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LEZIONE 1
Da dove viene e quando nasce il diritto ecclesiastico
NB: perché parliamo di potestà della Chiesa? La chiesa cattolica si dota, per
ragioni storiche (persecuzioni ecc.) di un sistema giuridico proprio, parallelo a
quello dell’Impero Romano nel quale nasce e si sviluppa.
Bisogna quindi tener conto che anticamente il diritto della Chiesa ha avuto ruoli e
peso diversi rispetto ad oggi.
In particolare, dopo l’editto di Costantino e di Teodosio, la religione cristiana
assunse un ruolo nuovo nell’Impero Romano ed ebbe un carattere pubblico
(religione ufficiale, nelle cerimonie etc.). Le leggi della chiesa vengono riconosciute
e recepite dai sovrani e acquistano forza di legge; i peccati sono anche reati…
poiché lo Stato è cristiano, si comporta difendendo e applicando, come fosse diritto
statale, il diritto cristiano. Es. sentenze canoniche sono applicate anche in ambito
civile direttamente, lo Stato funziona da braccio secolare della Chiesa.
In questa dinamica si definisce anche un dualismo tra Stato e Chiesa, con alterne
vicende: in alcuni momenti è il primo a prevalere (e a controllare, ad es., le nomine
e i beni della chiesa), in altri è la Chiesa a ottenere la supremazia (il papa incorona
gli imperatori, ecc.).
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Corpus dei Canoni della Chiesa cattolica (redatto durante il Medioevo, in varie
tappe);
La seconda espressione ("diritto ecclesiastico" o Kirchenrecht) faceva riferimento
all'organizzazione della Chiesa e di volta in volta veniva corredata da un aggettivo
(diritto ecclesiastico cattolico, diritto ecclesiastico protestante....).
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In Italia e in altri Stati le due espressioni sono più confuse e intercambiabili,
utilizzate come sinonimi (il riferimento è sempre alla Chiesa cattolica, sia per quanto
riguarda i "canoni" - da cui "diritto canonico" - sia per quanto attiene
all'organizzazione ecclesiastica - cioè della Chiesa -) Questa situazione nell'uso
di queste espressioni cambia quando lo studio delle norme di diritto statale in
materia religiosa inizia ad essere distinto dallo studio del diritto canonico.
Tra Italia e Germania nell’800 si sviluppa il diritto ecclesiastico come lo intendiamo
oggi. E di conseguenza cambia anche l'uso dei termini, rispetto a come li ho
descritti finora.
In primo luogo, a fine 800 alcuni autori italiani (che sono considerati i "padri" del
diritto ecclesiastico odierno: Francesco Ruffini, Francesco Scaduto – prolusione
1884, con influenza del tedesco Friedberg) iniziano a distinguere nelle loro opere il
diritto statale che riguarda le confessioni religiose dal diritto interno alle confessioni.
Non distinguono però del tutto lo studio delle due branche del diritto, anzi: parlano
solo di diritto ecclesiastico, che si divide a sua volta in norme di provenienza statale
e norme di provenienza ecclesiastica (ovvero di provenienza della Chiesa: non c'è,
quindi, ancora una chiara distinzione di termini tra diritto ecclesiastico e canonico).
Inoltre, si studia solitamente il diritto della Chiesa (canonico), al quale si affianca
l'esame delle norme dello Stato che danno effetti civili alle norme canoniche
(l'esempio classico è quello del matrimonio, celebrato in chiesa secondo il diritto
canonico, al quale alcuni Stati riconoscono effetti civili). Si trattava, insomma di uno
studio di un diritto in funzione dell'altro, non si studiavano ad esempio le norme di
diritto canonico che non avevano interesse per il diritto statale.
Un cambiamento importante si ha nei primi 2-3 decenni del 900 quando si afferma
la teoria degli ordinamenti giuridici (Santi Romano, L’ordinamento giuridico, 1918)
in base alla quale a ogni
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Tra l’altro con la codificazione del 1917 riprende vigore anche lo studio del dir
canonico
I due ordinamenti sono anche in rapporto tra loro. Ad esempio il fatto che la Chiesa
sia un ordinamento originario e autonomo rispetto allo Stato non toglie che sia
comunque oggetto dell’amministrazione dello Stato, cioè che lo Stato si interessi ad
essa e alle conseguenze di alcune sue norme nell'ordinamento civile. E che lo
Stato detti alcune norme per regolare queste conseguenze e i rapporti con le
confessioni religiose.
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che studia i rapporti tra questi due ordinamenti (che sono originari e
rispettivamente autonomi, ma che entrano in rapporto, regolando spesso materie di
interesse comune).
Oggi comunque non si discute più di questa distinzione (dir eccl/dir canonico), che
è pacifica.
Distinguiamo quindi:
- il diritto della Chiesa > il diritto canonico
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Come abbiamo accennato, se consideriamo ad es. il solo studio delle norme dei
concordati, potremmo demandarlo al diritto internazionale o dei trattati, così come
se consideriamo il solo studio dei principi costituzionali e della libertà religiosa, non
vedremmo chiaramente la distinzione tra dir. Eccl. e dir. Costituzionale.
Metodo che guarda anche ai diversi soggetti che agiscono in quest’area e che
producono diritto. Se pensiamo alla distinzione tra canonico ed ecclesiastico è
importante, ad esempio, cogliere le interazioni tra Stato e confessioni, che
producono diritto. Si parla in questo senso di PLURALISMO GIURIDICO
Ricordiamoci, quindi, fin d’ora, che lo Stato non è l’unico soggetto che produce
diritto, ma che come dicevano gli antichi ubi societas ibi ius… E tra le varie
comunità che producono diritto (sportive, sociali…) vi sono anche quelle religiose
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Le scienze sociali che studiano le religioni non riescono quasi mai a fornire una Pagina | 7
definizione univoca di questo termine. È un concetto ampio, variegato – quando
parliamo di religione, sappiamo approssimativamente a cosa ci riferiamo, ma è
difficile definirla.
Possiamo cmq dire, ai fini della ns materia, che la religione è qualcosa che implica
una dimensione soprannaturale (metagiuridica) e che è anche qualcosa di sociale,
di umano, con molteplici profili che osserviamo nella vita quotidiana della ns
società.
Vedremo più avanti che in alcuni casi è necessario per l’operatore del diritto sapere
che cosa è religione e che cosa no…. Ma attenzione: quasi mai il diritto offre una
definizione standard. Spesso si va a vedere se si possono rintracciare alcuni
elementi di base, ad es.
1) la credenza in una realtà trascendente
2) alcune manifestazioni esterne come riti o liturgie
3) una dimensione sociale e comunitaria (che interessa particolarmente il
diritto
4) un complesso di regole e doveri (legge morale, sistema etico),
dell’uomo verso Dio e verso gli altri uomini
Ciò che è certo è la rilevanza del fatto religioso nelle società odierne, il ruolo
sociale delle religioni.
Il ruolo sociale delle religioni è sempre esistito, sebbene con forme diverse e nella
storia si sono sempre avute relazioni tra il potere civile (lo Stato) e le religioni.
Ad esempio le religioni hanno spesso fornito agli Stati valori e legittimazione, ad es.
fondando sulle proprie regole morali il senso della giustizia e del diritto - modo di
concepire il bene e il male che passava allo Stato e alle sue istituzioni.
Oppure i luoghi di culto sono serviti per rifugio dei dissidenti nel caso di regimi
repressivi
O ancora istituzioni religiose hanno svolto nella storia (e ancora oggi) importanti
compiti socioassistenziali (conventi e istituti per minori, ospedali, scuole, ecc.)
Inoltre, anche lo sviluppo del diritto nella storia deve qualcosa alla religione (e
viceversa, il diritto canonico ad es. deve qualcosa al dir romano)
Se è indubbio il ruolo sociale delle religioni, oggi come nella storia, vi sono però
diversi modi in cui lo Stato e le religioni entrano in rapporto tra loro.
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Proviamo a delineare alcuni modelli che si sono verificati nella storia, per poi
procedere a vedere qual è il modello italiano di rapporti tra Stato e confessioni
religiose.
MONISMO STATO-RELIGIONE
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Nel passato alcune zone del mondo vedevano un monismo, un’unione tra Stato e
religione. Sono i modelli dell’antica Grecia e Roma: la religione era “del popolo”, un
tratto nazionale-etnico – politica, religione e comunità erano un tutt’uno e vi erano
religioni ufficiali
Le novità in qs senso:
- Esistono due ordini diversi (secolare e religioso)
- Ciascuno presenta obblighi diversi
- Il potere politico è demistificato, non è più sacro
NB: la distinzione degli ordini temporale e spirituale nn significa che questi non
possano comunicare, entrare in relazione. Ad es. negli scritti dei primi padri della
Chiesa, si parla del dovere di obbedire alle leggi civili – sempre però tenendo in
conto la necessità di obbedire prima a Dio e poi agli uomini.
(Primi conflitti di coscienza – ancora oggi esistenti)
Il cesaropapismo
Modello sul quale si innesta la nuova religione cristiana con il suo principio
dualistico. L’imperatore di Roma infatti era anche il Pontifex Maximus, sacerdote
della religione civile.
Il cesaropapismo è un modello che accentra in “Cesare” (autorità civile) anche le
funzioni di “papa” (autorità religiosa)
Dopo l’editto di Teodosio, modello che in certo modo continua: l’imperatore ha
competenza nella nomina dei vescovi e li può deporre, legifera anche in materia
religiosa, presiede e convoca i concili, può pronunciarsi su dogmi, ecc.
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Dopo molti secoli di dominio della Chiesa o dell’Impero, cambiamenti con la riforma
luterana
e l’età moderna:
- Nascono gli Stati nazionali, ciascuno con una propria identità religiosa: chi
aderisce alla riforma, chi resta fedele al papa di Roma; Stati con chiesa
nazionale; Stati con altri modelli di rapporti Stato-confessioni
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- Nel nord Europa, in base al principio del cuius regio eius et religio: Chiese
di Stato
(ufficiali) – sono modelli che sono arrivati fino ad oggi (Norvegia,
Danimarca, UK…)
- Nei paesi cattolici gli Stati, anche se più tardi (XVI-XVIII sec.), assumono
competenze spirituali (parallelamente a qnto avviene negli Stati protestanti)
e cercano di svincolarsi dal potere della Chiesa
Modelli: giuseppinismo in Austria, giurisdizionalismo in Italia,
Regalismo in Spagna, Gallicanismo in Francia…. Nomi diversi per lo
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Con l’unificazione Italiana, quindi dopo il congresso di Vienna (1815) si dichiara che
l’Italia è un’espressione geografica con molti Stati
Nel primo periodo, quello liberale, ci si trova nel contesto del regno di
piemontesardegna. Dal 1848 al 1871 si hanno una sere di cambiamenti normativi
tendenti al: • liberalismo, nel quale i diritti di libertà garantiti per legge
• Separatismo (moderato)
Lo statuti Albertino del 1848 dichiara all’art. 1: “La religione cattolica, apostolica e
romana è la sola religione dello Stato. Gli altri culti sono tollerati conformemente
alle leggi che li riguardano” -> quindi:
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Sempre nel primo periodo, grazie alle modifiche, si cancella la rilevanza civile di
norme e istituti confessionali che storicamente regolavano la vita dei cittadini
(nascita, matrimonio, etc.), creando, in sostituzione, strutture sociali laiche;
vengono votati i rapporti diretti tra Stato e confessioni religiose -> solo allo Stato
spetta disciplinare il fattore religioso con norme unilaterali.
Nel modello liberale , convivono una politica legislativa liberale e separatista e,
interventi di tipo giurisdizionale.
La legislazione ecclesiastica del periodo liberare va divisa in due parti, da una perte
la legislazione separatista e liberale, e dall’alta una legislazione giurisdizionalista:
separatista/libreale giurisdizionalista
1849 lege Sineo: la differenza di culto 1850 due leggi Siccardi: la prima limita
non pu formare eccezione al godimento l’efficacia civile delle giurisdizione
dei diritti civili ed all’ammissibilità alle canonica; la seconda stabilisce
cariche civili e militari autorizzazione agli acquisti degli enti
1855: vengono soppressi gli ordini
1865: il cc riconosce solo il matrimonio
religiosi non dediti all’assistenza, alla
civile
predicazione e all’educazione
1873 vengono abolite le facoltà di
1866/87: diversi provvedienti
teologia
sopprimono le congregazioni e
1877 legge coppino: viene abolito
associazioni religiose, incamerandone i
l’insegnamento religioso nelle suole
beni
pubbliche
1889 codice penale zannardelli: il bene 1890 riorganizzazione, per mano dallo
giuridico protetto è il sentimento religioso stato, delle istituzioni di beneficenza e
individuale, da cui discende l’uguale incameramento dei beni delle
tutela di tutti i culti in materia penale confraternite
Dobbiamo tenere presente, in questo periodo liberare e separatista, la questione
romana. La questione romana è importante per capre il rapporto ambivalente tra
stato e chiesa -> si ha con l’unità d’Italia nella quale non si aveva annesso Roma, e
quindi la chiesa all’unità stessa. In quanto periodo si hanno tesi politiche diverse
che tenevano che Roma dovesse essere la capitare del regno d’Italia -> bisognava
riconoscerla.
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Il rifiuto dello stato italiano nei confronti di Roma e del pontefice poneva in essere
una questione -> lo stato italiano non era riconosciuto dal pontefice, ma la chiesa
era conosciuta in tutta europa.
La questione non è solo una questione solo territoriale, ma è anche una questione
di rapporti tra lo stato italiano appena nato e la chiesa cattolica -> 1870 Roma viene Pagina | 13
presa militarmente dopo una serie di giochi diplomatici e il papa, ritiratosi nei
palazzi del vaticano, continua a non riconoscere lo stato italiano.
Quindi:
1. questione territoriale parla della città di Roma, che in qualche modo si risolve
con la breccia di porta romana, nella quale il pontefice si ritira in votavano e
la città viene inserita all’interni del neo-stato
2. questione dei rapporti stato/chiesa: vi è un’ostilità del pontefice verso il nuovo
stato in quanto lo stato voleva prendere la città di Roma eliminando il potere
temporale. Allo stesso tempo occorre trovare una soluzione per questa
questione assicurando, da una parte, la libertà di governo della chiesa, e
dall’altra, risolvere la questione di coesistenza di Roma e della chiesa
cattolica della chiesa cattolica.
Leggi delle Guarentigie 1871 -> Titolo I: prerogative del Sommo Pontefice e della
Santa Sede
⁃ pontefice con diritto di legazione attiva e passiva
⁃ godimento (ma non proprietà) di Vaticano; palazzi del Laterano e della villa di
Castelgandolfo con relative pertinenze (immunità residenza)
⁃ stato italiano si impegnava a versare tre milioni di lire annue a Vaticano
⁃ libertà di comunicazione tra papa e vescovi e immunità sedi conclave e
concilio ecumenico
⁃ persona del Papa sacra ed inviolabile, alla pari di quella del Re > attributo di
sovranità
Titolo II: Relazioni della Chiesa con lo Stato in Italia
⁃ libera discussione in materia religiosa
⁃ piena libertà di riunione: no autorizzazione regia per sinodi e concili
⁃ libertà nella nomina dei vescovi che non dovevano più giurare al re
⁃ atti ecclesiastici liberi da exequatur
⁃ controllo regio su destinazione beni ecclesiastici (ancora segno di
giurisdizionalismo)
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Dal non expedit al 29 -> la questione romana non viene risolta con le Guarentigie,
infatti:
⁃ l’italia riconosce inviolabilità del Papa, ma non la sua sovranità su un territorio
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⁃ le garanzie sono concesse unilateralmente dallo Stato italiano, Stato non
riconosciuto dal Papa
⁃ Vi è ostilità da parte del Pontefice
⁃ assenza cattolici dalla vita dello Stato italiano -> no all’elettorato passivo e attivo
dei cattolici, fino al 1919
La situazione inizia a cambiare agli inizia del 1900, soprattutto dopo Prima Guerra
Mondiale
Da qui inizi il secondo periodo, cioè quello dell’epoca fascista -> si inizia a spostarsi
verso la conciliazione:
⁃ 1919 abolito il Non expedit
⁃ 1918 supplementi di congrua per il clero
⁃ permangono reciproche diffidenze tra Stato e Chiesa, ma iniziano trattative e
idee conciliatoriste
Lo Stato autoritario fascista, dalle elezioni del 1921, inizia a creare leggi che
propendono in una direzione diversa dal liberalismo e separazione e, il
cattolicesimo è visto come instrumentum regni.
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Limite: «purché non professino principi e non seguano riti contrari all'ordine
pubblico o al buon costume»
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La terza fase si caratterizza di tutto ci che è accaduto dal dopoguerra ad oggi: nel
1946 vi è stato un referendum con il quale si è sancita la nascita della Repubblica.
Quello che l’Assemblea Costituente (1946-47) voleva era i tutelare diritti e avere un
dibattito sulla posizione dei Patti del 1929.
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Inoltre è una libertà positiva e non solo negativa, implica quindi l’impegno dello
Stato a superare atteggiamento astensionista tipico del liberalismo e a far si che la
libertà religiosa sia effettivamente esercitata.
Titolari: diritto universale
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa…”
Non ci sono preferenze da parte dello Stato.
non si distingue più tra libertà della confessione cattolica e dei culti ammessi, ma
TUTTI sono titolari, indistintamente, della libertà religiosa garantita dall'art. 19
quale afferma che nel nostro regime costituzionale e democratico TUTTI siano
titolari del diritto di libertà religiosa
Contenuti
Elenco non tassativo, è meramente esemplificativo, significa che molte altre facoltà Pagina | 22
potranno essere individuate dal giudice o dal legislatore, si dovrà fare riferimento
alle pratiche di ciascun credo religioso, norme e atti di culto.
Questione preliminare cosa significa l’espressione fede religiosa.
L’articolo 19 tutela e garantisce la fede religiosa.
Fede religiosa/ religione non esiste una definizione giuridica, ma nell’ambito
antropologico..
Non c’è perché il diritto non vuole definire cosa sia una religione per non tagliare
fuori dalla garanzia della libertà religiosa una serie di credenze che definendo in
modo stretto e circoscritto cos’è una fede religiosa, sarebbero appunto tagliate fuori
dalle forme di garanzia. Lascia all’interprete di far rientrare o meno nella tutela di
libertà religiosa, le varie espressioni delle varie credenze. Credenze termine
individuato dalla legislazione internazionale, convenzione internazionale sui diritti
dell’uomo per riferirsi alla libertà religiosa.
Binomio che troviamo ripetuto patti dell’Onu diritti umani.
Credenza non è una semplice opinione, ma è un insieme di opinioni che ha un
ruolo pregnante per la vita dell’individuo. Insieme di idee che orientano la vita
dell’individuo.
Religione e credenza fanno riferimento a qualcosa che orienta la vita dell’individuo.
Secondo la dottrina unanime prevalente l’articolo 19 pur citando un termine che fa
riferimento alla religione in senso stretto, tutela anche le credenze insieme di
convinzioni anche se non sono religiose in senso stretto, esempio l’ateismo la non
religione oppure il pacifismo oppure l’essere animalisti o vegetariani (possono
essere assimilati con una credenza, legislatore sarà un opinione o sarà una vera e
propria credenza).
