Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Apollinare - Forl
Alberto Luccaroni
L'infondatezza di una simile contrapposizione, oltre che dai canoni relativi alla suprema autorit della Chiesa (331 e
336), smentita anche storicamente: si pensi ad esempio al processo di codificazione che port al Codice del 1917,
definibile come un concilio per corrispondenza, date le fitte consultazioni tra Roma ed i vescovi di tutto il mondo.
4 1 Cor 13, 4-7; avremo modo in seguito di mostrare come una tale Chiesa delle origini non sia mai esistita e come da
subito la neonata comunit cristiana si sia data forme di organizzazione giuridiche sempre pi elaborate man mano
che aumentava il numero dei credenti e l'area geografica interessata dal fenomeno.
3
ordinamento non poteva in alcun modo essere originario 5. Le sue norme, inoltre, non potevano
dirsi in alcun modo giuridiche perch, da un lato, risultavano prive di coazione, dal momento
che la Chiesa non poteva imporne il rispetto con la forza e, dall'altro, mancavano della
necessaria intersoggettivit in quanto non sono destinate a disciplinare rapporti sociali, ma
riguardano le relazioni delle anime con la divinit6.
1.2.1.2. Le ragioni del s
La domanda sottostante a tutte queste visioni alla fine una soltanto, Vangelo o legge?,
intese come due realt contrapposte. Ed chiaro che se cos fosse non potrebbe darsi per il
cristiano alcun dubbio nel preferire, sempre e comunque, la parola del Vangelo. Ma proprio
questo a mostrarci in pi passi che amore e ministero, carisma e istituzione, coesistono e
debbono coesistere, avendo una funzione diversa, ma solidale. Su tutti, bellissimo l'episodio
narrato da Giovanni e relativo alla risurrezione 7 in cui, dopo l'annuncio dato dalla Maddalena,
Pietro e Giovanni si lanciano di corsa alla tomba per verificare con i loro occhi. Il pi giovane
dei due giunge per primo al sepolcro, lo vede vuoto e con le bende a terra, ma non entra,
aspettando l'arrivo di Pietro, dell'autorit, facendolo entrare per primo. Seguendo uno dei pi
grandi teologi del '900, vediamo che nella Chiesa l'amore sempre pi veloce del ministero: si
accorge pi in fretta di quello che bisogna fare e si impegna sempre con massima generosit.
Il ministero anche quando procede con la massima rapidit, non pu raggiungere l'amore
perch deve farsi carico di tutti, deve cercare di portare avanti tutti, deve tenere conto delle
diverse condizioni di ciascuno. Non pu andare al Signore soltanto con quelli che camminano
pi in fretta, deve preoccuparsi di tutto il gregge, che gli stato affidato, non deve
abbandonare i lenti e i tiepidi. Amore e ministero corrono insieme: l'amore rimane in contatto
col ministero e a sua disposizione, ma nello stesso tempo lo trascina. Ci dunque offerta
l'immagine di una specie di Chiesa a due poli: Chiesa della carit e Chiesa dell'istituzione in
armonica tensione, l'istituzione che lavora per l'amore e l'amore che lascia rispettosamente la
precedenza all'istituzione8. Il diritto viene dopo; prima c' la fede, la grazia, i carismi, l'amore.
Si comprende bene allora come Giovanni Paolo II, nella Costituzione apostolica con cui ha
promulgato il Codice del 1983 9, da un lato respinga decisamente ogni devianza giuridicistica,
precisando che il Codice mira ad instaurare nella societ ecclesiastica un ordine che,
assegnando il primato all'amore, alla grazia e ai carismi renda pi agevole il loro organico
sviluppo nella vita comunitaria e personale, e dall'altro insista ampiamente sulla funzione della
legge nella Chiesa, non solo ricordando la tradizione canonica, ma facendo anche appello
all'intera storia del popolo di Dio. E nel quadro di questa riflessione afferma che nella Chiesa la
trama delle relazioni tanto fitta che in essa il diritto c' gi, non pu non esserci10 prima
ancora di qualunque specificazione, derivazione, applicazione, di ordine propriamente canonico.
Nello stesso senso, ma pi sinteticamente, afferma anche come la legge canonica corrisponda
in pieno alla natura della Chiesa e sia lo strumento indispensabile per assicurare ordine sia
nella vita individuale e sociale, sia nell'attivit stessa della Chiesa. Il diritto a servizio della
comunione ecclesiale; "strumento". Il diritto segue la vita, l'esprime; per questo non pu
essere anacronistico, fuori della storia. Nella Chiesa il diritto deve seguire ed esprimere la
comunione, che la vita della Chiesa.
Il pensiero di Giovanni Paolo II per altro in piena continuit con il Concilio Vaticano II 11,
che non solo rifiuta ogni immagine spiritualista della Chiesa, ma respinge anche
energicamente qualunque tentativo di separarne e contrapporne l'aspetto visibile e quello
spirituale, l'elemento terrestre e quello celeste. Secondo la costituzione conciliare Lumen
gentium, la Chiesa stata costituita da Cristo sulla terra quale organismo visibile e
5
Si intende per originario quell'ordinamento che ha in s le ragioni della sua esistenza, che non ha bisogno di
vedersi concesso da altri il diritto e la possibilit di esistere.
6 per altro facile, semplicemente scorrendo l'indice del Codice vigente, notare che le leggi della Chiesa sono provviste
di sanzioni adeguate (il libro VI interamente dedicato a questo) e che sono regolati non solo i rapporti del singolo con
la divinit, ma anche le relazioni che intercorrono tra i vari soggetti nell'ambito della comunit ecclesiale (si veda in
special modo il libro II, ma il Codice nel suo insieme esprime questo).
7 Gv 20, 1-8.
8
H.U. von Balthasar, Teologia dei tre giorni, Queriniana, Brescia 1990, p. 231.
Cost. Ap. Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983, in AAS 75 (1983), Pars II, pp. VII-XIV.
10
Secondo l'antico adagio del diritto romano, ubi societas, ibi ius.
11
13
14
Decreto Optatam totius, n. 16: nella esposizione del diritto canonico e nell'insegnamento della storia ecclesiastica si
tenga presente il mistero della Chiesa, secondo la costituzione dogmatica De Ecclesia promulgata da questo
Concilio. Si fa esplicito riferimento all'ecclesiologia della Lumen Gentium.
5
P.A. D'Avack, Trattato di diritto canonico, Giuffr, Milano 1980, pp. 48-49.
16
Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla giornata accademica organizzata dal Pontificio consiglio per i testi
legislativi (24 gennaio 2003): Le norme canoniche, infatti, si rifanno ad una realt che le trascende; tale realt non
solo composta di dati storici e contingenti, ma comprende anche aspetti essenziali e permanenti nei quali si
concretizza il diritto divino. Il nuovo Codice di Diritto Canonico - e questo criterio vale anche per il Codice dei Canoni
delle Chiese Orientali - deve essere interpretato ed applicato in quest'ottica teologica. In tal modo, si possono evitare
certi riduzionismi ermeneutici che impoveriscono la scienza e la prassi canonica, allontanandole dal loro vero orizzonte
ecclesiale; Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno di studio organizzato dal Pontificio Consiglio per i testi
legislativi in occasione del XXV anniversario della promulgazione del Codice di Diritto canonico (25 gennaio 2008): Lo
ius ecclesiae non solo un insieme di norme prodotte dal Legislatore ecclesiale per questo speciale popolo che la
Chiesa di Cristo. Esso , in primo luogo, la dichiarazione autorevole, da parte del Legislatore ecclesiale, dei doveri e
dei diritti, che si fondano nei sacramenti e che sono quindi nati dallistituzione di Cristo stesso. Questo insieme di
realt giuridiche, indicato dal Codice, compone un mirabile mosaico nel quale sono raffigurati i volti di tutti i fedeli,
laici e Pastori, e di tutte le comunit, dalla Chiesa universale alle Chiese particolari.
17 Cf. ad esempio A.M.Rouco Varela, Le statut ontologique et pistmologique du droit canonique. Notes pour une
thologie du droit canonique, in Revue des sciences philosophiques et thologiques, 57 (1973), n. 2, pp. 225-226.
18
Mt 28, 19-20.
19
Tutti gli uomini sono chiamati a questa cattolica unit del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace
universale, e alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo,
sia infine tutti gli uomini, dalla grazia chiamati alla salvezza, Costituzione Lumen gentium, n. 13.
6
costoro, infatti, oltre ad essere tenuti come tutti alle norme di diritto divino (positivo o
naturale), si trovano sotto il vigore di alcune norme entrando in relazione con una parte
cattolica20.
La seconda nota caratterizzante l'ordinamento canonico costituita dall'elasticit o
dinamicit delle sue norme. L'ordinamento canonico, rigido ed immutabile nei suoi principi
basilari dogmatici, presenta una duttilit e flessibilit nelle sue applicazioni, tanto da sapersi
adeguare alle circostanze ed ai bisogni dei tempi, e di luoghi e dei popoli pi diversi. Se questa
pu apparire una contraddizione, chiaro che non si compreso lo spirito di questo particolare
ordinamento giuridico in cui sempre vivo e aperto il problema del rapporto tra sostanza e
forma, per la soluzione del quale la Chiesa, di volta in volta, si avvale largamente di mezzi e
strumenti che non possono riscontrarsi in alcun modo negli ordinamenti civili.
Per risolvere il problema dell'elasticit del diritto canonico e comprenderlo a fondo, sono
presenti in esso tanti istituti e tante suggestive risorse sue peculiari: si tratta dell'equit
canonica21 e dell'epikeia, che agisce nel foro interno 22, la consuetudine23, il privilegio24, la
dispensa25, la dissimulazione (o tolleranza tacita)26, la tolleranza27. Ci sono poi gli strumenti
propri del diritto suppletorio diretti a colmare le lacune delle leggi con il ricorso all'analogia, ai
principi generali del diritto canonico e del diritto naturale, la prassi giudiziale e della Curia, le
opinioni della dottrina costante e comune e, infine, il non passaggio in giudicato delle sentenze
canoniche definitive che riguardano lo stato delle persone. In sintesi, nell'ordinamento
canonico la legge trova la sua specifica eticit nella rispondenza al dato costituito dalla salus
animarum28.
Tale dinamicit dell'ordinamento canonico trova poi un'altra forma di espressione nel
rapporto col diritto divino: il precetto fondamentale, contenuto in esso e, in certo modo,
comprensivo di tutti gli altri, quello della carit, dell'amore vicendevole che ciascuno deve
avere verso il suo prossimo, possiede in se stesso un'apertura che non pu mai esaurirne
l'intima forza propulsiva e le sconfinate potenzialit. Esso esige una carit aperta a sempre
nuovi contenuti e ispiratrice di sempre nuovi atteggiamenti, ad immagine della carit infinita di
Dio ed al servizio delle imprevedibili ed irripetibili esigenze di ogni uomo. Il comandamento che
Ges ha dato in questo senso29, unito a tutta la sua vicenda terrena, induce a ritenere che non
si tratti di un'indicazione ideale o di un precetto meramente morale, ma di un imperativo di
natura anche giuridica che deve calarsi concretamente nella trama dei rapporti comunitari,
ispirando e permeando di s tutto l'ordinamento della Chiesa in forme sempre diverse.
Una terza nota adeguata a descrivere l'ordinamento canonico rappresentata dalla sua
apertura o incompiutezza. In base alla natura del suo ordinamento, la Chiesa si presenta con
20
A mero titolo di esempio, cf. cann. 383, 4 (ministero del vescovo); 528, 1 (ministero del parroco); 771, 2
(annuncio del vangelo); 787, 2 (predicazione dei missionari); 868, 2 (battesimo di figli di non cattolici); 1086
(matrimonio misto); 1476 (attore del processo).
21 Pur facendo valere il precetto legislativo, l'aequitas induce a tener conto delle specifiche esigenze del caso concreto,
di particolari interessi o situazioni personali che richiedono un certo adattamento della disposizione legislativa.
22 Occorre chiarire cosa si intende nella Chiesa con foro interno e foro esterno. Il foro interno riguarda l'ambito della
coscienza, delle valutazioni morali, del rapporto personale con Dio, di ci che intimo alla persona; il foro esterno
riguarda invece la sfera dell'agire, del comportamento, delle relazioni sociali, di ci che ognuno di noi mostra agli altri.
La potest della Chiesa si estende ai due ambiti (cf. can. 130 del CIC): principalmente obbliga nel foro esterno, come
in tutti gli altri ordinamenti giuridici; inoltre si estende anche al foro interno, qualora ci sia richiesto dal bene della
singola persona. Nella storia della Chiesa si sempre posta la massima attenzione nel tenere distinti questi due fori,
per rispettare appieno la libert di ogni persona. Ad esempio i seminaristi hanno sempre due diverse figure di
riferimento: il padre spirituale, che aiuta il seminarista a conoscere se stesso e approfondire il proprio rapporto con Dio
(foro interno); il rettore, che regola la vita della comunit, la disciplina, la formazione teologica e pastorale (foro
esterno) e non pu mai avvalersi di quanto appreso dal padre spirituale nel foro interno.
23 il comportamento tenuto per un determinato tempo da una comunit capace di ricevere una legge, con il
convincimento della sua obbligatoriet (cann. 23-28).
24 Consiste nella concessione di un trattamento particolare, al di fuori o anche contro la legge in vigore, a favore di
determinate persone effettuata dall'autorit ecclesiastica competente con un atto amministrativo (cann. 76-84).
25 la sospensione dell'efficacia di un precetto di diritto meramente ecclesiastico in un caso concreto (cann. 85-93).
26
Consiste nella finzione da parte dell'autorit di non conoscere un determinato comportamento antigiuridico;
l'autorit rimane inattiva per non compromettere interessi personali o situazioni meritevoli di essere salvaguardati o
per non provocare danni maggiori di quelli derivanti dall'inosservanza della legge.
27 L'autorit non si limita a restare passiva, ma arriva a consentire positivamente ad un comportamento antigiuridico,
rendendolo legittimo, di norma, attraverso un provvedimento d'indole normativa.
28 Cf. can. 1752.
29
Gv 15,12.
7
una finalit per sua natura fissa ed immutabile, la salus animarum, che non le possibile, n in
concreto, n in astratto, sostituire con altre, apportando variazioni o modifiche di sorta. La
Chiesa, che si presenta come un ordinamento giuridico universale, si trova ad essere
potenzialmente illimitata nei confronti del territorio e delle persone sottoposte alla sua
sovranit, ma concretamente e attualmente limitata nei confronti delle materie oggetto della
sua regolamentazione. E tuttavia, proprio per questo suo modo di essere, lungi dal presentarsi
come un ordinamento rigido e chiuso, si presenta sempre come un ordinamento aperto al
rapporto con gli altri ordinamenti giuridici in forza della sua elasticit e flessibilit 30.
Un'ultima caratteristica dell'ordinamento canonico costituita dall'interiorizzazione della
norma giuridica; la fonte costitutiva e ispiratrice del diritto della Chiesa tende a coinvolgere
tutto l'uomo, e quindi ad obbligarlo anche in coscienza (moralmente) e non solo nei suoi
comportamenti esteriori. Di conseguenza, in questo ordinamento giuridico accentuata la
tendenza ad esigere non solo l'estrinseca osservanza di determinati contenuti normativi, ma
l'interiore e incondizionata adesione del destinatario pi che all'espressa prescrizione, allo
spirito, ovvero alle ragioni prime della norma. Si verifica pertanto una sfasatura tutte le volte
che un soggetto non si determini all'azione perch intimamente convinto dei valori che
permeano il precetto, ma per generico rispetto del comando o semplice assuefazione
all'obbedienza; invero necessario un'obbedienza fondata su un'intima convinzione, al di fuori
di ogni preoccupazione o paura di pene o di sanzioni, coinvolgente, pervasiva, arricchita dalla
partecipazione del soggetto alle ragioni ideali della norma.
1.2.4. Diritto divino (positivo e naturale) e diritto ecclesiastico
Un'altra peculiarit dell'ordinamento canonico la presenza al suo interno, meglio al suo
fondamento, di un diritto di provenienza assolutamente unica, risalente alla volont di Dio, e
senza niente di analogo nell'ordinamento degli Stati, il diritto divino 31 appunto, accanto ad un
diritto umano, stabilito dall'autorit ecclesiastica.
Il diritto divino stato adeguatamente definito come quel complesso di esigenze di
giustizia e di principi ordinatori esplicitamente ed implicitamente stabiliti da Dio, aventi
conseguenze rilevanti sul piano giuridico32.
Il diritto divino si manifesta, innanzitutto, nella stessa natura umana (diritto divino
naturale)33. Secondo la concezione cattolica, infatti, l'uomo reca nel proprio cuore aspirazioni e
criteri originari - derivanti cio direttamente dal creatore che ha voluto farlo a propria
immagine e somiglianza e ha la possibilit di riconoscerli e identificarli per mezzo delle
facolt razionali di cui dotato; cos il diritto divino naturale largamente accessibile ed
30
Cf. ad esempio cann. 98 (tutori), 105 (emancipazione), 110 (adozione), 197 (prescrizione), 231 (remunerazione dei
laici)...
31 Cf. anche gli atti del convegno promosso dallIstituto di Diritto Canonico San Pio X, (Consociatio Internationalis
Studio Iuris Canonici Promovendo): XIII Congresso Internazionale di Diritto Canonico, Il Ius divinum nella vita della
Chiesa, Isola di San Servolo, Venezia, 17-21 settembre 2008. Cf. anche il discorso di Benedetto XVI Ai partecipanti
al Congresso Internazionale sulla legge morale naturale promosso dalla Pontificia Universit Lateranense, 12 febbraio
2007.
