 1988)
4. Ebrei (UCEI: Unione delle Comunità ebraiche in Italia) (legge n. 101, 8
marzo 1989)
5. Unione Cristiana Evangelica battista (UCEBI)
(legge n. 116, 12 aprile 1995)
6. Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI)
(legge n. 520, 29 novembre 1995)

Le intese oggi
1. Legge 30 luglio 2012 n. 126 - Sacra arcidiocesi ortodossa d'Italia ed Esarcato
per l'Europa Meridionale
2. Legge 30 luglio 2012 n.127 - Chiesa di Gesu' Cristo dei Santi degli ultimi
giorni (Mormoni)
3. Legge 30 luglio 2012 n.128 - Chiesa apostolica in Italia
4. Legge 31 dicembre 2012, n. 245 Unione Buddhista Italiana
5. Legge 31 dicembre 2012, n. 246 Unione Induista Italiana
6. Legge 28 giugno 2016, n. 130, Soka Gakkai

Le varie intese firmate tra il 2000-2007 e approvate solo nel 2012, dopo un iter
molto lungo.
Talvolta succede che le intese vengano firmata dal Governo e dalla rappresentanza
della confessione religiosa ma poi non viene proposto il disegno di legge in
Parlamento  le intese non concludono il loro iter e rimangono inattuate e senza
nessun rilievo per l’ordinamento giuridico.
In particolare l’Intesa con i Testimoni di Geova, firmata nel 2007 ed è priva ancora
oggi di legge d’approvazione. Inoltre mancano intese con confessioni religiose
importanti (Islam e Anglicani).

Per quanto riguarda l’intesa con l’Islam: l’Islam ha un problema di individuare quale
sia il soggetto competente a stipulare un’intesa con lo Stato perché ha soltanto un
ente ecclesiastico con personalità giuridica riconosciuta nel nostro ordinamento che

78
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

è la Moschea di Roma – che molti musulmani presenti nel nostro territorio non
considerano come ente rappresentativo della comunità.
Un altro problema è che non esiste un solo Islam, ma sono presenti molte comunità
diverse con diversi orientamenti e prassi – quindi non è facile avere una
rappresentanza che possa condurre trattative con lo Stato italiano.
Pagina | 79

È difficile stipulare intese poiché in questa materia entrano in gioco fattori politici
quindi non soltanto giuridici – quindi guardiamo con la visione del giurista il
procedimento e le norme in riferimento ma bisogna sottolineare anche fattori storici,
politici e sociali.

LEZIONE 10
INTESE UGUAGLIANZA DIVERSITA’
in quasi tutte le intese c’è una ripetizione di argomenti e contenuti. È necessario
capire se questa ripetitività di contenuti e questa uguaglianza tra intese potrebbe
causare problemi.
Abbiamo parlato della disciplina della intese, sostenendo che dipendono dai
rapporti tra stato e confessioni religiose quindi in teoria ogni confessione ha una
propria disciplina sui rapporti.
Ogni confessione ha diverso modo di disciplinare i rapporti. Si nota che le intese
siamo molto simili tra di loro. Questo non significa però che i rapporti tra stato e
confessioni religiose siano simili oppure si?
QUESITI:
• Le intese: uguale libertà, differenze o somiglianze?
• Come intendere i “rapporti” tra stato e confessioni religiose?quali materie
sono trattate dalle intese?
• Quali differenze di trattamento sono ammissibili?
• Il modello disegnato dalla costituzione funziona? Quali criticità nell’attuazione
dell’art. 8.3 cost?
Per poter rispondere a tali domande partiamo da un raffronto tra varie intese.
l’accordo di villa madama non fa riferimento all’art. 8.3, ma è un accordo di
revisione del concordato. Partiamo dall’accordo del 1984 perché è la base per la
stipulazione delle imprese.

UN PRIMO RAFFRONTO: ACCORDO DI VILLA MADAMA E INTESE


DALL’ACCORDO DEL 1984 ALLE INTESE

ACCORDO DI VILLA MADAMA 1984 : accordo che è stato definito accordo


“quadro”, per principi. È un accordo sintetico:
• Enuncia principi/disciplina generale delle materie trattate
79
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• accordo che si limita a dettare norme di principio, norme quadre


• prevede nuovi accordi: bilateralità diffusa, a partire da questo accordo si
diffonde ll metodo bilaterale su altre materie (vedi es su istruzione)
• tratta la tematica dell’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche, si parla
di intese di secondo livello, che vanno a dettagliare la materie e le intese
sono tra il CEI e il ministero dell’istruzione Pagina | 80
• principio di collaborazione e laicità, principi legati al rapporto con lo Stato
• sviluppo della libertà religiosa del cittadino
• rinuncia al giurisdizionalismo, rinuncia dello stato al controllo interno sulla
chiesa cattolica o su beni o enti religiosi, assicurare libertà di organizzazione
della chiesa senza ingerenze statali (controllo sulle nomine dei ministri di
culto)
• distinzione degli ordini e non automatismo riconoscenti
• rilevanza delle scelte personali

INTESE: nelle intese troviamo ribadito:


• Principi di autonomia e confessionale e libertà delle confessioni religiose
• ulteriori accordi
• collaborazione
• libertà religiosa: le intese sottraggono la confessione religiosa
dall’applicazione della legge 1159/1929, ossia la legislazione del culti
ammessi. Ricordiamo che si parlerà dell’importanza dell’accedee all’intesa
per ottenere tutta una serie di vantaggi per l’esercizio della libertà religiosa
• stessi principi seguiti con la chiesa cattolica

LE MATERIE
• Procedure certe di riconoscimento per ministri di culto e per altri enti legati
alla confessione
• 8 per mille e benefici fiscali
• insegnamento religioso nella scuola pubblica
• assistenza spirituale nelle strutture segreganti” come diritto
• beni culturali
• edifici di culto
• matrimonio
• festività e riposi
• alimentazione
INTESE TRA UGUAGLIANZA E DIVERSITA’
STRUTTURA DELLE INTESE
possiamo notare alcuni aspetti, soffermandoci sulla struttura, notiamo la
somiglianza, stessa scansione di argomenti e si richiamano ad aspetti formali simili
a quella cattolica e ricordano l’accordo di villa madama. Ci chiediamo se:
tutte simili: e l’autonomia confessionale?
• Richiamo ad aspetti organizzativi/formali simili a Chiesa cattolica

80
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

CONTENUTI
Si ripetono, uguaglianza (formale o sostanziale?) o diversità? In questo caso ci
chiediamo se la ripetitività dei contenuti è un caratteristica delle intese che va a
discapito dell’uguaglianza sostanziale dell’ordinamento
MATERIE CHE RIGUARDANO LA SPECIFICA CONFESSIONALE? Pagina | 81
Poche (alimentazione, festività)

LE “INTESE FOTOCOPIA”= chiamate cosi dalla dottrina, per il loro carattere simile,
e rappresentano la fotocopia di ciò che è stato scritto dalla chiesa nel 1984.
POSSIBILI MOTIVAZIONI DELL'OMOGENEITÀ’
POLITICHE:
Mettere le confessioni religiose firmatarie sullo stesso piano della chiesa cattolica.

POLITICO-GIURIDICHE
• Manca una legge unilaterale su libertà religiosa, che sia in grado di
assicurare determinati diritti o garanzie relative allo status delle confessioni
religiose, cattoliche e non, solo la legge dei culti ammessi 1119 che però
risente del periodo nella quale è stata approvata (periodo fascista), si tratta
comunque di una legge del 1929
• l’intesa è l’unico strumento per dare alcune garanzie alle confessioni
cattoliche
LE INTESE FOTOCOPIA CONFORMI AL DISEGNO DELLA COSTITUZIONE
• il sistema delle intese per come si è sviluppato è conforme al principio
pattizio? E a quello di uguaglianza? E di autonomia confessionale?
• Nelle intenzioni del costituente le intese riguardano i rapporti tra lo stato e le
singole confessioni: dunque anche specificità. Quindi si tratta di un sistema
che sulla carta e sulla costituzione era pensato per dare un trattamento
specifico alle confessioni (non andando in contrasto con il principio di
uguaglianza) di fatto c’è qualche dubbio sul significato o sulla tenuta del
sistema, anche se nato per curarsi del specificità
IL PROBLEMA DELL’OMOGENEITA’ DELLE INTESE RIGUARDA:
• La mancata regolamentazione delle materie nelle quali occorrerebbe tener
conto delle specificità confessionali, che devono essere trattate ma hanno
avuto ruolo residuale
• la disciplina di diritti comuni (non relativi a specificità confessionali) nelle
intese, strumenti riservati alle singole confessioni), problema di
disuguaglianza. La disciplina dei diritti comuni diventa un problema perché si
finisce di dare quei diritti solo a chi fa parte delle intese e non hanno a tutti le
confessioni religiose. Le confessioni entrano nell’ottica che devono firmare
un’intesa per accedere a diritti, questo perché manca una legge moderna
sulla libertà religiosa.
A questo si somma la mancanza di una legge unilaterale efficace sulla libertà
religiosa
fin dagli anni 50/60 richiesta/proposte di legge unilaterale su libertà religiosa : non
81
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

approvata

LEGGE SUI CULTI AMMESSI (1.1159/1929)


CONFESSIONI SENZA LINEA/INTESA
• Si applica la legge n. 1159/1929 Pagina | 82
• materie con disciplina più gravosa
• enti: personalità giuridica riconosciuta ex art. 2, procedimento più gravoso
• enti: fiscalmente equiparati a beneficenza e istruzione (legislazione
unilaterale generale)
• insegnamento religioso e assistenza spirituale meno garantiti (dipendono da
singole strutture)
DISUGUAGLIANZA TRA CONFESSIONI CON O SENZA INTESA: è ammissibile
Trattamento diverso possibile se situazioni diverse
• materie concernenti la specialità confessionale, corretto un trattamento
differenziato
• materie non specifiche: diritti uguali per tutti e uguaglianza da garantire

DUE QUESTIONI
1. L’uguale libertà nelle questioni “non specifiche”
2. problema di accendere all’intesa
QUESTIONI N. 1, UGUALE LIBERTA’
determinati contenuti di libertà non possono essere subordinati alla presenza di
un’intesa
Sent, n.195 del 1993. la corte cost. Specifica che questa clausola della regionale
era illegittima perché avere un edificio di culto è parte dei contenuti di liberà
religiosa che aspettano a tutti e non solo le confessioni che hanno firmato una
intesa. Determinati contenuti di libertà non posso essere subordinati alla firma di
una intesa.

COME GARANTIRE UGUALE LIBERTA’?


• Mancanza di una legge unilaterale generale sulla libertà religiosa
• alcune disposizioni unilaterali del nostro ordinamento prendono in
considerazione contenuti della libertà religiosa: occorre che non distinguano
tra confessioni con e senza intesa, se stabiliscono un regime generale sul
fattore religioso.

QUESTIONE N. 2: come si accede all’intesa?


l’accesso alla intesa è una procedura che si svolge per via di prassi, non c’è una
normativa che spiega come si accede e chi può accedere. Bisogna chiedersi quali
sono i punti da tenere presenti durate la procedura perché c’è un rischio che è
quello che si utilizzo molto la discrezionalità amministrativa o politica, ossia il
Governo, decida chi è meritevole e chi no di accedere alla intesa stessa.
82
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• Procedura: prassi
• rischio: discrezionalità
Importante precisare come si avvia/ si sviluppa un iter che diventa importantissimo
per godere di determinati contenuti di libertà.
La firma dell’intesa diventa importante per uscire da una disciplina obsoleta e più
Pagina | 83
gravosa.
Se questo iter è cosi importante, allora è importante precisare i confini della
discrezionalità, che se allargata diventa una discrezionalità sul godimento di una
libertà fondamentale.

LA STIPULA DELLE INTESE


leggendo art. 8 possiamo capire che si tratta una legislazione pattizia.
L’art. 8.3 cost. Prevede un diritto alla stipula dell’intesa? Quali confini della
discrezionalità governativa? Possiamo dire che art. 8 non prevede un diritto alla
stipula dell’intesa, non obbliga lo stato a giungere ad una intesa con le confessioni
religiose. Si tratta di atti dove è in gioco la discrezionalità del Governo. In quali fasi
entra in gioco la discrezionalità del governo)
Interrogativo da scomporre in più parti
1. diritto all’avvio delle trattative?
2. diritto alla firma?
3. diritto all’approvazione con la legge?

STIPULA DELLE INTESE E DISCREZIONALITÀ’


esiste un diritto all’avvio delle trattative? Come si può prevedere, possiamo dire che
un diritto all’avvio delle trattative può essere considerato esistente ad alcune
condizioni, si può ritenere che esista sempre che il soggetto richiedente sia una
confessione religiosa riconosciuta.
Esiste un diritto alla firma dell’intesa? No, non esiste perché intesa è un qualcosa di
bilaterale, di pattizio, è necessario l’accordo delle parti, la firma della intesa
dipenderà dallo svolgimento dell’intesa.
Esiste un diritto alla approvazione con legge dell’intesa firmata? Una volta che
viene firmata dal presidente della confessione religiosa e dal presidente del
consiglio dei ministri, il governo e il parlamento possono lasciarla silente senza
approvazione con legge? È una eventualità non rara, probabilmente non possiamo
parlare di diritto alla approvazione con legge e non esistono strumenti per azionare
un diritto simile, le confessioni religiose sarebbero prive di uno strumento per dare
giustizia a tale diritto, si parla piuttosto di responsabilità politica del parlamento del
governo.

Stipula delle intese e discrezionalità:


il caso dell’UAAR: richiesta di avvio trattative al Governo, successivamente
83
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

negata

• consiglio di Stato sent.18 nov, 2011 n.6083


• cassazione, sezioni unite, sent. n. 16305 del 2013
• corte cost, sent 10 marzo 2016 n. 52
Pagina | 84
• diritto all’intesa?
• Chi è ammesso alle trattative? Momento fondamentale per decidere chi
gode del trattamento di cui alle intese. Si parla quindi della discrezionalità del
Governo.
CONSIGLIO DI STATO 18/11/2011
vicenda iniziata nel 2003 dove davanti alla richiesta dell’UAAR ad aderire alla
intesa, il consiglio dei ministri nega l’avvio delle trattatibe e l’UAAR fa ricordo alla
tar lazio delibera dei del cdm, che l’aveva considerata una associazione non
assimilabile ad una confessione religiosa. Nel 2008 il tar si pronuncia sostenendo
che l’avvio delle trattative e tutta la procedura per la stipula dell’intesa è atto
politico, non sindacabile, non si può fare ricordo ad un giudice contro tale atto.
UAAR fa ricordo al Consiglio di Stato che si pronuncia nel 2011:
➔ intesa non è atto politico: lo è dal punto di vista del requisito soggettivo
(proveniente da organo di vertice) ma non da quello oggettivo
➔ non riguarda la costituzione, l salvaguardia e il funzionamento dei pubblici
poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione
➔ l’avvio delle trattative può addirittura considerarsi obbligatorio sol che si
possa pervenire a un giudizio di qualificabile del soggetto istante come
confessione religiosa.
Avvio trattative è atto politico ma discrezionalità è limitata entro precisi vincoli
giuridici. Il consiglio di stato sostiene che la discrezionalità deve essere valutativa e
tecnica.
IL GOVERNO HA DISCREZIONALITÀ’ TECNICA E NON POLITICA
• Ha la possibilità “nell’esercizio della discrezionalità tecnica”, di escludere
motivatamente che il soggetto interessante presenti le caratteristiche che le
consentirebbero di rientrare fra le “confessioni religiose”
• per diniego occorre atto motivato del Consiglio dei ministri e non semplice
nota del sottosegretario alla presidenza del consiglio
• resta salva “la facoltà di non stipulare l’intesa all’esito delle trattative ovvero,
come gia detto, di non tradurre in legge l’intesa medesima”
(consiglio di stato 2011)

S.U CASSAZIONE SENT. 16305/2013 conferma l’indirizzo de consiglio di stato e


parla di una discrezionalità tecnica.
• “il fondamento dell’interesse fatto valere riposa direttamente sui precetti
costituzionali che fondano i diritti di libertà religiosa. l’attitudine di un culto a
stipulare le intese con lo Stato non può quindi essere rimessa alla

84
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

discrezionalità del potere esecutivo, che è incompatibile con la garanzia


dell’art. 8.1
• distingue due momenti:
1. l’apertura delle trattative: è costituzionalmente presidiata, è dovuta in relazione
alla possibile intesa (collegata con art. 8.1)
Pagina | 85
2. la chiusura delle trattative e l’approvazione con legge
• se la pretesa all’apertura della trattativa, circoscritta al procedimento di
negoziazione, è disciplinata “secondo i canoni dell’attività amministrativa”
• la pretesa mirata all’approvazione con legge, invece, segue “le regole e le
possibili vicende, ordinarie o conflittuali, degli atti di normazione” (la
cassazione non si pronuncia su questo punto)

SENTENZA DEL TAR LAZIO:


• sentenza del 3/07/2014 n. 7068 del tar lazio (causa rimessa della
cassazione)
• concezione di confessione religiosa (ha un contenuto positivo e si riferisce a
“un fatto di fede rivolto al divino”
• UAAR di autodefinisce nello statuto “organizzazione filosofica non
confessionale”, che si propone di rappresentare le concezioni atee o
agnostiche
• il diniego da parte del governo all’avvio delle trattative per stipulare un’intesa
è stato ragionevole e il ricorso dell’UAAR contro tale diniego va respinto.
Ragionevole perché si è fondato sulla valutazione del soggetto richiedente
non come confessione religiosa ma come associazione non confessionale.
La causa dunque si conclude con l’appoggio del tar lazio alla delibera del consiglio
dei ministri

CORTE COSTITUZIONALE- ORDINANZA. 17 MARZO 2015, N. 40: il governo


ricorre alla corte costituzionale nei confronti della corte di cassazione perché
sostiene che:
• Ammissibile il rincorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello stato
promosso dal presidente del consiglio dei ministri nei confronti della corte di
cassazione
• il governo sostiene che l’avvio delle trattative per la conclusione di un’intesa
ex art.8 sia un tema politico e che a cassazione abbia illegittimamente
esercitato il suo potere giurisdizionale

CORE COST. SENT. N.52/2016: ha riportato il ragionamento dell’intesa nell’ambito


della discrezionalità del governo.
• Art. 8.3 indicherebbe semplicemente un “metodo” bilaterale e, secondo la
corte, è slegato da art.8.1
• la stipula di un’intesa non è un diritto azionabile di fronte alla magistratura
ordinaria, è esercizio di discrezionalità politica

85
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• spetta al consiglio dei ministri valutare l’opportunità di avviare trattative con


una determinata associazione, al fine di addivenire, in esito ad esse, alla
elaborazione bilaterale di una speciale disciplina dei reciproci rapporti.
• Non giustiziabilità dell’avvio delle trattative (collegato alla mancata pretesa di
conclusione delle trattative, già sancita dalla Cassazione)
• questo anche perché non esiste una specifica disciplina normativa su Pagina | 86
riconoscimento delle confessioni e procedimento di stipula delle intese
• non può affermarsi che la mancata stipulazione di un’intesa sia, di per sé,
incompatibile con la garanzia di eguaglianza tra le confessioni religiose
diverse da quella cattolica, tutelata dall’art. 8, primo comma, cost.
• Non è in se stessa la stipulazione dell’intesa a consentire la realizzazione
dell’eguaglianza tra le confessioni: quest’ultima risulta invece
complessivamente tutelata dagli art. 3 e 8, primo e secondo comma, cost.
dall’art. 19 cost.

E’ vero, ma non si dice che le intese sono necessarie per tutelare le specificità

SINTESI PROBLEMI: I SOGGETTI


Presupposto per la stipula: riconoscimento della confessione religiosa
➔ è un requisito accettabile: lo Stato deve controllare che la confessione
religiosa sia effettivamente qualificabile come tale, che abbia un minimo di
struttura, che abbia apporti di “fiducia” con lo Stato
PROBLEMI
➔ spesso valutazioni di tipo discrezionale da parte del Governo
➔ conseguenza: trattamento differenziato e ingiustificato

LE INTESE E L’UGUALE LIBERTA’


le intese non violerebbero il principio di uguaglianza: ammessi trattamenti
differenziati, ex. Art 3 e art.8.1 cost.
• Problema di colmare la disparità tra confessioni con e senza intesa, talvolta
bloccate nell’accesso all’intesa (superata la contrapposizione Chiesa/altre
confessioni)
• problema è che molti dei diritti collegati alla libertà religiosa (nella dimensione
istituzionale) sono disciplinati nelle intese (che non riguardano solo la
specificità)
• la disparità si fa ancora più forte

INTESE E ART.8.1 COST.


Art. 8.1 è parametro attraverso il quale controllare la legittimità degli interventi
statali in favore della religione:
• lo Stato non può stabilire trattamenti di favore
• regimi differenziati ammessi, ma quando motivati dalla tutela del pluralismo
confessionale e della libertà delle confessioni (non per creare posizioni di
privilegio)
86
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• Intese: dovrebbero essere strumenti di valorizzazione della identità:


trattamenti diversificati in base alla specificità
• non devono alterare l’uguale misura di libertà ex art. 8.1

SISTEMA PIRAMIDALE
Pagina | 87
1. confessioni con accordi specifici: diritto speciale
2. confessioni con specifiche tutele: es. esenzioni fiscali
3. confessioni con limitati rapporti con lo Stato: diritto

LEZIONE 11 IL PRINCIPIO DI LAICITA’


Non è un principio presente in Costituzione ma è stato ricavato a partire dagli altri
articoli che parlano del fattore religioso e ed è stato enunciato dalla giurisprudenza.

Sentenza Corte Costituzionale n.203/1989 esplicita tale principio – sentenza


relativa all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, che per la
Corte non è contrario al principio supremo della laicità dello Stato.
Afferma che il principio di laicità è ricavabile dai valori richiamati dagli artt. 2-3-7-8-
19-20 della nostra Costituzione.
Secondo i giudici della consulta la laicità costituisce un principio supremo
dell’ordinamento cost. e rappresenta uno dei profili della forma di stato
delineati dalla Costituzione italiana – si possono controllare anche le norme
del Concordato.
Il principio di laicità implica non indifferenze dello Stato dinanzi alle religioni ma
garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà religiosa, in regime di
pluralismo confessionale e culturale e presuppone l’esistenza di una pluralità di
sistemi di valori, scelte personali riferibili allo spirito o al pensiero che sono dotati di
pari dignità.
Ne consegue una piena tutela di libertà di religione e di convenzione. La sfera
politica deve essere neutrale nei confronti di eventuali conflitti tra valori religiosi.
Infine il concetto di laicità implica non indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni
ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà religiosa in regime di
pluralismo confessionale e culturale.
Si tratta di laicità positiva o attiva intesa come compito dello Stato di
rimuovere ostacoli e impedimenti in modo da uniformarsi alla distinzione tra
ordini delle questioni civili e delle questioni religiose sancita dal costituente.

Premessa etimologica sul significato del termine laicità – si può far derivare tale
termine dal grego laikos che vuol dire del popolo, quindi un qualcosa relativa alla
87
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

cittadinanza in generale quindi al popolo non religioso. Quindi laico traslato vuol
dire tutto quello che non è religioso e appartiene alla popolazione normale e non fa
parte dei ministri consacrati.

Storicamente la laicità è una concezione politica/filosofica, siamo nell’ambito Pagina | 88


dello Stato moderno quando si afferma il positivismo giuridico.
Tale concezione affermava che lo Stato avesse il compito di fare le leggi
(monopolio nella creazione del diritto) e in questo senso si contrappone alle
istituzioni ecclesiastiche.
Una logica istituzionalistica fa si che la laicità si affermi come un’idea
politico/filosofica che viene usata per uscire dall’influenza della Chiesa.
Con l’affermazione dello Stato unico soggetto che ha il monopolio della normazione
affermano anche l’importanza di escludere la religione dalla sfere istituzionali.
Lo Stato moderno è orientato a una separazione tra Stato e Chiesa – si parla di
una laicità narrativa/ideologica/politica perché la laicità è più un’idea che un
principio del diritto.

La religione deve rimanere nella sfera privata della Chiesa con una tendenza al
separatismo tra Chiesa e Stato, tuttavia non si è mai riusciti ad avere un
separatismo netto tra i due ordinamenti.
Anche in Francia ove si afferma in maniera forte il principio di laicità, nel 1905 con
la stesura della legge di separazione tra Stato e Chiesa, in realtà si continuerà ad
occuparsi dei rapporti tra Stato e confessioni religiose. Tale legge afferma che lo
Stato non sovvenziona, non tutela e non finanzia nessun culto tuttavia si occupa di
fatto di regolare i rapporti tra le confessioni religiose – quindi non c’è mai una rigida
separazione.

La laicità contemporanea è invece un concetto giuridico – una laicità nel diritto


e del diritto e implica che non vuole cancellare la laicità nella sfera pubblica ma
eliminare la religione dalle istituzioni.
Tale concetto affermava una reciproca autonomia del potere civile e del potere
religioso, ogni ordine ha la sua sfera di competenza con le proprie materie.
Inoltre si afferma che lo Stato è laico che non si identifica con una religione e non si
definisce come religioso. Lo Stato aconfessionale vuole anche una equidistanza tra
le religioni, quindi lo Stato non evita di occuparsi del fattore religioso tuttavia se lo
Stato è laico non può patteggiare per nessuna confessione religiosa.

I contenuti della laicità


Dobbiamo rifarci alla giurisprudenza costituzionale – sentenza 203/1983 afferma il
principio di laicità in termini positivi non ostili alla religione.

88
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Quindi non c’è un’indifferenza rispetto al fattore religioso ma una tutela alla libertà
del regime di pluralismo. Lo Stato laico non deve astenersi a tutelare la libertà
religiosa ma lo deve fare purché rispetti una equidistanza e il pluralismo
confessionale.
Pagina | 89
 Contenuto fondamentale della distinzione degli ordini che significa:
- Divieto di ingerenze reciproche e divieto di commistione tra gli apparati dello
Stato e la religione.
- Non identificazione dello Stato nelle opzioni religiose – quindi Stato neutrale
nei confronti delle varie opzioni religiose.
 Rifiuto dell’argomento numerico per la tutela della libertà religiosa
 Tutela del fattore religioso in ottica egualitaria e pluralistica – la laicità è
funzionale alla libertà religiosa.
Atteggiamento positivo verso la tutela del fattore religioso iniziamo a parlare
della laicità nell’ordinamento italiano – specificità della laicità.

Nel nostro ordinamento la laicità viene letta come una laicità positiva, non ostile alla
religione. Lo Stato è neutrale ma anche non indifferente rispetto al fattore religioso.
Quindi la tutela della libertà religiosa è consentita a condizioni sia fatta in un regime
di pluralismo.

Sentenza 203/1989 punti fondamentali


1) Si riconosce il valore alla cultura religiosa – quindi l’insegnamento della religione
sarebbe giustificato da tale valore come fattore culturale.
2) I principi del cattolicesimo sono parte del patrimonio storico del popolo italiano –
affermato anche dall’Accordo di Villa Madama quando cita l’insegnamento della
religione cattolica. Quindi essendo questi principi cattolici parte del patrimonio
storico, la presenza di questo insegnamento non è contrario al principio di
laicità.
3) Accordo di Villa Madama 1984 si afferma una continuità d’impegno dello Stato
italiano nel garantire e assicurare l’insegnamento di religione nelle scuole
pubbliche.
4) L’insegnamento è inserito nel quadro delle finalità della scuola, cioè di
assicurare la conoscenza del fattore religioso.
Per tutte queste ragioni, l’insegnamento della religione cattolica non sarebbe
contrario al principio di laicità perché appunto la Corte Costituzionale prosegue
dicendo: il nostro ordinamento non deve porsi in maniera ostile nei confronti della
religione ma garantisce l’esercizio della libertà religiosa.

I punti fondamentali individuati dalla sentenza 203/1989 ricorrono anche in altre


sentenze della giurisprudenza. Alcune molto importanti hanno avuto per oggetto la
tutela penale del sentimento religioso ovvero tutti quegli articoli del codice penale
che tutelano il sentimento religioso.

89
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Per sentimento religioso si ritiene tutti quei sentimenti delle persone che hanno una
fede religiosa che vengono violate da atti di intolleranza religiosa.