L’ateismo tutelato dall’articolo 19 perché garantisco la libertà negativa ovvero la
libertà di non credere ma l’ateismo è tutelato anche a un livello più profondo visto
come credenza quindi un insieme di ideologie e convinzioni, non semplici opinioni.
Francesco Ruffini “La libertà religiosa è la facoltà spettante all’individuo di credere
quello più gli piace, o di non credere, se più gli piace, a nulla”.
Un’altra questione preliminare è la libertà di coscienza, si collega riguardo al
significato di fede religiosa poiché secondo la dottrina libertà maggiormente ampia
e comprensiva di tutte le opzioni della coscienza religiose e non.
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Insieme alla libera adesione c’è anche il libero recesso, cessare di far parte a un
credo religioso, non far più parte della chiesa cattolica e quindi chiedere di
sbattezzarsi. Lega dello sbattezzo quindi volevano avere la cancellazione dei
propri dati poiché non più fedeli della chiesa cattolica.
Garante per la protezione dei dati personali precisando che i registri dei
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battezzati conservati presso archivi parrocchiali, sono dei registri ufficiali che
tengono conto di un dato che fa parte della vita di quell’istituzione chiesa
cattolica. L’ex fedele che voglia sbattezzarsi può chiedere secondo il garante, la
rettifica dei propri dati personali quindi si può appore al margine che tale
persona non voglia più far parte della chiesa cattolica ma non può chiedere la
cancellazione dei propri dati dai registri poiché è dato che storicamente ha
riguardato quella persona e istituzione.
Facoltà di cambiare religione e creare una nuova religione di propria scelta.
(collegamento alla libertà di coscienza alla tutela che riguarda quel momento in
cui si formano i convincimenti personali che precedono il foro esterno.)
Riservatezza dei propri dati personali, dichiarazione di appartenenza o no di un
credo religioso. Il diritto a non rilevare il proprio credo ha diverse conseguenze
dal punto di vista giuridico un esempio può essere il divieto di indagini sulla fede
del lavoratore sancito dallo statuto dei lavoratori l.300/1970, dat non può fare
indagini sulla fede del lavoratore perché facendole si potrebbe generare un
condizionamento nella scelta del personale da assumere o nel trattamento da
riservare a determinati fedeli rispetto ad altri.
La scelta del proprio credo non può determinare una disuguaglianza.
“Libertà di propaganda”
Citata sostanzialmente per un motivo storico legato al regime precedente.
Risente di quanto fosse stato previsto nel 1929 nella legge sui culti ammessi,
propaganda fu interpretata in modo particolarmente liberticida dal regime
fascista. In particolare si sosteneva che fosse libera la discussione in materia
religiosa, quindi esporre idee e contenuti religiosi ma non fare attività di
propaganda cioè portare qualcuno sulla propria posizione (proselitismo), la
discussione consentita tra colti tra persone di un certo livello culturale.
Mentre la propaganda, religione cattolica religione di stato, veniva vista come
un’attività contraria alla religione di Stato perciò la propaganda era consentita ai
cattolici, mentre per i non cattolici era libertà che non si poteva esplicitare e
soggetta a delle restrizioni/limiti.
Costituzione sceglie di citare la propaganda perché vuole mostrare come il
regime costituzionale cambi l’interpretazione del diritto di libertà religiosa.
Richiamo storico Corte d’Appello di Roma, 1936
“Nelle discussioni si espongono le ragioni favorevoli e contrarie di un dato
argomento per giungere a una conclusione e non si fa opera di propaganda,
mentre la propaganda include sempre il concetto di propagare la religione
presso chi non ne ha alcuna o ne segue una diversa”.
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“Il principio della libertà religiosa dei culti ammessi nello Stato fu sempre ritenuto
nel senso che la [libertà di coscienza non può essere sottoposta ad alcuna
sorveglianza finche non si esplichi con atti e manifestazioni esterne; ma quando
l’esercizio della libertà suddetta venga a costituire causa di gravi disordini, lo
stato ha l’obbligo di intervenire, per tutelare che la libertà religiosa di ciascuno
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sia contenuta nei suoi limiti e non turbi quella degli altri”.
Con la propaganda iniziamo a parlare di contenuti di foro esterno della libertà
religiosa.
Inoltre con la libertà di propaganda c’è un accesso paritario ai mezzi di
comunicazioni.
I limiti comunque della propaganda verso gli altri diritti sono sempre la
riservatezza, tutela del sentimento religioso..
delle formazioni sociali, che hanno un ruolo importante nella vita dell'ordinamento
giuridico e non sono più compresse da uno Stato "totalitario" e accentratore. Si
pongono qui anche le basi del cosiddetto "stato sociale".
Art. 2 Cost. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia
come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede Pagina | 26
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale.
Tale articolo riconosce quindi:
Principio personalista
Tutela dei diritti umani
Rilievo delle formazioni sociali
Art. 3 Cost. – principio di uguaglianza – collegato all’articolo 19 libertà
religiosa
3.1 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali.
3.2 È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
LEZIONE 4
I LIMITI DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA
Come prima analisi si deve confrontare il dato testuale dell’articolo 19 con il suo
diretto precedente storico art.1 della legge dei culti ammessi (legge n.1159 del
1929).
Ci accorgiamo di un parallelismo tra gli elementi da sottoporre al vaglio di
compatibilità e i limiti previsti per la libertà religiosa.
Art.1 legge n.1159 del 1929 afferma “sono ammessi nello Stati culti diversi dalla
religione cattolica apostolica e romana, purché non professino principi e non
seguano riti contrari all’ordine pubblico o al buon costume. L’esercizio, anche
pubblico di tali culti è libero.”
Gli elementi da sottoporre al vaglio di compatibilità sono i principi e riti e gli elementi
che ci servono per limitare la libertà religiosa sono i valori dell’ordine pubblico e il
buon costume.
Art. 19 Cost. afferma “tutti hanno diritto…purché non si tratti di riti contrati al buon
costume.”
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concetto del buon costume mire ad assicurare una convivenza sociale pacifica
conforme ai principi costituzionali.
Alcuni autori affermano che il buon costume va a salvaguardare dettami scaturenti
dal costume e dalla coscienza sociale, occorre fare molta attenzione a questa
interpretazione più ampia del limite del buon costume, attenzione a non sconfinare Pagina | 29
verso concetti eccessivamente ampi e sfumati. Perché offrendo un’interpretazione
più ampia del limite si rischierebbe ad andare a limitare il diritto di libertà religiosa.
parte della giurisprudenza ha parlato anche di "principi etici che costituiscono la
morale sociale", ma si tratta di concetti eccessivamente sfumati, difficilmente
tangibili. Il Buon costume invece, seppur elastico e non categorico, è un concetto
piuttosto circoscritto e comprensibile.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
come non antigiuridico, non vietato. Si può parlare sia di alcune disposizioni di
legge che prevedono al loro interno la presenza di un giustificato motivo, che
giustifica appunto la messa in atto di azioni che altrimenti dovrebbero essere
vietati, possiamo citare l’esempio dei simboli religiosi, c’è una legge del 1975
epoca terrorismo in Italia che vieta nei luoghi pubblici di indossare capi
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d’abbigliamento che tengono occulto il volto, la legge salvo che ciò costituisca
un giustificato motivo.
La giurisprudenza si è posta l’ipotesi giustificato motivo possa rientrare il portare
un capo d’abbigliamento di tipo religioso, un esempio il burqa. La giurisprudenza
si è chiesta se indossare il burqa che rientra in un’azione vietata da tale norma,
non costituisca per caso un giustificato motivo poiché il burqa viene indossato
per esercitare la libertà religiosa quindi un diritto fondamentale.
Più in generale l’art. 51 c.p. parla dell’esercizio di un diritto fondamentale come
circostanza esimente o scriminante; “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di
un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della
pubblica autorità, esclude la punibilità”. Esclude l’antigiuridicità del fatto,
l’esercitare per esempio la libertà religiosa; quindi c’è un divieto
penalisticamente rilevante, l’esercizio della libertà religiosa può funzionare da
scriminate da circostanza che esclude la punibilità.
Tuttavia sempre l’art. 19 funziona da esimente o da scriminante? Solo quando
c’è l’esercizio del culto in senso stretto oppure qualsiasi comportamento
collegato al credo può essere una scriminante?
La libertà religiosa non è sempre e automaticamente una circostanza esimente,
non sempre può escludere l’applicazione della norme penale perché altrimenti
basterebbe giustificare con l’esercizio della libertà religiosa qualsiasi atto e il
diritto penale verrebbe svuotato di significato e della sua operatività. Occorre
quindi trovare un bilanciamento tra i diritti in gioco tra la libertà religiosa e il
valore giuridico tutelato dalla norma penale. Per esempio la libertà religiosa
solitamente prevale su altri diritti e altri interessi, quindi funziona da esimente se
le condotte penalmente rilevanti sono di tenue lesività, un esempio in casi di
proc giuridici dinanzi giudici ecclesiastici, tribunale sacra rota che si occupa di
giudicare le nullità del matrimonio canonico. Se c’è un trattamento dei dati
personali, sessuali e sensibili per il soggetto, trattamento dei dati non conforme
a ciò che prevede la normativa italiana ma in alcuni casi non c’è reato illecito dei
dati perché appunto il tribunale e procedimento giudiziale sono operativi in forza
di una libertà religiosa del soggetto, quindi in questo caso prevale la libertà
religiosa sul valore giuridico tutelato dall’altra norma cioè la privacy.
In altri casi le condotte lesive di beni fondamenti per la costituzione, non sono
scriminate le condotte penalmente rilevanti. Per esempio le mutilazioni genitali
femminili in forza di motivazione religiosa non è scriminata perché il bene
giuridico tutelato è molto più rilevante rispetto all’esercizio di una condotta
religiosamente motivata.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Quindi un bilanciamento nel quale volta per volta il giudice o chi è chiamato a
interpretare la norma sarà tenuto a trovare l’equilibrio cioè la soluzione più
corretta per il caso specifico.
essere considerato l’unico limite al diritto di libertà religiosa, valgono alcuni criteri
generali relativi alla possibilità di limitare i diritti fondamentali.
Il diritto di libertà religiosa può essere limitato quando c’è necessità di tutelare altri
diritti costituzionalmente rilevanti oppure per tutelare altri principi, valori, interessi di
natura pubblicistica, nominati nella Costituzione. Con la seconda tutela entra in Pagina | 33
gioco anche il valore dell’ordine pubblico, pur non essendo esplicitato nell’art. 19
l’ordine pubblico, letto sotto specifici termini, a determinate condizioni rientra tra
questi principi e valori di natura pubblicistica che possono generare un limite per la
libertà religiosa.
Tra i limiti impliciti che possono essere apposti al diritto di libertà religiosa troviamo
l’ordine pubblico.
Come affermato precedentemente l’ordine pubblico non è stato inserito nel testo
dell’art. 19 poiché si voleva evitare un ritorno al passato, ritorno al periodo fascista.
Tuttavia l’ordine pubblico è un principio, una nozione necessaria al funzionamento
dell’ordinamento giuridico e può essere utilizzato quindi come limite implicito.
È una nozione necessaria perché attraverso al concetto di ordine pubblico vengono
veicolati tutti quei valori fondamentali che fanno parte dell’ordinamento giuridico
italiano e che assicurano la convivenza civile e la stabilità dell’ordinamento
democratico.
Molto spesso però i confini di questa nozione sono molto incerti poiché è una
nozione difficile da definire in maniera univoca e molto spesso viene
strumentalizzata per promuovere e sottolineare alcuni valori o altri a seconda del
concetto. Anche per questo motivo i nostri costituenti non hanno voluto inserire
l’ordine pubblico nella Costituzione perché appunto essendo una nozione incerta e
strumentalizzata, si preferisce non citarla espressamente.
Secondo la dottrina ci sono due accezioni fondamentali di ordine pubblico:
Ordine pubblico ideale o normativo inteso come l’insieme dei principi e delle
istituzioni posti alla base dell’ordinamento e della sua sopravvivenza. Tuttavia
ha contorni eccessivamente sfumati e può divenire uno strumento per reprimere
qualunque manifestazione di volontà che contrasti con i valori dell’ordine legale
costituito (dissenso).
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
prima al tribunale, poi alla Corte d’Appello, poi a seconda se sia giurisdizione
ordinaria dovrò arrivare in Cassazione, se tutte queste vie di ricorso sono
state esaudite e non ho trovato soddisfazione del mio diritto potrò adire alla
Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Ruolo interpretativo nelle sue sentenze non si limita a stabilire la ragione o il
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torto in quel singolo caso, non si limita a stabilire se quel diritto fondamentale
è stato violato oppure no, ma fa una ricostruzione dei diritti fondamentali in
gioco fungendo da interprete a quei diritti fondamentali a livello europeo.
Molto spesso le sue interpretazioni sono riprese da altre sentenze.
Ricorsi interstatali (art. 33 Cedu) quando uno Stato vede che in un altro Stato
firmatario vengono violati dei diritti fondamentali, si può fare ricorso alla Corte
Europea.
Ricorsi individuali (art. 34 Cedu) qualsiasi soggetto (individui, gruppi e ONG) che
ritenga violati i suoi diritti da parte di uno Stato firmatario della CEDU, può adire
direttamente alla Corte di Strasburgo. È una particolarità di questo sistema
giurisdizionale perché quasi sempre le altre Convenzioni internazionali che
riguardano i diritti fondamentali, invece se anche hanno un tribunale o un arbitro
che giudica sulle violazioni dei diritti fondamentali, possono essere chiamati in
causa soltanto dagli Stati siccome sono gli Stati i firmatari di una particolare
Convenzione internazionale sono loro anche che agiscono di fronte al tribunale o
all’arbitro nominato. Invece per quanto riguarda la CEDU, nella Convenzione
stessa si è voluto inserire la possibilità anche per gli individui di fare ricorso alla
Corte Europea.
Entrambi i ricorsi devono riguardare violazioni di diritti contenuti nella CEDU e
violazioni commesse dagli Stati ovvero violazioni poste da istituzioni pubbliche, si
tratta quindi di ricorsi contro istituzioni pubbliche quindi non sono ricorsi interprivati.
Esempio ritengo che un mio diritto è stato violato da un concittadino non posso far
ricorso alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, farò ricorso alla CEDU
soltanto se il diritto che io ritengo violato è stato violato da un istituzione pubblica
attraverso l’emanazione di una legge contraria a un diritto fondamentale oppure se
in un procedimento giurisdizionale dove c’è in gioco un mio diritto fondamentale, io
mi ritengo leso dall’esercizio del potere giudiziario o contro la pubblica
amministrazione. La condizione è l’esaurimento delle vie di ricorso interne.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Corte Europea dei diritti dell’uomo che possono essere esercitati/portati avanti non
soltanto dagli individui ma anche dalle collettività, dalle confessioni religiose.
Sentenze importanti su articolo 9 della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che
hanno fatto il punto su alcuni principi generali relativi a questo diritto fondamentale.
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Sentenza 1993 promossa da un individuo il sign. Kokkinakis contro il suo paese la
Grecia: si fa riferimento al valore importantissimo della libertà religiosa per le
società democratiche. La libertà religiosa ha un valore fondamentale se letta in
un’ottica di pluralismo quindi in società democratiche. È importante tutelare la
libertà religiosa non soltanto per i credenti ma anche per gli atei e agnostici, tutti
coloro che non si occupano di religione. Garantire la libertà religiosa significa
garantire la libertà di credere e di non credere, se viene a mancare questo diritto
fondamentale viene a mancare anche la libertà di coloro che non si interessano di
religione.
Kokkinakis era un testimone di Geova greco e fu condannato dalla Grecia per
proselitismo indebito, ovvero egli andava a suonare in giro per le case per
annunciare e testimoniare la sua religione e cercare nuovi adepti. Ai sensi del
codice penale greco questo non si poteva fare poiché c’è un regime di religione di
Stato, che è la religione cristiana-ortodossa. Kokkinakis fu condannato e anche lui
esaurisce in tutte le vie di ricorso interne e poi farà ricorso alla Corte Europea dei
diritti dell’uomo, la quale non gli dà ragione fino in fondo perchè vuole tentare di
trovare un equilibrio tra il salvare la legislazione nazionale greca e il salvare la
libertà religiosa dell’individuo che in quel momento la stava reclamando. Si
stabilisce poi che le legislazioni nazionali possono in realtà stabilire dei limiti alla
libertà religiosa anche relativamente a questa particolare aspetto.
Sentenza 1999 inerente ai titolari della libertà religiosa, estensione dell’art. 9 a
soggetti collettivi oltre che individuali. Sentenza sempre contro la Grecia, caso di
ingerenza statale delle nomine muftì musulmani cioè ministri di culto e si afferma
che anche le Chiese e soggetti collettivi sono titolari della libertà religiosa e dunque
possono adire alla Corte Europea e che un principio fondamentale è quello della
libertà di organizzazione interna delle confessioni religiose, quindi non possono
vedere lo Stato intervenire nella loro organizzazione.
Questione della definizione del concetto di religione, binomio religione-credenza:
molteplici sentenze che hanno definito i vari concetti in gioco.
Concetto di coscienza che disegna una tutela dei sistemi di credenza non soltanto
religiosa e in senso ampio la libertà di coscienza precede la libertà religiosa.
Concetto di credenza unito da quello di religione, che si distingue da quello di
opinione, ma solo quelle dotate di un certo livello di forza e coerenza nel definire la
visione della vita di un individuo - sentenza 1982 caso Campbell-Cosans presa da
modello di riferimento per tutte le altre sentenze che hanno ragionato su questo
argomento.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
quell’ordinamento giuridico, non deve essere per forza una legge quindi un atto di
rango legislativo, e deve essere giustificata.
Per valutare se una restrizione alla libertà religiosa è giustificata, la Corte opera
una valutazione secondo delle linee:
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Le restrizioni sono necessarie in una società democratica?
Da quali valori in gioco è giustificata la restrizione? Per esempio una restrizione
alla libertà religiosa può essere giustificata dall’ordine pubblico?
Per fare questo tipo di valutazione, quindi se la restrizione alla libertà religiosa è
effettivamente giustificabile, la Corte ragiona con la teoria “margine
d’apprezzamento”.
Teoria “margine d’apprezzamento” è uno spazio di manovra, concesso agli Stati
firmatari della CEDU, nel definire le restrizioni alla libertà religiosa, in base alle
caratteristiche dell’ordinamento giuridico di riferimento e alle modalità di disciplinare
il fenomeno religioso.
Siamo nell’ambito di una Convenzione internazionale, che fa riferimento a più
ordinamenti giuridici diversi e con caratteristiche diverse, per questo agli Stati viene
sempre concesso e garantito uno spazio di manovra nel definire appunto le
restrizioni ai diritti fondamentali.
Le restrizioni cambieranno in base alle modalità con le quali uno Stato definisce la
libertà religiosa, la tutela, disciplina il rapporto con le confessioni religiose o
esercizio della libertà religiosa. Quindi la Corte Europea tiene conto sempre del
fatto che ai diritti fondamentali può essere data una lettura diversa a seconda
dell’ordinamento.