32 Cf. J.Hervada-P.Lombarda, El derecho del pueblo de Dios, I, Introduccon. La constitucin de la Iglesa, Pamplona,
Universidad de Navarra, 1970, pp. 45-46.
33 Alla sua fonte esiste la legge eterna di Dio, come insegna s. Agostino: Illa lex quae summa ratio nominatur, cui
semper obtemperandum est (De libero arbitrio, lib. VI, cap. 15, PL XXXII, p. 1229); Ratio et voluntas Dei ordinem
naturalem conservari iubens, perturbari vetans (Contra Faustum, lib. XXII, cap. 27, PL XLII, p. 418). Pi
recentemente, Hervada d la seguente definizione di legge naturale: L'insieme di leggi razionali che esprimono
l'ordine delle tendenze o inclinazioni naturali verso i propri fini dell'essere umano, ordine che specifico dell'uomo in
quanto persona (J.Hervada, Introduzione critica al diritto naturale, Giuffr, Milano 1990, p. 143).
8
applicabile anche a coloro che non riconoscono la Rivelazione di Cristo e le Sacre Scritture 34. Ad
esempio, a questo tipo di diritto appartiene il principio generale del rispetto dovuto alla vita
umana e le specifiche conseguenze giuridiche che ne derivano, nonch la visione del
matrimonio35.
C' poi il diritto divino positivo che stato promulgato per mezzo della Rivelazione, vale a
dire attraverso gli interventi compiuti da Dio nella storia per rivelare se stesso e il suo disegno
di salvare gli uomini. Le verit rivelate sono raccolte nella Sacra Scrittura e nella Tradizione
della Chiesa, che il Concilio Vaticano II 36 definisce come trasmissione integrale della parola
affidata da Cristo agli apostoli e ai loro successori, i vescovi, perch per mezzo della
predicazione la conservassero, la esponessero e la diffondessero. La costituzione Dei Verbum
afferma inoltre che la Sacra Scrittura e la Tradizione devono essere accettate con pari
sentimento di piet e devozione in quanto costituiscono un solo sacro deposito della parola
divina affidato alla Chiesa e riconosce al solo Magistero vivo di quest'ultima l'ufficio di
interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa.
Pi in dettaglio, riguardo al problema in esame, giova rilevare che, mentre i precetti
dell'Antico Testamento sono considerati superati se non sono stati confermati da Cristo, il
Nuovo Testamento, insieme alla Tradizione, costituisce la fonte del diritto divino positivo 37.
Il diritto divino naturale viene comunemente definito come eterno, fisso e immutabile e
analoghe considerazioni vengono formulate a proposito del diritto divino positivo; essendo
posto da Dio stesso non pu esserne messa in discussione la peculiare stabilit. Occorre
tuttavia precisare che la conoscenza del diritto divino non fissa e immutabile, ma si realizza
attraverso un progressivo approfondimento, cui non sono estranee le vicende e le esperienze
storiche. Questa considerazione non intende sottintendere o avallare alcuna forma di
relativismo, ma vuole semplicemente ricordare quel senso della storia che quanto mai
familiare alla teologia cattolica38, la quale, mentre afferma la pi assoluta intangibilit e
34
A puro titolo di esempio e per meglio intendere cosa sia questo diritto, inscritto nella creazione stessa, risulta
illuminante una pagina del card. Giacomo Biffi, che tenta un elenco di qualit umane naturali, intese come doni che Dio
d all'uomo ferito dal peccato per abitare la terra nell'attesa della grazia di Cristo, nelle quali possiamo vedere le
dimensioni e gli strumenti su cui il diritto naturale poggia e attraverso cui prende forma: ... la sana capacit di
ragionare senza preconcetti e senza fanatismi, che sar poi assunta e trasnaturata nella vita di fede; l'amore tra
l'uomo e la donna in tutte le sue manifestazioni, quando trascende la violenza cieca dell'istinto senza raggiungere
ancora la dimensione ecclesiale del sacramento del matrimonio; l'amicizia chiara e aperta che avvicina gli animi, li
arricchisce e li rasserena, in attesa di essere trasfigurata dalla carit; il vino che fa lieto il cuore dell'uomo e la
capacit di gustare con ragionevolezza i piaceri della mensa, prima che venga dischiuso l'ingresso al banchetto del
Regno, rallegrato, secondo la parola di Ges, dal vino nuovo; il senso vivo della bellezza che si rivela nella magia dei
suoni, delle parole, dei colori, delle forme, intanto che la vita di fede non ha ancora fondato l'estetica teologica in
grado di percepire la bellezza assoluta del progetto di Dio; la legge, che regola i nostri atti e li commisura in vista del
bene comune e di una disciplinata convivenza, mentre si aspetta l'effusione dello Spirito, che legge nuova ed eterna
dalla quale per l'eternit sar ordinata la vita dei figli; l'autorit che limita e preserva la nostra libert e che insieme ci
pesa e ci necessaria, tanto che la storia degli uomini una vicenda alterna di ribellioni al potere e di invocazione alla
sua forza, almeno fino a che ogni autorit sar svuotata e l'unica signoria sar quella escatologica di Cristo... essi
restano doni soltanto per chi se ne sa avvalere con sobriet e rettitudine. Gli uomini sono tentati... di spregiarli o,
inversamente, di esaltarli indebitamente (G.Biffi, Contro mastro Ciliegia. Commento teologico a Le avventure di
Pinocchio, Jaca Book, Milano 2002, pp. 67-68).
35 Una qualche regolamentazione del rapporto uomo-donna, dei doveri che ciascuno assume verso l'altro e verso i figli
quando decidono di vivere insieme e di formare un nuovo nucleo familiare, indubbiamente un'esigenza avvertita
ovunque e in qualunque epoca della storia dell'umanit. Il matrimonio facilmente riconoscibile come un'istituzione di
diritto naturale, come tale riconducibile all'ordinamento fondamentale voluto da Dio per l'umanit. Ci trova conferma
anche nella Scrittura, Gn 2, 18-25; in questi versetti viene delineata l'istituzione originaria del matrimonio: il distacco
dell'uomo e della donna dalla famiglia di origine per formarne insieme una nuova, l'unione profonda che si instaura tra
di essi e che ricomprende non solo la dimensione sessuale, ma ogni aspetto della vita dei due (una sola carne). Gi
a livello di osservazione razionale si pu rilevare che il matrimonio per assolvere adeguatamente alla sua funzione
deve dar vita ad un rapporto stabile e duraturo, e che tanto pi potr rispondere alle esigenze dei coniugi e dei figli,
quanto pi sar messo al riparo da eventi che possano condurre ad una rottura, al venir meno del vincolo. Cos gi nel
piano originario di Dio il matrimonio va considerato di sua natura indissolubile; a questo ordinamento originario si
richiama Ges (Mt 19, 3-9) nel rispondere ai farisei che lo interrogavano sulla possibilit del ripudio.
36 Costituzione Dei Verbum, nn. 7-10.
37
Come esempio di tale diritto si possono ricercare gli elementi essenziali dell'organizzazione sociale della Chiesa,
quali il primato pontificio ed il collegio dei vescovi.
38 Anche se la Rivelazione compiuta, non per completamente esplicitata; toccher alla fede cristiana coglierne
gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli, CCC n. 666.
9
irreformabilit delle verit di fede, riconosce l'esistenza di una storia del dogma 39.
stato infatti giustamente osservato40 che il diritto divino, per avere effettivo vigore nella
storia degli uomini, esige di essere formalizzato positivamente attraverso l'opera del legislatore
umano, le formulazioni dottrinali dei teologi e dei canonisti, la continua interpretazione che
nasce dalla vita e dalla fede della Chiesa (la Tradizione, appunto). Da ci non discende in alcun
modo una soggezione del diritto divino alla sua positivazione nella Chiesa; esso ha comunque
valore in s, in quanto espressione della volont di Dio e della sua visione della Chiesa e del
mondo, ma, in continuit con la logica dell'incarnazione, ogni verit divina diviene palese e
tangibile dagli uomini quando prende forma nel loro concreto vivere quotidiano. La
positivazione, dunque, non altro che la presa di coscienza ecclesiale dei contenuti del diritto
divino.
In quanto diritto riconducibile alla volont divina, esso da considerarsi da sempre in
vigore, anche mancando un'esplicita formalizzazione. Una legge positiva che chiarisca e renda
operante una disposizione di diritto divino non ha quindi portata realmente innovativa, bens
una funzione meramente interpretativa/dichiarativa; si limita cio a precisare e chiarire i
contenuti di un precetto che gi in se stesso esistente e dotato di forza imperativa. Una
siffatta legge dunque deve essere applicata non solo alle situazioni che sorgono dopo la sua
promulgazione, ma anche a quelle poste in essere precedentemente, quando il precetto divino
non aveva ancora trovato precisa espressione in una norma positiva41.
In ogni caso, il diritto divino sovraordinato al diritto umano in quanto, essendo stato
posto direttamente da Dio, precede necessariamente nella gerarchia delle fonti qualunque
disposizione stabilita dall'uomo, che non pu in alcun modo derogarlo o opporsi ad esso, e, per
conseguenza, le norme di diritto divino non sono in alcun oggetto di dispensa ecclesiastica.
Il diritto divino svolge, dunque, una funzione limite nei confronti del diritto umano, dal
momento che questo non pu n violarlo n derogarlo; di pi, esso la norma fondamentale e
la base necessaria, il principio ispiratore e il nucleo essenziale di tutto il diritto umano. In
sintesi, diritto divino e diritto umano non sono due diversi sistemi, ma formano un ordine
giuridico unitario che ha la sua norma fondamentale nel diritto divino.
Il diritto ecclesiastico quell'insieme di norme vigenti all'interno della Chiesa, che essa si
d per regolare in modo ancora pi efficace la vita propria e dei suoi membri, senza per
attingere al diritto divino; il diritto ecclesiastico non pu mai essere in contrasto con il diritto
divino, ma non discende da esso, quanto dalla semplice volont dell'autorit ecclesiastica.
Questo porta a due conseguenze: innanzitutto il diritto ecclesiastico sempre positivo,
costituito cio da norme esplicite, codificate, create ed emanate dall'autorit ecclesiastica (non
pu esistere un diritto ecclesiastico naturale); in secondo luogo esso pu cambiare,
adeguandosi ai cambiamenti dei tempi, della societ, dei luoghi in cui esso in vigore.
Per questo nella Chiesa ci saranno sia norme che non potranno mai cambiare o al
massimo potranno essere meglio esplicitate (norme di diritto divino), sia norme che invece
potranno essere promulgate ed abrogate, cambiate e ricambiate a seconda delle necessit
contingenti (norme di diritto ecclesiastico).
39
Ad esempio si pu pensare al primato pontificio, che ha trovato, non senza vivaci contrasti tra i padri conciliari, la
sua attuale definizione giuridico-teologica solo nel 1870, ad opera del Concilio Vaticano I, pur essendo chiaro il
conferimento di uno speciale mandato di Ges a Pietro (Mt 16, 18-19; Gv 21, 15-17) sin dal I-II sec. d.C., come
emerge dagli scritti di Clemente romano, terzo successore di Pietro, e Ignazio di Antiochia; per un sintetico excursus
sull'evoluzione del primato, cf. P. Moneta, Introduzione al diritto canonico, Giappichelli, Torino 2007, pp. 15-20.
40 G.Feliciani, Le basi del diritto canonico, Il Mulino, Bologna 2002, p. 67.
41
Questa efficacia retroattiva ha trovato esemplificazioni nell'ambito del diritto matrimoniale, in seguito ad alcune
innovazioni introdotte dal Codice del 1983: ad esempio, l'inganno doloso del can. 1098 si ritiene applicabile anche ai
matrimoni contratti sotto la vigenza del Codice del 1917.
10
A. Montan, Introduzione al diritto canonico, Ad uso degli studenti degli Istituti Superiori di Scienze Religiose , Roma
2010, pp. 53-54.
Per usare un esempio per nulla giuridico, si pu pensare a quanto accade quando si ascolta un concerto di musica
dal vivo e quando si ascolta la stessa musica incisa successivamente su un disco: durante il concerto la musica
viene creata, nell'atto stesso in cui vengono suonati gli strumenti sul palco (si potrebbe dire che il concerto una
fonte di produzione della musica); durante l'ascolto di un disco registrato invece la musica viene ripetuta,
riprodotta, portata a conoscenza di quelle persone che non erano presenti al concerto o che semplicemente
vogliono rinnovarne il ricordo (ecco che il disco appare come fonte di cognizione della musica).
11
Cf. G.Dalla Torre, Lezioni di diritto canonico, Giappichelli, Torino 2004, pp. 31-32.
12
vescovi e diaconi nelle comunit e sull'amministrazione dei sacramenti (in specie battesimo 45
ed eucaristia); al secondo appartengono le Lettere di Ignazio, vescovo di Antiochia (inizi II sec.
d.C.), con una pi accurata menzione della gerarchia ecclesiastica nei tre ordini (vescovi,
presbiteri e diaconi), e la Lettera di Clemente Romano ai Corinzi (95 d.C.), con una
preziosissima serie di dati relativi ai poteri ed al ruolo del Vescovo di Roma ed alla successione
apostolica.
Altre opere rilevanti per la conoscenza delle prime comunit cristiane e della loro
organizzazione sono il Pastore di Erma (150 d.C.), che fornisce vari elementi sulla prassi
penitenziale e sulla Chiesa romana, le opere del martire Giustino (165), che informano su
battesimo ed eucaristia, e la Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea (IV sec.), pur
successiva, dalla quale ci provengono stralci di lettere di Papi e vescovi e la narrazioni di fatti
relativi ai primissimi tempi della Chiesa nascente.
2.2.1.2. La Chiesa perseguitata (sino al 313)
Nel corso del III secolo la Chiesa precisa molte sue strutture e assume il volto che conserver
poi a lungo, con il fissarsi di tradizioni tutte saldamente radicate nel periodo apostolico (per
l'amministrazione dei sacramenti) e con lo svilupparsi di una fitta trama di relazioni tra le
diverse comunit dell'area mediterranea. La comunione tra le Chiese si realizza attraverso i
vescovi, in modo particolare nella ricerca di norme comuni con cui risolvere le difficolt sorte
con i lapsi (cristiani che in qualche modo avevano tradito la loro fede durante le persecuzioni46)
e nell'uso di ripetere il battesimo degli eretici.
Nell'analisi delle fonti occorre distinguere tra le opere letterarie e le raccolte giuridiche. Le
testimonianze letterarie hanno diverso peso per il loro contenuto, l'autore e il luogo d'origine:
tra le pi importanti vanno ricordati gli scritti dei vescovi s. Ireneo di Lione e s. Cipriano di
Cartagine, oltre alle lettere raccolte nella gi citata Storia di Eusebio; in essi le strutture
giuridiche si svelano attraverso il loro comportamento e il modo con cui affrontano le varie
questioni.
Le raccolte giuridiche hanno invece valore documentario, come la Traditio apostolica di
Ippolito47 e la Didascalia apostolorum48, o le Constitutiones apostolorum49, derivate dalle due
opere precedenti.
Riguardo al contenuto di queste fonti normative si evidenzia come le prescrizioni (non sempre
le si pu scindere da esortazioni e consigli a livello religioso/morale) riguardino
prevalentemente materie sacramentali e cultuali (ammissione al battesimo e ai sacramenti,
questioni penitenziali), anche se non mancano norme sui doveri del clero e dei fedeli, che
presentano un quadro variegato, vivace e stimolate, della Chiesa delle origini, con una
notevole ricchezza di ministeri e carismi50. Le norme non sono ancora tecnicamente ben
formulate in veri canoni, si tratta piuttosto di consuetudini scritte, ma emerge chiaramente una
trama di istituti giuridici che mostrano gi l'esistenza di un ordinamento peculiare della Chiesa.
Autori delle norme sono i vescovi, da soli o in comunione con i confratelli attraverso i concili
provinciali. Questa serie di fonti pseudo-apostoliche si rivela importate per conoscere in special
modo la situazione delle Chiese orientali gi prima di Nicea; ci mostra in atto il principio della
fedelt alla Tradizione, nel sovrapporsi dei vari strati di consuetudini e nel ritrovarle un po'
dovunque; ci rivela tra l'altro che lo spirito giuridico non viene da Roma, in quanto si tratta di
opere nate tutte in oriente, anche prima della pace costantiniana 51. Pi realisticamente, infatti,
45
46
47
La Traditio apostolica riporta riti e preghiere liturgiche, norme per i vari ordini e ministeri, per il catecumenato, per
le riunioni della comunit, la preghiera comune e individuale, il digiuno e altre espressioni della vita cristiana.
48 La Didascalia parla diffusamente degli uffici del Vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, di diaconesse e altri ministeri;
descrive le riunioni e i problemi di una piccola comunit, in particolare la liturgia, la penitenza, il matrimonio,
l'assistenza ai poveri.
49 Le Constitutiones completano le altre due raccolte con la preghiera (libro VII) e con carismi, ordinazioni, canoni
(libro VIII).
50 Alla gerarchia ordinaria si affianca ma non si contrappone la gerarchia dei carismatici e dei dottori, con ministeri
in seguito perdutisi, come quello delle diaconesse e delle vedove; L.Musselli, Storia del diritto canonico, Giappichelli,
Torino 2007, p. 20.
51 Contro la posizione di chi, come Alberigo, vorrebbe far nascere il diritto della Chiesa dal suo incontro con il sistema
giuridico romano, ponendo questa presunta fusione nel IV sec. senza tanti argomenti.