Artt. 402-406 c.p. che hanno a che fare con tale tutela. Nel Codice Rocco, che è
quello vigente, la tutela penale era disegnata con un privilegio per la religione di Pagina | 90
Stato che era tutelata penalmente da atti di offesa.
A questi articoli si aggiungeva nel 406 che per quanto riguarda i medesimi reati
(vilipendio, offesa ministri di culto) – reati simili che fossero perpetrati contro i culti
ammessi dello Stato, la pena era diminuita – c’era lo stesso la configurazione del
reato ma la sanzione era diversa rispetto a quella prevista per la religione di Stato
La Corte con diverse pronunce, prima della modificazione di tali articoli avvenuta
nel 2006, è intervenuta più volte rilevando l’incostituzionalità di varie norme nel
codice penale che disciplinavano la tutela penale del sentimento religioso. Affermò
in particolare che questa tutela, con gradi differenziati, violava il principio di laicità e
uguaglianza. In particolare afferma che la laicità caratterizza in senso pluralistico la
forma dello Stato entro il quale hanno da condividere in ugual libertà fedi, culture e
tradizioni diverse.
Si parla di equidistanza e l’imparzialità dello Stato nei confronti di tutte le religioni e
di pari protezione della libertà di coscienza e uguaglianza di tutte le fedi le sentenze
del 97 e del 2000.

Sentenza 194/1995 e 334/1996 inerente al giuramento e i non credenti


La disciplina del giuramento prevista come giuramento sui testi sacri, in particolare
sul vangelo successivamente modificata adattandola a ciò che ha affermato la
Corte Costituzionale in materia – ovvero di una discriminazione tra chi poteva
giurare sui testi sacri e i non credenti, i quali dovevano effettuare un giuramento
affermando di essere non credenti e venivano trattati in modo diverso.
La Corte Costituzionale ha affermato che in questo senso la laicità è funzionale e
collegata in modo molto stretto alla tutela della libertà religiosa in regime di
pluralismo e alla tutela di libertà di coscienza – quindi libertà religiosa in senso
ampio quindi non soltanto libertà di coloro che scelgono un opzione religiosa ma
anche libertà di coscienza quindi di coloro che scelgono un opzione non religiosa.

La libertà religiosa e di coscienza del singolo è collegata alla laicità, poiché la laicità
vuole che lo Stato abbia uno sguardo plurale nei confronti dei cittadini a
prescindere dalla scelta confessionale o aconfessionale.
Ulteriore osservazione inerente all’argomento numerico nei confronti delle
confessioni religiose – la Corte Costituzionale afferma che non rileva per la tutela
della libertà religiosa il numero dei credenti quindi lo Stato deve tutelare tutti e con
condizioni uguali a prescindere dal numero dei fedeli.

90
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Un altro argomento che viene citato è quello della non commistione tra istituti
religiosi, ovvero giurare sui testi sacri, e, finalità dello Stato cioè raccogliere un
giuramento veritiero dei testimoni. La non commistione è un altro dei contenuti
importanti del principio di laicità.
Pagina | 91
Sentenza 421/1993 sul matrimonio concordatario e riconoscimento sentenze
di nullità
Si afferma in particolare che il giudice civile non può esprimere la sua giurisdizione
sull’atto di matrimonio che si è originato nell’ordinamento canonico. Nel momento in
cui si va a riconoscere una sentenza di nullità, il giudice italiano non può
pronunciarsi nel merito e non ha competenza sull’atto di matrimonio canonistico.
La normativa vigente consente alcuni controlli al giudice dello Stato nel momento in
cui la sentenza di nullità canonistica deve essere delibata tecnicamente
nell’ordinamento, tuttavia non può pronunciarsi su aspetti religiosi.
Da queste sentenze ricaviamo, come contenuto della laicità, la distinzione degli
ordini che è un principio fondamentale e divieto d’ingerenza statale nelle questioni
religiose. Inoltre c’è la non identificazione dello Stato con alcune opzioni religiose,
andando a operare come se fosse competente in quel particolare ambito religioso.
Dalle pronunce della Corte Costituzionale ricaviamo che lo Stato italiano da una
parte non può parteggiare per una religione e dall’altra parte non può rimanere
indifferente al fattore religioso. Sono due versanti che possono sembrare in
contraddizione tra di loro, in effetti le difficoltà della lettura del principio di laicità
derivano anche da questi aspetti.
Quando si afferma che lo Stato non può rimanere indifferente nei confronti delle
altre religioni, in realtà bisogna ricordare che il principio di uguaglianza-
equidistanza e imparzialità che è inseto nel principio di laicità dovrebbe
contemplare anche le opzioni di chi non crede.
In Italia equidistanza e imparzialità verso le religioni non significano totale
astensione dello Stato dalla tutela della libertà religiosa – significano non
indifferenza verso la libertà religiosa.
In altri Paesi la laicità significa non intervento dello Stato e separazione netta tra
Stato e confessioni religiose – esempio la Francia.
 Non indifferenza
La laicità contemporanea è completamente diversa da quella ottocentesca, lo
Stato contemporaneo è uno Stato sociale e interventista – Stato che interviene
positivamente alla tutela dei diritti individuali, libertà e uguaglianza ivi compreso
la libertà religiosa .
È uno Stato che tutela l’uguaglianza anche dal punto di vista sostanziale, quindi
uno Stato non è indifferente ma vede con favore l’esercizio della libertà
religiosa.

91
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

 Pluralismo confessionale
Bisogna essere favorevoli nei confronti di tutto le confessioni religiose ivi
comprese secondo la dottrina anche le opzioni aconfessionali.
La laicità italiana è diversa da quella francese – la laicità italiana ha le proprie
radici con la nascita del Concordato e presa di coscienza della presenza di Pagina | 92
confessioni religiose nel nostro ordinamento importanti.
La laicità francese ha le sue radici nella separazione tra Stato e confessioni
religiose. Anche se in origine la parola laicità indicava una separazione tra clero
e semplici fedeli.
Obblighi derivanti dalla laicità per i pubblici poteri
1) Salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo
2) Atteggiamento di imparzialità nei confronti di tutti i culti – trattarli con neutralità,
senza patteggiare per nessuno
3) Garantire pari protezione alla libertà religiosa di ciascuno, indipendentemente
dall’appartenenza religiosa, quindi anche agli atei
4) Rispettare la distinzione degli ordini
Lo Stato dovrà quindi rispettare tutte le opzioni religiose, non valutare i principi
confessionali poiché incompetente e lo Stato non avrà una religione ufficiale.
Ruolo del principio di laicità
 Principio supremo dell’ordinamento costituzionale
 Principio sintetico – riassume gli aspetti fondamentali dell’ordinamento italiano
di libertà religiosa, citato precedentemente che diversi contenuti del principio di
laicità si collegano con altri contenuti del modello italiano di diritto ecclesiastico
(uguaglianza, pluralismo, distinzione degli ordini). Sintetico, in quanto riassume
gli aspetti principali inerenti al trattamento della libertà religiosa.
 Parametro di costituzionalità di tutta la normazione in materia di libertà
religiosa ivi compresi le norme pattizie, perché appunto essendo un principio
supremo si possono misurare nel sindacato di costituzionalità anche le norme
del Concordato alla luce del principio di laicità.
 Direttrice della politica in tema di libertà religiosa quindi la politica religiosa
deve perseguire l’obiettivo principale ‘della salvaguardia della libertà di religione,
in regime di pluralismo confessionale e culturale’.

Principi supremi – Corte Costituzionale sentenza n. 1146/1998


Esistono «alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati
nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre
leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione
esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale,
quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non
essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di
92
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si


fonda la Costituzione italiana”.
Sentenza n.203/1989 afferma che i principi supremi sono quelli che dividono i
profili della forma di Stato.
Non sono modificabili neanche con procedimento di revisione costituzionale e non
Pagina | 93
coincidono con principi fondamentali enunciati dalla Costituzione.
Inoltre non sono rinvenibili in singole norme e solitamente vengono enucleati dalla
Corte Costituzionale, la quale fa ricorda ad insiemi di norme la cui lettura
sistematica permette l’enucleazione di un principio supremo.
Per questo motivo, dal momento in cui i principi supremi sono principi sintetici e
sono riferibili a un insieme di norme costituzionali, tali principi esprimono dei valori
fondamentali dell’ordinamento giuridico.

Frase professor Jemolo, padre fondatore del diritto ecclesiastico, il quale osservava
che nonostante l’enunciato del principio di laicità – secondo il quale lo Stato è
aconfessionale, laico e equidistante rispetto alle confessioni religiose: secondo
Jemolo ci sarebbe un confessionismo di costume che farebbe sentire cittadini di
seconda classe i non cattolici.

L’applicazione del principio di laicità


Confessionismo di costume lo ritroviamo in tutte quelle norme e istituti che
riconoscono i caratteri tipici del cattolicesimo. Per esempio la materia delle festività
religiose, processioni o cerimonie..
Si tratta di norme in contrasto con la laicità oppure sono riconoscimenti di tradizioni
culturali della maggioranza?
Occorre tener presente spesso il confine tra tradizione-cultura-religione è molto
sottile. Quindi alcune di queste norme, per esempio quella della festività, che
riconoscono la domenica come giorno settimanale festivo, la valenza civile di
alcune festività che in origine sono religiose..
Sono norme che nascono perché riconoscono la tradizione e cultura della
maggioranza della popolazione, tuttavia ci si potrebbe chiedere se tale
riconoscimento non finisce ad essere una violazione di una aconfessionalità che lo
Stato dovrebbe avere nei confronti di tutte le confessioni religiose.

Un altro aspetto che va tenuto presente è la presenza del Concordato pone


determinati problemi in relazione all’applicazione del principio di laicità.
La presenza del Concordato pone un interrogativo su una reale uguaglianza delle
confessioni religiose – fin dall’inizio c’era la presenza di questo accordo con la
Chiesa Cattolica che pone qualche interrogativo sul rispetto del principio di
uguaglianza e equidistanza dello Stato da tutte le confessioni religiose.
Il metodo pattizio e l’esistenza di accordi, in epoca odierna, non riguarda più la
Chiesa Cattolica ma anche le altre confessioni religiose.
Tutto ciò è discriminatorio nei confronti senza intesa?

93
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Qualche interrogativo sorge dal momento in cui l’accesso all’intesa non è una cosa
facile da ottenere e quindi le confessioni senza intesa sono tali per un loro volere
ma molto spesso perché risentono di un’applicazione di una discrezionalità
amministrativa.
Tutti questi dati bisogna misurarli col principio di laicità.
Pagina | 94
L’applicazione del principio di laicità: questioni problematiche
• Quali significati vengono maggiormente applicati e quali rimangono più difficili
da applicare?
• Come interviene il principio di laicità nell’analisi di norme privilegiare o di norme
retaggio del passato?
• Che fare di fronte al multiculturalismo?
• È davvero applicato come principio supremo, o risente di oscillazioni politiche e
ideologiche (anche nella giurisprudenza)?

Evoluzione normativa e laicità


• Modifiche normative che hanno ridotto, almeno in parte, i privilegi per la
religione cattolica
• …ma non sono state del tutto soddisfacenti

Nell’ordinamento giuridico odierno rimangono dei punti di contrasto su alcune


normative, alcune discipline di istituti che consideravano in modo privilegiato il
cattolicesimo e che appunto nonostante alcune modifiche normative rimangono dei
punti di contrasto con il principio di laicità.
Rimangono punti di contrasto. Ad esempio:
• Insegnamento religione cattolica e status insegnanti
• Crocifisso (norme non legislative) – questione che affonda le sue radici in
norme di epoca fascista - norme non legislative, quindi anche la Corte
Costituzionale non si è potuta pronunciare su questo tema perché non
riguarda una legge.
Abbiamo delle norme regolamentari che la prassi fa mantenere un simbolo
legato alla religione cattolica in luoghi pubblici.
• Finanziamento scuole private di stampo cattolico
• Agevolazioni economiche rivolte spesso solo alle confessioni con intesa –
probabile disparità di trattamento tra le varie confessioni religiose presenti nel
nostro ordinamento.
• Sostegno economico grandi eventi religiosi (cattolici, prevalentemente)
• Privilegi per regime matrimoniale concordatario cattolico – ci sono istituti che
non esistono nelle intese con le altre confessioni religiose. Pur riconoscendo,
tramite intese, anche il valore civile del matrimonio contratti religiosamente
da parte di altre confessioni religiose, tuttavia alcune misure di favore
riguardano solo la Chiesa cattolica.

Problema sull’applicazione giurisprudenziale del principio

94
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

La giurisprudenza di merito è molto spesso contradditoria – tema del crocifisso


nelle aule.
 Sentenze sono di tipo ‘minimaliste’, affermano che il crocifisso non è quasi più
notato e può essere rimosso a richiesta.
 Sentenze – il crocifisso non violerebbe la libertà di coscienza, perché la libertà di
Pagina | 95
coscienza sarebbe violata ove ci fosse un obbligo a compiere atti religiosi.
Presenza di un simbolo non andrebbe a violare la libertà di coscienza e la libertà
religiosa.
 Sentenze – crocifisso come veicolo di valori condividi, ivi compresi il valore della
laicità stessa. Emblematica è la sentenza del TAR Veneto che afferma il
crocifisso è come un rafforzamento del principio di laicità perché esprime i valori
del cattolicesimo che è sempre stato favorevole alla laicità dello Stato e
separazione degli ordini.
Il principio di laicità in queste sentenze viene ricondotto a valori religiosi, c’è
un’interpretazione minimalista del principio che vede l’applicazione del principio di
laicità come sufficiente con l’affermare dell’autonomia al singolo e divieto di imporre
atti o prestazioni di contenuto religioso.

Principio di laicità in rapporto con gli altri principi che guidano il diritto
ecclesiastico
La laicità in rapporto con l’art. 2 del principio personalistico, indica un’attenzione
per il valore dei diritti dell’individuo. La laicità intesa in questo senso, indirizza lo
Stato verso la tutela dei diritti e della persona in senso pluralistico e afferma un
valore delle confessioni.
La laicità è in funzione dell’individuo e dei suoi diritti – indirizza l’azione dello Stato
verso la tutela della persona e delle formazioni sociali.

La laicità in rapporto con l’art. 19 tutela della libertà religiosa, la laicità non nega
il valore della religione come dimensione fondamentale dell’individuo – quindi non
va inteso come limite all’esercizio della libertà religiosa.
Un’altra interpretazione è data dalla Francia nella legge che vieta di portare simboli
religiosi a scuola; la Francia ha scelto di limitare l’esercizio della libertà religiosa per
favorire la aconfessionalità dello spazio pubblico. (non si sta parlando di simboli
religiosi presenti nell’aula ma di simboli portati dall’individuo come espressione
della propria libertà individuale).

La laicità in rapporto con l’art. 3 principio di uguaglianza – il principio di laicità


vuol dire equidistanza quindi uguale tutela e non propugnare un egualitarismo
‘cieco’ ovvero trattamenti tutti uguali a prescindere dalle caratteristiche delle singole
religioni.
L’art. 3.2 uguaglianza sostanziale che invita interventi positivi per lo sviluppo
della personalità umana e religiosa.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

La laicità positiva non impedisce interventi statuali purché non ‘confessionalmente’


caratterizzati – quindi non sbilanciati verso una particolare confessione religiosa.
Favore della religione in condizione di parità, in base anche all’art. 3.2.

La laicità in rapporto all’artt. 7 e 8 autonomia confessionale e distinzione degli


Pagina | 96
ordini – la laicità vuol dire non identificazione quindi separazione degli ordini tra
Stato e Chiesa.
Questo principio è uno dei nuclei della laicità del pluralismo, e, occorre ricordare
che nel nostro ordinamento non si impedisce il riconoscimento della rilevanza
giuridica di normative di derivazione confessionale a condizione che siano
compatibili con l’ordinamento italiano, in base all’art. 8.2.
Distinzione degli ordini vuol dire non assoluta separazione ma riconoscimento ad
alcune condizioni anche dell’operato di alcune confessioni religiose purché le due
sfere rimangano distinte.

La laicità in rapporto al principio pattizio che deriva appunto dall’esistenza di un


principio di autonomia e distinzione degli ordini.
Si ricorre a norme pattizie perché lo Stato si ritiene incompetente a disciplinare
l’ordine spirituale e quindi per garantire la libertà religiosa e la regolamentazione
delle rex mixtae nel modo più corretto occorre firmare degli accordi.
Firma degli accordi per operare una non commistione tra materie spirituali e di
rilevanza civilistica, e, allo stesso tempo tutelare tutti gli istituti nel territorio di
confine.
In questo senso, il sistema di accordi non è incompatibile con il principio di laicità,
poiché il nostro principio di laicità si è connotato come non indifferenza ma garanzia
di libertà in regime di pluralismo.

Sintesi e problemi della laicità


• Distinzione degli ordini, equidistanza e imparzialità e pluralismo
confessionale e culturale
= esistenza di pluralità di sistemi di valore, di scelte personali riferibili allo spirito o
al pensiero dotati di pari dignità ciò implica neutralità della sfera politica, di fronte
ad eventuali conflitti tra valori religiosi (p. es.: sistema radiotelevisivo; scuola …).
• Non indifferenza dello Stato di fronte alle religioni
= Laicità positiva o attiva: Stato deve rimuovere ostacoli o impedimenti a esercizio
libertà costituzionale di religione (cfr. art. 3.2 Cost.).

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Pagina | 97

LEZIONE 12 ENTI ECCLESIASTICI


Gli enti ecclesiastici: cosa sono?
Definizione: soggetti che consentono ad una confessione religiosa di esprimersi e
manifestarsi nella società sul piano dei rapporti sociali interpersonali e istituzionali,
rappresentano il corpo visibile delle confessioni, strutture concrete attraverso le
quali le confessioni agiscano nella società. Sono gli enti che si rapportano con le
strutture giuridiche del nostro ordinamento.
Le relazioni giuridiche che si sviluppano nel nostro ordinamento giuridico non sono
con con le confessioni ma con gli enti, tutta la gamma dei rapporti riguardanti la
libertà religiosa ecc si esprime con gli enti. Le confessioni religiose come abbiamo
già detto, non hanno di per se personalità giuridica ma l’hanno gli enti e che quindi
possono intrattenere un rapporto giuridico con le istituzioni del nostro ordinamento
giuridico. Le confessioni sono libere di organizzarsi, attraverso il principio di
autonomia professionale, e in questo principio rientra la facoltà di istituire enti che
possano ottenere personalità giuridica e di conseguenza di instaurare rapporti con
lo Stato, i suoi apparati o privati.
ENTI ECCLESIASTICI VS. ENTI ECCLESIASTICI CIVILMENTE RICONOSCIUTI
Occorre bisogna distinguere tra enti ecclesiastici e enti ecclesiastici civilmente
riconosciuti, con quest’ultimi intendiamo gli enti che hanno ottenuto la personalità
giuridica nel nostro ordinamento, non è necessario o obbligatorio ottenerla,
possiamo chiamali enti di fatto, possono agire comunque liberamente. Dunque
quando parliamo di enti ecclesiastici parliamo una categoria decisamente AMPIA,
nella quale racchiudiamo entrambi i gruppi.
IL RICONOSCIMENTO IERI
ENTI ECCLESIASTI:
il riconoscimento è un aspetto importante, perché lo stato, in base al
riconoscimento, prevede un trattamento specifico che li distingue dagli altri fattori.

97
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Un ente ecclesiastico riconosciuto che una semplice associazione o fondazione


non governativa non ha, perché l’ordinamento riconosce che gli enti sono legati alla
confessione religiosa e di conseguenza alla libertà religiosa. È dunque necessario
ricordare che cosa Accadeva al riconoscimento degli enti ecclesiastici nel passato,
questo ci aiuta a capire come cambia la disciplina. Nel regime previgente alla
costituzione, nel concordato del 1929 si parlava degli enti della chiesa cattolica Pagina | 98
mentre gli altri enti erano regolati dalla lex dei culti ammessi. La disciplina era
diversa, gli enti ecclesiastici erano di religione cattolica, quelli regolati dalla lex sui
culti ammessi sono enti morali. Il concordato prevedeva che tutti gli enti
appartenenti alla chiesa cattolica e che ottenevano la personalità giuridica
canonistica sarebbero stati riconosciuti gli effetti civili direttamente a prescindere
dai fini perseguiti. Disciplina diversa per gli enti morali che sottostavano ad un
riconoscimento delle personalità discrezionale, attraverso una verifica e un decreto.
Nella vita dell’ente le discipline erano diverse, per enti ecclesiastici non c’erano
potere di controllo dallo stato, per gli enti morali invece vi erano eccome, sul loro
patrimonio, sulla gestione dei beni ecc riservandosi una serie di poteri e diritti come
lo scioglimento o il controllo sulle vendite ecc.. questo discorso sul passato indica i
punti fondamentali sulla disciplina del riconoscimento degli enti, estremamente
importante perché al momento del riconoscimento lo stato assicura autonomia.
IL RICONOSCIMENTO OGGI
per quanto riguarda la chiesa cattolica e le confessioni con intesa abbiamo le
norme pattizie che garantiscono un trattamento di diritto speciale. Gli enti delle
confessioni invece non appartenenti ad intesa sono ancora disciplinati dall’art 2
della lex sui culti ammessi, diritto che definiamo speciale perché la lex è
specificamente dedicata alla materia religiosa e ai culti religiosi, per quanto
riguarda gli enti non riconosciuti, sono tutelati solo in alcuni ambiti come quelli delle
agevolazioni fiscali, e tutelati e disciplinati dai diritti comuni.

TERMINOLOGIA USATA
ENTI ECCLESIASTICI O ENTI RELIGIOSI?
Per quanto riguarda la terminologia usata nelle norme troviamo il termine enti
ecclesiastici perché la vicenda nasce con riferimento alla chiesa cattolica,
successivamente anche nelle intese con altre confessioni religiose viene adottato
il modello per la religione cattolica tra cui anche la terminologia. Prime intese sono
state firmate con chiese cristiane, rappresentano il modello.
In altri casi sarebbe stato più opportuno usare un termine più generale come ENTI
RELIGIOSI, nelle intese più recenti si utilizza il termine ente religioso o della
confessione x. Le intese più recenti riguardano realtà confessionali molto diverse
da quella cristiana. Tutti questi termini servono ad indicare però la stessa realtà.

PRINCIPI CHE ORIENTANO LA MATERIA


1. L’ART 20 COST
PRINCIPIO DI DISCRIMINAZIONE: art stabilisce che sono vietati trattamenti di
svantaggio nei confronti delle associazioni di carattere religioso, c’è una tendenza
alla parificazione per tutti gli enti con finalità religiose, sia di religione cattolica che
non. Fa riferimento ad una generica categoria di enti e associazioni con finalità
religiose, includendo tutti gli enti con personalità riconosciuta o di fatto, tutti questi
98
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

enti, con il fine di tute libertà religiosa non devono subire svantaggi, si collega
questo principio a quello sulla libertà religiosa.
ART. 20 DELLA COSTITUZIONE
se andiamo leggere il testo di questo art vediamo come cita il termine
“ecclesiastico” e il fine di religione o di culto d’una associazione o istituzione non
possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali Pagina | 99
per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. In dottrina si parla
di istituzioni e carattere ecclesiastico si fa riferimento alle realtà che si riconducono
al termine di ente ecclesiastico , che fa pensare ad una appartenenza più stretta
alla religione annessa, quando parliamo di fine di religione e di culto si può parlare
della semplice finalità e quindi si può trattare più in genere di associazioni o realtà
con finalità di culto. L ‘ Art parla di istituzioni ovvero gli enti con carattere
ecclesiastico ossia di appartenenza ad una confessione religiosa , non solo
collegato alla chiesa cattolica ma anche altre confessioni religiose. Proseguendo
sulla lettura, notiamo che la costituzione stabilisce che questo carattere
ecclesiastico e fine di culto non possono essere causa di speciali limitazioni e fa
degli esempi di limitazioni vietate, elenco non esaustivo , troviamo limitazioni
legislative, sgravi fiscali, riferimenti alla capacità giuridica, alla costituzione dell’ente
e ogni forma di attività. l’art. 20 ovviamente non vieta invece trattamenti di favore
che esistono, perché nel momento in cui lo stato si occupa del riconoscimento degli
enti, riserva a queste strutture un trattamento specifico, di diritti peculiari.

PRINCIPI CHE ORIENTANO LA MATERIA


2. PRINCIPIO DI AUTONOMIA CONFESSIONALE E DISTINZIONE DEGLI
ORDINI
art 7.1 e 8.2 cost (ribadito in Accordo 1984 e intese)
• tutela che riguarda sia la chiesa che le altre confessioni
• autonomia confessionale: struttura interna delle confessioni e modalità di
organizzazione degli enti è rispettata
• libertà delle confessioni nell’organizzarsi e di dotarsi di strutture diverse
IL RICONOSCIMENTO
momento importante per lo stato
evento speciale, non è come il riconoscimento della altre persone giuridiche, è
peculiare, in quanto si garantiscono determinati diritti, garanzie e trattamenti di
favore, specifici. Si garantisce ad esempio agli effetti fiscali, garanzie economiche,
godono di benefici fiscali ma diventa ulteriormente un momento importante in
quanto con il riconoscimento si riconosce che quell’ente vive ed ha struttura
peculiare all’interno della confessione religiosa di appartenenza e quindi a sua volta
viene riconosciuta alla confessione religiosa stessa una competenza nella gestione
nell’ente, nella sua costituzione. l’ente infatti nasce con struttura peculiare ma in
forza dei principi di autonomia confessionale, divisione degli ordini, di separazione
tra le sfere civili e religiose, lo stato non interviene per modificare nella struttura e
nella vita dell’ente. Quindi al momento del riconoscimento è come se lo stato
codificasse l’esistenza dell’ente all’interno della confessione con le proprie
caratteristiche dove lo stato non interviene. Anche le attività che caratterizzano
l’ente non sono legate allo stato, possono essere sottoposte ad una disciplina
speciale, si svolgono senza ingerenze dello Stato. Per queste ragioni lo stato pone
99
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

criteri e limiti sul riconoscimento dell’ente perché non vuole dare questo trattamento
speciale e questa tutela a chiunque.

RUOLO DELLE NORME PATTIZIE


ruolo importante delle norme pattizie, di natura bilaterale, si vede un incontro tra le
prerogative dello stato, che attribuisce diritti speciali, ma vuole controllare la qualità Pagina |
dei soggetti. Lo stato opera un controllo sulla disciplina delle persone giuridiche 100
anche confessionali. Non siamo più nel 1929 dove tutti gli enti interni alla religione
cattolica erano di conseguenza enti riconosciuti.
Dal punto di vista delle confessioni, definiscono le caratteristiche degli enti, li
organizzano, scelgono rappresentanti e ricevono trattamenti di favore dalla
normativa di favore. Questi due poli di interesse, ente e stato, si incontrano in una
res mixtae, sia le confessioni che lo stato sono interessati al fatto che in tutto
questo sia vigente il principio di autonomia confessionale e divisione degli ordini.
Autonomia confessionale: permette alle confessioni di dotarsi delle proprie strutture
ed enti come meglio credono e organizzarli come meglio preferiscono, secondo le
norme confessionali vigenti nell’ordinamento religioso. Per questo troviamo un
largo impiego della normativa pattizia perché le due entità si incontrano in un
campo di confine.

