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ELEMELENTI DI DIRITTO

ECCLESIASTICO
CONCETTO E DEFINIZIONE DI DIRITTO ECCLESIASTICO 
L’uomo ha da sempre avvertito la necessità di credere in un’entità
superiore che ne ispirasse la coscienza e le regole di vita, condizionando
modi di essere e di pensare, nonché atteggiamenti e comportamenti da
tenere nei confronti dei suoi simili e della Divinità.
Il fattore religiosi interferisce con l’ordinamento giuridico in quanto mette
a confronto la comunità sociale cioè i cittadini di uno Stato con quella
religiosa cioè i fedeli di una determinata religione.
Da questo doppio legame può sorgere un contrasto nella coscienza di
ogni individuo che viene messo di fronte ad una scelta: ubbidire allo stato
da buon cittadino o al proprio credo da buon fedele?
Lo stato allora si trova a dover risolvere i rapporti tra potere civile e
fattore religioso. 
Il diritto ecclesiastico è il complesso delle norme di quella parte
dell’ordinamento giuridico dello Stato che riguarda il fattore religioso, che
attengono al fenomeno religioso e ai rapporti fra lo stato e le diverse
confessioni.
Non va confuso con il diritto Canonico, che è costituito dall’insieme delle
norme giuridiche formulate dalla Chiesa Cattolica, che regolano l’attività
dei fedeli e delle strutture ecclesiastiche. 
Nel corso dei secoli la legislazione dei singoli stati nei confronti delle
diverse confessioni religiose ha assunto uno dei seguenti atteggiamenti: 
 Favoritivo: lo stato sceglie una religione come propria e ispira
prevalentemente il suo ordinamento ai principi da essa espressi; 
 Avversativo: che dà vita ad un sistema laico anti-ecclesiale; 
 Indifferente: in cui l’ordinamento ignora il fenomeno religioso
mettendo sullo stesso piano la libertà 
di coscienza e di culto per cui considera le diverse associazioni
religiose presenti sul suo territorio allo stesso modo delle altre
forme associative. 
La nostra repubblica è uno Stato laico in quanto l’art. 3 Cost.
stabilisce che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge senza
distinzione di religione e l’art. 8 Cost. afferma che tutte le
confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Lo Stato Italiano però non assume un atteggiamento del tutto
indifferente nei confronti del fenomeno religioso in quanto ha
stipulato un concordato che regola i rapporti con la chiesa cattolica
mentre con le altre religioni ha dato vita ad una serie di intese.
L’ordinamento Italiano si trova in una situazione anomala in quanto
i rapporti con la religione cattolica sono disciplinati da fonti
internazionali (I Patti Lateranensi) al contrario degli altri culti i cui
rapporti sono invece regolati mediante legge ordinaria sulla base di
intese. 
LE FASI DEL DIRITTO ECCLESIASTICO ITALIANO 
Dall’unità di Italia 1861 il diritto ecclesiastico ha attraversato 3 fasi: 
1. Primo periodo Liberale (1861.1929). 
La legislazione del periodo Liberale si caratterizza per il riconoscimento
della religione cattolica come religione di Stato e per la tolleranza verso
gli altri culti conformi alla legge. 
Per combattere la “mano morta” furono emanate una serie di leggi
eversive per ridimensionare il patrimonio ecclesiastico; questo causò forti
contrasti con lo Stato Pontificio tanto che l’Italia in seguito emanò la legge
delle Guarentigie. 
Per “mano morta” si intende la proprietà delle terre ereditate dalla
Chiesa per testamento che venivano affittate. 
La legge delle Guarentigie del 1871 riconobbe al papa immunità, rendite e
privilegi ma disciplinò in maniera unilaterale i rapporti tra Stato e Chiesa. 
Il papa non accetto mai questa legge e ruppe le relazioni diplomatiche con
l’Italia. 
1. Secondo periodo incentrato sui Patti Lateranensi (1929-1948). 
Dopo lunghe trattative l’11 febbraio 1929 Stato e Chiesa stipularono
i patti lateranensi, si tratta di una legge nata in seguito ad una
contrattazione paritaria della disciplina dei rapporti tra questi due
soggetti di diritto internazionale. 
2. Terzo periodo caratterizzato dall’avvento della Costituzione
Repubblicana (1948...)
L’avvento della Costituzione del 1948 ha consolidato alcuni principi
fondamentali in materia 
religiosa: ad esempio la libertà di religione, il principio di non
discriminazione... 
Con il passare del tempo emerse la necessità di rivedere le norme
concordatarie (patti Lateranensi) 
per armonizzarle ai principi costituzionale. Questo processo di revisione
culminò con l’accordo di Villa Madama del 18 febbraio 1984 (Concordato
del 1984). 
Importante è l’art. 19 Cost. “Tutti hanno diritto di professare liberamente
la propria fede religiosa [...] purché non si tratti di riti contrari al buon
costume.” 
La Repubblica riconosce a tutte le religioni piena libertà nell’esercizio del
proprio culto senza imporre la sua ingerenza in condizioni di reciprocità,
cioè un provvedimento di un’autorità religiosa non può mai essere lesivo
degli interessi dello Stato.
Tale libertà si estende ad esempio anche alla nomina dei ministri di culto.
Nell’esercizio del loro ministero, agli stessi, viene riconosciuto il diritto di
mantenere il segreto d’ufficio (ad esempio nella confessione) non in base
al concordato ma in relazione alle tutele contenute nel codice di
procedura penale (CPP). 
LA NASCITA DEL DIRITTO ECCLESIASTICO 
Dal regno di Sardegna al concordato del 1929 
I principi che ispirarono la politica ecclesiastica di Carlo Alberto tesero da
un lato a ridimenzionare il potere della Chiesa e dell’altro a riconoscerle il
ruolo di religione di Stato. 
L’art. 1 dello Statuto del regno di Sardegna afferma: “La religione Cattolica
è la sola religione dello Stato; gli altri culti esistenti sono tollerati
conformemente alle leggi”. 
Furono emanate le leggi eversive del patrimonio ecclesiastico con cui lo
Stato sottraeva progressivamente espropriando alla Chiesa l’enorme
patrimonio che nel corso dei secoli aveva accumulato grazie ai lasciti dei
fedeli mirati ad ottenere l’indulgenza. 
Nel 1861 viene proclamato il Regno d’Italia anche se ancora erano esclusi
dal territorio nazionale importanti città come Roma e Venezia. Il
problema dell’indipendenza del papa e della Santa Sede prese il nome
di questione Romana, questione che poi fu risolta militarmente
nel 1870 con l’occupazione di Roma da parte dell’esercito Italiano prima
della resa dell’esercito Pontificio attraverso la Breccia di Porta Pia. 
Nel 1871 fu emanata la legge delle guarentigie che garantiva rendite,
immunità e privilegi al sommo pontefice. Tale atto UNILATERALE del
governo Italiano scontentò comunque la Santa Sede che non accettò tale
legge poiché non presentava garanzie di stabilità in quanto, essendo una
legge interna del regno, avrebbe potuto essere successivamente abrogata
da un’altra legge ordinaria dello Stato. Dunque dal 1870 si aprì un’altra
epoca di rapporti difficili tra Stato e Chiesa destinata a durare fino
al 1929.
I patti lateranensi 
Sotto la spinta di un clima più sereno tra Mussolini e le gerarchie
ecclesiastiche si arrivò l'11 febbraio 1929 alla stipula dei Patti lateranensi
chiamati così perché furono firmati da Mussolino capo del governo e dal
cardinale Gasparri nel palazzo del laterano.
I P.L. costituiscono per il diritto ecclesiastico italiano una svolta
significativa. Costavano di tre distinti documenti: 
1. il trattato che risolveva definitivamente la questione romana. Con il
riconoscimento della personalità internazionale allo Stato della Città
del Vaticano su cui si esplica la sovranità del pontefice.
In tal modo fu assicurata agli organi centrali della chiesa l'indipendenza
necessaria per l'esercizio delle loro attività. 
1. Il concordato che regolava nel dettaglio i futuri rapporti fra Stato e
Chiesa. 
2. La convenzione finanziaria con la quale furono risorte le questioni
economiche pendenti e che vedevano il regno obbligato a risarcire
la Chiesa, sorte dopo le spoliazioni dovute alle leggi eversive. 