13
il sorgere di canoni e norme va ricercato nelle crescenti necessit concrete dello sviluppo delle
Chiese locali e nell'ordine dato ai rapporti di comunione.
2.2.1.3. L'et delle collezioni antiche (secc. IV-VI)
A partire dal IV secolo, la Chiesa Cristiana cessa di essere perseguitata per divenire prima
religio licita, con l'editto di Milano del 313, poi, dopo il 380 52, religione di Stato. ovvio allora
che per risolvere le nuove e pi complesse questioni disciplinari e organizzative non fossero pi
sufficienti le spesso vaghe prescrizioni delle collezioni pseudo-apostoliche, e vedono cos la
nascita le varie collezioni antiche.
Si tratta soprattutto, come gi in passato, di diritto consuetudinario messo per iscritto, mentre
nuove disposizioni nascono da soluzioni particolari estese poi alla generalit dei casi,
specialmente ad opera dei concili provinciali; attraverso la realt di comunione esistente tra le
varie chiese locali, cos, le deliberazioni di un concilio possono venir assunte da altre Chiese
che in esse vedano conformit alla propria storia e tradizione 53. Inoltre, a partire da questo
periodo, si fanno pi numerose ed autorevoli le lettere dei Papi, dette Decretali, che talvolta
producono nuove norme, ma di solito intendono tutelare la tradizione romana e frenare
innovazioni indebite; i singoli vescovi per le loro diocesi sono fonte soltanto di precetti e di
diritto consuetudinario.
Anche gli Imperatori, con un crescendo di interventi in special modo durante il regno di
Giustiniano (527-565) emettono una serie complessa di leggi e costituzioni in campo
ecclesiastico, a testimoniare quella commistione e reciproca influenza che esisteva tra
l'ordinamento civile e quello canonico54.
Le collezioni antiche sono innanzitutto distinte in orientali ed occidentali, poi in cronologiche e
sistematiche. In oriente, alle collezioni cronologiche seguirono quelle sistematiche: tra le prime
va ricordato il Sintagma canonum, composto pare ad Antiochia nella seconda met del IV sec.,
e la Collectio Trullana, pi tarda, e tra le seconde la Synagog (intorno al 650) di Giovanni
Scolastico, poi Patriarca di Costantinopoli. L'occidente recepisce i canoni orientali dei secc. IV-V
e nelle diverse regioni celebra numerosi concili che elaborano nuovi canoni; questi vengono
accolti in Italia, Africa, Gallia e Spagna55.
In una prospettiva originale ed unitaria si colloca invece la raccolta fatta, su commissione di
pontefici romani, da Dionigi il Piccolo, monaco scita attivo tra la fine del V e i primi decenni del
VI sec. Dionigi opera a Roma e, a testimonianza del primato non solo di onore, ma anche di
giurisdizione del Papa, al corpus delle norme conciliari aggiunge una raccolta di lettere
decretali, iniziando una prassi che avr fortuna per tutto il medioevo. La raccolta di Dionigi il
Piccolo diventer una classica fonte di diritto canonico della Chiesa latina per l'alto medioevo e
come tale sar presentata, con alcune aggiunte, da Papa Adriano a Carlo Magno nel 774,
acquisendo la denominazione di Collectio Dioniso-Hadriana56.
2.2.1.4. L'Alto Medio Evo (secc. VII-XI)
Tra Gregorio Magno (590-604) e Gregorio VII (1073-1085) corrono sei secoli di avvenimenti
che condizionano la Chiesa in vari modi, provocandone sviluppi strutturali e decisivi. Un
ridimensionamento geografico della Chiesa restringe l'angolo di visuale al centro-sud
dell'Europa, per le invasioni dei nomadi da nord-est e degli arabi da sud-est e una separazione
sempre pi marcata dall'oriente sino allo scisma (1054). Carlo Magno ricostruisce l'unit
europea del Sacro Romano Impero, anche se la rinascita di breve durata. La Chiesa assimila
a fasi alterne i popoli del ceppo germanico e slavo e riesce a coagulare le forze nuove intorno
52
53
54
L'imperatore ha anche potere religioso, fa leggi in materia ecclesiastica, i nomocanoni, interviene nei rapporti con i
vescovi e nei concili; i vescovi a loro volta collaborano anche per la vita e la concordia civile, spesso fanno i giudici e i
capi oltre la sfera religiosa, sia in virt del loro prestigio personale ( una prassi non del tutto scomparsa, quando si
pensi, ad esempio, al caso dell'Honduras in cui pochi anni or sono al cardinale Maradiaga venne offerto a furor di
popolo il posto di capo della polizia in seguito ad uno scandalo che richiedeva il ricorso a persona di specchiata onest
e sicuro prestigio), sia per la necessit di supplire alle lacune statali.
55 In questo ambito emerge l'originale e in certo modo enigmatica opera degli Statuta ecclesiae antiqua.
56
Dionigi rese cos al vescovo di Roma un servizio enorme, quello di dotarlo di uno strumento normativo che, per i
tempi, era il massimo raggiungibile, aumentando cos di molto il ruolo ed il prestigio della Cancelleria romana.
14
alla tradizione romana e cristiana. Poi il sistema feudale applicato alla Chiesa provoca una
grave decadenza nel clero e nella disciplina, che viene in parte frenata con la lotta per le
investiture e la coraggiosa riforma gregoriana.
Nel diritto canonico matura una nuova mentalit, sistematica e scientifica, nella prassi e nello
studio dei testi: alle antiche collezioni si aggiungono nuove disposizioni di Papi, Re e concili;
con la riforma carolingia alle assemblee ecclesiastiche spesso prendono parte anche notabili
laici (concilia mixta) e si emanano leggi con valore canonico e civile insieme (capitularia) che
portano con l'autorit del re al rinnovamento della Chiesa franca. Il Papa accentua la sua
influenza tramite i suoi legati e lettere frequenti (ad es. Nicol I, 858-867), da lui viene
l'autorit ai nuovi vescovi per le Chiese missionarie, su di lui si scarica la lotta decisiva per
l'investitura feudale dei vescovi, da lui viene l'energica riforma del sec. XI.
Accanto alle collezioni tradizionali di canoni conciliari e decretali papali si vanno ora
diffondendo nuove raccolte con direttive pastorali e pratiche 57. Caratteristica di questo periodo
sono poi i Penitenziali58, manuali pratici per il clero impreparato, che riportano riassunto il
diritto penale e varie norme procedurali. Per arginare l'ingerenza della feudalit laica negli
affari della Chiesa, soprattutto in campo patrimoniale, si assiste anche ad un fenomeno per noi
curioso, ma comprensibile alla luce della cultura del tempo, quello delle false decretali. In
un'epoca in cui la scrittura era ancora possesso di pochi 59 e il documento scritto era venerato e
rispettato come la prova pi autorevole di un diritto da rivendicare, alcuni ecclesiastici 60 non
esitano a dar vita a collezioni nelle quali sono accolti materiali falsificati61.
La pi nota costituita dalle cosiddette Decretales Pseudoisidorianae62 della met del IX sec.,
di cui si definisce autore un altrimenti ignoto Isidoro, peccator o mercator, contenente tra
l'altro un falso famoso come la donazione di Costantino, con la quale si attribuiva al Papa il
dominio su Roma e l'Italia.
Opere sostanzialmente coeve e simili, per natura e funzione sono i Capitularia Benedicti
Levitae, che rivendicano i diritti della Chiesa e dei chierici, ed i Capitula Angilramni, a difesa
delle esenzioni dei chierici in ambito giudiziario. Tali opere, variamente valutate dalla
storiografia, denunciavano comunque il problema urgente che affliggeva la Chiesa: l'assenza di
un potere legislativo con efficacia universale in grado di affrontare con vigore un potere
secolare opprimente.
Superato l'anno Mille, i tempi divengono finalmente maturi per una riforma della Chiesa al suo
interno ed un suo affrancamento dallo schiacciante potere politico; tale opera parte dai
monasteri, in particolare dall'abbazia di Cluny.
Dopo avere influenzato o indirizzato le iniziative dei suoi predecessori, soprattutto al fine di
liberare l'elezione del Papa dalle pressioni imperiali o laiche, per assicurarla ai cardinali,
ascende al soglio pontificio Ildebrando di Soana, dal cui nome da Papa, Gregorio VII (10731085), la riforma attuata sar chiamata gregoriana. Come detto, i fronti su cui combattere la
battaglia per la salvaguardia della Chiesa sono al momento due: da una parte, occorreva
attuare una correzione morale del clero, imponendo con sempre maggiore severit il celibato
dei sacerdoti (contro il nicolaismo) e perseguendo con crescente rigore la simonia 63;
57
58
Gli esemplari pi notevoli sono il Liber Columbani, il penitenziale di Teodoro, gli Judicia Cummeani, nei secc. VI-VII, i
penitenziali di Halitgar (Francia) e di Rabano Mauro (Germania), nel sec. IX, sino alla formulazione pi elaborata del
Corrector di Burcardo di Worms (sec. XI); Essi ebbero un'importanza, ancora oggi sottovalutata, per l'evoluzione del
diritto penale canonico, delle mentalit e del costume, soprattutto nel campo morale e dell'etica sessuale... Il metodo
casistico: per ogni peccato prevista una penitenza, che varia a seconda della dignit della persona e che pi
severa tanto pi elevata tale dignit. L'elemento intenzionale valorizzato al massimo... , L.Musselli, Storia del
diritto canonico, Giappichelli, Torino 2007, p. 29.
59 Lo stesso imperatore Carlo Magno era analfabeta e firmava con un sigillo, servendosi per il resto della scienza del
monaco Alcuino, suo segretario e cancelliere.
60 Ovviamente, la prassi di costituire documenti antichi favorevoli alle proprie rivendicazioni era propria anche dei
giuristi imperiali.
61 Il gruppo dei compilatori doveva essere formato da persone di profonda cultura e rara intelligenza; dopo lunghe
incertezze, oggi si riconosce concordemente che la loro patria fu nella Gallia centrale, forse Le Mans o Reims. La loro
origine spuria venne provata con l'edizione critica di Hinschius (1863), mentre successivi studi metteranno in luce
l'effettivo influsso assai modesto di queste collezioni nello sviluppo delle istituzioni della Chiesa medievale, in
particolare per il primato papale e per la libert dei vescovi.
62 Una lunga collezione in tre parti, che mescola ai concili della Hispana, alle lettere autentiche e ad altre norme
desunte dalla tradizione lunghe decretali inventate attribuendole ai Papi dei primi secoli.
63 Il fine quello di disporre di un personale ecclesiastico compattato da un vincolo di assoluta obbedienza e fedelt,
senza intralci e preoccupazioni sociali o mondane, oppure collusioni col potere profano.
15
dall'altra, Gregorio VII non desiderava solo far cessare le intromissioni imperiali, ma mirava ad
enfatizzare talmente il ruolo della Chiesa e del Papa, da farlo assurgere a criterio ordinatore
dell'intera societas christiana.
Tra le collezioni preparatorie della riforma va ricordato, nel sec. XI, il Decretum di Burcardo,
vescovo di Worms, opera pratica equilibrata e moderata, che si diffuse rapidamente e riafferm
la disciplina; altre opere, documentate e precise, nate in occasione della riforma, sono il De
vita christiana di Bonizone di Sutri e i 13 libri di Anselmo da Lucca. Tra le opere successive ha
grande importanza la trilogia di s. Ivo, vescovo di Chartres (1091-1116), che scrisse prima un
lungo Decretum64 e una raccolta Tripertita, forse ordinata cronologicamente, poi la Panormia,
sistematica e di indole pratica, che godette di grande autorit anche al di fuori della Francia ed
esercit un influsso determinante su Graziano, insieme con il Liber de misericordia et iustitia
(1106) di Algero di Liegi65 sull'equit canonica.
2.2.2. Il periodo classico (secc. XII-XVI)
Si tratta di un periodo ricco di grandi sviluppi, nella teologia, nell'arte, nel diritto: il momento
aureo della cristianit. In ambito giuridico, si va da Graziano (1140) al Concilio di Trento
(1545-1563): si elabora la tradizione canonica in un completo sistema giuridico, distinguendolo
come scienza sia dalla teologia che dal diritto romano; si forma il Corpus Iuris Canonici, come
frutto di un lungo lavoro in cui convergono le universit e i legislatori, i Papi.
Alla luce di quanto considerato precedentemente, il Decreto di Graziano non va visto come uno
splendido fiore, miracolosamente apparso verso la met del XII sec. (1140 ca.), ma come il
frutto pi maturo di una complessa evoluzione politico-giuridica della Chiesa del tempo e della
sua disciplina e dottrina; punto di arrivo che diventa anche un punto di partenza per la
costruzione di quella che verr definita l'et aurea del diritto canonico. Da una parte, ragioni di
ordine politico-religioso e stimoli provenienti dalla stessa rinascita del diritto romano spingono
all'elaborazione di un'opera che metta finalmente ordine nelle fonti canonistiche separando, per
quanto possibile, in modo chiaro, morale e diritto, foro interno e foro esterno; dall'altra parte,
al rinnovato strumentario giuridico si aggiungono le possibilit offerte dalla prima elaborazione
della logica scolastica, dove in teologia Pietro Abelardo mette a punto un metodo mirante al
reperimento delle concordanze, che si presta magnificamente ad essere utilizzato anche in
campo giuridico.
Il realizzatore di questo progetto e l'iniziatore del diritto canonico classico sar Graziano 66
attraverso l'opera che porta il titolo programmatico di Concordia discordantium canonum, poi
rimasta universalmente nota come Decretum. Egli raccoglie testi della Scrittura, canoni dei
concili, decretali dei Papi, passi dei Padri e di scrittori ecclesiastici, frammenti della legislazione
teodosiana (IV secolo) e giustinianea (VI secolo), di compilazioni barbariche e di capitolari
franchi; dispone questi testi a servizio di determinati argomenti giuridici, li collega tra loro, li
discute e ne estrae delle conclusioni. Poich i testi appaiono spesso in contraddizione tra loro,
Graziano cerca di conciliarli argomentando con un metodo ragionato: le norme sono analizzate
ratione significationis (lo spirito della norma), ratione temporis (il tempo nel quale essa stata
emanata: la norma pi recente prevale su quelle pi antiche in caso di inconciliabilit), ratione
loci (il carattere universale o locale della norma), ratione dispensationis (la finalit particolare o
generale della norma), al fine di giungere alla soluzione dei conflitti.
La dottrina esposta con appropriati documenti che costituiscono in certo modo la rete di
sostegno di tutti i canoni allegati e consentono di apprezzare la fatica dell'autore. Quanto al
contenuto, si specificano gli organi di governo della Chiesa, i loro poteri e attribuzioni, si
64
Nel prologo di quest'opera, diffusosi anche come opera autonoma, raccoglie una serie di regole di concordanza da
applicare alle diverse fonti; la sintesi del suo metodo che i testi risultano, se adeguatamente considerati, diversi,
sed non adversi.
65 Il merito dell'autore consiste nell'applicazione pratica dei principi di riconciliazione delle divergenze in una
collezione intera di testi giuridico-canonici, essendo la sua opera, sotto questo aspetto, simile ad una collezione
canonica... Per l'uso conseguente dei principi di soluzione delle discordanze in tutta l'opera, il Liber de misericordia
viene ritenuto il precursore principale del metodo di Graziano, P. Erd, Storia della scienza del diritto canonico. Una
introduzione, Pontificia Universit Gregoriana, Roma 1999, p.34.
66 Giovanni Graziano fu monaco camaldolese, di cui non sono ancora ben noti luogo (forse a Chiusi o nei pressi di
Orvieto) e data di nascita, ma che nella prima met del sec. XII insegn diritto a Bologna, risiedendo nel monastero
dei ss. Felice e Naborre. Compose la sua opera tra il 1120 ed il 1140, utilizzando le collezioni a lui vicine ed anche i
canoni pi recenti. Lo menziona anche Dante (Paradiso, X, 103-105) come colui che l'uno e l'altro foro aiut s che
piacque in paradiso.
16
costituisce il nucleo essenziale del diritto patrimoniale della Chiesa, del processo e del diritto
matrimoniale.
Come collezione nata per la scuola e per un uso pratico il Decreto non ha dall'inizio alcuna
autorit legale, n l'ha mai ricevuta dai Papi o dalla consuetudine; i testi che Graziano cita
conservano il loro valore originario, che va pesato secondo la loro autenticit e importanza
singola, senza acquistare forza nuova per il fatto di trovarsi nel Decreto. L'indubbio valore che
quest'opera ha avuto quello acquistato attraverso l'uso che se n' fatto, sino al suo
inserimento nel Corpus Iuris Canonici.
Nelle universit che fioriscono in tutta Europa nel sec. XII in particolare, per il diritto
canonico, importa ricordare Bologna, Pavia, Parigi e Padova i maestri iniziano ad esporre con
metodo esegetico e scolastico67 il Decreto di Graziano; questi primi interpreti furono detti
decretisti. Da lezioni condotte secondo questo metodo nascono, dapprima come pro memoria
didattico a cura dei docenti, o come sintesi ad opera degli studenti, le glosse e gli apparati di
glosse, affiancate al testo dei manoscritti; queste vengono pian piano a sovrapporsi ed
integrarsi, sino a che si giunse ad un completo corpus di glosse68, a corredo dell'intero Decreto.
Da queste prime glosse nasce poi la glossa ordinaria, integrata anche da nuovi testi, la quale
diviene a sua volta oggetto di altre glosse. Dal lavoro sulle glosse poi si origina un genere
diverso, al di fuori dello stretto ambito didattico, quello delle Summae, che sono riassunti di
diritto, non legati alla trascrizione materiale, n affiancate al testo 69. Accanto a queste opere ne
vanno ricordate anche altre che pure in forma di summa studiano una parte del Decreto, un
istituto o un aspetto particolare del diritto canonico; merita menzione la Summa de
matrimonio del pavese Bernardo Balbi, verso la fine del XII sec., che costituisce la prima
trattazione organica di diritto matrimoniale canonico.