ACCORDO 1984-PRINCIPI ISPIRATORI: accordo che ha ispirato intese diverse


da quella cattolica
tra fine 1984 e 1985 è nato un altro accordo, con la legge 222 del 1985, ha
disciplinato nel dettaglio la materie degli enti, ha natura pattizia, la commissione
paritetica che se ne occupò scelse di ispirarsi ad alcuni principi, si parlò di
specialità delle finalità e del regime degli enti e di tenere distinti i due temi. Quindi
da una parte si stabilì che lo specifico trattamento degli enti li riguardava in quanto
avevano finalità di culto, quindi si guardava al regime delle attività che dovevano
essere di tipo religioso. Per quanto riguarda il regime dei culti stessi, lo si tutela
perché gli enti hanno struttura particolare che deve essere rispettata, garantendo
allo stato che ci siamo dei requisiti formali e sostanziali
1. fine di religione o di culto:
2.rispetto dell’autonomia confessionale delle caratteristiche originarie dell’ente
scopo ultimo: tutela libertà religiosa, autonomia confessionale

ENTI NELL’ACCORDO DEL 1984


ART 7: La repubblica, richiamandosi al principio enunciato dall’art. 20 della cost,
riafferma che il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una
associazione o istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni
legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e
ogni forma di attività. Art. 7.2 ferma restando la personalità giuridica degli enti
ecclesiastici che ne sono attualmente provvisti, la repubblica italiana, su domanda
dell’autorità ecclesiastica o con il suo assenso continuerà a riconoscere la
personalità giuridica degli enti ecclesiastici aventi sede in italia eretti o approvati
secondo le norme del diritto canonico, i quali abbiano finalità di religione o di culto
• si ribadisce nel testo pattizio il principio di cui art 20 cost.
• importante: fine di religione o di culto e carattere ecclesiastico
100
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

art. 7.3 agli effetti tributari gli enti ecclesiastici aventi fine di religione o di culto,
come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli aventi fine di
beneficenza o di istruzione. Le attività diverse da quelle di religione o di culto,
svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della
finalità di tali enti, alle leggi dello stato concernenti tali attività e al regime tributario Pagina |
previsto per le medesime. 101
• Disciplina di favore: anche per questioni fiscali
• non si escludono attività diverse da quelle di religione, ma normativa speciale
solo per le prime
• quindi: specialità della disciplina per gli enti ecclesiastici (rispetto delle
caratteristiche proprie degli enti nell’ordinamento canonico), ma trattamento
di favore solo per attività di religione

ATTUAZIONE DELL’ACCORDO
art. 7.6 all’atto della firma del presente Accordo, le parti istituiscono una
commissione paritetica per la formulazione delle norme da sottoporre alla loro
approvazione per la disciplina di tutta la materia degli enti e beni ecclesiastici e per
la revisione degli impegni finanziari dello stato Italiano.
• Legge n.222 del 1985: disciplina di dettaglio per enti e beni (norme approvate
da commissione paritetica, ex. Art 7.6 accordo, quindi hanno natura pattizia)

REQUISITI PER IL RICONOSCIMENTO


accordo del 1984
1. legame con la confessione/organizzazione religiosa (appartenenza)
2. sede in italia
3. finalità perseguite: religione o culto

APPARTENENZA (requisito soggettivo)


Rapporto organico: collegamento all’istituzione confessionale di appartenenza
conformità confessionale: approvazione da parte degli organi competenti della
confessione di appartenenza

enti ecclesiastici cattolici:


• art. 7.2 comma dell’accordo del 1984: la repubblica italiana riconoscerà la
personalità giuridica su domanda dell’autorità ecclesiastica o col suo
assenso
• legge n.222 del 1985: art. 1 costituiti o approvati dall’autorità ecclesiastica
• art. 3 dal punto di vista tecnico: il riconoscimento avviene previo assenso
dell’autorità ecclesiastica competente, ovvero su domanda di questa.

Il requisito dell appartenenza esiste anche per le intese, spesso si utilizza anche
una terminologia simile a quella usata nell’accordo di villa madama. Un caso
particolare all’assemblea di Dio in Italia, che hanno scelto nella loro intesa con lo
stato di elencare gli enti che avrebbero ottenuto il riconoscimento della personalità
giuridica, quindi esiste un numero chiuso, un elenco tassativo di enti che ricevono

101
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

la personalità, in questo caso non ha senso parla della approvazione della entità
ecclesiastica, prova di appartenenza dimostrata dall’inserimento dell’ente in questa
lista.

SEDE IN ITALIA
altro requisito soggettivo, in capo all’ente, previsto sia da accordo villa madama, da Pagina |
norme di altre intese con confessioni non cattoliche e dalla legge 222 del 1985. 102
questo requisito è connaturato l fatto che l’ente riceva il riconoscimento
nell’ordinamento italiano. Lex 222 parla anche di enti che operano al di fuori dei
confini statali, come istituti di vita consacrata che devono avere sede principale in
italia, la loro attività deve svolgersi in territorio italiano o di missione.

IL FINE DI RELIGIONE O DI CULTO (REQUISITO OGGETTIVO)


Requisito oggettivo, riguarda oggetto della attività dell’ente e della sua vita. Viene
citato da art 7.2 e art. 1, della legge 222, si afferma che in Italia verranno
riconosciuti enti con fine di religione e di culto. A questo proposito è necessario farsi
delle domande in quanto è il requisito più complicato da spiegare.
DOMANDE:
1. cosa si intende per finalità di religione o di culto?
2.come e chi verifica la sussistenza di detto criterio?
3. è possibile per un ente ecclesiastico svolgere attività diverse da quelle di
religione e di culto?

SIGNIFICATO DI FINE DI RELIGIONE E DI CULTO: il nostro ordinamento è restio


a dare definizioni di religione o culto. Non sono definiti in modo tassativo, nella lex
222 art.16 troviamo alcune definizioni
a)attività di religione e di culto, quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle
anime alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi,
all’educazione cristiana.
b)attività diverse da quelle di religione o di culto quelle di assistenza e beneficenza,
istruzione, educazione e cultura, in ogni caso le attività commerciali o a scopo di
lucro.
Sono due elenchi da considerarsi non tassativi, anche se esaustivi, e parlano di
attività e non di FINE, perchè il nostro ordinamento si dichiara incompetente sul
definire cosa è religione e cosa no, a definire una finalità di un ente religioso ma
può andare a a verificare cosa sono le attività di religione di culto, perché sono
qualcosa che gli enti religiosi mettono in atto esternamente, dichiarandoli spesso
nello statuto, quindi guardando le attività si può risalire alla finalità di religione e di
culto, le attività ricadono nell’elenco dell’art. A, possiamo definire una finalità di
religione e di culto, se ricadono nel b, saprò che l’ente svolge attività diverse dal
fine di religione e culto e che probabilmente vi sia un fine diverso e non religioso.
Definizioni simili queste le troviamo nelle intese con le altre confessioni religiose, e
si differenziano l’una dall’altra, in quanto ciascuna avrà inserito la discrezione di che
cosa per lei è attività di religione di culto e cosa non lo è, i base alle loro
caratteristiche.

102
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Seconda questione, come e chi verifica la sussistenza del fine di religione e


di culto:
art. 2 della lex 222 stabilisce al primo comma riconosce come enti con fine di
religione o di culto coloro che di trovano nella costituzione gerarchica della Chiesa,
li istituti religiosi e i seminari. Quindi ci sono dei casi elencati nell’art nei quali il fine
è presunto. La commissione paritetica italo vaticana istituita dopo la firma di villa Pagina |
madama è dell’art. 222, ha chiarito alcuni punti, ha definito questa presunzione 103
iuris e iure, ossia di diritto che non richiede accertamenti. Ma bisogna dire che la
dottrina della giurisprudenza ha sempre sostenuto che non si può agire per
analogie, quindi gli enti per i quali il fine è presunto sono esclusivamente citati dalla
legge. Non c’è accertamento ma nel ricevere la documentazione per la richiesta di
riconoscimento della capacità giuridica, l’autorità amministrativa controllerà che
l’ente non abbia un secondo fine diverso da quello religioso.
Definizione delle parole citate, “enti che fanno parte della costituzione gerarchica
della chiesa, istituti religiosi e seminari, ci sono state problematiche interpretative
perché non è chiaro cosa rientri in questa costituzione gerarchica, è una formula
probabilmente aperta.

ART. 2 secondo comma lex 222: per altre persone giuridiche canoniche, per le
fondazioni e in genere per gli enti ecclesiastici che non abbiano personalità
giuridica nell’ordinamento della chiesa, il fine di religione e di culto è accertato di
volta in volta, in conformità alle disposizioni dell’articolo 16.

CRITERI PER LA VERIFICA: ART. 2 TERZO COMMA: il fine deve essere


costitutivo ed essenziale dell’ente anche se connesso ad altre finalità. Quindi il fine
con cui nasce l’ente deve essere religioso, il fine della sua origine, e deve essere
essenziale, ossia durante la vita dell’ente quel fine deve rappresentare la ragione
d’essere dell’ente.
Possiamo dire che c’è discrezionalità aggiuntiva ma di tipo TECNICO e non politico,
discrezionalità di cui i criteri sono gia specificati dalla legge e quindi limitata al
verificare il fine di religione e basta.

TERZA QUESTIONE: è possibile svolgere attività diverse da quelle di religione e di


culto?
La risposta è si, sia secondo l’accordo di villa madama, sia lex del 1985, a patto
che il fine di religione e di culto sia al momento del riconoscimento, e
successivamente sia costitutivo ed essenziale.
Per quanto riguarda le altre attività, seguono il diritto dello Stato, norme comuni e
non ricevono nessun trattamento speciale.

LE FORME DI RICONOSCIMENTO
1.RICONOSCIMENTO PER LEGGE: significa che in un testo normativo alcuni enti
ecclesiastici vengono riconosciuti automaticamente per una disposizione prevista
dalla legge, per esempio molte norme pattizie o lex 222 attribuiscono al alcuni enti
determinati compiti considerati necessari per la vita della confessione religiosa. es.
art 13 della lex 222, non c’è un procedimento vero e proprio perché le leggi sono
riconosciute dalla legge stessa. Iter molto breve che si conclude con l'entrata in
103
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

vigore della lex ed esiste per motivi di opportunità in quanto molto enti sono
necessari il funzionamento della confessione religiosa.

2. PER ANTICO POSSESSO DI STATO: riguarda tutti gli enti che hanno una
personalità giuridica antecedente al concordato del 1929, e altre norme pattizie
prevedono una forma di riconoscimento simile. Questi enti non devono ottenere il Pagina |
riconoscimento con decreto ma possono sostituire il decreto con un attestato del 104
ministero dell’interno che attesta l’esistenza della personalità giuridica e i requisiti
necessari per ottenerla. A questo punto dobbiamo ricordare che questa è una forma
di riconoscimento residuale.

3. PROCEDIMENTO ABBREVIATO: previsto dalla lex 222 del 1985, per quanto
riguarda alcuni enti della confessione cattolica, nello specifico diocesi e parrocchie.
Si afferma che acquistano personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione
nella gazzetta ufficiale del decreto del ministero dell’interno che conferisce alle
singole diocesi e parrocchie la qualifica di ente ecclesiastico civilmente
riconosciuto. c’è dunque una recezione da parte del ministro dell’interno e
direttamente un decreto che conferisce personalità. È un procedimento residuale e
speciale per l’adeguamento del sistema italiano alle modifiche apportate dal codice
canonico del 1983 al sistema di sostentamento del clero: che voleva benefici
parrocchiali, sostentamenti.

4. PROCEDIMENTO PER DECRETO: procedimento che può essere usato


dall’autorità ecclesiastica o dal legale rappresentante dell’ente e la domanda di
riconoscimento viene mandata alla prefettura, ufficio di rappresentanza territoriale
del ministero dell’interno, che di fatto è l’organo che emette il decreto, ed è lui che
centralizza tutta la procedura per rendere omogenei i procedimento di
riconoscimento degli enti. Il ministero ha potere decisionale mentre il prefetto ha
potere istruttorio, verifica la documentazione e richiede eventuali integrazioni,
regola la competenza e trasmette il fascicolo al ministero, che invece ha potere di
controllo ed ha una struttura centralizzata.

FASE ISTRUTTORIA DECISIONALE


verifica dei requisiti: fine di religione e di culto ecc.
richiesta eventuale del parere del consiglio di stato: per casi particolari o
difficili
emanazione del decreto; pubblicazione in gazzetta ufficiale
comunicazione al legale rappresentante:

QUESTIONI:
Che tipo di potere ha l’amministrazione nella verifica dei requisiti?
Discrezionalità amministrativa, entro certi limiti
può disattendere le conclusioni del parere del consiglio di stato? Si, parere
non vincolante
che natura ha il decreto? Natura costitutiva: ente assume la qualifica di ente
ecclesiastico civilmente riconosciuto (art. 4 legge 222/1985)

104
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

gli obblighi successivi del rappresentante legale: iscrizione in registro persone


giuridiche (natura dichiarativa)

ISCRIZIONE NEL REGISTRO PERSONE GIURIDICHE:


Momento successivo all’ottenimento della personalità giuridica, svolto dal legale
rappresentate e si può affermare che esiste un obbligo all’iscrizione in questo Pagina |
registro, sia ai sensi della lex n. 222 del 1985 sia ai sensi del codice civile. Nel 105
momento della mancata iscrizione si ritiene che si possa applicare quella sanzione
di cui fa cenno l’art. 35 del codice civile. La legge 222 parlava di termini stabiliti
dalla lex medesima per alcuni enti, decorsi tali termini gli enti potranno
concludere negozi giuridici solo se iscritti nel registro. Ci si chiedeva se valeva per
tutti gli enti religiosi. In realtà si ritiene che faccia riferimento solo agli enti specificati
nell’art 6, per gli altri vi sarà una sanzione pecuniaria.
Iscrizione dunque è obbligatoria e serve per conoscere il funzionamento dell’ente,
in particolare per gli enti confessionali ci sono funzionamenti particolari governati da
norme interne confessionali che spesso non sono conosciute da persone esterne.
Tale iscrizione serve a conoscere il funzionamento degli enti confessionali per i
soggetti che vi vengono in contatto, è importante perché gli enti nell’ordinamento
hanno un funzionamento peculiare, governato da norme interne di diritto canonico.
Per questo, secondo l’art. 5 legge 222, nel registro con le indicazione prescritte
dagli artt.33 e 34 del c.c. devono risultare le norme di funzionamento e i poteri degli
organi di rappresentanza dell’ente.
In seguito all’abrogazione degli artt. 33 e 34 da parte del dpr 361/2000 ci si chiede
se devono ancora essere indicate le norme di funzionamento nel registro: secondo
la dottrina si deve far riferimento al dpr 361: esso all’art. 9.2 dice che non innova il
procedimento di riconoscimento degli enti ecclesiastici e quindi si applicano gli artt.
3 e 4 riguardo alla tenuta del registro delle persone giuridiche e le iscrizioni, essi
sono molto simili agli artt. 33 e 34.
I dati da indicare quindi nel registro sono stabiliti dall’art. 4 del dpr 361 (e non più
dal cc) anche se il tenore è lo stesso; si considera comunque ancora valido
l’obbligo a indicare e rendere pubbliche le regole di funzionamento dell’ente (ex art.
5 l. 222) in particolare le norme di diritto canonico sulle autorizzazioni, controlli,
regole di funzionamento...
I controlli canonici
L’autonomia di gestione degli enti è una peculiarità̀ della Chiesa cattolica, significa
che per alcuni atti sono necessarie autorizzazioni dell’autorità ecclesiastica
competente (secondo il diritto canonico) e se mancano, gli atti non sono considerati
validi per il diritto canonico.
Questo secondo quanto stabilito dall’art. 7.5 dell’Accordo “l’amministrazione dei
beni appartenenti agli enti ecclesiastici è soggetta ai controlli previsti dal diritto
canonico. Gli acquisti di questi enti sono però soggetti anche ai controlli previsti

105
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

dalle leggi italiane per gli acquisti delle persone giuridiche”.


La legge 222 stabilisce che c’è una esigenza della tutela dell’affidamento dei terzi
perché afferma che gli atti che sono posti in essere in modo illegittimo
nell’ordinamento canonico, non possono essere opposti ai terzi se non sono iscritti
nel registro. Quindi nel registro delle persone giuridiche è importante che ci siano Pagina |
queste norme sul funzionamento perché esse danno trasparenza alle attività 106
dell’ente e una volta che sono scritte nel registro, il soggetto che entra in contatto
con l’ente sa se l’ente ha agito in modo legittimo o meno; se invece non sono scritte
nel registro, al terzo che entra in contatto con l’ente non può essere opposto l’atto
illegittimo.
Gli enti delle confessioni senza intesa
Nella legge n. 1159 sui culti ammessi, all’art. 2 stabilisce che gli istituti di culti
diversi dalla religione dello Stato possono essere eretti in ente morale, con dpr, uditi
il consiglio di stato e dei ministri.
In questa norma si afferma il carattere eventuale del riconoscimento (“possono” e
non “devono”), che dipende dal giudizio discrezionale della P.A. È previsto
(discrezionalità̀ prevista per legge) il doppio vaglio: 1. Consiglio di stato (tecnico), 2.
Consiglio dei ministri (politico).
Secondo quindi la legge sui culti ammessi, il procedimento risulta più gravoso
perché vi è questa maggiore discrezionalità̀ nell’attribuzione della personalità̀
giuridica.
Storicamente si faceva un controllo sull’assenza di contrasti con ordine pubblico e
buon costume (questo è stato eliminato), oggi c’è sempre molta cautela per il
riconoscimento degli enti senza intesa perché il riconoscimento degli enti è
diventato impropriamente un sistema di riconoscimento delle confessioni.
Pareri del Consiglio di Stato
A proposito quindi della cautela per il riconoscimento, esso spesso ha negato il
riconoscimento di un ente a causa dell’insufficienza numerica dei seguaci di una
confessione religiosa o della sua scarsa presenza sul territorio: criteri che
sembrano relativi al riconoscimento di una confessione, anziché́ di un ente. Questo
non è sempre corretto, ma questa operazione si rende necessaria perché manca
nel nostro ordinamento un sistema di riconoscimento delle confessioni (necessario
anche ai fini della stipula delle intese ex art. 8.3)
Confessioni senza intesa
Data la difficoltà nel riconoscimento in base alla legge del 1929, spesso le
confessioni non chiedono nemmeno il riconoscimento ma fanno ricorso al diritto
comune: ad es. costituiscono delle associazioni riconosciute (beneficiano della
semplificazione della procedura) e non (limitazioni circa le attività̀ , bastava solo

106
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

avere lo statuto ma sono venute a cadere con riforme nel 2000), si danno poi altre
forme come le onlus, le organizzazioni di volontariato o associazioni di promozione
sociale.
I problemi di utilizzare queste forme associative per finalità̀ religiosa sono:
1. Uso improprio di alcune forme associative per finalità̀ religiose: da statuto Pagina |
107
infatti devono risultare attività̀ che non prevedono quelle religiose, quindi non
ottengono alcuni benefici che invece otterrebbe se risultassero le giuste
attività̀ . Vi è inoltre un obbligo di rispettare alcuni principi (es. democraticità̀
interna) che non sono propri degli enti religiosi.
2. Mimetismo delle organizzazioni religiose non accettato: da un lato vengono
messi paletti al riconoscimento, dall’altro l’orientamento del Consiglio di Stato
è che non vada bene assumere forme diverse e quindi gli enti devono
seguire quanto stabilito dalla legge sui culti ammessi. Per alcune attività̀
occorre la qualifica di ente religioso, ad esempio per la gestione di luoghi di
culto aperti al pubblico (es. islam). 

LEZIONE 13- IL FINANZIAMENTO DELLE CONFESSIONI RELIGIOSE


Gli enti una volta ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica sono
equiparati a enti di beneficienza e assistenza per quanto riguarda il trattamento
fiscale, quindi hanno un trattamento di favore dal punto di vista economico e
fiscale. Questo è un modo indiretto di finanziare le attività religiose pagando meno
tasse, mentre lo stato avrà meno entrate.
Tutti gli stati contemporanei prevedono delle forme di finanziamento delle
confessioni religiose, sia dirette o indirette. Indiretto, come gli sgravi fiscali, sono
presenti in tutti gli ordinamenti nell’area europea perché sono ritenuti svolgere
attività socialmente meritevoli quindi meritevoli di sgravi fiscali.
Si finanziano tutte le attività socialmente meritevoli e con funzione di promozione e
tutela della libertà religiosa. finanziare le confessioni religiose =finanziare la
libertà dei cittadini. Lo stato essendo uno stato sociale e non astensionista,
promuove attivamente le libertà individuali, tra queste quella religiosa.
Tema oggetto di grande dibattito, perché se il finanziamento tutela la libertà
religiosa, si affrontano al contempo diverse tematiche come l’equidistanza da tutte
le religioni (es, finanziare tutte per mantenere laicità e uguaglianza)  problema
nelle modalità per assicurare le garanzie di tutela religiosa.
Evoluzione storica
In Italia i finanziamenti erano versamenti diretti in denaro unicamente alla chiesa
cattolica in quanto religione di stato. In particolare, era concretizzato con il sistema

107
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

dei benefici ovvero patrimoni collegati agli enti ecclesiastici, patrimoni immobiliari
come edifici, campi, collegati a diocesi o parrocchie che davano un sostentamento
al clero che vi operava. Es, diocesi Milano godeva della rendita di tot campi ed
edifici da cui si sostentava. Poi lo stato interveniva con i supplementi di congrua
ovvero dei veri e propri versamenti che servivano a rendere congruo il
Pagina |
sostentamento di particolari enti in difficolta, es parrocchia con beneficio meno
108
redditizio riceveva un supplemento in denaro per rendere più congruo il flusso di
denaro previsto per quella particolare porzione di ministri di culto che operano in
quell’ente.
OGGI: i sistemi di finanziamento deve essere conforme dei principi costituzionali, in
particolare quello di uguaglianza, laicità e liberta religiosa. Quindi non più solo della
chiesa cattolica ma anche degli altri culti, quindi il sistema di finanziamento deve
essere a favore di tutti i culti che operano nel nostro ordinamento.
Finanziamento: quadro normativo. slide 5 e 6 lista leggi per ogni culto con patto.
Due forme di finanziamento
Sono previste due forme di finanziamento
1) Le oblazioni volontarie (offerte)
2) 8x1000
Queste due forme sono previste solo dalle norme pattizie quindi lg 222/1985 per la
chiesa cattolica e poi le intese con le altre confessioni acattoliche. La legge 222 ha
invitato queste forme di finanziamento modificando il sistema precedente dei
benefici. Poi modello esteso alle varie confessioni che accedevano all’intesa in
base all’art 8 della cost. Non tutte le confessioni acattoliche hanno aderito alle
forme di finanziamento ma con alcune differenze. Tutte le norme relative a queste
due forme di finanziamento sono nelle norme pattizie.
In generale nella dottrina c’è chi ritiene entrambe le forme di entrate indirette,
perché sono entrate che arrivano dalla tassazione dei cittadini alle quali lo stato
rinuncia in favore delle confessioni religiose.
Le oblazioni volontarie è un sistema indiretto, lo stato che rinuncia ad una parte di
entrate fiscali, prende una quota di denaro e la versa in favore delle confessioni
religiose.
8x1000 è un sistema più diretto perché sono entrate che spetterebbero allo stato.
Oblazioni volontarie
il sistema delle oblazioni volontarie è molto semplice: è la possibilità per i
contribuenti di dedurre dal proprio reddito complessivo le erogazioni liberali in
denaro fino all’importo di due milioni di lire (oggi 1032.91 euro) a favore dell’istituto
centrale per il sostentamento del clero. contribuente che può fare delle offerte
volontarie in denaro per l’istituto centrale per il sostentamento del clero che ha sede
a Roma e si occupa della remunerazione dei sacerdoti cattolici. Queste offerte
108
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

possono essere dedotte dall’imponibile cioè la somma di reddito del cittadino che
serve allo stato per calcolare l’IRPEF (imposta sulle persone fisiche). Se dal mio
imponibile detraggo tutte le spese detraibile finisce che pago meno tasse e lo stato
riceve meno entrate. Per lo stato quindi è una forma di finanziamento indiretto
perché riceve minori entrate che vanno all’istituto e non alle casse statali.
Pagina |
Lo scopo di questa norma è stimolare le offerte volontarie dei fedeli per arrivare 109
idealmente ad un sistema con cui i fedeli autogestiscono e finanziano le proprie
confessioni in proporzione.
Non tutte le offerte sono detraibili, solo quelle dell’istituto centrale per il
sostentamento del clero, ad es non è detraibile l’offerta per il mio parroco.
8x1000
Art 47 legge 222/1985 prevede che ogni anno una quota pari all’otto per mille
dell’IRPEF venga destinata, in parte “a scopi di interesse sociale o di carattere
umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a
diretta gestione della chiesa cattolica (comma2). Detta ripartizione viene stabilita
“sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale
dei redditi” ed in caso di scelte inespresse in proporzione a quelle espresse.
(comma 3).
Da tutto il gettito IRPEF viene presa una quota pari all’8x1000. Una parte di questo
finanziamento diretto dai cittadini andrà allo stato, l’altra parte alla chiesa, a
seconda della scelta del contribuente in sede della dichiarazione dei redditi. Lo
stato non destina l’8x1000 di ogni cittadino alla confessione scelta, ma lo stato
destina a prescindere delle scelte dell’intero 8x1000. Poi la ripartizione di questa
parte viene fatta in base alle scelte del cittadino. Con la firma delle intese con le
confessioni acattoliche non si divide più tra stato e chiesa ma si aggiungono le
varie confessioni con intesa. Il problema riguarda la parte di contribuenti che non
effettuano nessuna scelta, che oggi sono circa metà della popolazione. In caso di
scelte non espresse la quota di persone che non hanno indicato nulla va destinata
in proporzione a quelle espresse, con un effetto moltiplicatore per la chiesa o altre
confessioni. Es, se tra tutti i contribuenti il 40% ha scelto la chiesa cattolica, la parte
di 8x1000 senza indicazione sarà divisa in modo che il 40% vada alla chiesa
cattolica.
Finanziamento culti acattolici
Il sistema della legge 222/85 è stato esteso anche alle confessioni con intesa.
Inizialmente la tavola valdese escludeva ogni forma di finanziamento, solo
autofinanziamento con offerte poi nel ‘93 introducono sia 8x1000 sia offerte
volontarie e poi con una ulteriore modifica del 2009 aderisce al sistema scelte non
espresse.

109
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

I battisti, UCEBI, nella loro intesa inizialmente prevedevano solo offerte volontarie
e non 8x1000 aggiunto poi nel 2012.
Gli avventisti hanno aderito solo in un secondo momento al sistema delle scelte
non espresse.
Pagina |
Intesa ebraica aveva prima del 96 un regime peculiare. Prevedeva una deducibilità
110
contributo annuo versato dai fedeli alla comunità, una sorta di decima/imposta
confessionale. E con la modifica del 96 aderisce all’8x1000 e con un sistema di
offerte deducibili fino a 2 mln di lire (come le altre intese).
Con il tempo quindi, grazie al successo del sistema dell’8x1000 e effetto
moltiplicatore dato dalla ripartizione delle scelte non espresse, quasi tutte le
confessioni acattoliche hanno aderito all’8x1000 e poi anche alla ripartizione delle
scelte non espresse (es, valdesi).
Se tutte le confessioni convergono verso il sistema previsto nella legge 222/85 ci
sono delle eccezioni.
1) Assemblea di dio e chiesa apostolica hanno scelto di rinunciare ai
finanziamenti delle scelte non espresse e l’importo rimane di pertinenza dello
stato.
2) Mormoni (intesa 2012) prevedono unicamente offerte deducibili, nemmeno
8x1000 perché volevano differenziarsi dalla chiesa cattolica sottolineando la
laicità dello stato, aconfessionalità dello stato a loro parere intaccato dal
sistema dell’8x1000. Unici ad oggi.
Nelle intese che hanno aderito alla 222 vi sono da citare alcune differenze nella
destinazione delle quote dell’8x1000. La chiesa prevede di destinare l’8x1000 a
scopo religioso, sostentamento del clero, manutenzione edifici di culto, esigenze di
culto della popolazione ecc. nelle varie intese invece alcuni hanno citato
espressamente scopi sociali, assistenziali, istruzione, beneficienza ecc. in teoria
questo sistema nasce per finanziare la libertà religiosa e per quanto riguarda la
chiesa cattolica il sostentamento del clero che non basta con fondi propri o
donazioni. La destinazione dei fondi dell’8x1000 viene sempre rendicontata allo
stato.
Esempi dai redditi 2015.
Fonte MEF
Il 56% non esprime alcuna scelta in sede di dichiarazione dei redditi, è la parte che
verrà poi redistribuita in proporzione.
Segue la chiesa con il 34% e poi lo stato con il 6% e poi il restante 3% riguarda le
altre confessioni con intesa e con legge 222.
Nella proporzione della parte senza scelta lo stato passa dal 6 al 14%, la chiesa da
34 a 80% e es tavola valdese da 1,3 a 3,2%.

110
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Es, la chiesa ha ricevuto oltre 1 mld di euro.


