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GIUSEPPE DOSSETTI IN COSTITUENTE e

L’ARTICOLO 7 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

Art. 7. Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I
loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due
parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

È questo il testo dell’articolo 7 della Costituzione italiana ancora in vigore: è l’articolo che
regolamenta i rapporti tra lo Stato, la Repubblica e la Chiesa, la religione cattolica. È uno degli
articoli più dibattuti, è uno degli articoli che ha visto la più grande tensione, la più grande
contrapposizione all'interno dell'assemblea costituente; un articolo che è stato promulgato grazie
all'accordo tra la Democrazia Cristiana di De Gasperi e il partito di Togliatti. Fino all'ultimo i
repubblicani, i socialisti si sono opposti e hanno mosso delle critiche a questo articolo.

Cerchiamo di vedere insieme come siamo arrivati al testo attuale.

Per fare un passo indietro....

Il rapporto tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica è stato sin dall'Unità d'Italia molto travagliato,
molto complesso: dopo la Breccia di Porta Pia, la presa di Roma attraverso l'esercito italiano, i
rapporti tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica si sono inaspriti, sino ad arrivare al celeberrimo
non expedit di Papa Pio IX: non giova ai cattolici prendere parte alla vita sociale, politica ed
economica dell’Italia.

L’Italia liberale e la Chiesa cattolica sono state profondamente divise. Questa frattura è stata sanata
dal governo fascista. Il governo presieduto da Benito Mussolini giunse nel 1929 agli accordi
denominati Patti Lateranensi: essi furono di fatto un risarcimento economico che lo Stato italiano
diede alla Chiesa (territori sottratti alla Chiesa nel Risorgimento, durante la Breccia di Porta Pia...);
fu un trattato tra due Stati autonomi e indipendenti, che si riconoscevano vicendevolmente; fu anche
un concordato attraverso il quale lo Stato italiano riconosceva determinati diritti allo Stato Vaticano
e alla Chiesa cattolica diffusa in Italia (cattolicità come unica religione di stato; insegnamento della
religione cattolica in tutte le scuole di ordine e grado escluse le università; escludeva i prelati dallo
svolgere esercizio militare; al matrimonio religioso erano riconosciuti gli effetti civili).
Questa premessa per giungere al tema del nostro percorso di ricerca: i Patti lateranensi furono
recepiti, ratificati dall’Assemblea costituente. Giuseppe Dossetti ebbe un ruolo decisivo, per tale
motivo è bene chiarire chi era questo personaggio politico e come è giunto all’assemblea
costituente.

Una breve biografia: in particolare le vicende politiche

Dossetti nacque il 13 febbraio 1913 a Genova, ma trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Cavriago, in


provincia di Reggio Emilia.

Nel 1934, Dossetti si laureò in Giurisprudenza a Bologna e subito fu invitato a collaborare


all’Università cattolica di Milano, fondata da padre Agostino Gemelli dieci anni prima.

In questo ambiente, il giovane giurista conobbe alcune persone che costituirono il cosiddetto
«gruppo dossettiano», cioè i più stretti collaboratori di Dossetti nello sviluppo del suo progetto
politico e sociale, tra cui Lazzati, Fanfani e La Pira, denominati “i professorini”.

Secondo loro, la grave crisi che si era conclusa con la tragedia della guerra mondiale, non avrebbe
trovato soluzione grazie alla semplice riproposizione del sistema liberale e del capitalismo liberista,
ma era necessario introdurre cambiamenti sociali radicali.

