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Capitolo 1

La libert di stampa in Italia

1.1 I primi segni di libert nellItalia pre-unitaria


Quando si fa riferimento al concetto di libert si deve necessariamente partire dalla
derivazione storica della sua emersione intesa come necessit dei sudditi e del popolo di
vedere codificati nelle costituzioni dellera moderna propri ambiti di libert in
contrapposizione al potere dello Stato sia nella ulteriore necessit di vedere regolati i rapporti
tra i vari diritti di cui il cittadino titolare in uno stato democratico.
Per le possibilit di moltiplicare facilmente la diffusione di notizie e idee, la stampa ha
suscitato fin dalla sua nascita l'interesse da parte delle autorit di ogni paese, da cui discese
l'obbligo di richiedere permessi per la stampa di ogni opera, con la creazione di veri e propri
organi di censura. La chiesa cattolica istitu fin dal 1599 l'indice dei libri proibiti in cui erano
elencate le opere "condannate", di cui era vietata o limitata la diffusione l dove il
cattolicesimo riusciva ad esercitare un potere temporale. In seguito, le legislazioni dei diversi
paesi hanno ampliato o ristretto i controlli esercitati sulla stampa, in maniera molto diversa a
seconda dei tempi e dei luoghi. NellItalia degli Stati preunitari, la libert di stampa venne
ufficialmente sancita con lo Statuto Fondamentale della Monarchia di Savoia, 4 marzo 1848,
noto universalmente come Statuto Albertino dal nome del re che lo promulg, Carlo Alberto
di Savoia.

Ma gi negli anni antecedenti era rintracciabile qualche timido segnale di

cambiamento: si potevano riconoscere le prime avvisaglie di decadenza del regime della


censura, e sintravedevano i bagliori della nascente libert.

La stampa periodica nello stato pontificio, dal suo primo apparire, aveva subito da parte
degli organi governativi un severo controllo effettuato attraverso la censura preventiva e
lindice, onde evitare il diffondersi di idee che potessero avversare la morale cattolica e allo
stesso tempo sovvertire un regime politicamente assolutista. Alla comparsa delle gazzette e
delle effemeridi, la sorveglianza si intensifico al punto di concedere lautorizzazione solo a
pubblicazioni a carattere scientifico e letterario, mentre i notiziari politici dipendevano
direttamente dalle autorit governative. Tale situazione rimase immutata, se si eccetua la
breve parentesi della Repubblica Romana del 1798-99, che pur abolendo le restrizioni di
stampa e proclamando i diritti delluomo, non incise di molto nelle realt successive. Il primo
editto sulla stampa dopo la restaurazione sotto il pontificato di Leone XII, a firma del
Cardinale Placido Maria Zurla (18 agosto 1825) stabiliva che ogni opera fosse consegnata
manoscritta al Maestro del Sacro Palazzo Apostolico e da questi sottoposta al Consiglio di
Revisione, il quale esprimeva per iscritto il suo voto. Lopera era quindi revisionata dal
Collegio Teologico e solo a questo punto otteneva il Nihil Obstat. Se il triplice giudizio
risultava favorevole, il Maestro del Sacro Palazzo segnava lImprimatur e presentava il
manoscritto allapprovazione finale del Cardinale Vicario. La trafila richiedeva almeno cinque
visti e veniva resa esasperante dalla lentezza. Tale clima si mantenne fino al pontificato dei
Gregorio XVI. Nella seconda met del 1846 anche nello Stato Pontificio, come in altre parti
dItalia, si era accresciuta la diffusione della stampa clandestina. A Roma alcuni periodici,
nati tra il gennaio e laprile di quellanno come Il Fanfulla e La Pallade, influenzati dalle
nuove idee liberali, tentarono timidamente dinserirsi in questa linea di tendenza.

Nel

1846

molti

videro

luomo

del

cambiamento nella figura di papa Pio IX, che


con lamnistia concessa ai detenuti politici
(Editto del 16 luglio) riusc a infondere
nellopinione pubblica la speranza e la
convinzione illusoria che qualcosa stesse
veramente cambiando. Nonostante lamnistia
non fosse stata concepita dal papa come
linizio di unepoca di riforme, il popolo si
convinse

invece

che

quellatto

potesse

rappresentare il primo passo verso una dura

1 : Pio IX
lotta contro i mali dello Stato, che annoveravano, tra gli altri, proprio la mancanza di libert di
manifestazione del pensiero. Lavvocato bolognese Pizzoli, facendosi portavoce del
malcontento della societ, si rivolse al pontefice chiedendo la concessione della libert di
stampa. Fu una richiesta ancora timida, se vero che lo stesso Pizzoli riconobbe la possibilit
di porre un freno a tale libert nei casi di invasione in determinate sfere della societ:
Vhanno tre parti sole, nelle quali questa libert deve essere raffrenata e sono la religione,
il sovrano, il buon costume: fuori da queste ogni umano pensiero, come pu concepirsi, cos
deve potersi liberamente manifestare1. Latto in s, comunque, fu assolutamente
straordinario. Non si tratt del solito rammarico di non seguire lesempio di Stati come
Francia e Inghilterra (che gi concedevano alcuni diritti), ma di una vera e propria proposta di

A. PIZZOLI, Orazione alla Santit di papa Pio IX, Capolago, Elvetica, 1846, p. 26.

riforma della legislazione vigente. Mentre lantica amministrazione gregoriana si oppose


chiaramente ad ogni cambiamento, le intenzioni del papa non furono altrettanto nette. In tale
clima la stampa clandestina trov terreno fertile alla propria diffusione. Attraverso le nascenti
pagine, fu concesso di parlare di economia, problemi di istruzione, agricoltura e assistenza
pubblica. Mancava per lessenza, il reale obiettivo di tanta mobilitazione per la concessione
della piena autonomia: la possibilit di discutere senza freni degli avvenimenti politici,
delloperato del governo.
Pio IX non concesse immediatamente questa possibilit. Solo successivamente decise che
la stampa sarebbe dovuta servire, almeno nelle sue intenzioni, soltanto per far conoscere le
buone disposizioni del governo. I nuovi giornali di quegli anni, come il Contemporaneo,
operarono quindi in un regime di libert controllata e anche se formalmente nulla era
cambiato (bisognava comunque ottenere lapprovazione preventiva di pi censori) era iniziato
un periodo di trasformazione rispetto al passato pi recente: lannuncio, forse, di una nuova
era. Una volta rotto il ghiaccio, nacquero in rapida successione numerose altre testate, come
LItalico, il Felsineo, tutte nelle nuove vesti di foglio politico. Persisteva per il clima
di incertezza: quel poco che era stato concesso avrebbe potuto essere revocato da un momento
allaltro. Cera una sorta di terra di nessuno, dove stampa clandestina e redattori audaci si
buttavano a capofitto. La mano pesante di qualche censore e leterno imbarazzo di Pio IX,
combattuto tra il desiderio di concedere e la paura di concedere troppo, contribuivano a
rendere pi complicata la situazione. La mancanza di una normativa faceva il resto,
aumentando il disordine. Ma qualcosa stava davvero cambiando. Pio IX parve avvertire le
nuove esigenze della societ e, se ancora ce ne fosse stato bisogno, fu lapparire di una nuova
testata nel gennaio 1847 a ricordarglielo: La Sentinella del Campidoglio si fece portavoce
del popolo romano, e dichiar esplicitamente quello che si sarebbe aspettata dal pontefice:
progresso, riforme, fermezza contro i casi di estrema censura.
4

I redattori auspicavano la nascita di un consiglio di censura, stanchi dei metodi inquisitori


di quella vigente. Era chiaramente concepita come un disagio, che andava risolto il pi in
fretta possibile, anche per controllare il generale stato di pericolosa euforia in cui versava il
Paese: la promessa dellimpegno del governo di creare una legge pi permissiva indusse i
giornali clandestini pi pungenti a moderare i toni.

1.1.2 Gli Editti sulla stampa del 15 marzo e del 25 agosto 1847
La legge arriv, come il Rapporto e Progetto di legge sulla stampa specialmente
periodica presentato dal governatore di Roma, mons. Grassellini, che suggeriva di
modificare le norme vigenti sulla censura (16 gennaio 1847). Due mesi dopo, il 15 marzo
1847, venne pubblicato un Editto.
Il 15 marzo del 1847 viene emanato leditto del segretario di stato, cardinale Gizzi, che si
intitola Disposizioni sulla revisione delle opere da pubblicare colla Stampa. In esso si legge:
In tanta copia di produzione [.] la segreteria di Stato non era pi in grado di soddisfare
a tutte le richieste con la prontezza dagli autori desiderata a pregiudizio della onesta libert
dello stampare. Si autorizza cotanto a trattare la storia contemporanea [ossia lattualit, la
politica, n.d.r.] purch non si arrechino offese alla religione, alla Chiesa, ai magistrati, ai
cittadini, agli Stati e ai governi esteri, e non si alimentino le fazioni, o si eccitino popolari
movimenti contro la legge2.
La nuova situazione che si venuta a creare nello Stato pontificio trova orecchie ed animi
attentissimi in tutti gli stati italiani.

Si lodava la stampa, strumento capace di ampliare la potenza della parola, ma subito


dopo si frenavano facili entusiasmi. Se da una parte si voleva agevolare il lavoro dei

Cesario PICCA, Senza bavaglio: levoluzione del concetto di libert di stampa, Pendragon,2005.

giornalisti, dallaltra si aumentavano il numero degli organi di controllo.

Che le

condizioni di vita della stampa non fossero poi tanto cambiate? In parte era cos, perch se
vero che veniva concessa la possibilit di trattare argomenti di natura politica e che i rapporti
tra sovrano e sudditi erano mutati (come testimonia la possibilit di partecipazione alla vita
dello Stato concessa a parte della popolazione fino a quel momento esclusa, come si leggeva
nelle regole da seguirsi dal Consiglio di censura) altrettanto vero che la legge non
accontentava certo il desiderio di libert: la censura preventiva non era scomparsa, gli
argomenti sui quali si poteva liberamente scrivere erano limitati (guai a dispregiare la
religione, la Chiesa, i suoi ministri, i magistrati, la milizia, le famiglie regnanti, i governi e le
potenze estere...), le pene per i fuorilegge erano esemplari e i gravi fiscali sulle opere
pubblicate erano stati mantenuti. Era lEditto dellambiguit, stretto dal contrasto tra riforme e
repressione. La reazione principale fu il sentimento di delusione in coloro che si aspettavano
una legge che concedesse molto di pi di quello che la stampa non avesse gi ottenuto in via
di fatto. Era se non altro unordinanza capace di cancellare secoli di tab assoluto in materia
di libert di espressione. Da quel momento, fino allo Statuto del 1848 che concesse completa
libert despressione nel regno Sabaudo, la stampa protagonista della vita politica, come
efficace strumento di pressione (positiva o negativa) nei confronti di Stato e Chiesa. Tra
inguaribili delusi e soddisfatti di una legge che fece molto discutere, il Contemporaneo
minacci la chiusura, e Pio IX dovette fare i conti con le prime manifestazioni di malcontento.
Pochi mesi dopo lEditto, la stampa si fece sempre pi vivace e battagliera, tanto che per
porre un freno alleccessiva autonomia dovette intervenire anche lAustria, che tramite suoi
rappresentanti chiese il sequestro del giornale romano, dimostrandosi preoccupata della
diffusione delle idee tramite la carta stampata. La nascita della Bilancia, primo giornale

filo-governativo, e la polemica risposta della Controbilancia, che non perdeva


occasione per ribadire una volta di pi la scarsa bont dellordinanza del 15 marzo, non
6

fecero altro che aumentare il clima di tensione e di fermento di quei mesi. A Roma e nel resto
dItalia si moltiplicarono gli scritti clandestini che prendevano di mira la politica del governo.
Anche la stampa autorizzata continuava a preoccupare, per la posizione ostile assunta nei
confronti dellAustria. Dopo aver convocato a riunione i redattori dei maggiori giornali
romani (il Contemporaneo, lItalico, la Pallade e la Bilancia) per imporre loro ferme
restrizioni, il governo trov la soluzione per impedire ai periodici di parlare di politica estera:
il ritorno al censore unico. Nientaltro che il metodo che aveva scontentato tutti quando
persisteva lassoluto divieto di trattare argomenti politici. Un netto passo indietro, che dest la
preoccupazione dei giornalisti. Timori fondati, visto ci che accadde il 25 agosto 1847:
lemanazione di un durissimo provvedimento contro la stampa clandestina, diretto verso
coloro i quali o mossi da vile interesse, o venduti ai nemici dellordine e del bene comune,
si fanno lecito di servirsi della stampa clandestina come distromento per offendere potenze
straniere, per infamare persone o per recitare lodio e i clamori dei cittadini3.
Fu una strana ordinanza, non giustificata dalla realt dei fatti: la stampa clandestina non dava
pi segni di vita e a Roma la situazione era assolutamente tranquilla.
I giornali avevano ormai raggiunto un certo grado di emancipazione nei confronti della
censura e non cera alcuna ragione o necessit di ricorrere ad un mezzo illegale. Tutto ci
indusse a pensare al provvedimento del 25 agosto come un preordinato piano del governo

per riprendere il controllo delle informazioni della stampa, sia legale che clandestina.
Nei mesi successivi il personaggio finito spesso e volentieri nellocchio del ciclone fu
il Cavaliere Betti, ovvero colui che ricopriva il ruolo di censore unico. Scelto di
comune accordo dal Segretario di Stato e dai rappresentanti dei giornali romani, in
Betti riponevano fiducia e speranza i giornalisti, che confidavano nella sua disponibilit
3

Giovanni PONZO, Le origini della libert di stampa, Roma, Giuffr Editore, 1980, p. 94.

(vera o presunta) a lasciar passare pi scritti politicizzati di quello che avrebbero fatto i suoi
colleghi del Consiglio di censura. appurato che durante il suo incarico i giornali romani
riuscirono a dibattere molto pi liberamente sugli avvenimenti che riguardavano il governo.
Tutto ci non fece altro che creare continue situazioni dimbarazzo tra Betti e il pontefice, che
dovette spesso sconfessare loperato del censore, arrivando persino a rimuoverlo dal suo
incarico.
Emblematico quello che accadde per alcuni articoli apparsi sul Contemporaneo del 12
ottobre. Nonostante fossero stati ritenuti compromettenti per la dignit del governo da parte
del direttore generale della polizia, il Betti non solo concesse il suo benestare per la loro
pubblicazione, ma aggiunse addirittura espressioni tutte sue, sempre pi offensive alla
dignit del governo4.
Il 6 novembre, ad ulteriore dimostrazione dellondata di repressione che lamministrazione
papalina era intenzionata ad estendere, la Segreteria di Stato invi alle province di Ravenna,
Bologna, Urbino-Pesaro, Macerata, Ancona e Perugia una circolare in cui richiamava i
censori affinch vigilassero specialmente sugli scritti che mettevano in discussione la politica
esterna ed interna del governo. Era chiaro ormai che ad esso mancava il giusto coraggio che
avrebbe richiesto la scelta di concedere una completa libert di stampa, che venne di continuo
frenata e controllata da segrete istruzioni ai censori. Si trattava ormai di un governo pi
preoccupato di contenere gli slanci della libert, che di assecondarli. Dellimperfezione della
legge del 15 marzo erano convinti sempre pi giornali e giornalisti, ma il governo gi
preparava le disposizioni che avrebbero portato da l a poco un nuovo vento di restrizioni.

Ibidem, p. 102.

1.1.3 Dallo Stato pontificio allo Statuto Albertino


Gli

avvenimenti

dello

Stato

pontificio

finirono

inevitabilmente per influenzare anche la situazione politica


degli altri Stati preunitari. Nel Regno sabaudo lo stato in cui
versava la libert di stampa nel 1846 non differiva molto da
quello riscontrato nello Stato pontificio: avere la possibilit
di discutere di politica era ancora una speranza lontana e
vedere comparire sui giornali parole come

riforme

necessarie costituiva un fatto pi unico che raro.


2. Carlo Alberto
Un passo alla volta per i primi vagiti della stampa politica portarono il Piemonte ad
assumere un ruolo di straordinaria importanza nel riconoscimento della libera espressione
nellItalia preunitaria.
Il giornalismo piemontese aveva superato la semplice fase di attivit letteraria e
scientifica, ma non aveva ancora raggiunto toni e audacia tipici delle discussioni politiche.
Solo pochi fogli tentavano timidamente di aggiungere unimplicita carica politica ai propri
articoli, comportamento decisamente coraggioso per lepoca.
Allinizio del 1847 era ancora enorme la distanza tra la stampa politica romana e quella
piemontese. Quando Carlo Farini scrisse un articolo sullAntologia Italiana, prima della
pubblicazione confess le proprie preoccupazioni al direttore del giornale, Francesco Predari,
perch lo scritto forse potrebbe dispiacere perch quasi interamente politico5, consigliando
al direttore di presentarlo come opera in difesa della politica di Carlo Alberto.
La censura non lasciava ancora spazio alla manifestazione di nuove opinioni e se la stampa
godette talvolta di qualche sporadica agevolazione fu solo per casi eccezionali, non certo per
5

Giovanni PONZO, op. cit., p. 168.

lo spirito di invocazione alla libert che si respirava in quei tempi. Sebbene fosse proibito agli
scrittori locali esprimere le proprie idee e le proprie aspirazioni, Carlo Alberto concedeva ai
periodici di altri Paesi di diffondere in Piemonte notizie e commenti che riteneva potesse
favorire la sua politica. Le autorit si curavano di alimentare sapientemente i sentimenti
antiaustriaci dellopinione pubblica liberale.
Ma gli scrittori dovevano guardarsi anche dal fare le osservazioni pi pacate e sensate su
qualsiasi aspetto della vita economica e amministrativa del Regno. I primi veri giornali
politici piemontesi sorsero soltanto dopo la promulgazione della legge sulla stampa del 30
ottobre 1847.
Fino ad allora vennero pubblicati fogli che avevano ormai acquistato una certa risonanza
anche fuori dai confini sabaudi, pur non essendo considerati di certo sullo stesso piano di
quelli che da mesi circolavano nello Stato della Chiesa. Cerano ad esempio l Antologia
Italiana di Predari, il Mondo Illustrato diretto da Giuseppe Massari e due altri periodici
assai popolari come il Messaggiere Torinese e le Lettere di Famiglia.
Ma una censura guardinga, sospettosa e assoggettata alle direttive imposte dallalto frenava
anche i pi cauti tentativi di manifestare bisogni e aspettative nei confronti del governo.
La situazione per mut ben presto. Durante alcune dimostrazioni popolari avvenute a
Genova venne fatta circolare una petizione al re, in cui si chiedeva la riforma della censura.
Non erano dunque solo i giornali ad auspicare unapertura verso la libert di stampa. Carlo
Alberto cominci allora a prendere in considerazione le riforme che Pio IX aveva approvato
da mesi nel proprio ordinamento interno. Lidea di poter creare ovunque ammirazione e
aspettative suscit in lui voglia di cambiamento. Il sovrano, a dire la verit, assecondava

queste istanze forse anche per convinzione, ma certamente per calcolo personale. Aveva
capito che vento tirava e preferiva anticiparlo anzich esserne travolto.
10

Del resto, il ritardo del Piemonte sulla via della concessione della libert si faceva
sempre pi evidente, ridimensionando il ruolo e il prestigio di Carlo Alberto, considerato
dallopinione pubblica una guida nella lotta per lindipendenza nazionale. Bisognava
dunque cancellare il male che attanagliava la stampa piemontese: larbitrio assoluto e
dispotico dei censori. Con le Lettere Patenti del 30 ottobre 1847 anche nel Regno sabaudo
avvenne la tanto auspicata riforma della stampa, palesemente ispirata in pi di un articolo
alla normativa gi in vigore nello Stato pontificio. Uno dei risultati pi importanti
conseguiti dalle legge fu quello di limitare il numero delle autorit e degli organi di governo
che potevano intervenire in materia. Dal Ministero degli interni dipendevano ora tutti gli
organi della censura che si occupavano della pubblicazione e del commercio di libri, stampe,
e soprattutto giornali.

permessa la stampa di qualunque scritto, non esclusi quelli che trattano di pubblica
amministrazione, mediante la precedente autorizzazione dellAutorit incaricata della
revisione. Lautorizzazione verr concessa per tutte le opere o gli scritti che non
offendano la Religione e i suoi ministri, la pubblica morale, i diritti e le prerogative della
Sovranit, il governo e i suoi magistrati6.
Anche il Piemonte, seppure in ritardo rispetto agli altri Stati italiani, era ormai sulla via
dellemancipazione dellopinione pubblica, fino ad allora monopolizzata dal governo.
Ben presto per lequilibrio creato si ruppe. Da una parte crebbe lossessivo timore
delle autorit che i giornali potessero turbare lordine pubblico travalicando i limiti
consentiti dalla legge. Dallaltra aumentarono le tensioni create tra Stato e vescovi

R. LEFEVRE, Leditto albertino sulla stampa del 1848, in Saggi e studi di pubblicistica, II-IV serie, Istituto
italiano di pubblicismo, Roma, 1954.

11

piemontesi, risentiti della mancata possibilit di esercitare la censura nelle materie


ecclesiastiche di loro competenza, da sempre considerato un loro antico privilegio.
La legge, infatti, non faceva alcuna distinzione tra scritti di natura politica, religiosa,
scientifica o altro, autorizzando le Commissioni di revisione ad esaminare ogni genere di
articoli. Per rimediare alla terribile svista, Carlo Alberto diede una diversa
interpretazione alle nuove norme, stabilendo che la revisione ecclesiastica doveva ritenersi
ancora in vigore, senza per concedere al censore ecclesiastico lesercizio delle sue
funzioni in completa autonomia. Il malcontento tra i vescovi rimase, e il contrasto con il
clero non si attenu fino alla concessione dello Statuto Albertino del 4 marzo, che avrebbe

sancito per tutti la completa libert di stampa. Nonostante queste difficolt, subito dopo
labrogazione della censura crebbero le domande di autorizzazione a fondare nuovi
periodici, nonch le richieste da parte delle testate gi esistenti di poter trattare i temi della
politica. La stampa piemontese si arricch cos di numerosi fogli: alcune delle pi
importanti citt del Regno, come Nizza con lEcho des Alpes maritimes e Cuneo con
La sentinella del Bisalta, annunciavano luscita di un proprio giornale politico.
La possibilit di manifestare e discutere le proprie idee era ormai diventata unesigenza
della societ, e molti giornali lasciarono capire che la libert appena concessa doveva
servire a prepararne una pi ampia. Lautonomia attribuita alla stampa era quindi da
considerarsi insufficiente, per la presenza della censura, ma anche per la limitatezza dei
problemi che essa poteva affrontare. Nelle riunioni ministeriali allinterno del governo si
torn a parlare della pericolosa influenza che il giornalismo politico esercitava
sullopinione pubblica. Lasciarlo continuare su questa linea avrebbe potuto portare
allanarchia. Secondo il ministro degli esteri la situazione ormai era chiara: la stampa
abusava dellautonomia concessa e non restava che promuovere una legge supplementare,
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tutti i membri del Consiglio si sono dichiarati daccordo sullopportunit di rettificare


le legge sulla censura.
Ma la stampa aveva ormai mostrato di aver preso coscienza del proprio potere e delle
proprie funzioni, tanto che Cavour sugger di chiedere al sovrano un mutamento
sostanziale del quadro politico, avanzando la proposta di un regime costituzionale. Era
una provocazione che avrebbe potuto compromettere il futuro della libert di stampa in
Piemonte, ma Cavour confidava nella pressione da lui esercitata sul governo, considerando la
libert di stampa il mezzo principale di civilt e di progresso dei popoli. Al Consiglio di

conferenza del 7 febbraio 1848 la questione fu ripresa in esame. Vi parteciparono le pi


alte cariche del Regno, invitati a esporre il proprio pensiero sulla situazione in cui versava
lopinione pubblica in Piemonte. La maggioranza attribu alla stampa gran parte della
responsabilit del turbamento in cui viveva il Paese. Il quadro della situazione presentato
al sovrano era per un atto di accusa anche nei confronti della censura, che aveva proprio
lo scopo di prevenire ed evitare certi sconvolgimenti. Del resto, il giurista Federico
Sclopis spieg come le restrizioni piemontesi non potevano essere pi rigorose di quelle
degli altri Stati italiani, poich i giornalisti si sarebbero ribellati fuggendo nei Paesi vicini.
La stampa aveva evidenziato come il Paese desiderasse avanzare sulla strada del
progresso, ben al di l di quanto la stessa popolazione avesse potuto immaginare. I
giornali avevano sollecitato e dato voce alle pi nascoste ed inespresse aspettative dei
cittadini. Bisognava rendersi conto che le masse erano eccitate dalla stampa.
Alla fine, i consiglieri del re convennero sulla necessit che tra i principi fondamentali
della Costituzione che il sovrano si apprestava a concedere fosse inserito anche quello
riguardante la stampa e la sua libert.

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1.3 Dallo Statuto Albertino allavvento del fascismo


La stampa sar libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi,
i libri liturgici e di preghiera non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del
vescovo7.
Con queste parole, scritte nellarticolo 28 dello Statuto
Albertino pubblicato il 4 marzo 1848, la completa libert di
stampa fu di fatto introdotta in Piemonte. La norma portava
con s gli elementi caratteristici del modello francese (riserva
di legge nel definire la nozione di abuso) e rappresentava il
3. Statuto Albertino
miglior compromesso per risolverlo storico contrasto tra la concessione della libert di stampa
e la volont del potere di controllarla.
La conquista pi importante portata dallo Statuto fu senza dubbio la scomparsa di qualsiasi
forma di censura preventiva.
qualunque suddito del Re il quale sia maggiore di et e goda del libero esercizio dei diritti
civili, potr pubblicare un giornale o scritto periodico.
La Carta albertina del 1848 appartiene al genere, molto diffuso nello scorso secolo, delle
costituzioni brevi, assai pi attente ai problemi concernenti l'organizzazione costituzionale
dello Stato piuttosto che al complessivo modo di essere dell'ordinamento giuridico statale.
Inoltre si trattava (secondo la maggior parte degli autori) di una costituzione flessibile,
parificata alla altre leggi dello Stato; quindi facilmente modificabile.
Secondo Cereti8 , le costituzioni si distinguono in rigide e flessibili a seconda del modo di
formazione e modificazione delle norme costituzionali. In particolare vanno definite rigide
7

Giorgio LAZZARO, La libert di stampa in Italia dallEditto albertino alle norme vigenti, Mursia, Milano1969.

