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6. IL CODICE del 1917. Il Codex iuris canonici, promulgato nel Maggio 1917 da Benedetto XV
con la Costituzione Providentissima Mater Ecclesia, entr in vigore nel 1918. Era composto da
2.414 canoni, stilati in forma breve e astratta, distribuiti in 5 libri articolati in parti a loro volta
suddivise in sezioni. I libri si ripartivano in titoli, distinti in capitoli a loro volta divisi in articoli.
Ogni suddivisione era introdotta da rubriche che enunciavano largomento, mentre i canoni si
dividevano in paragrafi o in numeri. I Libri seguivano lordine enunciato da Gasparri:
- I Normae generales, trattava delle leggi e della loro efficacia, della consuetudine, del computo
del tempo, dei rescritti, privilegi e dispense;
- II De personis, conteneva la disciplina relativa ai Chierici, ai Religiosi ed ai Laici;
- III De rebus, esaminava i sacramenti, i luoghi e i tempi sacri, il culto divino, il magistero
ecclesiastico, i benefici e gli altri istituti non collegiali, i beni temporali;
- IV De processibus, riguardava i giudizi, le cause di beatificazione e canonizzazione, alcuni
procedimenti speciali riguardanti i Chierici;
- V De delictis et poenis, disciplinava la materia penale.
Seguivano alcune Costituzioni Pontificie riguardanti varie materie. Il Codice aveva valore
giuridico di una collezione autentica (promulgata dal Pontefice come Supremo Legislatore), unica
ed universale (tutte le norme erano obbligatorie per la sola Chiesa latina). Tuttavia non era
esclusivo in quanto da un lato non comprendeva le Leggi Liturgiche, dallaltro non abrogava le
Convenzioni ed i Concordati della Santa Sede con altri Stati. Infine furono tollerate le consuetudini
contrarie centenarie o immemorabili non espressamente revocate, mentre tutte le altre Leggi
Universali e Particolari contrarie al Codice vennero abrogate (salvo diversa disposizione).
Il Codex, pur conservando gran parte del diritto precedente, costitu unassoluta novit per la
Chiesa: infatti ispirandosi ai moderni Codici Statali, privilegiava concetti giuridici astratti rispetto
alla concretezza delle vicende storiche. Tale imitazione, tuttavia, fu criticata in quanto
limposizione di una rigida uniformit disciplinare fin col negare ogni legittimo pluralismo,
riducendo ladattabilit dellordinamento canonico alle diverse circostanze di tempo e di luogo.
Quanto agli effetti positivi, il Codice elimin la confusione legislativa preesistente, permise una
migliore conoscenza delle leggi della Chiesa e riordin lo svolgimento della vita ecclesiale.
Si pu comunque affermare che la codificazione non costituiva quella forma di legislazione assoluta
e perfetta che gli autori del Codice mostrarono di credere. Lo stesso Benedetto XV, istituendo la
Commissione per linterpretazione autentica dei canoni, dispose che le Congregazioni Romane si
astenessero dallemanare Decreti Generali, limitandosi, invece, a semplici chiarimenti dei canoni.
Per qualsiasi necessaria ed urgente innovazione legislativa, la Commissione stessa avrebbe
provveduto a redigere nuovi canoni, i quali si sarebbero sostituiti o aggiunti a quelli del Codice.
NB: il Codice di diritto canonico riguarda solo la Chiesa latina, mentre vincola i fedeli di altri riti
limitatamente a talune norme particolari (es. i canoni sulla fede, sulla morale e sul diritto divino).
7. IL CODICE delle CHIESE ORIENTALI. Nel 1929 Pio XI, dopo aver consultato i Vescovi di
rito orientale, affid i lavori ad una Commissione Cardinalizia (presieduta da Gasparri) affiancata
da altre 2 Commissioni: la prima (composta per lo pi da delegati dei riti orientali) collabor alla
redazione del Codice; la seconda (composta da studiosi di tutti i riti) cur la raccolta delle fonti.
Come primo atto, i delegati orientali inviarono gli schemi del nuovo Codice ai Vescovi orientali, ai
Rappresentanti Pontifici, ai Vescovi latini nei territori orientali e ad alcune Universit. Le risposte
pervenute furono esaminate da un gruppo di Consultori, il quale present le sue proposte alla
Commissione Cardinalizia. Questultima approv il testo da sottoporre al Pontefice, ne stamp
due bozze (1943 e 1945) e nel 1946 inizi lesame delle fonti da inserire nelle note ai vari canoni.
Nel Febbraio 1949, Pio XII promulg i canoni riguardanti il matrimonio, cui seguirono quelli
relativi ai giudizi, ai religiosi, ai beni temporali, al significato delle parole, ai riti e alle persone.
Tuttavia i diritti delle Chiese orientali erano molto diversi tra di loro, per cui: a) Non fu semplice
individuare un diritto comune a tutte le Chiese orientali; b) Si lasci ai vari diritti particolari
unampia libert nel disciplinare le proprie differenti tradizioni.
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8. I PRINCIPI del CONCILIO VATICANO II. Nel 1959 Giovanni XXIII annunci la
convocazione del Vaticano II, illustrandone le ragioni nella Costituzione Humanae salutis: era
necessario che il Vangelo entrasse in contatto con il mondo moderno, nel quale, al grande progresso
materiale delle conquiste scientifiche e tecniche, non corrispondeva un eguale evoluzione in
campo morale. Il Concilio, dunque, avrebbe risolto quei problemi dottrinali e pratici che
ostacolavano una perfetta conformit della Chiesa allinsegnamento di Cristo (Scrittura,
Tradizione, Sacramenti, preghiera, disciplina ecclesiastica, apostolato dei laici, etc.). I lavori del
Concilio, composto da 2.500 Padri giunti da tutto il mondo, cominciarono nellOttobre 1962 e si
conclusero nel Dicembre 1965 sotto il pontificato di Paolo VI. Ne scaturirono: 4 Costituzioni
contenenti deliberazioni particolarmente importanti; 9 Decreti relativi a questioni dottrinali e
pratiche; 3 Dichiarazioni riguardanti specifici problemi affrontati sotto il profilo pastorale.
Il fatto che le deliberazioni conciliari non siano state inserite in canoni, rende complesso il loro
inquadramento nel sistema delle fonti. Tale scelta, privilegiando la pastoralit sulla giuridicit,
non implica lassenza di norme giuridiche, ma impone allinterprete di identificarne lesistenza sulla
base di unattenta analisi dei singoli documenti. Infatti alcune deliberazioni conciliari contengono
norme-principio di carattere programmatico, le quali fissano le direttive di sviluppo
dellordinamento; altre incidono direttamente sulla legislazione vigente, innovandola,
abrogandola o derogandola; altre ancora fissano i criteri di interpretazione ed integrazione di
disposizioni anteriori ovvero valgono come disposizioni di carattere particolare che specificano
o attuano vecchi principi generali (ad es. comandando o esortando ad unattivit).
Le 4 COSTITUZIONI:
1) Lumen gentium illustra la struttura della Chiesa, enuncia la sacramentalit e collegialit
dellEpiscopato ed afferma leguale dignit di tutti i fedeli (valorizzando il laicato);
2) Dei Verbum dedicata alla divina rivelazione; definisce il valore della Scrittura e della
Tradizione quali fonti di cognizione del diritto divino positivo;
3) Sacrosanctum Concilium aggiorna la disciplina della riforma liturgica;
4) Gaudium et spes circa le relazioni Chiesa-Comunit Politica e listituto matrimoniale.
I 9 DECRETI:
1) Inter mirifica sui mezzi di comunicazione sociale, sottolineandone lincidenza nella vita
moderna ed enunciando i diritti e doveri dei fedeli in questo campo;
2) Unitatis redintegratio affronta il problema ecumenico dellunit tra i cristiani;
3) Orientalium Ecclesiarum sulle Chiese orientali, apprezzate per le loro specificit;
4) Ad gentes stabilisce principi generali e specifici relativi allattivit missionaria dei Vescovi;
5) Christus Dominus tratta dellufficio dei Vescovi, formulando una disciplina comune alle
Conferenze Episcopali, alle quali viene riconosciuta una vera e propria potest legislativa;
6) Optatam totius innova i criteri di formazione dei Sacerdoti;
7) Presbyterorum Ordinis sulle funzioni ed i problemi relativi al ministero dei Sacerdoti;
8) Perfectae caritatis traccia le direttive per il rinnovamento della vita religiosa;
9) Apostolicam actuositatem sullapostolato dei laici alla luce dei principi della Lumen gentium.
Le 3 DICHIARAZIONI:
1) Gravissimum educationis riguarda leducazione cristiana nelle Scuole e nelle Universit;
2) Nostra aetate sul dialogo tra la Chiesa e le religioni non cristiane, condannando qualsiasi
discriminazione e persecuzione perpetrata per motivi di razza, colore, religione, etc;
3) Dignitatis humanae tratta della libert religiosa di tutti gli uomini nella ricerca della verit.
Linterpretazione autentica dei suddetti documenti fu affidata ad una apposita Commissione
Centrale, la quale si occup di emanare le norme utili allattuazione delle decisioni conciliari.
Paolo VI, inoltre, istitu il Sinodo dei Vescovi, concesse ampie facolt di dispensa ai Vescovi e
soppresse gli Ordini Minori. Lo stesso Giovanni Paolo II, nel discorso programmatico del suo
pontificato, dichiar lesigenza di una rinnovata meditazione sulla natura e sulla funzione della
Chiesa alla luce degli orientamenti del Concilio ed in particolare della Lumen gentium.
9. UNA NUOVA LEGISLAZIONE. A. PER LA CHIESA LATINA: Nel discorso del 1959
Giovanni XXIII annunci lintenzione di riformare il Codice del 1917. Cos nel Marzo 1963 fu
istituita una Commissione Pontificia che, collaborando con la segreteria del Concilio, rimodellasse
la legislazione ai principi del Vaticano II e alle nuove esigenze della Chiesa.