La disciplina del fenomeno religioso ha diverse caratteristiche a seconda degli
ordinamenti, delle caratteristiche storiche dei rapporti tra Stato-confessioni: quindi
questo spazio di manovra lasciato agli Stati consente al singolo ordinamento
giuridico di disciplinare le restrizioni alla libertà religiosa in modo diverso.
La Corte Europea, non intende sostituirsi ai governi nazionali per eventuali
restrizioni in merito, opera da giudice superpartes che dà una serie di strumenti per
valutare in modo comune e uniforme determinati diritti. Tuttavia arriva sempre al
limite del margine di apprezzamento, c’è uno spazio proprio della Corte per
interpretare i diritti e leggere le restrizioni dei diritti: quando tale spazio finisce, la
Corte si arresta di fronte a tale margine e alla potestà degli Stati di tutelare la libertà
di religione con le proprie caratteristiche.
Per esempio l’interpretazione del principio di laicità in Francia, può giustificare delle
restrizioni più ampie alla manifestazione della libertà religiosa: caso dei simboli
religiosi o del velo. La legislazione francese, in merito ai simboli religiosi, usa il
termine ostentible cioè i simboli religiosi che sono particolarmente visibili nella sfera
pubblica. In forza della lettura della laicità alla francese, che vede le manifestazioni
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
della libertà religiosa limitate alla sfera privata, le restrizioni a questa libertà sono
diverse rispetto a ciò che accade in Italia ove la laicità lascia la libertà di
manifestare la libertà religiosa anche nella sfera pubblica.
La Corte Europea come si comporta dinanzi a queste scelte diverse poste dagli
Stati membri? Pagina | 42
La Corte Europea dà alcuni paletti e alcune letture standard comuni agli Stati
firmatari, poi si ferma di fronte alle diverse scelte governative rispetto al fenomeno
religioso. Per tornare all’esempio della Francia, le restrizioni posti in merito alla
libertà religiosa sono ritenute giustificate dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo
perché nell’ambito del margine d’apprezzamento francese, la lettura della laicità
giustifica e fa comprendere il perché si stabiliscano determinate restrizioni alla
libertà religiosa.
Tutto l’operato della Corte Europea dei diritti dell’uomo si svolge con un
delicatissimo bilanciamento tra diritti e valori contrapposti e vede dell’interpretazioni
dei diritti molto variabili a seconda dello Stato membro e della propria lettura dei
diritti in un determinato caso. Quindi il bilanciamento tra diritti e interpretazioni
variabili, fa si che ci siano delle oscillazioni nelle decisioni prese dalla Corte
Europea dei diritti dell’uomo in merito alla libertà religiosa ma alcuni principi
generali esistono e dettati dalla Corte.
Principi generali della CEDU
1. Pratiche vs. atti ispirati dalla religione
La tutela della manifestazione della religione non significa garanzia sempre e
comunque per tutti i comportamenti ispirati dalla religione.
Quindi si fa una differenza tra le pratiche di culto e atto ispirato dalla religione:
Sentenza in merito è quella che ha riguardato il rispetto delle festività religiose
(Kosteski Macedonia, 2006). La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha
giustificato il licenziamento di un lavoratore che si fosse assentato da lavoro per
motivi religiosi, da parte dello Stato macedone. Per la Corte se l’assenza non è
prevista dal contratto o non è concordata con il datore di lavoro, il licenziamento
è giustificato perché le assenze dal lavoro per andare a pregare rientrano in
comportamenti che sono ispirati dalla religione e non vengono definiti atti di
culto. La Corte afferma che sono manifestazioni della religione solo quegli atti
intimamente collegati alla religione o al credo di appartenenza, quindi spesso si
fa riferimento al culto cioè alle pratiche obbligatorie per una certa religione,
quindi una ritualità.
Quindi non tutte le pratiche e atti che sono ispirati dalla religione sono tutelati ai
sensi dell’art. 9 CEDU.
Recentemente una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, di segno
parzialmente contrario (Eweida v. UK del 2013) si prendevano in considerazione
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
dei diversi casi all’interno del mondo del lavoro nel Regno Unito, tra i quali
quello della signorina Eweida.
Eweida hostess di religione cristiana, che voleva indossare sulla divisa del
lavoro una catenina con il crocifisso per dimostrare la sua appartenenza
religiosa. Nei ricorsi presso il giudice interno, il ricorso venne sempre respinto
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perché si giustificava il licenziamento della signora perché lei aveva rifiutato di
rimuovere il crocifisso poiché la compagnia aerea le aveva chiesto di indossare
una divisa completamente neutra.
Dopo il licenziamento e il ricorso alle vie interne, la signorina fa ricorso alla
Corte Europea dei diritti dell’uomo: in questo caso la Corte afferma che tale atto
non faccia parte di una pratica obbligatoria in quella determinata religione
tuttavia occorre valutare nel caso concreto se nella manifestazione del credo ci
sia un nesso abbastanza stretto e diretto tra il comportamento e il credo che vi
sta dietro. In questo caso la Corte afferma che il nesso è ben visibile, perché
altrimenti la signora non avrebbe sopportato il declassamento della sua
postazione lavorativa e il licenziamento.
In questa sentenza, la Corte Europea ragiona in una maniera parzialmente
diversa rispetto cioè escludendo dalla tutela i comportamenti ispirati dalla
religione.
2. Uguaglianza e diversità
Principio generale che collega la libertà religiosa con il divieto di discriminazioni.
L’art. 14 CEDU vieta la discriminazione nel godimento dei diritti fondamentali
stabiliti dalla Convenzione stessa, vieta la discriminazione fondata sulla libertà
religiosa e appartenenza.
La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha ragionato sui concetti di
discriminazione distinguendo: discriminazione diretta e discriminazione indiretta.
Da questo punto di vista la Corte Europea ha costruito un sistema concettuale
relativamente alle discriminazione che poi è stato recepito anche dalla
legislazione antidiscriminatoria dell’Unione Europea.
La sentenza Thlimmenos c. Grecia del 2000 è quella che introduce nel sistema
della CEDU il concetto di discriminazione indiretta contrapposto con la
discriminazione diretta.
Per discriminazione diretta si intende il trattamento differenziato fondato sulla
religione, trattamento che direttamente ha a che fare con la religione e tratta in
modo diverso una persona rispetto a un’altra in ragione della sua appartenenza
religiosa. Un esempio durante un colloquio di lavoro scegliere un candidato
rispetto a un altro in ragione solo ed esclusivamente della sua appartenenza
religiosa.
La discriminazione indiretta ha a che fare con i trattamenti tutti uguali che
trattano tutte le persone nello stesso modo senza tener presente le differenze
religiose e così facendo pongono in una posizione di svantaggio i fedeli di una
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
religione. Nel caso analizzato dalla Corte Europea nel 2000 in Grecia, c’era una
norma uguale per tutti che aveva a che fare con i precedenti penali dei candidati
di un concorso per l’amministrazione pubblica. La norma stabiliva che tutti
coloro che avessero dei precedenti penali non potevano accedere ai concorsi
pubblici, in questo caso il ricorrente il sign. Thlimmenos aveva un precedente
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penale perché essendo un Testimone di Geova si era rifiutato di svolgere il
servizio militare obbligatorio, quindi era finito incriminato per tale
comportamento.
La CEDU afferma che tale norma inerente ai precedenti penali, pone in una
situazione di particolare svantaggio i fedeli Testimoni di Geova, perché coloro
che appartenevano a questa religione avevano tutti un precedente penale ma
per motivi religiosi e non per reati di grande gravità, erano tutti reati perché
avevano operato un’obiezione di coscienza. La CEDU afferma che tale norma è
indirettamente discriminatoria nei confronti di alcuni fedeli perché non tiene
conto della sua condizione diversa rispetto alle altre persone che avevano
precedenti penali per altri motivi. Quindi è una norma illegittima per
discriminazione nei confronti della religione.
Tutti questi principi enunciati per uguaglianza e non discriminazione hanno a
che fare con la tutela del pluralismo ovvero tutela delle diversità religiose, la
Corte Europea apre la strada alla tutela delle diversità religiose vietando così
norme che stabiliscono comportamenti uguali per tutti senza valorizzano e non
tenendo conto delle diversità religiose.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Principi emersi nel sistema della CEDU relativamente alla libertà religiosa e ai
rapporti con le confessioni religiose
Tutela del pluralismo ovvero la tutela della libertà religiosa e della non
discriminazione funzionale al pluralismo nella società democratica. La tutela
della libertà religiosa apprezzando e tutelando tutte l’espressioni della libertà Pagina | 46
religiosa, da quella degli atei a quelle più stabili.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Solo dopo il Trattato di Mastricht nasce l’UE che avrà delle competenze più ampie.
Le Comunità Economiche, basandosi solo su competenze settoriali, prettamente
competenze economiche, lavoro e scambi di beni e di servizi, inizialmente non si
pongono il problema della tutela dei diritti fondamentali. Tale tutela emerge quando
si nota che materie di competenza della Comunità Economica Europea toccano Pagina | 48
anche diritti fondamentali, ad esempio nella circolazione dei beni e delle persone si
generano delle problematiche inerenti ai diritti dei lavoratori che cambiano lo stato
di residenza.
La Comunità Economica quindi si pone il problema di come garantire tali diritti
fondamentali; in un primo momento tali diritti vengono garantiti grazie allo
strumento della giurisprudenza. Quindi attraverso la Corte di giustizia, organo
previsto dalle Comunità Economiche Europee per garantire la corretta applicazione
dei Trattati istitutivi e tale azione inizia a individuare determinati diritti da tutelare
anche all’interno dell’attuazione del diritto comunitario. La Corte di Giustizia ritiene
che negli ambiti che sono di competenza della Comunità Economica Europea non
debbano intervenire i giudici nazionali soprattutto le Corte Costituzionali nazionali
(soprattutto quella tedesca e italiana) che avevano minacciato di intervenire
giudicando il diritto comunitario quando questo si fosse posto in contrasto con diritti
fondamentali del cittadino. Per evitare ciò la Corte di Giustizia pone la una sua
azione per tutelare i diritti fondamentali per evitare che Corti nazionali vadano a
esercitare un sindacato su diritto comunitario. Il diritto comunitario, a tal proposito,
ha un valore sovraordinato rispetto ai diritti nazionali e che alcuni atti prodotti dalla
Comunità Economica Europea e successivamente dall’UE sono direttamente
efficaci nei territori degli Stati membri.
La Corte di Giustizia comincia a tutelare i diritti fondamentali dell’individuo e a
creare una sorta di catalogo dei diritti tutelati all’interno del diritto comunitario. Per
fare ciò utilizza la CEDU, già in vigore dal 1950, e, le cd. tradizioni costituzionali
comuni ovvero le tradizioni costituzionali degli Stati firmatari della Comunità
Economica Europea che individuano valori comuni ai vari Stati membri.
Il diritto dell’UE non ha competenza diretta in materia religiosa, perché
appunto è un diritto che ha competenza settoriale ma anche successivamente
quando le CEE vengono fuse e si origina l’UE non si assume mai la competenza
diretta in materia religiosa poiché la materia religiosa è ritenuta una materia di
competenza propria ed esclusiva degli Stati membri. Quindi dall’UE, la religione
viene toccata indirettamente per esempio per quanto riguarda la circolazione di
beni e persone come emerge il fattore religioso? In caso di circolazione di un
ministro di culto da uno Stato all’altro, tale soggetto quali diritti avrà? Potrà essere
conosciuta la sua nomina in un altro Stato? Un altro esempio può essere il diritto di
lavoro che è competenza del diritto comunitario fin dai primi tempi, emergono
problematiche relative all’esercizio della libertà religiosa quando i lavoratori
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Ci sono state anche delle trattative per l’adesione dell’UE alla CEDU, in modo
che anche l’UE debba rispettare il catalogo dei diritti stabiliti nella CEDU tuttavia
questa trattative non sono ancora arrivate a una conclusione.
Carta dei diritti fondamentali che è uno strumento di tutela dell’individuo anche
all’interno dell’applicazione del diritto dell’UE.
Mentre il sistema giurisdizionale previsto dalla CEDU, la Corte di Giustizia non è
competente ad accettare, se non in rarissimi casi, ricorsi individuali per la
violazione dei diritti fondamentali. Quindi ove ci dovesse essere una violazione
dei diritti fondamentali da parte dello Stato, il soggetto competente garante dei
diritti fondamentali è ancora la Corte Europea dei diritti dell’uomo con sede a
Strasburgo.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Parlando della libertà religiosa, bisogna fare una premessa, il collegamento tra
precetti religiosi e la esercizio libertà religiosa, riportando es di contrasto tra norme
religiose e quelle dello stato, ci accorgiamo che molte volte i comportamenti di un
fedele sono motivati da norma religiosa, stringente e obbligante dettata dalla
divinità, dal dio in cui si crede, di coseguenza i precetti che un fedele osserva e i
suoicomportamenti sono corrispondenti ad una norma di diritto divino e quindi
norme che il fedele sente di osservare, che si contrappongo alle norme dello stato,
non spiegabili razionalmente, non conformi all’ordinamento giuriddico. Biogna
vedere come l osservanza dei precetti religiosa ha effetto sull’applicazione del
principio della libertà religiosa e sulla applicazione del principio di uguaglianza,
perché l’osservanza dei precetti religiosi, oggi, in un contesto di di società multi
culturale, metta in gioco problemi relativi all’uguaglianza di trattamento o diversità
di trattamento, quindi occorre osservare coome e quando la libertà religiosa entri in
rapporto con il principio di uguaglianza, tenendo conto che molti precetti relgiosi e
la loro osservanza da parte dei fedeli hanno un ruolo su vari settori della vita
quotidiana, e dunque anche rapporti giuridici tra cittadini fedeli e lo stato e le
istituzioni politiche.
ESEMPI: Osservanza dei giorni festivi prescritti dalla religione, intesi anche come
giorni di riposo, settimanali, es domenica, ebrei sabato o festività religiose. Tutto ciò
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
ha dei risvolti nella vita giuridica, per es per quanto riguarda diritto del lavoro,
possiamo godere dei giorni di riposo, corrispondenti ai giorni di festività. Nel
calendario civile le festivià buddiste e musulmane non sono riconosciute. Questo
problema si può verificare anche nella nostra società secolarizzate per i cristiani, in
molti settori lavorativi, come il settore del commercio, funzionano anche nei giorni Pagina | 51
festivi.
Ultimo esempio: possibilità di portare simboli religiosi o vestirsi secondo la regola
religiosa nell’ambiente di lavoro (sikh e hijab).
CONTESTO: società multiculturali
ESEMPI: prescrizioni alimentari e mense delle strutture pubbliche, Ramadan
digiuno e prestazioni lavorative, abbigliamento e simboli nell'ambiente religiosi
nell'ambiente di lavoro come il turbante sikh ho il velo islamico. Altro esemio,
Ramandan, mese di digiuno, lavoratori in difficoltà con le prestazioni lavorative,
soprattuto nei periodi estivi, si pone il problema su come rendere compatibile il
rispetto della regola religiosa e il rispetto della norma statale e il contesto
economico.
UGUAGLIANZA O DIVERSITA’?
Nella tutela della libertà religiosa, in particolare nella tutela della libertà religiosa in
ambito di foro esterno, ci viene in aiuto il princio di uguaglianza o stiamo o parliamo
di qualcoa di diverso? Che rapporto hanno il principio di uguaglianza e la libertà
religiosa, il rispetto di tutti le confessioni religiose, un principio di tutela delle libertà
religiose?
PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E RELIGIONE
Articolo 3 COSTITUZIONE:
● Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche di condizioni personali e sociali
● è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fa la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica
economica, sociale del paese.
Giurisprudenza costituzionale
Applicazione del principio di uguaglianza
Giudizio di ragionevolezza:
Sentenza n. 340 del 2004 (non su fattore religioso)
● Violazione dell'articolo 3 Costituzione quando situazioni sostanzialmente
identiche siano disciplinate in modo ingiustificato diverso
● Non c'è contrasto con articolo 3 quando alla diversità di disciplina
corrispondono situazioni non sostanzialmente identiche
Esempio: status dei Ministri di culto, hanno ruolo particolare nelle confessioni
religiose, questo status, si distingue il ministro attraverso trattamenti specifici,
tutela del segreto del ministro di culto, ha privilegi o restrizioni. Distinzioni sulla
base della religione ma giusta e ragionevole. La loro condizione è differente rispetto
a quella di altre persone, appartenenti e non a quella religione.
rimozione degli ostacoli alla libertà religiosa può verificarsi attraverso diversi
interventi, ad es, AZIONI POSITIVE: tutte quelle attività dirette e positive, mirate a
rimuovere condizioni di disparità o svantaggio.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
ART. 20 COSTITUZIONE
“il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione ed
istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di
speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di
attività”. Pagina | 57
• È specificazione del principio di uguaglianza e di non discriminazione ex art. 3
della costituzione
• vieta trattamenti sfavorevoli; non esclude trattamento di favore
• rafforza l’affermazione della libertà religiosa
Ritroviamo una possibilità per la libertà religiosa, in congiunzione all’art. 19.
L’art. 20 della costituzione tutela sia le associazioni, istituzioni, per quanto riguarda
ricordiamo il fenomeno associativo, per istituzioni facciamo riferimento a qualcosa
di strutturato che fa rifermento alla disciplina degli enti ecclesiastici. Ci interessa
sottolineare come art 20 tuteli un vario panorama di collettività che hanno fin
religioso, riconosciuti e non. l’art. Non obbliga alle associazioni avere una
determinata forma giuridica perché tutto ciò rientrerebbe in un comportamento di
discriminazione, le tutela tutte indistintamente in quanto perseguono fini religiosi e
poiché la tutela è finalizzata alla tutela della libertà religiosa. Art. 19 e libertà
religiosa funzionano sia come libertà fondamentale ma anche da principio.
Da associazioni a confessioni
La costituzione italiana non si limita a garantire diritto di associazione religiosa ma
parla di confessioni religiose: garanzie specifiche
Racchiude un esempio più ampio dove sono raccolte sia le associazioni che le
formazioni religiose. La finalità religiosa è una dei profili sulla quale si sviluppa la
personalità umana. Il costituente ha deciso ben due art riguardanti le confessioni
religiose.
• Insieme più ampio rispetto a confessioni (livello preliminare a tutela Pagina | 58
confessioni)
• sviluppo personalità umana (anche sotto il profilo religioso)
CONFESSIONI RELIGIOSE
• fanno parte delle formazioni sociali
• art. 7 e posizione peculiare della Chiesa, hanno disciplina peculiare. Su questo
articolo in particolare si concentrò un dibattito dell’assemblea costituente, in
quanto si trattaca di stabilire che posizione dare ai patti lateranensi.
• art. 8: altre confessioni religiose, già incontrato nel primo comma dove parla
della uguaglianza, tutte le confessioni religiose sono libere davanti alla legge.
Negli altri commi parlerà delle confessioni religiose diverse da quella cattolica.
Leggendo insieme tutti gli articoli possiamo dire che l nostro ordinamento ha un
carattere pluralistico, sociale e religioso. Parlando di confessioni religiose come
ordinamenti e formazioni sociali ecc, ci dobbiamo ricordare che si tratta di vere e
proprie istituzioni che producono diritti, norme, consideranti obbliganti dai credenti,
che spesso si scontrato con le norme statali per rispetto un precetto religioso.
