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Le Modalità della

persecuzione fascista
Da intolleranza religiosa a repressione politica

Dario Coviello

30/05/2012
LE MODALITÀ DELLA PERSECUZIONE FASCISTA

La libertà di religione in Italia: dallo Statuto del Regno ai culti ammessi

Prima dell’avvento del fascismo l’Italia post –risorgimentale conobbe un periodo in cui il
dibattito sulla libertà di religione impegnò politici e giuristi nel tentativo di stabilire quali
fossero i limiti e le peculiarità della libertà di coscienza. Ciò nonostante l’orientamento,
sia dello Stato sia dell’apparato giuridico, non fu mai favorevole ad alcuna limitazione.
Fin dal 1848 Camillo Benso di Cavour si schierò in favore della libertà dei culti nel Regno,
con un articolo sul giornale «Risorgimento»,1 sebbene l’art. 1 dello Statuto del Regno
d’Italia, promulgato quello stesso anno recitasse: «La religione cattolica, apostolica e
romana è la sola religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati
conformemente alle leggi».2 Difatti la norma, che poneva così un’implicita limitazione al
riconoscimento di nuovi culti, non fu mai applicata. Tanto è vero che nel 1929 i culti non
cattolici erano in numero molto superiore a quelli esistenti nel 1848 inducendo perciò i
giuristi a considerare l’art. 1 abrogato per desuetudine, prima ancora dei patti del 1929.
In seguito fu riconfermato questo indirizzo libertario con l’emanazione della legge sulle
guarentigie (n. 214 del 13 maggio 1871),3 con la quale lo Stato Italiano disciplinava
univocamente i rapporti con la Chiesa Cattolica. Il testo all’art. 2 proclamava: «la
discussione sulle materie religiose è pienamente libera».4 La realtà delle cose andava

1 Cfr. CAMILLO CAVOUR, Una pagina di Cavour, «Lo Stato Moderno», IV, Num. speciale, 17 aprile 1947, p. 9.
2 VITTORIO FALZONE, La Costituzione ed i culti non cattolici, A. Giuffrè Editore, Milano 1953, pp. 9-10.
3 Per un confronto fra Legge delle guarentigie, Trattato e Concordato cfr. LORENA FORNI, La laicità nel pensiero dei giuristi italiani,: tra
tradizione e innovazione, A. Giuffrè Editore, Milano 2010.
4 FALZONE, La Costituzione op cit. p. 9.
1
ancora oltre, considerando che una serie di editti reali dal 1848 aveva tenuto conto di
“emancipare” valdesi ed ebrei dandogli così un riconoscimento che li rendeva del tutto
liberi di esercitare i loro culti. Infine una norma, approvata successivamente allo statuto
(Legge Sineo n. 735 del 19 giugno 1848),5 stabiliva che non vi era alcuna differenza nel
godimento dei diritti civili e politici per i cittadini che non professavano la religione
cattolica. Durante tutto il periodo che intercorre fra la legge sulle guarentigie (1871) e, i
patti lateranensi (11 febbraio 1929), pur rimanendo la religione cattolica quella ufficiale,
gli altri culti godettero perciò di una relativa libertà. In questo periodo problemi si
ponevano principalmente per quelle forme di culto che, più attive nel fare proselitismo
(come i pentecostali), erano mal tollerate dalla Chiesa cattolica. Tuttavia la questione
non fu mai portata a livello di scontro, lasciando così sopito il problema della libertà
religiosa. Paradossalmente la questione riemerse a seguito dell’approvazione della legge
che, almeno nelle intenzioni dichiarate, doveva riaffermarla. La cosiddetta legge sui culti
ammessi n. 1159 del 24 giugno 1929 fu annunciata dal regime fascista insieme ai patti
lateranensi, a conclusione dell’annosa «questione romana» che opponeva lo Stato
Italiano alla Chiesa cattolica, a seguito dell’occupazione di Roma nel 20 settembre 1870.
Scopo del duplice annuncio era tranquillizzare le minoranze religiose, preoccupate per la
riaffermazione dell’art. 1 dello Statuto del 1848, tramite il quale lo Stato riconosceva la
Chiesa Cattolica quale unica religione ufficiale dello Stato.6 Con la legge del 1929 le
confessioni evangeliche non furono più tollerate (come previsto dallo Statuto del 1848)
divenendo ammesse. Il mondo evangelico salutò con entusiasmo questa legge non solo
per il contenuto ma soprattutto perché arrivava dopo lo spavento derivante