Obiettivi della riforma: a) Concedere ai Vescovi una maggiore autonomia nelladattare il diritto
universale alle esigenze dei fedeli, purch tali diritti particolari non si fossero presentati come
leggi di Chiese nazionali; b) Garantire una disciplina processuale unitaria; c) Tutelare i fedeli
attraverso un elenco di diritti-doveri corrispondenti ai loro diversi status; d) Riformare la giustizia
amministrativa; e) Ridurre le pene; f) Ridefinire le Chiese Particolari su criteri territoriali.
Si realizz un indice provvisorio delle materie, in modo tale da permettere ai diversi Consultori di
studiarne ogni singola parte. Tali gruppi si riunirono pi volte per discutere gli schemi e sottoporli al
Pontefice, il quale, a sua volta, ne autorizzava linvio alle Conferenze Episcopali, ai Dicasteri della
Curia Romana e alle Facolt Ecclesiastiche. Le osservazioni pervenute venivano riesaminate dai
Consultori e dalla Commissione Pontificia, la quale trasmetteva il nuovo testo al Papa.
B. PER LE CHIESE ORIENTALI: Giovanni XXIII aveva annunciato anche la promulgazione
del Codice Orientale, perci Paolo VI, nel 1972, istitu unapposita Commissione Pontificia con il
compito di redigere un Codice di diritto canonico orientale conforme ai Decreti del Vaticano II. Il
Pontefice sperava che tale opera incrementasse lunit tra le diverse tradizioni, tutelando per le
peculiarit di ogni singola Chiesa. La Commissione era composta per lo pi da Patriarchi e
Vescovi orientali, per far si che fossero loro stessi a riformare la loro disciplina.
Essa, innanzitutto, riordin i materiali gi esistenti, raccogliendo dalle autorit delle Chiese orientali
suggerimenti circa la revisione del Codice e la designazione dei Consultori. Nel 1974 furono
approvati i principi direttivi, mentre tra il 1980 e il 1984 i primi schemi furono inviati a tutto
lEpiscopato Cattolico orientale e ad altri Organi Consultivi. Nel 1986 fu redatto un progetto
dellintero Codice, mentre lo schema definitivo fu presentato al Pontefice nel 1989.
C. UNA COSTITUZIONE PER LA CHIESA? Essendo la Chiesa latina e quella orientale dotate
di Codici distinti, la Commissione Pontificia ritenne opportuno promulgare un Codice comune e
fondamentale che contenesse il diritto costitutivo della Chiesa, mentre il Gruppo Centrale
dei Consultori stabil che tale Lex Ecclesiae fundamentalis fosse di natura giuridica e teologica.
Fu cos elaborato un proemio sulla Divina Istituzione della Chiesa, cui seguivano 3 capitoli
riguardanti: 1) Diritti/doveri e status dei Fedeli (Chierici, Laici, Religiosi) e Gerarchia (Pontefice,
Vescovi, Presbiteri e Diaconi); 2) Uffici di insegnare, santificare e governare; 3) Relazioni della
Chiesa con il mondo e con le Societ che perseguono fini temporali.
Lo schema, dopo le rettifiche della Commissione Cardinalizia, della Commissione Teologica
Internazionale e della Congregazione per la Dottrina della Fede, fu inviato nel 1971 ai Vescovi
del mondo intero, i quali espressero un alto numero di voti contrari e di approvazioni con riserva.
Perci fu redatta una nuova bozza contenente solo le norme canoniche fondamentali della Chiesa
universale, evitando dichiarazioni dottrinali dannose per la certezza del diritto. Durante il dibattito,
la Lex a volte fu presentata quale Codex communis, altre volte come Legge Costituzionale.
Inoltre la Relazione allo schema del 1970 stabil che tutte le norme emanate dalla Suprema
Autorit fossero interpretate in base alla Lex, sancendo, al contempo, linefficacia di ogni altra
legge (particolare o universale) ad essa contraria. In realt laspetto pi discusso era quello relativo
allimmagine e allorganizzazione della Chiesa: tali critiche causarono labbandono del progetto,
mentre Giovanni Paolo II indicher nel Vangelo lunica vera legge fondamentale della Chiesa.
D. LA CONCLUSIONE DELLA REVISIONE DEL CODICE PIO-BENEDETTINO. Nel 1980
un nuovo schema fu sottoposto allesame di una Commissione allargata a Vescovi dei vari
Continenti, i quali, nel 1981, presentarono delle osservazioni in una voluminosa relazione.
NellAprile 1982 la stessa Commissione, dopo aver inserito quei canoni del Progetto di Lex
Fundamentalis richiesti dalla completezza del Codice, sottopose lo schema a Giovanni Paolo II:
nel Gennaio 1983 il nuovo Codice fu promulgato con la Costituzione Sacrae disciplinae leges,
mentre la sua interpretazione autentica fu affidata al Pontificio Consiglio per i testi legislativi.
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10. IL CODICE del 1983. Il nuovo Codex iuris canonici, composto da 1.752 canoni, segue la
struttura formale e la ripartizione del precedente Codice. La materia, tuttavia, divisa in 7 Libri:
I) Sulle norme generali: fonti del diritto, persone fisiche e giuridiche, potest di governo, tempo;
II) Sul popolo di Dio: diritti-doveri dei Fedeli, status di Laici e Chierici, Associazioni, struttura
della Chiesa universale e particolare, Istituti di Vita Consacrata e Societ di Vita Apostolica;
III) Sulla funzione di insegnare: ministero della parola, azione missionaria, educazione cattolica,
mezzi di comunicazione sociale e professione di fede;
IV) Sulla funzione di santificare: sacramenti, altri atti del culto divino, luoghi e tempi sacri;
V) Sui beni temporali: acquisto, alienazione e amministrazione dei beni, pie volont e fondazioni;
VI) Sulle sanzioni, divise in: a) Delitti e Pene in genere; b) Pene per i singoli delitti;
VII) Sul processo in genere, contenzioso ordinario e speciale, processo penale ed amministrativo.
La ripartizione del Codice si ispira palesemente al Vaticano II, il quale, presentando la Chiesa
come il popolo di Dio, ne mette in luce le funzioni di insegnamento, di santificazione e di
governo. La nuova legislazione, dunque, non pi unacritica imitazione di quella civile, ma,
ispirandosi ad unattenta riflessione sulla natura della Chiesa, ha riformato integralmente la
materia attraverso: il nuovo Codice, la Costituzione di promulgazione, unampia Prefazione, la
Costituzione di riforma della Curia Romana e un dettagliato indice analitico-alfabetico. Il nuovo
diritto, infatti, costituisce una legislazione unica ispirata da una sola volont: restaurare la vita
cristiana e riaffermare lautentico significato e la vera funzione della legge nella Chiesa.
La stessa Costituzione di promulgazione evidenzia che il Codice ha la sua ratio nellimmagine
conciliare della Chiesa quale risulta dagli Atti del Concilio ed, in particolare, dalla Lumen
Gentium. Daltra parte il fatto che il Vaticano II avesse privilegiato la pastoralit sulla
giuridicit, non vuol dire che non vi sia un legame tra le due caratteristiche: ogni significativa
evoluzione della prima comporta necessariamente un adeguamento della legge. Infine Giovanni
Paolo II sottoline lesigenza di considerare il Vangelo (libro eterno della Parola di Dio) quale fonte
sia del Codice, che del Libro degli Atti Conciliari (posti alla base di un ideale triangolo).
Inoltre occorre notare che il Codice non si limita a raccogliere la legislazione gi vigente, ma
integra le deliberazioni del recente Concilio con disposizioni nuove. A ci si aggiunga che, a
differenza di quello precedente, il nuovo Codice rifiuta lidea di una legislazione immutabile,
ponendosi, invece, come una normativa che si adegua costantemente alle nuove esigenze della
comunit ecclesiale. Oltre a ci, esso rifiuta lidea di imporre alla Chiesa universale una disciplina
accentrata e rigorosamente uniforme, attuando, al contrario, una forma di decentramento a favore
delle Chiese particolari, ora competenti in molte materie prima riservate alla Santa Sede. Ne
consegue che i singoli Vescovi e le Conferenze Episcopali sono chiamati ad integrare e specificare
le norme del Codice in funzione delle diverse esigenze dettate dai tempi e dai luoghi.
11. IL CODICE dei CANONI delle CHIESE ORIENTALI. Il nuovo Codice fu promulgato da
Giovanni Paolo II nellOttobre 1990 con la Costituzione Sacri canones. Esso rappresenta la
prima completa ed organica legislazione comune a tutte le Chiese orientali cattoliche, delle quali si
tutela lidentit e se ne promuove lo sviluppo secondo i principi conciliari. Il Codice orientale
molto diverso dal Codice della Chiesa latina, in quanto le materie non sono distribuite in libri ma in
30 titoli, a loro volta suddivisi in capitoli ed articoli. Le materie trattate sono: diritti e doveri dei
Fedeli; struttura gerarchica; Chierici, Laici, Religiosi e Associazioni; Magistero Ecclesiastico; culto
divino; beni temporali; giudizi, sanzioni, fonti del diritto, prescrizione e computo del tempo.
Il Codice, date le profonde differenze tra le diverse Chiese orientali, si limita ad enunciare
disposizioni utili al bene comune, lasciando ampia autonomia alle Chiese particolari, chiamate
a promulgare norme complementari conformi alle loro tradizioni. Inoltre, a causa della diaspora di
milioni di cattolici orientali in tutto il mondo, previsto che il Pontefice, su richiesta dei Patriarchi
interessati, approvi disposizioni transitorie dirette a risolvere i problemi di maggior rilevanza.
In sintesi, il nuovo Corpus iuris canonici composto dai 2 Codici (Chiesa latina e Chiese
orientali) e dalla Costituzione Pastor bonus di riforma della Curia Romana (1988).
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2) I decreti vengono emanati in forma scritta con menzione delle motivazioni e consegnati
allinteressato o letti in sua presenza davanti ad un notaio o a 2 testimoni (Can 51 e 55);
3) Infine, nel caso del silenzio amministrativo ( Can. 57) , trascorso inutilmente il termine di 3
mesi,la risposta dellautorit, si presume negativa.