ART. 8 COSTITUZIONE
• Comma 1: uguale libertà di tutte le confessioni religiose.
• comma 2: autonomia confessionale
• comma 3: intese tra le confessioni religiose e lo stato
Definizione di confessione?
• Non esiste definizione scritta nella costituzione né in altre norme in vigore
• assenza di definizione: scelta opportuna? Probabilmente si, definire dei
fenomeni
• complessi come quello religioso o associativo religioso, potrebbe significare
escludere dalla tutela tutta una serie di soggetti. Definire una confessione
religiosa in base a riferimenti storici e culturali, rischieremmo di riferirci alla
chiesa cattolica, escludendo le altre. In questo modo si evita di escludere dalla
tutela confessioni religiose strutturate diversamente.
• Ma è necessaria? Una definizione in realtà in alcuni casi è necessaria, la
costituzione definisce un trattamento specifico per le confessioni , bisogna
capire chi sono tali soggetti. È rilevante definirla, per comprendere a chi siamo
davanti, se tale soggetto può accedere a certi diritti e tutele
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Come definirle?
1° Tesi - Distinzione da associazione (Criterio giuridico/istituzionale): tesi
usata dalla dottrina per definire le confessioni religiosi e distinguerle dalle semplici Pagina | 59
associazioni
la confessione viene vista come:
• realtà istituzionale: organizzazione e normazione propria. Una realtà più
istituzionali rispetto alle associazioni semplici
• deve avere una propria visione del mondo: univocità = autonoma da altre
confessioni con finalità proprie.
PROBLEMI
Presenta dei limiti se pensiamo a quanto sia variegato il fenomeno religioso
una tesi di questo genere taglierebbe fuori:
• e le confessioni con scarsa organizzazione e caratterizzazione istituzionale,
coloro che si sono organizzate in modo più spontaneistico
• problema di assicurare la eguale libertà giuridica e l’autonomia organizzativa
• finalità proprie: non sempre servono a distinguere confessioni da
associazioni
Ci possono essere confessioni che scelgono di non darsi uno statuto e di non darsi
un ordinamento interno cosi strutturato.
PROBLEMI
✔ è sufficiente autoqualificarsi?
✔ C. cost. 195/1993, no, per l’accesso ad alcuni benefici
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Citazione sentenza: corte di cassazione nel 2013 del caso dell’UAAR, che aveva
chiesto di essere riconosciuta come confessione religiosa per poter stabilire
un'intesa con lo stato e aderire al sistema di finanziamento statale delle confessioni
religiose.
Lo stato non può limitarsi a una presa d’atto, non basta l'auto qualificazione,
soprattutto per l’attribuzione di particolari diritti. La definizione cambierà in
base a diversi fattori, circostante, autorità statali ecc. la cassazione ha detto che
non ci si può trincerare dietro la difficoltà di dare una definizione.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Corte Cost. sent. 195/1993
• la natura di confessione potrà risultare anche da precedenti riconoscimenti
pubblici
• dallo statuto che ne esprime chiaramente i caratteri
• o comunque dalla comune considerazione
Tutti questi criteri sono generali, non c’è definizione rigida o standard, e autentica
che possono essere applicati di volta in volta in base ai diversi casi. Non vi è una
definizione fissa ma si usano questi requisiti in presenza di una confessione
religiosa.
Nozione aperta e flessibile
• Sebbene ci si possa servire di analogia con “confessione cattolica”, definire una
religione esclusivamente ispirandosi alle religioni di ascendenza biblica è
“illegittimo”: violazione articoli 8, 19 e 20 perché si lede libertà religiosa di chi
segua religioni differenti
• Non casuale assenza in Costituzione di definizione di “confessione religiosa”:
ciò può permettere di andare oltre ai modelli già conosciuti
• Non necessario credo in Essere supremo (buddhismo, taoismo)
• Non necessaria richiesta di appartenenza esclusiva (buddhismo)
• Non esiste nel diritto italiano distinzione tra «confessione» e «sette».
• Può, quindi, dirsi che “confessione religiosa” è una comunità sociale avente una
propria concezione del mondo, basata sull’esistenza di un essere supremo, in
rapporto con gli uomini, ed al quale questi devono obbedienza, rispetto a
venerazione(corte appello di milano, sentenza 2 dicembre 1996, n.4314
scientology caso, il giudice ha cercato di definire confessione religiosa
• problemi/rischi:
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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SINTESI:
• non esiste una definizione di confessione
• la auto qualificazione non basta per accedere ad alcuni diritti specifici
• criteri per definirle (storico, istituzionale e psicologico9 e per distinguerle dalle
semplici associazioni
• definizioni flessibili e attente al contesto
• tutte hanno comunque libertà ex art. 8.1
• riconoscimento? Esiste riconoscimento giuridico? Una procedura
amministrativa?
LEZIONE 8 Pagina | 63
PRINCIPIO DI AUTONOMIA E DISTINZIONE DEGLI ORDINI
La posizione delle confessioni religiose nell’ordinamento italiano
in questa lezione parleremo dei principi che governano lo status delle confessioni
religiose nell’ordinamento giuridico come si definiscono, quali sono le
problematiche giuridiche. Vediamo come sono disciplinate nel nostro ordinamento.
Possiamo riscontrare un doppio binario, abbiamo un articolo che si occupa della
chiesa cattolica, art. 7, e l’altro che si occupa delle altre confessioni religiose, ossia
l’art. 8, ma possiamo individuare due principi, quello della autonomia confessionale,
delineato dal 7.1 e 8.2, e quello pattizio, 7.2 e 8.3, il tutto “sotto” art. 8.1, uguale
libertà di tutte le confessioni.
CONSEGUENZE:
• originarietà e indipendenza degli ordinamenti confessionali rispetto
all’ordinamento dello stato
• affermazione dell’incompetenza dello stato nella sfera di competenza propria
degli ordinamenti confessionali
ARTICOLO 8.2 COSTITUZIONE
ANALISI DELLA NORMA
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
STATUTI
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• da statuto devono risultare: scopo, mezzi finanziari per il raggiungimento,
organi di amministrazione e norme di funzionamento (art. 10 r.d 289/1939)
• verifica sullo statuto (dell’ente esponenziale) è equiparata (impropriamente)
alla verifica degli statuti delle confessioni ex art. 8.2
Nel momento della scrittura della Costituzione si voleva dare un cambio di passo
rispetto alle scelte di epoca fascista per questo si pose il problema che fine avrebbe
fatto il Concordato del 1929: perché da una parte ormai un status quo raggiunto
con la Chiesa cattolica e dall’altra parte era un atto approvato da un regime dal
quale si voleva marcare il cambiamento.
Quindi in Assemblea Costituente si scelse di non tornare al separatismo dell’epoca
liberale, perché si voleva tutelare la pace religiosa raggiunta con la risoluzione
della questione romana appunto raggiunta con la stipulazione dei Patti Lateranensi
nel 1929. Quindi si voleva tutelare un certo equilibrio ormai raggiunto con la Chiesa
Cattolica, la quale peraltro aveva avuto peso nel momento della seconda guerra
mondiale poiché i cattolici avevano partecipato attivamente alla vita dello Stato e
anche nel momento della costituente, prima con il Patto Nazionale di Liberazione
durante l’epoca della Resistenza e poi con la formazione dell’Assemblea
Costituente, il partito cattolico aveva avuto un grosso ruolo nell’entrata
dell’Assemblea. Molti padri costituenti avevano radici cattoliche e aderenti al partito
della Democrazia Cristiana.
Nel disegnare l’ordinamento giuridico repubblicano, i padri costituenti vollero
inserire nella Costituzione alcuni riferimenti al ruolo delle formazioni sociali del
nostro ordinamento. Quindi lo Stato che si configurava era uno Stato democratico e
pluralista che dava un forte ruolo alle formazioni sociali tra le quali le confessioni
religiose. Questo forte ruolo delle formazioni sociali è individuato dall’art. 2 della
nostra Costituzione, un principio personalista e un principio di democrazia plurale
che dà luogo a tali formazioni sociali. Inoltre è un pluralismo confessionale poiché
ruolo della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose, ruolo che fu inserito
nella Costituzione successivamente poiché prima fu discusso dell’art. 7 inerente
allo status della Chiesa cattolica poi si estesero le garanzie anche alle altre
confessioni religiose.
Il principio delle libertà delle confessioni religiose art. 8.1 funziona da cappello
generale per i diritti di tutte le confessioni religiose.
Quindi successivamente si fede un patto costituente, lo Stato accettava il ruolo
della Chiesa e il peso dei Patti del 1929, e, la Chiesa accettava il ruolo e
l’autonomia dello Stato rispetto alla religione e quindi accettava che lo Stato fosse
uno Stato laico. Stato laico che non avrebbe inserito nella Costituzione alcun
riferimento alla religione cattolica, sia inerente alla religione di Stato sia riferimenti
generali a tale religione come religione di cultura.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
2° Tesi – vedeva l’art. 7.2 una norma sulla produzione giuridica e che avrebbe
costituzionalizzato, non le singole norme, un principio concordatario quindi sarebbe
di valore costituzionale solo il principio.
Ci sarebbe un impegno dello Stato a regolare i rapporti con la Chiesa, in modo
pattizio, e le materie già disciplinate dai patti del 29 – obbligare a utilizzare la
disciplina pattizia.
Secondo questa tesi si sarebbe costituzionalizzato il principio concordatario, poiché
le norme pattizie sono norme ordinarie come appunto la norma di esecuzione del
Trattato e del Concordato del 29. Sono norme ordinarie non hanno valore
costituzionale, tuttavia hanno un impegno costituzionale dello Stato a trattare, in
modo bilaterale, i rapporti tra Stato-Chiesa.
Punti critici tesi:
- Assemblea Costituente non aveva accolto la proposta di Togliatti. La proposta di
Togliatti era quella di inserire in Costituzione un generico principio
costituzionale, mentre invece scrisse l’art. 7 con la citazione esplicita dei Patti.
- Valore del principio concordatario sancisce tuttavia tale tesi non chiarisce quale
posizione hanno i patti nella gerarchia delle fonti e non risolve il sindacato di
costituzionalità sulle norme dei patti.
La dottrina ha elaborato delle tesi intermedie, che sono poi quelle che hanno
prevalso nella lettura di questo articolo.
Queste tesi si fondano sulla teoria che l’art. 7.2 sia una norma sulle fonti, come
aveva affermato Dossetti in Assemblea Costituente.
Cosa significa? Significa che intanto l’art. 7.2 non sancisce un generico
principio pattizio, come voleva la 2° tesi dottrinale, perché contiene un esplicito
riferimento al Concordato.
La Corte Costituzionale afferma, in una sentenza del 1971, che l’art.7 della
Costituzione ha collocato le norme dei Patti Lateranensi su un piano peculiare, e ha
fatto si che per lo Stato derivassero alcuni vincoli e obblighi, in particolare l’impegno
costituzionalmente garantito a conservare i Patti – l’art. 7 lo ha fatto in forza di un
riferimento a norme specifiche e non norme concordatarie.
I Patti in questo modo acquistano un’area di specialità, pur essendo introdotti nel
nostro ordinamento con una norma ordinaria, ma non hanno prevalenza integrale
sui principi costituzionali e tuttavia hanno una forza passiva o di resistenza
all’abrogazione.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Nella scrittura della Costituzione i padri costituenti hanno voluto estendere alle
confessioni acattoliche il metodo bilaterale, con la tendenza (tipica delle discussioni
in Assemblea Costituente) a colmare la condizione di disparità tra la Chiesa e altri
culti che era stata evidente soprattutto in epoca fascista. Con questa tendenza si
inserisce il metodo bilaterale anche alle confessioni non cattoliche parlando
appunto di intese.
Sia per la Chiesa sia per le altre confessioni religiose, il principio pattizio è in
rapporto con il principio di distinzione degli ordini.
Ciò che rientra nell’area intermedia tra sfera di competenza dello Stato e sfera di
competenza della Chiesa cattolica, deve essere regolato per via pattizia appunto
per evitare lo sconfinamento di un soggetto nell’area di competenza dell’altro –
quindi ciò che è di competenza di entrambi non può essere che regolato
bilateralmente.
L’art. 8.2 parla di autonomia confessionale – l’art. 8.3 inerente al principio pattizio
perché anche nelle confessioni religiose diverse dalla cattolica c’è un’area di
specialità e di autonomia.
L’art. 7.2 – parla dei Patti del 1929 che sono trattati internazionali stipulati tra 2
soggetti di diritto internazionale. C’è un valore storico dei Patti del 1929 che
avevano risolto la questione romana e che ci fosse una pace religiosa.
L’art. 8.3 – fenomeno nuovo con l’introduzione da parte dei padri costituenti delle
Intese per portare anche alle confessioni non cattoliche lo stesso trattamento
bilaterale.
Le intese sono patti, sono atti di diritto interno poiché firmati tra lo Stato e le
rappresentanze delle confessioni religiose che sono operanti nel nostro territorio.
Essendo un fenomeno nuovo, si pongono una serie di questioni, in particolare su
determinati termini:
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Le rappresentanze
Il procedimento per arrivare alle intese
Il valore di ‘legge sulla base di intese’
Da parte dello Stato, i rapporti con le confessioni religiose sono intrattenuti in base
all’’art. 8: riferimento normativo legge 400/1998 competenze del Consiglio dei
Ministri. L’art.2.3 lettera l afferma che sono sottoposti alla deliberazione del
Consiglio dei Ministri i rapporti con le confessioni religiose in base all’art. 8.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Durante le trattative il Direttore Generale Affari dei Culti fa parte dalla commissione
per l’intese, quindi interagisce con la Presidenza del Consiglio.
Nella prassi ciò che prevale è una legge identica all’intesa approvata; talvolta ci
sono piccola modifiche che riguardano neanche la forma ma semplicemente la
disposizione degli articoli.
L’art. 8.3 stabilisce una riserva di legge ‘negoziata’ per quanto riguarda i rapporti tra
Stato e confessioni acattoliche – quindi il procedimento legislativo,
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Nel nostro ordinamento non c’è una legge unilaterale sulla libertà religiosa che
afferma i contenuti, come non abbiamo una legge unilaterale inerente alla
stipulazione di intese.
Non avendo una legge unilaterale, le confessioni diverse da quella cattolica
per accedere a determinati benefici devono raggiungere l’intesa.
Per le confessioni diverse dalla cattolica e senza intesa, devono vedere
riconosciuta la personalità giuridica dei propri enti e far riferimento all’art. 2 sui culti
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
ammessi, che prevede una procedura più complessa che non abbiamo nelle
confessioni con intesa.
Le confessioni diverse dalla cattolica vogliano raggiungere questo strumento e il
fatto che questo principio sia rimasto inattuato fino al 1984 e poi abbia avuto
diverse fasi fa capire che non è così immediata l’attuazione dell’art.8.3.
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Le intese oggi
1. Legge 30 luglio 2012 n. 126 - Sacra arcidiocesi ortodossa d'Italia ed Esarcato
per l'Europa Meridionale
2. Legge 30 luglio 2012 n.127 - Chiesa di Gesu' Cristo dei Santi degli ultimi
giorni (Mormoni)
3. Legge 30 luglio 2012 n.128 - Chiesa apostolica in Italia
4. Legge 31 dicembre 2012, n. 245 Unione Buddhista Italiana
5. Legge 31 dicembre 2012, n. 246 Unione Induista Italiana
6. Legge 28 giugno 2016, n. 130, Soka Gakkai
Le varie intese firmate tra il 2000-2007 e approvate solo nel 2012, dopo un iter
molto lungo.
Talvolta succede che le intese vengano firmata dal Governo e dalla rappresentanza
della confessione religiosa ma poi non viene proposto il disegno di legge in
Parlamento le intese non concludono il loro iter e rimangono inattuate e senza
nessun rilievo per l’ordinamento giuridico.
In particolare l’Intesa con i Testimoni di Geova, firmata nel 2007 ed è priva ancora
oggi di legge d’approvazione. Inoltre mancano intese con confessioni religiose
importanti (Islam e Anglicani).
Per quanto riguarda l’intesa con l’Islam: l’Islam ha un problema di individuare quale
sia il soggetto competente a stipulare un’intesa con lo Stato perché ha soltanto un
ente ecclesiastico con personalità giuridica riconosciuta nel nostro ordinamento che
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
è la Moschea di Roma – che molti musulmani presenti nel nostro territorio non
considerano come ente rappresentativo della comunità.
Un altro problema è che non esiste un solo Islam, ma sono presenti molte comunità
diverse con diversi orientamenti e prassi – quindi non è facile avere una
rappresentanza che possa condurre trattative con lo Stato italiano.
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È difficile stipulare intese poiché in questa materia entrano in gioco fattori politici
quindi non soltanto giuridici – quindi guardiamo con la visione del giurista il
procedimento e le norme in riferimento ma bisogna sottolineare anche fattori storici,
politici e sociali.
LEZIONE 10
INTESE UGUAGLIANZA DIVERSITA’
in quasi tutte le intese c’è una ripetizione di argomenti e contenuti. È necessario
capire se questa ripetitività di contenuti e questa uguaglianza tra intese potrebbe
causare problemi.
Abbiamo parlato della disciplina della intese, sostenendo che dipendono dai
rapporti tra stato e confessioni religiose quindi in teoria ogni confessione ha una
propria disciplina sui rapporti.
Ogni confessione ha diverso modo di disciplinare i rapporti. Si nota che le intese
siamo molto simili tra di loro. Questo non significa però che i rapporti tra stato e
confessioni religiose siano simili oppure si?
QUESITI:
• Le intese: uguale libertà, differenze o somiglianze?
• Come intendere i “rapporti” tra stato e confessioni religiose?quali materie
sono trattate dalle intese?
• Quali differenze di trattamento sono ammissibili?
• Il modello disegnato dalla costituzione funziona? Quali criticità nell’attuazione
dell’art. 8.3 cost?
Per poter rispondere a tali domande partiamo da un raffronto tra varie intese.
l’accordo di villa madama non fa riferimento all’art. 8.3, ma è un accordo di
revisione del concordato. Partiamo dall’accordo del 1984 perché è la base per la
stipulazione delle imprese.
LE MATERIE
• Procedure certe di riconoscimento per ministri di culto e per altri enti legati
alla confessione
• 8 per mille e benefici fiscali
• insegnamento religioso nella scuola pubblica
• assistenza spirituale nelle strutture segreganti” come diritto
• beni culturali
• edifici di culto
• matrimonio
• festività e riposi
• alimentazione
INTESE TRA UGUAGLIANZA E DIVERSITA’
STRUTTURA DELLE INTESE
possiamo notare alcuni aspetti, soffermandoci sulla struttura, notiamo la
somiglianza, stessa scansione di argomenti e si richiamano ad aspetti formali simili
a quella cattolica e ricordano l’accordo di villa madama. Ci chiediamo se:
tutte simili: e l’autonomia confessionale?