Successivamente, l'accresciuta importanza che ebbe il papato nel giro di mezzo secolo da
Alessandro III (1159-1181) a Gregorio IX (1227-1241), e la nomina a Papa di eminenti figure
di giuristi, provocano una copiosa fioritura di decretali 70 pontificie nei campi pi disparati, tanto
che si sente immediatamente il bisogno di raccoglierle e razionalizzarle, al fine di evitare le
incertezze di una legislazione stratificata e di poter disporre di un corpus di leggi agile e di
pronta consultazione. Questi testi sono inizialmente raccolti in collezioni aggiunte al Decreto,
alcune redatte con un buon ordine sistematico, altre pi confuse. Cinque di esse hanno avuto
maggior fortuna in quanto usate da s.Raimondo di Peafort, quando viene incaricato da Papa
Gregorio IX di compilare una raccolta che, in seguito promulgata con valore di legge, rende
antiquate tutte le altre71. Le Decretali di Gregorio IX, dette semplicemente Liber extra72,
vengono promulgate con la bolla Rex pacificus nel 1234, ed anche attorno ad esse si
concentrer un'attivit esegetica e scientifica rigogliosa, che attraverso glosse, apparati di
glosse, summe, distinctiones, quaestiones, brocarda, poi commentari, trattati, consilia, etc. la
scandaglier e analizzer nel dettaglio; questi studiosi, dall'oggetto principale del loro studio,
67
Il maestro spiegava i testi del Decreto seguendo l'uso vigente anche presso i civilisti, uso mutuato dal metodo
dialettico della scolastica, sintetizzando il testo, dandone la spiegazione letterale, richiamando i passi e casi analoghi,
dividendo ordinatamente le varie problematiche ed affrontandole e risolvendole ad una ad una, dopo aver riportato le
tesi favorevoli e contrarie ad ogni soluzione. Alla fine di questo paziente lavoro di cesello e di analisi ritornava alla
ricostruzione ed all'affermazione del principio generale, della ratio dell'intera norma, L.Musselli, Storia del diritto
canonico, Giappichelli, Torino 2007, pp. 41-42.
68 In certo modo, componendo quello che oggi chiameremmo commentario.
69
Giova ricordare i nomi degli autori, dotti uomini di Chiesa, molti dei quali raggiunsero la dignit episcopale dopo
essere stati maestri di diritto canonico: Paucapalea, discepolo di Graziano, Rolando Bandinelli (poi Papa Alessandro
III), Rufino (poi vescovo di Assisi, morto nel 1192), Stefano (poi vescovo di Tournai, morto nel 1203) e il pi grande,
Uguccione da Pisa (morto nel 1211), per menzionarne solo alcuni.
70 Come abbiamo gi visto in precedenza, si chiamano decretali le ordinanze e costituzioni dei Papi, aventi una portata
generale, sia per la Chiesa intera, sia, per lo meno, per una parte notevole di essa, cio per una o parecchie province
ecclesiastiche.
71 Si tratta delle cd. Quinque compilationes antiquae: la Compilatio I (1191) di Bernardo da Pavia (a cui si deve la
sistematica in 5 libri che rimase poi tradizionale: iudex, iudicium, clerus, connubia, crimen), la Compilatio II (1212) di
Giovanni del Galles, la Compilatio III di Pietro Beneventano, promulgata da Innocenzo III nel 1210, la Compilatio IV
(1216) di Giovanni Teutonico, la Compilatio V (1226) opera di Tancredi da Bologna.
72 Extra detto in relazione al Decreto di Graziano. Il Liber Extra si compone di 5 libri: nel primo si parla delle fonti del
diritto, delle questioni relative ai vescovi ed ai chierici e del compito e della figura del giudice, oltre ad altre questioni;
nel secondo esposto organicamente il diritto processuale; nel terzo, dopo una parte dedicata alla disciplina del clero,
ne seguono una relativa al diritto patrimoniale ed una sui sacramenti; il libro quarto tutto dedicato al matrimonio; il
quinto si occupa di delitti e pene, con qualche accenno al diritto processuale penale.
17
Si segnalano, tra gli altri, Enrica da Susa,detto l'Ostiense, Sinibaldo dei Fieschi, poi divenuto Papa Innocenzo IV,
Guglielmo Durante autore di un prezioso manuale di diritto processuale, lo Speculum judiciale , Baldo degli Ubaldi e
Giovanni d'Andrea, detto pater et tuba iuris, laico e sposato, con una figlia, Novella, a sua volta dotta canonista.
74 Quest'opera, elaborata per la prima volta non da un singolo, ma da una commissione di canonisti, tra il 1296 e il
1298, fu promulgata con la bolla Sacrosanctae Romanae Ecclesiae.
75 Oltre alle decretali di Clemente V, contengono due decretali di Papi precedenti (Urbano IV e Bonifacio VIII) ed alcuni
canoni del Concilio di Vienne.
76 Si formalizza in questo tempo il corso universitario di studi in diritto canonico. I doctores ordinarii leggono il
Decretum e poi le Decretales al mattino, gli extraordinarii leggono le varie Compilationes e poi via via il Liber VI e le
Clementinae al pomeriggio. Gli studenti si organizzano per procurarsi almeno a prestito i testi e i commenti magistrali,
che ci restano ricopiati nei manoscritti conservati nelle biblioteche di tutta Europa e anche inesplorati in archivi e fondi
di vari enti. Fu tutto un fervore di dispute, commenti, studi. I gradi accademici si precisano e col dottorato si ottiene in
modo solenne il diritto di insegnare e agire in studio et ubique terrarum.
18
quale, dal 1378 al 1414, a causa delle liti intestine al collegio cardinalizio, prima due Papi, poi,
dopo il Concilio di Pisa (1409), addirittura tre Papi si contendono la sede di Pietro. Per uscire
dalla crisi e ristabilire la giusta obbedienza viene invocata la via del Concilio; a Costanza
(1414-1418) sono recepite queste istanze di rinnovamento, prescrivendo anche una periodicit
determinata delle riunioni dei concili. L'idea del conciliarismo tuttavia va incontro ad un
rapido moto di dissolvimento nelle tormentate vicende del Concilio di Basilea (1431-1439), e
consente al papato di recuperare il ruolo suo proprio all'interno della Chiesa.
2.2.3. Il periodo moderno: dal Concilio di Trento al Codice del 1917
Un momento di fondamentale importanza nello sviluppo storico del diritto canonico costituito
dal Concilio di Trento (1545-1563), celebrato dopo la grande frattura inferta all'unit del
mondo cristiano dalla Riforma protestante. La parola d'ordine fu salus animarum lex suprema
esto, frutto di uno spirito nuovo maturato lentamente e dell'esempio di persone decise a
cominciare in proprio la riforma77: Papi, Vescovi, nuovi ordini religiosi, gruppi per l'assistenza ai
poveri, ai malati e alla giovent, al clero in cura d'anime. I decreti di questo concilio,
promulgati da Pio IV nel 1564, contengono importanti innovazioni in materia di organizzazione
delle diocesi (con particolare attenzione per il ruolo del vescovo e dei parroci), sulla disciplina
del clero e dei religiosi, sul matrimonio. La riforma avviata dal Concilio di Trento porta anche
alla riorganizzazione e al potenziamento della curia romana, il complesso di quegli organismi
che collaborano col Papa. I provvedimenti emanati dai pi importanti dicasteri della curia
(come la Congregazione del Concilio, cui spetta l'interpretazione autentica dei decreti conciliari,
e quella De propaganda fide78, competente per i problemi che sorgono nell'applicazione del
diritto canonico nelle terre di missione) si affiancano, completandoli ed integrandoli, ai
provvedimenti pontifici, che perdono ormai la forma tradizionale della decretale, assumendo
quella della costituzione o della bolla. Nascono cos vastissime collezioni cronologiche, dette
Bullaria, spesso curate da privati a fini pratici, poco diligenti e incomplete.
In questo periodo la dottrina canonistica risente dell'evoluzione di tutto il diritto comune, che,
superato il metodo esegetico della glossa e quello critico-ricostruttivo del commento, si
indirizza verso la forma letteraria del tractatus, cio dell'esame monografico degli istituti.
Contemporaneamente, ampio rilievo dato alle esigenze della prassi, cui si indirizzano le
raccolte di Consilia, i pareri resi dai giuristi pi celebri. L'influsso dell'umanesimo giuridico e
della scuola si fa sentire anche a livello di diritto canonico e porta sia a tentativi sincretistici
di esposizione congiunta del diritto romano (o civile) e del diritto canonico, che ad interessanti
tentativi di rinnovamento sistematico a fini scientifici e didattici. Al 1563 risale un'opera di
natura appunto didattica, le Institutiones iuris canonici del giurista perugino Giovanni Paolo
Lancellotti (1522-1590)79, che, per la sua impostazione sistematica, avr per lungo tempo
ampio seguito per l'insegnamento nei seminari e nelle universit, sino ad essere
sostanzialmente accolta nell'ambito della codificazione del 1917.
Sotto l'influsso dell'erudizione storico-critica anche i commentari esegetici del diritto canonico
espongono ora la materia del diritto antico in modo pi critico e profondo, tenendo conto anche
della teologia tridentina; tra queste opere giova ricordare almeno i Iuris ecclesiastici universi
libri tres di Agostinho Barbosa (1649)80.
Fiorenti centri di studio si sviluppano in Spagna (tra essi si segnala l'Universit di Salamanca),
per lo pi ad opera di studiosi appartenenti ai due grandi ordini religiosi dei domenicani e dei
gesuiti. A titolo di esempio, ricordiamo Francisco Suarez, autore di un poderoso trattato De
legibus ac de Deo legislatore (1612), e Thomas Sanchez, a cui si deve un'opera fondamentale,
di sterminata dottrina, sul matrimonio (De sancto matrimonii sacramento, 1607), ambedue
77
Nonostante i tempi non facili per la Chiesa e la cristianit, o forse provvidenzialmente proprio in aiuto ad essi, il
tempo in cui Dio risponde con la santit di alcuni suoi figli alle miserie umane di altri, con gran beneficio del corpo
ecclesiale e della societ tutta: il tempo di s. Ignazio di Loyola, fondatore della benemerita Compagnia di Ges, di s.
Filippo Neri, fondatore dell'Oratorio, di s. Carlo Borromeo, incarnazione del modello di vescovo voluto da Trento, di s.
Camillo De Lellis, inventore dell'ospedale in senso moderno e fondatore dei Camilliani, dei riformatori carmelitani s.
Teresa d'Avila e s. Giovanni della Croce, di s. Girolamo Emiliani, fondatore dei Somaschi, e via discorrendo.
78 Lo ius missionarium, nato come diritto eccezionale, divenne in seguito, per non pochi istituti, quasi prototipo per
quello generale e comune; in tal senso andr la riconfigurazione della potest dei vescovi nel passaggio tra il Codice
del 1917 e quello vigente.
79 Con lo stesso titolo e la stessa impostazione fu un'opera meno fortunata del canonista pavese Mario Antonio Cucchi,
edita nel 1564: cf. P. Erd, Storia... cit., pp. 141-142; 146-148.
80 Cf. P. Erd, Storia.. cit., pp. 145-146.
19
82
Per una panoramica del secolo, cf. P. Erd, Storia.. cit., pp. 145-156.
83
Lo studio storico delle fonti venne splendidamente applicato nella spiegazione del diritto vigente nella sua opera pi
diffusa e con il maggior influsso nella canonistica dei secoli successivi, De synodo dioecesana, che l'autore pubblica gi
da Papa. Ma l'opera riformatrice in genere di papa Lambertini si esplic in diversi settori del diritto canonico
esercitando la sua influenza sino alla codificazione del 1917, tanto che il card. Gasparri nel suo elenco di fonti del
codex (voll. I e II), riporta numerosissime costituzioni di questo grande pontefice (dal n. 302 al n. 447).
84 Si tratta di quella corrente di pensiero che vede il modello statale come l'unico capace di emanare un diritto nativo,
a scapito dell'autonomia ecclesiale. A livello politico, il giurisdizionalismo port ad un forte controllo dello Stato
sulla vita della Chiesa: diffusione dei documenti pontifici, designazione delle cariche ecclesiastiche, festivit
religiose, criteri di monacazione sono alcune delle materie in cui lo Stato si sentiva in diritto di intervenire,
limitando di fatto la libert della Chiesa.
85 Il Codice di Napoleone in Francia risale al 1804.
86
Il fine rivendicare alla Chiesa, di fronte allo Stato moderno, la dignit e le prerogative di una societas juridice
perfecta avente una vera potestas indirecta in temporalibus.
20
sar nel Novecento il card. Alfredo Ottaviani, autore di un fortunato manuale, pi volte riedito.
L'esigenza, poi, di avere testi introduttivi al diritto canonico per i seminari maggiori e le facolt
giuridiche, dar luogo ad un'ampia quanto grigia e poco originale produzione di opere di tipo
istituzionale-divulgativo, improntate spesso allo schema delle Institutiones del Lancellotti; la
lingua usata, tranne rare eccezioni87, sempre il latino.
Proseguendo in questa sintetica ricostruzione storica, arriviamo ad un altro concilio ecumenico,
il Vaticano I, iniziato dal beato Pio IX l'8 dicembre 1869 ed interrottosi prematuramente l'anno
successivo in seguito alla presa di Roma e alla sua acquisizione al regno d'Italia. Questo
concilio ricordato soprattutto per la proclamazione dell'infallibilit del Papa, quando parla ex
cathedra88, ma esso ha costituito anche l'occasione per proporre una profonda riforma di tutto
il diritto della Chiesa. Risulta infatti che numerosi dei vescovi aventi parte al concilio abbiano
lamentato lo stato di caos, dispersione e desuetudine in cui versava il diritto canonico,
invocando un'apposita riforma; alcuni fra loro, per riscattarlo da tale rovinosa condizione, si
pronunciano a favore dell'abbandono del metodo sin l utilizzato per adottare il nuovo
strumento della codificazione, al fine di restituire dignit ed attualit al corpus giuridico della
Chiesa89.
La sospensione del Concilio e i pi urgenti problemi di carattere politico che la questione
romana pone alla Santa Sede fanno s che la richiesta di riforma del diritto venga
accantonata: n Pio IX, n Leone XIII se ne occupano, pur promulgando provvedimenti diretti
a riordinare e unificare la disciplina di taluni istituti. Sorge nel contempo un dibattito anche tra
gli studiosi: alcuni si mostrano perplessi sull'utilizzabilit di un codice per il diritto della Chiesa
poich, tra l'altro, ne avrebbe sacrificato la tipica elasticit (ad es. Friedberg, Ruffini, Calisse);
altri ritengono che, date le tendenze politiche degli Stati, una codificazione, anche se
realizzata, non avrebbe potuto avere attuazione (Wernz), finendo per costituire un'umiliazione
per la Chiesa. Altri canonisti, tuttavia, di differente levatura ed estrazione (ad es. De Luise,
Colomiatti, Hollweck, Pillet, Deshayes, Pezzani) si cimentano nella composizione di codificazioni
private, sia per dimostrare agli scettici che l'impresa di estrinsecare dalle fonti il contenuto
squisitamente precettivo era fattibile, e quindi additare un modello per il supremo legislatore
della Chiesa, sia, pi modestamente, per venire incontro alle urgenze della prassi con sillogi
delle disposizioni in vigore nei vari settori dello ius canonicum90.
Mentre questa disputa ancora in corso, l'istanza viene recepita e Papa Pio X, subito dopo la
sua elezione, le d avvio con la cooperazione di uno dei pi insigni giuristi dell'epoca, Pietro
Gasparri, poi Cardinale Segretario di Stato. Il 19 marzo del 1904 Pio X emana il motu proprio
Arduum sane munus, con cui istituisce una commissione di Cardinali e una di consultori per
elaborare e presentare i vari progetti di lavoro, chiedendo aiuto anche a teologi e canonisti
italiani e stranieri, invitati come collaboratori; per altro tutto l'episcopato mondiale (coinvolti
circa cinquemila prelati) invitato a partecipare all'opera, esprimendo la propria opinione sui
mutamenti e le correzioni da apportare alla legislazione ecclesiastica, tramite consultazione
epistolare gi nello stesso 190491, poi ancora tra il 1912 e il 1914.
La morte di s. Pio X (20 agosto 1914) e lo scoppio della guerra mondiale non interrompono i
lavori di codificazione e nel luglio del 1916 la commissione cardinalizia termina la revisione
delle osservazioni dei vescovi. Dopo l'annuncio di fine lavori dato il 4 dicembre 1916, il 27
maggio 1917 (giorno di Pentecoste) con la costituzione Providentissima Mater Ecclesia papa
Benedetto XV (1914-1922) promulga ufficialmente il primo codice della storia della Chiesa,
intitolato Codex Iuris Canonici (solitamente abbreviato CIC17).
Si tratta ora di un vero codice, formato da canoni brevi e sintetici, destinati a regolare la vita
della Chiesa di rito latino. Esso si divide in cinque libri (per un totale di 2414 canoni): il primo
87
88
Questa garantita personalmente al Papa nelle condizioni precise e limitative enunciate nella costituzione Dei Filius:
Quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e di dottore di tutti i cristiani, definisce, in virt della sua suprema
autorit apostolica, che una dottrina in materia di fede e di costumi deve essere ammessa da tutta la Chiesa.