A differenza dei decreti, i privilegi, o grazie concesse per atto speciale, possono essere
disposti solo dal legislatore o dallautorit esecutiva che abbia ricevuto da lui tale potest (Can 76).
I Privilegi sono norme che sanciscono, a favore di determinate persone fisiche o giuridiche,
condizioni pi favorevoli di quelle previste dal diritto comune. Essi devono assicurare al
destinatario il conseguimento della grazia concessagli e possono essere disposti sia dal legislatore,
che dallautorit esecutiva che ne abbia ricevuto apposita potest.
I Privilegi ed i Precetti adattano il diritto a quelle esigenze concrete sprovviste di adeguata
disciplina. Allo stesso scopo, lautorit esecutiva pu disporre le c.d. Dispense, ossia attenuazioni
o sospensioni dellobbligatoriet della legge in tutti quei casi nei quali lapplicazione di una
norma astratta al caso concreto produca conseguenze ingiuste o irrazionali.
Privilegi, dispense ed altre grazie vengono concessi mediante i c.d. Rescritti, ossia atti
amministrativi emanati a seguito di unapposita istanza. Essi contengono una parte espositiva (che
riassume la domanda) ed una parte dispositiva (che contiene la risposta). Questultima
subordinata alla condizione che il richiedente non abbia alterato i fatti, taciuto circostanze rilevanti
o allegato false notizie: in caso contrario latto sar nullo.
La natura giuridica di precetti e rescritti non facilmente individuabile poich:
- Essendo istituti peculiari del diritto canonico, non consentono comparazioni con altri ordinamenti;
- Mancando nellordinamento della Chiesa il criterio della separazione dei poteri, non facile
distinguere la funzione amministrativa da quella legislativa.
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CAPITOLO 2
La LEGGE nella CHIESA
DIRITTO e TEOLOGIA.
La giuridicit del diritto canonico fu contestata da coloro i quali, considerando la Chiesa alla
stregua di una semplice associazione privata, ritenevano che le sue norme fossero prive dei
necessari requisiti di coattivit (non potendosene imporre il rispetto con la forza) ed
intersoggettivit (in quanto non disciplinano rapporti sociali). Tuttavia, accantonata questa tesi, si
fece avanti la convinzione dellincompatibilit tra fenomeno giuridico ed essenza della Chiesa,
la quale, essendo il regno celeste di Cristo e di Dio, non pu aver altro capo se non lo Spirito
Divino. Tale atteggiamento costitu la naturale reazione a quel formalismo ecclesiastico che
esaltava la funzione del precetto umano (c.d. giuridismo) a scapito della dimensione personale
della cristianit. Perci Giovanni Paolo II, respingendo ogni giuridismo, ha precisato che:
1) Il Codice mira ad instaurare un ordine sociale fondato sullamore e sulle grazie divine;
2) Nella storia della Chiesa il diritto sempre esistito, pur se non organizzato in canoni.
Lo stesso Vaticano II (identificando la Chiesa come il popolo di Dio) ha incorporato lelemento
celeste in quello terrestre: secondo la Lumen gentium, infatti, la Chiesa lorganismo
visibile e sociale realizzato da Cristo in conformit al disegno di Dio, il quale, per mezzo di
essa, santifica e salva gli uomini. Dunque la comunit visibile (umana) e quella spirituale (divina)
formano una sola complessa realt organizzata in forma di societ giuridica: ubi societas, ibi ius.
Quanto al rapporto tra diritto e teologia, occorre verificare se la Scienza Canonistica sia di
carattere giuridico o teologico. La Costituzione de Ecclesia, ha affermato che linsegnamento delle
Leggi Ecclesiastiche deve metterne in luce il legame con la realt divino-umana della Chiesa,
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cogliendo la relazione tra la forma delle norme e lessenza della Chiesa, la quale ne giustifica
lesistenza. II diritto canonico, quindi, va analizzato sotto il duplice profilo giuridico e teologico.
AUTORIT DIVINA e AUTORIT ECCLESIASTICA
Il carattere umano e divino della Chiesa si riflette anche nella sua legislazione, per cui Umano
il diritto stabilito dallAutorit Ecclesiastica (Pontefice, Concilio Ecumenico, Vescovi ecc.); mentre
Divino il complesso di principi ordinatori stabiliti da Dio, il quale si manifesta nella stessa natura
umana per mezzo del diritto divino naturale. Luomo, infatti, ha in s criteri originari (derivati
dal Creatore, il quale lo ha creato a sua immagine e somiglianza) che pu conoscere solo attraverso
la propria ragione (es. il principio del rispetto per la vita).
Vi , poi, il diritto divino positivo promulgato per mezzo della Rivelazione, vale a dire attraverso
gli interventi compiuti da Dio nella storia per rivelare se stesso ed il suo disegno di salvare gli
uomini.. Tale diritto contenuto nella Sacra Scrittura (ispirata da Dio) e nella Tradizione della
Chiesa, ossia nella trasmissione della parola divina affidata da Cristo agli Apostoli e ai loro
successori, affinch la conservassero e la diffondessero.
La costituzione conciliare Dei Verbum afferma anche che la Sacra Scrittura e la Tradizione
devono essere accettate con pari sentimento di piet e devozione, in quanto costituiscono un solo
sacro deposito della parola divina affidata alla Chiesa, e riconosce al solo Magistero Vivo di
questultima lufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa.
E opportuno precisare che la Chiesa cattolica considera rivelati da Dio tutti e solo i libri indicati
nellelenco approvato dal Concilio di Trento nel 1576. Di conseguenza per i cattolici la Sacra
Scrittura si articola in 2 parti:
a) Il Vecchio Testamento, il quale contiene la rivelazione di Dio al popolo Ebraico prima della
venuta di Cristo e si compone di 46 libri di vario carattere (storico, didattico e profetico);
b) Il Nuovo Testamento, del quale fanno parte: i 4 Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le 14 lettere di
Paolo, 7 lettere di altri Apostoli e lApocalisse di Giovanni.
Sebbene il diritto divino sia in s immutabile, tuttavia la conoscenza delle sue norme generali si
realizza attraverso linterpretazione operata dal legislatore, dalla dottrina teologica e dalla vita della
Chiesa stessa. Ci gli permette di adattarsi a situazioni e problemi concreti. In ogni caso, esso
sovraordinato al diritto umano: la legge dellautorit ecclesiastica contraria al diritto divino non
vincolante (mancando il requisito della ragionevolezza).
Parimenti il diritto umano non pu derogare a quello divino, salvo che ne abbia ricevuto
apposita facolt da Dio (es. scioglimento del matrimonio). La stessa struttura fondamentale della
Chiesa (istituita da Cristo) esiste per diritto divino, mentre tutti gli altri organismi (Collegio
Cardinalizio, Sinodo dei Vescovi, ecc.) ne rappresentano il naturale sviluppo (costituendo al
contempo il popolo di Dio).
Infine il potere dellautorit ecclesiastica legittimato dalla volont di Cristo, il quale ha conferito
agli Apostoli ed ai loro successori la missione di pastori della Chiesa. Diritto divino e diritto
umano, dunque, formano un unico ordine giuridico che ha la sua norma fondamentale nel diritto
divino.
CERTEZZA del DIRITTO ed ESIGENZE di GIUSTIZIA
Il diritto della Chiesa da un lato presenta una sostanza perfetta, inesauribile ed infinita (natura
divina), dallaltro una forma (leggi dellautorit ecclesiastica) imperfetta e limitata come ogni cosa
umana. Perci esso incompatibile con ogni concezione formalistica che attribuisca alla legge un
valore assoluto ed esclusivo.
Al contrario la sua certezza garantita solo dalladesione a quei principi fondamentali del diritto
divino che hanno come fine ultimo la glorificazione di Dio, la salvezza delle anime e la
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realizzazione dei legami tra singoli Fedeli ovvero tra Comunit (c.d. Comunione
Ecclesiastica).
Tuttavia si possono verificare ipotesi nelle quali il rigoroso rispetto delle prescrizioni positive
contrasta con i suddetti valori fondamentali.
In tali casi il Giudice non pu sacrificare lesigenza di verit e giustizia in nome del rispetto
della legge, ma, per mezzo dellequit canonica, corregger la legge creando una nuova
norma conforme al diritto divino.
Anche nei casi di vuoto legislativo necessario che la soluzione prospettata dai mezzi di
integrazione sia coerente alle esigenze dellequit, mentre, qualora tali mezzi non siano sufficienti,
la norma sar desunta dai principi fondamentali del diritto della Chiesa, ovvero dallequit
canonica menzionata dal can. 19.
Lequit, dunque, permette alla norma suprema di affermare la sua sovranit su tutte le norme
particolari, sia quando nellapplicazione coincidano, sia quando la contraddicano. Pertanto il diritto
canonico si adatta con estrema sensibilit non solo alle circostanze dettate dal tempo e dal luogo,
ma anche ai bisogni dei diversi popoli e dei singoli individui. Ai fini di tale elasticit, un ruolo
essenziale svolto dal Diritto Particolare, dalla Consuetudine (sottoposta, tuttavia, alle suddette
restrizioni) e dal Diritto Singolare (precetti, privilegi e dispense), per mezzo del quale lautorit
ecclesiastica pu graziare un comportamento contrario alla legge persino a posteriori.
N.B. La Missione Universale della Chiesa fa si che il suo diritto si applichi ai battezzati di
qualsivoglia nazionalit, condizione sociale, lingua, razza e cultura.
CAPITOLO 3
I POTERI
SISTEMA GERARCHICO e ORGANIZZAZIONE ECCLESIASTICA.
La Chiesa non si presenta come una comunit nella quale tutti i membri esercitano, con eguali
responsabilit, gli stessi diritti e doveri, ma si autodefinisce una Societ a costituzione gerarchica.