• Richiamo ad aspetti organizzativi/formali simili a Chiesa cattolica
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
CONTENUTI
Si ripetono, uguaglianza (formale o sostanziale?) o diversità? In questo caso ci
chiediamo se la ripetitività dei contenuti è un caratteristica delle intese che va a
discapito dell’uguaglianza sostanziale dell’ordinamento
MATERIE CHE RIGUARDANO LA SPECIFICA CONFESSIONALE? Pagina | 81
Poche (alimentazione, festività)
LE “INTESE FOTOCOPIA”= chiamate cosi dalla dottrina, per il loro carattere simile,
e rappresentano la fotocopia di ciò che è stato scritto dalla chiesa nel 1984.
POSSIBILI MOTIVAZIONI DELL'OMOGENEITÀ’
POLITICHE:
Mettere le confessioni religiose firmatarie sullo stesso piano della chiesa cattolica.
POLITICO-GIURIDICHE
• Manca una legge unilaterale su libertà religiosa, che sia in grado di
assicurare determinati diritti o garanzie relative allo status delle confessioni
religiose, cattoliche e non, solo la legge dei culti ammessi 1119 che però
risente del periodo nella quale è stata approvata (periodo fascista), si tratta
comunque di una legge del 1929
• l’intesa è l’unico strumento per dare alcune garanzie alle confessioni
cattoliche
LE INTESE FOTOCOPIA CONFORMI AL DISEGNO DELLA COSTITUZIONE
• il sistema delle intese per come si è sviluppato è conforme al principio
pattizio? E a quello di uguaglianza? E di autonomia confessionale?
• Nelle intenzioni del costituente le intese riguardano i rapporti tra lo stato e le
singole confessioni: dunque anche specificità. Quindi si tratta di un sistema
che sulla carta e sulla costituzione era pensato per dare un trattamento
specifico alle confessioni (non andando in contrasto con il principio di
uguaglianza) di fatto c’è qualche dubbio sul significato o sulla tenuta del
sistema, anche se nato per curarsi del specificità
IL PROBLEMA DELL’OMOGENEITA’ DELLE INTESE RIGUARDA:
• La mancata regolamentazione delle materie nelle quali occorrerebbe tener
conto delle specificità confessionali, che devono essere trattate ma hanno
avuto ruolo residuale
• la disciplina di diritti comuni (non relativi a specificità confessionali) nelle
intese, strumenti riservati alle singole confessioni), problema di
disuguaglianza. La disciplina dei diritti comuni diventa un problema perché si
finisce di dare quei diritti solo a chi fa parte delle intese e non hanno a tutti le
confessioni religiose. Le confessioni entrano nell’ottica che devono firmare
un’intesa per accedere a diritti, questo perché manca una legge moderna
sulla libertà religiosa.
A questo si somma la mancanza di una legge unilaterale efficace sulla libertà
religiosa
fin dagli anni 50/60 richiesta/proposte di legge unilaterale su libertà religiosa : non
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
approvata
DUE QUESTIONI
1. L’uguale libertà nelle questioni “non specifiche”
2. problema di accendere all’intesa
QUESTIONI N. 1, UGUALE LIBERTA’
determinati contenuti di libertà non possono essere subordinati alla presenza di
un’intesa
Sent, n.195 del 1993. la corte cost. Specifica che questa clausola della regionale
era illegittima perché avere un edificio di culto è parte dei contenuti di liberà
religiosa che aspettano a tutti e non solo le confessioni che hanno firmato una
intesa. Determinati contenuti di libertà non posso essere subordinati alla firma di
una intesa.
• Procedura: prassi
• rischio: discrezionalità
Importante precisare come si avvia/ si sviluppa un iter che diventa importantissimo
per godere di determinati contenuti di libertà.
La firma dell’intesa diventa importante per uscire da una disciplina obsoleta e più
Pagina | 83
gravosa.
Se questo iter è cosi importante, allora è importante precisare i confini della
discrezionalità, che se allargata diventa una discrezionalità sul godimento di una
libertà fondamentale.
negata
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
E’ vero, ma non si dice che le intese sono necessarie per tutelare le specificità
SISTEMA PIRAMIDALE
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1. confessioni con accordi specifici: diritto speciale
2. confessioni con specifiche tutele: es. esenzioni fiscali
3. confessioni con limitati rapporti con lo Stato: diritto
Premessa etimologica sul significato del termine laicità – si può far derivare tale
termine dal grego laikos che vuol dire del popolo, quindi un qualcosa relativa alla
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
cittadinanza in generale quindi al popolo non religioso. Quindi laico traslato vuol
dire tutto quello che non è religioso e appartiene alla popolazione normale e non fa
parte dei ministri consacrati.
La religione deve rimanere nella sfera privata della Chiesa con una tendenza al
separatismo tra Chiesa e Stato, tuttavia non si è mai riusciti ad avere un
separatismo netto tra i due ordinamenti.
Anche in Francia ove si afferma in maniera forte il principio di laicità, nel 1905 con
la stesura della legge di separazione tra Stato e Chiesa, in realtà si continuerà ad
occuparsi dei rapporti tra Stato e confessioni religiose. Tale legge afferma che lo
Stato non sovvenziona, non tutela e non finanzia nessun culto tuttavia si occupa di
fatto di regolare i rapporti tra le confessioni religiose – quindi non c’è mai una rigida
separazione.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Quindi non c’è un’indifferenza rispetto al fattore religioso ma una tutela alla libertà
del regime di pluralismo. Lo Stato laico non deve astenersi a tutelare la libertà
religiosa ma lo deve fare purché rispetti una equidistanza e il pluralismo
confessionale.
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Contenuto fondamentale della distinzione degli ordini che significa:
- Divieto di ingerenze reciproche e divieto di commistione tra gli apparati dello
Stato e la religione.
- Non identificazione dello Stato nelle opzioni religiose – quindi Stato neutrale
nei confronti delle varie opzioni religiose.
Rifiuto dell’argomento numerico per la tutela della libertà religiosa
Tutela del fattore religioso in ottica egualitaria e pluralistica – la laicità è
funzionale alla libertà religiosa.
Atteggiamento positivo verso la tutela del fattore religioso iniziamo a parlare
della laicità nell’ordinamento italiano – specificità della laicità.
Nel nostro ordinamento la laicità viene letta come una laicità positiva, non ostile alla
religione. Lo Stato è neutrale ma anche non indifferente rispetto al fattore religioso.
Quindi la tutela della libertà religiosa è consentita a condizioni sia fatta in un regime
di pluralismo.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Per sentimento religioso si ritiene tutti quei sentimenti delle persone che hanno una
fede religiosa che vengono violate da atti di intolleranza religiosa.
Artt. 402-406 c.p. che hanno a che fare con tale tutela. Nel Codice Rocco, che è
quello vigente, la tutela penale era disegnata con un privilegio per la religione di Pagina | 90
Stato che era tutelata penalmente da atti di offesa.
A questi articoli si aggiungeva nel 406 che per quanto riguarda i medesimi reati
(vilipendio, offesa ministri di culto) – reati simili che fossero perpetrati contro i culti
ammessi dello Stato, la pena era diminuita – c’era lo stesso la configurazione del
reato ma la sanzione era diversa rispetto a quella prevista per la religione di Stato
La Corte con diverse pronunce, prima della modificazione di tali articoli avvenuta
nel 2006, è intervenuta più volte rilevando l’incostituzionalità di varie norme nel
codice penale che disciplinavano la tutela penale del sentimento religioso. Affermò
in particolare che questa tutela, con gradi differenziati, violava il principio di laicità e
uguaglianza. In particolare afferma che la laicità caratterizza in senso pluralistico la
forma dello Stato entro il quale hanno da condividere in ugual libertà fedi, culture e
tradizioni diverse.
Si parla di equidistanza e l’imparzialità dello Stato nei confronti di tutte le religioni e
di pari protezione della libertà di coscienza e uguaglianza di tutte le fedi le sentenze
del 97 e del 2000.
La libertà religiosa e di coscienza del singolo è collegata alla laicità, poiché la laicità
vuole che lo Stato abbia uno sguardo plurale nei confronti dei cittadini a
prescindere dalla scelta confessionale o aconfessionale.
Ulteriore osservazione inerente all’argomento numerico nei confronti delle
confessioni religiose – la Corte Costituzionale afferma che non rileva per la tutela
della libertà religiosa il numero dei credenti quindi lo Stato deve tutelare tutti e con
condizioni uguali a prescindere dal numero dei fedeli.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Un altro argomento che viene citato è quello della non commistione tra istituti
religiosi, ovvero giurare sui testi sacri, e, finalità dello Stato cioè raccogliere un
giuramento veritiero dei testimoni. La non commistione è un altro dei contenuti
importanti del principio di laicità.
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Sentenza 421/1993 sul matrimonio concordatario e riconoscimento sentenze
di nullità
Si afferma in particolare che il giudice civile non può esprimere la sua giurisdizione
sull’atto di matrimonio che si è originato nell’ordinamento canonico. Nel momento in
cui si va a riconoscere una sentenza di nullità, il giudice italiano non può
pronunciarsi nel merito e non ha competenza sull’atto di matrimonio canonistico.
La normativa vigente consente alcuni controlli al giudice dello Stato nel momento in
cui la sentenza di nullità canonistica deve essere delibata tecnicamente
nell’ordinamento, tuttavia non può pronunciarsi su aspetti religiosi.
Da queste sentenze ricaviamo, come contenuto della laicità, la distinzione degli
ordini che è un principio fondamentale e divieto d’ingerenza statale nelle questioni
religiose. Inoltre c’è la non identificazione dello Stato con alcune opzioni religiose,
andando a operare come se fosse competente in quel particolare ambito religioso.
Dalle pronunce della Corte Costituzionale ricaviamo che lo Stato italiano da una
parte non può parteggiare per una religione e dall’altra parte non può rimanere
indifferente al fattore religioso. Sono due versanti che possono sembrare in
contraddizione tra di loro, in effetti le difficoltà della lettura del principio di laicità
derivano anche da questi aspetti.
Quando si afferma che lo Stato non può rimanere indifferente nei confronti delle
altre religioni, in realtà bisogna ricordare che il principio di uguaglianza-
equidistanza e imparzialità che è inseto nel principio di laicità dovrebbe
contemplare anche le opzioni di chi non crede.
In Italia equidistanza e imparzialità verso le religioni non significano totale
astensione dello Stato dalla tutela della libertà religiosa – significano non
indifferenza verso la libertà religiosa.
In altri Paesi la laicità significa non intervento dello Stato e separazione netta tra
Stato e confessioni religiose – esempio la Francia.
Non indifferenza
La laicità contemporanea è completamente diversa da quella ottocentesca, lo
Stato contemporaneo è uno Stato sociale e interventista – Stato che interviene
positivamente alla tutela dei diritti individuali, libertà e uguaglianza ivi compreso
la libertà religiosa .
È uno Stato che tutela l’uguaglianza anche dal punto di vista sostanziale, quindi
uno Stato non è indifferente ma vede con favore l’esercizio della libertà
religiosa.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Pluralismo confessionale
Bisogna essere favorevoli nei confronti di tutto le confessioni religiose ivi
comprese secondo la dottrina anche le opzioni aconfessionali.
La laicità italiana è diversa da quella francese – la laicità italiana ha le proprie
radici con la nascita del Concordato e presa di coscienza della presenza di Pagina | 92
confessioni religiose nel nostro ordinamento importanti.
La laicità francese ha le sue radici nella separazione tra Stato e confessioni
religiose. Anche se in origine la parola laicità indicava una separazione tra clero
e semplici fedeli.
Obblighi derivanti dalla laicità per i pubblici poteri
1) Salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo
2) Atteggiamento di imparzialità nei confronti di tutti i culti – trattarli con neutralità,
senza patteggiare per nessuno
3) Garantire pari protezione alla libertà religiosa di ciascuno, indipendentemente
dall’appartenenza religiosa, quindi anche agli atei
4) Rispettare la distinzione degli ordini
Lo Stato dovrà quindi rispettare tutte le opzioni religiose, non valutare i principi
confessionali poiché incompetente e lo Stato non avrà una religione ufficiale.
Ruolo del principio di laicità
Principio supremo dell’ordinamento costituzionale
Principio sintetico – riassume gli aspetti fondamentali dell’ordinamento italiano
di libertà religiosa, citato precedentemente che diversi contenuti del principio di
laicità si collegano con altri contenuti del modello italiano di diritto ecclesiastico
(uguaglianza, pluralismo, distinzione degli ordini). Sintetico, in quanto riassume
gli aspetti principali inerenti al trattamento della libertà religiosa.
Parametro di costituzionalità di tutta la normazione in materia di libertà
religiosa ivi compresi le norme pattizie, perché appunto essendo un principio
supremo si possono misurare nel sindacato di costituzionalità anche le norme
del Concordato alla luce del principio di laicità.
Direttrice della politica in tema di libertà religiosa quindi la politica religiosa
deve perseguire l’obiettivo principale ‘della salvaguardia della libertà di religione,
in regime di pluralismo confessionale e culturale’.
Frase professor Jemolo, padre fondatore del diritto ecclesiastico, il quale osservava
che nonostante l’enunciato del principio di laicità – secondo il quale lo Stato è
aconfessionale, laico e equidistante rispetto alle confessioni religiose: secondo
Jemolo ci sarebbe un confessionismo di costume che farebbe sentire cittadini di
seconda classe i non cattolici.
93
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Qualche interrogativo sorge dal momento in cui l’accesso all’intesa non è una cosa
facile da ottenere e quindi le confessioni senza intesa sono tali per un loro volere
ma molto spesso perché risentono di un’applicazione di una discrezionalità
amministrativa.
Tutti questi dati bisogna misurarli col principio di laicità.
Pagina | 94
L’applicazione del principio di laicità: questioni problematiche
• Quali significati vengono maggiormente applicati e quali rimangono più difficili
da applicare?
• Come interviene il principio di laicità nell’analisi di norme privilegiare o di norme
retaggio del passato?
• Che fare di fronte al multiculturalismo?
• È davvero applicato come principio supremo, o risente di oscillazioni politiche e
ideologiche (anche nella giurisprudenza)?
94
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Principio di laicità in rapporto con gli altri principi che guidano il diritto
ecclesiastico
La laicità in rapporto con l’art. 2 del principio personalistico, indica un’attenzione
per il valore dei diritti dell’individuo. La laicità intesa in questo senso, indirizza lo
Stato verso la tutela dei diritti e della persona in senso pluralistico e afferma un
valore delle confessioni.
La laicità è in funzione dell’individuo e dei suoi diritti – indirizza l’azione dello Stato
verso la tutela della persona e delle formazioni sociali.
La laicità in rapporto con l’art. 19 tutela della libertà religiosa, la laicità non nega
il valore della religione come dimensione fondamentale dell’individuo – quindi non
va inteso come limite all’esercizio della libertà religiosa.
Un’altra interpretazione è data dalla Francia nella legge che vieta di portare simboli
religiosi a scuola; la Francia ha scelto di limitare l’esercizio della libertà religiosa per
favorire la aconfessionalità dello spazio pubblico. (non si sta parlando di simboli
religiosi presenti nell’aula ma di simboli portati dall’individuo come espressione
della propria libertà individuale).
95
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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97
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
TERMINOLOGIA USATA
ENTI ECCLESIASTICI O ENTI RELIGIOSI?
Per quanto riguarda la terminologia usata nelle norme troviamo il termine enti
ecclesiastici perché la vicenda nasce con riferimento alla chiesa cattolica,
successivamente anche nelle intese con altre confessioni religiose viene adottato
il modello per la religione cattolica tra cui anche la terminologia. Prime intese sono
state firmate con chiese cristiane, rappresentano il modello.
In altri casi sarebbe stato più opportuno usare un termine più generale come ENTI
RELIGIOSI, nelle intese più recenti si utilizza il termine ente religioso o della
confessione x. Le intese più recenti riguardano realtà confessionali molto diverse
da quella cristiana. Tutti questi termini servono ad indicare però la stessa realtà.
enti, con il fine di tute libertà religiosa non devono subire svantaggi, si collega
questo principio a quello sulla libertà religiosa.
ART. 20 DELLA COSTITUZIONE
se andiamo leggere il testo di questo art vediamo come cita il termine
“ecclesiastico” e il fine di religione o di culto d’una associazione o istituzione non
possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali Pagina | 99
per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. In dottrina si parla
di istituzioni e carattere ecclesiastico si fa riferimento alle realtà che si riconducono
al termine di ente ecclesiastico , che fa pensare ad una appartenenza più stretta
alla religione annessa, quando parliamo di fine di religione e di culto si può parlare
della semplice finalità e quindi si può trattare più in genere di associazioni o realtà
con finalità di culto. L ‘ Art parla di istituzioni ovvero gli enti con carattere
ecclesiastico ossia di appartenenza ad una confessione religiosa , non solo
collegato alla chiesa cattolica ma anche altre confessioni religiose. Proseguendo
sulla lettura, notiamo che la costituzione stabilisce che questo carattere
ecclesiastico e fine di culto non possono essere causa di speciali limitazioni e fa
degli esempi di limitazioni vietate, elenco non esaustivo , troviamo limitazioni
legislative, sgravi fiscali, riferimenti alla capacità giuridica, alla costituzione dell’ente
e ogni forma di attività. l’art. 20 ovviamente non vieta invece trattamenti di favore
che esistono, perché nel momento in cui lo stato si occupa del riconoscimento degli
enti, riserva a queste strutture un trattamento specifico, di diritti peculiari.
criteri e limiti sul riconoscimento dell’ente perché non vuole dare questo trattamento
speciale e questa tutela a chiunque.
art. 7.3 agli effetti tributari gli enti ecclesiastici aventi fine di religione o di culto,
come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli aventi fine di
beneficenza o di istruzione. Le attività diverse da quelle di religione o di culto,
svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della
finalità di tali enti, alle leggi dello stato concernenti tali attività e al regime tributario Pagina |
previsto per le medesime. 101
• Disciplina di favore: anche per questioni fiscali
• non si escludono attività diverse da quelle di religione, ma normativa speciale
solo per le prime
• quindi: specialità della disciplina per gli enti ecclesiastici (rispetto delle
caratteristiche proprie degli enti nell’ordinamento canonico), ma trattamento
di favore solo per attività di religione
ATTUAZIONE DELL’ACCORDO
art. 7.6 all’atto della firma del presente Accordo, le parti istituiscono una
commissione paritetica per la formulazione delle norme da sottoporre alla loro
approvazione per la disciplina di tutta la materia degli enti e beni ecclesiastici e per
la revisione degli impegni finanziari dello stato Italiano.
• Legge n.222 del 1985: disciplina di dettaglio per enti e beni (norme approvate
da commissione paritetica, ex. Art 7.6 accordo, quindi hanno natura pattizia)
Il requisito dell appartenenza esiste anche per le intese, spesso si utilizza anche
una terminologia simile a quella usata nell’accordo di villa madama. Un caso
particolare all’assemblea di Dio in Italia, che hanno scelto nella loro intesa con lo
stato di elencare gli enti che avrebbero ottenuto il riconoscimento della personalità
giuridica, quindi esiste un numero chiuso, un elenco tassativo di enti che ricevono
101
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
la personalità, in questo caso non ha senso parla della approvazione della entità
ecclesiastica, prova di appartenenza dimostrata dall’inserimento dell’ente in questa
lista.