Dal concordato del 1984 ai nostri giorni 


Dopo il crollo del regime fascista e la nascita della repubblica(1946), in
seguito alla svolta del concilio vaticano 2, si avvertiva l'esigenza di una
revisione dei patti lateranensi, tenendo in considerazione i principi
costituzionali.
La costituzione entra in vigore nel 1948 e all'art. 7 afferma:"Lo stato e la
chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendente e sovrani. I loro
rapporti sono regolati dai patti lateranensi e le modifiche non richiedono
procedimento di revisione costituzionale. La costituzione cancella il
principio secondo cui la religione cattolica era religione di stato.
In particolare la costituzione accoglie i principi fondamentali della libertà
religiosa(artt.19 e 20); uguaglianza religiosa(art.8.1), non discriminazione
per motivi religiosi(art.3), libertà di pensiero (art.21), riunione (17), e
associazione (18) che cancellano ogni forma di sudditanza tra stato e
chiesa cattolica.
Il profondo rinnovamento operato dal concilio vaticano 2(1962-1965)
risolse anche la questione dei rapporti tra stato e chiesa. La
regolamentazione di tali rapporti deve ispirarsi alle esigenze di una
separazione tra chiesa e comunità politica e al tempi stesso istaurare una
sana collaborazione tra le due istituzioni garantendo sempre i diritti
fondamentali dell'uomo sia come cittadino sia come fedele.  
L'entrata in vigore della costituzione repubblicana pose il problema de
rapporto e quindi la risoluzione dei contrasti tra le norme in essa
contenute e quelle pattizie è più in generale con la legislazione in materia
di culto. 
Si affermò così l'orientamento favorevole ad una revisione dei patti allo
scopo di armonizzarli con i principi costituzionali. Si ebbe quindi il nuovo
concordato del 18 febbraio 1984. Il concordato vigente presenta rispetto
al precedente una forma più agile e come tale risulta maggiormente
adattabile alle attuali esigenze complete di culto e dei rinnovati rapporti
tra Stato e Chiesa cattolica. 
Rispetto ai 45 articoli del concordato del 1929, questo ne contiene solo 14
che esprimono chiari e solenni principi mentre vengono previsti numerosi
stralci. 
Presenta alcuni aspetti che possono considerarsi rivoluzionari:
1. Neutralità dello Stato. L'abrogazione del principio della religione di
Stato viene a confermare la neutralità dello stato stesso in materia
religiosa. Tale neutralità comporta un'autonomia della Chiesa
Cattolica nella sua organizzazione. L'articolo 3 infatti sancisce la
piena libertà della chiesa nelle nomine in tutti gli uffici ecclesiastici
con il solo impegno di comunicare alle autorità civili le nomine
avvenute negli uffici rilevanti sul piano dell'ordinamento giuridico
italiano (ad. esempio diocesi e parrocchie). In quest'ottica neutrale
lo Stato assicura ai cittadini di religione cattolica l'assistenza
spirituale e la possibilità di adempiere le pratiche di culto in
determinate strutture pubbliche: forze armate, polizia, ospedali,
istituti di assistenza e di cura, istituti di pena e di prevenzione.
2. DISCIPLINA DEGLI ENTI ECCLESIASTICI E IMPEGNI FINANZIARI DELLO
STATO.
Nel vigente concordato vengono a cadere una parte di esenzioni e di
privilegi accumulati dagli enti ecclesiastici dal 1929 ad oggi in
ossequio al principio di uguaglianza tra laici e chierici. Viene
riconosciuta la personalità giuridica agli enti ecclesiastici con fini di
religione e di culto. Agli effetti delle leggi tributarie per beneficiare
di sgravi fiscali il fine di religione e di culto viene equiparato ai fini di
beneficenza e di istruzione mentre le attività diverse da quelle di
culto e di religione sarebbero dovute soggette alle leggi dello Stato e
al regime tributario previsto dal diritto comune. La Repubblica negli
anni successivi ha continuato a supportare la Chiesa
cattolica(8x1000...)