C. CERETI Corso di diritto costituzionale italiano, TORINO, 1958

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quelle nelle quali, stabilendosi una ben precisa distinzione tra il potere costituente ed il potere
legislativo ordinario, le leggi costituzionali possono essere rivedute solo da speciali organi o
con particolari procedure, e nelle quali nuove norme costituzionali non possono essere
emanate che da detti organi o con le procedure speciali. In questo caso le leggi ordinarie sono
subordinate alle leggi costituzionali alle quali debbono conformarsi. Si dicono invece
flessibili le costituzioni le cui disposizioni possono venire modificate dai normali legislatori
con le procedure ordinarie, sono ricalcate sul modello inglese.
Lo Statuto valorizza lorgano parlamentare, ma lassenza di un sistema di controllo di
legittimit costituzionale sulle leggi, finisce per tradursi in una sorta di delega in bianco a
favore di contingenti maggioranze parlamentari. Nasce cos lEditto sulla stampa con
tendenze restrittive (facolt del giudice di procedere al sequestro anche prima della eventuale
sentenza di condanna = sequestro preventivo) e lintroduzione della nozione di abuso
nellesercizio della libert di stampa, ma affidata ad una disciplina specifica, non quella
codicistica. Gli abusi riguardano sia interessi pubblici che privati. Solo con lavvio del
periodo giolittiano (siamo agli inizi del novecento) c unattenuazione delle tendenze
restrittive in materia di libert di stampa (abolito il sequestro preventivo, il sequestro
possibile solo ad avvenuto accertamento da parte del giudice del reato a mezzo stampa).
Gi il 26 marzo per, Carlo Alberto eman un Editto costituito da ben 91 articoli, opera
principalmente di Federico Sclopis. In esso venivano regolate, minuziosamente, le modalit
per la pubblicazione di un testo a stampa, sia comune che periodica. Gli articoli annoveravano
gli adempimenti da compiersi prima della diffusione della testata. Cancellato il sistema della
censura preventiva, le nuove norme cercavano di rendere agevole la repressione di eventuali
illeciti. Mentre per la stampa comune lEditto si limitava a prevedere la consegna di una copia
presso lautorit giudiziaria, per la stampa periodica gli obblighi erano pi gravosi.

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Innanzitutto non era necessaria la cauzione, nemmeno minima (cosa che invece accadeva
nel sistema adottato in Francia nel 1828, a cui lo Statuto si ispirava). Occorreva per
presentare alla Segreteria di Stato per gli Affari Interni una dichiarazione scritta, contenente la
natura della pubblicazione, il nome della tipografia (che doveva essere legalmente
autorizzata) nonch il nome dello stampatore. Doveva inoltre risultare lesistenza di un
proprietario che poteva essere una persona fisica oppure una societ riconosciuta.
Infine, una persona doveva assumere la qualifica di gerente responsabile (lattuale figura
del direttore responsabile), con tutto ci che ne conseguiva. Qualsiasi modifica rispetto
alliniziale dichiarazione poteva comportare una multa sino a 300 lire. Qualunque giornale
fosse invece stato pubblicato senza la preventiva consegna dei documenti sarebbe andato
incontro a multe da 100 a 500 lire, insieme ad una pena detentiva fino a sei mesi per il
proprietario.
Ma quali erano i compiti del gerente responsabile? Questi era tenuto a firmare la prima
copia di ciascun numero del giornale, mentre tutti gli altri esemplari dovevano riportare la
stessa sottoscrizione. I gerenti dovevano poi inserire, per intero e gratuitamente, le risposte o
le precisazioni delle persone citate o indicate negli articoli, non oltre la seconda pubblicazione
successiva al giorno in cui le avessero ricevute.
Tali pubblicazioni sarebbero state a pagamento solo se la lunghezza della risposta avesse
superato il doppio della lunghezza dellarticolo originale. abbastanza ovvio che queste
norme siano del tutto assurde se comparate con le moderne dimensioni e abitudini di un
giornale. Basti pensare alla responsabilit che tutti i firmatari degli articoli avevano su
eventuali omissioni , riguardanti lamministrazione del giornale: norma osservabile in piccoli
periodici a gestione famigliare, con pochi e usuali collaboratori. Decisamente pi ardua
lapplicazione in riferimento a giornali di una certa mole o dimensione, con corrispondenti
esterni, occasionali e dislocati in luoghi diversi da quello di stampa.
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Dopo il 1848 tutti i governi degli Stati preunitari, sullonda dei movimenti rivoluzionari e
delle rivendicazioni liberali, sancirono il principio della libert di stampa allinterno delle
proprie Costituzioni. La regolamentazione data allepoca dallEditto Albertino rimase in
vigore fino allavvento del fascismo, divenendo la cornice legislativa e il punto di riferimento
obbligato per quanti lavoravano nel settore della stampa. Delle restrizioni alla libert di
stampa si susseguirono per negli anni successivi, a causa di avvenimenti che portarono anche
alla soppressione dei diritti ottenuti con lEditto, come in occasione della guerra del 1859, o
anche a causa delle norme di emergenza emesse durante la Terza Guerra dIndipendenza del
1866. Dopo lUnit, con lo straordinario sviluppo della stampa periodica diffusa in tutto il
territorio nazionale, il dibattito politico e la vigilanza delle autorit si concentrarono su quegli
strumenti di comunicazione che potessero creare problemi di ordine pubblico. In questo
modo, ad ogni progetto di revisione dellEditto, da Crispi a Pelloux, si riaccendevano le
discussioni intorno ad alcuni temi caldi, come il sequestro preventivo e lautorit che avrebbe
dovuto ordinarlo. Caddero sotto la scure dei sequestratori non solo giornali, ma anche libri
accusati in genere di acceso anticlericalismo, istigazione allodio di classe o semplice
oscenit. Talvolta, come ad esempio nel caso de Gli scamiciati di Paolo Valera, liter
giudiziario si concluse con unassoluzione, anche se la vicenda rappresent un eccellente
deterrente per scoraggiare leditore Ambrosoli (che non riusc pi a recuperare le copie
sequestrate) a prendere analoghe iniziative editoriali9.

Maria IOLANDA PALAZZOLO, Le forme della censura nellItalia liberale, La Fabbrica del libro,
1/2005, p. 4.

17

4. Prima pagina de LItalia del popolo, con un articolo sequestrato il 9 settembre 1893 (a sinistra). Il
giorno successivo (a destra) comparve leditoriale Il nostro sequestro di ieri, in cui si chiese spiegazione al
procuratore generale di Milano, che ci ha proprio fatti cadere dalle nuvole, senza risparmiare bordate alle
autorit: col pretesto della solita eccitazione allodio fra le classi sociali si pu sequestrare, se si vuole, anche
il Pater noster. E dopo la precisazione non eccitavamo nessuno a cose illegali: dicevamo del diritto che
hanno i cittadini di vegliare a che non esca dalla legge il governo, si concluse con una chiara presa di
posizione: Si pu sequestrare per tutto ci un giornale? A noi pare di no.
Alla fine del 1800, le condizioni del paese migliorano e ne risente positivamente anche la
stampa. Il servizio telegrafico diventa meno oneroso e le linee ferroviarie vengono ampliate.
Grazie a questi due fattori, cresce la qualit dei giornali e il numero dei lettori. Nonostante
ci, tuttavia siamo ancora indietro rispetto gli altri paesi e per di pi il nostro giornalismo si
porta dietro una pesante palla al piede ancora oggi molto ingombrante: linfluenza politica.
Nel 1877, alla nascita dellAssociazione stampa periodica Italiana (Aspi), segue la definizione
di giornalismo come prestazione intellettuale a carattere professionale. Nello statuto
dellassociazione sono previste tre figure professionali: gli effettivi che esercitano in maniera
esclusiva la professione i pubblicisti che possono anche svolgere altre professioni e i
frequentatori, personalit del mondo politico-culturale che ogni tanto pubblicano articoli sui
18

mezzi di informazione. Gli ultimi anni del 1800

sono caratterizzati da una forte

radicalizzazione politica. I giornali si schierano sempre pi da una parte o dallaltra e spesso


sono affiancati dagli organi di partito. Nel 1896, per esempio, nasce l Avanti! , lorgano
del PSI. Ed e di questi anni la nascita dei primi fogli cattolici. Il XIX secolo si conclude con
la stampa che subisce sempre pi gravi limitazioni.

1.2 La stampa di inizio Novecento


Linizio del novecento nonostante tutte le gravi limitazioni del secolo precedente,porta con se
tutte le premesse per garantire al paese di proseguire sulla via della modernit. La popolazione
Italiana continua a crescere, lanalfabetismo accenna a diminuire, i collegamenti ferroviari
coprono quasi lintero paese, il servizio postale migliora e il telegrafo diventato un oggetto
di uso comune senza contare i primi impieghi del telefono. Erano tutte condizioni importanti
per lo sviluppo della stampa. Al potere va Giovanni Giolitti e lItalia si incammina davvero
sulla via della libert. La lotta contro i disegni e i pericoli reazionari stata vinta, i giornali
hanno avuto un ruolo importante e la loro forza di condizionare in qualche modo lopinione
pubblica diventa sempre pi evidente. Gi molti anni prima lo avevano intuito i sovrani e
adesso lo capisce anche il nuovo presidente del Consiglio che non esita a ricorrere ad atti di
pressione o di sostegno per accattivarsi il quarto potere10.
Le cose cominciarono a cambiare nel corso della Prima guerra mondiale quando furono
promulgati ordinamenti straordinari riguardanti la stampa, anche prima dellentrata in
conflitto dellItalia. Era vietata la diffusione di informazioni non emesse dal governo o dai
comandi superiori dellesercito e che riguardassero, tra le altre cose, il numero dei feriti, dei

10

Paolo MURIALDI, Storia del giornalismo italiano, Il Mulino, 2006.

19

morti e dei prigionieri. Era inoltre proibito fare previsioni sulle operazioni militari o rendere
pubbliche notizie sulle nomine e le variazioni negli alti comandi dellesercito.
Fu per con lavvento di Mussolini e del fascismo che vennero approvate norme che di
fatto sovvertirono i principi dello Statuto Albertino. La politica fascista nei confronti della
stampa si espresse in un articolato e rigido regime di controlli preventivi sullesercizio della
libert di stampa, in un rafforzamento dei poteri discrezionali dellautorit di pubblica
sicurezza in questo campo, in un inasprimento dei poteri repressivi del giudice e introdusse
forme di sostegno economico alle industrie editoriali, fatto questo che introdusse una novit
che rimase anche successivamente al crollo del fascismo. Anche il gerente responsabile della
pubblicazione era di nomina prefettizia.
la stampa negatrice della patria e demolitrice dellopera del governo fascista abusa
ignobilmente della longanimit fascista e manifesta velleit di ripresa [...] si invita il governo
fascista ad applicare senza indugi i provvedimenti contro la stampa nemica della rivoluzione
fascista11.

11

Giancarlo CARCANO, Il fascismo e la stampa, Torino, Guanda, 1984, p. 40.

20

1.2.1 La libert di stampa durante il fascismo

Con lavvento del Regime fascista si segn linizio di


una trasformazione progressiva della disciplina della
libert di stampa: da un carattere repressivo dei possibili
abusi nellesercizio di un diritto di libert, ad un
carattere totalmente cautelativo. Tale trasformazione fu
insita nel tipo di regime autoritario che si stava
instaurando, ma anche conseguenza di un diverso
atteggiamento che il regime assunse con riferimento
allintero settore dellinformazione. Un atteggiamento
5. Mussolini
che fu espressione della piena consapevolezza dello stretto collegamento funzionale che lega
le attivit di comunicazione sociale e lassetto degli equilibri politici, non in chiave di libert e
di partecipazione politica, bens in chiave di difesa e rafforzamento del potere costituito.
appunto questa consapevolezza che spinse il legislatore a mettere in campo una serie
articolata di istituti, attraverso i quali alla tradizionale funzione repressiva dei pubblici poteri
si affianc un ruolo progressivamente sempre pi incisivo che si tradusse in una fitta rete di
rigidi controlli che toccarono non solo il contenuto degli stampati, ma le stesse condizioni di
esercizio della libert di stampa.
E' generalmente riconosciuto al fascismo (e al nazismo) il tentativo pi organico di
organizzare un consenso di massa attraverso l'utilizzo dei mezzi di comunicazione.
Effettivamente, l'analisi dell'opera di controllo e produzione sui media (stampa,radio,cinema)
compiuta da Mussolini lascia pochi dubbi a riguardo. Egli aveva ben compreso l'importanza
dell'opinione pubblica; fu abile nello scoprire prima di altri come fosse possibile divulgare
praticamente qualsiasi idea purch si controllassero stampa e radio. Secondo Mack Smith a
21

Mussolini "piaceva sostenere che l'opinione pubblica poteva cambiare indirizzo nel giro di
ventiquattr'ore, semplicemente con un accorto uso dei titoli di giornale12".
Non un caso che , cos come lo stesso Mussolini, molti gerarchi italiani esercitavano (o
avevano esercitato) la professione di giornalista. Il loro compito era quello di generare il
consenso o, quanto meno, l'illusione che esso ci fosse. Anche la politica estera fascista si
basava sulla ricerca di una serie ininterrotta di successi politici, tali da determinare titoli a
carattere cubitale sui giornali, fonte precipua di consenso e ammirazione tra la popolazione.
L'educazione delle masse, aveva affermato il Popolo d'Italia13 il 15 dicembre 1929, come
educazione "integrale e totalitaria", il "problema centrale, tutt'uno col problema politico
del fascismo14".
In Mussolini vi era una concezione ben definita delle masse, concezione che, secondo De
Felice15, egli aveva ereditato da Sorel16 e , ancora di pi, da Le Bon17. Questi aveva indicato
con molta energia i meccanismi che a suo parere determinavano il comportamento collettivo,
la psicologia delle folle. Per fare colpo sul loro animo le istituzioni erano inefficaci, cos come
gli strumenti fino ad allora ritenuti classici. Secondo Le Bon l'immaginazione delle folle

12

Denis MACH SMITH, Gli anni del consenso, in A, PETACCO Storia del fascismo, Roma , 1985

13

Giornale fondato da Mussolini nel novembre del 1914 ed in seguito diretto dal fratello Arnaldo

14

Problema politico, in Il Popolo d'Italia, 15 dicembre 1929

15

Renzo DE FELICE, Intervista sul fascismo, Laterza,1975

16

Scrittore e uomo politico francese (1847 - 1922) , sostenitore in una prima fase di un sindacalismo
rivoluzionario ed avvicinatosi in un secondo momento ad ambienti monarchici, reazionari ed antisemiti.

17

Sociologo francese. Noto per La psicologia delle masse (1894).In tale lavoro viene sottolineato il carattere
particolare del fenomeno massa, luogo di fusione delle coscienze e combinazione originale dei tratti
psichici degli individui che ne fanno parte, tale da costituire un organismo a se stante. Al centro del
fenomeno massa si colloca il leader, le cui idee trovano diffusione per contagio e imitazione.

22

andava colpita ripetutamente con parole tali da evocare negli animi immagini "grandiosi e
vaghe18".
Tornando al nostro discorso, si capisce che il fascismo riteneva necessario che le masse19 si
sentissero integrate nel regime ed era consapevole di come il loro consenso fosse
fondamentale per la sua stessa sopravvivenza.
Ma qual era la situazione italiana agli albori dell'esperienza fascista?
A livello sociale vi era un diffuso senso di stanchezza collegato ad una preoccupazione per le
condizioni dell'economia del paese che riguardava i suoi vari aspetti (produzione,
occupazione, costo della vita).
Andando poi ad analizzare la situazione politica, si pu notare come i partiti antifascisti
fossero profondamente screditati agli occhi della popolazione. "Liberalismo, democrazia,
socialismo mancavano in Italia di una robusta tradizione ed una larga esperienza positiva20"; i
vari partiti erano reduci da anni di reciproci contrasti e da innumerevoli critiche che avevano
generato nella gente grande insofferenza verso la loro politica e, ancor peggio, verso gli ideali
di cui essi erano portatori.
Anche il partito fascista non godeva di soverchio credito, per alcuni fattori giocavano a suo
favore. Un primo fattore che non deve essere sottovalutato (per quanto possa sembrare
secondario) concerne i consensi e i riconoscimenti di cui il fascismo e Mussolini in particolare
godevano all'estero.

18

questo argomento v. Renzo DE FELICE, Mussolini il fascista, Torino, 1966

19

Su Per il coinvolgimento in particolare dei ceti sociali pi bassi, v. P.V. CANNISTRARO La fabbrica del
consenso, Bari, 1975

20

Renzo DE FELICE, Mussolini il Fascista, cit.,370

23

Questi successi, soprattutto a decorrere dal 1929, quando ormai la presa del potere era
consolidata, diffusero in vasti strati della popolazione italiana la convinzione di essere
protagonisti di fatti che destavano ammirazione in tutto il mondo21.
Un altro fattore da evidenziare il grande prestigio personale di cui godeva Mussolini,
prestigio che andava a compensare nelle convinzioni di molti Italiani i limiti ed i lati negativi
che l'esperimento fascista andava viepi manifestando.
Un ultimo aspetto che indubbiamente concorse a favorire il fascismo, soprattutto nella fase
che lo condusse al potere, fu il progressivo deterioramento della sensibilit democratica e
costituzionale del paese, dovuto alla disciplina di guerra e agli effetti psicologici del conflitto
sull'opinione pubblica22.
Allalba della nascita del nuovo movimento a cui faceva capo Mussolini, tra i vari
periodici italiani erano assai diffusi ondeggiamenti, incertezze, contraddizioni. Era infatti
comune la convinzione che il fascismo, dopo aver avuto un ruolo importante per allontanare il
pericolo rosso, si sarebbe costituzionalizzato. Emblematico, ricorda Mauro Forno dottore
in ricerca in Storia contemporanea presso lUniversit di Torino , che il Corriere della sera
pochi giorni prima della Marcia su Roma parlasse dellesigenza di un governo con lo spirito
liberale e la risoluzione fascista, auspicando la formazione di un esecutivo capace di
contrastare gli aspetti antilegalitari operanti allinterno del fascismo e di garantire spazio e
futuro ai tradizionali ceti dirigenti.

21

Su questo argomento v. D. BIONDI La fabbrica del Duce, Firenze, 1967 che riporta, tra le altre cose, una
serie di frasi molto significative attribuite al Primo Ministro inglese W. Churchill e da egli pronunciate
nella prima fase dell'esperienza fascista. Eccone alcune: "Ecco un uomo che mi interessa (...)Se arriva al
potere e preserva all'Italia un minimo di democrazia, potrebbe essere la grande lezione per l'Europa".
Oppure: "E' facile accorgersi che l'unico pensiero di Mussolini il benessere durevole del popolo
italiano". Ed ancora: " Il genio romano impersonato da Mussolini (...), ha mostrato a molte nazioni come
si pu resistere all'incalzare del socialismo".

22

C. GHISALBERTI Storia costituzionale d'Italia 1848/1948, Bari, 1992.

24

Gi nellimmediato pre-fascismo per si verificarono i primi attentati alla libert di stampa:


nel 1921 furono ventinove le sedi di giornali che subirono assalti e devastazioni da parte delle
squadre fasciste.
Esse non si limitarono a rappresaglie nei confronti dei fogli comunisti e socialisti, ma
colpirono tutte le testate che in qualche modo manifestavano anche la minima opposizione ai
progetti intimidatori del movimento fascista.
Mussolini non fece altro che spingere alle estreme conseguenze lutilizzo di strumenti a
suo tempo adoperati dai governi liberali. A partire dalla sistematica raccolta di informazioni
sui giornali, sui loro direttori e sui loro finanziatori. Molti provvedimenti inoltre ebbero lo
scopo, pi che di fascistizzare la stampa, di ridurre al silenzio il dissenso, le voci contrarie.
Dallottobre-novembre 1921 anche il giornale Il Paese era stato preso di mira con
unazione deliberata e costante di boicottaggio in provincia, onde determinarne la crisi
finanziaria: minacce ai rivenditori, incendi di
edicole, sequestri di pacchi del giornale alle
stazioni e negli uffici postali23... In quegli
anni,

gli

episodi

di

boicottaggio

erano

allordine del giorno: Nellagosto del 1922 il


giornale la Stampa di Torino pubblic un
articolo col titolo Conclusioni in cui i fascisti
riscontrarono biasimo per azioni da loro svolte. Furono bruciati due pacchi del giornale e
Alessio Niccolai fu riconosciuto da alcuni fascisti torinesi e malmenato.

23

Valerio CASTRONOVO, La stampa italiana dallunit al fascismo, Bari, Laterza, 1970, p. 342.

25

Rivenditori ed edicole si rifiutarono di vendere copie del predetto giornale per paura di
rappresaglie24. Il Congresso federale della stampa italiana (tenutosi a Trieste dal 16 al 19
settembre 1922) denunciava la frequenza e la gravit degli attentati contro giornali e
giornalisti, facendo appello al giudizio dellopinione pubblica e alla responsabilit della classe
politica. Ma latmosfera che si respirava era tuttaltro che di civile convivenza. Piano piano, a
partire dalla stampa di provincia, abbandonata a se stessa e senza protezione della polizia, i
giornali cominciarono con lastenersi dal criticare il fascismo, sino a diventare in buona parte
succubi dei nuovi governanti.
Le minacce erano rivolte non solo ai lettori, ai giornalisti, ai collaboratori e ai direttori
delle testate, ma anche ai finanziatori delle stesse. Ad esempio, ecco cosa scrisse Mussolini al
prefetto di Milano il 28 giugno 1923:
Constato da qualche tempo giornale Avanti! ha ripreso certa baldanza imbecille stop
faccia comprendere nel modo migliore che socialisti non devono nutrire illusioni.

1.2.2 Le prime restrizioni del Regime


La vittoria del Duce provoc reazioni contrastanti tra le principali testate e tra i rispettivi
direttori: in molti salutarono lascesa di Mussolini, ma fra le righe di una prosa entusiastica si
coglieva la preoccupazione che il nuovo capo del governo avrebbe potuto porre limitazioni
alla libert despressione. I fascisti non fecero nulla per dimostrare che altre erano le
intenzioni: nei giorni successivi alla Marcia su Roma e allincarico dato a Mussolini di
formare il nuovo governo, furono letteralmente devastati dagli uffici dell Avanti!, organo
dei socialisti massimalisti, de La Giustizia foglio dei socialisti unitari, de LOrdine nuovo
di Torino e de Il Comunista di Roma, giornali del Partito comunista dItalia.

24

ACS, Min. Interno, Dir. Gen. Pubb. Sicurezza, 1922, busta 58, e ACS, Presid. Consiglio, Gabinetto, Atti
(1919-1936) fasc. 3.17, citato in Giancarlo Carcano, op. cit., p. 24.

26

Nel discorso di presentazione alla Camera del suo ministero, il 16 novembre 1922,
Mussolini fece un affermazione che , alla luce dei successivi atti posti in essere dal suo
governo, si rivel niente pi che una bolla di sapone. Egli infatti disse: " Le libert statuarie
non saranno vulnerate. La legge sar fatta rispettare a qualunque costo". Qualche anno dopo,
nel 1925, quando ormai il Governo si era tramutato in regime, lo stesso Mussolini rilasci un
intervista ad un'inviata del giornale inglese Daily Express nella quale dichiar, tra le altre
cose: "La Libert! esiste forse qualcosa di simile che si avvicina? (...) Essa non esiste che
nell'immaginazione dei filosofi, che ottengono dal cielo la loro filosofia impraticabile25".
Nei mesi seguenti il capo del Governo ebbe modo di specificare meglio queste
affermazioni arrivando a dire, in un discorso pubblico "La libert non un diritto: un
dovere; non una elargizione: una conquista; non una eguaglianza: un privilegio26".
A questo punto, volendo comprendere la scaturgine di queste frasi pronunciate dal
fondatore del fascismo, dobbiamo tenere presente la concezione dello Stato che emerge da
quanto teorizzato da egli stesso o da altri giuristi dell'epoca. Per quanto concerne la posizione
di Mussolini utile considerare quanto da egli scritto nello statuto del partito del 193827.
Innanzitutto Mussolini si impegna a svalutare l'apporto sociale delle dottrine liberali,
socialiste e democratiche fiorite nel XIX secolo; in particolare egli afferma, riguardo l'unit
italiana, che "il liberalismo vi ha avuto una parte assolutamente inferiore all'apporto dato da
Mazzini e da Garibaldi che liberali non furono".

Successivamente , passando a tratteggiare il fascismo, egli ne sottolinea la concezione


di assolutezza dello Stato, dinanzi al quale individui e gruppi sono delle entit relative.
Mussolini chiude il suo brano dicendo che lo stato fascista "ha limitato le libert inutili o
25

Su questo argometo v. A. PETACCO Storia del fascismo, Roma, 1985

26

Frase riportata da G. SPINETTI Fascismo e libert, Padova, 1941

27

Brano tratto da A. AQUARONE L'organizzazione dello stato totalitario, Torino, 1978

27

nocive e ha conservato quelle essenziali. Chi giudica su questo terreno non pu essere
l'individuo ma soltanto lo Stato".
Consideriamo ora il pensiero di altri autori fascisti: Viviani, D'Alessio e Lucatello. Nella
sua opera28 Viviani afferma che lo Stato fascista non pu limitarsi ad una funzione di ordine e
tutela come quello liberale, ed i diritti dei cittadini non sono che il riflesso del diritto
immanente in esso, quindi esistono "in quanto esistono lo Stato e la sua sovranit".
Chiudendo questo concetto egli retoricamente sostiene che lo stato totalitario necessario
"per assorbire trasformare e potenziare tutta l'energia e la speranza di un popolo".
Nello stesso solco D'Alessio29 vede lo stato come organo di attuazione di finalit che non
possono riferirsi ad alcuno dei singoli cittadini o gruppi che lo compongono. In particolare la
collettivit non deve essere confusa coi singoli: essa ha una propria vita alla quale si
subordina la vita dei singoli. "I bisogni possono essere coincidenti (...); possono essere
divergenti o contrastanti e in tal caso, (...), i bisogni della collettivit prevalgono su quelli dei
singoli". Per l'autore il diritto soggettivo non elemento necessario della norma giuridica, ma
solo una manifestazione di essa meramente eventuale e non necessaria. E' per questo motivo,
secondo D'Alessio che l'interesse generale protetto e garantito anche nell'interesse
individuale. Ne deriva una protezione indiretta ed occasionale, ma pur sempre efficace, di tali
interessi privati.
La conclusione del giurista che "dal fatto che un diritto subiettivo possa risolversi o
venire limitato non pu inferirsi che esso non esista o non sia riconosciuto".