5 Ivi p. 10.
6 Ivi p. 13.
2
dall’approvazione dei patti lateranensi, che aveva fatto temere la fine della liberta
religiosa in Italia.7 La normativa sui culti ammessi garantiva alle minoranze religiose la
possibilità di ottenere tra l’altro la validità dei matrimoni religiosi celebrati e il
riconoscimento degli enti e dei ministri di culto.8 Proprio questa possibilità incoraggiò i
pentecostali italiani, nel convegno di Roma del 1929, a richiedere il riconoscimento del
responsabile della comunità romana quale ministro di culto, concesso nel 1931.9 Per
contro le norme attuative del provvedimento e il testo unico di pubblica sicurezza (r.d. n.
773 del 18 giugno 1931), attribuirono alla pubblica amministrazione un potere
largamente discrezionale, indebolendo la posizione degli evangelici e in generale di tutte
le minoranze religiose. In particolare erano interpretate in modo restrittivo proprio le
norme riguardanti l’ordine pubblico, il buon costume, l’approvazione governativa della
nomina a ministri di culto e l’autorizzazione per l’apertura di chiese e oratori. Il governo
si riservava la facoltà di scegliere l’amministrazione di un culto e di poter nominare un
commissario anche non appartenente a quella confessione.10 Sul piano penale il Codice
Rocco del 1930 garantì un regime più favorevole per la religione cattolica (vd. artt. 402-
406 c.p.) introducendo il reato di vilipendio della religione cattolica.11 Infine le nuove
leggi di pubblica sicurezza del ’26 e ’31 limitarono di molto le libertà di riunione e
stampa, aumentando i poteri dei prefetti e della polizia; mentre i regi decreti del 20
luglio e 19 agosto 1932 trasferirono la competenza degli affari di culto dal ministero di
Giustizia a quello dell’Interno, con il passaggio ai prefetti dei poteri prima attribuiti alla

7 GIORGIO ROCHAT, Regime fascista e chiese evangeliche, Claudiana, Torino, 1990. pp. 127.
8 BARBARA RANDAZZO, Diversi ed eguali, le confessioni religiose davanti alla legge, A. Giuffrè Editore, Milano 2008, p. 60.
9 MASSIMO INTROVIGNE, I pentecostali, Elledici, Torino 2004, p. 64.
10 ANDREA RICCARDI 'La vita religiosa', in Vittorio Vidotto (a cura di), Roma capitale , Laterza, Bari 2002, pp. 306-307.
11 ROCHAT, Regime fascista op cit. pp. 127-128.
3
magistratura,12 creando così le premesse per quell’azione di polizia che sfocerà in aperta
repressione a partire dal 1935.

La Persecuzione

Per una dittatura qual era il regime fascista, la religione cattolica divenne “instrumentum
regni” seguendo, con le dovute distinzioni, il medesimo percorso che secoli prima aveva
portato il cristianesimo e il vescovo di Roma a divenire rispettivamente veicolo di
diffusione delle idee imperiali e interlocutore privilegiato tramite cui far rispettare i
propri dictat. Non a caso dal 1922 si riprese la prassi di esporre il crocefisso negli uffici
statali, dal 1923 nelle scuole dove, con la riforma Gentile nel medesimo anno, si
introdusse anche lo studio della religione cattolica e dal 1926 s’istituirono i cappellani
militari nelle forze armate.13 In buona sostanza il regime vedeva nel cattolicesimo un
mezzo per arrivare a plasmare quell’unità nazionale che gli stava a cuore. Allo stesso
tempo attraverso la legge del 1929 sui culti ammessi, il fascismo si assicurava che
nell’opinione pubblica si radicasse la convinzione che lo Stato si facesse garante della
libertà di coscienza tutelando ogni cittadino, senza distinzioni confessionali. In realtà
furono numerosissimi i casi di repressione verso le minoranze e in particolare nei
confronti dei pentecostali che insieme con altre confessioni evangeliche furono
sottoposti a sorveglianza fin dal 13 aprile 1927, come ci rivela questa nota inviata
dall’allora capo della polizia Bocchini ai prefetti: «Viene segnalato che chiese evangeliche
attraverso istituzioni dipendenti svolgerebbero cauta azione antifascista. Pregasi