Le stesse Funzioni Potestative delle autorit ecclesiastiche non vengono delegate dalla collettivit,
ma derivano direttamente da Cristo, il quale confer ai vari Ministeri quelle Sacre Potest
necessarie per condurre alla salvezza il popolo di Dio.
Lorigine storica di questi ministeri risale alla figura dei 12 Apostoli, chiamati da Ges per
diffondere il Regno di Dio tra le genti. A loro volta gli Apostoli, per proseguire la loro missione,
scelsero i primi Vescovi, i quali continuarono tale successione apostolica designando nuovi
Vescovi mediante la Consacrazione Episcopale. Con essa si conferisce il Sacramento
dellOrdine, unitamente al compito di Insegnare e Governare.
Per comprendere questa sintetica affermazione della costituzione Lumen Gentum occorre
avvertire che, nellambito del ministero degli Apostoli e dei loro successori, possibile distinguere
diverse funzioni, che si trovano accuratamente descritte nello stesso documento conciliare in
relazione alla costituzione gerarchica della Chiesa.
A) La prima e la Funzione di Insegnare (munus docendi) si esplica nella predicazione del
Vangelo, ossia:
- Annunciare la buona novella di Cristo affinch gli uomini la accolgano e la eseguano;
- Illustrane il significato e curarne i frutti in relazione ai diversi popoli, luoghi e tempi;
La pubblica predicazione della Sacra Scrittura si esercita in forma scritta (Costituzioni, Decreti e
dichiarazioni dei Concili, Encicliche, etc.) ovvero orale (Orazioni Pontificie, Omelie durante le
celebrazioni eucaristiche, etc.). Essa consiste nellesposizione di verit cristiane utili a dirimere
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controversie dottrinali, condannare errori ed affermare taluni principi essenziali. Fondamentale, a tal
fine, la catechesi, la quale educa ed istruisce gli uomini nel nome di Ges, figlio di Dio.
B)La Funzione di Santificare (munus sanctificandi) si realizza negli atti del culto divino, tra i
quali assumono particolare rilievo il Sacrificio Eucaristico (la memoria della morte e resurrezione
di Cristo) e gli altri Sacramenti, i quali costituiscono i segni visibili della presenza di Dio.
La sacra potest derivante dallordinazione necessaria per celebrare lEucaristia, la Cresima, la
Penitenza e lUnzione degli Infermi.
Del Matrimonio sono ministri gli sposi stessi, mentre il Battesimo, in caso di necessit, pu essere
amministrato da chiunque. Chi esercita tali compiti deve serbare i propri costumi da ogni male, cos
da giungere, insieme al proprio gregge, alla vita eterna.
C) La Funzione di Governare (munus regendi) assicura la guida della comunit e si esercita
attraverso lesortazione, lesempio e la c.d. Potest di Governo (giurisdizione). Essa implica:
Lemanazione di norme che regolano le relazioni intercorrenti tra i fedeli (attivit legislativa);
Lutilizzazione dei mezzi utili a raggiungere gli scopi che la Chiesa si pone (attivit esecutiva);
La soluzione delle controversie e lapplicazione delle pene (attivit giudiziaria).
Queste 3 attivit costituiscono una sola potest, attribuita da Cristo prima agli Apostoli e poi alle
Supreme Autorit Ecclesiastiche. Lordinamento della Chiesa, quindi, estraneo al principio di
separazione dei poteri; tuttavia il titolare di ogni singola potest pu affidarne lesercizio ad organi
specifici (es. lattivit giudiziaria viene esercitato da appositi Tribunali istituiti dal Pontefice).
Inoltre il Codice, per garantire una efficace tutela dei diritti soggettivi dei fedeli, affida ciascuna
funzione ad uno o pi organi competenti, i quali ricevono, oltre alla Consacrazione, la c.d.
Missione Canonica: essa serve a distribuire ordinatamente i poteri della Chiesa tra una pluralit di
persone fisiche, le quali sono chiamate a collaborare tra di loro, evitando conflitti e contrasti.
LUFFICIO ECCLESIASTICO
LUfficio quella funzione, non necessariamente connessa ad una potest, attribuita da una
disposizione divina o umana per il conseguimento di un fine spirituale (Codice). Di regola viene
conferito tramite libera designazione effettuata dallAutorit Ecclesiastica competente. In altri
casi, invece, il Superiore si limita a:
1) Istituire chi sia stato gi designato;
2) Confermare lelezione operata da un Collegio;
3) Accogliere la domanda del Collegio che, volendo eleggere un soggetto privo dei requisiti
richiesti per legge, ne chiede la necessaria dispensa. Alcune elezioni, al contrario, producono effetti
con la semplice accettazione delleletto.
La Sacra Potest annessa alla titolarit di un ufficio chiamata Potest Ordinaria in quanto il suo
contenuto predeterminato dal diritto. Essa pu essere propria o vicaria a seconda che venga
esercitata in nome proprio o in nome altrui (es. il Vicario Generale esercita la propria potest in
nome del Vescovo diocesano, il quale gode a sua volta di potest propria).
Diversa la Potest Delegata, la quale deriva dal mandato conferito per lesercizio di talune
funzioni di governo. La Funzione Legislativa deve essere esercitata dal legittimo titolare, perci i
legislatori di livello inferiore a quelli Supremi (Papa e Collegio Episcopale) non possono delegare il
loro potere, salvo deroga espressa. Ancor meno delegabile la Funzione Giudiziaria: i Giudici
Ecclesiastici, infatti, non hanno una potest giudiziaria ordinaria propria, in quanto essa appartiene
al Papa e ai Vescovi. Al contrario la Funzione Esecutiva pu essere sempre delegata a
collaboratori qualificati.
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IL PRIMATO PONTIFICIO
Il Vaticano II ha esaminato listituzione, la perpetuit e la natura del Primato del Romano
Pontefice e del suo infallibile Magistero. Cristo, affinch lEpiscopato fosse uno ed indiviso,
pose Pietro a capo degli Apostoli, stabilendo in lui il fondamento dellunit della fede. Tale ufficio
si poi tramandato nei Vescovi della Chiesa di Roma (Pontefici), ai quali compete una Potest
Suprema (in nessun caso pu essere soggetta a giudizio), Piena (riguarda sia la fede e la morale,
che la disciplina ed il governo), Immediata (non necessita di intermediari) ed Universale (si
estende su tutta la Chiesa universale e particolare).
La Potest (ordinaria e propria) del Papa indipendente da qualsivoglia potere umano, mentre
linfallibilit del suo Magistero si estrinseca attraverso la definitiva proclamazione delle direttive
riguardanti la fede e la morale: si tratta, tuttavia, di ipotesi rare, in quanto nessun insegnamento
davvero infallibile. La stessa struttura dellUfficio Papale il risultato di unevoluzione
determinata dalla personalit dei diversi Pontefici e dalle vicende storiche nelle quali hanno agito.
Per ottenere tale Potest Suprema necessario aver gi conseguito la Consacrazione Episcopale
(diversamente si proceder in tal senso), mentre lelezione affidata al Conclave dei Cardinali,
considerati rappresentanti della Chiesa Romana per il fatto di aver ricevuto dal Pontefice la
Diaconia o la Titolarit di una Chiesa di Roma.
Tuttavia il loro rapporto con i Sacerdoti ed i Fedeli pi formale che sostanziale: molti di essi,
infatti, sono preposti alle pi importanti diocesi sparse per il mondo, mentre quelli che risiedono a
Roma collaborano con il Papa nel governo della Chiesa universale, non esercitando alcuna potest
sulla chiesa o sulla diocesi loro assegnata.
I Cardinali, inoltre, vengono sottoposti a clausura, obbligati al segreto e tutelati dallingerenza di
altre autorit ecclesiastiche o civili. Risulta eletto chi ottiene il voto favorevole dei 2/3 dei presenti,
salvo che, dopo una serie di scrutini infruttuosi, il Conclave decida di procedere a maggioranza
assoluta. Pu essere eletto qualunque battezzato (anche laico) di sesso maschile, purch non rifiuti
o metta in dubbio le verit della fede (eretico) e non sia separato dalla Chiesa Cattolica (scismatico).
ORGANI CENTRALI DI GOVERNO
Nellesercizio del suo supremo ufficio pastorale per il bene e il servizio della Chiesa, il Pontefice si
avvale di diversi Dicasteri e Organismi della Curia Romana indicati dalla Costituzione Pastor
Bonus. I Dicasteri sono composti:
- da un Cardinale Prefetto o da un Arcivescovo, con funzione di Presidente;
- da un determinato numero di Cardinali e Vescovi;
- da un Segretario, alcuni Consultori e funzionari c.d. Officiali.
Un particolare dicastero la Segreteria di Stato, divisa in 2 Sezioni.
La prima collabora con il Pontefice, esamina i problemi che non rientrano nella competenza di altri
uffici e coordina i lavori dellintera Curia;
La seconda si occupa dei rapporti e delle trattative con gli Stati Civili.
9 Congregazioni curano i principali materie riguardanti il governo della Chiesa universale:
1) Dottrina della Fede; 2) Chiese Orientali; 3) Culto e disciplina dei Sacramenti; 4) Cause dei
Santi; 5) Vescovi; 6) Evangelizzazione; 7) Clero; 8) Istituti di Vita Consacrata e Societ di Vita
Apostolica; 9) Educazione Cattolica.
Altri Consigli ed Uffici (diversi dai Dicasteri) curano specifiche materie (es. apostolato dei laici).
La Segnatura Apostolica esercita la funzione di Supremo Tribunale essa:
a) Si occupa di questioni relative allattivit di altri tribunali;
b) Si pronuncia sui ricorsi per violazione di legge avverso gli atti amministrativi dei dicasteri;
c) Giudica le controversie amministrative che le vengano deferite dal Pontefice o dai dicasteri;
d) Risolve i conflitti di competenza che insorgano tra questi ultimi.