(per vedere bene tabella slide 14-15 lezione 13).
VALUTAZIONI DEL SISTEMA (di finanziamento) ALLA LUCE DEI PRINCIPI
COSTITUZIONALI
Pagina |
Dal pdv teorico tutti i sistemi di finanziamento sono una forma di tutela della libertà 111
religiosa. Gli stati offrono un trattamento favorevole per sostenere e tutelare in
positivo la libertà religiosa, ai sensi dell’art 19+3.2, quindi lo stato si adopera per
rimuovere gli ostacoli che impediscono una piena liberta e uguaglianza dei cittadini.
Lo stato non lo lascia nel privato ma se ne occupa in quanto stato sociale.
Finanziando le confessioni religiose lo stato è come se finalizzasse la libertà
religiosa.
Dal pdv di uguaglianza ai sensi degli art 3, art 8 art 20. È duplice, formale e
sostanziale. Dal dpv sostanziale lo stato ha il compito di rimuovere gli ostacoli, le
forme di finanziamento sono un mezzo per questo fine. Dal pdv formale occorre
assicurare il finanziamento senza violare la parità tra confessioni religiose, sistemi
come quello del passato non erano conformi a questo principio perché
prevedevano finanziamenti solo alla religione di stato. Oggi quindi abbiamo una
situazione di conformità alla costituzione. All’art 20 abbiamo poi il principio di non
discriminazione che vieta il trattamento deteriore, anche dal pdv finanziario delle
istituzioni, enti associazioni con finalità religiose. Nella materia del finanziamento
questo significa che lo stato non è inibito nel fornire un trattamento favorevole dal
pdv finanziario, finaizamento ammesso, NON è ammesso imporre degli oneri in più
per associazioni e enti religiosi.
Principio di laicità: nel nostro ordinamento la laicità non è intesa come
indifferenza ma come tutela al pluralismo. Se il finanziamento rispetta il principio di
neutralità, pluralismo, equidistanza allora risponde a questo principio.
Principio di distinzione degli ordini + autonomia confessionale lo stato deve
rispettare la distinzione degli ordini, quindi materie secolari e confessionali e non
deve essere l’interlocutore privilegiato di una sola confessione religiosa, deve
essere equidistante e non deve violare l’autonomia confessionale anche nella
gestione dei fondi. Oltre a ricevere il rendiconto lo stato non può attribuire ad uno o
l’altro soggetto attribuendo per esempio a quale sacerdote dare i fondi o simili,
perché spettano all’ambito religioso e lo stato non ne è competente.
Principio pattizio è conforme perché lo stato collabora con le confessioni
religiose per prevede qualcosa di vantaggioso per i cittadini, senza lasciare una
libertà religiosa negativa, lo fa anche dal pdv finanziario per assicurare le esigenze
dei cittadini.
tutto questo dal pdv teorico è conforme.
Valutazione del sistema italiano dal punto di vista pratico
111
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

1) Le oblazioni volontarie è il sistema maggiormente conforme ai principi


cost, perché non richiede un intervento diretto dello stato perché sono fondi
che vanno dall’offerta del singolo fedele alla confessione. Lo stato fa solo
uno sgravio successivo al pagamento dell’IRPEF. Rimane un arbitro esterno
e non versa fondi. Perfetto per equidistanza, laicità attiva. Sono gli individui
che liberamente decidono se fare o meno e a chi fare la donazione, in piena Pagina |
conformità con libertà personale e religiosa. Nel 1985, quando si scrisse la 112
legge 222, l’obiettivo era quello di promuovere l’autofinanziamento delle
confessioni religiose e la cultura della contribuzione personale per le
confessioni, per passare man mano da uno stato protagonista all’attivismo
del cittadino praticante.
2) 8x1000 distinzione tra teoria e pratica. Dal pdv teorico anche l’8x1000
rispetta i principi cost: laicità e distinzione degli ordini perché sono
versamenti decisi in base alle scelte dei contribuenti in sede di dichiarazione
dei redditi. Sono fondi a gestione confessionale, hanno scopi religiosi
(sostentare il clero) finalità legate alla libertà religiosa. È conforme anche alla
libertà religiosa perché il cittadino sceglie a chi destinare le quote dell’8x1000
anche grazie alle confessioni religiose che vi vogliano accedere con l’intesa.
Rispettoso quindi di uguaglianza tra confessioni e pluralismo, non è più
esclusiva della chiesa cattolica. Nel sistema della 222/85 c’è l’opzione laica
del finanziamento dello stato, rispettando anche i non religiosi. ELEMENTI
CRITICITA’: sistema delle scelte non espresse presenta diverse pecche.
Inizialmente si ricorre a questo metodo perché le persone potevano non
sapere che dovevano specificare di destinare alla chiesa la loro quota e al
contempo si voleva mantenere la quota che riceveva precedentemente. Con
l’andare del tempo però doveva essere rivisto per l’esagerata affluenza di
denaro. Manca l’elemento volontaristico e chi non sceglie finisce per
finanziare indirettamente le confessioni religiose. Inoltre a causa della mala
informazione alcune persone pensano che non scegliendo il loro denaro torni
allo stato, quando non è cosi. Altro problema è che il sistema dell’8x1000 è
riservato solo alle confessioni con intesa, perché in questo modo diverse
confessioni ne rimangono fuori, al contrario le oblazioni volontarie arrivano a
tutti, quindi manca in parte l’uguaglianza tra confessioni. In generale inoltre si
privilegia il sistema dell’8x1000 nonostante quello delle oblazioni rispetti
maggiormente la libertà personale, la parità tra confessioni e l’elemento
volontaristico.

Criticità nell’attuazione del sistema


Insuccesso del sistema delle oblazioni volontarie: anche nel dibattito pubblico
si è sempre privilegiato l’8x1000. Il motivo è che manca l’abitudine da parte del
cittadino a questo tipo di donazioni, anche se deducibili il cittadino pensa che non
sia suo “dovere” ma che tanto ci pensa lo stato. Altro problema è tecnico-normativo
nelle scelte della norma è che le offerte deducibili sono solo quelle per l’istituto
centrale per il sostentamento del clero. non è un centro vicino ai cittadini, è a Roma
e gestisce poi quanto va a livello periferico, ma non tutti i cittadini lo conoscono, è
112
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

una realtà lontana al cittadino, slegata dal territorio e non ha la percezione di dove
vadano quei fondi. Le oblazioni volontarie con deducibilità non hanno funzionato,
pochissimo sono coloro che lo utilizzano.
Questione scelte non espresse: già inizialmente presentava dei problemi ma col
tempo questo si è ingrandito, più della metà dei fondi che ricevono gli enti vengono Pagina |
proprio dalle scelte non espresse e quindi sarebbe necessario un ripensamento, 113
come ad esempio assorbire le quote non espresse nel bilanciamento dello stato.
Oltre alla mancanza dell’elemento volontaristico, vi è la disinformazione che
continua ad esserci sul funzionamento del sistema (pensano che non scegliendo
torni allo stato), lo stato non fa per niente pubblicità per la sua quota, nonostante
sia molto utile. Dall’8x1000 vengono delle entrate troppo ingenti alle confessioni. Si
può pensare come meccanismo di rappresentanza nei regimi democratici, quindi
una proporzionalità che non sia cosi sbilanciata, es non è che chi non va a votare
ha dei rappresentanti che non hanno votato, oppure che lo stato assorba quella
parte in quanto ente comune a tutti, credenti e non e che opera senza distinzione di
religioni.
Utilizzo dei fondi da parte delle confessioni religiose e dello stato la chiesa
cattolica li usa a fini di culto e anche per fini sociali, nonostante questo sistema sia
nato per finanziare la libertà religiosa quindi non è sicuro che sia giusto destinare
una parte ai fini sociali, sostando il focus di attenzione da quello originario: chiesa
per fini di culto, stato per fini sociali. Le confessioni con intesa lo usano
“prevalentemente per fini sociali”, lo stato li usa per i fini più disparati addirittura
anche per fini religiosi es, restauro di edifici di culto di proprietà statale. Quindi c’è
una confusione di dove vadano questi fondi e riordino dei fini. Inoltre tutto questo
danneggia il contribuente che comunque rimane disinformato e questo crea sempre
più maggiore disinteresse.
Chi finanziare: la compatibilità del sistema con il principio di uguaglianza vorrebbe
che non sia finanziata solo la chiesa cattolica, in realtà solo le confessioni con
intesa sono incluse nelle oblazioni volontarie e 8x1000. Le intese erano pensate
per disciplinare le regole speciali per ogni confessione religiosa e alla fine
diventano solo un modo per arrivare ai finanziamenti statali, quindi si crea una
corsa alle intese per ripartirsi i fondi pubblici. Da parte dello stato la selezione dei
soggetti avviene anche tramite una valutazione economica delle disponibilità dello
stato, se c’è o meno una coperture finanziaria per pagare l’8x1000 di quella
confessione religiosa, lo si fa in base ad una stima di quante siano i contribuenti
che sceglierebbero quella confessione e destinarne l’8x1000. Anche questa è una
stortura del sistema, perché tutte si sono allineate al modello della legge 222,
aderendo anche alle scelte non espresse, è un sistema che funziona molto bene,
cosi bene da creare una corsa a cercare di ottenere l’intesa per arrivare ai
finanziamenti, anche se avrebbe tutt’altri fini.
Relazione corte dei conti 2014

113
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

La corte dei conti ha scritto una lunga relazione sottolineando le criticità del
finanziamento delle confessioni religiose sottolineando
- ingenti entrate dovute soprattutto alle quote non espresse
-necessario ripensamento delle quote
-necessaria maggiore informazione perché cresce il numero di persone che non Pagina |
esprimono una scelta 114
-sistema che non tiene conto della volontà di alcuni contribuenti di non finanziare
alcun culto, visto anche che lo stato a volte lo utilizza per fini religiosi.

Soluzioni:
-rivedere la percentuale: minore di 8x1000
-aumentare tetto di deducibilità delle offerte volontarie che oggi è 1000euro
-puntare su altri sistemi come quello del 5x1000 dove c’è libero accesso, con tanti
enti anche diversi, sistema pluralistico, possono partecipare anche confessioni
senza intesa, anche se sistema pensato per finalità sociale e non religiose.
Sistema che al momento rimane fermo anche perché ad oggi rimane molto
vantaggioso per le confessioni che ne fanno parte.
LEZIONE 14 I MINISTRI DI CULTO
Prima definizione ci riferiamo a una qualifica civilistica: termine usato all’interno
del nostro ordinamento tuttavia questo termine non è utilizzato all’interno della
religione e in nessun ordinamento confessionale.
I ministri di culto sono i soggetti che hanno una potestà spirituale, di magistero o di
giurisdizione (potere di governo confessionale) sui fedeli in un dato ordinamento
confessionale. Terminologia fa eco a quella che utilizziamo nell’ordinamento
canonico, quindi quando parliamo di ministro di culto in questi termini non possiamo
non avere in mente ciò che accade all’interno dell’ordinamento della Chiesa
cattolica. Le medesime potestà, con differenze, sono presenti anche negli
ordinamenti delle altre confessioni religiose.
In ogni confessione religiosa ci sono alcuni fedeli che si distinguono dagli altri, che
hanno quindi un’appartenenza confessionale differenziata: ovvero non sono
semplici fedeli ma sono fedeli con qualche differenza, appartengono a quella
confessione religiosa ma hanno appunto un’appartenenza differenziata poiché
svolgono particolari funzioni. A tutti questi soggetti, che in ogni ordinamento
confessionale avranno diversi termini, parleremo di parroco, rabbino, imam, a tutti
questi soggetti il nostro ordinamento civile si riferisce quindi con il termine “ministri
di culto” che ha pertanto una qualifica civilistica.
L’appartenenza confessionale differenziata nasce nell’ordinamento confessionale;
qualifica civilistica perché poi lo Stato si occuperà di questi soggetti con una
qualifica generale e onnicomprensiva, cioè riferita a tutte le confessioni religiose, a
prescindere dalle specifiche nomenclature e specifiche funzioni e caratteristiche
che contraddistinguono i ministri di culto e i singoli ordinamenti confessionali.
114
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Quindi lo Stato utilizza una qualifica generale e onnicomprensiva, poi andando a


vedere all’interno di ogni singolo ordinamento religioso, questa qualifica
onnicomprensiva si dettaglia come una qualifica “in bianco” che si colora a seconda
dell’ordinamento confessionale in riferimento.
Quando parliamo di ministri di culto, termine utilizzato nell’ordinamento Pagina |
statale/civilistico, invece, quando parliamo di parroco, vescovo facciamo riferimento 115
a termini utilizzati dal diritto confessionale che vanno a riempire il contenuto di
quella qualifica onnicomprensiva statuale.
Perché lo Stato si occupa di questi soggetti?
Questa disciplina ha un’origine storica del periodo liberale: in questo periodo si
scelse di utilizzare questo termine per riferirsi in generale a tutte le categorie di
ministri di culto delle varie confessioni religiose poiché c’era un interesse dello
Stato a riferirsi appunto a questi soggetti. Interesse dello Stato collegato
all’esistenza di controlli nei confronti dei ministri di culto, controlli sulle nomine e
sull’operato, poiché da sempre i ministri di culto hanno anche svolto funzioni
socialmente utili, con rilievo nell’ordinamento dello Stato. Quindi è importante
individuare i ministri di culto perché le loro funzioni hanno un peso anche
nell’ordinamento dello Stato: ad esempio prestano assistenza spirituale, celebrano
matrimoni e serie di funzioni che sono rilevanti per lo Stato (contatto tra interessi
confessione religiosa e interessi dello Stato)
Tutt’ora ci occupiamo dei ministri di culto e ed è rilevante questa disciplina per
rispondere a interessi statuali, poiché alla qualifica di ministro di culto sono
connesse delle particolari conseguenze giuridiche nell’ordinamento italiano.
Oltre delle particolari conseguenze giuridiche, c’è anche un particolare trattamento
per questi soggetti che hanno determinati funzioni all’interno degli ordinamenti
confessionali.
Le particolari conseguenze giuridiche riguardano le funzioni che si svolgono e
particolari diritti e prerogative, che i ministri di culto acquistano nell’ordinamento
italiano.
È un interesse prettamente statuale quello di individuare i ministri di culto perché ad
essi appunto si ricollegano particolari conseguenze giuridiche: per questo abbiamo
una nomenclatura civilistica quella appunto onnicomprensiva di ministro di culto alla
quale poi possiamo fare riferimento con numerosi termini diversi all’interno di ogni
ordinamento confessionale.
Dall’altra parte abbiamo l’interesse dello Stato ad avere questa categoria
onnicomprensiva perché a tutti questi soggetti, quale che sia il loro nome e
funzione, lo Stato attribuisce particolari conseguenze giuridiche.
Per capire bene la materia dei ministri di culto bisogna fare un raccordo con gli
ordinamenti confessionali, raccordo che non sarà sempre facile poiché se per

115
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

alcune confessioni religiose conosciamo le regole di funzionamento, per altre


confessioni religiose può essere non così semplice poiché alcune confessioni
religiosi, in particolare quelle orientali che non hanno un’organizzazione gerarchica
e non hanno in maniera evidente di tali figure con diverse funzioni.
Quando ci occupiamo di questa disciplina dobbiamo tener conto le norme statali Pagina |
che vanno a dire quale sono le conseguenze nel fenomeno dei ministri di culto e 116
molto spesso dovremo prendere come presupposti anche delle norme di tipo
confessionali, norme interne alle confessioni religiose: molte volte ci capiterà di
sconfinare nella materia dei diritti confessionale per capire meglio chi sono questi
soggetti.
Perché è importante individuare i ministri di culto?
La figura dei ministri di culto ha un peso anche nell’ordinamento dello Stato, quindi
una volta che so e ho individuato il ministro di culto, so chi sono le figure che hanno
determinate responsabilità e determinati trattamenti specifici nell’ordinamento dello
Stato, per esempio: celebrazione di matrimoni, assistenza spirituale e altre
prerogative riservate loro dalla legge.
Esiste un trattamento speciale per i ministri di culto nell’ordinamento dello Stato,
trattamento speciale talvolta risente della normativa più risalente o del passato,
laddove ai ministri di culto era connesso un trattamento del tutto specifico, ad
esempio: esenzione servizio militare perché appunto si riteneva che potessero
svolgere solo determinate funzioni collegate alla loro particolare qualifica.
Ancora oggi ricevono un trattamento speciale basato su particolari diritti, di
incompatibilità con l’esercizio di alcune professioni e di alcune prerogative delle
funzioni da svolgere.
Come si individuano i ministri di culto?
Innanzitutto è importante delimitare l’insieme dei soggetti, basandoci su dei punti
fermi:
Il nostro ordinamento non accetta l’auto-qualificazione dei ministri di culto,
poiché garantisce a loro determinati diritti e prerogative, sarà interesse dello
Stato quello di verificare chi sono i ministri di culto. Se quella determinata
persona di determinata confessione religiosa è effettivamente un ministro di
culto, lo Stato quindi ha l’interesse di verificare di chi si tratta se sono ministri di
culto o meno.
Non c’è un automatismo delle nomine cioè tutti coloro che sono nominati
all’interno dell’ordinamento confessionale sono automaticamente riconosciuti
come ministri di culto: non sarà tutto automatico ma ci sarà un’effettiva verifica
da parte dello Stato.
(Questo no all’autoqualificazione/automatismo si può ricollegare al
riconoscimento di un’organizzazione come confessione religiosa, anche qui nel

116
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

momento in cui lo Stato va ad attribuire particolari diritti e prerogative alle


confessioni religiose, ha bisogno di capire se effettivamente quella realtà sociale
che si trova di fronte sia o meno una confessione religiosa.)
Anche per quanto riguarda i ministri di culto lo Stato non si limita a prendere per
buono la qualificazione della confessione religiosa ma va fare una verifica.
Pagina |
117
Lo Stato va a riconoscere una piena libertà alle confessioni religiose
nell’effettuare le nomine dei ministri di culto. Non siamo in un regime
giurisdizionalista ovvero in un regime nel quale lo Stato controlla ciò che avviene
all’interno delle confessioni religiose ma lo Stato garantisce l’autonomia
confessionale e distinzione degli ordini cioè libertà di organizzarsi al proprio
interno delle confessioni religiose senza ingerenze dello Stato allora le nomine
dei ministri di culto sono totalmente libere seguendo quindi le norme
confessionali che una confessione liberamente si dà.
In sostanza lo Stato non tiene buone tutte le nomine senza prima aver verificato
ma lascia libera la confessione religiosa di adoperare le nomine come meglio
crede, quindi in piena libertà.

In forza del principio di autonomia confessionale e della distinzione degli ordini ,


nel nostro ordinamento c’è un principio fondamentale: libertà delle nomine
confessionali. (principio ribadito anche all’interno delle norme pattizie che
si occupano dei ministri di culto)
Ogni confessione religiosa è libera di organizzarsi, nominare i propri ministri di
culto. Nella confessione religiosa viene attribuita un’appartenenza confessionale
differenziata e si sceglie quali sono i soggetti qualificati con poteri di
giurisdizione e di magistero.
Lo Stato non interferisce con la piena libertà, questo non avveniva nel passato
nel periodo liberale ove c’era un controllo nelle nomine di alcuni ministri di culto
soprattutto quelli che avevano le funzioni più importanti e le conseguenze più
importanti sul piano giuridico statuale.

Sempre ai sensi del principio della distinzione degli ordini, lo Stato non
riconosce direttamente tutte le nomine effettuate nell’ordinamento confessionale
ma attribuisce a queste nomine delle conseguenze giuridiche nell’ordinamento
statuale.
Quindi nell’ordinamento civilistico, la nomina non è presa quanto tale ma riceve
un riconoscimento e delle specifiche conseguenze giuridiche. È come se ci
fosse un presupposto confessionale (nomina) e a questo presupposto
confessionale si collegano nell’ordinamento civilistico delle conseguenze
giuridiche.

DALLA CERTIFICAZIONE ALLA VERIFICA DA PARTE DELLO STATO

117
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

L’atto confessionale di nomina che è libero, rappresenta un fatto che sussiste in


un ordinamento religioso, al quale poi vengono ricondotti particolari effetti
giuridici quindi il riconoscimento di conseguenze giuridiche nell’ordinamento
italiano.
Nel mezzo ci deve essere un sistema di collegamento tra i due ordinamenti che
Pagina |
consenta allo Stato di avere conoscenza di quello che è avvenuto
118
nell’ordinamento confessionale e di dare gli adeguati riconoscimenti e effetti
giuridici. Questo sistema di collegamento deve rispondere ai principi
fondamentali … quindi un sistema di collegamento che non consente
interferenze dello Stato nell’atto di nomina e sconfinamenti in campi
d’appartenenza non propri.

La materia dei ministri di culto l’abbiamo denominata res mixtae, cioè una
materia miste nella quale le competenze dello Stato e confessione religiosa
vengono in contatto e quindi c’è bisogno di un sistema di collegamento che nel
nostro ordinamento è individuato dalla normativa pattizia. Tale normativa è in
grado di effettuare questo collegamento senza violare i principi che dicevamo:
principi di autonomia confessionale, principio di distinzione degli ordini e di
laicità, quindi senza che uno dei due soggetti sconfini nell’ambito di competenza
dell’altro.

Un sistema di raccordo efficace nel nostro ordinamento, che vuole il rispetto di


quei principi fondamentali, serve a far transitare gli effetti giuridici dell’atto
confessionale di nomina nel nostro ordinamento giuridico.
Innanzitutto serve un atto di certificazione cioè una certificazione da parte di
una confessione religiosa che funge da comunicazione/collegamento
dall’ordinamento confessionale a quello dello Stato: comunicazione di chi sono i
ministri di culto all’interno dell’ordinamento confessionale, per poi ricondurre a
questo atto di nomina (presupposto che avviene nell’ordinamento religioso)
conseguenze giuridiche nell’ordinamento italiano.

Tuttavia non c’è solo una mera comunicazione da parte della confessione
religiosa allo Stato, altrimenti saremmo nel caso di una ricezione automatica di
quanto avviene nell’ordinamento confessionale, cosa che non accade sia per la
definizione di confessione religiosa sia per l’attribuzione di personalità giuridica
degli enti. In forza proprio del principio di laicità e di distinzione degli ordini, il
nostro ordinamento non recepisce automaticamente tutto ciò che avviene
nell’ordinamento confessionale, collega degli effetti giuridici a quel che avviene
nell’ordinamento confessionale ma opera una verifica e controlli prima di
attribuire delle conseguenze giuridiche all’atto avvenuto nell’ordinamento
confessionale.

118
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Quindi la certificazione funziona da collegamento e alla certificazione dobbiamo


aggiungere il passaggio della verifica da parte dello Stato su alcuni requisiti
relative alle nomine e allo status dei ministri di culto.

Nell’ordinamento confessionale avviene la nomina.


Pagina |
Lo Stato può richiedere ulteriori requisiti oltre alla mera certificazione? Lo Stato
119
opera una verifica, e in particolare attribuendo lo status civilistico ai ministri di
culto, vorrà controllare se tali soggetti si differenziano da altri, così da
giustificare il trattamento speciale ai ministri di culto. Lo Stato non può dare a
tutti i fedeli un trattamento speciale dei diritti peculiari ma ha bisogno di sapere
quali sono i fedeli qualificati e differenziati dalle loro funzioni.
La valutazione dello Stato deve sempre rispettare l’autonomia confessionale, la
distinzione degli ordini e laicità, quindi l’intervento dello Stato risponde ai propri
fini cioè quelli di riconoscere una funzione sociale dei ministri di culto
nell’ordinamento civilistico. Nel tempo stesso, oltre a perseguire i propri fini,
deve rispettare lo status dello confessioni e quindi occorre un sistema di
coordinamento tra i due ordinamenti.

Quanto è ampio il margine di valutazione dello Stato prima di attribuire il


riconoscimento di quel soggetto come ministro di culto?
Come abbiamo detto lo Stato non prendere in automatico per buona la nomina
avvenuta all’interno dell’ordinamento confessionale, opera una verifica.
Ma che cosa va a verificare? E quanto può andare a valutare e verificare di
questa certificazione?
Lo Stato a questo punto non deve violare i principi costituzionale fondamentali,
quelli dell’autonomia confessionale, distinzione degli ordini e laicità, quindi lo
Stato non può andare a sindacare più di tanto sugli aspetti confessionali,
sull’organizzazione confessionale della confessione religiosa.

Per valutare quanto è ampio il margine di valutazione dello Stato, bisogna


distinguere la normativa tra confessioni con intesa e confessioni senza intesa,
poiché il margine di valutazione è inversamente proporzionale all’esistenza di un
accordo.
 Confessioni con intesa: margine di valutazione mano ampio
 Confessioni senza intesa: margine di valutazione più ampio
Per le confessioni ove lo Stato ha già intrattenuto rapporti e ha riconosciuto
attraverso la normativa pattizia una libertà di organizzazione, esiste già un
giudizio di affidabilità verso tale confessione religiosa. Lo Stato quindi conosce
già le norme di organizzazione, poiché quella confessione aveva già avuto
rapporti bilaterali con lo Stato, e, lo Stato quasi rinuncia all’attività valutativa
delle certificazioni che arrivano da tale.

119
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Un margine di valutazione più ampio cioè una verifica più ampia si ha per le
confessioni senza intesa, perché il potere di accertamento riguarda anche il
funzionamento delle norme interne confessionali. Quindi si va ad accertare la
qualifica confessionale certificata dalla confessione religiosa senza intesa e le
norme statutarie: lo Stato può andare a verificare che la nomina sia stata svolta
Pagina |
seguendo le norme statutarie che sono dichiarate dalla confessione religiosa
120
stessa.
Si va quindi a verificare la corrispondenza tra qualifica confessionale e qualifica
civilistica del ministro di culto.
Le norme sull’individuazione dei ministri di culto
Norme di natura pattizia
 Accordo 1984 con la Chiesa Cattolica
 Intese con altre confessioni religiose
Prevedono un margine di valutazione statuale molto limitato, e , si opera quel
collegamento tra i due ordinamenti e consentendo che una semplice
comunicazione dia origine all’ordinamento statale a quella qualifica dei ministri di
culto. Riconoscimento civile delle nomine a determinate condizioni e con alcuni
limiti e oneri, ma non avremo una vera e propria valutazione e discrezionalità dello
Stato nei confronti di queste nomine. Basterà appunto questo strumento di
collegamento individuato dalla norma pattizia, che è strumento di raccordo tra lo
Stato e le confessioni.
Art. 3 Accordo del 1984 con la Chiesa Cattolica
Art. 3.2 prevede che la nomina dei titolari di uffici ecclesiastici è liberamente
effettuata dall’autorità ecclesiastica. Si ribadisce il principio di autorganizzazione,
distinzione degli ordini, libertà di organizzazione interna ivi compreso la libertà nella
nomina. Rispetto al passato non ci sono più placet governativi, quindi non ci sono
più ingerenze da parte dello Stato per le nomine ma c’è una piena autonomia della
Chiesa Cattolica nell’effettuare le nomine.
Per il riconoscimento della nomina agli effetti civili, l’autorità ecclesiastica dà
comunicazione alle competenti autorità civili della nomina degli Arcivescovi e
Vescovi diocesani, dei Coadiutori, degli Abati e Prelati con giurisdizione territoriale,
così come dei Parroci e dei titolari degli uffici ecclesiastici rilevanti per
l’ordinamento dello Stato.
Quindi c’è la piena libertà della nomina ma con un onere e un limite: onere ovvero
la comunicazione e un limite sancito nell’art. 3.3 la cittadinanza italiana dei
ministri di culto, che serve per esercitare particolari funzioni tipiche un esempio
celebrare il matrimonio con efficacia giuridica nell’ordinamento civile. L’art. 3.3
esclude da questo limite il titolare della diocesi di Roma cioè il Pontefice, che per la
sua particolare funzione e ruolo può non essere titolare, e , i cardinali.
120
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

La comunicazione (vedi sopra la funzione), le modalità della comunicazione sono


state stabilite nel 1995 da uno scambio di note tra lo Stato e la Santa sede; gli
scambi di note sono delle tipologie di atto bilaterale che servono per definire alcuni
dettagli già scritti nell’accordo ed è stato deciso che la nomina dei parroci deve
essere comunicata da parte del vescovo alla prefettura competente per territorio
Pagina |
(comunicazione a livello locale). Per quanto riguarda la nomina dei Vescovi che
121
sono nominati dal Pontefice, la comunicazione deve partire dalla Santa Sede ed è
fatta al Ministero degli Affari esteri, attraverso il nuntio apostolico in Italia. Il nuntio
apostolico è un diplomatico della Santa sede che ha il compito di occuparsi delle
nomine dei Vescovi, quindi dialogo tra la Santa sede e le Chiese locali, e di
occuparsi del rapporto con il governo civile quindi di comunicare in questo caso le
nomine dei Vescovi. Il destinatario finale di tutte queste comunicazioni è il Ministero
dell’Interno, che è il ministero competente per la materia degli affari dei culti e
presso tale Ministero avremo la raccolta delle comunicazioni inerente ai Ministri di
culto.
Art. 3 Legge sui culti ammessi per le confessioni senza intesa
Parla di un procedimento di approvazione ministeriale della nomina dei ministri di
culto, quindi siamo in un vero e proprio procedimento amministrativo di
approvazione. In questo caso avremo un margine di valutazione più ampio nel
quale lo Stato va a controllare e accertare determinate caratteristiche e istituti prima
di approvare quella nomina.
Le norme nelle intese
• Chiese rappresentate dalla Tavola valdese:
• legge n. 449 del 1984, artt. 2.2
• Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7º giorno:
• legge n. 516 del 1998, art-2 e 4
• Assemblee di Dio in Italia (Chiese pentecostali):
• legge n. 517 del 1998, art. 2.2 e 5
• Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI):
• legge n. 101 del 1989, art. 3
• Chiesa Cristiana Evangelica Battista d’Italia (UCEBI):
• legge n. 116 del 1995, art 2
• Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI):
• legge n. 520 del 1995, art 3.2 e 4
• Sacra arcidiocesi ortodossa d'Italia ed Esarcato per l'Europa Meridionale:
• Legge 30 luglio 2012, n. 126, artt. 2.2 e 3
• Chiesa di Gesu' Cristo dei Santi degli ultimi giorni (mormoni)
• Legge 3° luglio 2012, n. 127, artt. 3.2 e 4
• Chiesa apostolica in Italia:
• Legge 30 luglio 2012, n. 128, artt. 2.2 e 3
• Unione Unione Induista Italiana, Sanatana Dharma Samgha:
• Legge 31 dicembre 2012, n. 246, artt. 2.2 e 8
• Unione Buddhista Italiana (UBI):
• Legge 31 dicembre 2012, n. 245, artt. 2.2 e 8
121
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

• Soka Gakkai
• Legge 28 giugno 2016, n. 130, art. 4

I ministri di culto – i principi


Tutte le Intese stipulate ai sensi dell’art.8 della Cost. presentano una norma su ai
ministri di culto e la loro nomina, con una formulazione che si ripete in tutte le Pagina |
Intese fino ad oggi firmate. 122
È una formulazione che afferma che la Repubblica Italiana riconosce la libertà e
l’autonomia confessionale, libertà istituzionale e di organizzarsi delle
confessioni religiose ivi compreso per quanto riguarda la nomina dei ministri di
culto, inoltre si afferma un potere di certificazione delle confessioni religiose
ove lo Stato limita il suo potere di controllo e prende atto della libertà della
nomina confessionale rimettendosi alle certificazioni confessionali. Nelle Intese
sono anche presenti anche delle norme sui diritti dei ministri di culto, norme
presenti anche nell’accordo di Villa Madama con alcune differenze.