28

L. VIVIANI Che cosa il fascismo, Isola dei Libri, 1926

29

F. D'ALESSIO Lo stato fascista come stato di diritto, in Scritti giuridici in onore di S. Romano, Padova,
1940

28

Considerando infine l'opera di Lucatello30 notiamo come egli sottolinei il fatto che , a
differenza degli stati democratici, gli ordinamenti italiano e tedesco non riconoscono pi ai
singoli individui un assoluto diritto di libert.
Essi non sono limitati, nella salvaguardia degli interessi generali della comunit, dalla
manifestazione del diritto di libert, "che consiste nell'affermare anche pubblicamente il
proprio pensiero politico", e non permettono agli individui di propagandare le loro opinioni
circa un eventuale mutamento della struttura dello Stato. A questo punto per interessante
ricordare come nel fascismo delle origini, quanto meno a livello di dichiarazioni ufficiali, si
fosse ben distanti da questi principi.
E' a proposito molto significativo quanto riporta in una sua opera un costituzionalista
dell'epoca, Silvio Trentin31.
Questi fa riferimento a quanto scritto dallo stesso Mussolini sul Popolo d'Italia in giorno
11 novembre 1919, ove detto: "Noi affermiamo che se domani i nostri pi feroci avversari
fossero vittime in tempi normali di un regime di eccezione, noi insorgeremmo perch siamo
per tutte le libert, (...). Si tratta della cosa pi sacre al mondo: la libert."
Anche la chiusura dell'articolo lascia perplessi: "Noi vogliamo la libert per tutti, noi
vogliamo che la libert universale ci governi, non la volont di un gruppo o di un uomo,
chiunque esso sia."

Del resto, lambiguo comportamento di Mussolini non rassicurava di certo testate e


associazioni della stampa: Intendo salvaguardare la libert di stampa dichiar il Duce
, purch la stampa sia degna della libert.

30

G. LUCATELLO Profilo giuridico dello Stato totalitario, in Scritti giuridici in onore di S. Romano,
Padova,1940

31

S. TRENTIN Dieci anni di fascismo, Roma, 1975

29

La libert non soltanto un diritto, anche un dovere. Il tiepido atteggiamento dei


giornali e della Federazione fin per tradursi in una vera e propria complicit. Anche Mario
Borsa, giornalista e storico oppositore di Mussolini, rilev che il fascismo non avrebbe avuto
cos largo sviluppo se la stampa non lo avesse lasciato fare, mantenendosi in un riserbo che
pot essere interpretato come una approvazione. Nel 1923 Mussolini ruppe quindi gli indugi
pubblicando un decreto-legge sulla stampa, sottoposto subito dopo alla firma di Vittorio
Emanuele III. La disciplina della responsabilit dei reati a mezzo stampa fu modificata sotto
un profilo fondamentale: quello dei requisiti richiesti per lo svolgimento dei compiti affidati
alla figura del gerente responsabile. Si stabil che questi dovesse essere necessariamente un
soggetto coinvolto nella gestione del periodico, cos da evitare le difficolt che la prassi
precedente aveva evidenziato, legate soprattutto alla debolezza del controllo sul contenuto
degli stampati affidato a soggetti che potevano essere anche del tutto estranei alla vita del
periodico stesso. Inoltre si stabil di sottoporre a riconoscimento prefettizio la sua nomina e di
affidare alla stessa autorit il potere di revocarne il riconoscimento dopo la commissione di
due reati a mezzo stampa nellarco di un anno, nonch il potere di negare il riconoscimento al
gerente subentrante, nellipotesi in cui quello sollevato dallincarico avesse subito nello stesso
anno due condanne per reati a mezzo stampa, comportanti una pena detentiva non inferiore ai
sei mesi.
Erano dunque una serie di poteri che finivano per tradursi in un meccanismo di
condizionamento dellesercizio della libert di stampa, che aveva come possibile risultato la
paralisi della pubblicazione della testata. Il provvedimento fu un trauma per tutto il mondo
giornalistico italiano. Dopo le reazioni di giornali e associazioni, Mussolini smorz i toni
firmando un falso armistizio, confidando nella buona condotta della stampa, tale da non
rendere necessaria lapplicazione del provvedimento.

30

Nello stesso periodo per crescevano le potenzialit della stampa fascista, con laumento
dei giornali fedeli al Regime: da Il Popolo di Brescia a Cremona Nuova, fino a Regime
Fascista, che da settimanali diventarono quotidiani. La strada intrapresa fu chiara e le parole
di Mussolini questa volta non lasciarono adito a interpretazioni:
Bisogna essere pro o contro. O fascismo o antifascismo. Chi non con noi, contro di noi.

Altre novit introdotte in quegli anni


consistevano nella configurazione della
responsabilit passabile al direttore del
periodico in termini di responsabilit
oggettiva per fatto altrui. Si stabil che chi
rivestiva la qualit di direttore era
chiamato a rispondere, insieme allautore
dello scritto, del reato a mezzo stampa. Questa novit deve essere letta alla luce delle
disposizioni in tema di nomina e riconoscimento del direttore responsabile: essa non
costituiva che un modo per accrescere la repressione nei confronti di tale carica.
Ancora pi significativa della tendenza del Regime ad estendere il proprio controllo sulle
condizioni di esercizio della libert di stampa fu listituzione dellOrdine e dellAlbo dei
giornalisti. Presentato come risposta alle legittime aspirazioni espresse dalla classe
giornalistica, in realt pi che accrescere il prestigio professionale della categoria si comport
come un vero e proprio meccanismo di filtraggio politico.
LAlbo si componeva di tre elenchi: giornalisti professionisti (coloro che esercitavano la
professione in modo esclusivo da pi di diciotto mesi), praticanti (coloro i quali esercitavano
in modo esclusivo la professione da meno di diciotto mesi o fossero di et inferiore a 21 anni)
e pubblicisti (quelli che svolgevano attivit giornalistica in modo non esclusivo).
31

Oltre ai requisiti positivi (quali cittadinanza, diritti politici ecc.), si richiedevano anche
requisiti negativi: larticolo 6 precludeva liscrizione per coloro che avessero riportato una
condanna a pena detentiva superiore a cinque anni e per chi avesse svolto una pubblica
attivit contraria agli interessi della Nazione. La legge prevedeva, inoltre, che la tenuta
dellAlbo fosse a cura dellOrdine dei giornalisti, da istituirsi nelle citt sedi delle Corti
dAppello, presso la cancelleria dove gli Albi dovevano essere depositati. In realt lOrdine
non fu mai istituito e le funzioni ad esso attribuite furono esercitate dal sindacato nazionale
fascista dei giornalisti.
In conclusione di questo paragrafo, nel quale abbiamo citato le affermazioni non solo del
fondatore del partito fascista, ma anche di giuristi dell'epoca, per bene rammentare quanto
ci dice Calamandrei32. Egli ci mette in guardia da quanto possiamo leggere nei trattati di quel
periodo perch, anche quando non vi era servile esaltazione delle leggi fasciste, comunque per
lo pi ci si asteneva dal ricercare nelle formule giuridiche la realt politica che nascondevano.
I manuali dissertavano dei diritti di libert del cittadino come se essi non fossero stati
violentemente soppressi; trattavano delle fondamenta costituzionali dello stato come se
fossero rimaste immutate e, infine parlavano dello Statuto albertino come se non fosse stato
tradito.

32

P. CALAMANDREI La funzione parlamentare sotto il fascismo, in A. Aquarone-M.Vernassa Il regime


fascista, Bologna, 1974

32

1.2.3 Il controllo soffocante


Il controllo della stampa si fece sempre pi soffocante: nel 1931 Gaetano Polverelli, capo
Ufficio Stampa di Mussolini, eman delle direttive per la stampa, vere e proprie forme di
controllo esercitato sui periodici, che riguardavano anche aspetti irrilevanti e marginali.
Qui di seguito le principali:
1. Rinnovare la funzione del giornale
 Il giornale deve essere organo di propaganda dellitalianit e del Regime; deve
innalzare monumenti visivi nella memoria collettiva e simultaneamente edificare
limmaginario popolare della nazione.
 Valorizzare le nuove opere italiane.
 Riprodurre un quadro completo delle idee salienti espresse dal Duce nei discorsi
pi recenti.
 Movimentare tutte le pagine, specialmente la prima, con grandi titoli, cercando si
sensibilizzare lopinione pubblica con titoli su sette colonne, ogni qualvolta gli
avvenimenti lo consentano.
 Migliorare la tecnica dellimpaginazione, anche nelle fotocomposizioni.
 Si raccomanda soprattutto unardente passione di italianit e di fascismo, che deve
illuminare il giornale in ogni suo numero.

33

6. Il giornale doveva essere strumento di propaganda, capace di colpire lopinione


pubblica con titoli a sette colonne .

7. Alcune prime pagine in cui si riportavano i discorsi pronunciati dal Duce.

2. Controllo dal punto di vista nazionale e fascista


 Controllare le notizie e gli articoli dal punto di vista nazionale e fascista, ponendosi
cio il quesito se le pubblicazioni sono utili o dannose per lItalia e per il Regime.

3. Ottimismo e fiducia
 Improntare il giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nellavvenire.
 Eliminare le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti.

34

 La divulgazione di catastrofiche previsioni di chiromanti parigine e di allarmistici


preannunzi di calendari e almanacchi popolari deplorevole idiozia.

8. Lottimismo attorno al Regime doveva trasparire anche dalla stampa.

4. Opere assistenziali
 Occuparsene dal lato organizzativo, e non da quello pietistico.
 Non si deve dare allestero la sensazione di una miseria grave che non c.
 Non si deve battere la grancassa per raccogliere denari.
 Si deve dar conto dellorganizzazione e dei risultati.

5. Assistenza fascista
 Si ispira al principio nazionale della solidariet.
 Nei commenti evitare ogni vecchio concetto di elemosina, di pietismo.

35

6. Mostra della rivoluzione fascista


 un errore politico pubblicare sui giornali fotografie di ricordi socialisti, comunisti
ecc.
 Il Lavoro Fascista ha pubblicato una fotografia della testata dellAvanti! col
risultato di richiamare sul giornale sovversivo anche lattenzione dei giovani che
non lo lessero e neanche lo conobbero.
 Il Giornale dItalia pubblic unillustrazione sovversiva, in cui la dicitura era la
seguente: aprite le galere ai condannati politici.

9. Venne persino vietata la pubblicazione di foto che richiamassero alla memoria


giornali dopposizione come l Avanti!.

7. Basta con gli articoli sulla vecchia Italia


 La Stampa pubblic un articolo sulla Roma del 1871, in cui si dipingeva la
misera vita politica italiana del tempo; lo stesso giornale diffuse articoli sul
Pasquino (statua a cui si usava affiggere satire pungenti, specie di contenuto
politico), e persino su Menelik (imperatore dEtiopia al tempo della guerra italoabissina, conclusasi con il disastro di Adua).
 Il Regime Fascista pubblic articoli a serie sullItalia dellOttocento. un
deplorevole rigurgito della vecchia Italia misera, divisa, discorde.

36

 Abbiamo distrutto un Impero! Abbiamo quattro anni di guerra da illustrare e infiniti


eroismi e la vittoria solare di Vittorio Veneto!

8. Inflazionismo
 LItalia fa una politica anti-inflazionistica.
 Non pubblicare notizie o articoli apertamente o tendenziosamente inflazionistici.
 Non occuparsi dellinflazionismo allestero.

9. Disegni e fotografie di mode femminili


 La donna fascista deve essere fisicamente sana, per poter diventare madre di figli
sani, secondo le regole di vita indicate dal Duce.
 Vanno eliminate quelle immagini di figure femminili artificiosamente dimagrite e
mascolinizzate, che rappresentano il tipo di donna sterile della decadente civilt
occidentale.

10. Donne-crisi
 Pubblicare trafiletti, novelle ecc. contro le donne-crisi.

11. Riconoscimenti esteri


 Riunire con evidenza di titoli tutte le notizie riguardanti il Regime e i commenti di
giornali esteri sulle realizzazioni del fascismo, nonch le notizie sulla diffusione dei
principi fascisti nel mondo o incontri di particolare importanza.

37

10. Esempi di come i giornali dovevano esaltare gli incontri di Mussolini con personalit
di spicco del panorama italiano e internazionale.

12. Fotografie
 Le fotografie di avvenimenti e panorami italiani devono essere sempre esaminate
dal punto di vista delleffetto politico.
 Se si tratta di folle, scartare le fotografie con spazi vuoti.
 Se si tratta di nuove strade o zone monumentali, scartare quelle che non danno una
buona impressione di ordine, di attivit, di traffico ecc.

38

11. Le foto dei luoghi pubblici dove il Duce teneva i discorsi non dovevano assolutamente
presentare spazi vuoti.

12. Due foto che furono censurate: a sinistra, un gerarca inciampa durante la visita di
Mussolini in Sicilia nel 1937. A destra, il Duce saluta il re, ma linchino e la stretta di
mano erano vietate dal Regime.

13. Cronaca giudiziaria


 I resoconti giudiziari devono essere controllati dal lato politico, eliminando tutto
ci che pu nuocere al credito e agli interessi generali della Nazione.

39

14. Dialetti
 Non pubblicare articoli, poesie, o titoli in dialetto.
 Lincoraggiamento alla letteratura dialettale in contrasto con le direttive spirituali
e politiche del Regime, rigidamente unitarie.
 Il regionalismo e i dialetti che ne costituiscono la principale espressione sono
residui dei secoli di divisione e di servit della vecchia Italia.

15. I giovani
 Basta con gli attacchi ai giovani.
 Le leve dei giovani si inseriscono ogni anno nel Regime e ne rafforzano la linfa
giovanile.
 Sospendere

gli

articoli

sui

seguenti

argomenti:

problema dei

giovani,

provvedimenti di disciplina per lettere anonime, battaglia demografica.

13. Articoli in cui i giovani venivano definiti linfa futura del partito.

40

16. Resoconti parlamentari


 Non parlare di lavori parlamentari, frase del vecchio tempo.
 Citare, anche nei titoli, i principali provvedimenti presi.

17. Famiglia del Duce




Non gradito che se ne parli.

18. Culto del Duce


 Mussolini devessere prevalentemente fotografato con inquadrature dal basso, in modo
tale da conferirgli una statura eroica, elevandolo al di sopra degli uomini comuni. Nei
primi piani, bisogna privilegiare inquadrature che facciano risaltare, sul viso del Duce,
uno sguardo pensieroso, rivolto verso il futuro, per conferirgli un senso di acutezza e
profondit, cercando di identificare il suo volto con il progresso e la vittoria.

19. Altre personalit del panorama politico


 opportuno non preannunziare i movimenti del Re, del Principe ereditario, oltre che
del Duce.
 Se ne pu parlare solo se vi ordine speciale.

20. Notizie militari


 Non pubblicare dati su spostamenti di truppe, esercitazioni ed altre notizie militari, se
non sono comunicate dalle Autorit militari, e se non vi speciale autorizzazione.

41

1.2.4 La fascistizzazione
Ma quali furono nello specifico le conseguenze scaturite dalle feroci manovre
dimbavagliamento dei giornali?
Innanzitutto uno spartiacque decisivo nel processo di fascistizzazione della stampa fu
lomicidio di Giacomo Matteotti33 (10 luglio 1924). Dopo il ritrovamento del corpo
dellonorevole, il 16 agosto, la stampa accus il governo di responsabilit, dirette ed indirette.
Su tutti, il Corriere della sera e La Stampa, ai quali si aggiunsero Il Mattino, Il
Mondo, Il Giornale dItalia e decine di testate. Ognuno di questi super le ultime esitazioni
e chiese a gran voce le dimissioni del Capo del governo.

14. Copertina dellAsino, giornale antifascista, del luglio del 1924, dopo la scomparsa dellonorevole
Matteotti. Nel suo discorso alla Camera, il deputato socialista denunci anche le violenze contro la
stampa che non appoggiava il Regime. Al termine del suo intervento, disse ai colleghi dellopposizione:
E adesso, potete preparare la mia orazione funebre.

Solo i pochi rimasti filo-governativi (da Il Messaggero a Il Secolo) non mancarono di


scagliarsi contro quei fogli che criticavano luomo di Predappio e, con molta retorica,
invitarono proprio questultimo ad unazione risoluta contro i responsabili dellomicidio.

33

Giacomo MATTEOTTI (1885 1924) politico socialista ed antifascista italiano

42

L8 luglio 1924 arriv il nuovo diktat ai giornali: il governo approv lattuazione


dellEditto sulla stampa del 1923 e i prefetti poterono cos procedere al sequestro dei
quotidiani e dei periodici dopposizione anche a prescindere dallavvenuta diffida, purch ce
ne fossero i presupposti. LUnit fu sequestrata ventitr volte nel 1924, ben quarantasei nel
1926, mentre lAvanti! nel 1925 addirittura sessantadue. Con questo meccanismo
repressivo, il governo fascista si apriva due possibilit: paralisi della stampa antifascista e
argine al dissenso. Lorientamento era delineato in maniera chiara. In un articolo su Il
Popolo dItalia, Franco Ciarlantini, ex sindacalista rivoluzionario, annunci cos il suo
programma di lavoro:
Regolare la stampa con le norme del 1848 nel 1924 non pi possibile, nemmeno con gli
articoli del codice penale vigente. Il giornalismo moderno ha assunto tale importanza nella
societ che in certi momenti conta nellopinione pubblica assai pi del governo.
Un governo che non domini la stampa, vuoi con la corruzione, vuoi con i ricatti, non
resiste o vive in mezzo a enormi difficolt. Se da escludere che i governi debbano essere
costruttori o nella migliore delle ipotesi gestori di giornali, logico che lo Stato debba
regolare la stampa e altre delicate funzioni che interessano leducazione e lorientamento
spirituale dei cittadini34.
Mentre lopinione pubblica dimostr scarso interesse, i giornalisti si mobilitarono: nacque
nellestate del 1924 il Comitato per la difesa della libert di stampa, cui aderirono, tra gli
altri, il Corriere della sera, La Stampa e Il Mattino. il Comitato era per portavoce di
proteste platoniche e non riusc a mettersi alla testa di un vero e proprio movimento operativo.
Mancava una guida autorevole capace di tracciare il programma dazione. Resisteva ancora
qualche voce fuori dal coro, e Il Mondo del 4 dicembre, in un articolo attribuito a Giovanni

34

Giancarlo CARCANO, op. cit., p. 52.

43

Amendola, non usava mezzi termini: Signori del governo, il bavaglio alla stampa la
confessata condanna dei vostri metodi, la dimostrazione del vostro terrore di fronte alla
discussione: il conato estremo di un organismo decomposto.
Mussolini non pot che pronunciare i discorsi alla Camera del 3 gennaio 1925, imprimendo
una svolta alla storia della stampa italiana. Lapplicazione delle leggi repressive divenne
ancora pi diffusa, puntigliosa: a nulla valsero gli stratagemmi adottati da diverse testate per
evitare il sequestro. La libert despressione non venne ancora soffocata del tutto, ma lazione
graduale del fascismo non lasciava spazio a facili illusioni: erano palesi le finalit ultime di
Mussolini e solo la stampa fedele al Regime giustificava la repressione come un
provvedimento necessario per il momento drammatico che stava attraversando lItalia. Il
ripristino del sequestro preventivo faceva ritornare lorologio della storia indietro di
ventanni.
Eccoci dunque ripiombati nelle barbarie. Il vivere civilmente, come nei Paesi pi
progrediti, per lItalia un regime di eccezione. Ci lusingavamo che fossimo alquanto
cresciuti: niente affatto, sempre bambini, sempre ineducati35.
Dopo listituzione dellOrdine dei giornalisti, il provvedimento del governo datato 19
marzo 1926 stabil laumento del dazio sulle importazioni di carta da due a cinque lire-oro al
quintale. Prima conseguenza di tale provvedimento, mirato a favorire il maggior produttore
italiano di carta le Cartiere Burgo , fu laumento dei prezzi dei quotidiani da venticinque a
trenta centesimi. La seconda fu la decisione governativa di stabilire a sei il numero massimo
delle pagine dei quotidiani. Nellarco del Ventennio, il numero dei quotidiani esistenti in Italia
scese da 120 nel 1919 a 110 nel 1926, a 83 nel 1931, a 73 nel 1933. Alcuni giornali venivano
ancora tollerati: LUnit, La Voce Repubblicana, lAvanti! erano ammessi,

35

Mario BORSA, op. cit., pp. 66-67.

44

principalmente perch si voleva dimostrare allopinione pubblica straniera che non era vero
che in Italia la libert di stampa aveva cessato di esistere. Cera insomma la tendenza ad
evitare comportamenti clamorosi, anche se la realt rimaneva quella di un rigidissimo
controllo della situazione. La sorte di molte testate rimase legate allarbitrio del governo:
sarebbe bastata una crisi o un fatto straordinario per sospendere o sopprimere
immediatamente ogni giornale dopposizione. Ci accadde il 31 ottobre 1926, con lattentato
di Anteo Zamboni contro Mussolini a Bologna. Allo studente quindicenne fu attribuito lo
sparo che sfior il petto del Duce, provocando la reazione delle camicie nere di scorta, che
linciarono il giovane a pugni e coltellate. Lepisodio scaten feroci rappresaglie delle
squadracce fasciste contro quei pochi giornali e quei pochissimi giornalisti che ancora erano
in grado di opporre una qualche resistenza al fascismo. Una vera e propria
strumentalizzazione per un ulteriore giro di vite. Per alcuni giorni polizia, milizia,
magistratura ed esercito lasciarono via libera alle devastazioni. Finch, il 5 novembre, il
Consiglio dei ministri, in concomitanza con lo scioglimento dei partiti dopposizione, deliber
anche la revoca della gerenza per tutti i giornali dopposizione, sancendone di fatto la
soppressione.

45

15. Il tentato assassinio viene attribuito a Zamboni, ma a distanza di anni ancora non si
fatta chiarezza sullaccaduto. Quello che certo che lepisodio acceler liter delle
leggi speciali: di l a pochi giorni in Italia spar ogni tipo di libert.
Per quanto riguarda le testate sospese ma non soppresse, fu avviato un processo di
allineamento, se non di vera e propria fascistizzazione comprese le epurazioni interne , per
avere cos i requisiti per tornare in edicola.

1.2.5 Il Ministero della Cultura popolare e le veline


Dopo oltre dieci anni di potere, Mussolini comprese che quanto era stato fatto sino ad
allora nel settore della stampa e della propaganda non era quanto meglio un regime di stampo
totalitario potesse sperare. Il dittatore in realt non aveva mai sottovalutato limportanza della
stampa come mezzo di manipolazione delle masse, tanto vero che aveva affidato ad alcuni
suoi collaboratori il compito di studiare le tecniche messe in atto da Stalin in Unione
Sovietica, ma non aveva ancora dato limpressione di saperne sfruttare al meglio il potenziale.
Il 6 settembre 1934 fu creato il Sottosegretariato per la Stampa e la Propaganda, alle
dipendenze del Capo del governo, alla cui guida fu nominato Galeazzo Ciano. A tale
Sottosegretariato nel giro di pochi mesi furono trasferite le competenze sulla produzione e la
censura cinematografica (dal Ministero dellInterno e dal Ministero delle Corporazioni),
quelle sul turismo (dal Commissariato per il Turismo), quelle sul teatro, sulla musica e sulla
46

censura teatrale (rispettivamente dal Ministero delle Corporazioni, da quello dellEducazione


nazionale e dal dicastero dellInterno). La logica di questo riassetto fu chiara: lapparato di
gestione dellinformazione di un regime di stampo totalitario non poteva non esercitare un
controllo coerente e centralizzato su tutto quello che concerneva la propaganda (giornali e
radio), la cultura (libri), il tempo libero (cinema e teatro). Il 15 giugno 1935 il
Sottosegretariato, pur mantenendo inalterata la sua denominazione, divent un vero e proprio
ministero. Lattivissimo Ciano [...] si gett subito da quel momento con ancora maggiore
determinazione allorganizzazione della struttura e allaccorpamento delle competenze36.
Finch, nellottobre dello stesso anno, al dicastero fu attribuita anche la facolt di sequestrare,
in via amministrativa, qualsiasi pubblicazione che fosse contraria al buoncostume, allordine
pubblico e agli ordinamenti politici e sociali. Il 27 maggio 1937, dopo che alle dipendenze
dellorgano di governo erano stati posti anche lIstituto nazionale Luce e gli Enti provinciali
per il Turismo, esso divent Ministero della Cultura popolare. Nome che richiamava
espressamente il Ministero per la Propaganda e lEducazione popolare di Goebbels;
dopotutto, la stessa struttura del Minculpop si rifaceva chiaramente a quelle del Regime
hitleriano. Nel biennio 1938-40, infine, il Minculpop ottenne la prerogativa di trasmettere
mediante i suoi canali tutti i comunicati dellAgenzia Stefani.
Una conseguenza di questa ampia ristrutturazione del settore compiuta negli anni Trenta fu
lesplosione delle veline37: istruzioni scritte che proibivano la pubblicazione di una notizia,

36

Mauro FORNO, La stampa del Ventennio. Strutture e trasformazioni nello stato totalitario,
SoveriaMannelli, Rubbettino, 2005, p. 63.

37

Mezzo di controllo del fascismo sulla stampa consistente appunto in fogli di carta velina con tutte le
disposizioni obbligatorie da seguire, incominciarono a circolare dal 1935, e con l'istituzione del Ministero
della Cultura Popolare che controllava anche la SIAE e l'EIAR che venne istituito il 1
ottobre 1937 neanche un anno dopo la Guerra d'Etiopia le veline divennero ancora pi pressanti verso la
stampa. Esempio di veline:
31/5/25: Oggi mattina 31 maggio stato rinvenuto greto Tevere cadavere bambina Berni Elisa con
evidente tracce stupro strozzamento () Astenersi dare eccessiva pubblicit truce delitto mediante
diffusione fotografia vittima ();

47

indicavano il risalto da darle, proponevano ex novo temi e argomenti precisandone


limpostazione, laggettivazione e la lunghezza, i contenuti, la veste tipografica e gli scopi da
raggiungere.