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Gli Appelli contro le sentenze dei Tribunali Inferiori (es. in materia matrimoniale) vengono
esaminati dalla Rota Romana, la quale provvede allunit della giurisprudenza, mentre le materie
che concernono il foro interno e le indulgenze sono sottoposte al giudizio della Penitenzieria
Apostolica.
Infine il Pontefice si avvale dei c.d. Legati Pontifici allo scopo di essere informato sulla situazione
delle varie Chiese locali nel mondo, e di rendersi presente nelle diverse regioni (can. 362 ss.).
Tale diritto indipendente dai poteri civili ma i legati pontifici sono riconosciuti da pi di 170 Stati.
Essi partecipano ad Organismi Internazionali in veste di:
- Nunzi Apostolici se esercitano funzioni diplomatiche nei confronti dei poteri civili;
- Delegati Apostolici se rappresentano la Santa Sede presso le Chiese particolari.
IL COLLEGIO EPISCOPALE
. Prima del Vaticano II, il regime della Chiesa veniva definito come Monarchico, Assoluto e
Autocratico in quanto la Suprema Potest di Governo risiedeva interamente nella Santa Sede.
La Lumen gentium, invece, ha espressamente affermato che la Piena e Suprema Potest compete
non solo al Pontefice, ma anche al Collegio Episcopale (successore del Collegio Apostolico
istituito da Cristo) composto da chi abbia ricevuto la Consacrazione Episcopale e sia in
gerarchica comunione con il capo (Papa) ed i membri del Collegio stesso.
Perci la Suprema Potest compete a 2 soggetti: uno di carattere individuale e laltro di carattere
collegiale, i quali rappresentano rispettivamente lunit e luniversalit della Chiesa. Tuttavia non
si tratta di soggetti diversi: il Pontefice, infatti, allinterno del Collegio Episcopale svolge lufficio
di vicario di Cristo e di pastore della Chiesa universale: spetta a lui convocarlo, dirigerlo e
approvarne lazione. In realt la differenza sta nel fatto che, mentre il Pontefice decide
discrezionalmente ed in ogni tempo le modalit con le quali deve essere governata la Chiesa
universale, il Collegio Episcopale, invece, agisce solo quando si riunisce nel Concilio Ecumenico.
Le decisioni ivi assunte, per divenire obbligatorie, devono essere approvate e promulgate dal Papa,
al quale spetta, inoltre, stabilire lordine del giorno, convocare, presiedere e sciogliere lAssemblea.
Dunque il Collegio Episcopale esercita uninfluenza notevole sulla Potest Suprema ed Universale
del Pontefice: i Vescovi che ne fanno parte, infatti, non possono preoccuparsi solo della propria
diocesi, ma devono difendere la disciplina comune a tutta la Chiesa universale. Essi, inoltre,
istruiscono i fedeli allamore verso il corpo mistico di Cristo (la Chiesa), verso i poveri, i sofferenti
ed i perseguitati, promuovendo lunit della fede e la verit di Ges.
COLLEGIALIT e PRIMATO.
La Potest Collegiale pu essere esercitata anche dai Vescovi sparsi per il mondo purch il
Pontefice li chiami ad unazione unitaria o accetti la loro iniziativa congiunta. Gi da molti secoli il
Papa si avvale dellopera di alcuni vescovi chiamati a far parte del collegio cardinalizio (Can. 351).
Come detto, anche i Cardinali collaborano con il Papa sia individualmente (con funzioni loro
affidate personalmente) sia collegialmente (per questioni importanti).
Tra queste assemblee, rilevanti sono i Concistori (convocati e presieduti dal Papa), i quali si
riuniscono in via:
Ordinaria, vengono convocati tutti i cardinali, o almeno, quelli che si trovano a Roma per
esaminare problemi gravi ma non eccezionali oppure per celebrare particolari solennit.
Straordinaria, per affrontare questioni di notevole rilievo. Vi partecipano tutti i Cardinali.
Tuttavia il Collegio Cardinalizio, essendo composto da membri designati dal Pontefice, non
rappresenta le opinioni dellintero episcopato mondiale. Per rimediare a ci, Paolo VI istitu il
Sinodo dei Vescovi per la Chiesa Universale, il quale raccoglie Vescovi provenienti da ogni parte
del mondo e discute di fede, morale e disciplina ecclesiastica.
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Il Sinodo dei Vescovi per la Chiesa Universale, si riunisce in Assemblee Ordinarie (con Vescovi
designati da ciascuna Conferenza Episcopale) e Straordinarie (con i Presidenti delle stesse
Conferenze), mentre in Assemblea Speciale tratta questioni relative a determinate Regioni.
Il Sinodo, non potendo esercitare quel potere pieno e supremo che spetta esclusivamente al Collegio
Episcopale, gode di Potest Deliberativa solo su concessione del Pontefice, al quale spetta
ratificarne le decisioni, stabilire lordine del giorno, convocare, presiedere e sciogliere lAssemblea.
ESERCIZIO CONGIUNTO DEL MINISTERO EPISCOPALE
Il principio di Collegialit mette in evidenza che il Vescovo, presiedendo la Chiesa particolare
quale membro del Collegio Episcopale, rappresenta ed integra la Chiesa universale sia nelle singole
Chiese particolari, che nelle relazioni che si stabiliscono tra di esse a livello locale. In tal senso una
forma di congiunzione a livello locale la Provincia Ecclesiastica, ossia il raggruppamento delle
diocesi circonvicine intorno ad una diocesi pi importante per dimensioni o tradizioni, presieduta da
un Arcivescovo.
Nel Concilio Provinciale, invece, collaborano tutti i Vescovi comprovinciali, esercitando quella
Potest Legislativa utile a disciplinare la fede, lazione pastorale, la morale e le necessit spirituali
della Chiesa. Il voto deliberativo riservato ai Vescovi, mentre gli altri Prelati, i Sacerdoti ed i
Fedeli hanno voto consultivo.
Le deliberazioni, infine, necessitano del nullaosta della Santa Sede.
Nei secoli antecedenti il Vaticano II, la crescente socializzazione tra gli uomini poneva problemi che
andavano ben oltre i confini delle province ecclesiastiche, richiedendo, invece, forme di
consultazione di carattere nazionale. Per far fronte a queste esigenze sono nate le Conferenze
Episcopali, dotate di Organismi permanenti (Ufficio di Presidenza, Consiglio, Commissioni ecc.)
che garantiscono, attraverso un continuo scambio di esperienze e pareri, la collaborazione tra pi
Chiese particolari. Il nuovo Codice stabilisce che la Conferenza Episcopale, in base alle diverse
circostanze dei tempi e dei luoghi, esercita funzioni di carattere pastorale al fine di incrementare
il bene che la Chiesa offre ai fedeli. Ne fanno parte i Vescovi diocesani della medesima Nazione, i
Prelati ad essi equiparati, i Coadiutori e, con voto consultivo, gli ausiliari dei Vescovi ed i Prelati di
rito orientale. Inoltre, al contrario dei Concili Locali (occasionali), esse si riuniscono di frequente.
La Potest Legislativa riguarda solo le materie stabilite dal diritto universale o da disposizioni
della Santa Sede: le deliberazioni giuridicamente vincolanti devono essere approvate dai 2/3 dei
Vescovi con voto deliberativo, mentre per le dichiarazioni di natura dottrinale richiesta
lunanimit di tutti i Vescovi o, in mancanza, il voto favorevole dei 2/3 dei membri dotati di voto
deliberativo. In ogni caso tutte le deliberazioni devono ottenere il nullaosta della Santa Sede.
Oltre a ci previsto che i Vescovi appartenenti ad una stessa Conferenza possano riunirsi in
Concilio Plenario (con composizione e competenza analoghe a quelle del Concilio Provinciale)
tutte le volte che la Conferenza Episcopale lo ritenga opportuno e col nullaosta della Santa Sede.
Infine il Vaticano II, per creare circoscrizioni territoriali corrispondenti agli ambiti delle singole
Conferenze, aveva previsto la possibilit di riunire pi Province in ununica Regione
Ecclesiastica, facendo intendere che questultima corrispondesse al territorio nazionale. Il Codice,
al contrario, eliminando il riferimento alla dimensione nazionale, prevede solo una Riunione
Regionale dei Vescovi priva delle competenze che spettano alle Conferenze Episcopali.
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IL CLERO DIOCESANO.
Allinterno della diocesi, un ruolo fondamentale svolto dai Presbiteri (Sacerdoti), i quali
esercitano il ruolo di consiglieri e collaboratori del Vescovo.
Il Presbiterato corrisponde al secondo grado del Sacramento dellOrdine e viene conferito per
mezzo dellimposizione delle mani da parte di un Vescovo a maschi battezzati (caratteri
essenziali) che abbiano le qualit richieste dal diritto. Nel 1976 la Congregazione per la Dottrina
della Fede ha respinto lammissione al sacerdozio della donna, considerandolo contrario alla
tradizione della Chiesa ed alla volont di Cristo. Lo stesso Giovanni Paolo II ha dichiarato in
maniera definitiva che la Chiesa non ha alcuna facolt di conferire alle donne il presbiterato.
I Sacerdoti sono:
Innanzitutto, Ministri della Parola, dovendo annunciare a tutti gli uomini il Vangelo.
In secondo luogo sono Ministri di Cristo nel conferimento, in via ordinaria, del battesimo e, in
via esclusiva, della penitenza, dellunzione degli infermi e delleucaristia.
Per lamministrazione dellordine nei suoi vari gradi, invece richiesta la Consacrazione
Episcopale. Quanto alla cresima, ministro ordinario ne il Vescovo, ma essa pu essere conferita
anche da un Sacerdote che ne abbia ricevuto la facolt. Essi sono, infine, educatori del popolo di
Dio, esercitando su di esso quella potest spirituale utile allo sviluppo di una vera comunit
cristiana.