3. MATRIMONIO.
Il concordato del 1929 riconosceva il matrimonio canonico come
sacramento è quindi ne sanciva il carattere indissolubile. Il vigente
accordo intervenuto dopo l'emanazione nel 1970 della legge sul
divorzio si limita a riconoscere effetti civili al matrimonio contratto
secondo le norme del diritto canonico; viene istaurato un regime di
superamento della riserva di esclusiva giurisdizione ecclesiastica. Le
sentenze di nullità del matrimonio dei tribunali ecclesiastici non
sono più da considerare indispensabili ai fini della cessazione degli
effetti civili del matrimonio canonico trascritto; le stesse possono
comunque essere dichiarate efficaci nello Stato con le stesse
modalità previste per ogni altra sentenza straniera. 
4. ISTRUZIONE RELIGIOSA. Con l'art.9 del nuovo testo lo Stato
riconoscendo il valore della cultura religiosa e che i principi del
cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano,
continua ad assicurare e a garantire l'insegnamento della religione
cattolica come materia nelle scuole pubbliche non universitarie di
ogni ordine e grado. È garantito tuttavia a tutti nel rispetto della
libertà di coscienza il diritto di non avvalersi dell'insegnamento
predetto. 
5. SOSTENTAMENTO DEL CLERO. È ammessa là detraibilita del reddito
imponibile delle donazioni della Chiesa e la specifica destinazione
dell'8x 1000 delle imposte pagati dai fedeli in veste dei contribuenti.

Fonti del diritto ecclesiastico 


Le fonti del diritto ecclesiastico sono tutti gli atti o i fatti dai quali traggono
origine le norme giuridiche. Caratteristica fondamentale degli
ordinamenti giuridici è la pluralità delle fonti. Che si dividono in nazionali,
sovranazionali e internazionali.
Le norme di diritto ecclesiastico hanno origine differente, essendo alcune
di derivazione statale altre di esecuzione di preventivi accordi con le
autorità religiose (concordati ed intese). La classificazioni delle fonti del
diritto ecclesiastico è: 
1. Fondi costituzionali
2. Fonti di provenienza unilaterale statale e regionale
3. Fonti di provenienza unilaterale confessionale (es. diritto canonico)
4. Fonti di provenienza bilaterale o concordatarie
5. Fonti esterne derivanti da trattati internazionali 

I principi ispiratori in materia religiosa sono contenuti negli articoli della


costituzione italiana. 
Artt. 2-3 tutelano i diritti fondamentali e il principio di uguaglianza in
materia di religione. 
Artt. 7-8 che tracciano il regime dei rapporti tra il regime dei rapporti tra
lo stato e la chiesa cattolica e le altre confessioni acattoliche, che in base
al principio di non discriminazione ricevono tutte eguale tutela
costituzionale. 
Artt. 19-20 che tutelano la libertà religiosa e vietano trattamenti
discriminatori fondati sul fine di culto o sul carattere ecclesiastico. 
Artt. 17-18-21 che riconoscono l'esercizio di tutte le libertà connesse a
quella religiosa quali la libertà di riunione, di associazione e di
manifestazioni del pensiero, di proselitismo. 
Art.33 che sancisce la libertà di insegnamento.
 Le fonti unilaterali statali sono quelle provenienti unicamente dal
legislatore nazionale italiano.
 Le fonti unilaterali confessionali statali sono norme prodotti dai
singoli ordinamenti giuridici confessionali tese a disciplinare alcuni
rapporti.
 Le fonti di provenienza bilaterali o concordatarie sono quelle norme
statali predisposte come attuazione di un impegno assunto con un
altro ordinamento soprattutto quello dello stato della Città del
Vaticano. Tali norme, frutto dell'accordo di due Stati, sono
successivamente recepite ed entrate a far parte dell'ordinamento
interno statale con efficacia obbligatorie per i cittadini. Nei rapporti
tra Italia e Città del Vaticano il diritto canonico costituisce una delle
fonti del diritto ecclesiastico poiché molte norme del diritto
ecclesiastico presuppongono la conoscenza degli istituti di diritto
canonico e molte norme del diritto della chiesa sono vigenti
nell'ordinamento statale se nelle leggi vi è il richiamo "secondo le
norme del diritto canonico". 
 Il fenomeno religioso è oggetto di crescente interesse a livello
internazionale. Gli atti emanati in tale sede trovano applicazione
mediante leggi di esecuzione. Tra le fonti internazionali particolare
rilievo assume la convenzione europea dei diritti dell'uomo
(C.E.D.U.) firmata a Roma nel 1950. La CEDU riconosce ad ogni
persona il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.
Tale diritto include la libertà di cambiare religione o pensiero, così
come la libertà di manifestare il proprio pensiero individualmente o
collettivamente. Il diritto ecclesiastico italiano si è sviluppato nel
corso del tempo non solo attraverso le tipiche fonti di produzione
del diritto, ma anche tramite l'attività della corte costituzionale che
con le proprie decisioni ha inciso in modo rilevante sulla materia
religiosa a tutela soprattutto della libertà di coscienza e di culto, di
uguaglianza e di non discriminazione basata su motivi religiosi.

I principi costituzionali del diritto ecclesiastico 


La costituzione italiana sancisce alcuni principi che influenzano il diritto
ecclesiastico: il principio personalista e quello di uguaglianza. 
In relazione al principio personalista l'art.2 Cost. stabilisce che 
la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo,sia come
singolo sia nell'ambito delle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità.
In relazione al principio di uguaglianza l'art.3 cost. stabilisce che tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza
distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni
personali e sociali (uguaglianza formale). Attribuisce alla repubblica il
compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che,
limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana (uguaglianza sostanziale). 
Pertanto i trattamenti differenziati sono vietati quando incidono sul
godimento dei diritti e delle libertà.