1.3 Il crollo del Regime e la libert oggi


Dopo la vittoria in Africa, le forze anglo- americane ( gli Alleati)
controllavano il Mediterraneo. Cos, nel 1943 gli Alleati
sbarcarono in Sicilia. Essi venivano accolti dalla popolazione
come dei liberatori. Gli italiani volevano la fine della guerra ma
erano anche stanchi del fascismo. Nel marzo 1943 vi furono molti scioperi operai contro il di
esso. Di fronte a questa situazione il Gran Consiglio del Fascismo vot la sfiducia a Mussolini
(25 luglio 1943). Lo stesso giorno il re inform il duce che aveva affidato lincarico di
formare un nuovo governo al maresciallo Pietro Badoglio. Subito dopo Mussolini venne
arrestato. Il nuovo 1 ministro firm a Cassibile ( in Sicilia) larmistizio con gli Alleati.
Questultimo venne reso noto l 8 settembre. Ma nessuno diede al popolo e allesercito le
indicazione per affrontare la nuova situazione. I tedeschi occuparono lItalia centrale e
settentrionale e il 12 settembre liberarono Mussolini.
Hitler consent al duce di fondare nel nord la Repubblica sociale italiana, con sede a Sal.
Ora lItalia era divisa in due: Il centro nord sotto la repubblica di Sal e il sud dove
sopravviveva il Regno dItalia. Gli Alleati il 6 giugno 1944, prendevano terra in Normandia
con la pi grande flotta da sbarco, cos che i tedeschi dovettero ritirarsi.
11/7/33: stato ripreso il Popolo di Roma per aver pubblicato fotografie di donne nude in terza pagina,
mentre nella prima pagina vi sono le fotografie col pontefice. Lon. Polverelli ha preso spunto da questa
circolare per raccomandare nuovamente ai giornali di non pubblicare fotografie di donne nude perch
costituiscono un elemento antidemografico.

48

Alla met di settembre la Francia era completamente liberata. Ad est, intanto, la Germania
doveva subire una forte controffensiva russa. Nel 1945 la sorte della Germania appariva
segnata. Il 30 settembre Hitler si tolse la vita. Nella Berlino occupata dai Russi, il 7 Maggio
1945 lammiraglio Donitz firmava la resa senza condizioni della Germania. LItalia era stata
liberata pochi giorni prima, il 25 aprile 1945.
Con la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, che segn il tramonto del Regime di
Mussolini, venne scritta la parola fine di uno dei pi tristi capitoli della storia italiana.
Grazie alla Costituzione Italiana del 1948 il Partito Fascista venne messo definitivamente
fuorilegge e la sua rifondazione fu vietata. Finalmente anche la stampa riacquist le libert
che le spettavano di diritto.
Il particolare momento in cui ha operato la Costituente38, all'uscita da un ventennio in cui
la libert era stata posposta, aveva spinto una larga maggioranza dei Costituenti, con ampia
intesa tra forze progressiste e moderate, ad individuare nella libert di stampa uno dei cardini
del nuovo stato democratico. Le uniche riserve erano state quelle di un controllo delle
manifestazioni contrarie al buon costume. La tendenza, per, prevalente era quella di
considerare l'espressione solo in senso stretto come libert di produrre, senza censura
preventiva, solo testi a stampa.
Cinque commi sono, perci dedicati interamente a questo problema, ma il primo, breve
nella sua espressione letterale, stabilisce in modo pi ampio e rivolto a tutti, la libert di
esprimere il proprio pensiero, non solo con la parola, scritto, ma con qualunque altro mezzo di
diffusione.

38

Fu l'organo preposto alla stesura di una Costituzione per la neonata Repubblica. Le sedute si svolsero fra il
25giugno 1946 e il 31 gennaio 1948.

49

Oggi, in Italia, la libert di stampa sancita dallarticolo 21 della nostra Costituzione,


nella Parte I che regola i Diritti e Doveri dei Citadini, al Titolo I sotto la voce Rapporti
Civili.
A differenza della Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo , sancita dalle Nazioni
Unite, e da quella dei Diritti Fondamentali dellUnione Europea, che non prevedono
restrizioni, la Carta Costituzionale italiana stabilisce dei limiti, che principalmente rientrano
nei reati dopinione (come lapologia) e in quelli contro la morale.
Articolo 21
Si pu procedere a sequestro soltanto per atto motivato dellautorit
giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa
espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la
legge stessa prescriva per lindicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento
dellautorit giudiziaria, il sequestro della stampa periodica pu essere eseguito da ufficiali di
polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare
denunzia allautorit giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive,
il sequestro sintende revocato e privo di ogni effetto. La legge pu stabilire, con norme di
carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono
vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon
costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Tale limportanza di questa norma che il termine articolo 21 ha assunto nella nostra
lingua, e specialmente nel linguaggio giornalistico, il significato per antonomasia di libert
di espressione e di informazione, analogo al valore che possiede nel mondo anglofono il
Primo Emendamento della Costituzione americana.

50

Capitolo 2

La libert di stampa in tutte le sue accezioni

2.1 Il significato dellarticolo 21


Lart. 21 della Costituzione italiana garantisce la libert di manifestazione del pensiero che,
tra le libert fondamentali, certamente quella che pi caratterizza i rapporti tra lo Stato e i
cittadini, contribuendo a delineare una determinata forma di Stato. Lo stesso sistema
democratico di stampo occidentale infatti non potrebbe vigere in Italia se non sussistessero le
situazioni garantite dallart. 21 della Costituzione . Il suddetto articolo inizia affermando che
tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e
ogni altro mezzo di diffusione. Questo non significa che tutti hanno garantita la possibilit di
usare tutti i mezzi in condizioni di uguaglianza; vi sono infatti mezzi veramente liberi ed
uguali, come la parola, mezzi per i quali la libert dipende dalla ricchezza, come lo scritto, e
altri ancora per i quali laccesso avviene a discrezione di altri, come per esempio la
televisione. La Costituzione dunque si limita a garantire che non ci siano impedimenti legali
rispetto al manifestare il proprio pensiero con i mezzi che ciascuno riesce ad usare . Usando il
termine tutti, il costituente si riferisce ai titolari del diritto e stabilisce che sono sia i cittadini
che gli stranieri, a conferma del fatto che si tratta di un diritto delluomo. La Corte
costituzionale inoltre ha poi riconosciuto lesercizio di tale diritto anche in forma collettiva;
ci significa che titolari del diritto sono sia i singoli che le formazioni sociali. Pi difficile
stato definire precisamente loggetto della libert, a causa della genericit del costituente.

51

Oggi comunque, opinione comune comprendere allinterno della manifestazione del


pensiero qualsiasi forma di espressione di idee, di pensieri, di opinioni e di notizie.
L art. 21 Cost. copre anche laspetto negativo della libert di espressione il cosiddetto diritto
al silenzio. Ciascuno ha il diritto oltre che a manifestare le idee, anche a tenerle riservate.
Questo profilo della libert in questione trova conferma in altre specifiche norme
costituzionali (art. 48 Cost. sulla segretezza del voto e art. 15 sulla segretezza della
corrispondenza). Negli altri commi, e precisamente dal secondo al quinto, vengono indicate
una serie di garanzie per il mezzo della stampa. Degli altri mezzi di comunicazione non vi
cenno. Questo atteggiamento trova la sua spiegazione nel fatto che nel 1948 la televisione non
si era ancora sviluppata ma lo stesso discorso non pu valere per la radio, che era gi molto
diffusa. In tutti questi anni, la giurisprudenza ha cercato di far fronte alle lacune della
formulazione dellart. 21 ed ha contribuito a fornirne una lettura pi aggiornata .

2.1.1 Il limite esplicito del buon costume


Lart. 21 Cost. pone un solo limite esplicito: quello del buon costume. Il sesto comma
infatti recita come segue : sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre
manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a
prevenire e reprimere le violazione. Ma qual il significato della nozione di buon costume?
Lorientamento prevalente sembra aver accolto la definizione penalistica di buon costume,
fondata sul comune senso del pudore e di pubblica decenza e relativa quindi essenzialmente
alla sfera della morale sessuale. Il riferimento normativo costituito dallart. 529 c.p. secondo
cui si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il
pudore . Si tratta di un limite estremamente vago, variabile da zona a zona e da periodo a
periodo. Per questo motivo sono importanti le reazioni dellopinione pubblica, perch solo
attraverso queste che si riesce a provare che il senso comune in materia mutato .
52

A conferma della necessit di adeguare continuamente il contenuto del limite in questione,


la Corte ha emanato una sentenza (n. 368 del 1992) , con lobiettivo di integrare la norma
penale, nella quale ha affermato che il buon costume diretto ad esprimere non solo un valore
di libert individuale ma anche, e soprattutto, un valore riferibile alla collettivit. Per quanto
riguarda lambito di applicazione di tale limite, si ritiene che ad esso siano soggette tutte le
manifestazioni tranne larte e la scienza. Dal momento che il concetto di pudore deve essere
necessariamente adeguato nel corso del tempo, la Corte Costituzionale ha specificato con la
sentenza gi citata che gli atti osceni non sono offensivi se si esauriscono nella sfera privata,
ma lo sono quando la travalicano, recando pericolo di offesa al sentimento del pudore dei terzi
non consenzienti o della collettivit in generale.

2.1.2 I limiti impliciti


Anche se il limite del buon costume lunico espresso, nella pratica ve ne sono molti altri
che dottrina e giurisprudenza hanno giustificato costituzionalmente fondandoli su principi
impliciti desunti ora da quello ora da quellaltro articolo della Costituzione. Lesigenza del
limite nasce quando lesercizio dei diritti di libert si pone in contrasto con altri interessi
ugualmente tutelati.
Lart. 21 della Costituzione quindi andrebbe letto come se dicesse: Tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e quegli altri mezzi che in
fatto e legittimamente riescono ad usare, con la esclusione delle manifestazioni contrarie al
buon costume e di tutte quelle altre manifestazioni contrarie a principi desumibili dalle norme
costituzionali . Ma gli interessi costituzionalmente rilevanti sono cos numerosi che, al fine
di evitare che la libert di manifestazione del pensiero venga sminuita, lunica soluzione al
problema sembra essere il continuo bilanciamento tra i due valori contrapposti, affidato al
legislatore. Al fine di rendere pi facilmente individuabile tali limiti impliciti stata operata
53

una distinzione al loro interno tra due grandi categorie: i limiti che discendono dai cosiddetti
diritti della personalit e i limiti, recentemente riconosciuti dalla Corte costituzionale, del
prestigio del governo e della Pubblica Amministrazione, della sicurezza della Stato e del
prestigio delleconomia pubblica.
Noi ci soffermeremo su alcuni limiti che rientrano nella prima categoria: il limite della
tutela dellonore e della reputazione, e il limite della riservatezza (privacy). Per quanto
riguarda la tutela dellonore e della reputazione, il suo fondamento costituzionale viene
individuato da alcuni nellart. 2 Cost. (interpretato come categoria aperta); da altri nellart. 3
Cost., che riconosce la pari dignit sociale dei cittadini, e da altri ancora nello stesso art. 21
Cost., nella parte in cui tutela il diritto al silenzio. Quanto alla loro definizione, vi accordo
nel definire lonore come il sentimento che ciascuno ha di se stesso e la reputazione come il
sentimento che gli altri hanno del soggetto in questione. In tal senso, in difetto dei requisiti
della veridicit, continenza ed interesse pubblico dei fatti riferiti (soprattutto attraverso un uso
scrupoloso delle fonti), si concretizzer una palese violazione dell'onorabilit di una persona.
Se, ad esempio, si pubblicano notizie aventi ad oggetto fatti strettamente personali, ancorch
veri e continenti, si incorrer in sanzioni, perch manca il terzo requisito dell'interesse
pubblico.
Per quanto riguarda la tutela della riservatezza essa ha suscitato negli ultimi anni un
interesse particolare dovuto al fatto che, con lo sviluppo tecnologico, essa sempre pi a
rischio. Il rapporto fra diritto di cronaca e privacy molto complesso ed regolato da una
serie di norme che, con il passare degli anni, stanno tentando di stabilire un corretto
compromesso fra i diversi interessi messi in campo. Ci sono norme, volte a proteggere la
privacy dei cittadini, alle quali i giornalisti devono attenersi durante l'adempimento del
proprio lavoro:

54

L'8 luglio del 1993 stata approvata, da parte del Consiglio nazionale dell'Ordine dei

giornalisti e dalla Federazione nazionale della Stampa, la Carta dei doveri dei giornalisti
italiani. Il documento significativo in quanto si propone di tutelare la libert di
informazione intesa anche come diritto passivo della collettivit. La carta suddivisa in
quattro punti fondamentali: i diritti della persona, il dovere di rettifica, la presunzione di
innocenza e le incompatibilit professionali. La parte concernente i diritti della persona, oltre
a vietare qualsiasi tipo di discriminazione per razza, religione, sesso ecc., afferma che non si
possono pubblicare notizie sulla vita privata delle persone. In questa sezione vengono poi
ripresi i contenuti della Carta di Treviso per quanto riguarda la tutela dei minori e dei soggetti
deboli. In particolare si sottolinea l'obbligo di tutelare l'anonimato del minore e l'impegno ad
evitare la presenza di minori in trasmissioni televisive che possano ledere la sua personalit.
Viene poi stabilito il divieto di rendere identificabili tre tipologie di soggetti:
1. le vittime di violenze sessuali,
2. i membri delle forze di pubblica sicurezza e dell'autorit giudiziaria,
3. i congiunti di persone coinvolte in fatti di cronaca.
La Carta introduce inoltre un Comitato nazionale per la correttezza e la lealt
dell'informazione, organismo che ha la funzione di raccogliere e valutare le segnalazioni dei
cittadini che ritengono di essere stati offesi da un articolo di giornale.


La legge del 31 dicembre 1996, n. 675 garantisce che il trattamento dei dati personali

si svolga nel rispetto dei diritti, delle libert fondamentali e della dignit delle persone fisiche.
L'articolo 25 si intitola Trattamento di dati particolari nell'esercizio della professione
giornalistica, e vieta di trattare senza consenso dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale dei cittadini, e affida al Garante il compito di promuovere l'adozione, da parte del
Consiglio nazionale dell'Ordine, di un codice deontologico relativo al trattamento dei dati
personali.
55

Il Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nellesercizio dellattivit


giornalistica stato consegnato al Garante nella sua versione definitiva il 29 luglio 1998, ai
sensi dell'art. 25 della l. 675/96. Il punto chiave del codice la distinzione fra la sfera privata
e interesse pubblico. composto da 13 articoli, nei quali si inserisce la tutela di alcuni diritti
personali come il diritto alla riservatezza sulle origini etniche, il pensiero politico, le abitudini
sessuali, le convinzioni religiose, le condizioni di salute delle persone, il diritto alla dignit
degli imputati nei processi e dei malati.
Molto importante l'art. 6 del Codice, che parla di essenzialit dell'informazione e
chiarisce che una notizia pu essere divulgata, anche in maniera dettagliata, se
indispensabile in ragione dell'originalit del fatto, della relativa descrizione dei modi
particolari

in

cui

avvenuto,

nonch

della

qualificazione

dei

protagonisti.

Anche nel codice, all'art. 7, viene ripresa la necessit, espressa nella Carta di Treviso, di una
tutela rafforzata dei minori. Nel caso di minori scomparsi o rapiti, in particolare, necessario
il consenso dei genitori.
L'art. 8 stabilisce invece, sempre nella sfera del rispetto per la dignit delle persone, il
divieto di pubblicazione di immagini impressionanti. Il Codice di protezione dei dati
personali, in vigore dal 1 gennaio 2004, dedica il titolo XII, Giornalismo ed espressione
letteraria ed artistica alla disciplina del rapporto fra diritto di cronaca e diritto alla privacy.
Il Codice suddivide i dati personali in quattro categorie:
1. dati sensibili: quelli idonei a rivelare "l'origine razziale o etnica, le convinzioni
religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati,
associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonch i
dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale" di una persona.

56

2. dati semisensibili
3. dati comuni: sono tutte quelle informazioni, come nome, cognome, partita I.V.A.,
codice fiscale, indirizzo, numeri di telefono, numero patente, che consentono di individuare
una persona fisica o giuridica, sia essa anche un ente od associazione.
4. dati giudiziari: sono quelle informazioni idonee a rivelare provvedimenti in materia di
casellario giudiziale, anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reati o carichi
pendenti.
Nel caso dei dati sensibili, si prescinde dal consenso dell'interessato, tuttavia il giornalista
deve rispettare il gi citato limite dell'essenzialit dell'informazione, oltre a quello della
rilevanza del dato per il caso trattato nell'articolo.
Il riferimento a un codice deontologico stato inserito nell'art. 139.

2.2 La censura
Con la censura un organo pubblico esercita un controllo sul contenuto di una
manifestazione di pensiero, impedendone la diffusione quando ritenuta contraria agli
interessi dellordinamento. Sistematica nei regimi dittatoriali, la censura un istituto
eccezionale in uno Stato democratico.
Infatti, lunica forma di censura ammessa nel nostro ordinamento quella sulle opere
cinematografiche, disciplinata dalla L. 21 aprile 1962 n. 16139. Una apposita Commissione,
i cui membri sono nominati dal Ministro per i Beni e le Attivit Culturali, concede il nulla
osta alla diffusione di quelle opere non contrarie al buon costume, stabilendo eventuali
limiti alla visione dei minori. Analoghe cautele sono previste, sempre a tutela dei minori,
per le produzioni Tv.
39

Revisione dei film e dei lavori teatrali (GU n. 109 del 28/04/1962)

57

Questa forma di censura trova piena legittimit nellart. 21 Cost., il cui ultimo comma vieta
le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon
costume. Per il resto, lart. 21 Cost. garantisce a tutti il diritto di manifestare liberamente
il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Ci non significa che il pensiero possa manifestarsi in spregio agli altrui diritti. Ad
impedirlo sono quelle norme che puniscono, ad esempio, lingiuria e la diffamazione.
Significa che nel nostro ordinamento non pu esistere un controllo preventivo sul contenuto
di una manifestazione di pensiero, che possa impedirne o solo condizionarne la diffusione.
Fatta eccezione per il menzionato potere di censura in ambito cinematografico, lintervento
dello Stato pu essere sanzionatorio, quindi successivo, ma mai preventivo. In un sistema
democratico la diffusione del pensiero non pu essere mediata da alcun organo di controllo.
A maggior ragione per la stampa, data la sua insostituibile funzione di collegamento tra i
fatti e la collettivit, in piena sintonia con lart. 1, comma 2, Cost. secondo cui La
sovranit appartiene al popolo. Per questo lart. 21, comma 2, Cost. stabilisce che La
stampa non pu essere soggetta ad autorizzazioni o censure. La norma vuole instaurare un
rapporto diretto tra gli organi di informazione e la collettivit. Un rapporto arricchito dal
dovere di verit del giornalista, che contraddistingue un sistema democratico, ma che non
avrebbe alcun senso in un regime dittatoriale, dove il flusso informativo interamente
mediato dai pubblici poteri.
La censura latto di un potere pubblico. Non quindi censura il controllo del direttore
responsabile di un periodico, imposto dallart. 57 del codice penale per impedire che col
mezzo di comunicazione siano commessi reati. Tant che in mancanza di controllo, il
direttore punito a titolo di colpa nelleventualit in cui il reato venga commesso. Non
riconducibile alla censura nemmeno il potere esercitato dal direttore responsabile per
raccordare loperato dei propri collaboratori alle caratteristiche editoriali della testata.
58

Qui il controllo avviene in esecuzione del contratto con leditore, e pu sostanziarsi in un


sindacato sul contenuto della pubblicazione. Del resto, la previsione della clausola di
coscienza (art. 32 CNLG, che d al giornalista la facolt di chiedere la risoluzione del
rapporto con diritto alle indennit di licenziamento in caso di sostanziale cambiamento
dellindirizzo politico del giornale) a legittimare lesistenza di un siffatto potere di
controllo: la clausola presuppone che il direttore responsabile possa pretendere
di conformare loperato dei propri collaboratori allindirizzo politico della testata.
Nel sistema radiotelevisivo il rischio di censura normativamente prossimo allo zero. Ci si
desume da alcune disposizioni contenute nella L. 6 agosto 1990 n. 223 (Legge Mamm).
Lart. 30, comma 3, impone espressamente alla concessionaria, sia pubblica che privata, un
controllo sul contenuto dei programmi, ma al solo scopo di impedire la commissione dei
reati di pubblicazione e spettacoli osceni (art. 528 c.p.), di pubblicazione lesiva del
sentimento di fanciulli e adolescenti (art. 14 L. n. 47/1948), di pubblicazione impressionante
o raccapricciante (art. 15 L. n. 47/1948): ci in sostanziale armonia con quanto prescrive
lart. 21, comma 4, Cost. laddove vieta le manifestazioni contrarie al buon costume.
Nessun controllo previsto, invece, per prevenire il reato di diffamazione, contrariamente a
quanto impone per la carta stampata al direttore responsabile lart. 57 c.p., norma
inapplicabile al sistema radiotelevisivo per il divieto costituzionale di analogia in materia
penale (art. 25, comma 2, Cost.).
Non una differenza da poco. Un conto limitarsi a verificare che un programma non
contenga riferimenti scabrosi o impressionanti. Ben diverso controllare se una
trasmissione possa rivelarsi lesiva della altrui reputazione. E facile immaginare come
questultimo tipo di controllo, sostanziandosi in un giudizio discrezionale sul contenuto del
programma, possa di fatto tradursi in una censura.

59

Ed proprio per la mancanza di un siffatto potere di controllo che pocanzi si detto che
nel sistema radiotelevisivo il rischio di censura normativamente prossimo allo zero.
Normativamente, per. Di fatto, in passato si sono registrati allinterno della
concessionaria pubblica Rai casi clamorosi, che hanno visto coinvolti famosi giornalisti,
oltre ad artisti di indiscutibile valore . Dopo aspre polemiche, sono stati soppressi importanti
programmi di approfondimento informativo e addirittura allontanati i loro conduttori, che
per anni non hanno potuto lavorare in Rai.
Stessa cosa per alcuni programmi di satira. Non essendo concepibile in un sistema
democratico, n esistendo un organo deputato ad esercitarla, la censura non mai
dichiaratamente tale. Qualcuno si improvvisa censore bloccando un programma; spesso
allontanandone lautore, giornalista o artista che sia.
Ma nel fare ci limprovvisato censore costretto a nascondere due aspetti. Innanzitutto,
deve nascondere che agisce su direttiva, o comunque nellinteresse, di chi detiene il potere
politico e, come tale, non ha alcun potere giuridico di intervento, tanto da essere costretto ad
utilizzare mandatari posti ai vertici della concessionaria Rai. In secondo luogo,
limprovvisato censore deve nascondere i veri motivi che lo hanno spinto a bloccare il
programma, che sono poi i motivi che hanno indotto chi detiene il potere politico a servirsi
del censore; e rimpiazzarli con motivi che possano giustificare latto. Insomma,
limprovvisato censore deve ricondurre la soppressione della manifestazione di pensiero ad
un comportamento ammesso dallordinamento.
Per quanto riguarda il primo aspetto (la natura politica dellatto censorio), essendo difficile
ottenere una prova certa, sono sufficienti elementi presuntivi che insieme fanno ritenere
verosimile che limprovvisato censore abbia agito per conto di chi detiene il potere politico
e si sente leso nei suoi interessi dai contenuti della trasmissione. Generalmente latto

60

censorio preceduto da autorevoli dichiarazioni di politici il cui tenore fa pensare ad una


loro interferenza nei palinsesti Tv, ufficialmente impermeabili alle scelte politiche.
Qui vanno tenute presenti non solo le dichiarazioni dei politici contro i programmi che poi
verranno soppressi, ma anche i comportamenti dei soggetti preposti ai vertici Rai, da cui si
possa ricavare quantomeno una loro assonanza con chi detiene il potere politico, se non un
asservimento.

2.2.1 Sequestro delle stampe


Il II comma dellart. 21 ammette invece il sequestro dello stampato gi messo in circolazione,
ma pone una duplice riserva, di giurisdizione ("soltanto per atto motivato dell'autorit
giudiziaria") e di legge, la quale a sua volta prevede due ipotesi:
a)"nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi";
b)"nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei
responsabili".
La riserva di giurisdizione pu essere disattesa, dice il IV comma (relativamente alla sola
stampa periodica), in due concorrenti circostanze: che vi sia "assoluta urgenza" e "non sia
possibile il tempestivo intervento dell'autorit giudiziaria". In tali casi la polizia giudiziaria
(perch siamo in presenza di un delitto commesso) che esegue il sequestro, restando obbligata
a fare denuncia, "immediatamente e non mai oltre ventiquattro ore", all'autorit giudiziaria. La
quale chiamata a convalidare il sequestro; se non lo convalida nelle ventiquattro ore
successive, il sequestro stesso "si intende revocato e privo di ogni effetto".
Inoltre l'articolo 352 del codice penale punisce chi diffonde gli stampati sequestrati
legittimamente. Quelli che lo sono stati illegittimamente debbono essere restituiti ai
proprietari, che potranno vantare un diritto al risarcimento del danno.

61

La responsabilit dei reati commessi col mezzo della stampa regolata dagli articoli 57 e
57 bis del codice penale, che vi coinvolgono, oltre all'autore del "pezzo", il direttore o il vice
direttore responsabile della stampa periodica e l'editore o lo stampatore di quella non
periodica.
Ma non pi per responsabilit "oggettiva", come disponeva nella vecchia formulazione la
norma del codice, perch oggi si richiede, perch vi sia la responsabilit per colpa delle
persone non autrici della pubblicazione, il fatto che abbiano omesso di esercitare sul
contenuto del periodico "il controllo necessario ad impedire che col mezzo della
pubblicazione siano commessi reati".