I Sacerdoti di ogni singola diocesi (Clero Diocesano) costituiscono con il Vescovo il Collegio
Presbiterale, il quale esercita un identico ministero in diverse modalit: lo studio, linsegnamento,
il lavoro manuale ed altre opere di apostolato. La maggior parte dei Sacerdoti cura una Parrocchia
(cellula fondamentale della diocesi), della quale fanno parte coloro che hanno domicilio nel
territorio di essa. Di norma esse hanno una estensione limitata, in modo tale da agevolare il Parroco
nello svolgimento delle sue funzioni (visitare le famiglie, assistere gli infermi ed i poveri, etc.).
Infine il Vaticano II ha raccomandato ai Parroci di collaborare con i Sacerdoti preposti sia ad
organismi intermedi tra diocesi e singole parrocchie (Decanati), che a strutture sovrapparrocchiali.
I DIACONI
Con i vescovi e con gli stessi presbiteri cooperano quanti hanno ricevono il grado del sacramento
dellordine detto diaconato. E compito dei diaconi amministrare il battesimo, distribuire
leucaristia, benedire il matrimonio, leggere la Sacra Scrittura, istruire il popolo. I diaconi
presiedono alla preghiera, impartiscono talune benedizioni, presiedono al rito funebre e alla
sepoltura, si dedicano alla carit e allassistenza. Tuttavia queste funzioni sono spesso svolte
direttamente dai Sacerdoti in quanto il numero di Diaconi molto scarso. Da secoli, infatti, il
Diaconato rappresenta solo una fase del curriculum che conduce i Chierici al Sacerdozio. Per porre
rimedio a ci la Lumen gentium sanc la possibilit che il diaconato fosse restaurato come grado
permanente della gerarchia, ma tale decisione pose il Concilio di fronte ad una questione delicata.
Occorre premettere che la Legge Ecclesiastica del celibato da un lato impedisce il conferimento
del Sacerdozio ai coniugati, dallaltro proibisce ai Presbiteri di sposarsi (pena la nullit del
matrimonio). Tuttavia, poich il Diaconato pu essere conferito anche a uomini sposati, molti Padri
Conciliari temettero che tale eccezione facesse venir meno lobbligo di celibato per i Sacerdoti.
Perci il Vaticano II pens di adottare una soluzione intermedia: il Diaconato sarebbe stato
conferito sia ad uomini di et matura gi sposati, che a giovani per i quali, invece, continuava a
valere la legge del celibato. In realt, a parte qualche parere favorevole, il Concilio non accolse tale
proposta e Papa Montini respinse fermamente il matrimonio dei Sacerdoti gi ordinati: infatti
anche quando era stata concessa la dispensa a quelli tra loro che avessero desiderato sposarsi, in
ogni caso era stato vietato loro di continuare ad esercitare le funzioni dellordine sacro.
Ammise, invece, che i ministri coniugati di altre Confessioni Cristiane accedessero al
Presbiterato solo dopo aver abbracciato il Cattolicesimo.
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Capitolo 4
I FEDELI NELLA CHIESA
LO STATUS di FEDELE
Il Vaticano II, definendo la Chiesa come popolo di Dio, ha stabilito che lo status di fedele
costituisce il presupposto per esercitare qualsiasi pratica di vita ecclesiale. Prima del Concilio la
Societ Ecclesiastica era divisa in categorie diseguali, secondo una concezione che, esaltando la
gerarchia, oscurava la comunit cristiana dei battezzati.
Il Concilio, invece, riconosce che Chierici e Laici si distinguono solo per i rispettivi compiti:
- I Chierici sono al servizio di altri battezzati, i quali sono chiamati ad unattiva collaborazione;
- I Fedeli contribuiscono a manifestare lunit del popolo di Dio attraverso specifiche funzioni.
Il nuovo Codice definisce fedeli: Coloro che, incorporati a Cristo per mezzo del battesimo, sono
stati costituiti in popolo di Dio e resi partecipi dellufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo,
esercitando, ciascuno secondo la propria condizione, la missione che Dio affida alla Chiesa.
La norma rinvia a taluni insegnamenti del Vaticano II:
a) Il Battesimo come incorporazione a Cristo;
b) La Chiesa come popolo di Dio;
c) La partecipazione di tutti i fedeli agli uffici di Cristo;
d) La missione di salvezza della Chiesa e la responsabilit dei cristiani nella sua realizzazione.
Quanto alla posizione giuridica, il Titolo VI (Persone fisiche e giuridiche) del Libro I (Norme
Generali) stabilisce che: Con il battesimo luomo assume diritti e doveri propri dei Cristiani.
Seguono altre norme relative allet, alluso della ragione, al domicilio, alla consanguineit, etc.
Il legislatore, inoltre, ha specificato le modalit di appartenenza al popolo di Dio, adattandole al
clima di apertura ecumenica del Vaticano II: La Chiesa, organizzata come societ, sussiste nella
Chiesa Cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi (can. 204), mentre Sono in
piena comunione con la Chiesa Cattolica i battezzati uniti a Cristo dai vincoli della fede, dei
sacramenti e del governo ecclesiastico (can. 205). Anche i Cristiani, quindi, sono fedeli, ma la
pienezza dei diritti e doveri spetta solo ai battezzati nella Chiesa Cattolica.
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IL DIRITTO di ASSOCIAZIONE
Il Vaticano II, pur affermando in modo chiaro il diritto di associazione dei fedeli, non si
preoccupato di proporne una definizione formale ed esauriente.
Invece il can. 215 del nuovo codice, riconosce ai fedeli il diritto di fondare, guidare e riunirsi in
associazioni per fini di carit, piet e diffusione della vocazione cristiana nel mondo.
Nel periodo post-conciliare il fenomeno associativo (spesso di carattere spontaneo) si
notevolmente sviluppato, di qui la necessit di stabilirne norme precise. Tali associazioni, infatti,
devono favorire una maggior perfezione della vita attraverso il culto pubblico, la dottrina
cristiana, le altre opere di evangelizzazione, lesercizio della piet e della carit, etc..
Ogni associazione pu essere composta da soli laici, da soli chierici o da laici e chierici insieme.
La Santa Sede ed i Vescovi Diocesani vigilano sulla vita delle associazioni, preoccupandosi
soprattutto del rispetto della fede, dei costumi e della loro disciplina. Esse, inoltre, si distinguono in
pubbliche e private. Solo le prime possono agire in nome della Chiesa, mentre le seconde,
costituite con liberi accordi dei fedeli, assumono la qualifica di cattoliche solo dopo che lautorit
ecclesiastica ne abbia approvato lo statuto. Oltre a ci eleggono autonomamente le cariche sociali,
mentre lAssistente Spirituale, scelto tra i Sacerdoti della diocesi, viene confermato dal Vescovo.
Circa lamministrazione dei beni, lautorit ecclesiastica controlla che siano effettivamente
destinati ai fini statutari, mentre ai sensi del can. 323 cura che lapostolato sia sempre diretto al
bene comune. Infine, il provvedimento di soppressione pu essere emesso solo quando lazione
dellassociazione privata danneggi la dottrina e la disciplina ecclesiastica.
LAUTONOMIA PRIVATA
La Chiesa, tutelando i diritti fondamentali dei fedeli, riconosce lesistenza di una sfera di libert e
autonomia dei singoli individui. Tale ammissione aveva diviso la dottrina tra chi affermava che il
diritto canonico fosse pubblico e chi, invece, lo considerava pubblico e privato al tempo stesso.
La Scienza Canonista ha tentato di risolvere il problema ricorrendo agli schemi utilizzati per il
diritto statuale, ma anchessi si sono rivelati discordanti circa la distinzione tra diritto pubblico e
privato. Perci il nuovo Codice ha tentato di colmare tale lacuna dedicando agli atti giuridici un
apposito titolo del Libro I. Il legislatore, innanzitutto, definisce le condizioni di validit dellatto
giuridico (capacit dei soggetti, elementi costitutivi essenziali, rispetto delle solennit stabilite a
pena di nullit), fissando, poi, una presunzione generale di validit per ogni atto che nei suoi
elementi esterni sia compiuto nei modi dovuti.
Inoltre la violenza fisica importa nullit (can. 125), mentre sia le minacce gravi e ingiuste che il
dolo rendono latto annullabile.
Quanto allerrore, esso determina invalidit solo se riguarda la sostanza dellatto o una
condizione essenziale, diversamente si eserciter lazione rescissoria, salvo che sia diversamente
disposto ( can. 126).
Infine gli atti compiuti dal Superiore senza aver ottenuto il necessario consenso o parere di altre
persone, obbligano lautore di essi a risarcire i danni illegittimamente provocati.
LIMITI e SANZIONI.
Il libero esercizio dei diritti da parte dei fedeli incontra un limite nelle sanzioni che possono essere
legittimamente inflitte dallautorit ecclesiastica (can. 96) al fine di mantenere lordine sociale.
Tuttavia tale potest coattiva del tutto peculiare, in quanto il Diritto Penale della Chiesa pone
particolare attenzione al valore della persona umana ed alle specifiche condizioni del colpevole.
Perci il can. 1341 prevede che il Vescovo ricorra alle sanzioni penali solo dopo aver constatato
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che la correzione fraterna, i richiami e gli altri mezzi pastorali non siano sufficienti a riparare lo
scandalo, reintegrare la giustizia e redimere il reo.
Il Codice definisce delitto la violazione dolosa o colposa della legge, mentre lomissione della
dovuta diligenza non viene punita, salvo diversa disposizione di legge. Sebbene il termine
Legge venga inteso in senso lato (includendo anche il Precetto), tuttavia anche nel diritto
canonico vige il divieto di punire taluno per un fatto non espressamente previsto dalla legge come
reato (nullum crimen sine lege).
I fedeli, infatti, possono essere puniti solo a norma di legge (can. 221), mentre le leggi penali non
sono soggette ad interpretazione analogica (can. 19).
Inoltre, per limitare il ricorso alle pene, previsto che le sanzioni siano comminate solo in
presenza di violazioni particolarmente gravi ovvero per prevenire o riparare lo scandalo. Infine,
richiesta una necessit gravissima perch si aggiungano altre pene a quelle previste da una legge
universale.