SEDE IN ITALIA
altro requisito soggettivo, in capo all’ente, previsto sia da accordo villa madama, da Pagina |
norme di altre intese con confessioni non cattoliche e dalla legge 222 del 1985. 102
questo requisito è connaturato l fatto che l’ente riceva il riconoscimento
nell’ordinamento italiano. Lex 222 parla anche di enti che operano al di fuori dei
confini statali, come istituti di vita consacrata che devono avere sede principale in
italia, la loro attività deve svolgersi in territorio italiano o di missione.
102
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
ART. 2 secondo comma lex 222: per altre persone giuridiche canoniche, per le
fondazioni e in genere per gli enti ecclesiastici che non abbiano personalità
giuridica nell’ordinamento della chiesa, il fine di religione e di culto è accertato di
volta in volta, in conformità alle disposizioni dell’articolo 16.
LE FORME DI RICONOSCIMENTO
1.RICONOSCIMENTO PER LEGGE: significa che in un testo normativo alcuni enti
ecclesiastici vengono riconosciuti automaticamente per una disposizione prevista
dalla legge, per esempio molte norme pattizie o lex 222 attribuiscono al alcuni enti
determinati compiti considerati necessari per la vita della confessione religiosa. es.
art 13 della lex 222, non c’è un procedimento vero e proprio perché le leggi sono
riconosciute dalla legge stessa. Iter molto breve che si conclude con l'entrata in
103
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
vigore della lex ed esiste per motivi di opportunità in quanto molto enti sono
necessari il funzionamento della confessione religiosa.
2. PER ANTICO POSSESSO DI STATO: riguarda tutti gli enti che hanno una
personalità giuridica antecedente al concordato del 1929, e altre norme pattizie
prevedono una forma di riconoscimento simile. Questi enti non devono ottenere il Pagina |
riconoscimento con decreto ma possono sostituire il decreto con un attestato del 104
ministero dell’interno che attesta l’esistenza della personalità giuridica e i requisiti
necessari per ottenerla. A questo punto dobbiamo ricordare che questa è una forma
di riconoscimento residuale.
3. PROCEDIMENTO ABBREVIATO: previsto dalla lex 222 del 1985, per quanto
riguarda alcuni enti della confessione cattolica, nello specifico diocesi e parrocchie.
Si afferma che acquistano personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione
nella gazzetta ufficiale del decreto del ministero dell’interno che conferisce alle
singole diocesi e parrocchie la qualifica di ente ecclesiastico civilmente
riconosciuto. c’è dunque una recezione da parte del ministro dell’interno e
direttamente un decreto che conferisce personalità. È un procedimento residuale e
speciale per l’adeguamento del sistema italiano alle modifiche apportate dal codice
canonico del 1983 al sistema di sostentamento del clero: che voleva benefici
parrocchiali, sostentamenti.
QUESTIONI:
Che tipo di potere ha l’amministrazione nella verifica dei requisiti?
Discrezionalità amministrativa, entro certi limiti
può disattendere le conclusioni del parere del consiglio di stato? Si, parere
non vincolante
che natura ha il decreto? Natura costitutiva: ente assume la qualifica di ente
ecclesiastico civilmente riconosciuto (art. 4 legge 222/1985)
104
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
105
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
106
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
avere lo statuto ma sono venute a cadere con riforme nel 2000), si danno poi altre
forme come le onlus, le organizzazioni di volontariato o associazioni di promozione
sociale.
I problemi di utilizzare queste forme associative per finalità̀ religiosa sono:
1. Uso improprio di alcune forme associative per finalità̀ religiose: da statuto Pagina |
107
infatti devono risultare attività̀ che non prevedono quelle religiose, quindi non
ottengono alcuni benefici che invece otterrebbe se risultassero le giuste
attività̀ . Vi è inoltre un obbligo di rispettare alcuni principi (es. democraticità̀
interna) che non sono propri degli enti religiosi.
2. Mimetismo delle organizzazioni religiose non accettato: da un lato vengono
messi paletti al riconoscimento, dall’altro l’orientamento del Consiglio di Stato
è che non vada bene assumere forme diverse e quindi gli enti devono
seguire quanto stabilito dalla legge sui culti ammessi. Per alcune attività̀
occorre la qualifica di ente religioso, ad esempio per la gestione di luoghi di
culto aperti al pubblico (es. islam).
107
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
dei benefici ovvero patrimoni collegati agli enti ecclesiastici, patrimoni immobiliari
come edifici, campi, collegati a diocesi o parrocchie che davano un sostentamento
al clero che vi operava. Es, diocesi Milano godeva della rendita di tot campi ed
edifici da cui si sostentava. Poi lo stato interveniva con i supplementi di congrua
ovvero dei veri e propri versamenti che servivano a rendere congruo il
Pagina |
sostentamento di particolari enti in difficolta, es parrocchia con beneficio meno
108
redditizio riceveva un supplemento in denaro per rendere più congruo il flusso di
denaro previsto per quella particolare porzione di ministri di culto che operano in
quell’ente.
OGGI: i sistemi di finanziamento deve essere conforme dei principi costituzionali, in
particolare quello di uguaglianza, laicità e liberta religiosa. Quindi non più solo della
chiesa cattolica ma anche degli altri culti, quindi il sistema di finanziamento deve
essere a favore di tutti i culti che operano nel nostro ordinamento.
Finanziamento: quadro normativo. slide 5 e 6 lista leggi per ogni culto con patto.
Due forme di finanziamento
Sono previste due forme di finanziamento
1) Le oblazioni volontarie (offerte)
2) 8x1000
Queste due forme sono previste solo dalle norme pattizie quindi lg 222/1985 per la
chiesa cattolica e poi le intese con le altre confessioni acattoliche. La legge 222 ha
invitato queste forme di finanziamento modificando il sistema precedente dei
benefici. Poi modello esteso alle varie confessioni che accedevano all’intesa in
base all’art 8 della cost. Non tutte le confessioni acattoliche hanno aderito alle
forme di finanziamento ma con alcune differenze. Tutte le norme relative a queste
due forme di finanziamento sono nelle norme pattizie.
In generale nella dottrina c’è chi ritiene entrambe le forme di entrate indirette,
perché sono entrate che arrivano dalla tassazione dei cittadini alle quali lo stato
rinuncia in favore delle confessioni religiose.
Le oblazioni volontarie è un sistema indiretto, lo stato che rinuncia ad una parte di
entrate fiscali, prende una quota di denaro e la versa in favore delle confessioni
religiose.
8x1000 è un sistema più diretto perché sono entrate che spetterebbero allo stato.
Oblazioni volontarie
il sistema delle oblazioni volontarie è molto semplice: è la possibilità per i
contribuenti di dedurre dal proprio reddito complessivo le erogazioni liberali in
denaro fino all’importo di due milioni di lire (oggi 1032.91 euro) a favore dell’istituto
centrale per il sostentamento del clero. contribuente che può fare delle offerte
volontarie in denaro per l’istituto centrale per il sostentamento del clero che ha sede
a Roma e si occupa della remunerazione dei sacerdoti cattolici. Queste offerte
108
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
possono essere dedotte dall’imponibile cioè la somma di reddito del cittadino che
serve allo stato per calcolare l’IRPEF (imposta sulle persone fisiche). Se dal mio
imponibile detraggo tutte le spese detraibile finisce che pago meno tasse e lo stato
riceve meno entrate. Per lo stato quindi è una forma di finanziamento indiretto
perché riceve minori entrate che vanno all’istituto e non alle casse statali.
Pagina |
Lo scopo di questa norma è stimolare le offerte volontarie dei fedeli per arrivare 109
idealmente ad un sistema con cui i fedeli autogestiscono e finanziano le proprie
confessioni in proporzione.
Non tutte le offerte sono detraibili, solo quelle dell’istituto centrale per il
sostentamento del clero, ad es non è detraibile l’offerta per il mio parroco.
8x1000
Art 47 legge 222/1985 prevede che ogni anno una quota pari all’otto per mille
dell’IRPEF venga destinata, in parte “a scopi di interesse sociale o di carattere
umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a
diretta gestione della chiesa cattolica (comma2). Detta ripartizione viene stabilita
“sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale
dei redditi” ed in caso di scelte inespresse in proporzione a quelle espresse.
(comma 3).
Da tutto il gettito IRPEF viene presa una quota pari all’8x1000. Una parte di questo
finanziamento diretto dai cittadini andrà allo stato, l’altra parte alla chiesa, a
seconda della scelta del contribuente in sede della dichiarazione dei redditi. Lo
stato non destina l’8x1000 di ogni cittadino alla confessione scelta, ma lo stato
destina a prescindere delle scelte dell’intero 8x1000. Poi la ripartizione di questa
parte viene fatta in base alle scelte del cittadino. Con la firma delle intese con le
confessioni acattoliche non si divide più tra stato e chiesa ma si aggiungono le
varie confessioni con intesa. Il problema riguarda la parte di contribuenti che non
effettuano nessuna scelta, che oggi sono circa metà della popolazione. In caso di
scelte non espresse la quota di persone che non hanno indicato nulla va destinata
in proporzione a quelle espresse, con un effetto moltiplicatore per la chiesa o altre
confessioni. Es, se tra tutti i contribuenti il 40% ha scelto la chiesa cattolica, la parte
di 8x1000 senza indicazione sarà divisa in modo che il 40% vada alla chiesa
cattolica.
Finanziamento culti acattolici
Il sistema della legge 222/85 è stato esteso anche alle confessioni con intesa.
Inizialmente la tavola valdese escludeva ogni forma di finanziamento, solo
autofinanziamento con offerte poi nel ‘93 introducono sia 8x1000 sia offerte
volontarie e poi con una ulteriore modifica del 2009 aderisce al sistema scelte non
espresse.
109
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
I battisti, UCEBI, nella loro intesa inizialmente prevedevano solo offerte volontarie
e non 8x1000 aggiunto poi nel 2012.
Gli avventisti hanno aderito solo in un secondo momento al sistema delle scelte
non espresse.
Pagina |
Intesa ebraica aveva prima del 96 un regime peculiare. Prevedeva una deducibilità
110
contributo annuo versato dai fedeli alla comunità, una sorta di decima/imposta
confessionale. E con la modifica del 96 aderisce all’8x1000 e con un sistema di
offerte deducibili fino a 2 mln di lire (come le altre intese).
Con il tempo quindi, grazie al successo del sistema dell’8x1000 e effetto
moltiplicatore dato dalla ripartizione delle scelte non espresse, quasi tutte le
confessioni acattoliche hanno aderito all’8x1000 e poi anche alla ripartizione delle
scelte non espresse (es, valdesi).
Se tutte le confessioni convergono verso il sistema previsto nella legge 222/85 ci
sono delle eccezioni.
1) Assemblea di dio e chiesa apostolica hanno scelto di rinunciare ai
finanziamenti delle scelte non espresse e l’importo rimane di pertinenza dello
stato.
2) Mormoni (intesa 2012) prevedono unicamente offerte deducibili, nemmeno
8x1000 perché volevano differenziarsi dalla chiesa cattolica sottolineando la
laicità dello stato, aconfessionalità dello stato a loro parere intaccato dal
sistema dell’8x1000. Unici ad oggi.
Nelle intese che hanno aderito alla 222 vi sono da citare alcune differenze nella
destinazione delle quote dell’8x1000. La chiesa prevede di destinare l’8x1000 a
scopo religioso, sostentamento del clero, manutenzione edifici di culto, esigenze di
culto della popolazione ecc. nelle varie intese invece alcuni hanno citato
espressamente scopi sociali, assistenziali, istruzione, beneficienza ecc. in teoria
questo sistema nasce per finanziare la libertà religiosa e per quanto riguarda la
chiesa cattolica il sostentamento del clero che non basta con fondi propri o
donazioni. La destinazione dei fondi dell’8x1000 viene sempre rendicontata allo
stato.
Esempi dai redditi 2015.
Fonte MEF
Il 56% non esprime alcuna scelta in sede di dichiarazione dei redditi, è la parte che
verrà poi redistribuita in proporzione.
Segue la chiesa con il 34% e poi lo stato con il 6% e poi il restante 3% riguarda le
altre confessioni con intesa e con legge 222.
Nella proporzione della parte senza scelta lo stato passa dal 6 al 14%, la chiesa da
34 a 80% e es tavola valdese da 1,3 a 3,2%.
110
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
una realtà lontana al cittadino, slegata dal territorio e non ha la percezione di dove
vadano quei fondi. Le oblazioni volontarie con deducibilità non hanno funzionato,
pochissimo sono coloro che lo utilizzano.
Questione scelte non espresse: già inizialmente presentava dei problemi ma col
tempo questo si è ingrandito, più della metà dei fondi che ricevono gli enti vengono Pagina |
proprio dalle scelte non espresse e quindi sarebbe necessario un ripensamento, 113
come ad esempio assorbire le quote non espresse nel bilanciamento dello stato.
Oltre alla mancanza dell’elemento volontaristico, vi è la disinformazione che
continua ad esserci sul funzionamento del sistema (pensano che non scegliendo
torni allo stato), lo stato non fa per niente pubblicità per la sua quota, nonostante
sia molto utile. Dall’8x1000 vengono delle entrate troppo ingenti alle confessioni. Si
può pensare come meccanismo di rappresentanza nei regimi democratici, quindi
una proporzionalità che non sia cosi sbilanciata, es non è che chi non va a votare
ha dei rappresentanti che non hanno votato, oppure che lo stato assorba quella
parte in quanto ente comune a tutti, credenti e non e che opera senza distinzione di
religioni.
Utilizzo dei fondi da parte delle confessioni religiose e dello stato la chiesa
cattolica li usa a fini di culto e anche per fini sociali, nonostante questo sistema sia
nato per finanziare la libertà religiosa quindi non è sicuro che sia giusto destinare
una parte ai fini sociali, sostando il focus di attenzione da quello originario: chiesa
per fini di culto, stato per fini sociali. Le confessioni con intesa lo usano
“prevalentemente per fini sociali”, lo stato li usa per i fini più disparati addirittura
anche per fini religiosi es, restauro di edifici di culto di proprietà statale. Quindi c’è
una confusione di dove vadano questi fondi e riordino dei fini. Inoltre tutto questo
danneggia il contribuente che comunque rimane disinformato e questo crea sempre
più maggiore disinteresse.
Chi finanziare: la compatibilità del sistema con il principio di uguaglianza vorrebbe
che non sia finanziata solo la chiesa cattolica, in realtà solo le confessioni con
intesa sono incluse nelle oblazioni volontarie e 8x1000. Le intese erano pensate
per disciplinare le regole speciali per ogni confessione religiosa e alla fine
diventano solo un modo per arrivare ai finanziamenti statali, quindi si crea una
corsa alle intese per ripartirsi i fondi pubblici. Da parte dello stato la selezione dei
soggetti avviene anche tramite una valutazione economica delle disponibilità dello
stato, se c’è o meno una coperture finanziaria per pagare l’8x1000 di quella
confessione religiosa, lo si fa in base ad una stima di quante siano i contribuenti
che sceglierebbero quella confessione e destinarne l’8x1000. Anche questa è una
stortura del sistema, perché tutte si sono allineate al modello della legge 222,
aderendo anche alle scelte non espresse, è un sistema che funziona molto bene,
cosi bene da creare una corsa a cercare di ottenere l’intesa per arrivare ai
finanziamenti, anche se avrebbe tutt’altri fini.
Relazione corte dei conti 2014
113
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
La corte dei conti ha scritto una lunga relazione sottolineando le criticità del
finanziamento delle confessioni religiose sottolineando
- ingenti entrate dovute soprattutto alle quote non espresse
-necessario ripensamento delle quote
-necessaria maggiore informazione perché cresce il numero di persone che non Pagina |
esprimono una scelta 114
-sistema che non tiene conto della volontà di alcuni contribuenti di non finanziare
alcun culto, visto anche che lo stato a volte lo utilizza per fini religiosi.
Soluzioni:
-rivedere la percentuale: minore di 8x1000
-aumentare tetto di deducibilità delle offerte volontarie che oggi è 1000euro
-puntare su altri sistemi come quello del 5x1000 dove c’è libero accesso, con tanti
enti anche diversi, sistema pluralistico, possono partecipare anche confessioni
senza intesa, anche se sistema pensato per finalità sociale e non religiose.
Sistema che al momento rimane fermo anche perché ad oggi rimane molto
vantaggioso per le confessioni che ne fanno parte.
LEZIONE 14 I MINISTRI DI CULTO
Prima definizione ci riferiamo a una qualifica civilistica: termine usato all’interno
del nostro ordinamento tuttavia questo termine non è utilizzato all’interno della
religione e in nessun ordinamento confessionale.
I ministri di culto sono i soggetti che hanno una potestà spirituale, di magistero o di
giurisdizione (potere di governo confessionale) sui fedeli in un dato ordinamento
confessionale. Terminologia fa eco a quella che utilizziamo nell’ordinamento
canonico, quindi quando parliamo di ministro di culto in questi termini non possiamo
non avere in mente ciò che accade all’interno dell’ordinamento della Chiesa
cattolica. Le medesime potestà, con differenze, sono presenti anche negli
ordinamenti delle altre confessioni religiose.
In ogni confessione religiosa ci sono alcuni fedeli che si distinguono dagli altri, che
hanno quindi un’appartenenza confessionale differenziata: ovvero non sono
semplici fedeli ma sono fedeli con qualche differenza, appartengono a quella
confessione religiosa ma hanno appunto un’appartenenza differenziata poiché
svolgono particolari funzioni. A tutti questi soggetti, che in ogni ordinamento
confessionale avranno diversi termini, parleremo di parroco, rabbino, imam, a tutti
questi soggetti il nostro ordinamento civile si riferisce quindi con il termine “ministri
di culto” che ha pertanto una qualifica civilistica.
L’appartenenza confessionale differenziata nasce nell’ordinamento confessionale;
qualifica civilistica perché poi lo Stato si occuperà di questi soggetti con una
qualifica generale e onnicomprensiva, cioè riferita a tutte le confessioni religiose, a
prescindere dalle specifiche nomenclature e specifiche funzioni e caratteristiche
che contraddistinguono i ministri di culto e i singoli ordinamenti confessionali.
114
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Sempre ai sensi del principio della distinzione degli ordini, lo Stato non
riconosce direttamente tutte le nomine effettuate nell’ordinamento confessionale
ma attribuisce a queste nomine delle conseguenze giuridiche nell’ordinamento
statuale.
Quindi nell’ordinamento civilistico, la nomina non è presa quanto tale ma riceve
un riconoscimento e delle specifiche conseguenze giuridiche. È come se ci
fosse un presupposto confessionale (nomina) e a questo presupposto
confessionale si collegano nell’ordinamento civilistico delle conseguenze
giuridiche.
117
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
La materia dei ministri di culto l’abbiamo denominata res mixtae, cioè una
materia miste nella quale le competenze dello Stato e confessione religiosa
vengono in contatto e quindi c’è bisogno di un sistema di collegamento che nel
nostro ordinamento è individuato dalla normativa pattizia. Tale normativa è in
grado di effettuare questo collegamento senza violare i principi che dicevamo:
principi di autonomia confessionale, principio di distinzione degli ordini e di
laicità, quindi senza che uno dei due soggetti sconfini nell’ambito di competenza
dell’altro.