FONTI DIRITTO ECCLESIASTICO


Le fonti del dritto ecclesiastico sono tutti gli atti o i fatti dai quali
traggono origine le norme giuridiche. Caratteristica fondamentale
degli ordinamenti giuridici è la pluralità delle fonti e la qualità delle
fonti che si dividono in: nazionali, sovranazionali e internazionali. Le
norme del D.E. hanno origine differente, essendo alcune di
derivazione statale ed altro di esecuzione di preventivi accordi con
le autorità religiose (concordati ed intese). La classificazione delle
fonti del D.E. è:
1. FONTI COSTITUZIONALI
2. FONTI DI PROVENIENZA UNILATERALE STATALE E REGIONALE
3. FONTI DI PROVENIENZA UNILATERALE CONFESSIONALE (DIRITTO
CANONICO)
4. FONRI DI PROVENIENZA BILATERLE O CONCORDATARIE
5. FONTI ESTERNE DERIVANTI DA TRATTATI INTERNAZIONALI
I principi ispiratori in materia religiosa sono contenuti negli artt. Della
costituzione italiana. Gli artt. 2 e 3 che tutelano i diritti fondamentali e il
principio di uguaglianza in materia di religione, gli artt. 7e8 che tracciano
il regime dei rapporti tra lo stato e la chiesa cattolica e le altre confessioni
a-cattoliche che in base al principio di non discriminazione ricevono ttte
eguale tutela costituzionale. Gli artt. 19-20 che tutelano la libertà religiosa
e vietano trattamenti discriminatori fondati sul fine di culto o sul carattere
ecclesiastico. Gli artt. 17, 18 e 21 che riconoscono l’esercizio di tutte le
libertà connesse a quella religiosa, quali la libertà di riunione, di
associazione e di manifestazione del pensiero di proselitismo. L’artt. 33
sancisce la libertà d’insegnamento.
Le fonti unilaterali statali sono quelle provenienti unicamente dal
legislatore nazionale italiano.
Le fonti unilaterali confessionali sono norme prodotte dai singoli
ordinamenti giuridici confessionali tee a disciplinare alcuni rapporti
(esempio ne è il DIRITTO CANONICO).
Le fonti di provenienza bilaterale o concordatarie sono quelle norme
statali predisposte come attuazione di un impegno assunto con un altro
ordinamento, soprattutto quello dello Stato della Città del Vaticano. Tali
norme, frutto dell’accordo di 2 stati sono successivamente recepite ed
entrate a far parte dell’ordinamento interno statale con efficacia
obbligatoria per i cittadini. Nei rapporti tra Italia e Città del Vaticano, il
D.C. costituisce una delle fonti del D.E. poiché molte norme del D.E.
presuppongono la conoscenza degli istituti di D.C. e molte norme del
diritto della chiesa sono vigenti nell’ordinamento statale se nelle leggi vi è
il richiamo “secondo le norme del D.C.”. Il fenomeno religioso è oggetto di
crescente interesse al livello internazionale. Gli atti emanati in tale sede
trovano applicazione mediante leggi di esecuzione.
Tra le fonti internazionali di maggior rilievo assume la convenzione
europea dei diritti dell’uomo(CEDU) firmata a Roma nel 1950. La CEDU
riconosce ad ogni persona il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e
di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione e di
pensiero, così come la libertà di manifestare il proprio pensiero
individualmente o collettivamente. Il D.E. italiano si è sviluppato nel corso
del tempo non solo attraverso le tipiche fonti di produzione del diritto,
ma anche tramite l’attività della corte costituzionale che con le proprie
decisioni ha inciso in modo rilevante sulla materia religiosa a tutela
soprattutto della libertà di coscienza e di culto di uguaglianza e di non
discriminazione basata su motivi religiosi.

I
PRINCIP
I il D.E.: il
La costituzione italiana sancisce alcuni principi che influenzano
principio personalista e quelle di eguaglianza. In relazione al principio
COSTITU
personalista l’art. 2 della cost. stabilisce che la repubblica riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nell’ambito
ZIONALI
delle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. In relazione al

DEL
DIRITTO
principio di eguaglianza l’art. 3 cost. stabilisce che tutti i cittadini hanno
pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di
sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e
sociali (uguaglianza formale). Attribuisce alla repubblica il compito di
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto
la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della
persona umana (uguaglianza sostanziale). Per tanto i trattamenti
differenziati sono vietati quando incidono sul godimento dei diritti e delle
libertà. A differenza dello statuto albertino che all’art.1 qualificava la
religione cattolica come la sola religione dello stato nella costituzione
viene riconosciuto il principio di laicità. Oggi vi è la convinzione che la
fede deve essere libera in quanto è presene in ciascuno di noi. Dio ci ha
creati liberi e diversi e per tanto dobbiamo rispettare l’altro, la sua
coscienza e la sua fede. Le norme della cost. impongono allo stato non un
atteggiamento di indifferenza dinnanzi alle religioni, bensì la garanzia
della libertà religiosa. I rapporti tra Chiesta e Stato sono regolati dai patti
Lateranensi e quindi da norme pattizie. Esiste però la possibilità che
sorgano dei conflitti tra norme pattizie e norme dell’ordinamento
giuridico Italiano. Il contrasto può sorgere:
1. Tra norme pattizie (prima nel 1929 con i patte e poi riviste nel 1984
con il concordato) e leggi ordinarie dello stato, in questo caso
prevalgono le norme pattizie.
2. Tra norme pattizie e costituzione, in questo caso la corte cost. ha
affermato la prevalenza delle norme pattizie a meno che non si
tratti dei principi supremi dell’ordinamento dello Stato.
L’art. 8.1 sancisce il principio del pluralismo confessionale (tutte le
religioni sono libere davanti la legge). La libertà di coscienza
abbraccia tutti gli atteggiamenti dell’individuo riguardanti la sua
coscienza in primis vi è la libertà religiosa. La libertà religiosa può
definirsi la libertà garantita dallo stato a ogni cittadino di scegliere
la propria credenza religiosa, il diritto di libertà religiosa include 3
aspetti:
1. Libertà di fede, cioè la libertà di professare qualunque fede, di
mutare convincimento, di non professare alcuna fede.
2. Libertà di propaganda, ossia la libertà riconosciuta a tutti di fare
proseliti (fare seguaci)
3. Libertà di culto, cioè la libertà di celebrare i riti della propria
confessione.
L’art.17 impone il preavviso per le riunioni in luogo pubblico alle
autorità competenti.