89 Le proposte di codificazione nascono dall'esigenza di una maggior uniformit della legislazione ecclesiastica, che,
per altro, implicando necessariamente una limitazione del pluralismo disciplinare, si risolve in una riaffermazione
dell'unit della Chiesa universale rispetto alla diversit delle Chiese particolari (G. Feliciani, Le basi del diritto
canonico, Il Mulino, Bologna 2002, p. 16).
90 Per pi ampie notizie su questo dibattito, cf. R. Astorri, Le leggi della Chiesa tra codificazione latina e diritti
particolari, CEDAM, Padova 1992, pp. 9-42.
91 Questa lettera del card. Gasparri fornisce da subito l'indicazione circa la sistematica del codice che, scostandosi
nettamente dalla struttura delle collezioni di decretali, si ispira fondamentalmente ai trattati di diritto canonico in uso
nelle universit.
21
tratta delle norme generali, il secondo delle persone, il terzo delle cose, cio dei mezzi di cui la
Chiesa si serve per la sua missione, siano essi di natura temporale o spirituale (si collocano qui
anche il matrimonio e gli altri sacramenti), il quarto libro si occupa dei processi, comprese le
cause di beatificazione e canonizzazione, mentre il quinto dedicato al diritto penale. Il Codice
poi integrato da un'appendice contenente nove costituzioni relative a vari ambiti,
dall'elezione del Papa a materie beneficiarie e disciplinari.
L'intelaiatura del Codice appare dunque ricalcata sul paradigma delle Institutiones iuris
canonici del gi citato canonista del sec. XVI Giovanni Paolo Lancellotti, rifacentesi a sua volta
alla tripartizione gaianogiustinianea; in questo schema per viene inserito un complesso di
norme gi collaudato, vigente da tempo, desunto da tutte le fonti precedenti, espungendo solo
le norme ormai superate.
Al di l di alcune critiche e mancanze92, il Codice ha consentito non solo un'ordinata
riorganizzazione delle Chiese locali, ma ha anche favorito lo studio sistematico del diritto
canonico, l'indagine sulla sua storia e il suo confronto con le varie parti del diritto civile
vigente; si cos potuto distinguere meglio nella dottrina la natura peculiare del diritto
canonico e risalire nelle sue linee essenziali alle fonti della Rivelazione, studiarne le relazioni
con il mistero della Chiesa e preparare cos anche il fiorire del Concilio Vaticano II.
2.2.4. Il periodo contemporaneo (dal XX sec. ad oggi)
L'autorit del Codice e la sua idoneit a regolare in modo ordinato, sicuro e completo la vita
della Chiesa non saranno pi messe in discussione per alcuni decenni, sino al periodo
successivo al secondo conflitto mondiale, quando andr delineandosi e facendosi
progressivamente pi imperiosa l'esigenza di un profondo ripensamento sulla stessa realt
della Chiesa e sulla sua capacit di adempiere la sua missione evangelizzatrice in un mondo
profondamente cambiato: questa spinta riformatrice sfocia nella celebrazione di un nuovo
concilio ecumenico, il Vaticano II.
L'anziano Giovanni XXIII recepisce questi fermenti e annuncia a sorpresa 93 la convocazione di
questo Concilio, che avrebbe riunito in quattro sessioni dal 1962 al 1965 tutti i vescovi della
Chiesa cattolica, oltre al sinodo della diocesi di Roma e alla riforma del diritto canonico.
L'esigenza di tale riforma porta il beato Giovanni XXIII gi nel 1963 ad istituire una prima
commissione di studio, anche se i lavori di revisione veri e propri cominciano dopo la chiusura
del Concilio, nel 1967, sotto la guida di una commissione cardinalizia istituita da Paolo VI e
presieduta dal card. Pericle Felici; questo si avvale dell'apporto di una folta schiera di studiosi
ed esperti, suddivisi in gruppi di studio, ciascuno dedito ad uno specifico settore della
legislazione. Data la necessaria capillarit del lavoro, il suo cambiamento di prospettiva dalla
riforma del Codice del 1917, alla sua sostituzione ex novo con un altro e alcune resistenze
interne i lavori si sono protratti per molti anni94.
Le dinamiche del rinnovamento fomentate dal Concilio non potevano per altro non ripercuotersi
sulla legislazione, tanto che ad esso seguita una frenetica e densa produzione normativa,
specie da parte di Paolo VI. Tra i pi importanti documenti di contenuto canonistico in questa
fase si possono ricordare il m.p. De Episcoporum muneribus (1966), sui compiti istituzionali
dei vescovi, il m.p. Ecclesiae Sanctae, dello stesso anno, sull'applicazione di alcuni documenti
conciliari, il m.p. Sacrum Diaconatus Ordinem (1967), per la restaurazione del diaconato
permanente nella Chiesa latina. Ad essi vanno aggiunti la costituzione apostolica Regimini
Ecclesiae universae, sempre del 1967, circa il riordino della Curia romana, e due importanti
encicliche, la Sacerdotalis caelibatus (1967), che riconferma il valore del celibato sacerdotale,
oggetto di forte discussione negli anni del post Concilio, e la Humanae vitae (1968), che
riconferma, seppure con alcune caute aperture verso la procreazione responsabile, la
tradizionale dottrina cristiana in materia di sessualit e apertura alla vita. In campo
matrimoniale, infine, sono da ricordare due importanti motu proprio: Matrimonia mixta, che
ha predisposto una disciplina pi moderna e pi rispettosa dei diritti e della dignit degli
appartenenti ad altre confessioni cristiane nella celebrazione dei matrimoni con cattolici, e
Causas matrimoniales, che introduce novit di rilievo nel processo matrimoniale, accrescendo
i diritti di difesa delle parti e snellendo il procedimento attraverso una possibile semplificazione
92
Per un bilancio, cf. G. Feliciani, Le basi del diritto canonico, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 20-22.
93
Discorso del 25 gennaio 1959 nella basilica di s. Paolo fuori le Mura, a Roma.
94
Per una storia sintetica dell'iter di codificazione, cf. L.Musselli, Storia del diritto canonico, Giappichelli, Torino 2007,
pp. 103-106; G. Feliciani, Le basi del diritto canonico, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 24-44.
22
Giovanni Paolo II, Discorso di presentazione del codice canonico del 1983.
96
Dal giorno della sua promulgazione, stato modificato il testo di alcuni canoni attraverso i motu proprio Ad
tuendam fidem del 1998 e Omnium in mentem del 2009. Sulle caratteristiche peculiari del nuovo codice si vedano:
J.B.Beyer, Il Codice del Vaticano II, EDB, Bologna 1983; A.D'Ostilio, La storia del nuovo codice di diritto canonico,
Ed.Vaticana, Citt del Vaticano 1983; G.Feliciani, s.v. Codice - III. Codice di diritto canonico, in Enciclopedia
Giuridica, vol. VI, 1990.
97 Tutta la materia stata successivamente riordinata con l'istruzione Sanctorum Mater del 2007.
23
concretamente operanti le disposizioni contenute nella legislazione pontificia. Tra questi atti
una menzione particolare merita l'istruzione Dignitas connubii (2005), predisposta dal
Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi, in collaborazione con altri dicasteri
della curia romana: essa riunisce in modo sistematico tutte le disposizioni del codice
riguardanti, anche indirettamente, il processo per le cause di nullit del matrimonio,
corredandole ed integrandole con altre disposizioni che ne facilitino la concreta applicazione e
ne evitino il fraintendimento.
Tuttavia, il provvedimento normativo pi rilevante e significativo emanato nel 1990 98 il Codex
canonum ecclesiarum orientalium (abbreviato CCEO), destinato a regolare la vita di comunit
dotate di peculiare storia e tradizione come le ventuno Chiese cattoliche orientali 99,
salvaguardandone la legittima autonomia, pur nello stretto legame di comunione con Roma.
Esso racchiude unicamente le norme essenziali e comuni a tutte queste Chiese, rinviando in
maniera massiccia al diritto particolare di ciascuna100.
Ambedue le codificazioni sono dunque quasi leggi-quadro, disponibili e dischiuse all'apporto
del diritto particolare, che vale in zone geografiche ristrette o vincola soltanto i fedeli di certe
comunit. La legislazione particolare faceva capo in passato precipuamente ai vescovi preposti
alle Chiese locali (o ai concili plenari o provinciali); recentemente, nella Chiesa latina, ha
conosciuto una stagione di rigogliosa fioritura l'attivit normativa delle conferenze episcopali.
Esse emanano decreti generali nelle materie previste dal diritto universale, oppure in quelle
individuate da un mandato speciale della Santa Sede. Tali decreti generali normalmente
integrano e perfezionano la legislazione universale, adattandola alle circostanze di luogo e di
tempo, coordinandola con la normativa secolare vigente nelle diverse localit. Attualmente,
sono spesso gli accordi stipulati dalla Santa Sede con gli Stati a demandare alle conferenze
episcopali di provvedere con proprie norme ad una puntuale capillarizzazione della disciplina
pattizia.
98
99
Quelle che hanno restaurato la piena comunione con la sede romana dopo lo scisma del 1054.
100
Fra i connotati salienti di questa codificazione pu registrarsi, oltre ad una nitida trasparenza e un eloquente
ossequio, da parte della disciplina giuridica, dei principi teologici gelosamente custoditi in Oriente, il rispetto
dell'autonoma organizzazione gerarchica, l'interesse che circonda l'ecumenismo e l'attivit missionaria, l'attenzione
rivolta alla vita consacrata, un maggior equilibrio tra potere personale e collegiale con una valorizzazione della
dimensione della sinodalit, e ancora, sotto un profilo peculiare, il rigetto della concezione puramente contrattualistica
del matrimonio..., G.Dalla Torre G.Boni, Conoscere il Diritto canonico, Ed. Studium, Roma 2006, pp.87-88.
24
102
Fanno eccezione la Chiesa Italo-albanese e la Chiesa maronita: quest'ultima situata principalmente in Libano ed
interamente in comunione con la Sede Romana, non esistendo dunque una Chiesa maronita ortodossa, ma solo la
Chiesa maronita cattolica.
bene fare una sottolineatura riguardo all'uso del plurale nella parola Chiese. Infatti, come precisa la
Dichiarazione sullespressione Chiese sorelle della Congregazione per la dottrina della fede (30 giugno 2000),
in senso proprio, Chiese sorelle sono esclusivamente le Chiese particolari (o i raggruppamenti di Chiese particolari:
25
Roma, provengono da Chiese orientali che in poche diverse hanno rotto per varie cause la
comunione con Roma. Infatti, alcuni dei tentativi di unione, nel secondo millennio, tra le Chiese
dOccidente e dOriente, che, come noto, per ragioni varie fallirono, portarono alla
realizzazione di riunificazione tra frazioni di queste Chiese orientali e la Chiesa cattolica
romana, mentre altre frazioni orientali, quantitativamente pi rilevanti, rimangono tuttora nello
stato di non comunione con Roma. Questo sacro Concilio, ringraziando Dio che molti orientali
figli della Chiesa cattolica, i quali custodiscono questo patrimonio e desiderano viverlo con
maggior purezza e pienezza, vivano gi in piena comunione con i fratelli che seguono la
tradizione occidentale, dichiara che tutto questo patrimonio spirituale e liturgico, disciplinare e
teologico, nelle diverse sue tradizioni, appartiene alla piena cattolicit e apostolicit della
Chiesa (UR n. 17b).
Per Chiese orientali si intendono qui proprio le Chiese orientali cattoliche, riconosciute da Roma
in varie epoche. A tali Chiese fu dedicato il decreto del Vaticano II Orientalium Ecclesiarum
(1964), affinch esse fioriscano ed assolvano con nuovo vigore apostolico la missione a loro
affidata (OE n.1). Il decreto OE chiama le Chiese orientali cattoliche Chiese particolari o riti
e le situa nel corpo della Chiesa una, santa: unendosi in varie comunit stabili, congiunti dalla
gerarchia, costituiscono le Chiese particolari o riti (OE n.2). Pi esplicita in merito la
costituzione dogmatica sulla Chiesa (LG 23d): Per divina Provvidenza avvenuto che varie
Chiese, in vari luoghi stabilite dagli apostoli e dai loro successori, durante i secoli si sono
costituite in vari raggruppamenti, organicamente congiunti, i quali, salva restando l'unit della
fede e l'unica costituzione divina della Chiesa universale, godono di una propria disciplina, di
un proprio uso liturgico, di un proprio patrimonio teologico e spirituale. Alcune fra esse,
soprattutto le antiche Chiese patriarcali, quasi matrici della fede, ne hanno generate altre a
modo di figlie. Quindi le Chiese orientali cattoliche, sebbene riconosciute dalla Sede Apostolica
dopo la rottura di comunione tra Oriente e Occidente, affondano le radici nelle antiche Chiese
patriarcali, matrici della fede e delle loro tradizioni.
Perci la Chiesa cattolica non si identifica con la Chiesa latina, ma si compone di queste varie
Chiese particolari o riti, cio della Chiesa latina doccidente e delle Chiese orientali, le quali,
sebbene siano in parte tra loro differenti in ragione di riti liturgici, di disciplina ecclesiastica e di
patrimonio teologico e spirituale, sono tuttavia allo stesso modo unite tra loro nella fede,
sacramentalit ed ecclesialit, e in piena comunione ecclesiastica con la Chiesa di Roma,
riconoscendo il primato del ministero del Papa, vescovo di Roma, sulla Chiesa cattolica. OE n. 3
afferma che queste varie Chiese sono allo stesso modo affidate al governo pastorale del
romano Pontefice, il quale per volont divina succede al beato Pietro nel primato sulla Chiesa
universale. Conseguenza ecclesiologica e canonica dellunit e della pluralit della Chiesa
che le Chiese dOriente come anche le Chiese dOccidente hanno il diritto e il dovere di
reggersi secondo le proprie discipline particolari, poich si raccomandano per veneranda
antichit, sono pi corrispondenti ai costumi dei loro fedeli e pi adatte a provvedere al bene
delle loro anime (OE n. 5). Il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie discipline
particolari comporta soprattutto una propria autorit superiore ed autonomia interna entro i
confini del proprio territorio, ossia una potest legislativa, amministrativa e giudiziale, salva
restando lautorit suprema su di esse del romano pontefice e del concilio ecumenico.
Perci, secondo il Vaticano II, ci che costituisce ecclesiologicamente e canonicamente una
Chiesa particolare o rito viene descritto nei termini seguenti: laggruppamento stabile di
fedeli (clero, monaci, religiosi e fedeli laici), organicamente congiunto da una gerarchia
propria, il quale, nellunit della Chiesa universale, vive e cresce nel suo patrimonio liturgico,
teologico, disciplinare e spirituale.
3.2.2. Terminologia
Il decreto OE, trattando delle Chiese orientali cattoliche, usa la terminologia Chiese particolari
o riti, identificando in questo modo il concetto di Ecclesia particularis (Chiese patriarcali,
Chiese arcivescovili maggiori, Chiese metropolitane) con quello di ritus. La Pontificia
commissione per la revisione del Codice di diritto canonico orientale ha giudicato il termine
ritus inadatto a significare pienamente la realt di una determinata comunit cattolica radunata
intorno ad una gerarchia e dotata di particolari elementi etnico-religiosi, specialmente dopo che
ad esempio, i Patriarcati e le Metropolie) tra di loro (n. 10). Di conseguenza inappropriato usare questi termini
riferendosi ad esempio alla Chiesa cattolica e a quella ortodossa, perch occorre rispettare una fondamentale
verit della fede cattolica: quella cio dellunicit della Chiesa di Ges Cristo. Esiste infatti ununica Chiesa, e perci
il plurale Chiese si pu riferire soltanto alle Chiese particolari (n. 11).
26
stato riconosciuto a queste comunit lo status di Ecclesiae sui iuris. Il termine ritus o Ecclesia
ritualis, in uso dal sec. XVI, faceva convergere lattenzione sulle particolarit piuttosto
liturgiche, a danno di un intero patrimonio spirituale, culturale, storico e disciplinare. Nel
frattempo il nuovo Codice della Chiesa latina ha usato lespressione Chiese particolari per
indicare le diocesi, chiamate nel diritto orientale eparchie. Infatti, il can. 368 prescrive che le
Chiese particolari, nelle quali e dalle quali sussiste la sola e unica Chiesa cattolica, sono
innanzitutto la diocesi; di conseguenza, nel can. 177, 1 del nuovo CCEO, leparchia
chiamata Chiesa particolare, e nei cann. 27 e 28 viene descritta la nozione di Ecclesia sui
iuris e di ritus.
Secondo il can. 27, si chiama, in questo Codice, Chiesa sui iuris, un raggruppamento di fedeli
cristiani congiunto dalla gerarchia, a norma del diritto, che la suprema autorit della Chiesa
riconosce espressamente o tacitamente come sui iuris. Perci, gli elementi giuridici costitutivi
di una Ecclesia sui iuris sono: a) laggruppamento di fedeli; b) la gerarchia propria con cui tale
aggruppamento legittimamente congiunto; c) il riconoscimento espresso o tacito, da parte
della suprema autorit della Chiesa, a un cos strutturato aggruppamento di fedeli, dello status
di Ecclesia sui iuris. Ogni Chiesa sui iuris, cos costituita, considerata dal diritto come una
persona giuridica, rappresentata dal proprio capo (patriarca, arcivescovo maggiore,
metropolita).
Ogni Chiesa sui iuris segue ed osserva il proprio rito; il rito non un elemento giuridico della
Chiesa sui iuris, ma il suo patrimonio. Il can. 28, 1 definisce il rito come patrimonio
liturgico, teologico, spirituale e disciplinare, distinto per cultura e circostanze storiche di popoli,
che si esprime in un modo di vivere la fede che proprio di ciascuna Chiesa sui iuris.