Quando Dossetti rientrò a Reggio Emilia, si avvicinò al movimento partigiano. Intanto, il partito
cattolico di De Gasperi, la Democrazia cristiana, si rafforzava e, soprattutto dopo la liberazione di
Roma nel 1944, aumentò il sostegno della Chiesa nei suoi confronti. Tuttavia, al Nord,
l’organizzazione politica dei cattolici era molto fragile ed era difficile reggere un confronto alla pari
con i comunisti. Nel novembre 1944, fascisti e tedeschi arrestarono numerosi esponenti del CLN
provinciale reggiano, costringendo il movimento a riorganizzare la propria dirigenza. Fu allora che
Dossetti entrò nel CLN della sua città, come rappresentante della DC, e iniziò la sua attività
politica. Da un lato, infatti, cercò di spingere i cattolici ad un’azione antifascista; dall’altro lato i
suoi sforzi miravano a limitare le operazioni che potessero nuocere alle popolazioni civili.

Dossetti riteneva che il liberalismo e la sua impostazione individualistica fossero lontani dai valori
tipicamente cristiani della solidarietà e della carità reciproca, nonché dalla concezione cattolica
secondo cui è dovere dello Stato assistere i ceti più poveri e più deboli. Esortava il clero a
sollecitare i credenti a dedicarsi alla vita politica: la realtà sociale e politica che sarebbe emersa
dopo il fallimento del nazifascismo avrebbe dovuto essere qualcosa di nuovo e diverso, dal punto di
vista della partecipazione popolare alla vita dello Stato, dell’organizzazione della società e della
gestione dell’economia.

Dossetti fu nominato vicesegretario della DC nell’agosto del 1945 e divenne una figura politica di
rilievo nazionale, non solo per il ruolo che ricevette, ma come leader naturale dei più giovani. Egli
aveva una capacità di gestione del partito che tutti riconoscevano e che cercarono sistematicamente
di ostacolarlo.

La Chiesa dichiarò che i credenti dovevano concentrare le loro forze all’interno di un unico partito
politico; Dossetti e gli altri intellettuali non si riconoscevano nella moderata linea di De Gasperi e
chiedevano cambiamenti più significativi. Dossetti era in netto disaccordo con De Gasperi su varie
questioni di fondo: De Gasperi è disposto ad accettare qualsiasi scelta faccia il popolo italiano
attraverso il referendum, Dossetti è invece convinto che la scelta repubblicana deve essere la prima
decisione del nuovo Stato Italiano, senza alcun referendum.

Dossetti avverte un vasto consenso intorno a sé, ma lo percepisce come il primo momento di
emarginazione: così, dà le sue dimissioni dalla direzione della DC, con la scusa di occuparsi della
Costituente. Infatti, la riflessione sulla carta costituzionale nasce quasi come via alternativa. Nel
partito avrebbe dovuto occuparsi di cose secondarie, mentre dedicarsi seriamente alla Costituzione
sarebbe stato più consono alla sua missione. Eletto all’Assemblea costituente nel collegio di Parma-
Modena, Dossetti presentò un progetto di regolamento dei lavori, proponendo la suddivisione in tre
sottocommissioni per la preparazione del testo della nuova carta costituzionale repubblicana. La
proposta venne accolta e si procedette alla formazione delle sottocommissioni stesse: egli partecipò
da protagonista alla commissione incaricata di redigere il testo della nuova Legge fondamentale; in
particolare, lavorò nella prima sottocommissione, di cui facevano parte anche La Pira, Palmiro
Togliatti, comunista, e il giovane giurista cattolico Aldo Moro. La sottocommissione aveva il
compito di formulare i principi generali di riferimento della Repubblica e poiché i soggetti chiamati
a dialogare insieme erano molto diversi per formazione e ideologia politica, il primo compito che ci
si assunse fu di fissare un terreno comune d’intesa. Dossetti, infatti, persegue l’idea che la carta
costituzionale non debba essere espressione ideologica di parte, ma esito di una comune ricerca, per
trovare le soluzioni più razionali e coerenti, quindi anche più efficaci nel perseguire l’obiettivo di
una società democratica. Moro propose che il primo punto di incontro fosse la lotta condotta
insieme contro il fascismo e che non fosse un puro e semplice ritorno al modello liberale. La Pira e
Dossetti aggiunsero il concetto di persona umana, portatrice di diritti inviolabili. Si procedette nella
direzione di una sintesi tra i principi cari alla tradizione liberale e quelli di un’impostazione più
democratica, preoccupata di rimuovere gli ostacoli di natura economia e sociale, che impediscono
una vera uguaglianza fra i cittadini. La Costituzione assumeva una dimensione progettuale e
programmatica, che la normativa avrebbe poi dovuto trasformare in realtà concreta, mediante le
leggi ordinarie.