ORDINAMENTO DELLO
STATO CITTA’ DEL
VATICANO
La chiesa può definirsi “la società dei battezzati”, che professano la stessa
fede partecipano agli stessi sacramenti e tendono alla realizzazione degli
stessi fini spirituali; essa è composta dal popolo di Cristo.
La Santa Sede si riferisce non solo al Romano Pontefice, ma anche alla
Segreteria Di Stato, al Consiglio degli Affari Pubblici della Chiesa e agli altri
organismi della curia romana; e l’organo di governo della chiesa
universale che fa capo ad un sovrano assoluto, il Papa.
La curia romana è l’istituzione mediante cui il papa è solito trattare le
questioni della chiesa universale e che in suo nome e con la sua autorità
adempie alla propria alla funzione per il bene e al servizio delle chiese
particolari. Lo stato della S.C.V. ha la natura di stato, in esso si riscontrano
i tre elementi caratteristici dello stato: territorio, popolo e sovranità.
I. Il territorio è quello spazio geografico sottratto del tutto alla
sovranità italiana soggetto a quello della S.S. Questo territorio
è inviolabile e presenta una superfice di 0,49 KM, ed è
costituito dai Palazzi Vaticani con gli uffici annessi, gli edifici, i
giardini, la Basilica di San Pietro e la relativa piazza. La
sovranità si estende anche al sottosuolo e allo spazio aereo
sovrastane.
II. Il popolo è costituito dai Cardinali residenti in Roma, da coloro
che hanno nel vaticano stabile residenza per motivi ufficio o di
impiego, da coloro che sono autorizzati dal papa a risiedere nel
Vaticano, dal coniuge, i figli, gli ascendenti, i fratelli e le sorelle
di cittadini vaticani, conviventi ed autorizzati a risiedere nel
territorio dello stato. La cittadinanza non si basa sugli usuali
criteri dello IUS SANGUINIS (nascita da genitori cittadini), IUS
SOLI (nascita territorio dello stato), IUS CONIUGI (matrimonio
con un cittadino), ma sul rapporto di lavoro o sulla
permanenza autorizzata al risiedere nel territorio dello stato
ed il suo acquisto non è mai automatico bensì è basato sulla
concorde volontà della Santa Sede e dell’interessato. La
cittadinanza vaticana è cumulabile con quella dello Stato di
originaria appartenenza.
III. La sovranità è costituita dal potere d’imperio, quindi di comando
o di governo. Tale potere appartiene costituzionalmente al
Papa che ha la titolarità dei tre poteri legislativo, esecutivo e
giudiziario. Nel sommo pontefice si trovano unite due potestà
supreme: uno capo visibile della chiesa cattolica due sovrano
dello S.C.V.
Lo stato Città del Vaticano è una monarchia elettiva, in quanto il capo
dello stato (il Papa) è eletto dal collegio dei cardinali; uno stato assoluto,
in quanto tutti i poteri dello stato sono concentrati nel papa; un’enclave
perché il suo territorio è completamente circondato da quello Italiano.
Giovanni Paolo II ha emanato una legge fondamentale per lo S.C.V. il 22
febbraio 2001. I punti salienti sono i seguenti:
 Il papa ha la pienezza dei poteri, legislativo esecutivo e giudiziario.
Durante il periodo di sede vacante gli stessi poteri appartengono al
collegio dei cardinali, il quale potrà emanare leggi solo in caso di
urgenza e con efficacia limitata alla durata della vacanza (fino a
quando non viene il nuovo papa, che può comunque confermarla)
 La rappresentanza dello Stato spetta al papa che la esercita per
mezzo della Segreteria di Stato.
 Il potere legislativo è esercitato da una commissione composta da
un cardinale presidente da altri cardinali nominati dal papa per 5
anni.
 Il potere esecutivo esercitato dal presidente della commissione,
aiutato dal segretario generale e dal vice-segretario
 Il potere giudiziario è esercitato dai seguenti organi: giudice unico,
tribunale di prima istanza, corte d’appello, corte di cazzazione.
La facoltà di concedere amnistie, indulti, condoni e grazie spetta al Papa.
L’amnistia è una causa di estinzione del reato e consiste nella rinuncia da
parete delle stato a perseguire determinati reati. Mentre l’amnistia
estingue il reato e quindi è come se non fosse mai stato commesso,
l’indulto estingue solo la pena. Il condono è un provvedimento attraverso
il quale i cittadini che vi aderiscono possono ottenere l’annullamento
totale o parziale di una pena o di una sanzione. La grazie è il condono
totale o parziale o la commutazione di una pena.
Lo stato italiano ha alcuni obblighi nei confronti della S.C.V.:
1. Adeguata dotazione di acque, collegamento del vaticano alle
ferrovie Italiane e alle rete italiana d servizi telefonici e postali
2. Libertà di transito e di passaggio in territorio italiano di
rappresentati diplomatici della S.S. di cardinali e di vescovi.
Sono previsti anche degli obblighi da parte della S.S.:
1. Piazza San Pietro resta aperta al pubblico, è soggetta anche ai
poteri della polizia dello stato italiano, fino ai piedi della basilica
2. I tesori d’arte e di scienza rimangono visibili ai visitatori.
In materia penale a richiesta della S.S. lo stato italiano provvede alla
punizione dei delitti avvenuti nella S.C.V. (attentato a Giovanni Paolo II).
La S.S. si impegna a consegnare allo Sato Italiano coloro che si rifugiano
nello S.C.V. impugnati di atti commessi in Italia e ritenuti delittuosi dalle
leggi di entrambi gli stati.

La
posizion
e della
La Chiesa Cattolica, pur trovandosi nel territorio dello stato italiano
disciplina i rapporti religiosi di individui che sono sia fedeli che cittadini.
Difronte allo Stato Italiano la chiesa gode di una vera e propria
autonomia. Lo Stato Italiano riconosce la chiesa come un ente pubblico.
La chiesa rivendica a sé il diritto esclusivo di formare i chierici, cioè coloro
che sono destinati ai ministeri sacri. Gli istituti universitari, i seminari, le
accademie, i collegi e gli altri istituti per ecclesiastici e religiosi o per la
formazione nelle discipline ecclesiastiche, istituiti secondo il Diritto
Canonico, continueranno a dipendere continuamente dall’autorità
ecclesiastica. Sono riconosciuti dallo stato italiano i titoli accademici in
Teologia e nelle discipline ecclesiastiche conferiti dalle facoltà approvate
dalla Santa Sede.