Il riconoscimento dell’autonomia e libertà delle confessioni religiose nella nomina


dei ministri di culto lo si ritrova anche nella riconosciuta libertà di denominare e
definire i propri ministri. In alcune Intese sono citate alcune figure che fanno
riferimento a termini confessionali e religiosi più vari, come nelle Intese
dell’assemblee Dio in Italia (ADI) si citano termini di ministri e diaconi, nell’Intesa
CELI e UCEBI si citano una pluralità di figure anche i laici che hanno funzione
ministeriali, nell’Intesa con i Mormoni (2012) e Avventisti si cita la figura del
missionario.
In questo caso c’è la necessità/opportunità dello strumento pattizio che aiuta a
definire al meglio questa materia e a collegare questi due ordinamenti secondo
reciproci interessi, quindi da una parte l’interesse della confessione religiosa di
nominare i propri ministri di culto, e dall’altra parte l’interesse dello Stato a
ricondurre a tutte queste figure una qualifica civilistica e determinate conseguenze
giuridiche.

Confessioni senza intesa


Non abbiamo la norma pattizia e non abbiamo un sistema di collegamento tra i due
ordinamenti. Ci troviamo in una condizione ove per lo Stato è importante capire chi
è il ministro di culto per quella determinata confessione religiosa, soprattutto nel
momento in cui deve ricondurre a questa figura particolari diritti o l’applicabilità di
alcune norme (assistenza spirituale o altre norme unilaterali).
Procedimento approvazione delle nomine – legge 1159/1929 art. 3
Lo Stato mantiene un potere di accertamento in ordine alla corrispondenza tra
qualifica confessionale e mansioni svolte.
L’art.3 afferma che ‘le nomine dei ministri di culto devono essere notificate al
Ministero dell’Interno per l’approvazione. Nessun effetto civile può essere
riconosciuto agli atti del proprio ministero compiuti da tali ministri di culto, se la loro
nomina non abbia ottenuto l’approvazione governativa’.
Tale procedimento d’approvazione delle nomine deve essere seguite quando voglio
che gli atti compiuti da un ministro di culto ottengano effetti civili particolari.

122
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Quindi se storicamente molte facoltà collegate alla libertà religiosa dipendevano


dall’approvazione di cui la legge sui culti ammessi, invece oggi non tutte le
questioni devono essere obbligatoriamente approvate da tale procedimento di
legge poiché ci possono essere ministri di culto che non ottengono l’approvazione o
perché non la vogliono ottenere e ugualmente sono liberi di agire nel nostro
ordinamento tuttavia il limite è di non mettere in atto atti che vogliano ottenere Pagina |
effetti civili. 123
L’esempio più chiaro è quello del matrimonio, se il ministro di culto vuole celebrare
un matrimonio che poi ottenga efficacia giuridica, deve essere un ministro di culto
con l’approvazione governativa altrimenti rimarrà un matrimonio senza efficacia
civile.

Non sempre è necessaria la strada dell’approvazione di cui all’art. 3 della Legge sui
culti ammessi, ma talvolta può capitare che un ministro di culto sia riconosciuto
come tale anche in un procedimento accidentale.
Ciò avviene anche per il riconoscimento delle confessioni religiose, non è
necessario che percorrano la strada del riconoscimento dell’ente esponenziale
poiché ci sono casi nei quali la confessione religiosa può essere qualificata come
tale, lo Stato riconosce che lì c’è una confessione religiosa in altri modi quindi per
esempio tramite un procedimento incidentale, dinanzi a un giudice in un momento
in cui bisogna applicare una norma rispetto ad un’altra nei confronti di un soggetto,
il giudice potrà affermare se sia o meno un ministro di culto andando a vedere le
norme statutarie dell’ordinamento confessionale.

Regio Decreto 28 febbraio 1930, n. 289 art. 20 – R.D. attuativo della legge sui
culti ammessi
Afferma come si svolge il procedimento dell’approvazione delle nomine dei ministri
di culto, di cui all’art. 3 della legge:
Domanda diretta al Ministero dell’interno dal ministro di culto interessato.
Domanda è presentata all’ufficio per gli affari di culto presso la prefettura, e
deve essere corredata dall’atto, in originale o in copia autentica di nomina, dei
documenti atti a provare che la nomina stessa è avvenuta secondo le norme
che regolano il culto cui il ministro appartiene.
Quindi la confessione deve produrre le norme statutarie per far si che lo Stato
controlli che si tratti di un ministro nominato secondo quelle norme, seguendo lo
statuto della confessione religiosa.

Nel caso di confessioni non conosciute dallo Stato, debbono essere fornite
insieme alla documentazione accennata anche notizie circa la confessione religiosa
stessa quindi sulla sua sussistenza. Dovrà fornire notizie inerenti ai suoi scopi, riti,
mezzi finanziari dei quali dispone, i nomi degli amministratori, l’autorità
ecclesiastica superiore da cui dipende. (riconoscimento incidentale della
confessione stessa attraverso l’approvazione del ministro di culto).
Se la confessione non ha personalità giuridica, o, nessun suo ente ha personalità
giuridica deve produrre una documentazione relativa alla confessione medesima.

123
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Il momento di approvazione del ministro di culto può essere anche un momento nel
quale il Governo entra in contatto con una confessione religiosa e verifica la sua
esistenza.

L’approvazione non è un atto necessario, è un atto necessario solo per


compiere atti con conseguenze giuridiche nell’ordinamento italiano. I ministri Pagina |
di culto senza intesa sono liberi di agire nell’ordinamento giuridico italiano e anche 124
di esercitare gli atti del proprio ministero, quindi possono svolgere le funzioni per i
quali sono nominati e possono svolgere tutti gli atti che sono all’interno della
confessione religiosa.
Sentenza Corte Costituzionale n. 59 1958 dichiara l’incostituzionalità di alcune
norme della legge 1159, sottolineando che la libertà religiosa si collega
strettamente una serie di atti dei ministri di culto ivi compresi l’apertura dei luoghi di
culto e che la mancanza dell’approvazione della nomina non può limitare la libertà
religiosa della confessione e dei fedeli.

R.D. 289/1930 conferisce alcune facoltà ai ministri di culto approvati ove


l’approvazione è necessaria:
 Possibilità di pubblicazione e affissione di atti riguardanti il governo spirituale dei
fedeli (art.3)
 Possibilità di eseguire collette all’interno e all’ingresso degli edifici destinati al
proprio culto (art. 4)
 Possibilità di celebrare matrimoni con gli stessi effetti dei matrimoni celebrati
davanti all’ufficiale dello stato civile (artt. 7 ss legge 1159/1929)
 Dispensa dalla chiamata alle armi (art. 7 R.D.)
 Possibilità di prestare l’assistenza religiosa ai militari acattolici (art. 8 R.D.)

Queste facoltà sono collegate all’approvazione della nomine dei ministri di culto, e
l’approvazione ministeriale è necessaria. Sono tutte facoltà con effetti giuridici
particolari nell’ordinamento italiano.

Approvazione non necessaria per godere dei contenuti ‘minimi’ e ‘generali’ del
diritto di libertà religiosa poiché universalmente garantiti dalla legislazione
unilaterale.
In particolare non serve approvazione di cui all’art. 3 l.1159:
 Per apertura luoghi di culto (C.Cost. n.59/1958)
 Per prestare assistenza spirituale, salvo il caso di forze armate in questo caso
serve un maggior inserimento del ministro di culto all’interno dell’ordinamento
giuridico italiano, una maggiore lealtà per fare il cappellano dell’esercito italiano.
Invece per prestare assistenza spirituale di altro genere nelle strutture pubbliche
non serve l’approvazione (arrt. 5 e 6 del R.D n. 289/1930)
 Per tutti gli altri diritti garantiti dalla legislazione unilaterale, laddove si parla di
prerogative peculiari dei ministri di culto non occorre l’approvazione ministeriale
ma queste norme si applicano universalmente a tutti i ministri di culto.

Status giuridico dei ministri di culto

124
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Hanno una particolare condizione giuridica di tutti i ministri di culto nell’ordinamento


civile, compresi quelli delle confessioni senza intesa che non hanno avuto
l’approvazione ministeriale.
La nomina confessionale è il presupposto di questo status giuridico.
Le conseguenze giuridiche le possiamo classificare in diversi tipi:
Pagina |
 Diritti e prerogative riservate ai ministri di culto 125
 Incompatibilità e ineleggibilità quindi obblighi legati alla figura del ministro di
culto. Quindi che cosa può o deve/non può o non deve fare tale figura. Le
incompatibilità e le ineleggibilità sono fissati normalmente dalla normativa
unilaterale dello Stato.
 Disciplina speciale nel diritto penale e processuale fissata sia dalla
normativa unilaterale sia da quella pattizia

I diritti e prerogative
 Esenzione dal servizio militare, è una norma ormai superata poiché il servizio
militare non è più obbligatorio. Tuttavia qualora fosse reintrodotta la leva
obbligatoria i ministri di culto sono esentati. È un diritto che viene ribadito anche
nelle intese non cattoliche, poiché è un diritto per tutti i ministri di culto.
 Trattamento previdenziale legge n.903/1973 possono aderire i ministri di culto
che fanno parte di confessioni religiose che stipulano una mini intesa con lo
Stato proprio per aderire a tale trattamento previdenziale. Quindi lo Stato
quando stipula una mini intesa circoscritta ad ottenere il trattamento
previdenziale dei ministri di culto riconosce che dietro al ministro di culto c’è una
confessione religiosa.
Ai ministri di culto quindi spetta un trattamento previdenziale specifico con
l’iscrizione a un fondo previdenziale, per il servizio da loro svolto nel nostro
ordinamento.
 Norme speciali circa il permesso di soggiorno per i ministri di culto che
provengono da Stati esteri. Essi possono entrare nel nostro Stato per funzioni
legate al loro ministero, senza particolari difficoltà. Quindi si possono ottenere
permessi di soggiorno appositamente per la figura del ministro di culto, quindi
non per ragioni lavorative.
 Altre prerogative che sono fissate nel dettaglio dalla normativa pattizia. Sono
prerogative che riguardano aspetti specifici delle confessioni religiose, quindi
devono essere specificati nel dettaglio tramite una normativa bilaterale.
Riguardano lo svolgimento di funzioni confessionali e relative conseguenze
civili, per esempio l’assistenza spirituale nelle strutture statali o la celebrazione
di un matrimonio con efficacia civile.
Il ministro di culto in alcuni casi, per esempio nella celebrazione di un
matrimonio, viene equiparato al pubblico ufficiale.

Obblighi e incompatibilità
Ci sono diverse norme unilaterali che prevedono per particolari professioni una lista
di incompatibilità. Un esempio può essere con la professione di avvocato o di

125
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

giudice di pace. Con il tempo incompatibilità previste in norme del passato sono
state abrogate.
Inoltre i ministri di culto sono ineleggibili per la carica di sindaco o di consigliere
comunale..
Pagina |
Queste norme sono motivate dal peso della figura del ministro di culto, soprattutto
126
nel passato poiché la figura del ministro di culto rivestiva per la popolazione un
certo peso. Quindi si riteneva che l’esercizio di particolari professioni e l’essere
eletti ad una particolare carica potesse far si che il ministro di culto influenzasse la
popolazione in modo ingiusto/squilibrato nei confronti di altre persone aderenti ad
altre confessioni religiose.
Disciplina speciale nel diritto penale e processuale
Diritto penale
Ci sono norme unilaterali (riguardano tutti i ministri di culto) nel codice penale che
vietano il reato di vilipendio contro i ministri di culto (art. 403 e 406 c.p.), e, sono
norme cd. sulla tutela penale del sentimento religioso.
Ci sono altre norme che parlano di aggravanti in caso di abuso di potere
nell’esercizio del proprio ministero.
Sono punite le condotte dei ministri di culto collegate ad attività elettorale.
Le condotte dei ministri di culto sono tutte punite dal codice penale a prescindere
da quale tipologia di ministro di culto abbiamo di fronte.

Diritto processuale
I ministri di culto godono di una disciplina peculiare in tema del segreto che
potrebbe essere equiparato, con le giuste distinzioni, al segreto professionale.
I ministri di culto hanno il diritto di astenersi dal deporre su fatti conosciuti
nell’esercizio del proprio ministero. Quindi mantengono il segreto su fatti che si
apprendono mentre esercitano le loro funzioni in senso ampio quindi in generale
l’esercizio del proprio ministero. Quindi tale norma volta a tutelare l’attività del
ministro di culto e spetta al ministro stesso astenersi o meno.
Tuttavia l’autorità giudiziaria può imporre di prestare testimonianza ove ritiene
che i fatti non sono stati appresi nell’esercizio del ministero, verificando quindi la
fondatezza della dichiarazione del ministro di culto.
Le norme ad astenersi sono presenti sia nella normativa unilaterale, quindi nel
codice di procedura penale e civile, sia nelle norme pattizie.

Le norme sul segreto dei ministri di culto sono presenti anche nelle norme pattizie,
in particolare nell’art. 4 nell’Accordo di Villa Madama e riproposto in termini simili in
alcune intese. La presenza delle medesime norme in norme pattizie offre una tutela
più rinforzata a questa tutela dei ministri di culto, per esempio nell’Accordo di Villa
Madama si riafferma che i ministri di culto possono astenersi dal deporre su fatti
conosciuti nell’esercizio del proprio ministero e offrendo così una tutela rinforzata di
questo diritto.
126
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Nel codice penale ritroviamo un’altra norma ma a tutela del fedele, art. 622 c.p
stabilisce che i ministri di culto possono essere incriminati se rivelano il segreto
senza giusta causa. Quindi i ministri di culto sono obbligati a non rivelare, senza
giusta causa, quanto conosciuto nell’esercizio del proprio ministero.
Pagina |
È a tutela del fedele, poiché egli nell’esercizio della sua libertà religiosa si affida al
127
ministro ed è ritenuto meritevole tanto che il ministro di culto non deve rivelare
quanto appreso se non per giusta causa. Per giusta causa si ritiene ad esempio il
diritto di terzi, se per esempio dal silenzio del ministro di culto potrebbe derivare un
danno ad altre persone, allora il ministro di culto può invocare la giusta causa.
Quindi la giusta causa deve essere collegata all’esistenza di un altro diritto, una
regione vera e propria quindi necessità di tutelare altri soggetti.

Per quanto riguarda le intese, non in tutte le intese ci sono le medesime norme: in
particolare sul segreto dei ministri di culto, solo alcune norme ripropongono la
disposizioni di cui all’art. 4 del Concordato con la Chiesa cattolica.
Le intese inoltre regolano in modo diverso alcuni temi, ad esempio alcune citano
espressamente l’esenzione dal servizio militare altre no, oppure alcune citano con
molti dettagli la materia della nomina dei ministri di culto altre invece affermano un
diritto più generale. Quindi bisogna fare riferimento alle singole intese e all’intreccio
tra norme pattizie e norme unilaterali.

LEZIONE 15 ASSISTENZA SPIRITUALE


È l’attività volta a soddisfare le esigenze religiose di chi si trova nelle strutture
obbliganti/segreganti quali ospedali, caserme, carceri ecc…è un’attività svolta dai
ministri di culto.
Sono luoghi in cui il soggetto non svolge in modo autonomo la propria libertà
religiosa intervento in positivo da parte dello Stato per garantire un diritto.
L’assistenza spirituale è un istituto volto a tutelare la libertà religiosa dei cittadini
in quanto in un contesto di stato sociale e quindi interventista.
Assistenza spirituale ieri e oggi
Non sempre però l’assistenza spirituale ha avuto questo fine: aveva un ruolo
strumentale  si voleva affermare la religione di stato nelle strutture pubbliche: per
esempio religione cattolica in Italia.
Inoltre, era visto come mezzo di rieducazione, controllo.
Si diffondevano ruoli religiosi in quelli civili, es forze armate, religione per creare
coesione e senso di appartenenza, le scuole (insegnati del clero).
Oggi queste caratteristiche sono venute meno, anche se la legislazione attuale
risente molto del passato.

127
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Prima l’assistenza spirituale veniva assicurata da norme unilaterali che


privilegiavano la chiesa cattolica e solo a fianco c’erano norme sui culti ammessi
(legge 1159 e decreto regio ’30 attuativo) che garantiva assistenza anche agli
acattolici.
Essendo principalmente norme unilaterali, dettate dallo Stato per favorire la Pagina |
religione di stato e affermarla nelle strutture pubbliche. La differenza di trattamento 128
era fondata su fattori numerici, perché chiesa cattolica era di maggioranza.
Oggi l’assistenza spirituale è volta a garantire la libertà religiosa ai sensi
dell’art 19 e 3.2 cost.
Le norme unilaterali sono ancora in vigore, quindi permane il favoreggiamento della
chiesa cattolica che non ha interesse nel modificarle (quindi conferma quadro di
favore). Vi è ancora la legislazione dei culti ammessi (quelli senza intesa) e le
norme delle intese stipulati ai sensi dell’art 8 cost che aggiunge qualche garanzia ai
culti con intesa.
Caratteri generali
Compresenza oggi di norme pattizie e norme unilaterali. Quelle unilaterali sono
spesso risalenti all’epoca precedente che stabiliscono i principi generali sul tema
dell’assistenza spirituale per i diversi settori. Le norme pattizie definiscono i dettagli:
-chi sono i soggetti che se ne occupano, cioè il ruolo dei ministri di culto
-come accedere alle strutture da parte dei ministri (libertà di accesso per i ministri
delle confessioni con intesa)
-oneri finanziari, se stato o confessione religiosa.
Per quanto riguarda le confessioni senza intesa, devono fare riferimento alla
legislazione unilaterale dettata per ogni settore (es, ospedali) e quella del
1929/1930 (legge culti ammessi + regio decreto attuativo).
Norme unilaterali
Per ciascun settore stabiliscono principi generali:
-diritto dei soggetti ad esercitare la libertà religiosa nelle strutture obbliganti
-possibilità di fruire dell’assistenza spirituale tramite ministri di culto
-trattamento giuridico degli assistenti spirituali (inquadramento, contratti,
remunerazione ecc)
diritto per tutti
MA per la chiesa cattolica visto trattamento di favore (es, cappellani stipendiati
dallo stato) non modificato dall’accordo 1984.
Organizzazione del servizio: doppio binario
128
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Differenza tra cattolici e non cattolici.


Cattolici: assistenza spirituale stabile sempre garantita assistenza, a volte con
luoghi di culto.
Il cappellano è inserito nel personale delle strutture pubbliche, codice ordinamento
Pagina |
militare, il cappellano militare fa parte del quadro militare con gradi ecc. oppure
129
ospedali o carceri sono assunti.
Non cattolici: essendo minori, il servizio è su richiesta. Non c’è quindi
inquadramento professionale stabile per assistenti spirituali, chiamati su regime
convenzionale.
Gli oneri del servizio
Chi paga? Le norme unilaterali stabiliscono che il costo è a carico dello Stato per
tutti, ma via via che sono state stipulate le intese, le confessioni religiose hanno
posto una deroga a questo regime finanziario stabilendo che sono le stesse
confessioni ad accollarsi il costo. Questo anche per differenziarsi dalla chiesa
cattolica dal punto di vista del sostegno finanziario da parte dello stato.
Eccezione: intesa con ebrei che non si pronuncia, quindi si fa riferimento a norme
unilaterali, cioè stipendiati dallo stato.
Benché la norma preveda finanziamento per tutti, si è creato anche qui un doppio
binario: cattolici si finanziamento statale, gli altri a carico delle confessioni religiose.
Norme pattizie
Accordo 1984 con la Chiesa cattolica- Art. 11
Art. 11.1 “La Repubblica italiana riafferma la previsione del servizio di assistenza
spirituale nelle forze armate, polizia, case di cura, ospedali e prevenzioni di
pena/prevenzione. Non ci può essere alcun impedimento e adempimento delle
partiche di culto dei cattolici. Si riafferma che l’esercizio è per concretizzare la
libertà religiosa, ribadire che è un servizio organizzato dallo stato.
Art. 11.2 “L’assistenza è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità
designati da autorità ecclesiastica e si rinvia a ulteriori intese che devono stabilire le
modalità del servizio
Le successive intese non sono state firmate se non per la polizia di stato e di
recente anche per l’esercito, mentre per gli altri settori (ospedali e case di cura,
istituti penitenziari) mancano di intese attuative.
L’accordo dell’84 è per principi, quindi poco concreto e che necessita e rinvia di
ulteriori indicazioni (bilateralità diffusa). Si è avuto però un grande sviluppo tra
autorità civili ed ecclesiastiche a livello regionale e locale, soprattutto per quanto
riguarda gli ospedali.

129
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Confessioni relgiose con intese


Per quanto riguarda le confessioni acattoliche i punti principali presenti in tutte le
intese:
- gli oneri finanziari dell’assistenza spirituale sono a carico delle confessioni
Pagina |
religiose
130
-libertà di accesso alle strutture ai ministri di culto senza limiti di orari (anche se
servizio non stabile)
-alcuni casi rinvio ulteriori intese con lo stadio (es, accordo di villa madama cioè
intesa ebraica)
-strutture considerate sempre 4: luoghi di cura/ospedali, istituti penitenziari, forze
amate, polizia.
Confessioni religiose senza intesa
Legge 1159/29 cita la materia di assistenza spirituale affermando che può essere
svolto nelle strutture dello stato.
Poi bisogna fare riferimento al regio decreto n.289/1930 dove si citano i luoghi di
cura/ritiro, istituti di prevenzione e pena e le forze armate.
Per quanto riguarda l’assistenza religiosa dei militari, la nomina del ministro deve
essere approvata ai sensi dell’art 3 della legge 1159/29, per tutti gli altri casi i
ministri di culto delle confessioni senza intesa non devono avere un’approvazione
ministeriale.
Assistenza spirituale negli istituti penitenziari
Il diritto di libertà religiosa è garantito anche nelle carceri ai sensi degli art 19 e 3.2
Cost + con la disposizione specifica legge 354/1975.
Art.26 l.354/1975 afferma che i detenuti hanno diritto di professare, istruirsi e
praticare il loro culto.
Art 26: assistenza spirituale da ritenersi uno de contenuti della libertà religiosa
degli internati. In particolare, si distingue tra il cappellano cattolico (uno per ogni
struttura) e per tutti gli altri che hanno diritto di ricevere su richiesta i ministri e
celebrarne i riti.  libertà religiosa per tutti, ma con diverse modalità. Sono tutti
diritti collegati al diritto di libertà religiosa e non un mezzo rieducativo con funzione
disciplinare come era la religione cattolica, che prima era usata come controllo sulla
vita dei detenuti.
Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati (2012): cita la libertà
religiosa come diritto da garantire nei penitenziari.
Legge 354/1975 è una legge unilaterale, risente del passato dividendo tra cattolici
e acattolici.
130
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Cattolici: assicurazione di un cappellano e pratica del culto.


Acattolici: su richiesta, non stabile  la libertà religiosa, con diritto di esporre nella
propria cella simboli religiosi e ricevere assistenza spirituale (art 58 del dpr
230/2000).
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Art 58 dpr 130/2000, regolamento attuativo della legge sull’ordinamento del
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penitenziario  libertà religiosa per tutti, ma rimane doppio binario.
Cattolici: servizio stabile, uno o più cappellani a seconda delle esigenze dell’istituto
+ richiesta di altri ministri di culto diversi dal cappellano. Prevede inoltre la messa a
disposizione di locali, spesso cappella o chiesa sempre presente nelle strutture
perché risente del passato. In concreto non è volta a tutti i culti (causa carenza di
spazi), si svolgono colloqui individuali, ma momenti collettivi rari per istruzione o
celebrazione.
Acattolici: su richiesta, si avvale dei ministri di culto indicati dalle confessioni i cui
rapporti siano regolati per legge (intese) o indicati dal ministero dell’interno.
Controllo accesso in base a rapporti politici, certificati, modalità.
Confessioni con intesa: nell’intesa si disciplina l’accesso e l’assistenza spirituale.
Quindi non è necessaria un’autorizzazione e senza limiti di orari. Indicazione dei
ministri avviene con una notifica al dap. (dipartimento amministrazione
penitenziaria, sotto ministero giustizia). I ministri di culto vengono designati da ogni
confessione e comunicati al ministero dell’interno e poi dal dap alle direzioni
provinciali e da qui alle singole strutture che possono attingere ai ministri di culto.
CONFESSIONI SENZA INTESA
I ministri sono indicati dal ministero dell’interno. Non c’è approvazione (presente
solo nelle forze armate). Non c’è un elenco di ministri di culto.
Procedura ingresso in carcere ministri senza intesa:
1)richiesta del detenuto o ministro di culto al direttore del carcere per ingresso.
2)direttore contatta l’ufficio centrale del dap che fa una istanza al ministero
dell’interno (in particolare ufficio per gli affari dei culti). Il direttore del carcere indica
chi potrebbe essere il ministro di culto che entrerebbe.
3)ministro istruisce istruttoria a livello locale per verificare delle caratteristiche
del ministro: casellario giudiziario, precedenti, rapporti con la giustizia, guarda profili
relativi alla ecclesiasticità (per controllare che sia effettivamente un ministro di
culto) e si verifica che sia collegato ad un ente collegato a finalità religiose e si
guarda lo statuto dell’ente. (procedura incidentale di ministro di culto e funziona
anche se il ministro non è collegato ad ente con personalità giuridica, basta
associazione di fatto, importante è lo statuto).