Dossetti sarà l’autore dell’accordo che porta tutti i partiti di massa a riconoscersi nei principi della
prima parte della Carta, inclusi quelli sui Patti Lateranensi e sulla libertà religiosa, ma che vedremo
meglio nel prossimo paragrafo.

Al Consiglio nazionale della DC del 1946, Dossetti e Lazzati presentarono il loro dissenso, rispetto
alla linea politica di De Gasperi. Il 31 maggio 1947 nasceva il nuovo governo De Gasperi, senza
partecipazione delle sinistre.

Secondo Dossetti occorreva che fosse la DC ad assumersi il compito di una politica riformatrice. A
fronte del liberismo promosso dai tecnici e sostenuto da De Gasperi, Dossetti proponeva un
progetto economico in cui lo Stato avesse un posto di rilievo. Dette un duro giudizio sul liberismo
economico e sul capitalismo lasciato privo di freni e di correttivi.

Nel giro di pochi anni i comunisti rinunciarono alla loro apertura al dialogo tipica degli anni della
Costituente, si irrigidirono su posizioni staliniste e criticarono severamente anche i sostenitori
democristiani. Pio XII, scelse una linea sempre più aggressiva e integralista, che mise in difficoltà
anche De Gasperi, moderato, ma convinto sostenitore della laicità dello stato.

Alla fine nel 1949-1951, paralizzato dalle pressioni Vaticane decide di andarsene, perché senza una
riforma della Chiesa, è convinto che non ci potrà essere quella dello Stato.

Si dedicherà ad una vita diversa, di studio, di preghiera che lentamente prenderà la forma di una
vita battesimale di tipo monastico, infatti nel 1953 dopo il suo trasferimento a Bologna, fonderà il
Centro di documentazione.

L’articolo 7 della Costituzione

Quando ebbe inizio la discussione sulla definizione dei rapporti tra Stato e Chiesa cattolica, il
Vaticano aveva già chiarito a Dossetti l’importanza di attenersi al Concordato.

Dossetti intendeva confermare i Patti lateranensi: chiarendone i principi ispiratori, li avrebbe poi
potuti passare all’interno della Costituzione, anche in vista di una garanzia nell’eventualità di un
decadimento degli Patti Lateranensi.
Dossetti aveva dichiarato la direzione su cui intendeva procedere: puntare sul riconoscimento
formale dell’originarietà dell’istituzione ecclesiastica e, da qui, per affermare come conseguenza
logica la menzione costituzionale dei Patti lateranensi. La S. Sede interessava l’obiettivo finale, e di
fatto, i rappresentati ecclesiastici incaricati si mostrarono d’accordo con la direzione intrapresa da
Dossetti.

L’esponente della Democrazia del lavoro, Cevolotto, manifestava il suo dissenso esponendone le
ragioni: la Costituzione italiana sarebbe dovuta essere aconfessionale sul prototipo della
Costituzione francese, tanto è vero che non era assolutamente propenso ad accettare una ripetizione
anche solo di una minima parte del Trattato del 1929: secondo lui, uno Stato confessionale avrebbe
comportato il susseguirsi di ingiustizie nei confronti delle religioni diverse dalla cattolica, proprio
come era accaduto pochi anni prima con il fascismo.

Dossetti reagì chiarendo che, anche per il proprio parere, e in conformità con la linea democristiana,
era necessario un riconoscimento della libertà delle diverse confessioni religiose e dell’uguaglianza,
ma che tuttavia, questo non poteva smentire la realtà dei fatti: il contesto religioso italiano
contraddistinto dal cattolicesimo.

