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Tema storico sul Fascismo

La parola “fascismo” nasce con il regime instaurato


da Mussolini nel 1922 e deriva da “fascio”, un tempo
simbolo di un passato glorioso, della forza e dell’unione.
La denominazione di fascista qualifica ogni forma di
dittatura o di autoritarismo, ai quali conferisce, se
possibile, un senso peggiorativo; ma l’estensione del
termine è storicamente errata poiché non tutti i sistemi
dittatoriali sono riconducibili al modello fascista che ha
avuto un percorso e caratteri propri.
Il fascismo rappresenta una sorta di anomalia morale
nell’evoluzione della società occidentale: un’astuta
minoranza convince le masse a rinunciare alla libertà e a
raccogliersi in un nuovo ordine sociale capace di affrontare
e superare le difficoltà del momento. Per alcuni esso
rappresenta una parentesi nel corso della storia, senza
richiamare in causa le responsabilità delle classi dirigenti
nella formazione dei regimi mussoliniano e hitleriano.
Al fascismo non interessava darsi una sua dottrina, ma,
tuttavia, è possibile rintracciare alcuni tratti caratteristici
che conferiscono al fascismo i suoi contorni ideologici.
Innanzi tutto, il fascismo cercava di risvegliare sentimenti
primari come l’entusiasmo delle folle, la collera dei vinti,
l’indignazione delle vittime, la paura, il disprezzo, il rifiuto
della diversità; voleva che tutto il popolo vibrasse di un
medesimo slancio.
Rifiutando la ragione, il pensiero e la parola, il fascismo si
diede come motore l’azione. Agli sconfitti e alle vittime
delle crisi promise fatti concreti, gli esercizi fisici, la sana
vita all’aria aperta, l’avventura, il pericolo e infine la guerra,
che rivelava l‘uomo a se stesso.
Il fascismo si fondava, inoltre, su una concezione non
ugualitaria dell’uomo. Accettava come un fatto naturale
l’esistenza delle élite, senza porsi alcun interrogativo sulle
loro origini e sulle giustificazioni della loro funzione storica;
del resto era inevitabile, necessario e benefico che alcuni
uomini fossero venuti al mondo per comandare, altri per
obbedire.
La massa, ignorante per natura, accecata dalla
soddisfazione dei soli bisogni materiali, incapace di
individuare quali siano i suoi veri interessi, doveva piegarsi
alle scelte operate dai superiori, pena la sconfitta dello
Stato:
Altro carattere essenziale è il totalitarismo. Il fascismo era
totalitario e faceva dello Stato l’assoluto che domina e
soverchia l’individuo. Era un totalitarismo prima di tutto
politico, ovviamente, che nel ribadire l’onnipotenza e
l’unità dello stato, rinnegava la separazione fra potere
legislativo, esecutivo e giudiziario, e dunque, ancora una
volta, condannava la democrazia e le libertà; rigettava tutto
quanto potesse indebolire, contestare, dividere lo Stato,
come il sistema parlamentare, la pluralità dei partiti, dei
sindacati, le organizzazioni sociali e volontaristiche, che
altro non erano che testimonianze di impotenza, lascito di
un passato ormai tramontato, oggetto di discussioni inutili
e di inutili dissensi. Lo Stato aveva bisogno, al contrario di
un solo partito, organizzato su un modello più o meno
militare che necessitava di disciplina, di uniformi, di
insegne, di gente che sfilasse a passo cadenzato sotto le
bandiere.
Attraverso la stampa, la radio, il cinema e manifesti e
pubblicità d’ogni genere, la propaganda di regime era
onnipresente.
Per il fascismo l’individuo non contava nulla, essendo
totalmente subordinato alla collettività ai cui interessi
poteva essere chiamato a sacrificarsi; la singola esistenza
acquistava un senso solo attraverso la partecipazione ad
un gruppo. Ancora una volta il fascismo si rivelava nemico
acerrimo della democrazia, che esaltava la dignità della
persona umana e ne garantiva tutti i diritti. Lo stato
totalitario intervenne infine nella vita privata, familiare,
religiosa, sanzionando chi vedeva come deviante,
indesiderabile, inutile come i celibi che non procreano per
il bene della nazione, gli omosessuali, perturbatori della
morale, i malati mentali che costano caro all’erario, gli
appartenenti ad alcuni gruppi etnico-religiosi
evidentemente nocivi.
Lo Stato onnipotente si incarnava in un capo carismatico e
infallibile, provvidenziale guida della nazione e titolare
dell’autorità assoluta. Il Duce aveva nelle sue mani tutti i
meccanismi del potere e strinse con il popolo un rapporto
quasi personale, si potrebbe dire di tipo mistico e religioso;
le sue apparizioni, in occasione delle grandiose cerimonie
suscitavano una sorta di estasi mistica o di fanatismo
collettivo. Venerato fino a tale punto, il dittatore sembrava
credere per davvero alla propria soprannaturale missione
per il bene della nazione.
Artefice dell’instaurazione di una dittatura totalitaria, il
fascismo teneva tuttavia a darsi un aspetto democratico e
progressista; ad esempio, nonostante la costante critica
del suffragio universale e del parlamentarismo, almeno in
apparenza non rinunciò del tutto alle elezioni ed al sistema
rappresentativo. Il Parlamento italiano sopravvisse ma non
contava più nulla; le elezioni erano sorvegliate con estrema
attenzione e, ad evitare sorprese, si svolgevano su liste
uniche.