I vari riti orientali provengono dalle grandi cinque tradizioni, cos riportate, in ordine alfabetico,
nel can. 28 2: I riti di cui si tratta nel Codice sono, a meno che non consti altrimenti, quelli
che hanno origine dalle tradizioni Alessandrina 103, Antiochena104, Armena105, Caldea106 e
Costantinopolitana107 (quest'ultima tradizione comunemente detta bizantina).
Da queste cinque tradizioni rituali discendono tutte le Chiese sui iuris: 108
Tradizione
Tipologia
amministrativa
Provenienza storica
Localizzazione109
Alessandrina
Copta
patriarcale
Egitto, Sudan
210.000
Etiopica
metropolitana
Etiopia
208.000
Siriaca
patriarcale
Iraq, Siria
123.000
Maronita
patriarcale
(nessuna controparte)
Libano, MO
Antiochena
Fedeli110
3.000.000
Kerala (India)
410.000
Armena
Armena
patriarcale
MO
540.000
Caldea
Caldea
patriarcale
MO
1.000.000
Siro malabarese
Kerala (India)
3.600.000
Melchita
patriarcale
MO
1.200.000
Bizantina
103
104
105
Chiesa armena.
106
107
Chiese bielorussa, bulgara, greca, italo-albanese, melkita, romena, rutena, slovacca, ucraina, ungherese, russa,
albanese.
108 Questi dati provengono dalla Scheda informativa sulle chiese cattoliche orientali presentata il 7 ottobre 2010
durante la Conferenza stampa di presentazione del convegno di studi per ricordare il XX anniversario della
promulgazione del Codice di diritto canonico orientale (8-9 ottobre 2010). Il documento afferma che attualmente
nella Chiesa Cattolica ci sono 23 Chiese sui iuris, ma poi stranamente ne elenca solo 22.
109 Indica il principale luogo di residenza dei fedeli della Chiesa, ma occorre tener presente che, a causa delle
migrazioni, a volte i fedeli di una Chiesa sono pi numerosi negli Stati esteri in cui sono emigrati (soprattutto le
Americhe), rispetto ai Paesi di origine.
110 Sono stime a volte imprecise, data la scarsit di notizie relative a molte di queste Chiese, che vivono in situazione
di minoranza all'interno di Stati o culture che le hanno a lungo oppresse (si pensi al blocco comunista dell'Europa
orientale e ai Paesi a maggioranza musulmana). Il totale di queste cifre ammonta a 16.700.000 fedeli, che corrisponde
ad una percentuale di 1,5% sul totale di circa 1.100.000.000 di cattolici nel mondo.
27
Ucraina
Ucraina
4.300.000
Romena
Romania
750.000
Rutena
metropolitana
Ucraina, USA
600.000
Slovacca
metropolitana
Slovacchia
350.000
Albanese
(altra)
Albania
4.000
Bielorussa
(altra)
Bielorussia
7.000
Bulgara
(altra)
Bulgaria
10.000
Croata
(altra)
Croazia
15.000
Greca
(altra)
Grecia, Turchia
Italo albanese
(altra)
(nessuna controparte)
Italia
61.000
Macedone
(altra)
Macedonia
11.000
Russa
(altra)
Russia
Ungherese
(altra)
Ungheria
3.000
300.000
Si contano dunque sei Chiese patriarcali sui iuris, quattro Chiese arcivescovili maggiori sui
iuris, tre Chiese metropolitane sui iuris, nove Chiese sui iuris. Queste diverse tipologie
amministrative dipendono da ragioni storiche e dalla maggiore o minore estensione di ogni
Chiesa sui iuris.
A livello lessicale, leparchia nel diritto orientale indica la diocesi, e di conseguenza leparca il
vescovo diocesano. Lesarcato (o esarchia) una determinata porzione del popolo di Dio,
circoscritta territorialmente o in un altro modo, che, per speciali circostanze, non stata
costituita come eparchia ed affidata alla cura pastorale di un esarca. La costituzione di
esarcati entro i confini del territorio patriarcale spetta al patriarca con il consenso del sinodo
permanente; negli altri casi alla Sede Apostolica.
Ad esempio, una Chiesa patriarcale sui iuris formata da un certo numero di eparchie (cio
diocesi) governate ognuna dal proprio vescovo; le eparchie sono raggruppate in provincie
ecclesiastiche, guidate da un metropolita; le provincie ecclesiastiche formano a loro volta la
Chiesa patriarcale sui iuris, con a capo il patriarca. Quindi il patriarca riassume in s tre
funzioni: vescovo della propria eparchia, che la sede patriarcale; metropolita della propria
provincia; patriarca dell'intera Chiesa sui iuris.111
Le Chiese arcivescovili maggiori sui iuris e le Chiese metropolitane sui iuris hanno una struttura
simile: sono un insieme di eparchie, delle quali una anche sede arcivescovile maggiore o
sede metropolitana, per cui il suo vescovo, oltre a svolgere il ministero episcopale nella propria
sede, anche gerarca dell'intera Chiesa sui iuris. Si tratta di un insieme di eparchie sorelle tra
loro, delle quali una la sorella maggiore.
Le altre Chiese sui iuris possono essere costituite anche da una sola eparchia.
3.2.3. La promulgazione del nuovo CCEO e la legislazione orientale
Giovanni Paolo II, con la costituzione Sacri Canones (1990), ha promulgato il nuovo CCEO
comune a tutte le Chiese orientali cattoliche. Questo Codice non diviso in libri, come il Codice
della Chiesa latina, bens in titoli, come le antiche collezioni canoniche orientali; comprende
XXX titoli, divisi in capitoli, suddivisi in articoli; il numero complessivo di canoni 1546, mentre
il Codice della Chiesa latina comprende 1752 canoni.
Tra le caratteristiche ed istituzioni specifiche della legislazione orientale se ne possono
evidenziare alcune. Il nuovo titolo (Codice dei canoni delle Chiese orientali) stato adottato,
data la grande considerazione nella quale le Chiese orientali hanno sempre tenuto i sacri
canoni nelle loro collezioni canoniche e nella pratica della vita, adoperando proprio la
terminologia stessa degli antichi concili ecumenici. La stessa ragione vale anche per
larticolazione del Codice in titoli, invece dellordine sistematico in libri del Codice latino: la
scelta del sistema di codificazione secondo titoli anzich libri stata da sempre considerata
uno dei maggiori segni per rispettare davvero la specificit delle tradizioni orientali, tra le
quali vi anche quella espressa nella struttura delle loro Collezioni di canoni.
111
come se, per assurdo, il sindaco di Roma fosse anche presidente della regione Lazio e capo dello Stato.
28
intanto, canonicamente eletto, il patriarca esercita validamente il suo ufficio dal momento della
intronizzazione, con cui egli ottiene lufficio di pieno diritto; tuttavia, prima di ricevere dal
Pontefice la comunione ecclesiastica, non convoca il sinodo e non ordina i vescovi della sua
chiesa patriarcale (CCEO can. 63)
La potest del patriarca si esercita a norma del diritto; annessa allufficio patriarcale, e pu
essere validamente esercitata solamente entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale;
bisogna notare che le genuine tradizioni orientali sottolineano piuttosto la sinodalit e
corresponsabilit di tutti i vescovi nel governo della propria Chiesa patriarcale, da qui
lesigenza che i diritti e i privilegi del Patriarca siano esercitati a norma del diritto. Il Patriarca
presiede in quanto primus inter pares tra i vescovi della propria Chiesa patriarcale ed esercita
la potest di governo esecutiva o amministrativa, mentre la potest di governo legislativa e
giudiziaria nella chiesa patriarcale compete al sinodo dei vescovi (CCEO can. 110). La
funzione patriarcale inseparabile dalla sinodalit dei vescovi, salva restando lautorit
suprema del Romano Pontefice e del Concilio ecumenico sulla Chiesa universale, e di ciascun
vescovo nella sua eparchia.
Invece, perch tale potest possa essere validamente esercitata sui propri fedeli fuori di questo
territorio, si richiede che ci sia stabilito dal diritto comune o dal diritto particolare, approvato
dal Pontefice (CCEO can. 78). Il territorio della Chiesa a cui presiede il Patriarca si estende a
quelle regioni nelle quali si osserva il rito proprio della stessa Chiesa e dove il Patriarca ha il
diritto legittimamente acquisito di erigere province, eparchie, come pure esarcati (CCEO can.
146, 1).
Tra i diritti del Patriarca, il CCEO menziona: il diritto di rappresentare la persona giuridica della
Chiesa patriarcale, di emanare decreti amministrativi e di indirizzare ai fedeli istruzioni e
lettere encicliche; il diritto di costituire delle province ed eparchie ecclesiastiche, unirle,
dividerle o sopprimerle, dopo aver consultato la Sede Apostolica e con il consenso del sinodo
dei Vescovi della Chiesa patriarcale; il diritto di ordinare i vescovi della propria Chiesa
patriarcale e il diritto di essere commemorato nei servizi liturgici dopo il Pontefice; il diritto di
vigilanza nei riguardi dei fedeli cristiani della propria Chiesa patriarcale ovunque dimoranti
(CCEO cann. 79- 101; 110, 4; 148, 1); il diritto di stipulare delle convenzioni con lautorit
civile (CCEO can. 98).
C) Il sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale. Il decreto OE n. 9d stabilisce che i
patriarchi coi loro sinodi costituiscono la superiore istanza per qualsiasi questione del
patriarcato, non escluso il diritto di costituire nuove eparchie e di nominare vescovi del loro
rito entro i confini del territorio patriarcale, salvo restando linalienabile diritto del romano
pontefice di intervenire in singoli casi. La funzione del Patriarca, perci, come pater et caput
della chiesa patriarcale, cui presiede, e come primus inter pares tra i vescovi della medesima
Chiesa, strettamente legata con listituzione sinodale, nel senso che la potest patriarcale si
esercita nel e col sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale. Anche la potest
amministrativa/esecutiva del Patriarca (CCEO can. 110, 4) in rapporto con quella legislativa
e giudiziaria del sinodo (CCEO can. 110, 1-2). Ovviamente non ci pu essere sinodo senza il
patriarca, a cui spetta convocarlo e presiederlo, ma non ci pu essere patriarca senza sinodo. Il
patriarca il garante canonico del funzionamento della sinodalit nella propria Chiesa.
La struttura sinodale di una chiesa pu essere riassunta come segue: a capo dei vescovi di
una vasta area territoriale si trova un vescovo, il quale, in quanto primo tra loro, il loro capo;
ogni vescovo per nella propria chiesa locale il vero ed autentico capo e pastore, in virt
dellordinazione episcopale; per tutte le questioni che riguardano linsieme delle Chiese locali di
una vasta area territoriale le decisioni si prendono insieme da parte di tutti i vescovi,
discutendo e deliberando in comune con il loro protos (il vescovo della citt principale), cio nel
sinodo episcopale, di modo che essi non possano decidere nulla senza lassenso del primo, e il
primo non possa decidere nulla senza lassenso degli altri. In questo senso, il primato del
protos non distruttivo della conciliarit, e la conciliarit non distruttiva della primazialit del
protos; con questo modo di agire dei vescovi sinodalmente nella concordia si rende culto e
glorificazione a Dio per Cristo nello Spirito Santo.
Al sinodo, al quale partecipano tutti e soli i vescovi ordinati della Chiesa patriarcale, spetta
emanare leggi per la Chiesa patriarcale. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale
costituisce la superiore autorit legislativa nella Chiesa patriarcale. Compete esclusivamente ad
esso emanare leggi per lintera Chiesa patriarcale. Ovviamente, le leggi emanate dal sinodo e
promulgate dal patriarca non devono essere contrarie al diritto comune, ossia alle leggi e alle
30
legittime consuetudini della Chiesa universale, e alle leggi e alle legittime consuetudini comuni
a tutte le Chiese orientali. Il diritto promulgato dallautorit legislativa di ogni Chiesa
patriarcale, cio dal proprio Sinodo dei vescovi, costituisce fonte principale del proprio diritto
particolare.
Il sinodo anche il superiore tribunale entro il territorio patriarcale 112.
Infine, al sinodo spetta il diritto di eleggere canonicamente il patriarca e i vescovi entro il
territorio della Chiesa patriarcale (CCEO cann. 110, 1-3; 150, 2-3; 1062) e la terna di
candidati per lufficio di vescovi eparchiali, di vescovi coadiutori o ausiliari costituiti dalla Sede
apostolica fuori del territorio patriarcale, per proporli per la nomina, a mezzo del patriarca, al
Pontefice.
Lo stesso diritto comune riserva alcuni atti amministrativi allo stesso Sinodo: ad esso compete
accettare la rinuncia del patriarca, dopo aver consultato il pontefice; esso stabilisce i tempi del
sinodo metropolitano nella Chiesa patriarcale, pu determinare gli argomenti da trattare
nellassemblea patriarcale e ne approva gli statuti, pubblica il piano di formazione dei chierici,
compone il direttorio catechistico, pu proibire luso di certi strumenti di comunicazione sociale,
stabilisce la somma minima e massima per lalienazione dei beni temporali.
D) Lelezione dei vescovi nelle Chiese orientali. Il Vaticano II con il decreto OE n. 9
stabilisce che i patriarchi coi loro sinodi costituiscono la superiore istanza per qualsiasi
negozio del patriarcato, non escluso il diritto di costituire nuove eparchie e di nominare i
vescovi del loro rito entro i confini del territorio patriarcale, salvo restando linalienabile diritto
del romano pontefice di intervenire in singoli casi.
Per quanto riguarda lelezione dei vescovi delle Chiese patriarcali, il CCEO stabilisce: 1) i
vescovi entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale sono designati mediante lelezione
canonica dal sinodo dei vescovi della medesima Chiesa 113; 2) i vescovi della Chiesa patriarcale
istituiti fuori dei confini del territorio della Chiesa patriarcale vengono nominati dal romano
pontefice. Il sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale elegge almeno tre candidati che tramite
il patriarca propone al romano pontefice per la nomina.
E) Le Chiese arcivescovili maggiori, le Chiese metropolitane, le altre Chiese sui iuris
e gli esarcati. Tutte queste tipologie sono Chiese sui iuris a norma del can. 27 del CCEO. Il
can. 151 del CCEO stabilisce: Larcivescovo maggiore il metropolita di una sede
determinata o riconosciuta dalla suprema autorit della Chiesa, il quale presiede a unintera
Chiesa orientale sui iuris, non insignita del titolo patriarcale. E il can. 152 aggiunge: Quanto
detto nel diritto comune delle Chiese patriarcali o dei patriarchi sintende che vale anche per
le Chiese arcivescovili maggiori e per gli arcivescovi maggiori, a meno che non sia
espressamente disposto diversamente dal diritto comune o non consti dalla natura della cosa.
Perci quanto precedentemente si detto dei patriarchi e dei sinodi dei vescovi delle Chiese
patriarcali vale anche per gli arcivescovi maggiori e per i sinodi delle rispettive Chiese.
Secondo la tradizione orientale, le differenze tra il patriarca e larcivescovo maggiore sono
piuttosto ad extra, nel grado onorifico, che ad intra, rispetto alla potest. Tuttavia
unessenziale differenza consiste nella designazione dellarcivescovo maggiore rispetto al
patriarca. Infatti, larcivescovo maggiore viene canonicamente eletto nel sinodo dei vescovi
della propria Chiesa, ma si richiede la conferma da parte del romano pontefice, mentre per il
patriarca si richiede solo la concessione da parte del romano pontefice della comunione
ecclesiastica.
Quanto alle Chiese metropolitane sui iuris, il can. 155, 1 stabilisce: A una chiesa
metropolitana sui iuris presiede il metropolita di una determinata sede, nominato dal romano
112
Esso elegge dal suo gruppo un Moderatore generale dellamministrazione della giustizia; elegge due vescovi che
con questo Moderatore come presidente costituiscono il tribunale collegiale, per giudicare le cause contenziose sia
delle eparchie, sia dei vescovi, ; lappello in queste cause si fa al sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale, escluso un
ulteriore appello, salvo il diritto di ogni fedele di deferire la sua causa, in qualsiasi stato e grado del giudizio, allesame
dello stesso romano pontefice; il sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale pu erigere un tribunale di primo grado per
diverse eparchie dentro i confini del territorio della Chiesa patriarcale; il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale pu
riservare (con una legge emanata per gravi circostanze) la remissione delle pene al patriarca.
113 Il Sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale compone un elenco di candidati, che viene inviato tramite il patriarca
alla Sede Apostolica per ottenere lassenso del romano pontefice. Lelezione canonica avviene in base al suddetto
elenco su cui il romano pontefice ha dato lassenso. Se leletto uno tra quelli compresi nellelenco, il patriarca gli
comunica lelezione ed informa la Sede Apostolica. Se leletto non tra quelli compresi nellelenco, il patriarca informa
la Sede Apostolica in vista di ottenere lassenso del romano pontefice sul candidato eletto.
31
II, aveva ormai terminato la redazione del cosiddetto motu proprio de sacramentis, a cui
mancava solo la firma papale per essere promulgato alla fine del 1958; con la convocazione del
Vaticano II, tale promulgazione fu rinviata. La nuova Pontificia Commissione per la revisione
del CCEO orientale ha utilizzato quei testi iniziali sui sacramenti, procedendo ovviamente ad
una profonda rielaborazione, secondo le direttive del decreto conciliare OE che, al n. 12
dichiara: Il santo Concilio conferma e loda e, se occorra, desidera che venga ristabilita lantica
disciplina dei sacramenti vigente presso le Chiese orientali, e cos pure la prassi che si riferisce
alla loro celebrazione e amministrazione.