Lo Stato si sarebbe dovuto comportare come se si trovasse davanti all’ordinamento giuridico di un


vero e proprio Stato distinto da esso: partendo da questo presupposto, diviene chiaro che se i
rapporti tra la Chiesa e lo Stato fossero regolati unilateralmente, si rifiuterebbe, di fatto, il carattere
originario dei relativi ordinamenti, ne consegue, che per evitare che lo Stato estenda il controllo
sulla vita e l’organizzazione della Chiesa da una parte e la teocrazia dall’altra, l’esigenza che i
rapporti siano regolati in modo bilaterale.

Dossetti considerava il principio della libertà religiosa e dell’uguaglianza come già accolto e
condiviso, ma era ben consapevole che riguardo al tema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa era
necessario raggiungere un non facile accordo.

La Pira sosteneva Dossetti; Togliatti, anche se non era contrario a inserire nella Legge
Costituzionale un articolo che regolamentasse, anche facendo riferimento al Concordato, i rapporti
dello Stato con la Chiesa cattolica, ma auspicava ad una formula di intesa per riconoscere
l’indipendenza di queste due distinte entità, elencando i diritti della Chiesa. Secondo Dossetti la
progetto di Togliatti riproponeva semplicemente il motto di Cavour (Libera Chiesa in Libero Stato)
senza portare innovazione e soprattutto senza garantire nulla rispetto al rischio di reciproche
interferenze di campo. Anche Basso si era opposto a qualsiasi riferimento al Concordato del 1929
nella Costituzione. Dossetti continuava ad insistere sulla sua posizione.
I pareri si erano ormai irrigiditi: occorreva trovare una soluzione per far incontrare le due parti
cercando qualche punto in comune.

Il dibattito poi si spostò su altri temi, ma quando venne ripreso il confronto sui rapporti tra Stato e
Chiesa, la prima sottocommissione mise in agenda dei lavori la proposta sostenuta da Dossetti, che
stabiliva l’originarietà dell’ordinamento della Chiesa. Non riconoscere l’originarietà
dell’ordinamento giuridico ecclesiastico sarebbe stato, secondo lui, un grande sbaglio anche a
livello giuridico, oltre che politico. Il costituente reggiano precisò poi che l’accoglienza di questo
principio non equivaleva a sottomettersi alle norme ecclesiastiche.

Togliatti continuava a difendere la propria posizione, ritenendo che se l’ordinamento della Chiesa
fosse veramente originario, non avrebbe alcun bisogno di un riconoscimento.

Il partito democristiano rinnovava la propria richiesta, specificando che non era una pretesa soltanto
del mondo cattolico, ma che era soprattutto una questione di diritto internazionale. Un continuo
botta e risposta portò Dossetti a motivare la sua questione ponendola come una forma di garanzia
verso cattolici:

è un diritto della coscienza cattolica italiana di pretendere che la Costituzione garantisca che
domani lo Stato non devii bruscamente dalla linea di fatto oggi esistente e non presuma di
mettere la Chiesa alla stregua di qualsiasi società privata, invadendo così una funzione spettante
ad essa in modo esclusivo, di disciplinare in maniera autonoma il fenomeno religioso. Lasciando
da parte ogni discussione, che aveva lo scopo di dimostrare che sotto la norma non si nascondeva
alcun secondo fine, da un punto di vista politico, l’alternativa che viene proposta ai membri della
Sottocommissione è se riconoscere o meno la Chiesa come un ordinamento originario, che ha il
diritto di regolare con propri ordinamenti giuridici i suoi rapporti con i fedeli, di dare o non dare
alla coscienza cattolica italiana la garanzia costituzionale che lo Stato non si assumerà le
funzioni della Chiesa, arrogandosi il diritto di regolare con norme proprie il fenomeno religioso.