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4) istruttoria torna a livello centrale al ministero dell’interno e da un parere al


dap sull’accesso del singolo ministro di culto. Se non ha problematiche ma non è
un ministro di culto (no ente con finalità religiose o non ministro di culto), allora il
ministero della giustizia non può autorizzare l’ingresso ai sensi dell’art 58 ma può
autorizzare l’ingresso secondo un’altra norma l’art 17 ord penitenziario, che
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prevede l’ingresso di altre persone che vogliono svolgere attività di
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risocializzazione.
5) autorizzazione attraverso un’altra norma o parere al dap sull’accesso e il
direttore con sua discrezionalità autorizza l’ingresso o meno.
Difficoltà particolari per quanto riguarda l’islam perché non è facile riconoscere in
una persona che esercita il ruolo di imam anche il senso stretto del ruolo di ministro
di culto. Non ci sono dei veri e propri ministri di culto ma guidano la preghiera.
Difficoltà nel far coincidere le caratteristiche. Inoltre, le associazioni musulmane
non hanno sempre finalità di culto e si bypassa la procedura attraverso altre
modalità,
Il richiedente che aspetta tutto l’iter è tenuto ad aspettare molto tempo.
Indicazione sui singoli nominativi data dal ministero della giustizia con parere del
ministero dell’interno. (diverso da approvazione). Ottengono parere favorevole
anche coloro che non sono stati approvati dal ministero dell’interno ai sensi della
legge ‘29 ’30. Si ha parere favorevole sul singolo nominativo essendo culto senza
intesa.
Accesso al carcere ex art 17 OP
Modalità di accesso per le persone che vogliono prestare assistenza dal pdv
spirituale.
È citato dal dpr 230/2000
Art 17 354/1975  sono ammessi tutti coloro che hanno concreto interesse per
l’opera di risocializzazione dei detenuti e possono promuovere lo sviluppo dei
contatti tra società carceraria e società libera. Possono entrare con il parere
favorevole del direttore del carcere e del magistrato di sorveglianza (iter più snello,
solo singolo istituto). Sono persone che hanno progetti per i detenuti e lo sviluppo
dei loro contatti con la società esterna al carcere.
Problemi per le confessioni senza intesa.
CASO 1 Quando i ministri di culto sono indicati dal ministero dell’interno, oltre alla
lunghezza dell’iter, altri problemi sono:
-non sempre il detenuto conosce i propri diritti e delle procedure da seguire. Ci
sono spesso pregiudizi nei confronti delle religioni, a volte non viene nemmeno
dichiarata, quindi difficile fare richiesta. Inoltre all’interno delle carceri non ci si pone
il problema della religiosità.
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-non sempre il ministero rilascia il nullaosta, si inizia la procedura e non si


conclude.
Discrezionalità del direttore del carcere: dopo tutto l’iter a volte il direttore valutando
la situazione del detenuto ecc non ammette l’ingresso al ministro di culto.
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CASO 2 Ingressi ex art 17 legge
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Possono entrare soggetti pubblici, privati, associazioni e singoli anche senza
qualifica di culto (più agevole) quando hanno progetto volto alla socializzazione dei
detenuti.
-Se attraverso questa procedura entrano anche ministri di culto, bisogna chiedersi:
il detenuto può fare riferimento a questa procedura per ottenere assistenza
spirituale? È corretto far passare anche esigenze religiose anche se pensata per
altri motivi?
-problema di accesso da regolare di volta in volta: non c’è stabilità tra istituto
penitenziario e ministro di culto. Progetto temporaneo. Mancanza di certezza e
chiaretta nell’esercizio dei propri diritti.
-problema discrezionalità: scelta del direttore sull’ingresso o meno.
diritto di libertà religiosa modulato anche in base a cosa accade in ogni singolo
istituto.
problema controllo nominativi: circolari ministeri della giustizia, in caso in cui si
approvi l’accesso allora controllo nominativi per evitare influenze negative
(problema imam per ambiguità del ruolo).
Il caso islam
L’imam non è assimilabile alla figura del ministro di culto come si intende nelle altre
figure di ministri di culto.
L’imam originariamente è solo la figura che guida la preghiera, non hanno un ruolo
necessariamente un ruolo di guida di comunità o insegnamento. Occorre qualcuno
che nel caso della preghiera comunitaria (la più importante è il venerdi a
mezzogiorno) guidi per far si che sia valida e segua i gesti e le parole. Imam deriva
dalla radice “stare davanti”.
Poi in contesti di immigrazione ha assunto anche il ruolo di guida alla comunità,
guida associazioni, pronuncia del sermone, quindi anche di guida e indirizzo
comunità musulmana ma normalmente non è assimilabile ad un ministro di culto.
Difficolta di accesso 1) mancata qualifica come ministri di culto 2) mancato
collegamento con associazioni che abbiano finalità di culto (spesso hanno scopo
culturali, non religiose) quindi da parte del ministero c’è difficoltà a configurare la
persona come ministro di culto musulmano. 3) pdv sociologico: rapporti tra detenuti
e comunità esterna, vergogna, fatica a chiedere aiuto, esclusi perché hanno

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commesso reati. 4)difficoltà dal pdv normativo perché per esigenze di sicurezza i
nominativi degli imam devono essere comunicati anche quando accessi sono
dall’art 17 (quindi non per forza ministri di culto). Sicurezza nazionale e
internazionale per evitare influenze da parte di organizzazioni esterne terroristiche.
Conseguenze di controlli più stringenti: tra i detenuti si autoproclami un imam e Pagina |
diventa più difficile da controllare. 134

Si fa riferimento allora anche a figure diverse professionali come i mediatori


culturali, che però rimangono diversi dai ministri di culto.
Protocollo DAP/UCOII 2015
Per cercare di superare alcune delle criticità, tra il DAP (dipartimento
amministrazione penitenziaria) e l’UCOII (unione comunità islamiche italiane) una
delle più grandi rappresentanze. Nel 2015 ha firmato un protocollo d’intesa che
inizialmente era sperimentale, poi proseguita, per favorire l’ingresso dei ministri di
culto nei carceri attraverso l’art 17, classificandoli come mediatori/ministri di culto,
senza delineare i ruoli. In questo modo si vuole favorire la compilazione delle liste
delle persone che possono entrare in base ai penitenziari che hanno aderito al
progetto. Per ora limitato ad alcune realtà circoscritte.
Volto anche a fare formazione nei confronti dei volontari soprattutto con lo scopo di
contrastare fenomeni di radicalizzazione. Per fornire una assistenza spirituale
aperta verso la società. Radicalizzazione soprattutto di chi incontra la religione in
carcere e che quindi ne vede come unica via di fuga. Sono stati accreditati dal
ministero dell’interno 22 imam, 72 mediatori e 14 assistenti volontari.
Alcuni problemi di carattere generale
In riferimento dell’assistenza spirituale possiamo vedere
-disparità cattolici/acattolici e tra loro intesa o non intesa
-difficoltà nell’individuare ministri di culto per alcune confessioni (islam)
-difficoltà nel regolare accessi, due leggi, difficoltà di sicurezza (radicalizzazione o
imam autoproclamati)
-protocollo UCOII, è sperimentale, solo per alcuni istituti, firmato con una sola
organizzazione (diversi islam, diverse organizzazioni) scelta per numero e
rappresentatività.
ASSISTENZA SPRITUALE NEI LUOGHI DI CURA
Legislazione in generale unilaterale.
Legge 132/1968 (legge ospedaliera) prevede assistenza spirituale (art 19 cost) con
doppio binario.
Cattolici: stabile e cappellani organico dell’ospedale.
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Non cattolici: richiesta del paziente, contratti di volta in volta stipulati con lo stato.
Costi del servizio sono tutti a carico dello stato, ma le confessioni acattoliche
preferiscono pagare da se.
Lg 833/1978 (legge istitutiva del SSN) cerca di superare il doppio binario non
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facendo riferimenti a differenze tra acattolici e cattolici, parla di libertà religiosa per
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tutti nel rispetto della libera coscienza del cittadino.
Nella pratica però le differenze rimangono
Art 38 lg 833/1978 le ASL provvede a stipulare delle intese e accordi con tutte le
confessioni religiose, ordinari diocesani (vescovi) e con tutti gli altri culti.
Anche accordo villa madama e intese parlando di intese successive che
dovrebbero definire i dettagli circa l’organico, le modalità ecc per realizzare
l’assistenza spirituale. Tra lo stato e la chiesa e altre confessioni non è stato firmato
nulla per quanto riguarda l’assistenza sanitaria. È stata firmata solo quella con la
chiesa cattolica per la polizia di stato. Non ci sono ulteriori accordi eppure la
legislazione rinvia a questi per attuare il servizio.
Chiesa cattolica
Modalità stabilite d’intesa (art 11 accordo)
Altre intese solo con la polizia di stato, MANCA intesa ttuativa per gli ospedali.
Confessioni con intesa
Ribadiscono libertà di accesso alle strutture obbliganti per i ministri di culto o altri
soggetti incaricati.
Tema della comunicazione paziente-struttura-confessione religiosa (per far fronte
alle richieste di ricevere assistenza)
In alcuni casi rinvio ad ulteriori intese (es, intesa ebraica)
Peculiarità: oneri finanziari a carico delle confessioni religiose (eccezione intesa
ebraica).
Sviluppo normativo a livello regionale e locale
A livello regionale ci sono avuti ulteriori accordi. Regionali perché tutela della salute
è materia concorrente con regioni (riforma titolo V 2001). La regionalizzazione della
sanità inizia già negli anni ’90 con le riforme del SSN che ha posto molte
competenze sanitarie nelle regioni. Ci sono stati vari accordi di vario tipo che
specificano il dettaglio di assistenza spirituale. ampio sviluppo.
Soggetti della contrattazione- cattolici
Sottolineare una discrasia tra legge 833/68 che parla di intese con ordinari
diocesani competenti per territorio e quello che si è sviluppato a livello regionale. In
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base quest’ultimo approccio i soggetti competenti non sono più solo gli ordinari
diocesani. Poiché la chiesa cattolica è strutturata in modo molto capillare e
gerarchico che ricalca un po’ l’amministrazione dello stato: es diocesi e poi altri
organismi regionali che riuniscono i vescovi della stessa regione. Questo ha
facilitato il colloqui con lo stato perché per ogni regione c’è una conferenza
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episcopale regionale di riferimento. Inoltre nel diritto canonico le decisioni delle
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conferenze episcopali sono valide per le singole diocesi. La contrattazione in merito
all’assistenza spirituale si è sviluppata non tanto come vorrebbe la legge del ‘78
con ordinari diocesani (vescovi) ma a livello di regioni in base alle competenze
attribuite all’art 117 cost.
Soggetti della contrattazione-acattolici
La legge del ‘78 ci indica “autorità religiose competenti per territorio” che però non
sono facilmente individuabili perché organizzate in modo meno capillare nel
territorio.
Ci sono molti casi di dialogo, contrattazione, intese a livello locale di comune o
singola struttura sanitaria. In alcune strutture anche più confessioni, sia per
assistenza spirituale, sia per altre esigenze come i pasti, i luoghi di culto ecc… si
bypassa l’autorità indicata nella legge per concretizzare e favorire delle modalità
più spontanee.
Tra queste intese interessante è che ci siano più confessioni che stipulano insieme
per implementare libertà religiosa.
Temi delle intese locali:
-individuazione assistenti spirituali
-soggetti destinatari del servizio (pazienti, ma anche familiari)
-alcuni diritti da assicurare ai pazienti (es, cibo)
Esempi intese regionali-cattolici
Deliberazione della giunta regionale 24 novembre 2009, n 3583 (leggi da slide 39
per testo norma)
Esempi intese regionali-acattolcii
Accordo 11 marzo 2009 regione Lombardia e comunità ebraica di Milano per il
servizio di assistenza religiosa nelle strutture sanitarie di ricovero e cura lombarde.
Protocollo di intesa 26 gennaio 2005 n 33 azienda ospedaliera careggi e
comunità islamica di firenze “umanizzazione del percorso clinico. Approvazione del
protocollo d’intesa con la comunità islamica per l’assistenza religiosa di pazienti di
AOUC”
(link accordi slide 40)

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Esempi protocolli plurilaterali (slide 41)


Protocollo intesa del 4 giugno 2012 azienda ospedaliera san camillo forlanini di
Roma e rapprenetanti delle religioni acattoliche (link)
Protocollo di intesa 26 giugno 2014 tra provincia di prato e azienda USL 4 di Prato
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e rappresentanti comunità religiose, associazioni e filosofie di vita. (link)
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Alcuni aspetti di novità.
Ai protocolli aderiscono anche associazioni ateistiche filosofiche perché sono stati
pensati per garantire luoghi per il culto, la meditazione, la riflessione che hanno
portato alle cosiddette stanze del silenzio (privi di riferimenti) o dei culti (con tutti i
riferimenti). Nelle stanze del silenzio in teoria non si possono svolgere attività per il
culto collettivo, ma più per preghiera silenziosa e individuale, anche perché
indirizzate anche per atei. Realtà interessanti perché sono modalità per rispondere
alla mancanza di spazi e alcune difficoltà in ordine alla pratica religiosa.
Alcuni punti problematici
Assistenza spirituale nell’ambito sanitario nasce e si sviluppa nelle norme
unilaterali, ma poi nella disciplina pattizia perché la legge del 78 prevede intese per
la concretizzazione e tutte le intese stipulate in base all’art 8 fanno riferimento a
disciplina pattizia. Rimane il problema per confessioni senza intesa perché
nonostante la norma unilaterale le tuteli non si riesce a concretizzare il pieno diritto
e rimangono in regime diverso dalle altre. Lo schema previsto dalla legge sul ssn è
difficilmente applicabile alle acattoliche perché non è facile trovare riferimenti
regionali.
Gli accordi si sono sviluppati in maniera cospicua a livello regionale/locale che
rispondono meglio alle esigenze ma il rischio è la tutela non omogenea, in base alle
strutture o zone in cui vengono fatte convenzioni.
Problema disomogeneità anche per carceri, discrezionalità per gli ingressi può
squilibrare.
Esiste veramente l’uguaglianza in questo contesto?
LEZIONE 16 IL MATRIMONIO RELIGIOSO CON EFFETTI CIVILI
Tema molto classico per il diritto ecclesiastico, che vede una materia tipicamente
mista ove nella quale ci sono interessi delle confessioni religiose e interessi dello
Stato hanno un incontro e un ruolo fondamentale, ed è una materia disciplinata
prettamente da norme pattizie.
Prima del 1865, anno di approvazione del codice civile in epoca liberale, era
rilevante solo il matrimonio canonico quindi era la Chiesa cattolica che teneva i
registri dello stato civile. Solo che il matrimonio celebrato in Chiesa dinanzi a un
ministro di culto cattolico aveva una rilevanza anche civile e le conseguenze erano

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che per i non cattolici c’era un’incapacità matrimoniale e una mancanza di


riconoscimento di effetti civili di matrimoni celebrati non davanti alla Chiesa
cattolica e quindi c’erano delle conseguenze anche in materia di filiazione e
successione.
Dopo il 1865, anno in cui si promulga il codice civile in epoca liberale – siamo in un Pagina |
contesto post-unitario, il Codice civile prevedeva il matrimonio civile come solo e 138
unico matrimonio valido e efficace per l’ordinamento italiano. Il matrimonio civile era
l’unico matrimonio idonea a costituire una famiglia legittima con conseguenze
giuridiche per l’ordinamento.
Abbiamo uno status d’uguaglianza tra tutti i cittadini, tutti potevano accedere a un
matrimonio civilmente valido e tutti godevano delle conseguenze.
Il matrimonio canonico è lecito ma non ha valore civile, dal punto di vista della
prassi si faceva seguire un matrimonio all’altro quindi si celebrava il matrimonio
civile e successivamente quello in Chiesa per gli effetti canonistici (celebrati lo
stesso giorno).

Dopo il 1929, con il Concordato si introducono gli effetti civili di un matrimonio


secondo la Chiesa cattolica. Abbiamo una pluralità di forme di celebrazione
matrimoniale, i soggetti erano liberi di scegliere di concludere un:
 Matrimonio concordatario con effetti civili con l’art. 34 Concordato 1929
 Matrimonio degli acattolici di fronte a un ministro di culto approvato ai sensi
legge n.1159 del 1929
 Matrimonio civile ai sensi del codice civile

Dopo il 1984, con la riforma del Concordato e il nuovo accordo del 1984, continua
ad esistere il matrimonio concordatario celebrato dinanzi a un ministro di culto
cattolico e ottiene effetti civili ai senti dell’art. 8 dell’Accordo di Villa Madama.
È presente il matrimonio secondo la legge dei culti ammessi e il matrimonio civile, a
questi modelli si aggiunge il matrimonio nelle Intese. È un matrimonio secondo i
vari riti e modalità previste dalle Intese con le confessioni non cattoliche.
Uniche confessioni religiose che non hanno inserito nell’Intesa norme sul
matrimonio con effetti civili sono il buddismo.
Il codice civile fa riferimento anche a questi matrimoni religiosi con effetti civili agli
artt. 82-83:
Art. 82 c.c. Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico.
Art. 83 c.c. Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato.
C’è una pluralità di modelli e un riconoscimento importante di una libertà
matrimoniale, una libertà di tutti i cittadini di contrarre o non matrimonio e di
scegliere una delle forme di celebrazione previste dall’ordinamento.

Il matrimonio concordatario

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Matrimonio celebrato secondo la Chiesa cattolica, quindi con rito religioso cattolico,
e poi assume ai sensi del Concordato effetti civili – ad oggi con l’Accordo di Villa
Madama.
Il matrimonio nell’Accordo con la Chiesa cattolica rappresenta il modello per gli altri
matrimoni religiosi con effetti civili – disciplinati via via da altri Intese di altre
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confessioni religiose.
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Il matrimonio nei Patti del 1929


Il matrimonio concordatario tra il 1929 e 1984 vede alcuni importanti cambiamenti;
nel 1929 art. 34 del Concordato prevedeva che lo Stato riconoscesse il matrimonio
celebrato religiosamente, in particolare si parla di sacramento del matrimonio
disciplinato dalla Chiesa cattolica rinunciando a qualsiasi controllo su di esso.
Quello che era valido nell’ordinamento canonico, era valido anche nell’ordinamento
italiano. C’è una quasi completa uniformità dello status matrimoniale nei due
ordinamenti, il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio canonico era
automatico poiché si aveva la trascrizione.
Quando il parroco aveva celebrato il matrimonio religioso, trasmetteva una copia
all’ufficiale di stato civile al Comune e veniva trascritto il matrimonio in maniera
automatico, senza che lo Stato operasse particolari controlli. La trascrizione
avveniva sempre di ufficio, e, talvolta anche per impulso del parroco stesso senza
impulso delle parti, senza che fosse necessaria l’iniziativa delle parti interessate –
quindi era un transito automatico da un ordinamento all’altro dell’atto del
matrimonio con i relativi effetti civili.

La disciplina del matrimonio segue il diritto canonico con gli stessi effetti
nell’ordinamento civile. Il negozio matrimoniale contratto nell’ordinamento canonico
era valido anche nell’ordinamento civile, assoluto parallelismo dello status
matrimoniale tra ordinamento canonico e civile.
Anche per gli impedimenti c’era un completo parallelismo tra i due ordinamenti, se
un impedimento civile e un impedimento religioso non corrispondevano (lo Stato
riconosce non valido un matrimonio celebrato in presenza di un soggetto
minorenne – che invece per l’ordinamento canonistico non dà adito a un
impedimento).
Per il regime del 1929 questa non corrispondenza degli impedimenti, non era
rilevante quindi si teneva per buono tutto ciò che accadeva nell’ordinamento
canonico ivi compresa la rilevanza degli impedimenti.
Il matrimonio celebrato in Chiesa veniva preso per buono così com’era – quando
poteva essere impugnata la trascrizione?
La trascrizione poteva essere impugnata solo in pochi casi previsti dall’art. 12 della
legge matrimoniale n.847 del 1929. Tale legge disciplinava nel dettaglio la materia
matrimoniale dopo il Concordato del 1929.

La trascrizione poteva essere impugnata:

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 Interdizione per infermità di mente di uno dei due o entrambi le parti.


 Precedente vincolo cioè uno dei due o entrambi risultava già sposato agli
effetti civili
In questi limitatissimi casi poteva essere impugnata la trascrizione anche se con
matrimonio valido per l’ordinamento canonico, non sarebbe stato valido per
Pagina |
l’ordinamento civile. 140
In tutti gli altri casi, che non riguardavano tali casi, il matrimonio poteva essere
lecitamente trascritto nell’ordinamento civile così com’era lo status matrimoniale dal
diritto canonico a quello civile.

La trascrizione era promossa d’ufficio – tutto ciò che avveniva nell’ordinamento


canonico poteva essere valido in quello civile, promuovendo la trascrizione anche
da parte di terzi, non necessariamente con impulso delle parti.

Lo Stato rinunciava completamente a giurisdizione della nullità, poiché la


nullità era di competenza esclusivamente dei tribunali ecclesiastici ai sensi dell’art.
34.4 del Concordato.

Principi che guidano la revisione del Concordato nel 1984


L’art. 8 Accordo di Villa Madama si occupa della materia del matrimonio
concordatario, matrimonio religioso con effetti civili.
Si seguono 3 principi:
1) Disciplina degli impedimenti – la mancanza di corrispondenza tra gli
impedimenti nell’ordinamento canonico e civile non poteva più continuare a dare
luogo a trascrizioni effettuate in presenza di impedimenti, che per lo Stato erano
da considerare importanti.
Il principio che guida l’Accordo di Villa Madama è: se tra due soggetti non può
essere concluso un matrimonio valido per la legge civile, lo Stato non riconosce
neanche il matrimonio contratto secondo il diritto canonico.
Per esempio nel caso dell’impedimento dell’età (impedimento inderogabile) –
art. 8 afferma che la Santa Sede prende atto che la trascrizione non potrà avere
luogo:
 Quando gli sposi non rispondano ai requisiti della legge civile circa l’età
richiesta per la celebrazione;
 Quando sussiste fra gli sposi un impedimento che la legge civile considera
inderogabile.
Matrimonio contratto secondo diritto canonico però in presenza di un
impedimento circa l’età, non potrà essere trascritto nell’ordinamento civile –
perché appunto l’ordinamento civile considera tale impedimento importante per
non poter dar luogo a un valido matrimonio.
Tali principi sono da tutelare per un interesse di tipo pubblicistico, che il
matrimonio è un qualcosa che interessa lo Stato e non lo si può contrarre
quando si è minori di età, o stessa considerazione vale tra i parenti.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

2) Volontà delle parti – la trascrizione avviene su richiesta dei due contraenti sia
che si svolga in maniera tempestiva sia in un tempo successivo (trascrizione
tardiva) – come afferma l’Accordo di Villa Madama art.8 la trascrizione può
essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti. Nella
Pagina |
trascrizione sarà la volontà delle parti a affermare di sposarsi con matrimonio
141
canonico e che poi vogliano attribuire effetti civili – quindi gli sposi possono
decidere anche solo di sposarsi tramite un matrimonio di coscienza.
Inoltre il rilievo della volontà delle parti anche per quanto riguarda il
riconoscimento agli effetti civili delle sentenze di nullità del matrimonio.
Quindi se volessimo riconoscere effetti civili alla celebrazione di matrimonio e
sentenza di nullità occorre sempre una volontà delle parti interessate, quindi non
può essere promosso da un terzo.

3) Giudizio di delibazione – lo Stato non rinuncia più alla giurisdizione del


matrimonio concordatario ma afferma che devono sussistere delle condizioni
precise per il riconoscimento delle sentenze di nullità. Si stabilisce una
particolare procedura cioè il giudizio di delibazione della sentenza canonica che
voglia ottenere un’efficacia civile. Attraverso una dichiarazione di efficacia della
sentenza pronunciata nell’ordinamento canonico.
Non c’è più un passaggio diretto della sentenza canonica nell’ordinamento
civile, occorre quindi un’operazione che assicura una verifica.

Il procedimento di oggi del matrimonio concordatario


Si compone di 3 fasi – procedimento attraverso il quale si celebra un matrimonio
religioso per avere effetti civili, non tutti i matrimoni religiosi li ottengono.
Per far assumere l’efficacia civile, occorre seguire questo procedimento:
1) Pubblicazione
2) Celebrazione
3) Trascrizione
In tutte queste fasi si dà rilievo alla volontà delle parti, talvolta espressa oppure ci
sono meccanismi di presunzione della volontà – comportamenti tenuti dai nubendi
che dimostrano la comune volontà di dare efficacia civile al matrimonio religioso.

Nel momento della pubblicazione, i nubendi esprimono la volontà di celebrare un


matrimonio religioso con efficacia civile – si presume la volontà attraverso un loro
comportamento commissivo.

1) Pubblicazione matrimoniale – va richiesta all’ufficiale di stato civile e si fa nella


casa comunale di residenza dei nubendi e ha la finalità di dare pubblicità al
matrimonio. Annuncio di matrimonio – serve a evitare celebrazione in presenza
di impedimenti e in caso soggetti di affermare delle opposizioni al matrimonio
cioè far rilevare un impedimento (esempio precedente vincolo).

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

La richiesta viene fatta all’ufficiale di stato civile da i due nubendi o un terzo con
incarico, o al parroco. Il parroco concorre nella richiesta delle pubblicazione,
poiché si vuole già creare un primo contatto con i due ordinamenti,
collegamento tra il regime delle pubblicazioni canonistico e civile.
L’avviso di matrimonio tramite la pubblicazione deve rimanere affisso per
Pagina |
almeno 8 giorni comprensive di 2 domeniche e le pubblicazioni restano valide
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per 180 giorni – termine per il quale si deve celebrare il matrimonio altrimenti
bisognerà ripeterle.
Trascorsi 3 giorni dalla pubblicazione, l’ufficiale dello stato civile può rilasciare
un nulla osta quando non riceve nessuna opposizione per impedimenti – nulla
osta è un certificato che dichiara l’inesistenza di impedimenti per la celebrazione
del matrimonio e dà una garanzia ai nubendi che una volta celebrato il
matrimonio si potrà procedere alla trascrizione (ultima fase del matrimonio).

Nulla osta garanzia per i nubendi perché vede trascritto il matrimonio. Viene
rilasciato in tutti i casi in cui non esista un impedimento inderogabile – in
presenza di impedimento si sospenderà il rilascio di nulla osta.
Che cosa se l’impedimento è successivo al rilascio del nulla osta?
La trascrizione avviene comunque, l’ufficiale dello Stato civile dovrà comunicare
al procuratore della Repubblica per eventuale impugnazione della della
trascrizione viziata – si dovrà andare a verificare l’effettiva presenza
dell’impedimento.
In tutti gli altri casi, il rilascio del nulla osta dà il diritto a veder trascritto il
matrimonio salvo impedimento inderogabile.

Disciplina degli impedimenti


Principi seguiti dall’Accordo del 1984 è stato quello di rendere maggiormente
conforme la disciplina del matrimonio concordatario dal punto di vista della
presenza di impedimenti.
Il principio generale è che se non può sussistere un valido matrimonio civile per
eventuale impedimento, non si potrà trascrivere un matrimonio religiosamente
celebrato.
L’art. 8 Accordo 1984 afferma che la Santa Sede ne prende atto, non ci
potranno essere effetti civili di un matrimonio religioso quando:
 Gli sposi non rispondano ai requisiti della legge civile circa l’età richiesta
 Quando sussiste fra gli sposi un impedimento che la legge civile considera
inderogabile – per impedimento inderogabile si intendono:
o Interdizione per infermità di mente
o La sussistenza tra gli sposi di un altro vincolo matrimoniale con reali effetti
civili
o Impedimenti derivanti da delitto o affinità in linea retta
Quando uno di questi impedimenti inderogabili fosse rilevato al momento della
pubblicazione, l’ufficiale di stato civile non rilascia il nulla osta.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Nel regime del 1929 questa corrispondenza non c’era, poiché c’erano pochissime
ipotesi tassative di intrascrivibilità specificate dalla legge matrimoniale. In
particolare si parlava del precedente vincolo anche di una delle due parti e
dell’interdizione per infermità mentale.
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Le questioni relative all’Accordo del 1984, se l’elenco citato precedentemente
individui nuovamente un elenco tassativo. In realtà, la dottrina afferma che il
Protocollo è esplicativo, quindi porta a un rinvio aperto.
Altre questioni si pongono in caso di trascrizione tardiva – l’art. 8 dell’Accordo
afferma che la trascrizione può avvenire quando non può essere più proposta
l’azione di nullità in base alla legge civile.
In caso invece di impedimenti derogabili? Per la dottrina maggioritaria, gli
impedimenti derogabili possono dare luogo al nulla osta perché essendo
impedimenti che ammettono una deroga si può procedere al procedimento.

2) Celebrazione – si svolge all’interno della norma religiosa. Il ministro di culto


agisce come pubblico ufficiale e deve redigere il duplice originale l’atto di
matrimonio, perché una copia rimarrà negli archivi della parrocchia e l’altra
copia sarà inviata all’ufficiale di stato civile per la trascrizione.
Il momento di raccordo tra ordinamento confessionale e civile viene sottolineato
dalla lettura degli artt del Codice Civile riguardanti il matrimonio – il parroco o
ministro di culto è tenuto a leggere al termine della celebrazione.