Conformemente a questa direttiva conciliare sono stati formulati i canoni CCEO del titolo XVI
(Il culto divino e specialmente i sacramenti). Ne evidenziamo solo alcune caratteristiche.
particolarmente sottolineato nella celebrazione di tutti i sacramenti laspetto
pneumatologico, oltre a quelli cristologico, soteriologico ed ecclesiologico, cio lenergia
dello Spirito Santo; infatti, ci che avviene nei sacramenti, azioni di Cristo e della Chiesa,
avviene in virt dello Spirito Santo.
particolarmente sottolineata lunit dei tre sacramenti delliniziazione cristiana, non solo
nel loro intimo nesso teologico, ma anche nella loro celebrazione liturgica, sia per gli adulti
che per i bambini. Infatti, in oriente stata mantenuta lunit temporale della celebrazione
liturgica dei tre sacramenti, sottolineando cos lunit dellopera dello Spirito Santo e la
pienezza dellincorporazione del fedele al mistero di Cristo e alla vita sacramentale della
Chiesa.
Ministro ordinario del battesimo solo il presbitero, mentre il diacono pu conferire il
battesimo solo in caso di necessit; in caso di estremo bisogno anche il laico battezzato
pu battezzare lecitamente.
Per tradizione delle Chiese orientali, la crismazione del santo myron114 conferita dal
presbitero, insieme col battesimo.
Il nuovo Codice non comprende alcuna norma circa le indulgenze, poich esse non sono
conosciute nella tradizione orientale, sebbene i fedeli cattolici orientali possano usufruirne,
osservando le norme stabilite per la loro concessione.
Il nuovo Codice, confermando la legislazione orientale antica, ammette i presbiteri sposati.
Il can. 373 prescrive: Il celibato dei chierici, scelto per il regno dei cieli e tanto
conveniente per il sacerdozio, deve essere tenuto ovunque in grandissima stima, secondo
la tradizione della Chiesa universale; cos pure deve essere tenuto in onore lo stato dei
chierici uniti in matrimonio, sancito attraverso i secoli dalla prassi della Chiesa primitiva e
delle Chiese orientali. Tuttavia, stata aggiunta la norma restrittiva del can. 758, 3,
secondo la quale a riguardo dellammissione agli ordini sacri dei coniugati si osservi il
diritto particolare della propria Chiesa sui iuris o le norme speciali stabilite dalla Sede
Apostolica. Questa norma potrebbe imporre il celibato in una o laltra Chiesa sui iuris, che
sostiene il suo mantenimento, soprattutto fuori dei confini del proprio territorio, per mezzo
del diritto particolare o di norme speciali della Sede Apostolica. Infatti la Sede Apostolica ha
proibito alle Chiese patriarcali di ordinare coniugati nei paesi doltremare.
Il nuovo CCEO ha omesso il canone 4 del m.p. Crebrae allatae circa il matrimonio rato e il
matrimonio consumato, sebbene i fedeli cattolici orientali possano far ricorso al pontefice
per lo scioglimento del vincolo del matrimonio rato e non consumato.
Il nuovo CCEO, contrariamente al Codice della Chiesa latina, conserva limpedimento
matrimoniale proveniente dalla parentela spirituale che si crea con il battesimo tra il
padrino/madrina e il battezzato/a ed i suoi genitori, conformemente alle tradizioni orientali;
parimenti, il CCEO non ammette che il matrimonio sia celebrato validamente sotto
condizione, non solo futura, ma anche passata o presente. La condizione futura non
valida neppure nella Chiesa latina, che per ammette quella passata e quella presente
(can. 1102).
Infine, quanto alla forma della celebrazione del matrimonio, in can. 828, riconfermando la
tradizione liturgica e canonica delle Chiese orientali, richiede per la validit il rito sacro,
per cui il competente ministro sacro assiste e benedice il matrimonio. Benedire il
matrimonio nella tradizione teologica e liturgica delle Chiese orientali significa celebrare il
sacramento del matrimonio, in virt dellordinazione sacerdotale, invocando sugli sposi lo
114
Con questo termine si intende lunguento profumato, ricavato dallolio di olive oppure di altre piante e dal balsamo,
misto a varie sostanze odorifiche, che si usa per lamministrazione della cresima, come segno visibile della
trasmissione dei doni invisibili dello Spirito Santo.
33
Spirito Santo.
3.3. Codex Iuris Canonici (CIC, 1983)
Il Codice venne promulgato da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983 ed entr in vigore il
27 novembre dello stesso anno. Dalla sua promulgazione stato modificato due volte : il motu
proprio Ad tuendam fidem (18/5/1998) ha modificato i cann. 750115 e 1371116; il motu proprio
Omnium in mentem (26/10/2009) ha modificato i cann. 1008-1009117, 1086, 1117, 1124118.
Seguendo le fotocopie di tre libri, analizziamo:
i dieci Principi che devono orientare la revisione del Codice di diritto canonico, 119
stabiliti il 15 giugno 1967 nella prima assemblea generale del sinodo dei vescovi (Gherri
pp. 288-290);
normativit del CIC (CIDC pp. 66-70 + cann. 1-6 CIC): ambiti, persone, limiti entro cui
si estende la portata normativa del Codice;
ermeneutica del CIC (Gherri pp. 292-294 + Sartoni pp. 27-32): quali principi occorre
tener presenti per interpretare correttamente il Codice;
struttura del Codice: suddivisione in 7 libri (Sartoni pp. 22-27) e articolazione interna
del testo (CICD pp. 65-66).
EXCURSUS 5. Gherri P., Lezioni di teologia del diritto canonico, Citt del
Vaticano 2010, pp. 287-296.
115
116
stato aggiunto il secondo paragrafo, circa le dottrine non direttamente appartenenti al deposito della fede, ma
necessarie per custodirlo fedelmente.
Si tratta semplicemente della citazione del can. 750 2.
117
Specificazioni sulla natura del diaconato, che non implica partecipazione alla missione di Cristo Capo.
118
In questi tre canoni viene eliminata la previsione normativa circa le persone battezzate nella Chiesa cattolica, ma
separate da esse con un atto formale: in un certo senso la normativa precedente poteva spingere all'apostasia per
ottenere delle condizioni pi favorevoli.
Testo originale latino e traduzione italiana (purtroppo non eccelsa) in Enchiridion del Sinodo dei Vescovi, a cura
della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, Bologna 2005, vol. 1 (1965-1988), pp. 46-63. Cf. anche la rivista
Communicationes 1 (1969), pp. 77-85.
119
34
4. LA POTESTA' DI GOVERNO
Partiamo dal n. 2 della Nota Esplicativa Previa, un insieme di alcune osservazioni
generali brevi ma dense, che i padri conciliari hanno voluto aggiungere al testo di Lumen
Gentium sul tema della collegialit:
Nella consacrazione data una "ontologica" partecipazione ai "sacri uffici", come
indubbiamente consta dalla tradizione, anche liturgica. Volutamente usata la
parola "uffici" (munerum), e non "potest" (potestatum), perch quest'ultima voce
potrebbe essere intesa di potest esercitabile di fatto (ad actum expedita). Ma
perch si abbia tale potest esercitabile di fatto, deve intervenire la
"determinazione" canonica o "giuridica" (iuridica determinatio) da parte dell'autorit
gerarchica. E questa determinazione della potest pu consistere nella concessione
di un particolare ufficio o nell'assegnazione dei sudditi, ed concessa secondo le
norme approvate dalla suprema autorit.
In questo testo si affermano:
la distinzione tra munus e potestas, che sono concetti vicini tra loro, ma non sovrapponibili;
la connessione necessaria, ontologica, diretta, tra la consacrazione episcopale e la
partecipazione ai munera, per cui chiunque riceve tale consacrazione diventa subito partecipe
anche dei munera;
la connessione indiretta tra la consacrazione episcopale e la partecipazione alla potestas:
infatti essere consacrati condizione necessaria, ma non sufficiente, per esercitare la potestas,
in quanto deve intervenire anche una determinazione giuridica (una nomina), come la
concessione di un incarico o l'assegnazione di una parte del popolo di Dio su cui esercitare il
governo.
EXCURSUS 8.
Moneta P., Introduzione al diritto canonico, Torino 2001, pp. 119-131.
Analizziamo ora i cann. 129-131, 133-137, 142-144 del CIC. Lo schema seguente
(necessariamente semplice e scarno) pu aiutare a fissare alcuni concetti in modo chiaro e
ordinato, orientandosi nello studio del testo dei canoni:
35
36
5. LA CHIESA UNIVERSALE
Un testo magisteriale fondamentale per lo studio dell'autorit nella Chiesa universale il
n. 22 di Lumen Gentium, le cui affermazioni sono riprese (a volte anche riprese alla lettera) nei
relativi canoni del CIC. Ecco il testo del documento conciliare:
Come san Pietro e gli altri apostoli costituiscono, per volont del Signore, un unico
collegio apostolico, similmente il romano Pontefice, successore di Pietro, e i vescovi,
successori degli apostoli, sono uniti tra loro. Gi l'antichissima disciplina, in virt
della quale i vescovi di tutto il mondo vivevano in comunione tra loro e col vescovo
di Roma nel vincolo dell'unit, della carit e della pace e parimenti la convocazione
dei Concili per decidere in comune di tutte le questioni pi importanti mediante una
decisione che l'opinione dell'insieme permetteva di equilibrare significano il
carattere e la natura collegiale dell'ordine episcopale, che risulta manifestamente
confermata dal fatto dei Concili ecumenici tenuti lungo i secoli. La stessa pure
suggerita dall'antico uso di convocare pi vescovi per partecipare all elevazione del
nuovo eletto al ministero del sommo sacerdozio. Uno costituito membro del corpo
episcopale in virt della consacrazione sacramentale e mediante la comunione
gerarchica col capo del collegio e con le sue membra.
Il collegio o corpo episcopale non ha per autorit, se non lo si concepisce unito al
Pontefice romano, successore di Pietro, quale suo capo, e senza pregiudizio per la
sua potest di primato su tutti, sia pastori che fedeli. Infatti il romano Pontefice, in
forza tutta la Chiesa, ha su questa una potest piena, suprema e universale, che
pu sempre esercitare liberamente. D'altra parte, l'ordine dei vescovi, il quale
succede al collegio degli apostoli nel magistero e nel governo pastorale, anzi, nel
quale si perpetua il corpo apostolico, anch'esso insieme col suo capo il romano
Pontefice, e mai senza questo capo, il soggetto di una suprema e piena potest su
tutta la Chiesa sebbene tale potest non possa essere esercitata se non col
consenso del romano Pontefice. Il Signore ha posto solo Simone come pietra e
clavigero della Chiesa (cfr. Mt 16,18-19), e lo ha costituito pastore di tutto il suo
gregge (cfr. Gv 21,15 ss); ma l'ufficio di legare e di sciogliere, che stato dato a
Pietro (cfr. Mt 16,19), noto essere stato pure concesso al collegio degli apostoli,
congiunto col suo capo (cfr. Mt 18,18; 28,16-20). Questo collegio, in quanto
composto da molti, esprime la variet e l'universalit del popolo di Dio; in quanto
poi raccolto sotto un solo capo, significa l'unit del gregge di Cristo. In esso i
vescovi, rispettando fedelmente il primato e la preminenza del loro capo, esercitano
la propria potest per il bene dei loro fedeli, anzi di tutta la Chiesa, mente lo Spirito
Santo costantemente consolida la sua struttura organica e la sua concordia. La
suprema potest che questo collegio possiede su tutta la Chiesa, esercitata in
modo solenne nel Concilio ecumenico. Mai pu esserci Concilio ecumenico, che
come tale non sia confermato o almeno accettato dal successore di Pietro; ed
prerogativa del romano Pontefice convocare questi Concili, presiederli e confermarli.
La stessa potest collegiale insieme col papa pu essere esercitata dai vescovi
sparsi per il mondo, purch il capo del collegio li chiami ad agire collegialmente, o
almeno approvi o liberamente accetti l'azione congiunta dei vescovi dispersi, cos da
risultare un vero atto collegiale.
Ulteriori sottolineature sul tema della suprema autorit nella Chiesa si hanno, ancora una
volta, dalla Nota Esplicativa Previa a Lumen Gentium, che riportiamo integralmente:
1) "Collegio" non si intende in senso strettamente giuridico , cio di un gruppo di
eguali, i quali abbiano demandata la loro potest al loro presidente, ma di un
gruppo stabile, la cui struttura e autorit deve essere dedotta dalla Rivelazione.
Perci nella risposta al modus 12 si dice esplicitamente dei Dodici che il Signore li
costitu a modo di collegio o "gruppo" (coetus) stabile. Cfr. anche il modus 53, c.
Per la stessa ragione, per il collegio dei vescovi si usano con frequenza anche le
parole "ordine" (ordo) o "corpo" (corpus). Il parallelismo fra Pietro e gli altri apostoli
da una parte, e il sommo Pontefice e i vescovi dall'altra, non implica la trasmissione
della potest straordinaria degli apostoli ai loro successori, n, com' chiaro,
37
azione dei vescovi "indipendentemente" dal papa. In tal caso, infatti, venendo a
mancare l'azione del capo, i vescovi non possono agire come collegio, come appare
dalla nozione di "collegio". Questa gerarchica comunione di tutti i vescovi col
sommo Pontefice certamente abituale nella tradizione.
N. B.- Senza la comunione gerarchica l'ufficio sacramentale ontologico, che si deve
distinguere dall'aspetto canonico giuridico, "non pu" essere esercitato. La
commissione ha pensato bene di non dover entrare in questioni di "liceit" e
"validit", le quali sono lasciate alla discussione dei teologi, specialmente per ci
che riguarda la potest che di fatto esercitata presso gli Orientali separati e che
viene spiegata in modi diversi.
Per studiare la suprema autorit della Chiesa (romano pontefice, collegio dei vescovi,
sinodo dei vescovi, cardinali), analizziamo ora i cann. 330-359: si trovano all'interno del libro II
del CIC (Il popolo di Dio), parte II (La costituzione gerarchica della Chiesa), sezione I (La
suprema autorit della Chiesa).
EXCURSUS 8.
Moneta P., Introduzione al diritto canonico, Torino 2001, pp. 131-156.
6. LE CHIESE PARTICOLARI
Nella struttura sistematica del CIC, subito dopo la sezione relativa alla suprema autorit
della Chiesa, troviamo una ampia sezione che si intitola Le Chiese particolari e i loro
raggruppamenti.
6.1 Diocesi e Chiese assimilate
Analizziamo i cann. 368-375, 381-382, 391, 401, 403, 431-433, 447, relativi alla diocesi
e alle altre Chiese particolari; ai vescovi (diocesano, ausiliare, coadiutore); alle provincie e
regioni ecclesiastiche.
Sullo sfondo della normativa che riguarda le diocesi abbiamo il testo del decreto
conciliare Christus Dominus, che al n. 11 ne definisce gli elementi essenziali (ripresi dal can.
369):
La diocesi una porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali del vescovo,
coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore, e da questi
radunata nello Spirito Santo per mezzo del Vangelo e della eucaristia, costituisca
una Chiesa particolare nella quale presente e opera la Chiesa di Cristo, una,
santa, cattolica e apostolica. I singoli vescovi, ai quali affidata la cura di una
Chiesa particolare, sotto l'autorit del sommo Pontefice, pascono nel nome del
Signore come pastori propri, ordinari ed immediati le loro pecorelle ed esercitano a
loro vantaggio l'ufficio di insegnare, di santificare e di reggere. Essi per devono
riconoscere i diritti che legittimamente competono sia ai patriarchi, sia alle altre
autorit gerarchiche.
I vescovi devono svolgere il loro ufficio apostolico come testimoni di Cristo al
cospetto di tutti gli uomini, interessandosi non solo di coloro che gi seguono il
Principe dei pastori, ma dedicandosi anche con tutta l'anima a coloro che in
qualsiasi maniera si sono allontanati dalla via della verit, oppure ignorano ancora il
Vangelo di Cristo e la sua misericordia salvifica; cos agiranno, fino a quando tutti
quanti cammineranno in ogni bont, giustizia e verit (Ef 5,9).
Alla diocesi vengono assimilati, secondo il can. 368, altri cinque tipi di Chiese particolari,
tutte individuate sulle base del loro territorio:
prelatura territoriale (can. 370): il prelato pu essere vescovo, ma pu anche non esserlo.
Sono prelature territoriali quelle situazioni particolari legate alle presenza di un grosso
santuario, che attirando migliaia di pellegrini snaturerebbe la normale vita diocesana ( il
39
caso, in Italia, della Prelatura territoriale di Loreto e della Prelatura territoriale di Pompei);
abbazia territoriale, gi abbatia nullius dioecesis (can. 370): si tratta di una abbazia (o
monastero) di tipo benedettino, a cui annesso il governo di alcune parrocchie e fedeli.