2.3 Il diritto di cronaca ed i suoi titolari


Il fondamento del diritto di cronaca nellart. 21 Cost., in quanto libera manifestazione del
pensiero. La cronaca si distingue dalle varie forme di espressione, riconducibili a quella
norma costituzionale, principalmente per due ragioni. In primo luogo, si manifesta attraverso
la narrazione di fatti. In secondo luogo, si rivolge alla collettivit indiscriminata.
Essendo la cronaca narrazione di fatti rivolta alla collettivit, se ne deduce che la sua funzione
quella di informare la collettivit. Quella collettivit il cui ruolo, nella societ democratica,
inequivocabilmente delineato dallart. 1 Cost., laddove dice che La sovranit appartiene al
popolo. Ed proprio questa attribuzione di sovranit a connotare ulteriormente la funzione
della cronaca.
La collettivit, infatti, delega periodicamente la gestione della cosa pubblica (res publica) ai
suoi rappresentanti eletti in Parlamento. E la delega deve avvenire con piena cognizione di
causa. La collettivit deve avere un quadro dettagliato sia di ci che accade nel Paese, sia
delle persone alle quali delega lesercizio della sovranit. Ma, non disponendo di mezzi
idonei, ecco che gli organi di informazione si incaricano di puntare i riflettori su quegli aspetti
62

la cui valutazione determina la scelta del delegato. Di qui linsostituibile funzione della
cronaca: la raccolta di informazioni e la loro diffusione, in virt del rapporto privilegiato che
gli organi di informazione vantano con la realt, allo scopo di consentire al popolo un corretto
e consapevole esercizio di quella sovranit che lart. 1 Cost. gli attribuisce40.
Tuttavia, vi sono articoli di cronaca riguardanti personaggi o aspetti che non presentano punti
di contatto con la gestione della cosa pubblica, ma che per vari motivi destano linteresse
della collettivit. Si pensi agli artisti, ai campioni dello sport, agli argomenti culturali. Anche
su questi personaggi e argomenti la collettivit va tenuta informata. Qui la funzione della
cronaca quella di mantenere saldo il legame che unisce la collettivit al personaggio, nonch
di agevolarne la crescita intellettuale.
Sotto questo aspetto si pu dire che la collettivit vanta un vero e proprio diritto alla
informazione. O perch funzionale allesercizio di quella sovranit che per Costituzione le
appartiene, o perch ne favorisce la crescita in termini culturali e intellettuali. Ma si potrebbe
affermare che esiste, in correlazione al diritto della collettivit ad essere informata, anche
un obbligo di informazione?
Un necessario chiarimento. Qui un eventuale obbligo di informazione non andrebbe riferito
n specificamente alla persona del giornalista (o a chi comunque informa la collettivit), n
allo scopo di fondare un giudizio di responsabilit in caso di mancata osservanza. Un
giornalista non pu essere costretto a pubblicare una notizia, n pu essere ritenuto
responsabile nei riguardi della collettivit per non averla informata. Al limite, ci potr avere
rilevanza nel suo rapporto contrattuale con leditore. In realt, si tratta soltanto di verificare
se, in base ad alcune norme, tra collettivit ed organi di informazione si possa delineare un

40

Pietro Semeraro, L'esercizio di un diritto, Milano, Giuffr ed., 2009

63

rapporto che, sebbene privo di rilevanza giuridica, sia tale da attribuire alla manifestazione di
pensiero che accompagna la cronaca un valenza tutta particolare allinterno dellart. 21 Cost.
Ebbene, di vero e proprio obbligo di informazione si potrebbe formalmente parlare con
riferimento a quei soggetti che esercitano un servizio dichiarato pubblico dalla legge, perch
inteso in favore della collettivit indiscriminata. Secondo le leggi di disciplina del sistema
radiotelevisivo che finora si sono succedute, lattivit radiotelevisiva ha sempre costituito un
servizio di preminente interesse generale. E alla relativa attivit di informazione sempre
stata attribuita la massima importanza, dal momento che I soggetti titolari di concessione per
la radiodiffusione sonora o televisiva in ambito nazionale sono tenuti a trasmettere
quotidianamente telegiornali o giornali radio (art. 20, comma 6, L. n. 223/1990, nota come
legge Mamm, confermato dalla L. n. 112/2004, nota come legge Gasparri e dallart. 7,
comma 2 lett. b), D.Lgs. n. 177/2005, noto come Testo Unico della radiotelevisione).
Lattivit informativa radiotelevisiva dunque un obbligo per i maggiori concessionari.
Per la carta stampata, non c dubbio che molti quotidiani e periodici a diffusione nazionale
assolvano ad una funzione informativa indispensabile per la collettivit. Ma anche vero che
nella L. n. 47/1948 (legge sulla stampa) non vi norma sulla quale fondare un obbligo di
informazione analogo a quello dei concessionari radiotelevisivi nazionali. Tuttavia, lattivit
di quasi tutti i quotidiani e i periodici esclusivamente informativa. Per non dimenticare, poi,
quelle norme deontologiche che disciplinano la professione giornalistica e che espressamente
parlano di diritto dei cittadini allinformazione e di diritto dovere di cronaca, senza fare
distinzione tra mezzi di informazione.
Dati questi presupposti, evidente come la cronaca assuma una posizione di netto privilegio
rispetto alle altre forme di manifestazione del pensiero garantite dallart. 21 Cost. Si tratta
dunque di scoprire in cosa consiste esattamente questo privilegio.

64

Di norma, i limiti alla libert di manifestazione del pensiero sono rappresentati dal rispetto di
quei diritti inviolabili che lart. 2 Cost., norma aperta a sempre nuove istanze di tutela della
persona, fin dalla sua nascita si incaricato di accogliere e garantire: a cominciare da concetti
come onore, decoro, reputazione. Diritti della persona che lordinamento tutela attraverso la
previsione di reati come lingiuria(art. 594 c.p.) e la diffamazione (art. 595 c.p.). E, nel
conflitto tra manifestazione del pensiero e diritto inviolabile, sempre questultimo a
prevalere.
Non cos per il diritto di cronaca. Costituendo al tempo stesso espressione della libert di
pensiero ed insostituibile strumento di informazione al servizio esclusivo della collettivit, il
diritto di cronaca vanta una tutela rafforzata. E finisce per prevalere sul diritto del singolo
individuo, anche se inviolabile. Il reato di diffamazione, lillecito civile, qui non sorgono,
pur in presenza di una obiettiva lesione, perch lo stesso ordinamento giuridico a
permetterla (art. 51 c.p.: Lesercizio di un diritto [] esclude la punibilit). Nel linguaggio
giuridico in questo caso si dice che il comportamento illecito scriminato, e la lesione non d
luogo ad alcuna responsabilit.
Tutela rafforzata, ma non assoluta. Il diritto inviolabile del singolo individuo soccombe di
fronte allesigenza informativa, ma nel rispetto di alcune precise condizioni. Di stabilire quali
siano queste condizioni si incaricata la giurisprudenza, a partire dalla storica sentenza che
scrisse il cosiddetto decalogo del giornalista (Cass. 18 ottobre 1984 n. 5259). Secondo tutti i
giudici che, a partire da quella storica sentenza, si sono ritrovati a dover affrontare
problematiche relative al diritto di cronaca, questultima si configura correttamente soltanto
quando concorrono i seguenti tre requisiti: a) la verit dei fatti (oggettiva o putativa); b)
linteresse pubblico alla notizia; c) la continenza formale, ossia la corretta e civile esposizione
dei fatti.

65

In assenza anche di uno solo di questi requisiti, il diritto inviolabile risorge in tutta la sua
pienezza, rendendo illecita la manifestazione di pensiero.
Unultima considerazione va fatta riguardo ai soggetti che possono beneficiare del diritto di
cronaca. Sarebbe errato sostenere che il privilegio di informare riservato al giornalista.
Lart. 21 Cost. non pu riguardare una ristretta categoria. In realt, lambito di applicazione
del diritto di cronaca non riferito al soggetto che lo esercita, ma al mezzo attraverso il quale
viene diffuso il pensiero.
Cos, il diritto di cronaca va riconosciuto a chi narra fatti o esprime un pensiero utilizzando un
mezzo tecnicamente idoneo ad informare una cerchia indeterminata di persone. Quindi, non
solo al giornalista, ma anche a chi scrive sul giornalino della scuola o delluniversit, su un
volantino poi distribuito al pubblico, a chi interviene in un forum o tiene un blog su internet.
Persino chi scrive sui muri della citt pu invocare il diritto di cronaca, se vengono rispettati
gli altri requisiti (interesse pubblico e continenza formale), anche se il pi delle volte i
messaggi scritti sui muri, non riportando fatti ma giudizi, risultano meglio riconducibili alla
problematica della critica.

2.3.1 La verit
Il primo requisito che la cronaca deve rispettare nel momento in cui entra in conflitto con
un diritto inviolabile garantito dallart. 2 Cost. rappresentato dalla verit dei fatti. Non
sarebbe esatto dire che si tratta del requisito pi importante. Eguale importanza rivestono i
requisiti dellinteresse pubblico e della continenza formale. Ma proprio con riferimento al
requisito della verit che si registra lavanzamento dei tradizionali limiti in materia di
manifestazione del pensiero e si rinviene la giustificazione per una tutela rafforzata del diritto
di cronaca.

66

Bisogna prima chiarire in che termini il rispetto della verit dei fatti rappresenta, nella
cronaca, un avanzamento dei limiti tradizionalmente imposti alla libert di pensiero. E utile
un esempio. Se un quotidiano locale scrive che il sindaco indagato o stato condannato per
truffa, avr senzaltro agito nellambito del diritto di cronaca se quella notizia vera. Ma se
uno di noi viene a sapere che per truffa stato condannato un proprio condomino, non potr
comunicarlo agli altri condomini affiggendo allingresso del palazzo il dispositivo della
sentenza. Insomma, al di fuori di un contesto propriamente informativo, fatti lesivi non
possono essere resi noti nemmeno quando sono veri.
Ci in quanto i reati di ingiuria e diffamazione prescindono dalla verit dei fatti. Lo dice
lart. 596, comma 1, c.p.: Il colpevole dei delitti preveduti dai due articoli precedenti
[ingiuria e diffamazione] non ammesso a provare a sua discolpa la verit o la notoriet del
fatto attribuito alla persona offesa41. Insomma, chi attribuisce ad una persona fatti offensivi,
in un eventuale giudizio non potr cavarsela dimostrando che sono veri. Invece, in un contesto
informativo, la prova della verit dei fatti narrati indispensabile per escludere la
responsabilit. Ecco, dunque, in che termini si pu parlare, con riferimento alla cronaca, di
avanzamento dei limiti tradizionalmente imposti alla libert di pensiero.
Un avanzamento dei limiti che trova giustificazione nella stessa funzione della cronaca,
fondamentale in un sistema democratico, dove la sovranit appartiene al popolo (art. 1
Cost.). Per ovvi motivi, qualsiasi persona troverebbe grosse difficolt se dovesse
personalmente apprendere i fatti. Gli organi di informazione, invece, vantano un rapporto
privilegiato con la realt. E come se possedessero un gigantesco specchio da orientare di
volta in volta dallalto, consentendo cos alla collettivit di cogliere fatti la cui visione diretta
le impedita da ostacoli insormontabili. La cronaca il tramite tra la collettivit e la realt.

41

Francesco VERRI Diffamazione a mezzo stampa e risarcimento del danno, Giuffr ed.,2007

67

Raccoglie le informazioni, le seleziona e le restituisce alla collettivit sotto forma di notizia.


E naturale, quindi, che si debba escludere qualsiasi responsabilit, sia civile che penale,
quando i fatti oggetto di cronaca siano veri.
Questa la ragione per cui la cronaca deve basarsi sulla verit dei fatti. Il sacrificio dei
diritti del singolo individuo giustificato soltanto dallesigenza di informare la collettivit.

2.3.2 L'Interesse pubblico


Secondo lart. 1 Cost. La sovranit appartiene al popolo. Si gi avuto modo di
spiegare in "La verit" come questa norma va considerata il fondamento del diritto della
collettivit a ricevere uninformazione puntuale e veritiera. Un diritto che strumentale
allesercizio della sovranit.
La collettivit ha quindi il diritto di essere informata segnatamente su quei fatti in grado di
fornirle una visione globale e il pi possibile precisa della societ, in modo da porla nelle
giuste condizioni per un corretto e consapevole esercizio della sovranit. Fatti, cio, per i
quali vi sia un reale interesse pubblico alla loro conoscenza.
Tuttavia, ci non significa che debbano essere divulgati soltanto fatti la cui diffusione
soddisfi un reale interesse pubblico. Spesso, infatti, vengono diffuse notizie nelle quali
davvero difficile scorgere un interesse sociale. Si pensi allanatra che depone le uova nel
giardino della Casa Bianca42, o alla fuga del gatto di Tony Blair43 dalla residenza di Downing
Street. Ci dipende evidentemente dal modo in cui una testata considera e costruisce il
rapporto con i propri lettori o telespettatori.

42

La Casa Bianca anche nota come White House, in inglese, la residenza ufficiale e il principale ufficio
del presidente degli Stati Uniti.

43

E' un politico britannico. stato Primo Ministro del Regno Unito dal 2 maggio 1997 al 27 giugno 2007

68

Ma la diffusione di notizie banali e insignificanti non pu essere impedita, perch


anchessa tutelata dallart. 21 Cost. In teoria, ogni giornalista, ogni editore, sono liberi di
stabilire quali notizie sono interessanti per la collettivit e proporgliele sotto forma di servizio
giornalistico. In ogni caso, la loro diffusione non pone alcun problema. Si tratta di notizie del
tutto innocue, per le quali il giudizio sulla loro utilit sociale non assume importanza per
lordinamento giuridico.
Il ricorso al concetto di interesse pubblico diventa, invece, irrinunciabile quando la
diffusione della notizia porta allattenzione della collettivit il comportamento di un
determinato soggetto. In linea di principio, qualunque accadimento relativo a una persona
fatto privato; e come tale necessita del suo consenso per poter essere divulgato. Tuttavia, vi
sono casi in cui un fatto privato pu essere divulgato anche contro la volont del soggetto. O
perch la relativa notizia informa la collettivit su un accadimento che potrebbe toccare
chiunque, o perch il fatto si riferisce ad un bene che, per valore o diffusione, va considerato
comune. Il pubblico va tenuto informato, a scapito dei protagonisti, sugli episodi di
corruzione, sulla adulterazione delle sostanze alimentari, sugli episodi di malasanit, sugli
omicidi, sulle truffe, sulle violenze sessuali, etc.
Quando ci accade, il fatto privato diventa di interesse pubblico e il diritto del singolo
individuo viene sacrificato in nome dellinteresse sociale. Qui la collettivit legittimata a
conoscere dettagliatamente i comportamenti privati. Comportamenti la cui conoscenza
funzionale ad una migliore comprensione delle problematiche che proprio quei
comportamenti svelano o evidenziano. La loro divulgazione crea opinioni, stimola dibattiti,
suggerisce rimedi. Rimedi cui la collettivit ricorre per un puntuale e corretto esercizio della
sovranit che lart. 1 Cost. le attribuisce.
Tuttavia, non vanno considerati di interesse pubblico soltanto gli accadimenti la cui
conoscenza stimola una reazione della collettivit come soggetto sovrano, ma anche quei fatti
69

riguardanti personaggi legati al pubblico per meriti che non hanno nulla a che vedere con la
gestione della cosa pubblica. E il caso di calciatori, attori, artisti, presentatori, cantanti, etc.;
che spesso, loro malgrado, vengono a trovarsi al centro della scena pubblica per fatti che
rientrano nella propria sfera privata. Qui non lazione in s a fare notizia, ma soltanto il loro
riferirsi al personaggio noto. Si tratta di casi molto delicati, dove spesso viene messo a
repentaglio quel diritto alla riservatezza che, in linea di principio, andrebbe garantito anche al
personaggio noto.

2.3.3 La continenza formale


La continenza formale il requisito che attiene alle modalit di comunicazione della notizia.
Questa deve riportare il fatto nei suoi elementi oggettivi cos come appresi dalla fonte. Il
giornalista non deve essere altro che un tramite tra la fonte e il lettore. Qualsiasi artificio
adoperato dal giornalista che, eccedendo lo scopo informativo, condizioni la genuinit della
notizia, vola il requisito della continenza formale.
Lartificio pu consistere nelluso di un linguaggio colorito ed incauto, nel porre laccento
volutamente su un particolare aspetto del fatto, nelladoperare termini tali da comunicare un
messaggio sottinteso diverso, nellaccostare levento narrato ad altro evento in modo da
attribuire al soggetto un fatto diverso e ulteriore rispetto a quello originario. Tutto questo pu
indubbiamente produrre un effetto lesivo. E in qualunque forma si manifesti, la violazione del
requisito della continenza formale va a scapito della obiettivit della notizia.
La violazione del requisito della continenza formale pu avvenire in diversi modi, per
semplicit riconducibili a due categorie generali, tra di loro in qualche modo opposte.
La prima categoria rappresentata dalla violazione palese. E una violazione che si verifica
raramente e che non pone particolari problemi di individuazione. Attiene principalmente al
tono adoperato nella narrazione del fatto. E una violazione diretta, che non necessita di uno
70

sforzo intellettivo per essere individuata. Il tono sproporzionatamente scandalizzato e vi


un'eccessiva drammatizzazione della vicenda, oppure risulta fuori luogo linserimento di
aggettivi estremi e peggiorativi come impressionante, sconcertante, incredibile,
terribile, stranissimo, pazzesco, vergognoso, deplorevole, etc. E una violazione
grezza, tipica del giornalista inesperto ed ingenuo. Ma tutto sommato onesta, se confrontata
con la categoria che segue. E frutto di impeto e si traduce spesso in un attacco personale. E
la meno pericolosa, perch il lettore riesce con relativa facilit ad isolare il fatto notizia dal
soggettivismo del giornalista. Un modo efficace per identificare questa forma di violazione
equipararla ad una critica espressa in un contesto di cronaca.
La seconda categoria quella caratterizzata da un premeditato difetto di chiarezza.
Qui il giornalista, nel narrare il fatto reale, vuole attribuire al soggetto un fatto diverso o
ulteriore. E uno strumento subdolo al quale il giornalista, fermi i suoi cattivi propositi, deve
necessariamente ricorrere perch la rappresentazione chiara, espressa, inequivoca del fatto
diverso o ulteriore lo porterebbe ad una violazione diretta del requisito della verit. La
violazione non appare prima facie, ma pu essere individuata solo attraverso unoperazione
che definisca prima il fatto diverso, poi la sua falsit o non riconducibilit al soggetto. Spesso
il fatto diverso in qualche modo richiamato nel titolo o nellocchiello.
A questa categoria appartiene il cosiddetto sottinteso sapiente. Un classico caso luso
delle virgolette o degli eufemismi. Qui il giornalista usa i termini sapendo che il lettore li
interpreter in maniera contraria o comunque diversa da quanto suggerirebbe il dato formale
letterale, stimolando un giudizio estremamente negativo e amplificando cos gli effetti lesivi.
Altra tecnica riconducibile al premeditato difetto di chiarezza quella degli accostamenti
suggestionanti. Oltre a narrare il fatto attribuito al soggetto, il giornalista cita altri fatti che si
riferiscono a soggetti diversi e pi gravi, creando tra il primo e i secondi un collegamento
implicito senza minimamente esteriorizzarlo. E il lettore che metter in relazione il primo
71

con i secondi. A questa categoria appartengono anche le insinuazioni. Qui il fatto diverso o
ulteriore, ovviamente peggiorativo, viene attribuito al soggetto comunicando espressamente al
lettore che la relativa ipotesi non improbabile, o non si pu escludere, o che si
potrebbe azzardare, o affermando che quanto appreso fa pensare a, etc., nella totale
assenza di qualsiasi elemento obiettivo che possa permettere di affermarlo esplicitamente.
In ognuno di questi casi, linformazione che ne deriva perde la sua originaria obiettivit. Si
pu dire che la violazione del requisito della continenza formale in sostanza una
violazione indiretta del requisito della verit, perch con essa o si enfatizza il fatto (1^
categoria) o si induce il lettore ad attribuire al soggetto un fatto diverso o ulteriore (2^
categoria). Muta comunque il fatto originario. E mentre nella violazione (diretta) del requisito
della verit il giornalista riferisce un fatto falso (perch inesistente o diverso da quello appreso
dalla fonte), nella violazione del requisito della continenza formale il giornalista riferisce lo
stesso fatto appreso dalla fonte, ma spinge il lettore a travisarlo per effetto degli artifici sopra
descritti. Sotto questo aspetto, la violazione del requisito della continenza formale una
violazione indotta del requisito della verit.
Nella cronaca televisiva la problematica del requisito della continenza formale risulta ancor
pi complessa. In proposito utile riportare un episodio eclatante. Allindomani delle stragi
terroristiche di Londra del luglio 2005, lemittente televisiva Telepadania44 trasmette pi
volte le immagini di un gruppo di immigrati festanti nei pressi della stazione ferroviaria di
Cento (Ferrara), citando testimonianze che indicano nel successo delle azioni kamikaze
londinesi il motivo di quelle manifestazioni di giubilo. Tutti i principali esponenti leghisti,
ministri compresi, gridano allo scandalo. Si sapr poi che quelle manifestazioni di giubilo

44

TelePadania il marchio televisivo con il quale la Lega Nord trasmette per alcune ore al giorno sul canale
dell'emittente televisiva locale TLC Telecampione.

72

erano antecedenti alle stragi e riguardavano un matrimonio. La vicenda diverr nota come Il
falso scoop di Telepadania.
Ora, evidente che si tratta di un clamoroso caso di violazione del requisito della verit.
Attraverso la decontestualizzazione delle immagini del gruppo festante, si creato un fatto
falso: immigrati hanno festeggiato in Italia, pubblicamente, le stragi terroristiche di Londra.
Violazione che avrebbe meritato quantomeno un intervento esemplare dellOrdine dei
Giornalisti45. Ma la vicenda offre lo spunto per riflettere sui modi con i quali il giornalista
televisivo pu violare il requisito della continenza formale. Oltre alla voce fuori campo che
accompagna il servizio, il mezzo televisivo dispone di un efficace strumento che pu rivelarsi
micidiale: la tecnica di montaggio.
Immaginiamo un servizio trasmesso dallipotetica emittente Teleapostolica sulla comunit
musulmana in Italia, che si soffermi sullImam e gli assidui frequentatori di una moschea.
Intervistati singolarmente, rivendicano orgogliosi la propria fede, ma prendono le distanze da
qualsiasi pratica terroristica. Successivamente una voce fuori campo incomincia a parlare del
pericolo derivante dalla presenza, allinterno della vasta comunit islamica, di frange
estremiste che solidarizzano con Bin Laden46. I commenti e le immagini di distruzione e di
morte riportano ai martiri della Jihad47. E si alternano ai primi piani degli stessi intervistati
intenti a pregare con in mano il corano, insieme ad inquadrature suggestive allinterno della
moschea. La voce fuori campo ricorda le indagini della magistratura che hanno attribuito ad
alcune moschee un ruolo chiave nella formazione di cellule terroristiche.

45

L'Ordine Nazionale dei Giornalisti un ente pubblico italiano non economico a struttura associativa,
l'iscrizione al quale obbligatoria per l'esercizio della professione di giornalista

46

E' stato un militante terrorista fondamentalista islamico sunnita, fondatore e leader di al-Qida, la pi nota
organizzazione terroristica internazionale, attiva a partire dalla fine del XX secolo.

47

La parola connota un ampio spettro di significati, dalla lotta interiore spirituale per attingere una perfetta
fede fino alla guerra santa.

73

Ebbene, questo un caso di violazione del requisito della continenza formale. La tecnica di
montaggio induce il telespettatore a ritenere che gli intervistati abbiano appena espresso la
loro contrariet ad iniziative di matrice terroristica solo perch sollecitati da una fonte
informativa. Quando, nel chiuso della loro moschea, al di fuori di un contesto pubblico,
aderiscono alle posizioni pi estremistiche.
Mentre nel caso di Telepadania si creato e divulgato un fatto falso, violando cos il requisito
della verit, nel caso di Teleapostolica ci che viene rappresentato dalle immagini ed evocato
dalla voce fuori campo vero; ma, tramite una raffinata tecnica di montaggio, si crea tra fatti
veri un collegamento inesistente, suggerendo al telespettatore una conclusione falsa.
E non c dubbio che il mezzo televisivo dispone di tecniche di suggestione di gran lunga pi
sofisticate di quelle tipiche del mezzo cartaceo. Spesso la tecnica di diffusione della notizia
televisiva si basa su un tipo di spettacolarizzazione (impossibile da ottenere con la carta
stampata) ampiamente ricercata ed apprezzata, ma anche difficile da distinguere dai casi di
violazione del requisito della continenza formale. Sotto questo aspetto, chi chiamato a
giudicare la violazione deve spesso compiere un grosso sforzo intellettivo per scoprire che
una raffinata tecnica di montaggio nasconde, in realt, un messaggio dalla elevatissima
capacit lesiva.

2.4 Diritto di critica


Attraverso la tutela del diritto di cronaca, ogni ordinamento democratico garantisce la
libert di informazione nella sua duplice veste di diritto ad informare e ad essere informati.
Con la tutela del diritto di critica, lordinamento garantisce quellaspetto della libert di
pensiero che pi di ogni altro funzionale alla dialettica democratica.
Diritto di cronaca e diritto di critica sono entrambi emanazioni dallart. 21 Cost. Tuttavia,
la loro diversit enorme. La cronaca riferisce una realt fenomenica (fatto o
74

comportamento). Essendo informazione, obiettiva. La critica, essendo valutazione,


soggettiva. La cronaca nasce con il fatto e lo descrive, la critica segue la descrizione del
fatto e lo valuta. La cronaca esprime lidentit tra una realt fenomenica e linformazione che
la veicola, la critica esprime un dissenso verso quella realt fenomenica.
In realt, quando si parla di diritto di critica, si vuole legittimare qualcosa che va ben al di
l della mera opinione. Le potenzialit dellart. 21 Cost. sono ben altre. Sarebbe estremamente
frustrante per lart. 21 Cost. sapersi in grado di tutelare soltanto un generico, umile ed innocuo
secondo me. La libert di opinione permette di esprimere la propria idea su una questione,
giusto per aggiungere una voce alle altre. Il diritto di critica, invece, dura contrapposizione,
mettere a nudo linadeguatezza, linaffidabilit, la falsit, gli errori altrui. E voler scuotere,
provocare una reazione. La critica fondamentalmente un attacco.
E il giudizio soggettivo a caratterizzare la critica rispetto alla cronaca. Se questultima
consiste nel riferire un fatto obiettivo, possibile fornire per esso un solo messaggio
informativo. Le possibilit di critica nei confronti di un fatto, invece, sono tendenzialmente
infinite. E utile in proposito un esempio del prof. Zeno Zencovich48 con riferimento alla
possibilit di messaggi di dissenso attorno al dipinto di un artista. Esse vanno dal fatto
obiettivo (olio su tela 25 x 35) alla esclamazione orrendo! da parte del critico, laddove la
cronaca consisterebbe nel riferire esclusivamente olio su tela 25 x 35. Si capisce quindi
lestrema variabilit di una valutazione, di un giudizio, rispetto alla univocit di
uninformazione.
Dando 100 alla esclamazione orrendo! e zero ad olio su tela 25 x 35, la critica che
prossima al valore zero non avr alcuna possibilit di essere accolta o contrastata, poich non
48

E' un accademico, giurista e un filosofo del diritto italiano. professore di diritto comparato presso
lUniversit Roma Tre e l'UTIU e si occupa di diritto privato europeo, di media e di nuove tecnologie della
informazione e della comunicazione. Ha pubblicato monografie, saggi e articoli su profili giuridici delle
telecomunicazioni e delle nuove tecnologie.