Le pene, a seconda della finalit prevalente, si distinguono in:
Pene Medicinali, le quali mirano alla correzione del reo e si applicano solo per gravissime
violazioni ovvero:
Scomunica: vieta la partecipazione alle cerimonie di culto pubblico, la celebrazione/ricezione
dei sacramenti, lesercizio di qualsiasi ufficio, ministero e funzione di governo;
Interdetto: vieta di partecipare alle cerimonie di culto e di celebrare/ricevere i sacramenti;
Sospensione: proibisce ai Chierici il compimento degli atti relativi alla potest di ordine o di
governo ed inibisce lesercizio di tutte o alcune funzioni inerenti allufficio.
Pene Espiatorie, le quali mirano a punire il delitto:
il divieto o lobbligo per Chierici e Religiosi di abitare in un luogo determinato;
la privazione di una potest, ufficio, diritto, privilegio, grazia e titolo, anche se solo onorifico;
la proibizione o limitazione del loro esercizio;
il trasferimento a titolo di pena ad altro ufficio;
la dimissione dallo stato clericale.
A queste si aggiungono ulteriori rimedi penali quali:
- Lammonizione, pu avere funzione preventiva, o pu rivolgersi a chi sia sospettato di delitto e
la correzione del comportamento per chi abbia provocato scandalo o grave turbamento
dellordine (can. 1339);
- Le penitenze, che consistono nellimposizione di unopera di religione, piet o carit ( can 1340)
Le pene, a seconda di come vengano inflitte, si distinguono in:
a) Latae sententiae, comminate per il solo fatto di aver commesso delitti di particolare rilievo;
b) Ferendae sententiae, applicate solo con lintervento dellautorit ecclesiastica.
c)
Il Codice, mentre riserva le pene latae sententiae a pochissimi delitti, dispone che esse vengano
stabilite dal legislatore eccezionalmente, per quei reati che provochino particolare scandalo e non
possono essere altrimenti efficacemente sanzionati.
Ordina, inoltre, che le censure, e soprattutto la scomunica, siano comminate con la massima
moderazione ed esclusivamente per le violazioni pi gravi ( can 1318).
In ogni caso il Giudice o il superiore gode di una grande discrezionalit poich la legge, quando non
gli affida integralmente la determinazione dellentit della giusta sanzione, gli riconosce, tra laltro,
il potere di mitigare le pene previste e persino di non irrogarle nel caso in cui il reo si sia emendato
e lo scandalo sia stato ripartito oppure appaia sufficiente la punizione inflitta dallautorit civile
( can 1344).
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I CHIERICI
Anche ai Chierici o Sacri Ministri (quanti hanno ricevuto almeno uno dei gradi del sacramento
dellordine) competono una serie di diritti e doveri relativi alle funzioni di insegnare, santificare e
governare. I Chierici, ricevuto il diaconato, vengono incardinati in una Chiesa particolare
ovvero in un Istituto di Vita Consacrata o Societ di Vita Apostolica, ove svolgono il loro
incarico. Il Vaticano II ha stabilito che la Santa Sede, udite le Conferenze Episcopali interessate,
pu erigere Prelature Personali al fine di meglio distribuire il clero ovvero per attuare iniziative
pastorali a favore di certe Regioni o gruppi sociali. In esse vengono incardinati i Presbiteri ed i
Diaconi del Clero Secolare, guidati da un Prelato ed eventualmente coadiuvati da laici. Lo stesso
Vescovo, inoltre, obbligato a non contrastare, salvo necessit della sua diocesi, quei Chierici che
desiderino trasferirsi in Regioni ove il clero gravemente insufficiente.
Queste innovazioni mostrano come lincarico dei Chierici non limitato alla singola diocesi, ma
partecipa alluniversalit della missione degli Apostoli e implica sollecitudine per tutte le Chiese.
Tra i principali doveri dei Chierici, contenuti nel Decreto Presbyterorum Ordinis e nel Codice:
Tendere alla perfezione della vita personale, svolgendo fedelmente il proprio ministero con
laiuto della Sacra Scrittura (che devono recitare nel corso della giornata) e dellEucaristia;
Approfondire lo studio delle Scienze Sacre comunemente accettate dalla Chiesa e proposte dal
magistero, senza trascurare le altre discipline utili allo svolgimento del ministero pastorale;
Rispettare lobbligo del celibato (salvo che per gli uomini sposati ammessi al diaconato), pena
la nullit del matrimonio e lirrogazione di gravi sanzioni (es. sospensione latae sententiae);
Portare labito ecclesiastico secondo le disposizioni del diritto particolare ed astenersi da
professioni, attivit e comportamenti incompatibili con lo status clericale (es. cariche civili);
Adoperarsi affinch tra gli uomini vigano una pace ed una concordia fondate sulla giustizia;
Condurre una vita semplice, destinando alla Chiesa la parte dei redditi di natura ecclesiastica
che ecceda le necessit di un onesto sostentamento e delladempimento dei propri doveri;
Collaborare con altri Chierici nelledificazione del corpo di Cristo e nella preghiera, aderendo
a quelle associazioni che favoriscono la santit della vita.
Circa i diritti:
Possono ricoprire uffici che richiedono la potest di ordine o di governo ecclesiastico;
Usufruiscono di una remunerazione e di prestazioni assistenziali/previdenziali adeguate sia
alla funzione esercitata, che alle condizioni dei luoghi e dei tempi nei quali viene svolta. A tal
fine provvede uno speciale Istituto Diocesano per il sostentamento del Clero, il quale
provvede, inoltre, alla gestione dei redditi e dei beni dei c.d. benefici (entit patrimoniali, dotate
di personalit giuridica, annesse ai singoli uffici allo scopo di assicurarne il mantenimento).
La perdita dello stato clericale importa la decadenza da uffici, funzioni ed eventuali potest
delegate (i Sacerdoti, tuttavia, mantengono la potest dordine). Essa pu verificarsi:
- per Sentenza o Decreto Amministrativo che dichiari linvalidit della ordinazione;
- per Condanna alla dimissione o per Rescritto della Santa Sede.
I LAICI
Il Vaticano II definisce laici tutti i fedeli ad esclusione dei membri dellordine sacro e dello stato
religioso riconosciuto dalla Chiesa, mentre il Codice ritiene tali i battezzati che non hanno
ricevuto il sacramento dellordine (sono fedeli, quindi, anche coloro che hanno abbracciato una
forma di vita consacrata). La Lumen gentium avverte che i Chierici sono destinati al sacro
ministero, i Religiosi conducono unesistenza allinsegna del Vangelo, mentre i Laici vivono nella
realt concreta tra problemi e responsabilit della vita familiare e sociale, rendendo la Chiesa
partecipe della loro esistenza.
Daltro lato non si esclude che i Chierici esercitino anche attivit di natura secolare (es. i Sacerdoti
che insegnano discipline non ecclesiastiche negli istituti scolastici).
Se i laici sono i comuni fedeli, i loro diritti e doveri corrispondono a quelli dei battezzati. Di qui
la difficolt dei codificatori di inserire la disciplina del laicato in un apposito titolo, valorizzandolo
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secondo i dettami del Vaticano II. Alcuni canoni, infatti, ricalcano le norme sullapostolato e
sulleducazione cristiana dei fedeli: levangelizzazione (can. 225) ed il diritto-dovere di conoscere
la dottrina cristiana secondo le proprie capacit e condizioni (can. 229). Altre disposizioni si
occupano dei coniugati (compresi gli sposati ammessi al diaconato), mentre 2 soli canoni
contemplano doveri-diritti esclusivi dei laici, i quali testimoniano Cristo ed il Vangelo nella realt
temporale (can. 225) e godono di quella libert che compete ad ogni cittadino (can. 227).
Altri canoni riguardano la capacit dei laici di ricoprire uffici che non siano riservati ai
Chierici. Tuttavia non si tratta di un vero diritto, ma di una possibilit condizionata ad una non
meglio precisata idoneit e, comunque, subordinata allapprovazione dellautorit ecclesiastica.
Circa le potest di governo, il Codice precisa (in modo molto generico) i diritti e doveri dei laici
che prestano specifici servizi alla comunit ecclesiale, esigendo che essi acquisiscano una adeguata
formazione e riconoscendo loro una remunerazione e talune prestazioni assistenziali/previdenziali.
Tra le funzioni: il consiglio e la consulenza allautorit ecclesiastica, linsegnamento delle scienze
sacre, il lettorato e laccolitato, determinati compiti temporanei nelle celebrazioni liturgiche o nel
conferimento del battesimo, la distribuzione della comunione ( can 228 230).
Occorre anche tenere presente una serie di disposizioni disperse nel Codice relative agli incarichi
che possono essere affidati ai laici senza distinzione di sesso e razza come:
- La partecipazione alla cura pastorale di una parrocchia ( can. 517);
- La predicazione nelle Chiese ( can. 766);
- La collaborazione nellistruzione catechistica ( can 776 e 785);
- Lassistenza al matrimonio ( can. 1112).
LA VITA MATRIMONIALE
Il Vaticano II ha sottolineato il grande valore della vita matrimoniale e familiare dei laici. La
condizione giuridica dei coniugati, infatti, costituisce un vero e proprio status personale in quanto
comporta una serie di diritti e doveri. Peraltro il matrimonio tra battezzati rappresenta un istituto
naturale (conforme alle originarie esigenze umane) dotato di una struttura giuridica creata da Dio
per mezzo del diritto divino naturale.
In seguito Cristo lo ha elevato a Sacramento per mezzo del quale realizzare la missione di
salvezza della Chiesa: nessun fedele, pertanto, pu contrarre matrimonio se non nelle forme
stabilite dal diritto canonico, mentre la competenza dello Stato si limita agli effetti meramente civili.
Una definizione del matrimonio nella sua essenza non semplice, in quanto esso va inteso:
- sia come atto costitutivo della relazione coniugale (matrimonio in fieri);
- sia come rapporto permanente e vincolo stabile (matrimonio in facto).