12 ibidem
13 Cfr. AMEDEO GIANNINI, La legislazione ecclesiastica fascista preconcordataria, in Chiesa e Stato Studi Storici e giuridici per il decennale
della conciliazione tra la S. Sede e l’Italia, II, s.i.p. , Milano, 1939
4
disporre riservata intelligente attiva vigilanza segnalando ministero risultati».14 La
diffidenza verso i pentecostali era già presente anche nella relazione di presentazione
della legge sui culti ammessi, presentata alla camera dei deputati il 15 marzo 1929: «si è
prospettato il sospetto che il settarismo, il quale sta in agguato contro il fascismo e il
cattolicesimo, tragga pretesto […] dalla riaffermata libertà in materia religiosa, per
intensificare, coi messi di cui dispone, una subdola, camuffata attività per propaganda
antifascista. Non può dubitarsi che le autorità sapranno vigilare».15 Perciò i motivi di
questa sorveglianza, che per un verso è tipica di ogni dittatura totalitaria, sono in parte
da attribuire alla particolarità del pentecostalismo italiano, che aveva diversi legami col
mondo anglosassone e che agli occhi del regime potevano divenire focolai di
antifascismo sostenuti da potenze straniere.16 Inoltre Mussolini non possedeva un chiaro
indirizzo in materia religiosa e considerava gli evangelici, oltre che fastidiose minoranze,
poco più che pedine di scambio nell’ambito della politica interna e internazionale17 .
Proprio questa è una ulteriore motivazione per cui le questioni relative all’esercizio dei
culti acattolici venivano regolate in prima istanza dal capo della polizia Bocchini e trattate
alla stregua di problemi di ordine pubblico. A tutto ciò si aggiungeva la vecchia diatriba
con la Chiesa Cattolica, che non accettava di buon grado l’azione di proselitismo svolta
dai missionari pentecostali e trovandosi, dopo l’approvazione dei patti lateranensi, in
posizione di assoluto vantaggio, non intendeva rinunciare a far valere le proprie
prerogative. Nota in merito Alessandro Iovino: «Era scontato, per le rappresentanze
vaticane, che il monopolio religioso nella nazione fosse garantito solo ed esclusivamente

14 ROCHAT, Regime fascista op cit. pp. 127-128


15 SERGIO LARICCIA, Coscienza e libertà, in Diversi ed eguali, op. cit. , nota 5, p. 60.
16 ROCHAT, Regime fascista op cit. pp. 14-27
17 ROCHAT, Regime fascista op cit. pp. 40-42
5
al Cattolicesimo. Il clero vedeva nei pentecostali una pericolosa “setta” alla quale si
aggiungevano, giorno dopo giorno, sempre più adepti. I preti cattolici fecero di tutto per
imprimere la loro stessa visione ai fascisti, denunciando alle autorità la presenza dei
pentecostali nelle proprie zone».18 In quegli anni il clero cattolico promuoveva una
sistematica campagna denigratoria antiprotestante che finiva per scagliarsi contro le
frange più attive nel proselitismo del mondo evangelico, costituite dai pentecostali. In un
secondo momento entrò nella campagna anche il regime fascista per motivazioni di
opportunità politica: fra le nazioni che votarono a favore dell’embargo, c’era la
protestante Inghilterra.19 A quel punto tutti i maggiori giornali sia religiosi sia politici
diedero spazio ad articoli anti-protestanti. Questi non solo avevano il torto di essere
eretici ma distruggevano i valori del cattolicesimo, ossia della “latinità” e della
“romanità”, disgregando l’unità nazionale, per questa ragione bisognava cacciarli dal
Paese.20 In proposito Bocchini, in una circolare del 22 agosto 1939, scriveva: «D’altra
parte è notorio che gli evangelici in genere, per l’essenza dei loro stessi principi, non
ammettono alcuna autorità indiscussa in materia religiosa, sono portati
all’individualismo anche in politica e a tollerare, se non a favorire, tutti coloro che, in
base a pretese interpretazioni dei libri sacri, enunziano e propagano nuove dottrine
religiose, sia pure se queste logicamente portano a sovvertire l’ordine politico degli
Stati».21 In questo periodo si assiste a una vera e propria azione di rivalsa del clero

18 ALESSANDRO IOVINO, Storia del movimento pentecostale in Italia: una visione d’insieme, dispensa del corso di formazione biblica Elim,
Milano, 2009-2010 p. 5.
19 JEAN -PIERRE VIALLET La chiesa valdese di fronte allo Stato fascista (1922-1945) trad. it. Claudiana, Torino 1985, p. 141.
20 RENATO SALVAGGIO, Vivere il vangelo in minoranza. Breve storia dei valdesi a Palermo, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2005,
nota 26 p. 50.
21 VIALLET La chiesa valdese op. cit. p. 179.