75

esprime una valutazione, ma riporta un fatto, come la cronaca. Man mano che il critico si
allontana da zero, la sua valutazione stimoler reazioni, favorevoli e contrarie. Pi si avvicina
a 100, pi intenso sar il dibattito, che lo strumento attraverso cui si attua la democrazia.
In teoria la critica dovrebbe incontrare gli stessi limiti previsti per il diritto di cronaca:
verit, interesse pubblico, continenza formale. Solo se rispetta tutti e tre i requisiti la critica
legittima. La verit riferita al fatto: ossia la critica deve poggiare su basi veritiere. Deve
rivestire un interesse pubblico, che poi riferito allo stesso fatto: non si potranno, quindi,
esprimere pubblicamente valutazioni critiche su fatti privati o comunque privi di interesse per
la collettivit. Infine, la critica deve rispettare il requisito della continenza formale.
In teoria, appunto. Ma in pratica, la differenza ontologica con la cronaca rende impossibile
applicare alla critica i tradizionali requisiti nella stessa misura e con la stessa severit. Non
difficile immaginare come la valutazione di un fatto, passando attraverso la sua
interpretazione, possa tendere a travisarlo. E come la critica verso una persona, o un suo
comportamento, per forza di cose finisca per rappresentarla in maniera diversa da quella che
. Non a caso la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto di critica a chi attaccava un
avversario politico definendolo un khomeinista nella lotta per il potere, che ha collaudato un
modo di amministrare a met strada tra il decisionismo e lillegalit, come non si era mai
visto finora nelle peggio amministrate citt dItalia e che avrebbe fatto da cerniera tra
lamministrazione e i gruppi immobiliari finanziari, che nel frattempo sono diventati i veri
padroni di Roma; o a chi qualificava altri con il termine faccendiere o lottizzato49.
Si pensi se queste frasi fossero state riportate in un articolo di cronaca. Il diritto di critica
non poggia sullobiettivit. Non finalizzato ad informare, ma a stimolare un dibattito.

49

TESAURO A., Diffamazione a mezzo di intervista giornalistica e diritto di critica (nota a sent. Trib.
Venezia 27gennaio 1997, Battistella e altro; Trib. Venezia 16 ottobre 1996,Schmid e altro), Foro It., 1998, II,
51

76

Partendo non dalla realt obiettiva ma da un punto di vista, si basa su valutazioni soggettive,
fatte per essere accolte o contrastate, ma comunque dibattute. Il diritto di critica forse la pi
genuina e significativa delle libert contenute nellart. 21 Cost., poich il diritto di cronaca
non deriva solo da una libert, ma anche dal dovere di informare la collettivit su fatti di
interesse pubblico, e da questo dovere si trova ad essere inevitabilmente limitato. Sarebbe
invece controproducente se si vincolasse il diritto di critica alla verit o alla continenza
formale che si esige nella cronaca, perch non stimolerebbe alcun dibattito. Il diritto di
critica non informazione, ma legittimo attacco50.
Tuttavia, chiaro che anche il diritto di critica incontra dei limiti.
Per quanto riguarda il requisito della verit, a differenza della cronaca, che sempre
informazione su fatti determinati, loggetto della critica pu essere incredibilmente vario. Pu
indirizzarsi su un fatto determinato, come la cronaca, ma anche riguardare un comportamento
generico e diluito negli anni. Ma pi la critica riguarda fatti specifici, maggiore la sua
potenzialit lesiva, maggiore quindi lesigenza che venga rispettata la verit. Pi la critica
generica, minore il pregiudizio che pu derivarne, minore la necessit del controllo sulla
verit.
Che una critica generica sia potenzialmente meno lesiva di una critica su fatti determinati,
una conclusione che si trae anche dalle disposizioni del codice penale sullingiuria e la
diffamazione (artt. 594 e 595 c.p.). Entrambe le figure di reato prevedono una pena doppia
quando loffesa consiste nellattribuzione di un fatto determinato51.
Inoltre, le argomentazioni critiche sorrette da motivazioni razionali, pur se discutibili e
comunicate con veemenza, assicurano un corretto esercizio del diritto di critica, perch si
50

GENNARI S., Responsabilit civile ed esercizio del diritto di critica giornalistica., Resp. Civ. e Prev.,
1997, 1001

51

MORRETTA G., Critica scientifica e diffamazione (nota a sent. Cass., Sez. I, 6 aprile 1993 n. 4109, Soc.
it. neurologia c.Bonaccorsi), Nuova Giur. Civ., 1994, I, 584

77

offre alla controparte la possibilit di controbattere con argomentazioni altrettanto razionali,


arricchendo cos il dibattito intorno a problematiche di interesse pubblico. Questo un aspetto
fondamentale del diritto di critica, che assicura altres il rispetto del requisito della continenza
formale. Nella critica il requisito della continenza formale necessariamente meno rigido di
quello che si esige nella cronaca. Consistendo la critica in un attacco, chiaro che non pu
pretendersi dallautore lo stesso equilibrio di chi veicola uninformazione. Questultimo
vincolato alla narrazione obiettiva ed imparziale dei fatti, ad un inquadramento non di parte
della vicenda. Cosa che non possibile pretendere da chi esprime una critica, che esprime
proprio una valutazione di parte.
Tuttavia, ci non esclude che la critica possa a volte consistere in una mera aggressione
personale, come tale incapace di stimolare dibattiti costruttivi. Ad esempio, non pu non
destare linteressamento della magistratura chi in campagna elettorale definisce un avversario
politico pidocchio, mascalzone e burattino; o i candidati di una lista elettorale avversaria
incapaci di aprire bocca senza dire menzogne; o unintera giunta regionale uno
scandaloso branco di signorotti stolti e fannulloni. Frasi del genere non hanno nulla di
costruttivo. Non possibile la verifica della verit perch non vi sono fatti. E una critica sul
nulla, perch priva di argomentazioni. Queste frasi deprimono, anzich stimolare, la dialettica
democratica. Offendono gratuitamente. Pertanto, non possono ritenersi legittime.
Tuttavia, bisogna ammettere che nelle ultime campagne elettorali si assistito ad un
generale innalzamento dei toni critici. Nella dialettica politica hanno fatto ingresso termini
che in teoria non potrebbero considerarsi espressione di una corretta critica, perch non
sorretti da argomentazioni52. Non si pu negare che la tendenza alla spettacolarizzazione delle

52

BRESCIANI E., Opinioni espresse in ambito politico,lesione della reputazione e diritto di critica (nota a
sent. Trib. Roma26 marzo 1997, Selva c. De Mita e altro), Nuova Giur. Civ., 1998, I, 268

78

campagne elettorali abbia finito per provocare un avanzamento dei tradizionali limiti del
diritto di critica.
Naturalmente anche nella critica ha rilevanza il requisito dellinteresse pubblico, da
intendersi come interesse della collettivit a venire a conoscenza della manifestazione critica.
Significa che loggetto su cui verte la critica deve riguardare fatti o comportamenti che
rivestono una certa importanza per la collettivit, con esclusione quindi dei fatti personali. Se
poi la manifestazione critica basata prevalentemente su un giudizio, deve necessariamente
rivolgersi ad una persona presente nella vita pubblica. La collettivit non ha alcun obiettivo
interesse a conoscere i giudizi su persone prive di notoriet, proprio perch non ha interesse
ad una conoscenza approfondita di quella persona. Per questo la critica pubblicamente rivolta
ad uno sconosciuto non pu considerarsi legittima. In generale, si pu dire che quanto
maggiore la rilevanza pubblica di un personaggio, tanto pi le critiche rivoltegli saranno
ritenute legittime.
E pi la critica riguarda laspetto pubblico del personaggio, vale a dire lattivit che lo
caratterizza agli occhi dei pi, maggiore sar la probabilit che venga ritenuta legittima,
essendo maggiore linteresse pubblico alla sua conoscenza.
La critica rivolta ad un politico su fatti della sua vita privata non pu interessare la
collettivit, se quei fatti non incidono sulla sua attivit pubblica. Va stimolato il dibattito su
questioni rilevanti. In pratica, come va data la massima trasparenza al rapporto che lega il
personaggio alla collettivit (cronaca), cos va garantito il dibattito cui pu dar vita un
giudizio espresso su quel rapporto (critica).
Unultima osservazione. Da alcune parti si afferma che la critica pu accompagnare la
cronaca. Questa affermazione non pu accettarsi. La rievocazione dei fatti s connaturata ad
unidea di critica, anche perch ne rafforza lefficacia; e la critica spesso si accompagna s ad
una comunicazione di fatti, eventi, comportamenti. Ma ci non ha nulla a che vedere con
79

linformazione. Non informazione, ma critica, quella contenuta in un editoriale in cui viene


rievocato un fatto allo scopo di criticare aspramente il soggetto cui viene attribuito. Qui la
citazione del fatto strumentale alla critica, non allinformazione. La descrizione del fatto
separata dalla manifestazione del pensiero e la relativa informazione acquisita.
Di conseguenza, se si vorr esercitare il diritto di critica, anche nei riguardi di un fatto
appena acquisito, la critica dovr essere ben distinta, fisicamente e graficamente, dalla
cronaca.
Che la cronaca, intesa come veicolo dellinformazione, non possa andare di pari passo con
la critica, anche una conclusione imposta dallidea stessa di obiettivit dellinformazione. Se
la critica valutazione soggettiva, incompatibile con la cronaca, che narrazione obiettiva
di fatti. Si pensi, poi, al conflitto che si determinerebbe tra la libert di forma insita nel diritto
di critica e il requisito della continenza formale che si esige nella cronaca. Anzi, come si gi
avuto modo di spiegare in La continenza formale, la categoria della violazione palese del
requisito della continenza formale si esprime esemplarmente proprio attraverso una critica
espressa in un contesto di cronaca. Insomma, sostenere che la critica possa accompagnare la
cronaca significa affossare il concetto di obiettivit della notizia.

2.4.1La critica politica


La politica lo strumento attraverso il quale la collettivit esercita, in maniera
prevalentemente indiretta, quella sovranit che lart. 1 Cost. le attribuisce espressamente. La
critica politica ha lo scopo di provocare una reazione, una risposta sul modo di gestire la cosa
pubblica. Attraverso di essa viene attuato un controllo sullesercizio della sovranit che lart.
1 Cost. affida al popolo. Si pu scorgere nella collettivit un generale interesse alla critica
politica, poich il suo esercizio stimola un dibattito sullesercizio della sovranit.

80

Interesse pubblico alla critica politica significa che la collettivit considera costruttivo per
lesercizio della sovranit che un personaggio venga attaccato nelle sue posizioni, o per i suoi
comportamenti politici, proprio per stimolare una reazione, alimentando cos il dibattito
democratico su una questione politica di interesse pubblico.
Da ci conseguono effetti soprattutto sulla rilevanza della verit dei fatti su cui la critica si
basa. Come gi detto, quando la critica si indirizza su fatti determinati, non si pu prescindere
dalla loro verit. Ma quanto pi generica la critica, tanto pi illogica risulter quella verifica.
Qui va garantita la massima libert di argomentazione, che fa della critica politica un
formidabile strumento di controllo del potere, i cui detentori si vedono costretti a rispondere
alle domande poste loro attraverso la proposizione di argomenti critici.
Quando la critica politica non si basa su fatti determinati, unico limite alla sua legittimit
dato dalla razionalit delle argomentazioni. Che per quanto estreme, non debbono mai
sconfinare nel gratuito insulto. Si arriva allinsulto proprio quando la pochezza delle
argomentazioni adottate rende impossibile una replica su basi razionali.
Per fare degli esempi concreti, dare ad un avversario politico del pidocchio equivale ad un
mero insulto. Perch, in primo luogo, non vi alcun fatto su cui basare la critica, essendo
evidente che essere pidocchio non rappresenta un fatto su cui replicare. Nemmeno pu
rinvenirsi in una affermazione del genere una qualche argomentazione razionale. In secondo
luogo, non vi sarebbe alcun interesse pubblico a sapere se un soggetto pu essere considerato
un "pidocchio".
Al contrario, attribuire ad un soggetto la qualifica di lottizzato pu rientrare nel concetto di
critica politica. Sul presupposto che tale termine individua chi riveste una carica pubblica in
conseguenza del suo colore politico, la critica in s presuppone un preciso fatto accompagnato
da unargomentazione razionale, contro la quale sempre possibile opporre argomentazioni

81

altrettanto razionali tendenti ad inficiare la validit della prima. E non c dubbio che sussista
un interesse pubblico al dibattito intorno alla pratica della lottizzazione53.
Da qualche tempo si assiste ad una sorta di degenerazione della competizione politica,
soprattutto durante le campagne elettorali, che si manifesta attraverso critiche che hanno ben
poco di costruttivo. Spesso la critica non accompagnata da alcuna argomentazione, e tende
semplicemente a screditare lavversario politico. In teoria, in molti casi si tratterebbe di critica
non legittima, poich espressa attraverso attacchi ai quali impossibile replicare. E il caso
dellavversario politico che viene definito dallantagonista un uomo disperato o insano di
mente.
Tuttavia, non va dimenticato che la spettacolarizzazione della competizione politica, attuata
anche attraverso una certa dose di ironia, esercita una indubbia attrazione nei riguardi della
collettivit, la cui attenzione viene in questo modo convogliata verso le problematiche
politiche. Un tale tipo di critica politica, quindi, possiede una funzione. Inoltre, in molti di
questi casi la critica ha contenuti evidentemente ironici, che sono ugualmente idonei a dar vita
ad un dibattito sul tema che la origina, e che per giunta risultano espressione di una vena
satirica che non potrebbe mai essere occultata per il fatto di essere manifestata da un politico
anzich da un artista.

2.4.2 La critica scientifica


Lart. 21 Cost. garantisce la libert di manifestazione del pensiero. La tutela abbraccia
qualsiasi campo della conoscenza. Ne deriva che la disposizione costituzionale tutela anche la
libert di manifestazione del pensiero scientifico.

53

Minca Claudio, Bialasiewicz Luiza Spazio e politica. Riflessione di geografia politica, Cedam,2004.

82

La tutela assume importanza nella competizione scientifica, dove ogni scienziato cerca di
imporre la validit delle proprie teorie. Anche qui va riconosciuto il diritto di critica, poich
stimola la dialettica e arricchisce il dibattito su temi di indubbio interesse pubblico54. Ma
naturale che anche la critica scientifica debba sottostare ad alcuni limiti, a tutela dellonore e
della reputazione degli scienziati ai quali diretta.
Tuttavia, la problematica della critica scientifica presenta indubbie particolarit, derivanti
dalla presenza, nella nostra Costituzione, dellart. 33, che sancisce, senza limiti e condizioni,
il principio della libert di scienza. Per quel che qui interessa, libert di scienza significa che
non esiste una scienza ufficiale. Lo Stato, cio, riconosce validit e dignit
a qualsiasi disciplina scientifica. Nessuna scienza vera o falsa, n esistono fonti ufficiali su
cui basare la critica. In altre parole, a differenza di quanto accade negli altri tipi di critica, la
critica scientifica non si esprime su un fatto la cui esistenza verificabile, ma su
una teoria55.
Di conseguenza, ciascuno scienziato avr il diritto di sostenere, con argomentazioni
razionali, la validit delle proprie teorie e linfondatezza di quelle altrui. Ma la critica non
potr rinvenire la propria legittimit sulla verit o sulla falsit delle teorie rispettivamente
propugnate. Se lo scienziato Tizio cita in giudizio il collega Caio perch questultimo ha
affermato che le sue teorie scientifiche sono ridicole, il giudice non potr accertare quale delle
due scienze vera. La verit di una tesi scientifica non pu formare oggetto di perizia
(che il procedimento tipico attraverso cui si appura la verit), poich non esiste una scienza
ufficiale. Ogni conclusione elaborata secondo un metodo scientifico non n vera n falsa,
bens libera ex art. 33 Cost.

54

Albamonte F., Attivit di divulgazione scientifica e reato di diffamazione, in Cassazione penale 1995

55

Bloor D., La dimensione sociale della conoscenza, Raffaello Cortina, 1994

83

Che poi la stessa cosa che si verifica in riferimento alla critica artistica, dato che lart. 33
Cost. sancisce espressamente la libert dellarte al pari della scienza. Non esiste
unarte ufficiale, unarte vera, come non esiste unarte bella o brutta. Se lartista Tizio
cita in giudizio Caio perch questultimo ha detto pubblicamente che le sue opere fanno
schifo, il giudice non potr stabilire se Caio dice la verit. Non potr, cio, nominare un perito
perch stabilisca se larte di Tizio brutta. Una volta appurato che le opere di tizio sono
arte, dovr valutare il comportamento di Caio sotto altri aspetti56.
Non essendo concepibile una verit, la valutazione della legittimit della critica scientifica
si sposta interamente sul requisito della continenza formale. E ci che conta, oltre
naturalmente al linguaggio adoperato, soprattutto largomentazione. Uno scienziato potr
attaccare lattivit di un collega anche aspramente, ma motivando la validit delle proprie
teorie e linfondatezza di quelle altrui con il ragionamento.
Ma nella critica scientifica il concetto di argomentazione va concepito in maniera diversa
rispetto a quanto accade negli altri tipi di critica, proprio per limpossibilit di fare riferimento
ad una preesistente verit. Negli altri tipi di critica alla base di tutto vi un dato obiettivo
(un fatto, o un insieme di fatti, o un comportamento umano) sul quale si innesta il giudizio del
critico e consente di verificarne la legittimit attraverso la sua aderenza alla realt. Nella
critica scientifica quel dato obiettivo non esiste. La critica scientifica rivolta ad una teoria,
che per lart. 33 Cost. ha la stessa dignit di quella propugnata dal critico, ma che per il suo
pensiero non ha titolo di esistere in quanto errata. La critica scientifica mira a cancellare
lavversa teoria.
Di conseguenza, il critico scientifico, nellesprimere il proprio (anche aspro) giudizio sulla
altrui posizione scientifica, dovr richiamare, sia pure sommariamente, i fondamenti della

56

Husserl E., Vita, pensiero, opere scelte, Il Sole 24 Ore, 2007

84

teoria avversa, creando idealmente la situazione che si verifica negli altri tipi di critica, dove
loggetto su cui verte la critica necessariamente richiamato in quanto preesistente. La critica
scientifica che si limitasse a negare validit alle altre teorie senza richiamarle e senza
adeguatamente motivare la loro infondatezza non sarebbe legittima per violazione del
requisito della continenza formale, in quanto non esposta correttamente.
Naturalmente il critico scientifico, nel richiamare lavversa teoria, dovr esporla cos come
formulata dal fautore. Non potr attribuire ad essa circostanze non vere per minarne la
scientificit e per screditarla. Per fare un esempio, se un nuovo e complesso procedimento
scientifico si basa sul riscaldamento di un gas ad una temperatura di 1000C, il critico non
potr indicare falsamente che quel gas viene riscaldato a 200C, facendo cos leva sulla
temperatura eccessivamente bassa per sostenere la fallibilit del procedimento, se per ipotesi
vige una legge fisica che attribuisce a quel gas scarsissime propriet quando portato ad una
temperatura inferiore ai 300C.
Tuttavia, nemmeno qui si pu parlare di violazione del requisito della verit, che non pu
riguardare la teoria in s (per lart. 33 Cost. una teoria scientifica non pu essere vera). Qui
la falsit riguarda soltanto un presupposto su cui si basa la teoria libera e che il critico
strumentalizza per sostenere linfondatezza scientifica della teoria stessa. Pertanto, si sempre
nel campo della correttezza della esposizione, quindi della continenza formale.
Quanto detto ha applicazioni interessanti nellinformazione televisiva. Generalmente non si
pu negare il diritto di critica al conduttore di un programma di approfondimento informativo,
essendo la notizia gi acquisita. La critica sempre lecita, se il conduttore nellesprimerla si
basa sulla verit dei fatti (ormai acquisiti) nel rispetto della continenza formale. Ma le cose
mutano in un programma di approfondimento informativo scientifico. Qui la critica
condizionata dalla mancanza di un fatto, di una verit su cui innestare la critica. Di
conseguenza, dovr dare ai fautori della teoria oggetto di critica la possibilit di rappresentarla
85

come se fosse un fatto acquisito, una verit; e su di essa esprimere il giudizio critico,
ristabilendo cos la situazione tipo della critica. Senza questa possibilit, lattacco ad una
teoria scientifica illegittimo per violazione del requisito della continenza formale.
Di conseguenza, la legittimit della critica scientifica in ambito televisivo richiede
accorgimenti che per le altre aree della critica non sono necessari. Uno di questi la par
condicio. Generalmente, alla violazione della par condicio pu al massimo conseguire un
provvedimento dellAutorit per la Garanzia nelle Comunicazioni, o un provvedimento
disciplinare ai danni del giornalista conduttore. Mai, invece, una sentenza di condanna per
diffamazione. Invece, nella critica scientifica il non dare ai fautori della teoria oggetto di
critica la possibilit di rappresentarla si sostanzia nella violazione del requisito della
continenza formale, con conseguente possibilit di fondare su tale violazione una condanna,
qualora si rinvenissero gli estremi di un fatto illecito ai danni dei sostenitori della teoria che la
trasmissione ha messo sotto accusa.

2.4.3 La critica storica


La critica storica ha per oggetto la rivisitazione e la reinterpretazione di fatti e
comportamenti relativi a personaggi del passato. La sua importanza non deriva soltanto da
unesigenza culturale. Il passato continua a condizionare, almeno in parte, il presente.
Parecchi partiti politici, ad esempio, si ispirano a personaggi vissuti molti anni fa. La critica
nei riguardi di questi ultimi pu incidere sul rapporto che lega i primi alla collettivit.
Pertanto, si comprende agevolmente limportanza del dibattito al quale la critica storica pu
dare vita57.

57

Armando SAITTA Antologia di critica storica, Laterza, 1963.

86

Non si pongono particolari problemi quando la critica connota negativamente un


personaggio del passato attraverso un giudizio complessivo sulla sua persona. Qui la
valutazione, per quanto negativa e soggettiva, indiscutibilmente riconducibile alla libert di
manifestazione del pensiero sancita allart. 21 Cost. E va espressa nel rispetto del requisito
della continenza formale. Ma la critica storica non si manifesta solo attraverso valutazioni. A
volte si propone di accertare fatti. Quand cos, la critica rivisita il passato e scopre fatti
nuovi. Addirittura arriva a contraddire quella che si credeva verit acquisita, offre nuove
prove che smentiscono documentazioni e testimonianze esistenti o tramandate, consegnando
al pubblico una verit aggiornata. E spesso accade che la ricostruzione storica si riveli
lesiva della reputazione di un personaggio del passato, attribuendogli fatti o comportamenti
che lo connotano negativamente agli occhi del pubblico.
Qui utile una precisazione. Per evidenti motivi, la critica storica lesiva della reputazione
non potr essere perseguita dal personaggio leso. A questo provvede lart. 597, comma 3, del
codice penale, il quale individua tra i soggetti che possono proporre querela, in caso di offesa
alla memoria di un defunto, i prossimi congiunti, ladottante e ladottato. E chiaro che la
norma potr applicarsi anche nelleventualit in cui chi ha facolt di querela optasse per una
richiesta di risarcimento danni unicamente in sede civile. Ed altrettanto chiaro che la
formulazione della norma restringe notevolmente lambito generazionale entro cui poter agire
in giudizio. Ci si chiede se al lavoro del critico storico possa estendersi la libert di scienza di
cui allart. 33 Cost., basandosi la storiografia su un metodo scientifico. Si gi visto in "LA
CRITICA SCIENTIFICA" come tale principio costituzionale renda irriferibile il contenuto
della critica al requisito della verit, non esistendo una scienza ufficiale, ossia vera. Se si
estendessero allo storico i privilegi che lart. 33 Cost. accorda allo scienziato, diverrebbe
legittima qualsiasi critica storica a prescindere dalla verit dei fatti su cui poggia, in quanto
ogni ricostruzione della realt sarebbe libera, anche se diffamatoria nei riguardi di un
87

personaggio defunto. Ma non cos, a causa della diversit dei presupposti sostanziali. La
differenza fondamentale tra critica storica e critica scientifica sta nei rispettivi oggetti. Con la
critica scientifica non si attribuiscono fatti. Il critico scienziato si limita a contestare, nel
rispetto del requisito della continenza formale, la validit delle teorie sostenute da un collega.
La reputazione dello scienziato pu essere lesa soltanto attraverso il modo in cui la critica
scientifica viene esercitata, ossia in violazione del requisito della continenza formale.
Al contrario, nella critica storica, ad una personaggio pubblico del passato possono venire
attribuiti fatti o comportamenti destinati a suscitare il biasimo generale. In altre parole, mentre
nella critica scientifica il destinatario viene colpito solo di riflesso, poich la carica lesiva
della critica si concentra su metodi e teorie negandone la validit scientifica, nella critica
storica la lesione si produce direttamente su fatti o comportamenti della persona.
Se il comportamento umano oggetto di critica storica non pu essere paragonato alla teoria
oggetto di critica scientifica, non possibile ricondurre la storiografia alla libert di scienza di
cui allart. 33 Cost. Pertanto, lo storico non libero di proporre qualsiasi ricostruzione del
passato che si riveli offensiva per un soggetto.
In realt, ci che importa nella ricostruzione storica il metodo utilizzato per accertare i
fatti. Se il metodo consiste in una seria e diligente attivit di ricerca, di analisi e di controllo
delle fonti, di verifica dei risultati ed basato sulla logicit delle conclusioni, allora la
ricostruzione dei fatti libera perch consentita dallart. 21 Cost.; e leventuale lesione alla
reputazione giustificata. Che poi, a ben vedere, quello che accade nella cronaca. Anche nella
cronaca, infatti, il serio e diligente lavoro di ricerca della verit sufficiente a
deresponsabilizzare il giornalista, vista la rilevanza del concetto di verit putativa.
Ci significa che neanche nella storiografia, come nella scienza, esistono conclusioni
vere, ma soltanto conclusioni che possono essere accettate grazie alla seriet del metodo
di ricerca seguito nellaccertamento dei fatti. E quanto pi il metodo adottato potr essere
88

considerato un modello da seguire, tanto pi il risultato sar inattaccabile, avvicinandosi ad


unidea di verit. Il metodo di lavoro del critico storico, come del resto quello seguto in
alcuni casi dal giornalista, pu essere paragonato al metodo scientifico utilizzato dallo
scienziato. Ma se il metodo utilizzato nella critica storica e, in alcuni casi, nella cronaca
ricalca quello dello scienziato, a differenziarle dalla scienza il condizionamento che sulla
loro attivit opera il concetto di fonte ufficiale. Concetto che, consistendo in una finzione di
verit, assolutamente inconciliabile con lidea di scienza accolta dallart. 33 Cost. Mentre
lattivit di ricerca dello scienziato assolutamente libera nel risultato, quella del critico
storico e del giornalista vincolata al rispetto dei fatti contenuti nelle fonti ufficiali.
La ricerca storiografica e giornalistica coincide con quella scientifica solo quando verte su
fatti non acquisibili da fonti ufficiali. Non acquisibili o perch queste ultime non esistono, o
perch la ricerca si propone proprio di contraddire i fatti in esse contenuti. E un fenomeno
riscontrabile nel cosiddetto giornalismo di inchiesta, che prescinde dal contenuto di fonti
ufficiali. Qui conta soltanto il metodo utilizzato per laccertamento dei fatti. E il giornalista
dinchiesta la figura che pi si avvicina allo scienziato, poich il suo lavoro si basa su un
metodo puramente attivo di ricerca, svincolato da ogni indicazione proveniente da fonti
ufficiali. Quindi, nel lavoro compiuto dal critico storico, dal giornalista di inchiesta e dallo
scienziato, non ha senso operare una differenziazione tra art. 21 e art. 33 Cost., laddove non
esistano quel condizionamento delle fonti ufficiali in genere presente nellattivit dei primi
due. Conta soltanto il metodo scientifico della ricerca. Se il metodo di indagine pu
considerarsi scientifico, sia il critico storico che il giornalista di inchiesta, pur operando sotto
la tutela dellart. 21 Cost. (poich il loro lavoro comunque diretto ad accertare fatti),
possono rivendicare la stessa libert di risultato che lart. 33 Cost., prescindendo da ogni
verit ufficiale, garantisce allo scienziato.