Il regime si giustificava inoltre proclamando di difendere i


veri interessi della nazione con l’instaurazione di una
società più giusta, facendo anche ricorso ad un vocabolario
rivoluzionario e socialista.
Razzismo ed antisemitismo non trovarono spazio nel
fascismo italiano degli inizi: vi erano ebrei perfino
all’interno del partito nazionale fascista. Solo con molto
ritardo, Mussolini, per opportunismo politico e per
compiacere all’alleato nazista, introdusse in Italia una
legislazione antisemita.
Con il 1925 si avviò così la costruzione del “regime”
fascista, i cui momenti essenziali furono lo scioglimento di
tutti i partiti e organizzazioni non fascisti, le “leggi
fascistissime”, l’istituzione del Tribunale speciale, la
“costituzionalizzazione” del Gran consiglio del fascismo,
l’introduzione del sistema elettorale a collegio unico
nazionale e a lista unica, i provvedimenti in materia
sindacale e corporativa e la conclusione dei Patti
Lateranensi con la Santa Sede.
Fu attraverso questi provvedimenti che Mussolini riuscì a
stabilizzare il compromesso con la classe dirigente
tradizionale, pensando di poterlo modificare a proprio
vantaggio allorché lo stato fascista fosse riuscito a creare
una propria classe dirigente attraverso l’educazione e la
formazione politica delle nuove generazioni.
Il partito fascista poté contare, nella sua ascesa, sul
consenso di varie classi sociali, nonché sulla tacita
approvazione del governo e in particolare del re. All’inizio il
movimento fascista si caratterizzò per la violenza
esercitata soprattutto su dirigenti e semplici militanti
socialisti, e sui contadini che scioperavano, al grido di
“ordine e disciplina” (gli squadroni partivano con un
intento di devastazione e a volte erano chiamati proprio
dai proprietari delle terre). Questo ebbe un duplice effetto:
da un lato il terrore non solo psicologico a chi aveva idee di
sinistra, dall’altro il muto appoggio da chi aveva interesse a
ridurre l’importanza di questo partito, quindi da parte della
classe dirigente e degli apparati statali. Lo stesso Giolitti
pensava che avrebbe potuto lasciar fare i fascisti, per poi
portarli dalla sua parte e il re, in occasione della marcia
su Roma, nell’ottobre del 22, invece di richiamare all’ordine
Mussolini, gli diede l’incarico di formare un nuovo governo.
Gli altri partiti non seppero opporre una resistenza attiva:
alle elezioni del ’24 non si coalizzarono, poi, permisero a
Mussolini di continuare a spadroneggiare.
Per quanto riguarda il consenso popolare, si possono fare
diverse ipotesi: le immagini spettacolari della folla che
acclama Mussolini dalle piazze fanno pensare che
l’ammirazione fosse effettiva. D’altra parte sembra assurdo
che si possa dare il proprio consenso a un partito che era
nato sotto il segno della violenza e che aveva trasformato
l’Italia in un regime, con la relativa inibizione di qualsiasi
idea, progetto, comportamento che non fosse in linea con
gli ideali fascisti.
Concretamente, Mussolini fece alcune innovazioni per il
miglioramento della vita di alcune persone, ad esempio la
politica di incentivazione demografica, ma comunque
questi interventi favorivano soprattutto la piccola
borghesia.
Fu importante la stipula dei Patti Lateranensi, con cui
il Papa riconosceva lo Stato Italiano e permetteva ai
cattolici la partecipazione alla vita politica (in cambio di
riconoscimenti territoriali ed economici), permesso che era
stato negato con l’Unità d’Italia.
Ma la grande impressione del fascismo sul popolo italiano
avvenne soprattutto attraverso la propaganda: per la
prima volta il capo del governo si mostrava in pubblico per
farsi apprezzare e acclamare, in modo che la gente si
sentisse, allo stesso tempo, coinvolta e “guidata”, non
sottomessa; La radio e il cinema si stavano sviluppando e
diffondendo proprio in quel periodo, e Mussolini li
utilizzava per veri e propri spot propagandistici. Sempre
per quello che riguarda i mezzi di comunicazione, i giornali
venivano attentamente controllati, e, nel caso, censurati.
È anche vero che parte del consenso fu passivo, cioè
alcune persone si limitarono ad aderire esteriormente al
fascismo, pur non condividendone gli ideali, per il quieto
vivere, perché la violenza contro gli antifascisti non si era
interrotta.
Soprattutto, il fascismo si preoccupò di fare presa sulle
masse politicamente “neutre”, e perciò influenzabili.
Spesso, infatti, capita che la maggior parte delle persone
non si schieri politicamente, e per questo viene
considerata dai partiti stessi, come stupida o apatica. È
proprio a questa massa che danno importanza i regimi,
non per fare crescere in essa una coscienza politica e
sociale, ma per avere un consenso numerico maggiore
degli altri partiti, magari meno sentito, ma comunque
ostile a prendere una posizione decisa e pronto a
schierarsi in favore di chi colpisce la sua attenzione in
maniera fittizia, anche attraverso la propaganda.

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