Tuttavia non c’è solo una mera comunicazione da parte della confessione
religiosa allo Stato, altrimenti saremmo nel caso di una ricezione automatica di
quanto avviene nell’ordinamento confessionale, cosa che non accade sia per la
definizione di confessione religiosa sia per l’attribuzione di personalità giuridica
degli enti. In forza proprio del principio di laicità e di distinzione degli ordini, il
nostro ordinamento non recepisce automaticamente tutto ciò che avviene
nell’ordinamento confessionale, collega degli effetti giuridici a quel che avviene
nell’ordinamento confessionale ma opera una verifica e controlli prima di
attribuire delle conseguenze giuridiche all’atto avvenuto nell’ordinamento
confessionale.
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Un margine di valutazione più ampio cioè una verifica più ampia si ha per le
confessioni senza intesa, perché il potere di accertamento riguarda anche il
funzionamento delle norme interne confessionali. Quindi si va ad accertare la
qualifica confessionale certificata dalla confessione religiosa senza intesa e le
norme statutarie: lo Stato può andare a verificare che la nomina sia stata svolta
Pagina |
seguendo le norme statutarie che sono dichiarate dalla confessione religiosa
120
stessa.
Si va quindi a verificare la corrispondenza tra qualifica confessionale e qualifica
civilistica del ministro di culto.
Le norme sull’individuazione dei ministri di culto
Norme di natura pattizia
Accordo 1984 con la Chiesa Cattolica
Intese con altre confessioni religiose
Prevedono un margine di valutazione statuale molto limitato, e , si opera quel
collegamento tra i due ordinamenti e consentendo che una semplice
comunicazione dia origine all’ordinamento statale a quella qualifica dei ministri di
culto. Riconoscimento civile delle nomine a determinate condizioni e con alcuni
limiti e oneri, ma non avremo una vera e propria valutazione e discrezionalità dello
Stato nei confronti di queste nomine. Basterà appunto questo strumento di
collegamento individuato dalla norma pattizia, che è strumento di raccordo tra lo
Stato e le confessioni.
Art. 3 Accordo del 1984 con la Chiesa Cattolica
Art. 3.2 prevede che la nomina dei titolari di uffici ecclesiastici è liberamente
effettuata dall’autorità ecclesiastica. Si ribadisce il principio di autorganizzazione,
distinzione degli ordini, libertà di organizzazione interna ivi compreso la libertà nella
nomina. Rispetto al passato non ci sono più placet governativi, quindi non ci sono
più ingerenze da parte dello Stato per le nomine ma c’è una piena autonomia della
Chiesa Cattolica nell’effettuare le nomine.
Per il riconoscimento della nomina agli effetti civili, l’autorità ecclesiastica dà
comunicazione alle competenti autorità civili della nomina degli Arcivescovi e
Vescovi diocesani, dei Coadiutori, degli Abati e Prelati con giurisdizione territoriale,
così come dei Parroci e dei titolari degli uffici ecclesiastici rilevanti per
l’ordinamento dello Stato.
Quindi c’è la piena libertà della nomina ma con un onere e un limite: onere ovvero
la comunicazione e un limite sancito nell’art. 3.3 la cittadinanza italiana dei
ministri di culto, che serve per esercitare particolari funzioni tipiche un esempio
celebrare il matrimonio con efficacia giuridica nell’ordinamento civile. L’art. 3.3
esclude da questo limite il titolare della diocesi di Roma cioè il Pontefice, che per la
sua particolare funzione e ruolo può non essere titolare, e , i cardinali.
120
Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
• Soka Gakkai
• Legge 28 giugno 2016, n. 130, art. 4
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Non sempre è necessaria la strada dell’approvazione di cui all’art. 3 della Legge sui
culti ammessi, ma talvolta può capitare che un ministro di culto sia riconosciuto
come tale anche in un procedimento accidentale.
Ciò avviene anche per il riconoscimento delle confessioni religiose, non è
necessario che percorrano la strada del riconoscimento dell’ente esponenziale
poiché ci sono casi nei quali la confessione religiosa può essere qualificata come
tale, lo Stato riconosce che lì c’è una confessione religiosa in altri modi quindi per
esempio tramite un procedimento incidentale, dinanzi a un giudice in un momento
in cui bisogna applicare una norma rispetto ad un’altra nei confronti di un soggetto,
il giudice potrà affermare se sia o meno un ministro di culto andando a vedere le
norme statutarie dell’ordinamento confessionale.
Regio Decreto 28 febbraio 1930, n. 289 art. 20 – R.D. attuativo della legge sui
culti ammessi
Afferma come si svolge il procedimento dell’approvazione delle nomine dei ministri
di culto, di cui all’art. 3 della legge:
Domanda diretta al Ministero dell’interno dal ministro di culto interessato.
Domanda è presentata all’ufficio per gli affari di culto presso la prefettura, e
deve essere corredata dall’atto, in originale o in copia autentica di nomina, dei
documenti atti a provare che la nomina stessa è avvenuta secondo le norme
che regolano il culto cui il ministro appartiene.
Quindi la confessione deve produrre le norme statutarie per far si che lo Stato
controlli che si tratti di un ministro nominato secondo quelle norme, seguendo lo
statuto della confessione religiosa.
Nel caso di confessioni non conosciute dallo Stato, debbono essere fornite
insieme alla documentazione accennata anche notizie circa la confessione religiosa
stessa quindi sulla sua sussistenza. Dovrà fornire notizie inerenti ai suoi scopi, riti,
mezzi finanziari dei quali dispone, i nomi degli amministratori, l’autorità
ecclesiastica superiore da cui dipende. (riconoscimento incidentale della
confessione stessa attraverso l’approvazione del ministro di culto).
Se la confessione non ha personalità giuridica, o, nessun suo ente ha personalità
giuridica deve produrre una documentazione relativa alla confessione medesima.
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Il momento di approvazione del ministro di culto può essere anche un momento nel
quale il Governo entra in contatto con una confessione religiosa e verifica la sua
esistenza.
Queste facoltà sono collegate all’approvazione della nomine dei ministri di culto, e
l’approvazione ministeriale è necessaria. Sono tutte facoltà con effetti giuridici
particolari nell’ordinamento italiano.
Approvazione non necessaria per godere dei contenuti ‘minimi’ e ‘generali’ del
diritto di libertà religiosa poiché universalmente garantiti dalla legislazione
unilaterale.
In particolare non serve approvazione di cui all’art. 3 l.1159:
Per apertura luoghi di culto (C.Cost. n.59/1958)
Per prestare assistenza spirituale, salvo il caso di forze armate in questo caso
serve un maggior inserimento del ministro di culto all’interno dell’ordinamento
giuridico italiano, una maggiore lealtà per fare il cappellano dell’esercito italiano.
Invece per prestare assistenza spirituale di altro genere nelle strutture pubbliche
non serve l’approvazione (arrt. 5 e 6 del R.D n. 289/1930)
Per tutti gli altri diritti garantiti dalla legislazione unilaterale, laddove si parla di
prerogative peculiari dei ministri di culto non occorre l’approvazione ministeriale
ma queste norme si applicano universalmente a tutti i ministri di culto.
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I diritti e prerogative
Esenzione dal servizio militare, è una norma ormai superata poiché il servizio
militare non è più obbligatorio. Tuttavia qualora fosse reintrodotta la leva
obbligatoria i ministri di culto sono esentati. È un diritto che viene ribadito anche
nelle intese non cattoliche, poiché è un diritto per tutti i ministri di culto.
Trattamento previdenziale legge n.903/1973 possono aderire i ministri di culto
che fanno parte di confessioni religiose che stipulano una mini intesa con lo
Stato proprio per aderire a tale trattamento previdenziale. Quindi lo Stato
quando stipula una mini intesa circoscritta ad ottenere il trattamento
previdenziale dei ministri di culto riconosce che dietro al ministro di culto c’è una
confessione religiosa.
Ai ministri di culto quindi spetta un trattamento previdenziale specifico con
l’iscrizione a un fondo previdenziale, per il servizio da loro svolto nel nostro
ordinamento.
Norme speciali circa il permesso di soggiorno per i ministri di culto che
provengono da Stati esteri. Essi possono entrare nel nostro Stato per funzioni
legate al loro ministero, senza particolari difficoltà. Quindi si possono ottenere
permessi di soggiorno appositamente per la figura del ministro di culto, quindi
non per ragioni lavorative.
Altre prerogative che sono fissate nel dettaglio dalla normativa pattizia. Sono
prerogative che riguardano aspetti specifici delle confessioni religiose, quindi
devono essere specificati nel dettaglio tramite una normativa bilaterale.
Riguardano lo svolgimento di funzioni confessionali e relative conseguenze
civili, per esempio l’assistenza spirituale nelle strutture statali o la celebrazione
di un matrimonio con efficacia civile.
Il ministro di culto in alcuni casi, per esempio nella celebrazione di un
matrimonio, viene equiparato al pubblico ufficiale.
Obblighi e incompatibilità
Ci sono diverse norme unilaterali che prevedono per particolari professioni una lista
di incompatibilità. Un esempio può essere con la professione di avvocato o di
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giudice di pace. Con il tempo incompatibilità previste in norme del passato sono
state abrogate.
Inoltre i ministri di culto sono ineleggibili per la carica di sindaco o di consigliere
comunale..
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Queste norme sono motivate dal peso della figura del ministro di culto, soprattutto
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nel passato poiché la figura del ministro di culto rivestiva per la popolazione un
certo peso. Quindi si riteneva che l’esercizio di particolari professioni e l’essere
eletti ad una particolare carica potesse far si che il ministro di culto influenzasse la
popolazione in modo ingiusto/squilibrato nei confronti di altre persone aderenti ad
altre confessioni religiose.
Disciplina speciale nel diritto penale e processuale
Diritto penale
Ci sono norme unilaterali (riguardano tutti i ministri di culto) nel codice penale che
vietano il reato di vilipendio contro i ministri di culto (art. 403 e 406 c.p.), e, sono
norme cd. sulla tutela penale del sentimento religioso.
Ci sono altre norme che parlano di aggravanti in caso di abuso di potere
nell’esercizio del proprio ministero.
Sono punite le condotte dei ministri di culto collegate ad attività elettorale.
Le condotte dei ministri di culto sono tutte punite dal codice penale a prescindere
da quale tipologia di ministro di culto abbiamo di fronte.
Diritto processuale
I ministri di culto godono di una disciplina peculiare in tema del segreto che
potrebbe essere equiparato, con le giuste distinzioni, al segreto professionale.
I ministri di culto hanno il diritto di astenersi dal deporre su fatti conosciuti
nell’esercizio del proprio ministero. Quindi mantengono il segreto su fatti che si
apprendono mentre esercitano le loro funzioni in senso ampio quindi in generale
l’esercizio del proprio ministero. Quindi tale norma volta a tutelare l’attività del
ministro di culto e spetta al ministro stesso astenersi o meno.
Tuttavia l’autorità giudiziaria può imporre di prestare testimonianza ove ritiene
che i fatti non sono stati appresi nell’esercizio del ministero, verificando quindi la
fondatezza della dichiarazione del ministro di culto.
Le norme ad astenersi sono presenti sia nella normativa unilaterale, quindi nel
codice di procedura penale e civile, sia nelle norme pattizie.
Le norme sul segreto dei ministri di culto sono presenti anche nelle norme pattizie,
in particolare nell’art. 4 nell’Accordo di Villa Madama e riproposto in termini simili in
alcune intese. La presenza delle medesime norme in norme pattizie offre una tutela
più rinforzata a questa tutela dei ministri di culto, per esempio nell’Accordo di Villa
Madama si riafferma che i ministri di culto possono astenersi dal deporre su fatti
conosciuti nell’esercizio del proprio ministero e offrendo così una tutela rinforzata di
questo diritto.
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Nel codice penale ritroviamo un’altra norma ma a tutela del fedele, art. 622 c.p
stabilisce che i ministri di culto possono essere incriminati se rivelano il segreto
senza giusta causa. Quindi i ministri di culto sono obbligati a non rivelare, senza
giusta causa, quanto conosciuto nell’esercizio del proprio ministero.
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È a tutela del fedele, poiché egli nell’esercizio della sua libertà religiosa si affida al
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ministro ed è ritenuto meritevole tanto che il ministro di culto non deve rivelare
quanto appreso se non per giusta causa. Per giusta causa si ritiene ad esempio il
diritto di terzi, se per esempio dal silenzio del ministro di culto potrebbe derivare un
danno ad altre persone, allora il ministro di culto può invocare la giusta causa.
Quindi la giusta causa deve essere collegata all’esistenza di un altro diritto, una
regione vera e propria quindi necessità di tutelare altri soggetti.
Per quanto riguarda le intese, non in tutte le intese ci sono le medesime norme: in
particolare sul segreto dei ministri di culto, solo alcune norme ripropongono la
disposizioni di cui all’art. 4 del Concordato con la Chiesa cattolica.
Le intese inoltre regolano in modo diverso alcuni temi, ad esempio alcune citano
espressamente l’esenzione dal servizio militare altre no, oppure alcune citano con
molti dettagli la materia della nomina dei ministri di culto altre invece affermano un
diritto più generale. Quindi bisogna fare riferimento alle singole intese e all’intreccio
tra norme pattizie e norme unilaterali.
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commesso reati. 4)difficoltà dal pdv normativo perché per esigenze di sicurezza i
nominativi degli imam devono essere comunicati anche quando accessi sono
dall’art 17 (quindi non per forza ministri di culto). Sicurezza nazionale e
internazionale per evitare influenze da parte di organizzazioni esterne terroristiche.
Conseguenze di controlli più stringenti: tra i detenuti si autoproclami un imam e Pagina |
diventa più difficile da controllare. 134
Non cattolici: richiesta del paziente, contratti di volta in volta stipulati con lo stato.
Costi del servizio sono tutti a carico dello stato, ma le confessioni acattoliche
preferiscono pagare da se.
Lg 833/1978 (legge istitutiva del SSN) cerca di superare il doppio binario non
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facendo riferimenti a differenze tra acattolici e cattolici, parla di libertà religiosa per
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tutti nel rispetto della libera coscienza del cittadino.
Nella pratica però le differenze rimangono
Art 38 lg 833/1978 le ASL provvede a stipulare delle intese e accordi con tutte le
confessioni religiose, ordinari diocesani (vescovi) e con tutti gli altri culti.
Anche accordo villa madama e intese parlando di intese successive che
dovrebbero definire i dettagli circa l’organico, le modalità ecc per realizzare
l’assistenza spirituale. Tra lo stato e la chiesa e altre confessioni non è stato firmato
nulla per quanto riguarda l’assistenza sanitaria. È stata firmata solo quella con la
chiesa cattolica per la polizia di stato. Non ci sono ulteriori accordi eppure la
legislazione rinvia a questi per attuare il servizio.
Chiesa cattolica
Modalità stabilite d’intesa (art 11 accordo)
Altre intese solo con la polizia di stato, MANCA intesa ttuativa per gli ospedali.
Confessioni con intesa
Ribadiscono libertà di accesso alle strutture obbliganti per i ministri di culto o altri
soggetti incaricati.
Tema della comunicazione paziente-struttura-confessione religiosa (per far fronte
alle richieste di ricevere assistenza)
In alcuni casi rinvio ad ulteriori intese (es, intesa ebraica)
Peculiarità: oneri finanziari a carico delle confessioni religiose (eccezione intesa
ebraica).
Sviluppo normativo a livello regionale e locale
A livello regionale ci sono avuti ulteriori accordi. Regionali perché tutela della salute
è materia concorrente con regioni (riforma titolo V 2001). La regionalizzazione della
sanità inizia già negli anni ’90 con le riforme del SSN che ha posto molte
competenze sanitarie nelle regioni. Ci sono stati vari accordi di vario tipo che
specificano il dettaglio di assistenza spirituale. ampio sviluppo.
Soggetti della contrattazione- cattolici
Sottolineare una discrasia tra legge 833/68 che parla di intese con ordinari
diocesani competenti per territorio e quello che si è sviluppato a livello regionale. In
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base quest’ultimo approccio i soggetti competenti non sono più solo gli ordinari
diocesani. Poiché la chiesa cattolica è strutturata in modo molto capillare e
gerarchico che ricalca un po’ l’amministrazione dello stato: es diocesi e poi altri
organismi regionali che riuniscono i vescovi della stessa regione. Questo ha
facilitato il colloqui con lo stato perché per ogni regione c’è una conferenza
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episcopale regionale di riferimento. Inoltre nel diritto canonico le decisioni delle
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conferenze episcopali sono valide per le singole diocesi. La contrattazione in merito
all’assistenza spirituale si è sviluppata non tanto come vorrebbe la legge del ‘78
con ordinari diocesani (vescovi) ma a livello di regioni in base alle competenze
attribuite all’art 117 cost.
Soggetti della contrattazione-acattolici
La legge del ‘78 ci indica “autorità religiose competenti per territorio” che però non
sono facilmente individuabili perché organizzate in modo meno capillare nel
territorio.
Ci sono molti casi di dialogo, contrattazione, intese a livello locale di comune o
singola struttura sanitaria. In alcune strutture anche più confessioni, sia per
assistenza spirituale, sia per altre esigenze come i pasti, i luoghi di culto ecc… si
bypassa l’autorità indicata nella legge per concretizzare e favorire delle modalità
più spontanee.
Tra queste intese interessante è che ci siano più confessioni che stipulano insieme
per implementare libertà religiosa.
Temi delle intese locali:
-individuazione assistenti spirituali
-soggetti destinatari del servizio (pazienti, ma anche familiari)
-alcuni diritti da assicurare ai pazienti (es, cibo)
Esempi intese regionali-cattolici
Deliberazione della giunta regionale 24 novembre 2009, n 3583 (leggi da slide 39
per testo norma)
Esempi intese regionali-acattolcii
Accordo 11 marzo 2009 regione Lombardia e comunità ebraica di Milano per il
servizio di assistenza religiosa nelle strutture sanitarie di ricovero e cura lombarde.
Protocollo di intesa 26 gennaio 2005 n 33 azienda ospedaliera careggi e
comunità islamica di firenze “umanizzazione del percorso clinico. Approvazione del
protocollo d’intesa con la comunità islamica per l’assistenza religiosa di pazienti di
AOUC”
(link accordi slide 40)
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Dopo il 1984, con la riforma del Concordato e il nuovo accordo del 1984, continua
ad esistere il matrimonio concordatario celebrato dinanzi a un ministro di culto
cattolico e ottiene effetti civili ai senti dell’art. 8 dell’Accordo di Villa Madama.
È presente il matrimonio secondo la legge dei culti ammessi e il matrimonio civile, a
questi modelli si aggiunge il matrimonio nelle Intese. È un matrimonio secondo i
vari riti e modalità previste dalle Intese con le confessioni non cattoliche.
Uniche confessioni religiose che non hanno inserito nell’Intesa norme sul
matrimonio con effetti civili sono il buddismo.
Il codice civile fa riferimento anche a questi matrimoni religiosi con effetti civili agli
artt. 82-83:
Art. 82 c.c. Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico.
Art. 83 c.c. Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato.