3) Trascrizione – è il momento che serve a dare efficacia civile al matrimonio


religioso. Quindi il matrimonio assume efficacia civile – la trascrizione si svolge
secondo diverse modalità, quella più comunemente utilizzata è la ‘trascrizione
tempestiva’ quella che si svolge nei tempi previsti dalla normativa concordataria.
Tale trascrizione si svolge entro 5 gg. dalla celebrazione del matrimonio, termine
entro il quale il parroco deve trasmettere all’ufficiale uno degli atti – l’ufficiale
sarà poi tenuto a trascrive nei registri entro le seguenti 24 ore. La trascrizione è
un atto costitutivo degli effetti civili del matrimonio, costituisce l’esistenza del
matrimonio in sede civile. L’efficacia civile del matrimonio invece sarà al
momento della celebrazione quindi non al momento della trascrizione. La
volontà comune non viene accertata esplicitamente da un atto ma risulta da un
sistema di presunzione di volontà.
Trascrizione tardiva – ipotesi per matrimonio concordatario. Tale trascrizione
avviene oltre i termini previsti. Ci sono condizioni da rispettare:
- Richiesta da entrambe le parti o una con il consenso dell’altra – per accertare
una volontà comune e sia attuale, infatti la trascrizione tardiva non viene
ammessa post mortem.
- Entrambi gli sposi, prima di richiedere la trascrizione tardiva, abbiano
conservato lo stato libero dal punto di vista civile.

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Non sarà con pregiudizio di terzi, quindi tutto ciò che sarà accaduto nel tempo
intercorso celebrazione-trascrizione non deve avere effetti sui diritti acquisiti da
terzi.
Prima di trascrivere vengono svolti gli stessi accertamenti relativi al momento
della pubblicazione, quindi presenza o meno di impedimenti.
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Art. 8 Accordo di Villa Madama afferma che la trascrizione è tuttavia ammessa
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quando l’azione di nullità non potrebbe più essere proposta.
(esempio matrimonio minori di età), secondo nuove norme del 1984 non
sarebbe trascrivibile perché celebrato in presenza di un impedimento
inderogabile. Matrimonio successivamente trascritto con la trascrizione tardiva.
L’azione di nullità non può più essere proposta dopo 1 anno sia per l’età che
interdizione.
I due minori che si sposano, non possono trascrivere ma trascorso 1 anno dal
raggiungimento della maggiore età e non si può proporre l’azione di nullità nei
confronti del matrimonio potranno trascrivere tardivamente.
Lo stesso vale per l’interdizione per infermità mentale – procedimento di
trascrizione sospesa per istanza di interdizione. Se interdizione revocata o no
pronunciata, trascorso 1 anno di coabitazione tra i coniugi, non si può proporre
l’azione di nullità e si richiede la trascrizione tardiva.

Trascrizione ritardata – trascrizione di celebrazione non preceduta da


pubblicazioni (art.13 l.847/1929). Si ha per necessario accertamento che non
esistano cause ostative a celebrazione, in questi casi l’ufficiale affigge un avviso
di avvenuta celebrazione e in caso di mancanza di opposizione può trascrivere.
La dottrina parla di trascrizione ritardata anche quando ci si trovi nell’ambito di
validità dei 180 gg. che seguono la pubblicazione matrimoniale, e, per qualche
motivo la trascrizione non è avvenuta entro i 5 gg. + 24 ore, un mero ritardo del
parroco o ufficiale.

Matrimonio in base alla 1159/1929 (art.7)


• Regime residuale per le confessioni senza intesa
• Fasi: simili a quelle dei matrimoni religiosi con effetti civili (pubblicazioni,
richiesta all’ufficiale di stato civile, nulla osta, trascrizione entro 5 giorni + 1)
MA…
• Necessario un ministro di culto approvato (ex art. 3 L. 1159/1929)
• Nella fase delle pubblicazioni, occorre un’autorizzazione da parte dell’ufficiale di
stato civile (nella quale si dà conto della approvazione nomina ministro di culto)
• Il matrimonio segue la normativa del codice civile per tutti gli aspetti
(impedimenti, cause di nullità…)
• Segue le norme confessionali solo per la celebrazione.
Diversità di modelli matrimoniali
Aspetti in comune
• Libertà di dare o non dare effetti civili
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• Matrimonio solo religioso: ammesso dallo Stato


• Non è richiesta appartenenza religiosa da parte dello Stato (verificata, semmai,
dalla confessione)
• Ministri di culto: ha sempre funzione di pubblico ufficiale (o meglio: «incaricato
di pubblico servizio») e deve avere cittadinanza italiana; per le confessioni
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senza intesa, deve essere ministro approvato
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• Le tre fasi della procedura sono grossomodo sempre le stesse
• Matrimonio religioso con effetti civili ma alcuni elementi sono comunque
disciplinati dal diritto dello Stato: regime patrimoniale, filiazione, status dei
coniugi…
• Diritto dello Stato interviene anche nella cessazione degli effetti civili del
matrimonio (es. divorzio

LEZIONE 16BIS LA DELIBAZIONE


Vari provvedimenti che il matrimonio concordatario può subire dal punto di vista
della giurisdizione. Quindi chi giudica la validità del matrimonio o in tal caso della
nullità, ci sono diversi casi nei quali il matrimonio può essere considerato
nullo/invalido.
Ci sono i casi dell’impugnazione della trascrizione – riguardano una trascrizione
effettuata in presenza di un impedimento che magari emerge successivamente, in
questi casi è competente il giudice civile. Gli impedimenti eventualmente vanno fatti
rilevare di fronte al pubblico ufficiale, se questo non accade prima del rilascio del
nulla host occorrerà impugnare la trascrizione come trascrizione invalida.
Nullità del matrimonio – può essere pronunciata sia in ambito canonistico dal
giudice ecclesiastico, sia in ambito civile ove ci sono dei termini molto stringenti per
dichiarare la nullità del matrimonio per qualche vizio o impedimento, tali termini non
vanno oltre un anno dalla celebrazione.
Cessazione degli effetti civili L. 898/1970 sul divorzio – il divorzio non va a
pronunciarsi sulla invalidità del matrimonio ma pronuncia la cessazione degli effetti
civili di un matrimonio sorto come valido.
In ambito civile, il giudice civile può pronunciarsi sia sull’impugnazione della
trascrizione (invalidità della trascrizione) sia sull’invalidità del matrimonio ma solo
all’interno di termini piuttosto stringenti oppure può pronunciare una sentenza di
divorzio.
Deliberazione (dare efficacia giuridica) delle sentenze ecclesiastiche di nullità
- possibilità, che esiste per la Chiesa cattolica non per le altre confessioni religiose.
Tale sentenza viene pronunciata nell’ordinamento canonico, e poi su questa nullità
pronunciata da un giudice ecclesiastico si pronuncerà a sua volta il giudice civile
per decidere se dichiarare l’efficacia civile della sentenza ecclesiastica, quindi
delibarla nell’ordinamento italiano oppure no. La peculiarità di questo procedimento
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

è che la nullità del matrimonio in ambito canonico può essere fatta rivelare in
qualsiasi momento, quindi non ci sono i termini stringenti che invece valgono in
sede civile. Quindi in ambito canonico in ogni momento posso andare a far rivelare
la nullità del matrimonio, questo perché gli ordinamenti confessionali sono ‘bizzarri’
per scopi e principi, e, in questo caso lo scopo è di andare a verificare la verità dei
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fatti e cosa c’era nella coscienza degli sposi: quindi se nel momento della
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celebrazione del matrimonio hanno contratto matrimonio con la dovuta libertà e il
consenso espresso in modo pieno e libero oppure in maniera viziata.
Da ricordare che l’ordinamento canonico non prevede forme di cessazione degli
effetti del matrimonio (divorzio), perché il matrimonio cattolico è un matrimonio
dissolubile ma si va sempre a risalire al momento dell’espressione del consenso.
Consenso pieno e libero anche durante la vita matrimoniale e gli sposi possono
sempre andare dinanzi a un giudice ecclesiastico per fa rivelare la nullità del
matrimonio risalendo al momento in cui ho prestato il consenso, e, in qualunque
momento posso decidere se dare efficacia civile a quella sentenza ecclesiastica
che ha stabilito la nullità del matrimonio: doppio passaggio – giudice ecclesiastico e
successivamente giudice civile che può o non può delibare la sentenza
ecclesiastica nell’ordinamento italiano.
Riconoscimento sentenze canoniche nel 1929
Nel 1929 la giurisdizione sulla nullità del matrimonio affermava esplicitamente che
fosse riservata alla competenza dei tribunali ecclesiastici (giurisdizione esclusiva
della Chiesa).
Quindi tutte le cause di matrimonio (nullità, matrimonio rato non consumato ove il
diritto canonico ammette che in caso di giusta causa si può avere una dispensa
pontificia che dichiara sciolto il matrimonio – provvedimento di grazie da parte del
Pontefice.) si diceva che fossero riservate alla competenza dei tribunali
ecclesiastici, senza che il giudice italiano avesse alcuna competenza nel
pronunciarsi della validità del matrimonio. Inoltre il riconoscimento degli effetti civili,
delle sentenze di tutti i provvedimenti che riguardavano la nullità del matrimonio, si
aveva attraverso un procedimento automatico di fronte la Corte d’Appello
competente per territorio: il tribunale ecclesiastico trasmetteva gli atti alla Corte
d’Appello, la quale con un’ordinanza emessa in Camera di Consiglio recepiva e
rendeva esecutive le sentenze. Quindi operava solo un controllo formale, gli effetti
civili della nullità venivano riconosciuti in automatico sia per le sentenze sia per i
provvedimenti canonici di dispese super rato. (quest’ultime non sono sentenze e
non prevedono l’intervento delle parti, del contradditorio e tutela giurisdizionale).
Le parti non potevano opporsi all’efficacia civile delle sentenze canoniche che
venivano trasmesse automaticamente nell’ordinamento italiano. La costituzionalità
del sistema del 29 non era stata posta in discussione fino agli anni 70-80 quando si
avrà la revisione del Concordato del 1929 con l’Accordo di Villa Madama 1984:
sistema che prevedeva un passaggio in automatico di quello che avveniva
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

nell’ordinamento canonico e quindi riconosceva particolari diritti alla Chiesa


cattolica.
Giurisprudenza anni 70-80
La Corte d’Appello si pronuncia su posizioni soggettive cioè pronuncia
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provvedimenti che incidono sullo status delle persone e che quindi che hanno
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natura di sentenze. Di conseguenza prevedono un contradditorio e sono
assimilabili a un procedimento giurisdizionale per il quale è ammissibile il ricorso in
Cassazione.
Le Corti d’Appello svolgono, anche se non formalmente, una vera e propria attività
giurisdizionale che deve verificare la garanzia dei diritti soggettivi, in particolare
quello di agire e resistere in giudizio.
Successivamente si sollevano questioni di incostituzionalità del sistema, con il
rispetto di alcuni principi fondamentali del nostro sistema e in particolare di principi
supremi perché si sta operando un controllo su situazioni disciplinate da norme
concordatarie.
Il principio pattizio afferma che con l’interpretazione dell’art. 7: le norme
concordatarie possono essere sottoposte a controllo di costituzionalità
relativamente ai principi supremi e non a qualunque principio costituzionale.
Tra i principi supremi ne ritroviamo due fondamentali:
 Tutela giurisdizionale dei diritti
 Tutela dell’ordine pubblico
Le sentenze degli anni 70, riguardo al problema di costituzionalità del sistema di
delibazione delle sentenze ecclesiastiche, afferma che tale sistema sia poco
coerente con i principi supremi poiché il sistema del 29 vede una dichiarazione in
automatico di efficacia dall’ordinamento ecclesiastico a quello civile, senza un vero
e proprio procedimento giurisdizionale disciplinato correttamente dal nostro
ordinamento e senza che si vada a verificare che nelle sentenze ecclesiastiche sia
stato assicurato la tutela dei diritti delle parti e dell’ordine pubblico  quindi il
nostro giudice dovrebbe andare a verificare questi dati e che siano stati garantiti e
non violati i principi supremi. Questi controlli non venivano fatti poiché si parlava di
un procedimento automatico, tuttavia dagli anni 70 furono evocati dalle sentenze
che sollevavano più di una questione relativa alla costituzionalità del sistema del
29.
Corte Costituzionale sentenza n. 18/1982
Pone alcuni punti fermi inerenti a questa tematica che successivamente verranno
recepiti dall’Accordo di Villa Madama del 1984 che va a modificare il Concordato
del 1929.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

La Corte Costituzionale sollevò la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34


del Concordato del 29 che riguardava il matrimonio concordatario e le dichiarazione
di efficacia delle sentenze di nullità.
La Corte Costituzionale afferma che la riserva di giurisdizione ecclesiastica (giudice
ecclesiastico unico competente a valutate la nullità di matrimonio) è ammissibile Pagina |
perché è coerente con gli impegni concordatari dello Stato che considera l’atto di 148
matrimonio come sorto validamente nell’ordinamento canonico, quindi è tale
ordinamento a giudicare sulla sua validità.
Inoltre la giurisdizione ecclesiastica è del tutto peculiare ma nelle controversie
canoniche, prima che la sentenza possa essere dichiarata valida anche
nell’ordinamento italiano, occorre ci sia un giudice e un giudizio con la verifica di un
nucleo minimo di garanzie giurisdizionali offerte alle parti nell’ordinamento
canonico. Il nucleo minimo è la condizione sine qua non per poter poi dare efficacia
a quella sentenza canonistica nell’ordinamento italiano.
Quindi per la Corte Costituzionale ci deve essere una minima garanzia che deve
sussistere nell’ordinamento canonico prima che la sentenza possa essere
riconosciuta efficace agli effetti civili nel nostro ordinamento. A tal proposito si
afferma che non sono da riconoscere nell’ordinamento italiano le dispense per il
matrimonio rato e non consumato perché non sono sentenze e non prevedono un
giudice e un giudizio, sono dispense e sono provvedimenti di grazia quindi non le si
riconoscono nell’ordinamento italiano perché non hanno nemmeno quel minimo di
garanzia dal punto di vista giurisdizionale.
L’art. 34 della legge esecutiva del Concordato è incostituzionale in alcune sue parti:
 Non prevede che la Corte d’Appello possa verificare che nel procedimento
canonico sia stato assicurato il diritto delle parti di agire e difendersi in
giudizio. In base al principio della tutela giurisdizionale dei diritti l’art. 34
può essere dichiarato incostituzionale in questa determinata parte laddove non
prevede che la Corte d’Appello possa fare i dovuti controlli rispetto alla tutela
giurisdizionale. Quindi la Corte d’Appello dovrebbe andare a verificare che nel
giudizio canonico sia stato garantito almeno il diritto delle parti di agire e
difendersi in giudizio.
 Non prevede che la Corte d’Appello possa controllare il rispetto dell’ordine
pubblico nelle disposizioni delle sentenze canoniche di nullità. L’ordine
pubblico italiano, in questo senso, viene inteso come quell’insieme di regole
fondamentali che sono poste dalla Costituzione quindi alla base
dell’ordinamento giuridico italiano. Se le sentenze canonico non rispettano
questo limite invalicabile di valori, la Corte d’Appello non dovrebbe dare loro
ingresso all’ordinamento italiano e dovrebbe andare a controllare il rispetto
dell’ordine pubblico da parte delle disposizioni delle sentenze canoniche.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Il fatto che il Concordato nell’art. 34 non prevedesse il controllo dell’ordine


pubblico, fa affermare alla Corte Costituzionale 1982 che in questo punto
particolare l’art. 34 è incostituzionale.

Da questo punto di vista le sentenze canoniche sono assimilabili a sentenze


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straniere poiché anche quest’ultime sentenze nel nostro ordinamento possono
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essere dichiarate efficaci ma sempre con un vaglio da parte del giudice italiano,
vaglio che riguarda i due principi supremi: principio tutela giurisdizionale dei
diritti e il principio supremo dell’ordine pubblico.
Quindi una sentenza straniera può essere dichiarata efficace nell’ordinamento
italiano se ha previsto nel procedimento giurisdizionale straniero il rispetto della
tutela giurisdzionale dei diritti delle parti e non potrà mai essere dichiarata
efficace nell’ordinamento italiano se è una sentenza che viola il principio
dell’ordine pubblico, quindi sentenza che si pone in contrasto con quei valori
fondamentali del nostro ordinamento.
Principio di cui si è tenuto conto nella revisione del Concordato – Accordo
Villa Madama 1984
La scelta di dare efficacia civile al matrimonio religioso e alle sentenze relative alla
nullità è un atto di scelta dei soggetti. Quindi occorre un impulso delle parti, non si
parlerà più di procedimenti automatici, ma occorre sottolineare la volontà delle
parti.
Altri principi ispiratori della nuova disciplina dell’Accordo 1984 relativamente alle
sentenze di nullità ecclesiastica sono:
 Principio di distinzione degli ordini che afferma, sia per il matrimonio sia per
la nullità, che non c’è automatismo nei riconoscimenti poiché occorre tener
distinti i due ordinamenti (ecclesiastico-italiano). Quindi non è vero che tutto ciò
che accade nell’ordinamento canonico deve essere riconosciuto
nell’ordinamento statale, ma occorre un vero e proprio procedimento, un
controllo da parte dello Stato prima di dare efficacia civile a quello che avviene
nell’ordinamento religioso.
 In particolare si controlla la tutela dell’ordine pubblico, lo Stato si riprende una
parte della sua sovranità sul matrimonio e si riserva un controllo.
Con il Concordato del 1984, lo Stato non si è più di tanto concentro sulla
giurisdizione esclusiva ecclesiastica ma si è ripreso una parte della sua
sovranità e si riserva un controllo sulle sentenze di nullità ecclesiastica.
Controllo definito come delibazione.
 Principio supremo della tutela giurisdizionale dei diritti quindi i principi
relativi al giusto processo e alla tutela dei diritti delle parti in un procedimento
davanti a un giudice.
 Superamento della giurisdizione ecclesiastica esclusiva poiché appunto
anche il giudice italiano può pronunciarsi sulla nullità del matrimonio.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Accordo Villa Madama 1984 – Art. 8.2


Introduzione di un vero e proprio procedimento giurisdizionale che viene nominato
appunto delibazione delle sentenze di nullità.
“Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici,
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che siano munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di
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controllo, sono, su domanda delle parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella
Repubblica italiana con sentenza della Corte d’Appello competente, quando questa
accerti […]”
Si tratta di un procedimento giurisdizionale con sentenza della Corte d’Appello
competente, quindi il procedimento dinanzi alla Corte non si conclude più con
un’ordinanza ma con una sentenza.
Tale procedimento si avvia con l’azione delle parti (una delle due o entrambe) se
sono entrambe ad avviare il procedimento si tratterà di ricorso, se è una soltanto
delle due si tratta di un atto di citazione.

I requisiti per avviare il procedimento di delibazione delle sentenze di nullità:


 Provvedimento giurisdizionale anche nel provvedimento canonico, quindi
l’accordo all’art. 8 parla di sentenze di nullità pronunciate dai tribunali
ecclesiastici. Deve trattarsi di una sentenza che ha per oggetto un matrimonio
contratto in base all’art. 8 quindi un matrimonio concordatario, deve trattarsi
quindi di sentenze e non si riconoscerà più appunto le dispense per il
matrimonio rato e non consumato.
 Decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo cioè del
Tribunale segnatura apostolica. Questo decreto di esecutività serve ad
assicurare al giudice italiano che la sentenza è giunta ad un livello
sufficiente di certezza.
Si parla di decreto di esecutività perché nell’ordinamento canonico le sentenze
non passano in giudicato perché sempre e comunque si potrà risollevare il
procedimento dinanzi a un giudice facendo rivelare fatti nuovi.
Quindi nell’ordinamento canonico le sentenze non passano in giudicato, poiché
l’ordinamento canonico è sempre alla ricerca della verità dei fatti anche qualora
fossero stati pronunciati determinati provvedimenti sullo status delle persone e
con una doppia

sentenza conforme, quindi potranno sempre essere sollevati di fronte al giudice


il procedimento.

Per la delibazione nell’ordinamento italiano il giudice ha bisogno di un


determinato grado di certezza del giudicato canonico e quindi si richiede il
decreto di esecutività del Tribunale della segnatura apostolica, tale decreto è il

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

risultato di una doppia sentenza conforme quindi un doppio grado di giudizio


nell’ordinamento canonico deve essere confermata la nullità del matrimonio.
La riforma del 2015, inerente al procedimento della nullità canonica
nell’ordinamento canonico, ha abolito nell’ordinamento canonico l’obbligo di
avere una doppia conforme quindi si può avere una sentenza di nullità
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matrimoniale ma per procedere dal punto di vista della delibazione (civile)
151
ancora occorre la doppia conforme e il decreto di esecutività.

“[…] quando questa accerti


a) Che il giudice ecclesiastico fosse il giudice competente della causa in
quanto matrimonio celebrato in conformità del presente articolo art. 8 del
Concordato.
b) Che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle
parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai
principi fondamentali dell’ordinamento italiano.
Si deve andare a controllare che nel procedimento ecclesiastico sia stato
assicurato il diritto di agire e difendersi in giudizio in modo non difforme dai
principi fondamentali dell’ordinamento italiano.
Che cosa significa? Come si assicura tale diritto nell’ordinamento canonico?
Ci sono delle differenze di come tale diritto viene assicurato per questo il nostro
legislatore pattizio ha specificato che il diritto di agire e resistere in giudizio deve
essere garantito nell’ordinamento canonico in modo difforme da alcuni principi
fondamentali dell’ordinamento italiano.

L’aspetto fondamentale da ricordarsi è che siamo dinanzi a due ordinamenti


diversi anche dal punto di vista processuale.
Il diritto processuale canonico ha le sue regole che sono diverse dal diritto
processuale civile, per questo ci deve essere un raccordo quindi è necessario
che le norme pattizie specifichino punti in modo che questi due ordinamenti
siano in contatto e rispettando il principio della distinzione degli ordini.
Secondo la giurisprudenza alcuni elementi fondamentali non possono mancare
nel processo canonico, pena la non riconoscibilità di una sentenza ecclesiastica
di nullità matrimoniale.
Per questo ci sono alcuni elementi fondamentali che non possono mancare nel
processo canonico per poter delibare una sentenza:
 Atto introduttivo portato a conoscenza del convenuto
 Parti regolamentate costituite o che ci sia stata una dichiarazione da parte di
una delle due
 Garanzia (almeno minima) del contradditorio durante il processo

Sono garanzie minime, un nucleo essenziale dell’ordine pubblico processuale;


con questo termine identifichiamo l’argine fondamentale oltre il quale non si può
andare.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Queste garanzie esistono anche nel diritto processuale canonico ma con forme
diverse rispetto a quello civile.
Per esempio la domanda dell’attore, che deve essere portata a conoscenza del
convenuto, può essere anche modificata in corso del processo se emergono
fatti particolari.
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Oppure le prove testimoniali, nel diritto processuale canonico, talvolta sono
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segrete oppure c’è la facoltà di non prendere visione degli atti da una delle parti.
Sono tutte caratteristiche che distinguono i due diritti processuali e che
normalmente non possono essere ritenuti contrari all’ordine pubblico
processuale italiano perché appunto non vanno a toccare quel nucleo
essenziale del rispetto del diritto delle parti di agire e difendersi in giudizio.
Quindi questo diritto delle parti di agire e difendersi in giudizio deve essere
garantito nel suo nucleo essenziale.

La sentenza Pellegrini della CEDU ha avuto per oggetto la delibazione di


sentenza di nullità nella quale è stato ritenuto che l’art 6 della CEDU, relativo al
giusto processo, sia stato violato proprio da una sentenza di nullità. In questa
sentenza della CEDU si è interpretato il rispetto del giusto processo in un modo
più stringente rispetto a quello che fanno i giudici italiani.
La CEDU non deve rispettare il Concordato, ed è andata a pronunciarsi su il
rispetto delle garanzie processuali da parte dell’ordinamento canonico nel
momento in cui il giudice italiano accerta quelle condizioni, secondo la CEDU
deve andare a fare una verifica più stringente su il rispetto del diritto
processuale appunto da parte dell’ordinamento canonistico.
Quindi la CEDU si è andata a pronunciare sulla sentenza di delibazione la quale
deve essere più stringente ma normalmente si va a vedere che il diritto di agire
e difendersi in giudizio sia stato assicurato in maniera non difforme dai principi
fondamentali dell’ordinamento italiano.
Si va a vedere che il principio della tutela giurisdizionale sia stato rispetto nel
suo nucleo essenziale, quindi non sarebbe necessaria una verifica su tutte le
caratteristiche del diritto processuale ma solo su alcuni elementi. Per esempio il
diritto del contradditorio viene talvolta viene considerato o meno dalla
giurisprudenza, appunto perché non fa parte di quel nucleo essenziale.

c) Che ricorrono le condizioni richieste dalla legislazione italiana per la


dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere.
Le sentenze ecclesiastiche di nullità vengono considerate come delle sentenze
straniere, quindi sentenze di un altro ordinamento che vengono dichiarate
efficaci nell’ordinamento italiano.
Le condizioni di efficacia delle sentenze straniere erano indicate da alcuni
articoli di procedura civile che oggi sono stati abrogati e tuttavia vengono ancora
ritenute valide queste condizioni in forza della legislazione pattizia che richiama
questi articoli. Siccome la legislazione pattizia non può essere modificata

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

successivamente, salvo accordo tra le parti, si considera che questi due articoli
siano ancora validi per il matrimonio concordatario.
Le condizioni di efficacia delle sentenze straniere citati dagli artt. 796- 797
c.p.c sono:
1. Competenza del giudice
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2. Garanzie processuali
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3. Sentenza straniera deve essere passata in giudicato.
4. Non deve essere una sentenza contraria ad un’altra sentenza pronunciata in
ordinamento italiano e passata in giudicato, perché altrimenti andrebbe a
contraddire un giudicato già formato nel nostro ordinamento.
5. Non deve esistere un processo pendente su stesso oggetto e stesse parti
nell’ordinamento italiano, sempre per una certezza del diritto.
6. Rispetto ordine pubblico interno – nucleo essenziale che non può essere
contraddetto dalla sentenza straniera.

Sulla vigenza degli artt. 796-797 c.p.c si pone una questione inerente alla riforma
del diritto internazionale privato.
La legge 218 del 95 ha abolito il procedimento di delibazione per le sentenze
straniere, affermando che la sentenza straniera è riconosciuta nell’ordinamento
italiano senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.
A tal proposito gli artt. 796-796 c.p.c che stabilivano le condizioni di efficacia delle
sentenze straniere furono abrogati perché ritenuti no necessari. Però tali articoli si
applicano ancora per la delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità, la legge
218 afferma che la riforma del diritto internazionale privato non pregiudica gli
accordi in vigore: viene riformato l’ingresso delle sentenze straniere
nell’ordinamento italiano ma senza pregiudizio degli accordi in vigore ivi compreso
il Concordato.
Per il Concordato è necessario il procedimento e non si applica la riforma del 95,
quindi non c’è un automatismo per il riconoscimento delle sentenze canoniche, per
le sentenze canoniche è necessario il procedimento specifico di delibazione.