Le persone fisiche nel Diritto Ecclesiastico


Il Can. 204 Codice di Diritto Canonico, definisce fedeli coloro che essendo
stati incorporati a Cristo mediante il battesimo sono costituiti popolo di
Dio e perciò sono chiamati ad attuare la missione che Dio ha affidato alla
chiesa da compiere nel mondo. La qualità di fedele non determina
nessuna differenza nessuna differenza di trattamento. La qualifica di
ecclesiastico comporta l’attribuzione di una seria di diritti e limitazioni.
Bisogna distinguere tra: Chierico che è il fedele che ha ricevuto il
sacramento dell’ordine; ecclesiastico che è anche il religioso, cioè il fedele
che pur non essendo ordinato svolge vita comune nell’ambito di un
istituto religioso con professione di voti pubblici di povertà, castità ed
obbedienza. Non tutti gli ecclesiastici sono ministri di culto, non lo sono
ad esempio i seminaristi. Lo status degli ecclesiastici prevede:
 Esenzione servizio di leva, quando era obbligatorio. Gli studenti in
teologia e quelli di propedeutica alla teologia e i novizi degli istituti
religiosi possono usufruire degli statti rinvii previsti per gli studenti
universitari. In caso di mobilitazione generale gli ecclesiastici sono
chiamati a svolgere il ministero di cappellano delle truppe.
 Segreto professionale: gli ecclesiastici non sono tenuti a dare ai
magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di
cui sono venuti a conoscenza per ragioni del loro ministero.
 Ineleggibilità e incompatibilità: il ministro di culto non può ricoprire
la carica di giudice popolare, di pace notaio ed avvocato.
 La capacità di ricevere per testamento: quanto il testatore (colui che
deve fare il testamento) non può ricorre alle forme ordinarie,
perché si trova in un luogo dove domina una malattia contagiosa o
per cause di pubblica calamità, il testamento è valido se è ricevuto
da un ministro di culto in presenza di due testimoni di età non
inferiore a 16 anni.

GLI ENTI ECCLESIASTICI


Lo Stato si impegna a riconoscere, su domanda dell’autorità ecclesiastica
a personalità giuridica degli enti ecclesiastici aventi sede in Italia, i quali
abbiano finalità di religione o di culto bisogna distinguere tra ente
ecclesiastico ed ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, cioè avente la
personalità giuridica nell’ordinamento dello stato. Si considera
ecclesiastico un ente sorto in seguito ad un provvedimento canonico. Gli
enti costituiti dall’autorità ecclesiastica, aventi sede in Italia i quali
abbiano fine di religione e di culto possono essere riconosciuti come
persone giuridiche agli effetti civili con decreto del presidente della
Repubblica. Attualmente la competenza per il riconoscimento spetta al
ministro dell’interno. I presupposti per ottenere il riconoscimento sono:
 Un preventivo provvedimento Canonico di erezione o
approvazione
 La sede in Italia
 Il fine di religione o di culto, questo fine può essere presunto
ad esempio per la C.E.I., le diocesi, le parrocchie oppure
accertato di volta in volta dallo stato ad esempio per le
fondazioni.
Si considerano attività di religione e di culto, dirette all’esercizio
delle anime e del culto, alla formazione del clero e dei religiosi e alla
catechesi. Il riconoscimento della personalità giuridica civile, avviene
attraverso un procedimento:
1. Occorre presentare domanda di riconoscimento diretta alla
ministro dell’interno da parte di chi rappresenta l’ente
2. La domanda v a presentata alla prefettura, della provincia di
cui ha sede, la prefettura fa i dovuti accertamenti
3. Ottenuto il decreto di riconoscimento l’ente ecclesiastico deve
iscriversi nel registro delle persone giuridiche.
Alcuni enti ecclesiastici riconosciuti sono le O.N.L.U.S. Questi enti
riconosciuti godono di agevolazioni fiscali:
 I.R.E.S. Imposta sul reddito delle società è ridotta alla metà
 I.V.A. Non è dovuta
 I.M.U. Non deve essere versata per i fabbricati destinati
esclusivamente all’esercizio del culto e anche per quelli destinati
esclusivamente ad attività esistenziali, sanitarie ricreative e
sportive.
SINGOLI ENTI ECCLESIASTICI
Il riconoscimento delle chiese è ammesso solo se ha due
presupposti:
1. Il carattere pubblico cioè quando la chiesa serve per lo
svolgimento del servizio religioso a servizio dei fedeli.
2. Apertura al culto, cioè l’attualità della sua officiatura
L’ordinario diocesano deve presentare la richiesta.

Le fabbricerie
Queste sono enti costituiti da una massa patrimoniale adibita alla
manutenzione e conservazione di un edificio di culto di particolare
rilievo.
I Santuari
Sono chiese o altri luoghi santi dove i fedeli si recano numerosi in
pellegrinaggio.
Le confraternite
Sono associazioni di Laici senza professione di voti che si
propongono scopi di carità e di culto
ENTRATE ENTI ECCLESIASTICI
Le entrate ecclesiastiche sono le fonti da cui gli enti ecclesiastici
traggono i mezzi economici necessari alla loro attività. Si distinguono
tra entrate di: diritto pubblico, che spettano agli enti ecclesiastici in
quanto tali in connessione alla propria funzione; di diritto privato
che gli enti ecclesiastici percepiscono come ogni altro soggetto. La
chiesa può imporre a riscuotere tributi: può richiedere ai fedeli
quanto le è necessario per le sue finalità. Il vescovo può imporre alle
persone giuridiche, soggette al suo governo, un contributo non
eccessivo e proporzionato ai redditi di ciascuna per le necessità
delle diocesi. Le tasse ecclesiastiche sono quelle prestazioni
pecuniarie che costituiscono il pagamento del costo di un servizio
che gli uffici ecclesiastici compiono in favore di una persone (le
spese di un giudizio davanti ad un tribunale ecclesiastico).
Assumono una particolare rilevanza gli interventi finanziari dello
stato in favore del culto e del clero cattolico. Il sostegno finanziario
alla chiesa si concretizza:
1. Contributo annuo corrisposto sul bilancio del ministero del
lavoro e delle politiche sociali
2. Ogni anno una quota dell’8 per mille dell’I.R.P.E.F.
3. Il 5 per mille, questa forma di finanziamento è stata introdotta
per la prima volta nel 2005; può essere destinato alle onlus,
enti di ricerca scientifica e di università, enti di ricerca
sanitaria, attività sociali svolte dal comune di residenza del
contribuente.
Le oblazioni sono le offerte che versano volontariamente ai fedeli.
Le persone fisiche possono dedurre dal proprio reddito fino ad un
importo massimo di 1000 euro. Le disposizioni per l’anima sono le
disposizioni testamentarie con cui il testatore destina una parte
delle sue sostanze per la celebrazione di messe in suo suffragio o in
genere agli appartenenti alla sua famiglia. I fedeli hanno diritto di
devolvere i beni a favore della chiesa. Possono trasferire con
donazione o testamento ad un ente ecclesiastico già esistente beni
mobili ed immobili oppure possono disporre con donazione o
testamento che beni immobili ed mobili costituiscano un ente
nuovo o una nuova fondazione di culto.