L'abate di un'abbazia territoriale ha quindi un duplice compito: governare la vita dell'abbazia,
i rapporti tra i monaci, le questioni interne; dirigere le parrocchie e i preti del territorio
facente parte dell'abbazia territoriale, come un vescovo dirige la propria diocesi;
vicariato apostolico (can. 371 1): il vicario apostolico un vescovo e svolge nell'ambito del
proprio vicariato tutti i compiti che il vescovo diocesano svolge nella propria diocesi. Il motivo
per cui una determinata zona non diventa diocesi, ma vicariato apostolico, che si trova in
una zona di missione, dove il cristianesimo non ancora radicato e non sarebbe possibile
costituire una vera diocesi, dato che la struttura di Chiesa ancora debole. Questo tipo di
Chiesa particolare, insieme alle due seguenti, formano un trittico di Chiese nascenti che pian
piano vanno strutturandosi, fino a diventare diocesi;
prefettura apostolica (can. 371 1): come il vicariato apostolico, con l'unica differenza che il
vicario apostolico vescovo, mentre il prefetto apostolico no;
amministrazione apostolica (can. 371 2): l'amministratore apostolico pu essere vescovo,
ma solitamente non lo . I motivi per cui una determinata zona non diventa diocesi, ma
amministrazione apostolica, possono risiedere in particolare difficolt di rapporto tra la Santa
Sede e lo Stato a cui appartiene il suo territorio, oppure per mutamenti di confine tra due o
pi Stati.
Inoltre il codice al can. 372 prevede espressamente la creazione di Chiese particolari non
territoriali:
i confini di tali Chiese non saranno da individuare in un certo territorio (per cui tutte le
persone del territorio fanno parte della Chiesa particolare e tutte le altre no), ma in altri
elementi come il rito, la lingua, particolari situazioni di vita. Una Chiesa particolare non
territoriale si sovrappone dunque a quelle territoriali, sottraendo alla loro giurisdizione quei
fedeli che rispondono alle caratteristiche richieste. Si pu cos comprendere la recente
creazione dell'ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham, 120 che estende la
propria giurisdizione sui fedeli cattolici provenienti dall'anglicanesimo, che siano residenti nel
territorio corrispondente alla giurisdizione della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles
e manifestino per iscritto la volont di farne parte.
Infine, esiste un particolare tipo di Chiesa particolare non territoriale che il Codice non
conosce, perch stato istituito dopo la promulgazione del CIC:
ordinariato militare (o ordinariato castrense): organizzato su un criterio funzionale, essendo
suo compito il fornire assistenza spirituale ai fedeli cattolici presenti nelle forze armate di un
determinato Paese. Cos ad esempio tutti i militari italiani, per il tempo in cui sono militari,
non fanno parte di una qualche diocesi, ma dell'ordinariato militare italiano, e questo
indipendentemente dal territorio: in qualsiasi parte del mondo essi si trovino, ad esempio per
qualche missione all'estero, restano soggetti all'ordinariato. Le funzioni degli ordinariati
militari sono regolamentate dalla costituzione apostolica Spirituali militum curae (21 aprile
1986).
Invece non sono Chiese particolari (anche se in qualche modo potrebbero averne
l'aspetto):
la prelatura personale: una istituzione di natura gerarchica della Chiesa cattolica governata
da un prelato e formata da presbiteri e diaconi del clero secolare, alla quale possono
cooperare organicamente anche laici, limitatamente all'espletamento dell'azione apostolica,
secondo le modalit previste dallo statuto. La caratteristica principale di non essere legata a
un territorio, come la prelatura territoriale, ma di avere un popolo, anche distribuito in
diverse diocesi, composto da fedeli che hanno qualcosa in comune (ad esempio: una
provenienza nazionale, una vocazione specifica, una professione, una condizione sociale). Al
prelato, che non necessariamente un vescovo, sono riconosciute prerogative quali
incardinare i chierici ed erigere un seminario;
la missione sui iuris: nella terra di missione ancora non esistono parrocchie, ma solo cappelle
e piccole comunit; non esistono preti diocesani, ma solo missionari venuti da fuori; non
esiste vescovo, n diocesi, n curia diocesana, ma solo un lavoro di coordinamento tra i
missionari presenti. Quando una missione diventa sui iuris (cio: "di diritto proprio"), essa
inizia appena ad avere una qualche autonomia e una prima forma di struttura; la sua guida
120
Eretto dalla Congregazione per la dottrina della fede con decreto del 15 gennaio 2011.
40
viene affidata ad uno dei preti missionari. Con il passare del tempo e il crescere delle
comunit essa potr poi diventare prefettura apostolica, vicariato apostolico e da ultimo
diocesi.
EXCURSUS 8.
Moneta P., Introduzione al diritto canonico, Torino 2001, pp. 157-166.
6.2 La parrocchia
Analizziamo i cann. 515, 517-519, 522, 528-530, 536-538, 545 relativi alla parrocchia, al
parroco, ai consigli parrocchiali, al vicario parrocchiale.
7. LE SANZIONI NELLA CHIESA
7.1. Natura del diritto penale canonico
Can. 1311 - La Chiesa ha il diritto nativo e proprio di costringere con sanzioni penali i fedeli
che hanno commesso delitti.
Can. 1341 - L'Ordinario provveda ad avviare la procedura giudiziaria o amministrativa per
infliggere o dichiarare le pene solo quando abbia constatato che n con l'ammonizione
fraterna n con la riprensione n con altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale possibile
ottenere sufficientemente la riparazione dello scandalo, il ristabilimento della giustizia,
l'emendamento del reo.
Can. 1399 - Oltre i casi stabiliti da questa o da altre leggi, la violazione esterna di una legge
divina o canonica pu essere punita con giusta pena, solo quando la speciale gravit della
violazione esige una punizione e urge la necessit di prevenire o riparare gli scandali.
La Chiesa, comunit di fedeli con una struttura anche visibile e sociale, ha il compito di
individuare eventuali comportamenti negativi al suo interno (delitti) e di punirli (sanzioni).
Un delitto sempre un peccato, ma non tutti i peccati sono delitti. Il delitto si definisce come
una violazione esterna, gravemente imputabile, di una legge o di un precetto penale. Sono
dunque necessari tre elementi: elemento oggettivo (una violazione esterna), elemento
soggettivo (violazione imputabile), elemento legale (violazione di una legge che prevede la
punibilit). Quando si parla di legge si intendono in realt due possibili provvedimenti: una
vera e propria legge penale, emanata da chi gode di potest legislativa per un insieme di casi
(la legge si applica a tutti); oppure anche un precetto penale, cio un atto amministrativo
singolare emanato da chi gode di potest esecutiva per un caso concreto (il precetto si applica
solo al suo o ai suoi diretti destinatari).
La sanzione si definisce come restrizione della libert o dei beni, in conseguenza ad un
comportamento non conforme alla legge. Ogni sanzione nella Chiesa ha un triplice scopo, una
triplice finalit pastorale: riparare lo scandalo (funzione pedagogica); ristabilire la giustizia
(funzione vendicativa); emendare il colpevole (funzione medicinale). Se si pu raggiungere
questo triplice scopo percorrendo altre strade non penali, queste hanno la precedenza; le
sanzioni sono dunque una extrema ratio, quando altri tentativi non risultassero fruttuosi. Tra
questi tentativi vengono citati nel can. 1341 l'ammonizione (fraterna correctio) e la riprensione
(correptio): se la prima allude ad un dialogo fraterno, dove prevalga lo spirito di benevolenza,
la seconda si configura come un biasimo formale, motivato, dato per iscritto.
Nel diritto penale fondamentale il principio di legalit, espresso dal motto: nullum crimen,
nulla poena, sine previa lege poenali, cio non pu esserci alcun crimine n alcuna pena,
senza che vi sia in precedenza una legge che lo stabilisca. Questo principio di legalit a tutela
del fedele problematico nella Chiesa, perch la funzione legislativa e quella giudiziaria non
sono separate, ma appartengono entrambe alla gerarchia. Inoltre il can. 1399 prevede che la
violazione di una legge pu essere punita anche oltre i casi stabiliti da questa o da altre leggi,
cio in mancanza di una legge penale, cio in deroga al principio di legalit. Questa eccezione
comunque mitigata da due incisi molto stringenti (sono necessari una violazione di speciale
gravit e l'urgenza di prevenire o riparare gli scandali) e trova motivazione nel non porre
ostacoli alla legge suprema della salvezza delle anime, che in particolare situazioni potrebbe
41
esigere il ricorso ad una pena anche in mancanza di una esplicita legge al riguardo.
7.2. Destinatari delle norme penali
Can. 11 - Alle leggi puramente ecclesiastiche sono tenuti i battezzati nella Chiesa cattolica o
in essa accolti, e che godono di sufficiente uso di ragione e, a meno che non sia disposto
espressamente altro dal diritto, hanno compiuto il settimo anno di et.
Can. 1323 - Non passibile di alcuna pena chi, quando viol la legge o il precetto:
1 non aveva ancora compiuto i 16 anni di et;
2 senza sua colpa ignorava di violare una legge o un precetto; all'ignoranza sono
equiparati l'inavvertenza e l'errore;
3 ag per violenza fisica o per un caso fortuito che non pot prevedere o previstolo non
vi pot rimediare;
4 ag costretto da timore grave, anche se solo relativamente tale, o per necessit o
per grave incomodo, a meno che tuttavia l'atto non fosse intrinsecamente cattivo o tornasse a
danno delle anime;
5 ag per legittima difesa contro un ingiusto aggressore suo o di terzi, con la debita
moderazione
6 era privo dell'uso di ragione, ferme restando le disposizioni dei cann. 1324, 1, n. 2
e 1325;
7 senza sua colpa credette esserci alcuna delle circostanze di cui al n. 4 o 5.
Per delimitare l'ambito di applicazione del diritto penale, occorre premettere che esso
costituito da leggi meramente ecclesiastiche, cio leggi emanate dalla Chiesa in un preciso
contesto storico, culturale, pastorale, leggi che non derivano dal diritto divino e quindi non
sono immutabili: possono evolvere, possono essere tolte, possono essere aggiunte.
Il can. 11 ci ricorda che alle leggi ecclesiastiche sono soggetti tutti e solo i fedeli cattolici che
abbiano uso di ragione e abbiano compiuto sette anni. Viene quindi definito un insieme di
persone dal quale sono esclusi, ad esempio, i non battezzati e i non cattolici.121
Il can. 1323 entra ancora di pi nel dettaglio, disegnando un sottoinsieme all'interno del
gruppo definito dal can. 11: l'ambito di applicazione del diritto penale infatti pi ristretto
rispetto a quello delle altre norme ecclesiastiche. Il can. 1323 agisce sull'elemento soggettivo
del delitto, restringendo l'imputabilit della persona. Non sono imputabili e sono dunque esclusi
dalle leggi penali: chi non ha compiuto sedici anni; chi ag per ignoranza, senza sapere che un
certo comportamento era sanzionato da una pena;122 chi ag senza la necessaria libert
(costretto da violenza o da timore); chi ag per legittima difesa; chi era privo dell'uso di
ragione, in modo anche temporaneo, a causa di motivi psichici o per causa esterne (come l'uso
di alcol o di altre sostanze).
7.3. Tipi di pene
Can. 1312 - 1. Le sanzioni penali nella Chiesa sono:
1 le pene medicinali o censure, elencate nei cann. 1331-1333;
2 le pene espiatorie di cui al can. 1336.
2. La legge pu stabilire altre pene espiatorie, che privino il fedele di qualche bene spirituale
o temporale e siano congruenti con il fine soprannaturale della Chiesa.
3. Sono inoltre impiegati rimedi penali e penitenze, quelli soprattutto per prevenire i delitti,
queste piuttosto per sostituire la pena o in aggiunta ad essa.
Le sanzioni penali sono di tre tipi: le prime due categorie indicano le pene propriamente dette:
la terza riguarda misure preventive o sostitutive della pena.
1. Pene medicinali o censure: sono le pi gravi, per questo nel Codice se ne d un elenco
tassativo. Il loro scopo principale quello di ottenere il pentimento del colpevole, di
emendare il reo: non servono quindi per punire la persona dopo aver commesso un delitto,
121
122
Alle norme di diritto divino, invece, sono tenuti tutti gli uomini, anche quelli che non fanno parte o che nemmeno
conoscono la Chiesa: questo perch il diritto divino viene prima della Chiesa stessa, iscritto nella natura delle
cose e la Chiesa pu soltanto riconoscerlo ed esplicitarlo, senza poterne disporre.
Questo aspetto molto diverso dal diritto civile, dove l'ignoranza della legge non mai una scusante.
42
ma durante. Per questo esse devono obbligatoriamente cessare non appena il colpevole
esce dal proprio stato di colpevolezza, che si chiama contumacia. 123 Per recedere dalla
contumacia si richiede che il reo si sia veramente pentito del delitto e che abbia inoltre
dato congrua riparazione ai danni e allo scandalo o almeno abbia seriamente promesso di
farlo (can. 1347 2). Le censure sono di tre tipi:
scomunica (can. 1331): comporta il divieto di celebrare e ricevere i sacramenti; di
celebrare i sacramentali; di ricoprire qualsiasi ufficio e compiere atti di governo; di
godere di privilegi e dei frutti del proprio ufficio;
interdetto (can. 1332): comporta il divieto di celebrare e ricevere i sacramenti; di
celebrare i sacramentali;
sospensione (can. 1333): una pena riservata ai chierici e comporta il divieto di
compiere tutti o alcuni atti legati alla potest di ordine o di governo; il divieto di godere
di tutti o alcuni diritti e funzioni del proprio ufficio.
2. Pene espiatorie: il loro scopo principale quello di riparare lo scandalo o ristabilire la
giustizia; per questo esse hanno una durata propria, indipendente dalla contumacia del reo
(durata che in certi casi pu essere perpetua). Non toccano la possibilit di accedere ai
sacramenti, ma l'ambito delle relazioni ecclesiali e sociali. Il Codice non ne d un elenco
tassativo; possono essere le seguenti, o anche altre simili (can. 1336):
il divieto o l'obbligo di dimorare in un certo luogo;
la privazione o la proibizione della potest, dell'ufficio, dell'incarico, di un diritto, di un
privilegio, di una facolt, di una grazia, di un titolo, di un'insegna, anche se
semplicemente onorifica;
il trasferimento penale ad un altro ufficio;
la dimissione dallo stato clericale (questa la pena espiatoria pi grave prevista dal
Codice ed di per s perpetua124).
3. Rimedi penali e penitenze (cann. 1339-1340). Sono i provvedimenti penali pi leggeri. Per
rimedi penali si intendono la ammonizione e la riprensione, fatte dall'Ordinario, nei
confronti di qualcuno che si trovi nell'occasione prossima di compiere un delitto
(ammonizione) o abbia commesso un delitto non grave (riprensione). Le penitenze
consistono in una qualche opera di religione, di piet o di carit da farsi.
123
124
Questa parola pu trarre in inganno, perch ha due significati distinti nel diritto civile e nel diritto canonico: nel
diritto civile contumacia la condizione di chi non si costituisce in giudizio, non si presenta davanti ad un tribunale;
nel diritto canonico invece la permanenza del reo nello stato di colpevolezza.
Questa pena oggi riservata, ad esempio, ai chierici colpevoli di pedofilia. La materia oggi tristemente attuale,
ma nei mezzi di comunicazione di massa non si parla mai della pena canonica prevista per questo odioso delitto.
Infatti il vero motivo del contendere e le critiche mosse da tanta parte dell'opinione pubblica alla gerarchia
ecclesiastica riguardano la presunta mancanza di trasparenza e di collaborazione nei confronti della giustizia civile:
si accusano cio le gerarchie di voler coprire gli scandali, proteggendo i colpevoli e sottraendoli ai processi secolari.
Non ci addentriamo in questa questione, che esula dall'oggetto del corso; riteniamo utile piuttosto descrivere quali
sanzioni prevede la Chiesa al suo interno, riaffermando anche la piena e doverosa responsabilit dello Stato nel
perseguire i preti pedofili. Essi si trovano cos a dover rispondere in due sedi penali: sia davanti alla Chiesa,
secondo le regole del diritto canonico; sia davanti allo Stato, secondo le leggi del codice penale.
Il Codice del 1917 al can. 2368 prevede la sospensione per chi commette il crimine di sollecitazione, ovvero l'uso
del sacramento della confessione da parte del confessore per indurre il penitente ad un peccato di natura sessuale.
Nel 1922 il Sant'Uffizio emana l'istruzione Crimen sollecitationis, per regolare i processi contro il crimine di
sollecitazione; nel titolo V la materia e le pene connesse vengono estese anche all'omosessualit, alla bestialit e
alla pedofilia (fatto esterno osceno, gravemente peccaminoso, commesso o tentato con impuberi).
Il Codice di Diritto Canonico promulgato dal Papa Giovanni Paolo II nel 1983 rinnov la disciplina in materia al can.
1395, 2: Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia
stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con
giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti. Si prevede quindi la dimissione
(non pi la sospensione) per i delitti sessuali pi gravi, tra cui la pedofilia.
Alla luce del nuovo Codice, la Crimen sollecitationis venne sostituita dalle Normae de gravioribus delictis,
promulgate col motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 30 aprile 2001; il 21 maggio 2010 il Papa
Benedetto XVI approv alcuni cambiamenti al testo di queste Normae, il cui art. 6 attualmente in vigore recita:
1. I delitti pi gravi contro i costumi, riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono: 1
il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di diciotto anni; in
questo numero, viene equiparata al minore la persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione; 2
lacquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori sotto i
quattordici anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento. 2. Il chierico che compie i
delitti di cui al 1 sia punito secondo la gravit del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione.
Viene quindi confermata la pena della dimissione nei casi di pedofilia (l'et della vittima viene estesa dai 16 ai 18
anni), di atti sessuali con persone che abbiano imperfetto uso di ragione, di pedopornografia; inoltre questi casi
vengono riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede.
43
Il pensiero potrebbe andare subito al terrorista turco Ali Aca, che spar a Giovanni Paolo II, ma necessario
ricordare che egli, non essendo battezzato, non soggetto alle leggi penali canoniche, a norma del can. 11.
44
45