Nel primo senso il matrimonio un patto irrevocabile che, stretto nelle forme previste dal
diritto, scaturisce dal consenso manifestato da persone giuridicamente capaci, le quali si donano e
si ricevono reciprocamente per costituire unintima comunit di vita e di amore.
Il Codice Pio-Benedettino riconosceva il fine primario del matrimonio nella procreazione e
nelleducazione della prole, mentre il fine secondario consisteva nel mutuo aiuto tra i coniugi e
nel rimedio della concupiscenza (lecita soddisfazione dellistinto sessuale).
Il Vaticano II, abolendo tale ordine gerarchico, con la Costituzione Gaudium et spes ha
sottolineato solo che il matrimonio e lamore coniugale sono ordinati alla procreazione e
alleducazione della prole, trovando in queste il loro coronamento.
Cita poi di sfuggita il mutuo aiuto e gli altri fini, evidenziando, invece, che lamore coniugale
il vero fulcro del matrimonio.
Il nuovo Codice, sulle orme della Gaudium et spes, lo definisce quale: Consorzio di vita tra un
uomo ed una donna, predisposto al bene dei coniugi ed alla procreazione ed alleducazione della
prole, identificandone le propriet essenziali nellunit e nellindissolubilit del vincolo
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LA VITA CONSACRATA
Fin dai primi secoli della Chiesa numerosi fedeli, per seguire pi da vicino lesempio di Cristo, si
consacravano al Signore nella professione dei 3 Consigli Evangelici di: Castit (perfetta
continenza nel celibato), Povert (limitazione nella disponibilit dei beni terreni) e Obbedienza
(sottomissione alla volont dei legittimi superiori).
Lo status di vita consacrata, dunque, non comporta lo svolgimento di determinate attivit (come
quello clericale), ma implica la scelta di una particolare modalit di vita; tanto meno costituisce
una condizione intermedia tra Chierici e Laici, potendo essere abbracciato da entrambe gli ordini.
Il Codice stabilisce che appartengono a tale status quanti professano i Consigli Evangelici secondo
gli impegni assunti con pubblici voti, ovvero secondo le norme degli Istituti (c.d. Costituzioni)
Religiosi (pubblici voti + vita di comunit) o Secolari (normali condizioni di vita). A tali istituti
vengono assimilate le Societ di Vita Apostolica, i cui membri vivono in comunit che perseguono,
senza voti, un determinato fine di carattere apostolico.
Gli istituti di vita consacrata possono essere di diritto pontifico (eretti o approvati dalla Santa
Sede con decreto) o di diritto diocesano (eretti dal Vescovo senza lapprovazione pontificia).
Ogni singolo istituto si sviluppa secondo liniziativa del fondatore, perci il Codice si limita a
disporre che i membri si attengano fedelmente alle sue intenzioni, mentre lautorit ecclesiastica
verifica che ogni istituto coltivi le proprie tradizioni, garantendogli, al contempo, quella autonomia
di governo che gli consente di avvalersi di una specifica disciplina nellambito della Chiesa.
Le Potest di Governo vengono esercitate da autorit individuali (Superiori) e collegiali
(Capitoli) secondo quanto disposto dal diritto universale e dagli Istituti stessi, i quali, pur essendo
tutti soggetti alla Santa Sede, dipendono dalle disposizioni del Vescovo diocesano quanto alla cura
delle anime, allesercizio pubblico del culto ed alle altre opere di apostolato.
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Qualsiasi fedele cattolico pu essere ammesso in un istituto di vita consacrata purch abbia retta
intenzione, possegga i requisiti necessari e riceva una congrua preparazione.
previsto 1 anno di noviziato presso unapposita casa ove il candidato si prepara alla vita che
desidera abbracciare. Al termine di esso, il novizio, se giudicato idoneo, ammesso alla
professione dei voti temporanei, mentre dopo almeno 3 anni pu pronunciare quelli perpetui. Con
la professione si acquisisce lo stato religioso che implica una serie di diritti-doveri. Quanto ai
diritti, gli istituti devono fornire ai loro membri tutto ci che necessario per conseguire il fine
della loro vocazione. Tra i doveri ricordiamo lobbligo di vivere seguendo lesempio di Cristo,
lassiduit nella preghiera e nella meditazione, la partecipazione al sacrificio eucaristico, gli esercizi
spirituali ogni anno, etc..
Il Codice disciplina anche vocazioni individuali: gli eremiti trascorrono una esistenza nella
solitudine, nella preghiera e nella penitenza; mentre le vergini consacrate a Dio si impegnano al
servizio della Chiesa per mezzo di un apposito rito liturgico che le rende idealmente spose di Cristo.
La disciplina fin qui descritta il frutto di quella crisi post-conciliare che aveva colpito le forme
istituzionali di vita religiosa: la diminuzione delle vocazioni, laumento delle defezioni, il
moltiplicarsi di famiglie religiose e di nuove esperienze di vita consacrata (allinterno e allesterno
degli istituti riconosciuti). Per questo motivo la nuova legislazione ha preferito sottolineare pi la
tipologia spirituale della vita consacrata che le forme istituzionali nelle quali essa si manifesta.
Un aspetto peculiare della crisi riguarda le religiose. Negli Stati Uniti molte suore hanno
rivendicato:
a) Un ruolo meno subalterno nellattivit pastorale;
b) Una pi adeguata formazione culturale e professionale;
c) Laccesso al sacerdozio o al diaconato.
Tali richieste esigono un cambiamento di mentalit delle autorit ecclesiastiche (in parte gi
realizzato) ed una modifica della disciplina della Chiesa (assolutamente improbabile a causa della
precisa posizione assunta dalla Santa Sede). Circa poi la questione del diaconato femminile va
osservato che le donne sono escluse sia dai tre gradi del sacramento dellordine, sia dai ministeri del
lettorato e dellaccolitato.
Di contro sono state accolte le richieste dirette a far cessare ogni forma di tutela sugli istituti
femminili che implichi discriminazione rispetto a quelli maschili: il nuovo Codice dispone che le
norme relative ai membri degli istituti di vita consacrata riguardino identicamente ambedue i sessi.
I NON BATTEZZATI
La condizione giuridica dei non battezzati controversa a causa di due diverse interpretazioni
del can. 96: Luomo diventa persona nella Chiesa con il battesimo. Secondo una prima tesi
larticolo si limita a definire lappartenenza al popolo di Dio, per cui anche i non battezzati, in
quanto persone fisiche, sono titolari di diritti e doveri nellambito dellordinamento canonico; La
seconda tesi sostiene che la norma intende riservare la capacit giuridica ai battezzati. Fermo
restando che tutti concordano nel riconoscere ai non battezzati i diritti e doveri riconosciuti a
qualsiasi persona umana, la questione riguarda latteggiamento della Chiesa verso i non cristiani,
ben potendo le leggi ecclesiastiche interessarli direttamente (es. nella disciplina dei matrimoni tra
fedeli e non battezzati), mentre ci si chiede se la Chiesa, in virt della sua universale missione di
salvezza, abbia qualche potere sui non battezzati.
La tesi che riconosce la capacit giuridica dei non battezzati appare pi aderente al disposto del
can. 96, il quale, con lespressione persona nella Chiesa, si riferisce al battezzato, garantendo solo
a questultimo i diritti-doveri specifici ed esclusivi dei cristiani. Tuttavia il Codice, in altre norme,
riconosce la capacit dei non battezzati a porre in essere atti giuridicamente rilevanti, come agire in
giudizio o amministrare il battesimo in caso di necessit.
Il Vaticano II, sottolineando il dovere della Chiesa di annunciare a tutti gli uomini la salvezza
portata da Cristo, ha insegnato che anche i non battezzati sono chiamati al popolo di Dio. Ogni
persona, perci, ha un vero e proprio diritto ad essere istruita nella dottrina cristiana e a ricevere il
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battesimo qualora lo desideri (rispettando in ogni caso la libert religiosa). La stessa dichiarazione
Nostra aetate (sui rapporti con le religioni non cristiane), richiamandosi alla fraternit
universale degli uomini, condanna ogni atteggiamento che, per motivi di religione, comporti
discriminazione tra uomo e uomo in ci che riguarda la dignit umana ed i diritti che ne derivano.
A supporto di tale tesi, lo stesso can. 206 riconosce ai catecumeni (quanti si preparano al battesimo
dopo aver abbracciato la fede cristiana) il godimento di diverse prerogative proprie dei cristiani.
LE PERSONE GIURIDICHE
La questione delle persone giuridiche di particolare rilievo in quanto investe direttamente la
costituzione della Chiesa. Il can. 113, infatti, afferma che la Chiesa Cattolica e la Santa Sede
sono persone morali per disposizione del diritto divino e, come tali, titolari di diritti e doveri
compatibili con la loro natura. La personalit giuridica si acquisisce:
- per disposizione legislativa (es. Conferenze Episcopali, Province Ecclesiastiche, Diocesi);
- per Decreto speciale dellautorit (es. Regioni Ecclesiastiche e le Associazioni Private) a favore
di istituzioni con finalit utili e coerenti alla missione della Chiesa.
Le persone giuridiche si distinguono in :
Universitates rerum (complesso di cose/beni, sia spirituali sia materiali);
Universitates personarum (composte da persone, di natura collegiale e non).
Nuova la distinzione tra:
Persone pubbliche, che agiscono per il bene comune in nome della Chiesa;
Persone private, che possono agire solo previa approvazione degli statuti da parte dellautorit.
Il Codice stabilisce che per la validit degli atti collegiali necessario un numero legale con
approvazione della maggioranza assoluta dei presenti e la partecipazione della maggior parte
degli aventi diritto. Distingue, quindi, in:
- Elezioni, dopo due scrutini inefficaci si passa al ballottaggio e dopo tre scrutini con esito pari si
considera eletto il pi anziano. Questa procedura mira ad assicurare una decisione rapida;
- Altri tipi di deliberazioni, se dopo due scrutini permane una situazione di parit dei voti, il
presidente pu dirimere la questione con il suo voto.
Le decisioni che incidono su tutti i componenti del collegio devono essere approvate allunanimit.
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