C’è una pluralità di modelli e un riconoscimento importante di una libertà
matrimoniale, una libertà di tutti i cittadini di contrarre o non matrimonio e di
scegliere una delle forme di celebrazione previste dall’ordinamento.
Il matrimonio concordatario
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Matrimonio celebrato secondo la Chiesa cattolica, quindi con rito religioso cattolico,
e poi assume ai sensi del Concordato effetti civili – ad oggi con l’Accordo di Villa
Madama.
Il matrimonio nell’Accordo con la Chiesa cattolica rappresenta il modello per gli altri
matrimoni religiosi con effetti civili – disciplinati via via da altri Intese di altre
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confessioni religiose.
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La disciplina del matrimonio segue il diritto canonico con gli stessi effetti
nell’ordinamento civile. Il negozio matrimoniale contratto nell’ordinamento canonico
era valido anche nell’ordinamento civile, assoluto parallelismo dello status
matrimoniale tra ordinamento canonico e civile.
Anche per gli impedimenti c’era un completo parallelismo tra i due ordinamenti, se
un impedimento civile e un impedimento religioso non corrispondevano (lo Stato
riconosce non valido un matrimonio celebrato in presenza di un soggetto
minorenne – che invece per l’ordinamento canonistico non dà adito a un
impedimento).
Per il regime del 1929 questa non corrispondenza degli impedimenti, non era
rilevante quindi si teneva per buono tutto ciò che accadeva nell’ordinamento
canonico ivi compresa la rilevanza degli impedimenti.
Il matrimonio celebrato in Chiesa veniva preso per buono così com’era – quando
poteva essere impugnata la trascrizione?
La trascrizione poteva essere impugnata solo in pochi casi previsti dall’art. 12 della
legge matrimoniale n.847 del 1929. Tale legge disciplinava nel dettaglio la materia
matrimoniale dopo il Concordato del 1929.
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2) Volontà delle parti – la trascrizione avviene su richiesta dei due contraenti sia
che si svolga in maniera tempestiva sia in un tempo successivo (trascrizione
tardiva) – come afferma l’Accordo di Villa Madama art.8 la trascrizione può
essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti. Nella
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trascrizione sarà la volontà delle parti a affermare di sposarsi con matrimonio
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canonico e che poi vogliano attribuire effetti civili – quindi gli sposi possono
decidere anche solo di sposarsi tramite un matrimonio di coscienza.
Inoltre il rilievo della volontà delle parti anche per quanto riguarda il
riconoscimento agli effetti civili delle sentenze di nullità del matrimonio.
Quindi se volessimo riconoscere effetti civili alla celebrazione di matrimonio e
sentenza di nullità occorre sempre una volontà delle parti interessate, quindi non
può essere promosso da un terzo.
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La richiesta viene fatta all’ufficiale di stato civile da i due nubendi o un terzo con
incarico, o al parroco. Il parroco concorre nella richiesta delle pubblicazione,
poiché si vuole già creare un primo contatto con i due ordinamenti,
collegamento tra il regime delle pubblicazioni canonistico e civile.
L’avviso di matrimonio tramite la pubblicazione deve rimanere affisso per
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almeno 8 giorni comprensive di 2 domeniche e le pubblicazioni restano valide
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per 180 giorni – termine per il quale si deve celebrare il matrimonio altrimenti
bisognerà ripeterle.
Trascorsi 3 giorni dalla pubblicazione, l’ufficiale dello stato civile può rilasciare
un nulla osta quando non riceve nessuna opposizione per impedimenti – nulla
osta è un certificato che dichiara l’inesistenza di impedimenti per la celebrazione
del matrimonio e dà una garanzia ai nubendi che una volta celebrato il
matrimonio si potrà procedere alla trascrizione (ultima fase del matrimonio).
Nulla osta garanzia per i nubendi perché vede trascritto il matrimonio. Viene
rilasciato in tutti i casi in cui non esista un impedimento inderogabile – in
presenza di impedimento si sospenderà il rilascio di nulla osta.
Che cosa se l’impedimento è successivo al rilascio del nulla osta?
La trascrizione avviene comunque, l’ufficiale dello Stato civile dovrà comunicare
al procuratore della Repubblica per eventuale impugnazione della della
trascrizione viziata – si dovrà andare a verificare l’effettiva presenza
dell’impedimento.
In tutti gli altri casi, il rilascio del nulla osta dà il diritto a veder trascritto il
matrimonio salvo impedimento inderogabile.
Nel regime del 1929 questa corrispondenza non c’era, poiché c’erano pochissime
ipotesi tassative di intrascrivibilità specificate dalla legge matrimoniale. In
particolare si parlava del precedente vincolo anche di una delle due parti e
dell’interdizione per infermità mentale.
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Le questioni relative all’Accordo del 1984, se l’elenco citato precedentemente
individui nuovamente un elenco tassativo. In realtà, la dottrina afferma che il
Protocollo è esplicativo, quindi porta a un rinvio aperto.
Altre questioni si pongono in caso di trascrizione tardiva – l’art. 8 dell’Accordo
afferma che la trascrizione può avvenire quando non può essere più proposta
l’azione di nullità in base alla legge civile.
In caso invece di impedimenti derogabili? Per la dottrina maggioritaria, gli
impedimenti derogabili possono dare luogo al nulla osta perché essendo
impedimenti che ammettono una deroga si può procedere al procedimento.
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Non sarà con pregiudizio di terzi, quindi tutto ciò che sarà accaduto nel tempo
intercorso celebrazione-trascrizione non deve avere effetti sui diritti acquisiti da
terzi.
Prima di trascrivere vengono svolti gli stessi accertamenti relativi al momento
della pubblicazione, quindi presenza o meno di impedimenti.
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Art. 8 Accordo di Villa Madama afferma che la trascrizione è tuttavia ammessa
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quando l’azione di nullità non potrebbe più essere proposta.
(esempio matrimonio minori di età), secondo nuove norme del 1984 non
sarebbe trascrivibile perché celebrato in presenza di un impedimento
inderogabile. Matrimonio successivamente trascritto con la trascrizione tardiva.
L’azione di nullità non può più essere proposta dopo 1 anno sia per l’età che
interdizione.
I due minori che si sposano, non possono trascrivere ma trascorso 1 anno dal
raggiungimento della maggiore età e non si può proporre l’azione di nullità nei
confronti del matrimonio potranno trascrivere tardivamente.
Lo stesso vale per l’interdizione per infermità mentale – procedimento di
trascrizione sospesa per istanza di interdizione. Se interdizione revocata o no
pronunciata, trascorso 1 anno di coabitazione tra i coniugi, non si può proporre
l’azione di nullità e si richiede la trascrizione tardiva.
è che la nullità del matrimonio in ambito canonico può essere fatta rivelare in
qualsiasi momento, quindi non ci sono i termini stringenti che invece valgono in
sede civile. Quindi in ambito canonico in ogni momento posso andare a far rivelare
la nullità del matrimonio, questo perché gli ordinamenti confessionali sono ‘bizzarri’
per scopi e principi, e, in questo caso lo scopo è di andare a verificare la verità dei
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fatti e cosa c’era nella coscienza degli sposi: quindi se nel momento della
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celebrazione del matrimonio hanno contratto matrimonio con la dovuta libertà e il
consenso espresso in modo pieno e libero oppure in maniera viziata.
Da ricordare che l’ordinamento canonico non prevede forme di cessazione degli
effetti del matrimonio (divorzio), perché il matrimonio cattolico è un matrimonio
dissolubile ma si va sempre a risalire al momento dell’espressione del consenso.
Consenso pieno e libero anche durante la vita matrimoniale e gli sposi possono
sempre andare dinanzi a un giudice ecclesiastico per fa rivelare la nullità del
matrimonio risalendo al momento in cui ho prestato il consenso, e, in qualunque
momento posso decidere se dare efficacia civile a quella sentenza ecclesiastica
che ha stabilito la nullità del matrimonio: doppio passaggio – giudice ecclesiastico e
successivamente giudice civile che può o non può delibare la sentenza
ecclesiastica nell’ordinamento italiano.
Riconoscimento sentenze canoniche nel 1929
Nel 1929 la giurisdizione sulla nullità del matrimonio affermava esplicitamente che
fosse riservata alla competenza dei tribunali ecclesiastici (giurisdizione esclusiva
della Chiesa).
Quindi tutte le cause di matrimonio (nullità, matrimonio rato non consumato ove il
diritto canonico ammette che in caso di giusta causa si può avere una dispensa
pontificia che dichiara sciolto il matrimonio – provvedimento di grazie da parte del
Pontefice.) si diceva che fossero riservate alla competenza dei tribunali
ecclesiastici, senza che il giudice italiano avesse alcuna competenza nel
pronunciarsi della validità del matrimonio. Inoltre il riconoscimento degli effetti civili,
delle sentenze di tutti i provvedimenti che riguardavano la nullità del matrimonio, si
aveva attraverso un procedimento automatico di fronte la Corte d’Appello
competente per territorio: il tribunale ecclesiastico trasmetteva gli atti alla Corte
d’Appello, la quale con un’ordinanza emessa in Camera di Consiglio recepiva e
rendeva esecutive le sentenze. Quindi operava solo un controllo formale, gli effetti
civili della nullità venivano riconosciuti in automatico sia per le sentenze sia per i
provvedimenti canonici di dispese super rato. (quest’ultime non sono sentenze e
non prevedono l’intervento delle parti, del contradditorio e tutela giurisdizionale).
Le parti non potevano opporsi all’efficacia civile delle sentenze canoniche che
venivano trasmesse automaticamente nell’ordinamento italiano. La costituzionalità
del sistema del 29 non era stata posta in discussione fino agli anni 70-80 quando si
avrà la revisione del Concordato del 1929 con l’Accordo di Villa Madama 1984:
sistema che prevedeva un passaggio in automatico di quello che avveniva
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Queste garanzie esistono anche nel diritto processuale canonico ma con forme
diverse rispetto a quello civile.
Per esempio la domanda dell’attore, che deve essere portata a conoscenza del
convenuto, può essere anche modificata in corso del processo se emergono
fatti particolari.
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Oppure le prove testimoniali, nel diritto processuale canonico, talvolta sono
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segrete oppure c’è la facoltà di non prendere visione degli atti da una delle parti.
Sono tutte caratteristiche che distinguono i due diritti processuali e che
normalmente non possono essere ritenuti contrari all’ordine pubblico
processuale italiano perché appunto non vanno a toccare quel nucleo
essenziale del rispetto del diritto delle parti di agire e difendersi in giudizio.
Quindi questo diritto delle parti di agire e difendersi in giudizio deve essere
garantito nel suo nucleo essenziale.
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successivamente, salvo accordo tra le parti, si considera che questi due articoli
siano ancora validi per il matrimonio concordatario.
Le condizioni di efficacia delle sentenze straniere citati dagli artt. 796- 797
c.p.c sono:
1. Competenza del giudice
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2. Garanzie processuali
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3. Sentenza straniera deve essere passata in giudicato.
4. Non deve essere una sentenza contraria ad un’altra sentenza pronunciata in
ordinamento italiano e passata in giudicato, perché altrimenti andrebbe a
contraddire un giudicato già formato nel nostro ordinamento.
5. Non deve esistere un processo pendente su stesso oggetto e stesse parti
nell’ordinamento italiano, sempre per una certezza del diritto.
6. Rispetto ordine pubblico interno – nucleo essenziale che non può essere
contraddetto dalla sentenza straniera.
Sulla vigenza degli artt. 796-797 c.p.c si pone una questione inerente alla riforma
del diritto internazionale privato.
La legge 218 del 95 ha abolito il procedimento di delibazione per le sentenze
straniere, affermando che la sentenza straniera è riconosciuta nell’ordinamento
italiano senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.
A tal proposito gli artt. 796-796 c.p.c che stabilivano le condizioni di efficacia delle
sentenze straniere furono abrogati perché ritenuti no necessari. Però tali articoli si
applicano ancora per la delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità, la legge
218 afferma che la riforma del diritto internazionale privato non pregiudica gli
accordi in vigore: viene riformato l’ingresso delle sentenze straniere
nell’ordinamento italiano ma senza pregiudizio degli accordi in vigore ivi compreso
il Concordato.
Per il Concordato è necessario il procedimento e non si applica la riforma del 95,
quindi non c’è un automatismo per il riconoscimento delle sentenze canoniche, per
le sentenze canoniche è necessario il procedimento specifico di delibazione.
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NB: questione di scarso rilievo pratico - raro che si chieda nullità in sede
civile (termini rigorosi)
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sentenza di nullità delibata travolge tutti gli effetti del matrimonio ivi compresi quelli
patrimoniali, quindi non dà una tutela al coniuge debole e questo è particolarmente
rilevante nei casi di lunga convivenza.
Con una lunga convivenza matrimoniale si potrebbe dare il caso di una pronuncia
di nullità in ambito canonistico e poi delibata in ambito italiano e appunto una
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sentenza che travolge tutti gli effetti del matrimonio; per questo motivo la
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giurisprudenza ha iniziato a interrogarsi sui casi di lunga convivenza e a
domandarsi se fosse opportuno o meno delibare tali sentenze anche dopo anni di
convivenza tra i coniugi.
Se fin a tempi recenti si delibavano sentenze di nullità, anche dopo molti anni dalla
celebrazione senza grandi problemi.
La giurisprudenza recente ha posto maggiori scrupoli a delibare sentenze dopo una
prolungata convivenza, in particolare ragionando sul fatto che la prolungata
convivenza dimostrerebbe l’instaurazione di un matrimonio-rapporto stabile e la
volontà di accettazione del rapporto, anche se quel rapporto era nato con un
matrimonio-atto viziato da qualche questione del diritto canonico.
Nel Codice Civile, i termini d’impugnazione di un matrimonio sono brevi perché la
convivenza successiva dimostrerebbe una volontà di sanare il difetto originario che
si ha nel momento della celebrazione. Per il nostro ordinamento si rileva più il
matrimonio-rapporto, mentre per il diritto canonico è importante la pronuncia del
consenso che si va appunto a risalire al matrimonio-atto cioè si va a verificare se ci
sono stati vizi o meno.
Il nostro giudice si trova dinanzi a sentenze di nullità che sono state pronunciate
anche dopo molto tempo, e, per il diritto canonico la prolungata convivenza non
dimostra la volontà di sanare un matrimonio nato invalidamente ma si va sempre a
risalire al momento del matrimonio-atto.
Con la giurisprudenza recente si comincia ad affermare che nella prolungata
convivenza esprimerebbe la volontà di accettazione del rapporto matrimoniale,
come avviene nell’oridnamento civile dovrebbe essere così anche in un matrimonio
concordatario, quindi l’eventuale sentenza di nullità intervenuta dopo anni rimane
valida per l’ordinamento canonico non può essere delibata perché si pone in
contrasto con questo orientamento.
L’impugnazione del matrimonio e la delibazione delle sentenze di nullità sarebbero
incompatibili con questa manifestazione di volontà data da l’intercorrere del tempo
del matrimonio-rapporto, quindi la sentenza di nullità non potrebbe essere più
delibata se ci dovesse essere stata una lunga convivenza. A tal proposito bisogna
sottolineare che la giurisprudenza italiana non è stata constante, se è vero che di
recente che questo orientamento è rilevante nei giudici in fase di delibazione
tuttavia ci sono stati orientamenti diversi.
Cassazione n. 4700/1988
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
La tesi qui contestata non può quindi essere accolta perché la convivenza fra i
coniugi, intervenuta successivamente alla celebrazione del matrimonio, ostativa
all'impugnazione del matrimonio civile ai sensi dell'art. 123, comma 2, c.c. seppure
si pone come una norma imperativa interna, non costituisce espressione di
principi o di regole fondamentali con le quali la Costituzione e le leggi dello
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Stato delineano l'istituto del matrimonio, sicché la sentenza ecclesiastica che
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abbia dichiarato la nullità del matrimonio religioso per esclusione unilaterale di uno
dei bona matrimoni, non rimasta nella sfera psichica del suo autore, manifestata
all'altro coniuge, malgrado l'intervenuta convivenza fra gli stessi, non è
contraria all'ordine pubblico italiano e può quindi essere dichiarata esecutiva in
Italia.
Queste Sezioni Unite devono comunque dare atto che l'indirizzo giurisprudenziale
disatteso è mosso soprattutto da apprezzabili ragioni di tutela del coniuge più
debole, il quale -sulla base dell'attuale normativa -è, dal punto di vista patrimoniale,
insufficientemente tutelato a seguito di una pronuncia di nullità (cfr. art. 129 e 129
bis c.c.), rispetto alla più ampia tutela che riceve dalla pronuncia di divorzio (cfr. art.
5 e ss.l.1 dicembre 1970 n. 898, come modificati dalla l. 6 marzo 1987 n. 74) e ciò,
in specie, quando la pronuncia di nullità interviene a distanza di anni dalla
celebrazione del matrimonio e si sono consolidate situazioni, anche di comunione
di vita, che vengono poste nel nulla dalla pronuncia stessa (cfr., in proposito, Cass.
n. 5823-87, la quale, a chiare lettere, enuncia il principio secondo cui, una volta
intervenuta la convivenza, non vi è altra strada che quella di ottenere una
pronuncia giudiziale di scioglimento o di cessazione degli effetti civili di esso, per
caducare il matrimonio).
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
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Appunti Diritto Ecclesiastico – Università degli Studi dell’Insubria
Con due sentenze gemelle del 2014, contrariamente all’orientamento classico con
le sentenze degli anni 80-90, la Cassazione ha attribuito alla convivenza come
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coniugi (superiore di 3 anni) natura ostativa di ordine pubblico al riconoscimento di
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sentenze ecclesiastiche di nullità - quindi sarebbe motivo che osta alle sentenze di
nullità.
La Cassazione afferma che la convivenza dà origine a responsabilità, ad
aspettative legittime che vanno considerati rilevanti come diritti da tutelare e facenti
parte di quel nucleo essenziale dell’ordinamento italiano. Quindi c’è un richiamo
alle sentenze della Corte Costituzionale, richiamando la tutela dell’ordine pubblico
come forma di tutela di sovranità dello Stato e cita anche il principio di laicità e
distinzione degli ordini.
Si afferma che la tutela di convivenza come coniugi è una conseguenza della
sovranità dello Stato, che vuole tutelare alcuni particolari diritti fondamentali.
La tutela di convivenza quindi dà origine a una non delibabilità perché i valori dello
Stato sono anche la tutela dei coniugi, in particolare del coniuge che subisce tale
giudizio, e il valore fondamentale dello Stato sarebbe anche la tutela dei diritti
particolari dei coniugi.
La lunga convivenza dà origine a una situazione giuridica personale che viene
tutelata da norme di ordine pubblico italiano cioè dalla Costituzione perché nascono
dei particolari rapporti che non possono essere cancellati con una sentenza di
nullità delibata.
Si parla di specificità del diritto canonico ma con una lettura diversa rispetto al
passato. La lettura precedente affermava che una maggiore disponibilità
dell’ordinamento italiano verso il diritto canonico e in particolare con la lettura
presente si abbandona un po’ questa maggiore disponibilità facendo prevalere il
matrimonio-rapporto con i suoi diritti e effetti discendono dalla continuità del
rapporto.
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