Rapporto tra giurisdizione italiana e canonica


In base agli artt. 796 e 797 c.p.c.:
• Sentenza canonica non deve essere contraria ad altra pronunciata dal giudice
italiano passata in giudicato (art. 797, n. 5)
• Non deve essere pendente altro giudizio per il medesimo oggetto tra le stesse
parti (art. 797, n.6)
→ giudizio civile di nullità della trascrizione (o nullità del matrimonio) - no, invece,
se avviato divorzio
• DA QUI: dottrina sostiene che non c’è più giurisdizione esclusiva della
Chiesa, le parti possono scegliere quale giudice adire per la nullità (italiano
o canonico)

153
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

NB: questione di scarso rilievo pratico - raro che si chieda nullità in sede
civile (termini rigorosi)

Una breve parentesi: le nullità e le sentenze di divorzio


Abbiamo visto che….
Pagina |
• Non deve essere pendente altro giudizio per il medesimo oggetto tra le stesse
154
parti (art. 797 cpc, n.6)
• Sentenza canonica non deve essere contraria ad altra pronunciata dal giudice
italiano passata in giudicato (art. 797, n. 5)

Cosa accade se c’è in corso un giudizio sul divorzio? O se è stata


pronunciata una sentenza di divorzio?
Ci sono diverse tesi (dottrina e giurisprudenza)
o I giudizi non riguardano il medesimo oggetto (canonico = nullità; civile =
scioglimento) e quindi non si preclude avvio della delibazione
o Se c’è sentenza di divorzio
• Secondo alcuni non può essere travolta da una di nullità (è res
iudicata: se il matrimonio è stato sciolto, vuol dire che era valido)
• Secondo altri è vero il contrario, perché l’oggetto della sentenza di
divorzio è diverso (scioglie una comunione di vita divenuta intollerabile;
ma la sentenza canonica può rilevare la nullità all’origine)
• Cassazione, sent. N. 3345 del 18-04-1997: possibile la delibazione, ma
la sentenza di nullità ecclesiastica, se delibata, non travolge quella di
divorzio

Il problema della tutela economica del coniuge debole


Parte della giurisprudenza: la sentenza di delibazione non travolge quella di
divorzio
• Scopo è non far venir meno le statuizioni della sentenza di divorzio,
specialmente relativamente agli aspetti economici.
…infatti:
a) Sentenza di divorzio contiene provvedimenti di tutela economica
b) Sentenza di delibazione della nullità:
• efficacia ex tunc, matrimonio come mai esistito
• Può contenere provvedimenti economici solo provvisori (mantenimento
per tre anni)

Condizioni per la delibazione – per l’efficacia delle sentenze canoniche


In base agli artt. 796-797 c.p.c, abrogati dalla riforma de diritto internazionale
privato, ma ancora in vigore all’applicazione del Concordato. Una delle condizioni
che la Corte d’Appello deve controllare prima di delibare una sentenza
ecclesiastica secondo n. 7 dell’art. 797 c.p.c “che la sentenza non debba contenere
disposizioni contrarie all’ordine pubblico italiano”.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

L’ordine pubblico ha la funzione di barriera/limite, a tutela di valori fondamentali


dell’ordinamento italiano. Per quanto riguardo le sentenze straniere non esiste più
una procedura necessaria per la delibazione di queste sentenze, ove invece è
procedura necessaria per le sentenze ecclesiastiche.
Tuttavia il controllo dell’ordine pubblico si deve fare e tale principio può bloccare le
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sentenze straniere incompatibili ai principi fondamentali dell’ordinamento italiano.
155

Che cosa accade con le sentenze ecclesiastiche? L’ordine pubblico ha la stessa


funzione e il medesimo significato?
Anche per il controllo della sentenza ci sono delle peculiarità da tener conto, in
particolare è lo stesso protocollo addizionale al Concordato del 84 che al n. 4
lettera b) in relazione all’art. 8 – si dovrà tener conto della specificità
dell’ordinamento canonico dal quale è regolato il vincolo matrimoniale.
Quindi è lo stesso protocollo addizionale che ci ricorda che nell’applicazione delle
condizioni per l’efficacia delle sentenze straniere dobbiamo tener conto della
peculiarità dell’ordinamento canonico nel quale sorge il vincolo matrimoniale del
matrimonio concordatario. In particolare il protocollo addizionale ci ricorda
particolari punti:
1) I richiami fatti dalla legge italiana alla legge del luogo in cui si è svolto il giudizio
si intendono fatti al diritto canonico. Quindi quando gli articoli di codice di
procedura civile fanno riferimento alla legge del luogo ove si è svolto il giudizio e
facevano riferimento innanzitutto alle sentenze straniere successivamente
applicate alle sentenze ecclesiastiche.
Il protocollo addizionale afferma che: questi riferimenti intendono fatti al diritto
canonico, che viene quindi considerato alla stesso livello di un diritto straniero.
2) Il giudicato secondo il diritto canonico – le sentenze non passano in
giudicato e quindi come afferma il protocollo “ si considera sentenza passata in
giudicato la sentenza che sia divenuta esecutiva secondo il diritto canonico”.
3) Si intende che in ogni caso non si procederà al riesame del merito – punto
importante perché nel controllare le condizioni per l’efficacia delle sentenze
canoniche nell’ordinamento italiano, il giudice italiano non potrà mai andare a
verificare il merito della sentenza ma andrà a vedere il dispositivo e ciò che la
sentenza dice e se quel dispositivo è contrario o meno all’ordine pubblico.
Non andrà a riesaminare il caso poiché in base al principio di distinzione degli
ordini perché andrebbe a operare un’ingerenza in un ordinamento confessionale
nel quale non ha competenza. Si tratta di un matrimonio che sorge in un
ordinamento religioso che viene regolato da norme religiose, regole che molto
articolate.

Quando parliamo di sentenze ecclesiastiche di nullità siamo di fronte a un diritto


straniero particolare. Il codice di procedura civile faceva riferimento al diritto
straniero applicabile che nel nostro caso da ritenersi appunto il diritto canonico,
anche nelle condizioni per la delibazione delle sentenze di nullità siamo nell’ambito

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

di un riconoscimento di sentenze straniere ma con tutte le peculiarità del caso


perché stiamo applicando un diritto confessionale e non un diritto straniero che si
muove nello stesso orizzonte di senso rispetto all’ordinamento italiano.
Quindi quando la Corte d’Appello va a controllare le condizioni per la delibazione
della sentenza canonica, segue due principi:
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- Principio della specificità del diritto canonico affermato dal protocollo
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addizionale.
- Principio della verifica dell’ordine pubblico quindi la sentenza viene
bloccata se contraddice i principi fondamentali del nostro ordinamento.
Sono due principi che sembrano in contraddizione tra di loro, poiché da una parte
un controllo quindi non tutte le sentenze straniere canoniche possono essere
dichiarate efficaci nell’ordinamento italiano poiché c’è un controllo dell’ordine
pubblico; dall’altra parte bisogna tener presente la specificità del diritto canonico
con le sue peculiarità e con il fatto che è entrato in contatto con l’ordinamento
italiano in modo pattizio/concordatario.
A tal proposito, nel tener conto di questi due principi, il giudice deve controllare e
tener conto al fatto che la disciplina delle nullità canoniche è diversa rispetto al
diritto italiano poiché si ispira a criteri e principi diversi. Per esempio quando si
parla di simulazione che è un elemento che rende nullo il matrimonio anche nel
diritto civile italiano; la simulazione nel diritto italiano ha determinate caratteristiche
e nel diritto canonico ne ha altre, per cui dà origine a una nullità matrimoniale
anche la simulazione unilaterale (cioè fatta da una delle parti) che nel nostro
ordinamento invece è assimilabile a una riserva mentale quindi non rileva la nullità
perché si tutela l’affidamento dell’altra parte: non si può dare origine a una nullità
matrimoniale con una simulazione unilaterale perché se no verrebbe meno la tutela
dell’altra parte che si è affidata.
Quindi disciplina della nullità molto diverse e quando andiamo a controllare le
condizioni per l’ingresso delle sentenze canoniche nell’ordinamento italiano per la
loro dichiarazione di efficacia, il giudice deve ricordarsi: da una parte la tutela
dell’ordine pubblico matrimoniale che appunto afferma le condizioni alle quali una
sentenza straniera può avere ingresso nel nostro ordinamento, dall’altra parte si
deve ricordare di questa disciplina particolare del diritto canonico circa le nullità
matrimoniali.

Ordine pubblico e specificità del diritto canonico


La specificità del diritto canonico tempera l’applicazione del limite dell’ordine
pubblico perché la giurisprudenza nel momento in cui va a bloccare la delibazione
di una sentenza in ragione della tutela dell’ordine pubblico può invece delibare
tenendo conto della specificità dell’ordinamento canonico. Viceversa l’ordine
pubblico limita la considerazione della specificità dell’ordinamento canonico perché
appunto ha la funzione di salvaguardare i principi fondamentali dell’ordinamento
statuale per cui va bene la specificità del diritto canonico e anche la presenza del
Concordato quindi l’ordinamento italiano si è messo d’accordo con la Chiesa

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

cattolica nel considerare la sua specificità e quindi nell’essere disponibili a delibare


le sentenze di nullità matrimoniale ma fino al limite dell’ordine pubblico.

La giurisprudenza solitamente non guarda alle specifiche cause di nullità (talora


diverse da quelle italiane), ma alle eventuale contrarietà delle sentenze
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ecclesiastiche a valori considerati essenziali dal nostro ordinamento.
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È più facile quando cause di nullità canoniche corrispondono esattamente o quasi a
cause di nullità civili, per esempio il matrimonio contratto da un’incapace di
intendere e volere, c’è la fattispecie anche nell’ordinamento canonico a prestare il
consenso (difetto del consenso) – sono capi di nullità che coincidono anche se con
caratteristiche diversi.
Tuttavia la giurisprudenza non guarda sempre come viene disciplinata la singola
causa di nullità, non è necessario che ci sia sempre corrispondenza tra le cause di
nullità canoniche e italiane ma appunto si guarda se ci sono dei valori essenziali
per l’ordinamento italiano che vengono contraddetti dalla sentenza canonica (in
questo caso non si va a delibare la sentenza).

La Cassazione nel 2008 ha parlato di un livello di maggiore disponibilità tipico dei


rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica, si è parlato di una maggiore disponibilità del
nostro ordinamento a delibare le sentenze canoniche di nullità – sentenza del 2008
ha parlato di incompatibilità delle cause di nullità tra quelle italiane e quelle
canoniche, con incompatibilità assolute o relative.
Le incompatibilità assolute sono quei casi ove la disciplina canonica applicata alla
sentenza da delibare non individua una causa di nullità assimilabile a quelle
previste dal codice civile italiano – in questo caso la delibazione non è possibile
perché sarebbe contraria all’ordine pubblico.
Le incompatibilità relative quelle appunto secondo le quali ci sarebbe una maggiore
disponibilità a delibare, sono incompatibilità tra le cause di nullità canoniche e le
cause di nullità italiane solo per alcuni aspetti. Quindi è relativa poiché le fattispecie
canoniche sono in grosso modo assimilabili a quelle civili (esempio dell’incapace
che contrae matrimonio con difetto di consenso) ove nell’ordinamento canonico è
disciplinata in un modo lievemente diverso è assimilabile a una causa di nullità
civilistica e quindi c’è una incompatibilità tra due cause di nullità solo relativa.

Solitamente non si hanno molti problemi a delibare quasi tutte le sentenze


ecclesiastiche di nullità secondo la specificità del diritto canonico, tuttavia ci
sono alcune eccezione e diverso orientamento a seconda di come leggiamo
l’ordine pubblico e la specificità del diritto canonico.
A quale concetto di ordine pubblico facciamo riferimento? Quali sono i
contenuti di questo principio supremo?
La dottrina e la giurisprudenza hanno dato diverse letture di questo concetto:
- Si può trattare di ordine pubblico inteso come quell’insieme di principi
fondamentali dell’istituto patrimoniale per il diritto italiano. Quindi il

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

matrimonio per il diritto italiano ha determinati connotati e principi ove non si


può andare contro quando si va a delibare una sentenza ecclesiastica di
nullità; in questo caso sarebbe difficile delibare talune sentenze di nullità
perché il diritto canonico si muove su altre finalità e concetti.
- Concetto di ordine pubblico assimilabile come principio di ordine pubblico
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internazionale desumibile soprattutto dal diritto di libertà religiosa e dalla sua
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applicazione. In questo non sarebbero delibabili le sentenze di nullità relative
a cause di natura confessionale. Per esempio il matrimonio canonico è nullo
quando viene celebrato in presenza di una disparità di culto, cioè tra un
cattolico e non cattolico se non è stato preceduto da un’apposita dispensa.
Oppure il matrimonio canonico è nullo in presenza di altri impedimenti di
natura confessionale, per esempio aver ricevuto il sacramento dell’ordine – il
sacerdote non si può sposare.
- Concetto di ordine pubblico interno o ‘sostanziale’ fa riferimento alle
regole/principi fondamentali poste dall’ordinamento giuridico cioè dalla
Costituzione e dalle leggi che sono fondamentali alla base di alcuni istituti
giuridici fondamentali. È un principio di ordine pubblico in continuo
mutamento poiché collegato ai cambiamenti sociali.
Il filtro alle sentenze ecclesiastiche di nullità in questo caso sarebbe nei
principi dell’ordinamento esterni all’istituto matrimoniale (esempio libertà
religiosa) e anche principi che regolano l’istituto matrimoniale nel nostro
ordinamento. In questo senso possiamo fare riferimento a una
giurisprudenza costante, fino agli anni 80 in particolare con la sentenza n.
18/82. (Tale concetto è utilizzato anche quando diamo efficacia alle sentenze
straniere)
- Concetto di ordine pubblico ‘concordatario’ non coincide con quello
interno e sostanziale, poiché viene definito un ordine pubblico diminuito a
causa di una maggiore disponibilità che Stato si è imposto verso la Chiesa
cattolica relativa alla specificità dell’ordinamento confessionale. Quindi
sarebbe un ordine pubblico che si piega più facilmente all’ingresso nel nostro
ordinamento di sentenze canoniche di nullità, poiché stipulando il Concordato
si ritiene che lo Stato abbia inteso dare rilevanza al diritto canonico e dare
efficacia civile alle sentenze ecclesiastiche di nullità.

Casi di negata delibazione


Il concetto di ordine pubblico ‘concordatario’ è stato ampliamente utilizzato dalla
giurisprudenza italiana, anche a livello di Cassazione.
La Cassazione ha ritenuti, quasi sempre, delibabili le sentenze di nullità nella
maggior parte dei casi poiché come abbiamo già visto non ci deve essere perfetta
coincidenza tra le cause di nullità civile e canoniche ma è sufficiente una sintonia
tra i principi ispiratori.
Tuttavia in alcuni casi si è negata la delibazione per le sentenze di nullità poiché
eravamo di fronte a contraddizioni importanti dei principi fondamentali

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

dell’ordinamento italiano. Quindi in caso di impedimenti di natura confessionale e in


caso di simulazione unilaterale e incompatibilità con l’ordine pubblico italiano –
negata delibazione.

Delibazione e lunga convivenza


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Tra le questioni che hanno a che fare con il contrasto con l’ordine pubblico, ci
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poniamo il problema dei casi di nullità matrimoniale pronunciati dopo lunga
convivenza coniugale.
Nell’ordinamento canonico non c’è un limite di tempo per chiedere la nullità del
matrimonio, con queste sentenze di nullità può essere richiesta la delibazione
anche appunto se è passato molto tempo dopo la celebrazione del matrimonio.
I termini per rilevare la nullità del matrimonio sono diversi nell’ordinamento civile e
quindi si pone una discrasia tra le condizioni per richiedere la nullità
nell’ordinamento civile e nell’ordinamento canonico. Questa discrasia è da
considerarsi come contrasto con il principio dell’ordine pubblico, il fatto che
nell’ordinamento civile il regime della prescrizione per l’azione di nullità sia
sostanzialmente sempre di un anno, invece, per l’ordinamento canonico non c’è un
limite per richiedere la nullità: è una differenza da quelle da considerarsi come un
contrasto all’ordine pubblico e un’incompatibilità assoluta tra le caratteristiche civili
e canoniche?
Normalmente le Corti d’Appello e la Cassazione non avevano mai avuto problemi
nel delibare le sentenze pronunciate anche dopo anni di convivenza matrimoniale,
perché si affermava che appunto nel matrimonio canonico il regime era del tutto
peculiare.

Ci dobbiamo chiedere se la lunga convivenza tra i coniugi è un elemento che


‘supera’ i vizi presenti al momento della celebrazione?
Tale problema emerge per una serie di problemi, non soltanto per la differenza tra
regime canonico e regime civile relativamente ai tempi per richiedere la nullità
matrimoniale, ma anche per una questione inerente agli effetti patrimoniali delle
sentenze di nullità e delibazione successiva.
A differenza dello scioglimento del matrimonio, con la sentenza di divorzio, che
come sappiamo ha un’efficacia ex nunc quindi dal momento della pronuncia del
divorzio si sciolgono gli effetti del matrimonio e non si risale al momento della
celebrazione. Inoltre la sentenza di divorzio è spesso accompagnata da
provvedimenti economici, anche nella tutela del coniuge debole.
La pronuncia di nullità canonica invece non comporta degli oneri patrimoniali ma
oneri accessori che talvolta possono essere previsti, e ha efficacia ex tunc quindi il
matrimonio cessa la sua validità sin dal momento della celebrazione.
Se non si è in presenza di una sentenza di divorzio passata in giudicato e non osta
a una richiesta di delibazione della sentenza di nullità, poiché si tratterebbe di due
giudizi su materie diverse (scioglimento del vincolo cioè il divorzio – l’altro nullità del
matrimonio). Quindi se non c’è una sentenza di divorzio passata in giudicato, la

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

sentenza di nullità delibata travolge tutti gli effetti del matrimonio ivi compresi quelli
patrimoniali, quindi non dà una tutela al coniuge debole e questo è particolarmente
rilevante nei casi di lunga convivenza.
Con una lunga convivenza matrimoniale si potrebbe dare il caso di una pronuncia
di nullità in ambito canonistico e poi delibata in ambito italiano e appunto una
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sentenza che travolge tutti gli effetti del matrimonio; per questo motivo la
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giurisprudenza ha iniziato a interrogarsi sui casi di lunga convivenza e a
domandarsi se fosse opportuno o meno delibare tali sentenze anche dopo anni di
convivenza tra i coniugi.

Se fin a tempi recenti si delibavano sentenze di nullità, anche dopo molti anni dalla
celebrazione senza grandi problemi.
La giurisprudenza recente ha posto maggiori scrupoli a delibare sentenze dopo una
prolungata convivenza, in particolare ragionando sul fatto che la prolungata
convivenza dimostrerebbe l’instaurazione di un matrimonio-rapporto stabile e la
volontà di accettazione del rapporto, anche se quel rapporto era nato con un
matrimonio-atto viziato da qualche questione del diritto canonico.
Nel Codice Civile, i termini d’impugnazione di un matrimonio sono brevi perché la
convivenza successiva dimostrerebbe una volontà di sanare il difetto originario che
si ha nel momento della celebrazione. Per il nostro ordinamento si rileva più il
matrimonio-rapporto, mentre per il diritto canonico è importante la pronuncia del
consenso che si va appunto a risalire al matrimonio-atto cioè si va a verificare se ci
sono stati vizi o meno.
Il nostro giudice si trova dinanzi a sentenze di nullità che sono state pronunciate
anche dopo molto tempo, e, per il diritto canonico la prolungata convivenza non
dimostra la volontà di sanare un matrimonio nato invalidamente ma si va sempre a
risalire al momento del matrimonio-atto.
Con la giurisprudenza recente si comincia ad affermare che nella prolungata
convivenza esprimerebbe la volontà di accettazione del rapporto matrimoniale,
come avviene nell’oridnamento civile dovrebbe essere così anche in un matrimonio
concordatario, quindi l’eventuale sentenza di nullità intervenuta dopo anni rimane
valida per l’ordinamento canonico non può essere delibata perché si pone in
contrasto con questo orientamento.
L’impugnazione del matrimonio e la delibazione delle sentenze di nullità sarebbero
incompatibili con questa manifestazione di volontà data da l’intercorrere del tempo
del matrimonio-rapporto, quindi la sentenza di nullità non potrebbe essere più
delibata se ci dovesse essere stata una lunga convivenza. A tal proposito bisogna
sottolineare che la giurisprudenza italiana non è stata constante, se è vero che di
recente che questo orientamento è rilevante nei giudici in fase di delibazione
tuttavia ci sono stati orientamenti diversi.

Cassazione n. 4700/1988

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

La tesi qui contestata non può quindi essere accolta perché la convivenza fra i
coniugi, intervenuta successivamente alla celebrazione del matrimonio, ostativa
all'impugnazione del matrimonio civile ai sensi dell'art. 123, comma 2, c.c. seppure
si pone come una norma imperativa interna, non costituisce espressione di
principi o di regole fondamentali con le quali la Costituzione e le leggi dello
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Stato delineano l'istituto del matrimonio, sicché la sentenza ecclesiastica che
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abbia dichiarato la nullità del matrimonio religioso per esclusione unilaterale di uno
dei bona matrimoni, non rimasta nella sfera psichica del suo autore, manifestata
all'altro coniuge, malgrado l'intervenuta convivenza fra gli stessi, non è
contraria all'ordine pubblico italiano e può quindi essere dichiarata esecutiva in
Italia.

Queste Sezioni Unite devono comunque dare atto che l'indirizzo giurisprudenziale
disatteso è mosso soprattutto da apprezzabili ragioni di tutela del coniuge più
debole, il quale -sulla base dell'attuale normativa -è, dal punto di vista patrimoniale,
insufficientemente tutelato a seguito di una pronuncia di nullità (cfr. art. 129 e 129
bis c.c.), rispetto alla più ampia tutela che riceve dalla pronuncia di divorzio (cfr. art.
5 e ss.l.1 dicembre 1970 n. 898, come modificati dalla l. 6 marzo 1987 n. 74) e ciò,
in specie, quando la pronuncia di nullità interviene a distanza di anni dalla
celebrazione del matrimonio e si sono consolidate situazioni, anche di comunione
di vita, che vengono poste nel nulla dalla pronuncia stessa (cfr., in proposito, Cass.
n. 5823-87, la quale, a chiare lettere, enuncia il principio secondo cui, una volta
intervenuta la convivenza, non vi è altra strada che quella di ottenere una
pronuncia giudiziale di scioglimento o di cessazione degli effetti civili di esso, per
caducare il matrimonio).

Ciò però non è addebitabile allo strumento concordatario, una volta


dimostrato che l'attuale disciplina non contrasta, sul punto con l'ordine
pubblico italiano, ma al legislatore ordinario, il quale, proprio in considerazione
della tutela del coniuge più debole, potrebbe, in piena libertà, predisporre,
autonomamente, strumenti legislativi -peraltro auspicati dalla più sensibile dottrina -
che assimilano, nei limiti del possibile e tenuto conto della diversità delle situazioni,
ai fini della tutela patrimoniale, la posizione del coniuge nei cui confronti è stata
pronunciata la nullità del matrimonio, a quella del coniuge divorziato.

Sentenza Cassazione n. 1343/2011 si pone alcuni problemi sulla delibazione delle


sentenze di nullità canoniche dopo lunga convivenza, si afferma che la successiva
prolungata convivenza è considerata espressiva della volontà di accettazione del
rapporto, incompatibile con il successivo esercizio della facoltà di rimetterlo in
discussione.
La richiesta di nullità e successiva delibazione sarebbero in contrasto con
l’intercorrere del matrimonio-rapporto che dimostrerebbe la volontà di accettazione
del rapporto matrimoniale e una rilevanza di un matrimonio-rapporto. La tutela del

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

matrimonio-rapporto osterebbe alla delibazione della nullità secondo la Cassazione


in alcuni suoi pronunciamenti.

Altre pronunce sono di diverso segno, in particolare la Cassazione nel 2012 ha


affermato che le controverse della nullità si svolgono secondo il diritto canonico e
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quindi il principio della prescrittibilità per l’azione di nullità non è un principio
162
fondamentale, non si porrebbe un’incompatibilità assoluta tra queste caratteristiche
canoniche-civili. Nell’ordinamento canonico la prescrizione non c’è, si può proporre
la stazione di nullità e dopo molti anni si va a delibare tali sentenze.
Nelle sentenze recenti c’è una diversa valutazione della distinzione di matrimonio-
atto e matrimonio-rapporto.
Il matrimonio-rapporto sarebbe un fatto convalidante, la volontà espressa nel
momento della celebrazione anche quando questa volontà era viziata ma non in
tutte le sentenze in materia.

Inoltre ci si pone la domanda se si deve trattare di una mera coabitazione oppure


una convivenza di altro genere, se questa coabitazione è un segno della vitalità
dell’unione quindi dell’accettazione del matrimonio-rapporto che osterebbe alla
delibazione della sentenza di nullità, se così fosse ci sarebbe un favor validitatis
cioè un guarda con favore alla validità del matrimonio e non alla sua nullità ma non
sempre.
In particolare la Cassazione in alcune pronunce ha sottolineato un irrigidimento
sulla prova della convivenza, quindi che non dovrebbe essere una mera
coabitazione abitale sotto lo stesso tetto ma una vera e propria convivenza, un
legame anche dimostrabile in giudizio che si esprima con l’affectio familiae (rispetto
dei diritti-obblighi reciproci, instaurazione di un matrimonio-rapporto duraturo, la
presenza di figli).
Nonostante il vizio del matrimonio-atto, ci dovrebbe essere una vera e propria
convivenza che dimostri un’effettiva volontà di sanare il vizio nato al momento della
celebrazione.
Un affetto/convivenza stabile può essere ostativa alla delibazione quando è di
almeno di 3 anni che dimostrerebbero la stabilità per poter parlare di convivenza e
non di mera coabitazione ( criterio simile a quello dell’adozione).
Dobbiamo ricordare che non c’è unanimità nella giurisprudenza e quindi la
questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione che si sono
pronunciate nel 2014.

Sezioni Unite n. 16379 del 2014


Alla ricerca di un bilanciamento tra il rispetto della peculiarità dell’ordinamento
canonico (in base al Protocollo Addizionale) e esigenza che tale rispetto non
assuma rilievo tale da «far riconoscere fattispecie alle quali, per i principi
cogenti del nostro ordinamento, è vietato comunque produrre effetti simili a

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

quelli delle sentenze di cui si chiede il riconoscimento in Italia» (Cass. Sez.


un., 19809/2008).

Con due sentenze gemelle del 2014, contrariamente all’orientamento classico con
le sentenze degli anni 80-90, la Cassazione ha attribuito alla convivenza come
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coniugi (superiore di 3 anni) natura ostativa di ordine pubblico al riconoscimento di
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sentenze ecclesiastiche di nullità - quindi sarebbe motivo che osta alle sentenze di
nullità.
La Cassazione afferma che la convivenza dà origine a responsabilità, ad
aspettative legittime che vanno considerati rilevanti come diritti da tutelare e facenti
parte di quel nucleo essenziale dell’ordinamento italiano. Quindi c’è un richiamo
alle sentenze della Corte Costituzionale, richiamando la tutela dell’ordine pubblico
come forma di tutela di sovranità dello Stato e cita anche il principio di laicità e
distinzione degli ordini.
Si afferma che la tutela di convivenza come coniugi è una conseguenza della
sovranità dello Stato, che vuole tutelare alcuni particolari diritti fondamentali.
La tutela di convivenza quindi dà origine a una non delibabilità perché i valori dello
Stato sono anche la tutela dei coniugi, in particolare del coniuge che subisce tale
giudizio, e il valore fondamentale dello Stato sarebbe anche la tutela dei diritti
particolari dei coniugi.
La lunga convivenza dà origine a una situazione giuridica personale che viene
tutelata da norme di ordine pubblico italiano cioè dalla Costituzione perché nascono
dei particolari rapporti che non possono essere cancellati con una sentenza di
nullità delibata.
Si parla di specificità del diritto canonico ma con una lettura diversa rispetto al
passato. La lettura precedente affermava che una maggiore disponibilità
dell’ordinamento italiano verso il diritto canonico e in particolare con la lettura
presente si abbandona un po’ questa maggiore disponibilità facendo prevalere il
matrimonio-rapporto con i suoi diritti e effetti discendono dalla continuità del
rapporto.

Orientamento recente della Cassazione


Si continua a dire che la lunga convivenza sia ostativa alla delibazione ma si tratta
di un’eccezione in senso tecnico poiché deve essere sollevata dal coniuge
convenuto; in tal caso impedisce la delibazione. Se le parti non fanno valere questa
condizione, il giudice non può farla rilevare, quindi se entrambi le parti sono
d’accordo nel far dichiarare la nullità del matrimonio attraverso la delibazione si può
procedere con tale almeno che non si tratti di altri casi incompatibili con l’ordine
pubblico italiano.
Nel caso che si tratti di sentenza delibabile, la lunga convivenza non può essere
fatta rilevare dal giudice; si può procedere alla delibazione anche se c’è stata lunga
convivenza perché entrambe le parti sono d’accordo a dare efficacia civile alla
sentenza di nullità.

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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria

Se invece le parti fanno rilevare la lunga convivenza, in particolare da quella che


subisce, viene considerata un’eccezione che può ostare alla lunga convivenza.
Quindi rimane il fatto che la lunga convivenza viene considerata una causa ostativa
alla delibazione però è un’eccezione fatta rilevare dalle parti e convivenza triennale.
Sentenze non fanno riferimento ai profili patrimoniali e da molto tempo si sottolinea
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che deve essere il legislatore a intervenire in questa materia chiarendo come
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devono essere disciplinati gli effetti patrimoniali di sentenze di nullità che
coesistono con sentenze di divorzio.

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