6
cattolico che, in special modo nel meridione, dove erano più presenti comunità
pentecostali, non perdeva occasione per collaborare con i fascisti. Significativo l’episodio
verificatosi a Basico (Messina), in cui dopo aver fatto arrestare un pentecostale che stava
cercando di distribuire la Bibbia, il parroco partecipò anche al suo interrogatorio in
questura arrivando addirittura a schiaffeggiarlo.22 Nel 1935 l’Italia intraprende la guerra
coloniale in Etiopia, l’ideologia fascista e la clericizzazione del Paese sono al loro massimo
contemporaneamente s’inasprisce ulteriormente la vigilanza. La repressione prende
forma compiuta attraverso la circolare del Ministero dell’Interno n. 600/158 del 9 aprile
1935 nota, dal nome del sottosegretario che la firmò, come circolare Buffarini-Guidi.23
Con questa disposizione il governo non considera più la denominazione pentecostale, un
culto riconosciuto ma «semplici associazione di fatto, sotto il nome di pentecostali,
pentecostieri o neumatici o tremolanti».24 Pertanto, continua la circolare, non essendo
più riconosciuto a norma dell’art. 2 della legge 24 giugno 1929 (proprio quella legge che
doveva tutelare la libertà di religione delle minoranze), e visto che si concreta in pratiche
contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza si da
immediata disposizione a tutte le autorità di P.S. affinché provvedano allo scioglimento e
chiusura di tutte le chiese del culto pentecostale in Italia. In proposito così commenta
Bracco:
La difesa dell’integrità della razza rappresentava perciò un fenomeno politico
d’importanza vitale nella vita della nazione e gli attentati all’integrità della razza
assumevano l’aspetto giuridico del delitto politico. Il movimento pentecostale venne
perciò a trovarsi nel campo delle attività politiche condannate dal regime e, cosa
peggiore, venne additato come un movimento generatore di minorati fisici e
psichici, cioè generatore di ammalati e pazzi.25

22 SALVAGGIO, Vivere il vangelo op. cit. pp. 49-50.


23 ROBERTO BRACCO, Persecuzione in Italia, Roma s.i.p. p. 3.
24 FALZONE, La Costituzione op. cit. p. 20.
25 BRACCO, Persecuzione op cit. p. 3.
7
Il provvedimento, di ordine non religioso dunque ma sanitario-razziale divenne
apertamente politico con l’autorizzazione nel 1939 all’arresto di pentecostali e
appartenenti ad altre minoranze religiose, accusati di essere «spiritualmente ribelli a ogni
legge e antifascisti» (circolare del 22 agosto),26 oltre naturalmente a confermare i motivi
sanitari e razziali.

Conclusione

La persecuzione in Italia durò otto anni fino al 1943 e non fu un fatto religioso ma
politico che lasciò una forte traccia nel pentecostalismo e nella società italiana .

Questi otto anni possono essere ricostruiti giorno per giorno, perché anche oggi,
che ci appaiono in distanza, ci appaiono nei particolari più vivi. Come dimenticare i
lenti e furtivi esodi verso le campagne lontane per raccogliersi assieme, col favore
della notte, lontani dagli occhi indiscreti? E come dimenticare le riunioni di culto
solenni e trepidanti, tenute nel cuore delle caverne o delle grotte? Come dimenticare
le ripetute partenze, piene di commozione e di pianto che esiliavano i fratelli, lontani
dalle comunità? Come dimenticare i molteplici processi che ci accomunavano sui
banchi degli imputati, ai ladri, alle prostitute, ai mendicanti ?27

Il movimento, superando il dolore per le ingiustizie subite e le difficoltà


dell’isolamento, che ha acuito le divergenze dottrinali fra le varie comunità, uscì
rafforzato nelle proprie convinzioni e cresciuto numericamente (si stima che fosse
aumentato del 50% durante la persecuzione, anche se non sono disponibili dati certi).
Tuttavia l’entrata in vigore della costituzione il 1 Gennaio 1948 non comportò
l’abolizione delle leggi fasciste. Si dovrà attendere fino al 1955 perché venga revocata
la circolare Buffarini- Guidi e l’inizio degli anni “60 per avere una effettiva libertà di

26 FALZONE, La Costituzione op. cit. p. 20.


8
religione in Italia, segno che la mentalità radicatasi nella classe politica, nel clero
cattolico e negli strati popolari della società, durante il fascismo, ha richiesto ancora
lunghi anni per lasciare il posto a quelle idee di libertà e di uguaglianza che la
costituzione già sulla carta garantiva da tempo.

27 BRACCO, Persecuzione op cit. p. 4.


9

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