Togliatti propose una nuova formula a proposito della definizione dei rapporti tra Stato e Chiesa
cattolica: «Lo Stato è indipendente e sovrano nei confronti di ogni organizzazione religiosa od
ecclesiastica. Lo Stato riconosce la sovranità della Chiesa cattolica nei limiti dell’ordinamento
giuridico della Chiesa stessa. I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica sono regolati in termini
concordatari».

Era palese che Togliatti aveva escluso intenzionalmente il riferimento ai Patti del 1929 e questa non
era una mancanza irrilevante.

Dossetti redige due bozze alternative tra loro che, insieme ai colleghi di partito, avrebbe presentato
nella successiva seduta e sulla quale aveva già ottenuto un largo consenso. Prima però, sottoponeva
a mons. Dell’Acqua la nuova formula di articolo, il quale ha optato per la seguente proposta: «Lo
Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti
sono regolati dai Patti Lateranensi», esortando a non accettare nessun’altra proposta che possa
mettere in discussione, eventualmente, i Patti Lateranensi.

I comunisti, pur acconsentendo in linea teorica alla proposta, continuavano a non accettare il fatto di
dover richiamare nella Costituzione un accordo che era stato stipulato con il fascismo e con
Mussolini. Inoltre, ritenevano che c’era anche un vasto numero di cattolici italiani che
condividevano le istanze di fondo di altri partiti diversi dalla Democrazia cristiana e che quindi,
avrebbero potuto non avvertire l’esigenza di un riconoscimento costituzionale dei Patti Lateranensi,
ma solamente una richiesta di rispetto verso la loro appartenenza religiosa.

Dossetti replicava che era proprio la proposta finale portata avanti da Togliatti a denunciare la
debolezza del punto di vista del partito comunista: «se non si aveva intenzione di mettere in
discussione Trattato e Concordato, perché non metterlo per iscritto sul «pezzo di carta»
costituzionale?».

Togliatti e il suo partito si dimostrarono ormai consapevoli di ricoprire la posizione che non sarebbe
passata in Costituzione, ma questo non li fece retrocedere.

Effettivamente, però, anche la seconda parte dell’articolo proposto veniva approvata, malgrado un
margine più ristretto rispetto alla prima parte.

L’articolo, poi, veniva integrato con un terzo comma, proposto da Lucifero (anche se Dossetti non
si mostrò mai favorevole, ma anzi, dichiarò la propria contrarietà), che deliberava come «qualunque
modifica» dei Patti, «bilateralmente accettata», non avrebbe richiesto un processo di revisione
costituzionale, ma sarebbe stata sottoposta alla normale procedura di ratifica.
Conclusione

È risultato notevolmente importante conoscere questa tappa dell’esperienza di Dossetti per prendere
coscienza di come sia indispensabile tornare al passato per interpretare il presente: Dossetti è,
infatti, risultato una figura molto attuale.

Cosa imparare per l’oggi dall’esperienza politica della costituente? Dossetti era ben consapevole
della responsabilità della rappresentanza di fronte al Paese, per questo, sia con i colleghi di partito,
che con quelli con cui si trova meno in sintonia, si creano delle intese che travalicano l’articolazione
degli schieramenti. È il rispettoso ascolto e il dialogo che, nonostante le differenze di idee, fanno la
differenza rispetto allo scenario attuale.

Dell’accordo Stato Chiesa se ne parla oggi per via del disegno di legge denominato ddl Zan.
Sospendendo qualsiasi giudizio di merito su suddetta questione, ritengo urgente e doveroso
documentarsi sul tema prima di arrogarsi il diritto di esprimersi senza le dovute conoscenze.

Questo breve approfondimento, nei limiti che la ricerca ci ha consentito, vuole essere un piccolo
contributo per ampliare quella conoscenza necessaria per diventare liberi cittadini e consapevoli
cristiani, partecipando attivamente nella comunità ed esprimendo le proprie idee, proprio come ci ha
testimoniato la vita e l’opera politica di Giuseppe Dossetti.

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