89

2.4.4 La critica sindacale


Il rapporto di lavoro subordinato si basa sul perseguimento di due interessi contrapposti.
Da un lato, linteresse del datore di lavoro a massimizzare lo sforzo del lavoratore al minor
costo; dallaltro, linteresse del lavoratore a tutelare la salute psico fisica, la professionalit e
la dignit, nonch lorganizzazione e la gestione del tempo libero. Lesecuzione della
prestazione lavorativa avviene sotto il controllo e la direzione del datore di lavoro. La
retribuzione costituisce lunico, spesso esiguo, mezzo di sostentamento del lavoratore. In una
realt dove lobiettiva difficolt di trovare una nuova occupazione si colloca in un sistema di
welfare tuttaltro che avanzato, il potere di licenziamento diventa una formidabile arma di
ricatto. Tanto basta per comprendere che il lavoro subordinato un rapporto a permanente
conflittualit.
Ed altrettanto agevole comprendere come in molti casi il comportamento adottato dal
datore di lavoro nel perseguimento dei propri interessi, stimoli la reazione del lavoratore. Ma
il lavoratore privo di poteri decisionali. Di conseguenza, la critica spesso lunica arma di
cui dispone per contrastare le iniziative del datore di lavoro. E pu accadere che la critica
venga espressa con modalit lesive della reputazione58.
La giurisprudenza tende a porre la critica sindacale sullo stesso piano delle altre figure di
critica. Pur ammettendo che possa esprimersi in forme aspre, la sottopone agli stessi limiti
qualitativi della verit e della continenza formale. E chiaro che il requisito dellinteresse
pubblico assume rilevanza soltanto se la critica oltrepassa i confini del luogo di lavoro; e se
rimane al suo interno, linteresse dei lavoratori coincide sempre con il riferimento della critica
alla materia sindacale e del lavoro.

58

Marco LAI Elementi di diritto del lavoro e di diritto sindacale,ed.Lavori, 2010

90

Ma ad unattenta analisi ci si accorge delle diverse ragioni che portano a differenziare la


critica sindacale dagli altri tipi di critica. In primo luogo, in quelli la critica sempre
concepita come un attacco nei confronti di un avversario. Ed sempre il frutto di una libera
scelta. La critica sindacale, invece, sempre difensiva, in quanto espressa per contrastare il
potere decisionale del datore di lavoro59. Insomma, una reazione allesercizio di quel potere.
Da qui deriva un ulteriore duplice elemento caratterizzante la critica sindacale: lesistenza
di un rapporto tra due parti e la disparit delle loro posizioni, tale per cui una parte soggetta
al potere dellaltra. Nel rapporto di lavoro il datore occupa una posizione di preminenza,
derivante dal potere di direzione, di controllo e di specificazione dellattivit lavorativa. Qui
la situazione ben diversa da quella che fa da contorno, ad esempio, alla critica politica,
interamente basata sulla competizione. Nel rapporto di lavoro non c competizione, ma
soggezione del lavoratore ai poteri del datore di lavoro.
Unaltra particolarit della critica sindacale sta nelloggetto. Con essa il lavoratore si
propone di contrastare licenziamenti, trattamenti economici sfavorevoli, comportamenti
antisindacali, etc. Ossia, atti destinati ad incidere negativamente sui suoi diritti determinando
uno squilibrio nel rapporto contrattuale. La critica sindacale non funzionale al dibattito
democratico. Perlomeno, non in modo diretto. E funzionale alla tutela contrattuale del
lavoratore. Emerge, quindi, unaltra particolarit della critica sindacale: lunico tipo di
critica diretta a salvaguardare la posizione sostanziale di chi la esprime. Ed appena il caso di
osservare che la questione non muta affatto se la critica viene espressa da chi agisce in
rappresentanza del soggetto tutelato, come spesso accade nelle relazioni sindacali.
Una precisazione si rende necessaria. Spesso i sindacati, che agiscono in rappresentanza
degli interessi dei lavoratori, esprimono una critica nei riguardi della classe politica che al

59

Luisa Galantino Diritto sindacale , Giappichelli, 2009

91

potere, del governo in particolare, denunciando la sua inadeguatezza ad affrontare problemi in


materia di lavoro e per indurlo ad adottare una politica migliorativa delle condizioni dei
lavoratori. Non si pu dire che in questo caso vi sia unazione difensiva, se non in senso lato.
Qui si ancora nellambito della critica politica. Ma si ritorna nellarea della critica sindacale
quando ha ad oggetto lemanazione di uno specifico provvedimento legislativo o governativo,
destinato ad incidere sulla posizione dei lavoratori. In questo caso la critica torna ad assumere
una natura difensiva.
In alcuni casi non solo la posizione contrattuale del lavoratore a dover essere tutelata. Si
pensi a quando la critica sindacale denuncia comportamenti aziendali che mettono a
repentaglio la salute e la sicurezza dei lavoratori. Da notare che lart. 9 L. 20 maggio 1970, n.
300 (meglio nota come Statuto dei Lavoratori [S.L.]) riconosce ai lavoratori il diritto di
verificare nei luoghi di lavoro la corretta applicazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni e delle malattie professionali e di far s che vengano attuate tutte le misure idonee
a tutelare la loro salute e la loro integrit fisica60.
E evidente che qui la critica sindacale, essendo diretta alla salvaguardia di beni di primaria
importanza come la vita e lintegrit fisica, non si limita a tutelare una posizione contrattuale.
Il diritto alla salute espressamente definito allart. 32 Cost. fondamentale diritto
dellindividuo e interesse della collettivit. Qui addirittura riduttivo basare il diritto di
critica sullart. 21 Cost.; ricondurlo, cio, ad una libera manifestazione del pensiero in
risposta a comportamenti che minacciano diritti fondamentali come quello alla salute.
A potenziare la legittimit della critica sindacale lart.1 S.L., che riconosce a tutti i
lavoratori la libert di manifestare il proprio pensiero nei luoghi dove prestano la propria
opera . Sostenere che questa norma la semplice trasposizione, a livello di legge ordinaria,

60

Massimo BORNENGO La negoziazione sindacale , Franco Angeli, 2008

92

dellart. 21 Cost. significherebbe banalizzarne la portata con unaffermazione ovvia. Lart. 21


Cost. gi tutela la libert di manifestazione del pensiero comunque e dovunque.
In realt, lart. 1 S.L. non si limita a garantire losservanza dellart. 21 Cost. nei luoghi di
lavoro e a considerare la libert di pensiero nella sua tradizionale funzione di stimolo della
dialettica democratica. Lart. 1 S.l. colloca lart. 21 Cost. nella fase patologica del rapporto di
lavoro, allo scopo di ristabilire lequilibrio contrattuale turbato dallesercizio del potere
decisionale del datore di lavoro. E se nessuno pu dubitare che sia legittima lesigenza di
ristabilire quellequilibrio, la manifestazione di pensiero conseguente deve incontrare limiti
meno rigidi di quelli imposti alle altre figure di critica, dove invece prevale lesigenza di
informare il pubblico.
Che necessitino limiti meno rigidi al diritto di critica sindacale lo si deduce anche da una
considerazione di ordine logico. In teoria i limiti tradizionali potrebbero operare nella fase
fisiologica del rapporto, in cui le parti si contrappongono nel loro naturale intento di
perseguire i rispettivi contrapposti interessi. Ma non nella sua fase patologica, innescata
dallesercizio del potere decisionale del datore di lavoro, o dal mancato riconoscimento di un
diritto del lavoratore; e contraddistinta dalla reazione di questultimo.
In altre parole, i limiti tradizionali possono valere finch regge lequilibrio contrattuale e la
critica funzionale al perseguimento di contrapposti interessi, come accade nella critica
politica. In questultima prevale il momento dialettico. Invece, quando si instaura una fase
patologica del rapporto, prevale unesigenza di tutela della posizione contrattuale del
lavoratore, che prescinde dalla dialettica. Qui sarebbe illogico applicare i limiti imposti al
politico, a meno che non si voglia svantaggiare il lavoratore proprio quando necessita di una
tutela pi incisiva.
Ed appena il caso di osservare che qui lapplicazione dei limiti come tradizionalmente
intesi per le altre aree della critica, pi unipotesi teorica che unoperazione pratica. La
93

critica sindacale viene espressa proprio quando il rapporto di lavoro entra in una fase
patologica in conseguenza di provvedimenti aziendali. Altro elemento, questo, che
caratterizza la critica sindacale rispetto alle altre figure di critica, dove non rinvenibile la
fase patologica di un rapporto.
Bisogna ora chiarire fino a che punto i limiti suddetti devono avanzare in presenza di una
critica sindacale. E chiaramente un problema di non facile soluzione, che dovr essere risolto
caso per caso dal giudice. In generale si pu dire che quanto pi il comportamento del datore
di lavoro avr provocato lo squilibrio contrattuale, tanto pi il superamento dei tradizionali
limiti apparir giustificato. La critica a un provvedimento di licenziamento potr essere ben
pi aspra di quella opposta al rifiuto di un modesto incremento retributivo, soprattutto se il
licenziamento riguarda una moltitudine di lavoratori o se originato da motivi antisindacali. E
sar garantita la pi ampia libert di critica quando si denuncino comportamenti aziendali
pregiudizievoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Idealmente, il giudice chiamato a giudicare sulla legittimit della critica sindacale
dovrebbe compiere la seguente operazione. In primo luogo, verificare lentit dello squilibrio
contrattuale determinato dal comportamento del datore di lavoro. Poi, valutare in che misura il
lavoratore ha superato i limiti tradizionali della critica. La critica sar legittima se superer
quei limiti in misura uguale o inferiore allentit dello squilibrio contrattuale riscontrato. In
questo caso la critica potr considerarsi funzionale al riequilibrio del rapporto, che lo scopo
primario della critica sindacale.
Nei casi pi gravi, sul presupposto che la critica sindacale reazione ad un comportamento
del datore di lavoro, si pu estenderne ulteriormente larea di legittimit ricorrendo al
concetto di provocazione. Nel codice penale la provocazione d luogo ad unattenuante, che
riduce la pena fino a un terzo. Ma nellingiuria e nella diffamazione addirittura una causa
che esclude il reato, quando commesso nello stato dira determinato da un fatto ingiusto
94

altrui, e subito dopo di esso (art. 599, comma 2, codice penale). Ora, si tratta di vedere se e
in quali casi potrebbe essere considerata giusta reazione ad un comportamento aziendale
provocatorio persino la critica sindacale che superi quei nuovi limiti appena visti.
Innanzitutto, il comportamento aziendale deve poter essere considerato fatto ingiusto che
determini in chi esprime la critica uno stato dira. Non deve trattarsi di un fatto grave in s,
come potrebbe lasciare intendere la norma. Anche il semplice trasferimento di un dipendente,
motivato da esigenze produttive ma in realt attuato come ritorsione al suo impegno
sindacale, pu assumere le caratteristiche del fatto ingiusto e determinare uno stato dira
in quei colleghi che lo considerano un punto di riferimento. A maggior ragione se lo stato
dira consegue ad un comportamento estremo come il licenziamento, o alla grave violazione
di norme poste a tutela della sicurezza dei lavoratori.
Ma il vero problema dato dal fatto che lart. 599, comma 2, c.p. esclude la punibilit
soltanto se la reazione avviene subito dopo la provocazione. La norma, cio, scusa solo chi
agisce dimpeto. E la manifestazione di critica sindacale avviene ad unapprezzabile distanza
di tempo dal comportamento aziendale che la origina. Del resto, la stessa idea di razionalit
insita nel concetto di critica che rende difficile assimilarla ad uno stato dira e collocarla nei
ristretti termini temporali imposti da quella norma.
Tuttavia, la contraddizione non insuperabile. La speciale causa di non punibilit prevista
allart. 599, comma 2, c.p. si basa su ragioni di equit, poich comprensibile lo stato dira
in cui versa chi subisce un torto grave, anche se in questo caso la reazione non mai
difensiva. Se si giustificasse la lesione della reputazione anche a distanza di tempo dalla
provocazione, sarebbe come legittimare la vendetta. E nessun ordinamento giuridico serio
legittima la vendetta, poich produce un danno prescindendo da qualsiasi fine di tutela di chi
la compie. In altre parole, la norma si limita a non tutelare la reazione al fatto ingiusto quando
assuma i caratteri della vendetta.
95

Ma la critica sindacale non pu mai considerarsi una vendetta, principalmente per tre
ragioni. La prima. La critica sindacale non fatto materiale, ma espressione di
argomentazioni razionali. La seconda. Lungi dal voler offendere gratuitamente, la critica
sindacale mira esclusivamente alla tutela contrattuale del lavoratore. La terza. Laddove il
fatto ingiusto imputabile allazienda abbia immediatamente creato uno stato dira,
lapprezzabile decorso di tempo che lo separa dalla manifestazione della critica una naturale
conseguenza del processo di razionalizzazione che trasforma lo stato dira in critica. In altre
parole, la lesione alla reputazione del datore di lavoro avviene nel momento in cui la critica
viene espressa, ma lo stato dira a determinarla.
E se la critica sindacale non pu in alcun modo assimilarsi alla vendetta per le ragioni
appena spiegate, cade lunico ostacolo che impedirebbe di applicare nei suoi confronti la
speciale causa di non punibilit prevista allart. 599, comma 2, c.p.
Rimane da stabilire qual il fatto ingiusto che pu determinare uno stato dira tale da
legittimare una critica sindacale lesiva della reputazione del datore di lavoro o di chi
preposto alla gestione dellazienda. Una critica, cio, che oltrepassi addirittura quei limiti che
per i motivi prima esposti vanno gi ritenuti meno rigidi rispetto a quelli tradizionalmente
stabiliti per le altre figure di critica.
Innanzitutto, deve trattarsi di un comportamento illegittimo, ossia posto in essere in
violazione della legge o del contratto collettivo. Un comportamento moralmente censurabile,
ma rispettoso dellordinamento, non potrebbe giustificare una reazione maggiore di quella che
il giudice consentirebbe attraverso il gi visto procedimento logico. Oltre ad essere
illegittimo, il comportamento aziendale deve assumere le caratteristiche della provocazione,
ossia porsi come fatto odioso. In esso rientrano, in primo luogo, i comportamenti aziendali
posti in violazione delle norme a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Qui

96

la rilevanza costituzionale del diritto alla salute indubbiamente legittima la critica sindacale
nelle sue forme pi aspre.
In secondo luogo, sono pure provocatori gli atti commessi dal datore di lavoro in
violazione delle norme contenute nello Statuto dei Lavoratori quando mirino a deprimere la
combattivit sindacale allinterno di una azienda: la discriminazione, il trasferimento, il
licenziamento di lavoratori per motivi antisindacali, la negazione di permessi, il rifiuto di
concedere ai lavoratori luso di locali per le assemblee, il mobbing effettuato dal personale
preposto alla direzione e al controllo dellazienda. Ma anche il rifiuto immotivato di
concedere aumenti retributivi o gratifiche previste da un nuovo contratto collettivo, o il
mancato rispetto dellordine del giudice di reintegrare un lavoratore ai sensi dellart. 18 S.L.,
possono rientrare nel concetto di provocazione.
Tuttavia, se quanto detto legittima una visione notevolmente allargata del diritto di
critica sindacale, va precisato che per ovvie ragioni la tutela deve riguardare una critica
realmente sindacale, ossia funzionale alla tutela del lavoratore. Di conseguenza, partendo
dalla continenza formale, non potr essere ritenuta lecita la critica consistente in offese
gratuite, tali in quanto non abbiano alcun nesso con loggetto della questione; o, peggio
ancora, se rivolte a persone che siano terze rispetto al conflitto, magari legate ai destinatari
della critica da vincoli affettivi o di parentela. Potranno, invece, considerarsi pienamente
legittimi tutti quegli artifici, gi visti trattando del diritto di cronaca, generalmente ritenuti
vietati, come il sottinteso sapiente, gli accostamenti suggestionanti, le insinuazioni.
Quanto al requisito della verit, alla critica sindacale, anche se espressa in reazione ad un
comportamento aziendale provocatorio, per ovvie ragioni di equit non potr riconoscersi la
tolleranza adottabile per la continenza formale. Innanzitutto, la critica non potr
divulgare fatti privati senza alcun collegamento con la funzione di tutela del lavoratore, veri o
falsi che siano. N potr attribuire fatti falsi determinati. Potr, invece, enfatizzare i fatti veri,
97

anche aggravando la lesivit insita nella loro divulgazione. Solo cos si pu trovare il giusto
equilibrio tra la necessaria forzatura operata nellinterpretare lart. 599, comma 2, c.p. a
tutela del lavoratore, e il rispetto dei diritti fondamentali del datore di lavoro.
In considerazione dei requisiti caratterizzanti la critica sindacale, essa va logicamente estesa
anche a quei rapporti basati su una sostanziale disparit tra i soggetti in conflitto, ma che
prescindono dallespletamento di unattivit lavorativa. E il caso della collettivit stanziata su
un determinato territorio, i cui interessi sono minacciati dalle decisioni prese da organi dello
Stato o di enti pubblici. Qui la collettivit soggiace al generale potere, attribuito agli enti
pubblici, di emanare provvedimenti autoritativi. Non si vede per quale motivo non dovrebbero
applicarsi a quella fattispecie i pi elastici limiti della critica sindacale. Tanto pi che qui
linteresse da tutelare non nasce dalla scelta di stipulare un contratto, come nel rapporto di
lavoro, ma dalla casuale appartenenza ad una comunit territoriale

2.4.5 La critica ai magistrati


La Costituzione affida lesercizio del potere giudiziario ad un corpo di magistrati,
selezionati in base al merito, che costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni
altro potere (art. 104, comma 1, Cost.). La norma vuole impedire qualsiasi interferenza, o
peggio, il controllo degli organi del potere politico sulla applicazione della legge, uno dei
momenti istituzionali pi delicati nella vita di un ordinamento. La funzione giurisdizionale va
espletata nella massima serenit. Per questo la giurisprudenza tende a restringere alquanto
larea di legittimit della critica, quando rivolta ai magistrati.
I tradizionali limiti del diritto di critica arretrano di fronte alloperato dei magistrati non
soltanto perch va loro garantita la massima serenit di giudizio a tutela della propria
indipendenza. Vi sono almeno due motivi di ordine logico.

98

Il primo motivo. A differenza dei Poteri legislativo ed esecutivo, che vengono esercitati
attraverso unattivit discrezionale nella scelta sia dei fini che dei mezzi, il Potere giudiziario
attivit vincolata alle scelte operate da Parlamento e Governo. Questi ultimi sono liberi di
decidere, attraverso lemanazione di norme, quali interessi tutelare e i mezzi attraverso cui
apprestare la tutela. Il magistrato, invece, ha lobbligo di accertare e reprimere la violazione di
quelle norme con gli strumenti giuridici tassativamente fornitigli dalla legge, ossia nei tempi e
nei modi predefiniti dai Poteri legislativo ed esecutivo. Lo si ricava dall'art. 101, comma 2,
Cost., secondo cui I giudici sono soggetti soltanto alla legge61.
Il secondo motivo. Nella sua funzione tipica, il magistrato reprime i comportamenti umani
che contrastano con lordinamento. Lo fa attraverso un lungo e complesso iter, che accerta la
verit nel rispetto del principio del contraddittorio. Questo iter culmina nella emanazione
della sentenza, basata su quelle argomentazioni logiche e giuridiche che costituiscono la
motivazione. La stessa attivit giurisdizionale, quindi, rappresenta la forma pi esemplare di
critica, che il magistrato rivolge nei riguardi di un comportamento umano.
Una critica, per, lontana anni luce da quella finora analizzata, perch espressione non
della libert garantita dallart. 21 Cost., ma di un obbligo imposto dallordinamento. La critica
che il giudice esprime in un provvedimento giudiziario nei riguardi di un comportamento
umano non frutto di una libera scelta, ma una conseguenza obbligata dellesercizio delle
sue funzioni.
E agevole, quindi, comprendere come nei riguardi dellattivit giudiziaria la libert di
critica garantita dallart. 21 Cost. subisca una compressione. Gli atti compiuti da un
magistrato nellesercizio delle sue funzioni non possono essere posti sullo stesso piano delle
azioni di un politico, il quale gode della pi ampia libert di scelta ed sottoposto soltanto al

61

Daniela Piana I magistrati in Italia, Carocci, 2010

99

giudizio dei propri elettori. Non un caso che Giuliano Ferrara62, massimo beneficiario
dellart. 21 Cost. in quanto giornalista, sia stato condannato per aver reso unintervista nel
corso della quale, nel denunciare un uso disinvolto della carcerazione preventiva da parte di
alcuni pm, aveva parlato di avvitamento antigarantista della magistratura italiana sino agli
eccessi deliranti di Cordova. Critiche di un simile tenore sono pressoch quotidiane fra i
politici.
La limitazione della libert di critica giustificata soprattutto quando ha per oggetto uno
specifico provvedimento giudiziario. Qui largomentazione su cui deve basarsi la critica
assume unimportanza tutta particolare, in quanto lo stesso provvedimento giurisdizionale la
diretta conseguenza di un insieme di argomentazioni, obbligatorie, racchiuse nella
motivazione e dirette a conferire validit e logicit al provvedimento finale.
In pratica, esiste sempre uno stretto collegamento tra provvedimento giudiziario e sua
motivazione. La sentenza sempre una conseguenza logica e diretta della motivazione. La
sentenza esiste ed valida se e nella misura in cui esiste la sua motivazione. Tant che la
motivazione insufficiente o illogica di una sentenza uno dei motivi per i quali pu farsi
ricorso in Cassazione. Di conseguenza, la critica al provvedimento giudiziario legittima se
chi la esprime manifesta proprie argomentazioni in contrapposizione a quelle contenute nella
motivazione del provvedimento. La critica rivolta ad un provvedimento giudiziario che non
richiamasse quella contrapposizione violerebbe il requisito della continenza formale.
Quindi, largomentazione su cui la critica si basa non dovr limitarsi ad attaccare il
risultato finale, ossia il dispositivo della sentenza. Ma dovr avere di mira la stessa

62

E un giornalista, conduttore televisivo e politico italiano. Dopo la militanza nel PCI e nel PSI, negli anni
novanta diventato un sostenitore di Silvio Berlusconi e del centro-destra e infine uno degli intellettuali
di riferimento del movimento teocon italiano. stato europarlamentare del (1989-1994) e poi Ministro
per i rapporti con il Parlamento del primo Governo Berlusconi (1994-1995). direttore del quotidiano Il
Foglio dal 1996.

100

argomentazione adottata dal giudice per giungere alla decisione finale. Solo cos la critica ad
un provvedimento giudiziario potr assumere quei toni aspri che in linea di principio sono
sempre consentiti dallart. 21 Cost.
Per chiarire il concetto, utile richiamare la vicenda dellassoluzione, nel gennaio 2005,
dei presunti terroristi islamici ad opera del gip milanese Clementina Forleo63 dal reato di
associazione con finalit di terrorismo internazionale perch lattivit materiale contestata
loro , per quel giudice, finalizzata non a compiere atti terroristici, ma a fornire appoggio
logistico ad una guerra di liberazione, secondo una distinzione riconosciuta dallo stesso
diritto internazionale.
Ebbene, non costituisce legittima critica affermare che la sentenza un favoreggiamento
al terrorismo, o che strizza locchio al terrorismo internazionale, o che addirittura quel
giudice amica di Bin Laden. Sar legittima quella critica, anche dura, che nellevidenziare
la distinzione, operata dal giudice, tra appoggio ai movimenti di liberazione e attivit
terroristica, escluda la possibilit di ricondurre il comportamento degli imputati, cos come
emerso dagli atti, ad unattivit di appoggio ad un movimento di liberazione.
La conoscenza della motivazione del provvedimento giurisdizionale, ossia delle relative
argomentazioni, quindi indispensabile per una legittima critica al provvedimento stesso.
Fino a quando non viene resa nota la motivazione, pu tuttal pi esercitarsi il diritto di
cronaca, nel rispetto dei suoi tradizionali limiti che qui non hanno alcun motivo di arretrare.
Ma per la critica sar indispensabile conoscere la motivazione, perch proprio nei confronti
delle argomentazioni in essa contenute che il critico potr legittimamente e aspramente (ma
con cognizione di causa) contrapporre le proprie.

63

Maria Clementina Forleo (Francavilla Fontana, 1963) un magistrato italiano, attualmente in servizio
presso l'ufficio Gip del Tribunale di Cremona.