IL MATRIMONIO CANONICO CON


EFFETTI CIVILI
Fino al concordato del 1929 il matrimonio civile e quello canonico erano
contrapposti. In Italia vigeva il regime del matrimonio civile obbligatorio,
in base al quale l’unica forma di matrimonio valida era quella del
matrimonio civile. Di conseguenza per avere un matrimonio legittimo per
lo stato e per la chiesa era necessaria una doppia celebrazione davanti
all’ufficiale dello stato civile e davanti al ministro di culto cattolico. Con i
patti lateranensi si giunge ad una nuova regolamentazione giuridica del
matrimonio con l’unificazione dei due riti civile e religioso. Per tanto il
matrimonio canonico diventa rilevante anche agli effetti civili purché
trascritto nei registri dello stato civile. L’articolo 34 del concordato del
1929 fissa alcuni punti basilari sul matrimonio concordatario:
1. I cittadini Italiani sono liberi di scegliere tra matrimonio civile e
matrimonio religioso con effetti civili
2. Lo stato attraverso le pubblicazioni all’ufficio Stato civile e la lettura
degli artt. Dello stato civile relativi a diritti e doveri dei coniugi,
mantiene una sua presenza
3. Resta di competenza dello stato la tenuta dei registri dello stato
civile
4. Sono riservate all’autorità ecclesiastica le cause di nullità del
matrimonio.
Nel 1970 la legge sul divorzio decreto la possibilità per i coniugi di
ottenere la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Con il concordato
del 1984 i rapporti tra stato e chiesa sono stati modificati. L’art.8 della
legge 121 del 1985 sancisce il riconoscimento degli effetti civili del
matrimonio concordatario a condizione che l’atto relativo trascritto nei
registri di stato civile. Il matrimonio celebrato davanti ad un parrino
produce dal giorno della celebrazione gli stessi affetti del matrimonio
civile. Per quanto riguarda i diritti e doveri dei coniugi i rapporti con la
prole, gli aspetti matrimoniali e successori connessi alla famiglia è solo e
sempre regolato dalle leggi civili.

PROCEDURA PER IL RICONOSCIMENTO


DEGLI EFFETTTI CIVILI DEL MATRIMONIO
CANONICO
Le fasi di questa procedura sono 5:
1. Pubblicazioni civili
2. Eventuali opposizioni
3. Celebrazione del matrimonio
4. Adempimenti successivi alla celebrazione
5. Trascrizioni

 La celebrazione del matrimonio deve essere preceduta dalle


pubblicazioni, la pubblicazione serve per rendere nota la volontà dei
nubendi di celebrare un matrimonio destinato a produrre effetti
civili. La richiesta delle pubblicazioni va fatta dai futuri sposi e dal
sacerdote davanti al quale sarà celebrato il matrimonio. Vanno fatte
all’albo pretorio o online dai comuni di residenza per almeno otto
giorni. Oltre a queste vi sono anche le pubblicazioni canoniche fatte
nelle due chiese di residenze degli sposi. Le pubblicazioni civili
perdono efficacia qual ora la celebrazione del matrimonio non
avvenga entro 180 giorni.
 Lo scopo delle pubblicazioni è quello di rendere noto, che sarà
celebrato un matrimonio affinché chi è a conoscenza di un
impedimento possa fare opposizione. In questo caso l’ufficiale di
stato civile non può rilasciare il certificato di nullaosta e deve dare
comunicazione al parroco.
 Le formalità che precedono il matrimonio non possono considerarsi
parte integrante del matrimonio. Il loro adempimento tuttavia è
necessario perché le parti siano sicure di ottenere la futura
trascrizione del matrimonio, cui è legata la produzione degli effetti
civili nell’ordinamento giuridico statale.
 Il ministro di culto, davanti al quale è stato celebrato il matrimonio,
deve spiegare agli sposi gli effetti civili del matrimonio dando lettura
degli artt. 143,144,147 C.C. riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi.
Dopo la lettura si procede alla stesura dell’atto di matrimonio in
doppio originale, uno per la parrocchia e l’altro per lo stato civile;
quest’ultimo deve essere mandato entro cinque giorni dalla
celebrazione per la trascrizione per l’atto di matrimonio.
 L’atto del matrimonio viene trascritto nei registri dello stato civile.
Lo straniero che vuol contrarre il matrimonio in Italia può farlo sia in
forma civile che religiosa in quanto è la legge del luogo di celebrazione
EFFICACIA
quella che regola la forma dell’atto.

DELLE
DECISONE
Per il diritto canonico, data la natura sacramentale del matrimonio vige il
principio in base al quale solo il giudice ecclesiastico può dichiarane la
nullità e solo il pontefice lo scioglimento del matrimonio rato e non
consumato. L’art.8 del concordato del 1984 stabilisce che le sentenze di
nullità del matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici sono
dichiarate efficaci con sentenza della corte d’appello competente. Il
procedimento davanti all’autorità ecclesiastica può avere ripercussioni
nell’ordinamento civile quando contestualmente viene richiesta la
pronuncia di separazioni dei coniugi. L’efficacia della sentenza
ecclesiastica che ha dichiarato nullo il matrimonio retroagisce alla data di
celebrazione del matrimonio.
Il matrimonio rato e consumato è indissolubile tranne per morte di uno
dei coniugi. Il matrimonio rato e non consumato può essere sciolto dal
pontefice per una giusta causa. Sono considerate giuste cause ad esempio
la malattia che comporta l’intolleranza di coesistenza tra i coniugi,
l’avversione di essi senza speranza di conciliarsi, la lontananza di uno degli
sposi con il quale si è contratto il matrimonio per procura.
Obiezione di coscienza all’aborto e all’intervento di procreazione
medicalmente assistita
L’obiezione di coscienza nei confronti nelle procedure e nelle attività
dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, è riconosciuta dalla
legge 40 del 1978. L’obiezione di coscienza riguarda sia il personale
sanitario sia quello esercente le attività sanitarie usiliarie (infermieri,
levatrici…). Essa deve essere comunicata al direttore sanitario
dell’ospedale. Esonera il personale dalle attività dirette all’interruzione di
gravidanza. L’obiezione di coscienza non può essere invocata, in caso di
interruzione di gravidanza, quando è indispensabile per salvare la vita
della paziente che si trova in imminente pericolo di vita.
Rifiuto trattamenti sanitari
L’art 32.2 della costituzione stabilisce che “nessuno può essere obbligato
ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto per la
persona umana”. Il principio è quello della volontarietà dei trattamenti
sanitari. Il paziente ha il diritto di rifiutare le cure interrompendo il
trattamento sanitario non voluto, ma dall’altra parte il medico ha
l’obbligo di curare il malato anche quello che rifiuta le cure mediche, nella
consapevolezza della certa conseguente morte. Il rifiuto da parte dei
Testimoni di Geova per motivi religiosi è legato ad una particolare
interpretazione di alcuni passi della bibbia: Levitico 17,10 “Se qualcuno
della casa di istraele o degli stranieri che risiedono tra di voi mangia di
qualsiasi genere di sangue io volgerò la faccia contro quel tale che mangia
del sangue e lo sterminerò in mezzo al suo popolo”. La corte di cassazione
ha ritenuto legittimo il comportamento dei sanitari che praticano una
trasfusione al paziente in pericolo di vita, il grave stato di necessità
impone ai sanitari il ricorso a qualunque intervento necessario per salvare
la vita del paziente.

Testamento biologico
A livello internazionale l’alimentazione e l’idratazione forzata, anche per
persone in stato vegetativo persistente, sono considerate un trattamento
medico liberamente rifiutabile dal paziente o dal suo rappresentate
legale. A livello nazionale non esistendo una disciplina specifica, alcuni
enti territoriale (il Friuli) si sono dotati di un registro per il DAT; si tratta di
un registro nazionale, per le libere dichiarazioni anticipate di trattamento
sanitario. In Italia non vi è una regolamentazione legislativa perché si sta
ancora discutendo se la nutrizione artificiale debba considerarsi terapia o
sostentamento vitale. Il dibattito verte sul cosi detto testamento biologico
ossia una dichiarazione anticipata del trattamento che costituisca
l’espressione di una volontà della persona fornita in condizioni di lucidità
mentale, in merito alle terapie che non intende accettare nell’eventualità
in cui dovesse trovarsi in casi malattie o lesioni irreversibili. La C.C. è
contraria al testamento biologico che si risolva in una autorizzazione
anticipata della morte con un intervento attivo.
La procreazione medicalmente assistita
Prevede l’intervento artificiale nella prima fase della riproduzione umana
cioè l’inseminazione artificiale e la fecondazione extracorporea.
L’inseminazione artificiale è intra-corporea, può essere omologa se
avviene utilizzando i gameti del marito e della moglie oppure eterologa se
avviene utilizzando il seme o l’ovulo di un donatore. La fecondazione
extracorporea o FIVET effettua l’incontro dei gameti in vitro cui segue
l’impianto nell’utero materno. La legge 40 del 2004 consente il ricorso alla
sola procreazione di tipo omologo nei casi di accertata sterilità o infertilità
della coppia e qualora non esistano altri metodi terapeutici efficaci per
rimuovere le cause. La chiesa accetta la fecondazione assistita a tre
condizioni:
1. Deve svolgersi all’interno di una coppia legata dal vincolo del
matrimonio
2. Deve essere effettuata con un comune rapporto sessuale e non
evitando il rapporto coniugale
3. Non deve comportare interventi invasivi o rischi rilevanti a danno
dell’embrione o del feto.
Questi tre punti sono proposti nel documento dunum vitae. Attualmente
queste tre condizioni si verificano solo nell’inseminazione artificiale tra
marito e moglie conseguente ad un rapporto sessuale. Ogni altro
intervento che prevede una terza persona o un danno all’embrione o che
non preveda l’atto sessuale è per la chiesa inaccettabile.
La surrogazione di maternità o utero in affitto
La surrogazione di maternità è una procedura che fa riferimento ad una
madre gestante la cui funzione è portare un embrione concepito la cui
funzione concepito in vitro generalmente con i gameti dei genitori che
vogliono avere un figlio. La surrogazione si ha quando una donna si presta
a portare a termine un’intera gravidanza fino al parto su commissione di
singol o di coppi sterili. In Italia è assolutamente vietata poiché vengono
in rilievo la dignità umana della gestante e l’istituto dell’adozione con il
quale la surrogazione di maternità si pone oggettivamente in conflitto.
Per la C.C. la volontà di dare alla vita un figlio non conferisce il diritto al
figlio. La maternità sostitutiva rappresenta una mancanza oggettiva di
fronte agli obblighi dell’amore materno, della fedeltà coniugale e della
maternità responsabile.

Insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica


Il concordato del 1984 che la repubblica, riconoscendo il valore della
cultura religiosa, e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno
parte del patrimonio storico del popolo italiano deve continuare ad
assicurare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche
non universitarie di ogni ordine e grado. E’ garantito il diritto di scegliere
se avvalersi o meno di tale insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli
studenti della scuola secondaria di 2 grado o i loro genitori esercitano
questo diritto su richiesta dell’autorità scolastica. La scelta ha valore per
l’intero corso di studi, fatto salvo il diritto di modificare la scelta per
l’anno successivo. La scelta all’alternativa all’IRC trova attuazione
nell’opzione di diverse possibili attività:
1. Attività didattiche e formative
2. Attività di studio individuale senza assistenza di personale docente
3. Attività di studio individuale con assistenza di personale docente
4. Non frequenza della scuola nelle ore di IRC
Gli insegnanti irc devono essere riconosciuti idonei dall’autorità
ecclesiastica. I programmi di insegnamento sono stabiliti sulla base di
intese tra MIUR e CEI. L’IRC non può assumere i caratteri del proselitismo
o della catechesi, fini che esulano dai programmi didattici. L’articolo 10
del concordato che i temi accademici in teologia e nelle altre discipline
ecclesiastiche sono riconosciuti dallo stato.

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