101

Quanto detto, per, ha conseguenze logicamente diverse a seconda del tipo di funzione
svolta dal magistrato. Con riferimento alla giustizia penale, nota la differenza
tra giudice e pubblico ministero, laddove il primo deve accertare la verit, mentre il secondo
porta avanti unaccusa. Il primo decide in base alle risultanze del principio del contraddittorio,
il secondo parte del contraddittorio stesso.
E chiaro che anche le richieste formulate dal pm sono ampiamente motivate, quindi
argomentate. Ma non necessario sforzarsi pi di tanto per comprendere come la sua visione
della posizione complessiva dellindagato/imputato sia condizionata dal ruolo che la stessa
Costituzione gli affida allart. 112, comma 1, Cost., laddove espressamente dice che Il
Pubblico Ministero ha lobbligo di esercitare lazione penale. Nemmeno la Costituzione,
cio, crede alla imparzialit del pubblico ministero.
E non potendosi pretendere dal pubblico ministero limparzialit e linteresse alla verit
che invece contraddistinguono loperato del magistrato giudicante, non si pu nemmeno
pretendere che larretramento dei limiti della libert di critica debba riferirsi anche alle
funzioni esercitate dal pubblico ministero. E la giurisprudenza pare daccordo su questo, se ha
riconosciuto il diritto di critica al giornalista che, nel commentare la richiesta di custodia
cautelare da parte di un pm, aveva parlato di diritti fondamentali diventati un optional
affidato ai capricci di chiunque e di giustizia con la g minuscola.
Ma i pi ampi margini che vanno giustamente riconosciuti alla critica nei riguardi del pm,
non autorizzano a collocare il suo operato al di fuori di quanto stabilito dalla Costituzione. Se
pu essere lecito criticare il comportamento di un pm che reitera le sue richieste di custodia
cautelare fino a definirle liberticide, non lo si pu accusare di strumentalizzare la propria
funzione per fini estranei a quelli di giustizia. Additare il pm agli occhi dellopinione pubblica
non semplicemente come un funzionario erroneamente convinto della propria ipotesi
accusatoria e poco rispettoso dei diritti dellindagato/imputato, ma come un funzionario
102

infedele che persegue finalit opposte a quelle che il suo ruolo costituzionale gli impone, non
pu rientrare nel diritto di critica, se le affermazioni non trovano riscontro obiettivo nella
realt.
In particolare, non pu ritenersi lecita la critica che descriva un pm come asservito ad
interessi politici. Luso politico della giustizia da parte di un pm esattamente ci che la
Costituzione ha voluto scongiurare ideando un sistema che escludesse qualsiasi interferenza
degli organi politici sulloperato della magistratura. Una simile accusa, che evidenzia la
massima distorsione della funzione del pm, va rigorosamente provata, pena la violazione del
requisito della verit.

2.5 Diritto di satira


Saldamente ancorata ad una tradizione millenaria, la satira costituisce la pi graffiante
delle manifestazioni artistiche. Basata su sarcasmo, ironia, trasgressione, dissacrazione e
paradosso, verte preferibilmente su temi di attualit, scegliendo come bersaglio privilegiato i
potenti di turno. Anzi, pi in alto si colloca il destinatario del messaggio satirico, maggiore
linteresse manifestato dal pubblico. Quella politica, infatti, di gran lunga il tipo di satira che
raccoglie maggiore interesse e consenso presso ogni collettivit.
Essendo una forma darte, il diritto di satira trova riconoscimento nellart. 33 Cost., che
sancisce la libert dellarte. Ma una forma darte particolare. Il contenuto tipico del
messaggio satirico lo sbeffeggiamento del suo destinatario, che viene collocato in una
dimensione spesso grottesca. La satira mette alla berlina il personaggio al di sopra di tutti,
lintoccabile per definizione. Esalta i difetti delluomo pubblico ponendolo sullo stesso piano
delluomo medio. Da questo punto di vista, la satira un formidabile veicolo di democrazia,
perch diventa applicazione del principio di uguaglianza. Non a caso tollerata persino nei
sistemi autoritari, fortemente motivati a mostrare il volto umano del regime.
103

Ma proprio perch trova la sua ragion dessere nello sminuimento del soggetto preso di
mira, il messaggio satirico pu entrare in conflitto con i diritti costituzionali allonore, al
decoro, alla reputazione, etc. Dunque anche qui, come per la cronaca e la critica, occorre
procedere ad un bilanciamento degli interessi in conflitto64. Bilanciamento che dovr tenere
conto delle peculiarit dellopera satirica.
Peculiarit che fanno dellinteresse pubblico, riferito al personaggio rappresentato, il solo
parametro di valutazione della legittimit della satira. Con un significato diverso, pi ampio
rispetto a quello assunto nella cronaca e nella critica. Il termine interesse pubblico viene qui
adoperato al solo scopo di identificare il problema, poich mal si concilia con la funzione
della satira, che non quella di fornire notizie.
Difatti, la giurisprudenza preferisce parlare di qualit della dimensione pubblica del
personaggio, relazionandola al contenuto artistico espressivo del messaggio satirico. La satira
lecita se tra i due termini sussiste un nesso di coerenza causale. Si tratta di chiarire cosa
debba intendersi per qualit della dimensione pubblica del personaggio e per nesso di
coerenza causale.
La qualit della dimensione pubblica del personaggio va vista come un enorme contenitore
dal quale lartista pu liberamente attingere per creare il contenuto dellopera satirica. In
questo enorme contenitore sono raccolti i frammenti che compongono il personaggio, ossia
tutte le informazioni di s che il personaggio, volente o nolente, ha visto fornire al pubblico:
le sue fattezze fisiche, la sua mimica facciale, la sua voce, i suoi tic, le sue dichiarazioni, i
suoi comportamenti in pubblico, le sue gaffes, i suoi guai giudiziari; e persino i pettegolezzi
sul suo conto, se di dominio pubblico. Ebbene, la satira restituisce al pubblico quelle
informazioni, quei frammenti, dopo averli mescolati, interpretati, enfatizzati, distorti. In

64

Vincenzo PEZZELLA La diffamazione, Utet Giuridica, 2009

104

questo modo la loro riproposizione (ossia il contenuto del messaggio satirico) in coerenza
causale con la qualit della dimensione pubblica del personaggio preso di mira. Ed
irrilevante che alcune delle informazioni che confluiscono nel contenitore del personaggio
pubblico siano false: la satira non agisce su fatti, ma sulla dimensione pubblica acquisita da
un personaggio, che potrebbe non corrispondere a quella reale.
Il significato del nesso di coerenza causale tra la qualit della dimensione pubblica del
personaggio e il contenuto del messaggio satirico viene meglio colto descrivendo la differenza
tra la satira da un lato, la cronaca e la critica dallaltro. La cronaca si incarica di raccogliere
uno ad uno quei frammenti dalla realt (o presunta tale) ed inserirli inalterati, allo stato puro,
nel contenitore, man mano delineando la dimensione pubblica del personaggio.
La critica esprime un giudizio su uno o pi frammenti inseriti nel contenitore, dopo unattenta
osservazione. La satira seleziona alcuni di quei frammenti, ci scolpisce e disegna sopra. Ed
proprio questa attivit artistica e artigianale ad essere tutelata dallart. 33 Cost.
Lintensit del nesso di coerenza causale dipender dal grado di lavorazione di quei
frammenti. Pi lautore interverr sui frammenti tratti dal contenitore deformando le
informazioni sul personaggio (ossia discostandosi dal dato reale o presunto tale), pi debole
sar il nesso. E ad una minore lavorazione di quei frammenti corrisponder, invece, un
rafforzamento di quel nesso, che tender a far aderire il contenuto del messaggio satirico alla
realt (o presunta tale).
Limportante che i frammenti lavorati dalla satira siano stati prelevati dal contenitore
del personaggio pubblico. Non sarebbe lecita quella satira che agisse su frammenti estranei
al contenitore. Per fare un esempio, si pensi alla satira su un personaggio del calibro di Silvio
Berlusconi65, il cui contenitore certamente molto voluminoso. E difficile fare esempi di
65

E un politico e imprenditore italiano, detto "il Cavaliere" in ragione dell'onorificenza diCavaliere del
Lavoro conferitagli nel 1977.

105

satira illecita su Berlusconi, poich i frammenti su cui lavorare sono numerosissimi.


Provandoci, non sarebbe lecito ritrarlo oggi mentre si gioca la moglie in una partita a carte,
poich difetterebbe il nesso di coerenza causale. Ma la gag diverrebbe lecita se domani, per
ipotesi, si venisse a sapere del suo tentativo, seppure scherzoso, di ingraziarsi il premier di
uno Stato estero offrendogli la compagnia della moglie, nella speranza di poter entrare nel
progetto di privatizzazione della televisione pubblica di quello Stato. Ci che nella satira
viene legittimamente rappresentato, nella cronaca o nella critica diverrebbe ingenua e
clamorosa diffamazione.
Tuttavia, a volte la lavorazione cos accurata da dare limpressione che lautore non abbia
adoperato frammenti raccolti dal contenitore e che abbia inserito nel messaggio satirico
informazioni nuove. Il problema della legittimit della satira tutto qui. Bisogna cio prestare
la massima attenzione e verificare se il contenuto del messaggio satirico sia il prodotto della
lavorazione di frammenti presenti nel contenitore, oppure il risultato dellinserimento di un
frammento estraneo che, in quanto tale, non pu garantire al messaggio alcuna coerenza
causale con il personaggio pubblico.
E chiaro, quindi, che la creativit adoperata dallautore satirico nel lavorare i frammenti
presenti nel contenitore va tutta a suo rischio e pericolo. Uneccessiva lavorazione potrebbe
non essere compresa dal pubblico, ma soprattutto dal giudice, che potrebbe non scorgere il
nesso di coerenza causale, scambiando i frammenti prelevati dal contenitore e lavorati
dallautore per frammenti estranei, e rinvenendo cos gli estremi della diffamazione.
A maggior ragione, la satira non pu pescare in un contenitore vuoto. Non pu prendere di
mira soggetti privi di dimensione pubblica. Nessuna gag soddisferebbe il requisito di
coerenza causale laddove non esiste il personaggio. Qui la satira utilizzerebbe frammenti,
informazioni che necessariamente rientrano nella sfera privata di un soggetto, o rinuncerebbe
ai contenuti limitandosi a strumentalizzare il nome o le sembianze di quel soggetto, che si
106

vedrebbe leso in entrambi i casi quantomeno nel proprio diritto alla riservatezza. Allo stesso
modo, non potrebbe ritenersi lecita la satira su un personaggio pubblico che utilizzasse
informazioni rientranti nella sua sfera privata e non di dominio pubblico. Neanche qui
sussisterebbe il nesso di coerenza causale, poich la sfera privata del personaggio pubblico
intangibile quanto quella della persona anonima.
Quanto detto porta alla conseguenza pi importante: nella satira non esiste lobbligo di
rispettare la verit dei fatti. Anzi, caratteristica principale della satira proprio
la deformazione della realt, la sua rappresentazione in termini paradossali, a cominciare dalle
vignette caricaturali e dalle maschere sceniche che stravolgono i (reali) tratti somatici dei
personaggi noti. Parte della satira di Gene Gnocchi66 si basa sulla attribuzione a
personaggi reali di specifici fatti clamorosamente falsi, la cui narrazione sempre
accompagnata dal suo ostentato sforzo di renderli credibili.
Ci non toglie, per, che lautore possa, per libera scelta artistica, basare il contenuto
artistico espressivo dellopera satirica sulla verit dei fatti, rinunciando ai pi ampi spazi
creativi che il ricorso al concetto di coerenza causale gli garantirebbe. E la cosiddetta satira
verit, spesso creata a fini di denuncia sociale, che poggiando sulla verit dei fatti al
contempo espressione della libert di pensiero di cui allart. 21 Cost. Rinunciando allo
stravolgimento dei fatti, la satira verit , giuridicamente parlando, una forma di satira a
basso rischio di lesivit, proprio perch trattiene le potenzialit insite nella satira tradizionale.
La satira verit non va assolutamente confusa con la satira informativa. Sono due
concetti distinti e con funzioni diversissime, ma che in alcuni ambienti retrivi si tende ad
assimilare a fini di censura. Qui basti precisare che la decisione di aderire alla realt, o di

66

Gene Gnocchi, pseudonimo di Eugenio Ghiozzi (Fidenza, 1 marzo 1955), un comico, conduttore
televisivo ed ex calciatore italiano, ha giocato nel ruolo di difensore e poi di centrocampista.

107

stravolgerla, rientra nella facolt di scelta artistica dellautore,insindacabile ex art. 33 Cost.


Perch la satira verit, in quanto arte, non risponde ad esigenze informative.
Daltra parte, che la satira non debba essere vincolata al rispetto del requisito della verit lo
impone anche una considerazione di ordine logico. La satira interviene a contenitore gi
riempito, ossia a dimensione pubblica acquisita. Interviene su quegli aspetti del personaggio
che, grazie alla cronaca, sono ormai di dominio pubblico. Il rapporto della satira con il fatto
mediato dalla cronaca, poich la qualit della dimensione pubblica del personaggio preesiste
al messaggio satirico. Leventuale obbligo di rispettare la verit dei fatti costringerebbe
lautore satirico a compiere quella attivit di ricerca e di verifica delle fonti che spetta al
giornalista, dando luogo cos ad una paradossale confusione di ruoli.
Cos, agir pur sempre nei limiti del diritto di satira lautore che utilizzi frammenti presenti
nel contenitore (ossia informazioni di dominio pubblico) ma inserite illecitamente perch non
vere o prive di interesse pubblico secondo i principi generali del diritto di cronaca. Ipotesi,
peraltro, piuttosto teorica, poich bisognerebbe immaginare uno spiegamento di forze
mediatiche che, commettendo il medesimo errore, creino ex novo una dimensione pubblica o
quantomeno ne distorgano la qualit.
La dimensione pubblica del personaggio, ossia la capienza del contenitore da cui lautore
satirico attinge per le sue creazioni, dipende da vari fattori. Principalmente dal ruolo pubblico
e dal comportamento del soggetto. E il politico il miglior ispiratore della satira, poich,
essendo un soggetto ad alta dimensione pubblica, fornisce allautore ampia libert nella
creazione di contenuti in coerenza causale con essa. E dunque nella satira politica che
lautore pu meglio liberare la propria creativit. Tra laltro, un particolare atteggiarsi
delluomo politico a renderlo bersaglio privilegiato della satira. Non un caso, ad esempio,
che Silvio Berlusconi, durante la sua lunga permanenza a Palazzo Chigi, sia stato conteso da
vari autori satirici. Non certo per una loro presunta riconducibilit a determinate posizioni
108

politiche, ma semplicemente per le opportunit creative garantite dallampiezza e dalla


costante caratterizzazione della sua dimensione pubblica.
La libert di creazione sfuma man mano che lautore predilige figure a basso profilo.
Con questo scendere, infatti, lautore satirico si confronta con dimensioni pubbliche sempre
pi povere, che garantiscono contenuti satirici tendenzialmente monotematici. Il presentatore
Rai Luca Giurato67 viene preso di mira da Striscia la notizia con micidiale frequenza, ma
solo per gli strafalcioni grammaticali e la scarsa concentrazione che manifesta nella
conduzione dei suoi programmi. Il contributo che Antonio Zequila (detto anche Er
mutanda) e quelli come lui apportano alla satira deriva solo dalle loro sporadiche esibizioni
trash in televisione. Stessa cosa per la satira della Gialappas Band quando verte sui
protagonisti di reality come Il Grande Fratello e simili.
Si tratta, cio, di personaggi a dimensione pubblica evanescente, che stimola una satira di
scarsi contenuti (ma che tuttavia pu risultare piacevole), in cui prevale la mera
riproposizione al pubblico del comportamento di soggetti che in sostanza fanno il verso a s
stessi e che occasionano la satira per il solo fatto di mostrarsi in video. E una satira di tipo
parassitario, dal contenuto prevedibile, costretta a reiterare il solo messaggio in grado di porsi
in coerenza causale con la qualit della dimensione pubblica del soggetto preso di mira.
Ma possibile che la satira, anzich attingere dal contenitore di un personaggio pubblico
esistente, crei essa stessa il personaggio e ne alimenti nel tempo la dimensione pubblica. Si
ricorder il caso Randine, occasionato da una trasmissione de Le Iene dellautunno 2000.
Enrico Lucci, recatosi in una discoteca romana frequentata da vip in credito col successo, si
imbatteva nello sconosciuto Tony Randine, sedicente nobile modello attore amico di
Confalonieri, al quale concedeva una spassosa intervista. Grazie anche alla sua magistrale

67

Luca Giurato (Roma, 23 dicembre 1939) un giornalista e conduttore televisivo italiano

109

ironia, con quellintervista Enrico Lucci lanciava il personaggio di Tony Randine, che nei
mesi a venire verr impietosamente bersagliato da Le Iene e dallo stesso Lucci come
simbolo della vacuit. Si arriver persino allincisione di un CD musicale: il Randidance.
Per il caso Randine non ha senso parlare di nesso di coerenza causale, poich il concetto
implica la preesistenza della dimensione pubblica rispetto alla creazione della satira. Qui,
invece, il rapporto rovesciato. E la dimensione pubblica di Tony Randine ad essere stata
creata e alimentata dalla satira de Le Iene, a partire dalla iniziale gag nella discoteca
romana. Tony Randine esisteva solo nella misura in cui confluiva nel contenuto della satira de
Le Iene. Linsistenza di Tony Randine nel richiedere la prima intervista nella discoteca
romana, insieme al suo atteggiamento tipico di chi cerca notoriet (quindi dimensione
pubblica), ha senza dubbio determinato la legittimit della successiva satira, il cui contenuto
era in gran parte ritagliato proprio su quellatteggiamento. Conclusioni opposte andrebbero
tratte se lintervista fosse stata strappata a Tony Randine e su quellepisodio si fossero
inserite le successive gag. Ponendolo prepotentemente allattenzione del pubblico, Le Iene
avrebbero violato il suo diritto alla riservatezza.
A volte la televisione offre un tipo di satira dove il nesso di coerenza causale del tutto
mancante. E il caso di Scherzi a parte, la trasmissione di Canale5 che escogita le gag pi
assurde ai danni e allinsaputa di personaggi noti. Qui il contenuto del messaggio satirico non
manifesta alcuna coerenza causale con la qualit della dimensione pubblica del personaggio,
essendone completamente avulso. Vi la mera strumentalizzazione della notoriet del
personaggio per catturare lattenzione del telespettatore. Le gag non sono in alcun modo
ricollegabili alla sua dimensione pubblica, attenendo invece alla sua sfera privata, identica a
quella di qualsiasi sconosciuto. La messa in onda delle immagini senza il consenso del
soggetto preso di mira darebbe luogo ad una violazione del diritto alla riservatezza.

110

Infine, la pretesa che la satira si conformi al requisito della continenza formale non
potrebbe avere alcun senso. Per sua natura, la satira trasgredisce soprattutto attraverso il
linguaggio. E se la continenza formale riguarda tipicamente le modalit espressive, una sua
applicazione alla satira si risolverebbe nella totale negazione di quellarte.

2.5.1 Satira verit e satira informativa


Lintensit del nesso di coerenza causale tra la qualit della dimensione pubblica del
personaggio e il contenuto del messaggio satirico pu essere regolata dallo stesso autore.
Minore sar la lavorazione sui frammenti estratti dal contenitore della dimensione pubblica,
pi stretto risulter il nesso di coerenza causale, essendo maggiore laderenza del contenuto
della satira alla realt della dimensione pubblica.
Pertanto, lautore satirico potr liberamente ricercare una soluzione artistica che privilegi la
diretta rappresentazione del fatto reale. Senza tuttavia rinunciare a fare uso qua e l del
paradosso o dellironia per rendere lopera pi incisiva e accattivante. Del resto, una delle
caratteristiche della satira notoriamente proprio il continuo alternarsi del serio con il faceto.
Cos, diversi autori preferiscono dedicare le proprie energie creative a temi di attualit, dando
vita ad un genere che si pu definire satira verit.
Quel che qui diventa estremamente importante sottolineare che tale decisione rientra in
una facolt di scelta dellautore assolutamente insindacabile, in quanto tutelata dallart. 33
Cost. Ci che si visto per la scienza a proposito della critica scientifica vale anche per larte,
poich lart. 33 Cost. tutela la libert di entrambe nella stessa misura. Ossia, come lo Stato
non pu attribuire ufficialit ad una scienza, cos non pu dare indicazioni o direttive
allartista sindacando il contenuto della sua opera. Invece, da qualche tempo e in alcuni
ambienti si cerca di imporre limiti al contenuto artistico espressivo a varie opere satiriche

111

sostenendo che la satira non deve fare informazione. E a tale scopo si introdotto il
concetto di satira informativa.
Si dir pi avanti a quale diversissimo contesto va in realt riferito il termine satira
informativa. Occorre prima soffermarsi sul valore che il nostro ordinamento giuridico
potrebbe riconoscere ai tentativi di vietare una satira verit. Ebbene, questo valore sta a zero.
Infatti, si visto che il diritto di satira va garantito quando il contenuto dellopera in
coerenza causale con la qualit della dimensione pubblica del personaggio. A maggior
ragione, quindi, man mano che la coerenza causale cede il passo ad una adesione del
contenuto al dato reale, ossia quando lautore utilizza i frammenti tratti dal contenitore della
dimensione pubblica rinunciando a lavorarli. In altre parole, se il ricorso al concetto di
coerenza causale garantisce che nessun danno pu derivare dalla deformazione delle
informazioni, a maggior ragione non vi sar danno quando le informazioni che delineano la
dimensione pubblica del personaggio vengono riproposte allo stato grezzo, cos come
confluite nel contenitore.
La questione della satira verit pone un problema non molto diverso da quello gi
affrontato in cinema e diritto di cronaca a proposito dei film verit. In questi ultimi il regista
comunica al pubblico non soltanto un risultato creativo, ma anche un fatto di cronaca, facendo
luce su una complessa vicenda. In una parola:informa il pubblico. Proprio come nei film
verit, nella satira verit lautore esercita unattivit riconosciuta e tutelata non soltanto
dallart. 33 Cost., ma anche dallart. 21 Cost. in quanto informativa.
E le peculiarit della satira permettono allautore qualcosa di pi di quello che in facolt
del regista cinematografico. Mentre questultimo, come gi visto, pu discostarsi dal dato
cronicistico rappresentando i cosiddetti fatti minori, lautore satirico pu inserire nellopera
fatti maggiori, purch in coerenza causale con la qualit della dimensione pubblica del
personaggio, passando a suo piacimento dal serio al faceto, dal reale al paradossale.
112

Generalmente, chi si oppone alla legittimit della satira verit sostiene una concezione
della satira decisamente anacronistica. Ad esempio, negli atti difensivi depositati dalla difesa
di Mediaset al processo relativo al caso Rai, si legge che la satira non pu, per sua natura,
perseguire il fine di contribuire alla formazione della pubblica opinione; e che deve invece
moderare i potenti, smitizzare ed umanizzare i famosi, umiliare i protervi, poich svolge
una funzione fondamentale di controllo sociale e di protezione contro gli eccessi del potere,
nonch di attenuazione delle tensioni sociali. In realt, la difesa di Mediaset ha tratto questi
ultimi due passi da una sentenza del Tribunale di Roma del 1992.
A parte il fatto che il Tribunale di Roma aveva nel caso specifico adoperato quella frase
per affermare la legittimit della satira, non per negarla (significando quindi che la satira pu
avere anche quella funzione), avallare una simile concezione sarebbe estremamente
pericoloso. Significherebbe che la satira (in modo particolare quella politica) non pu
consistere in una critica al Potere, ma deve sempre implicitamente riconoscerlo limitandosi a
scherzarci sopra, evitando accuratamente sia di fare emergere circostanze vere e
imbarazzanti, sia di stimolare pericolose riflessioni.
E la concezione, restrittiva, secondo cui la satira castigat ridendo mores, accolta dai
regimi autoritari. Nelle monarchie assolute limpegno profuso dai giullari di corte era ritenuto
indispensabile. Non c bisogno di spendere molte parole per dimostrare linconciliabilit di
una simile concezione con i principi di una moderna democrazia, dove la verit, in qualunque
modo venga diffusa, sempre una necessit. Tra laltro, vietando al comico di riferire fatti
scomodi ma veri, si porrebbero le basi per estendere il divieto ad altri ambiti, sul presupposto
che la verit che fa male non va comunque diffusa.
Di conseguenza, frasi come la satira non deve fare informazione, oltre a denotare una
scarsa dimestichezza con il concetto di libert costituzionale, sono assolutamente pretestuose,
perch finalizzate soltanto ad impedire scomodi approfondimenti informativi e a preparare il
113

campo ad un uso generalizzato della censura. Sarebbe come vietare ai registi di girare film su
fatti di cronaca. Lartista libero di creare ex art. 33 Cost., ma anche di diffondere il proprio
pensiero ex art. 21 Cost. attraverso opere che denuncino una situazione reale, persino
drammatica, come fa ad esempio Marco Paolini nei suoi famosi monologhi. E come si
proponeva di fare Picasso68 nel 1937 quando dipinse La Guernica, bandito dalla Spagna
durante tutto il periodo franchista.
La satira verit finisce per proporsi prevalentemente come critica, poich spesso assume
toni polemici nei riguardi di atti o comportamenti pubblicamente gi acquisiti. Non mancano,
per, casi in cui la satira contemporanea alla acquisizione dellinformazione da parte del
pubblico. Casi, cio, in cui lautore satirico fa anche cronaca. Un esempio dato da quella
satira di Striscia la notizia e de Le Iene finalizzate allo smascheramento e alla denuncia
pubblica di attivit truffaldine, ma che tuttavia pu porre soltanto un problema di continenza
formale.
Tirando le somme, il concetto di satira informativa va respinto perch fuorviante. Tende
ad estrapolare dal genere della satira una autonoma categoria per farne oggetto di censura. In
realt, il contesto al quale va ricondotto il concetto di satira informativa completamente
diverso. La satira potrebbe definirsi informativa solo quando risulti strumentale ad un
messaggio informativo. Lunico esempio concreto che pu venire in mente quello della
vignetta satirica che, inserita accanto ad una notizia di cronaca o comunque in modo da essere
immediatamente riconducibile ad essa, la serve, amplificandone il messaggio informativo.
Qui il messaggio satirico cessa di essere tale e diventa anchesso (come la notizia che serve)
informativo. La conseguenza che lautore della vignetta non potr limitarsi a rispettare il
68

Pablo Picasso (Mlaga, 25 ottobre 1881 Mougins, 8 aprile 1973) stato un pittore, scultore e litografo
spagnolo di fama mondiale, considerato uno dei maestri della pittura del XX secolo. Usava dire agli amici di
considerarsi anche un poeta. Picasso figlio di Mara Picasso Lpez e di Jos Ruiz Blasco, anch'egli
pittore ed insegnante.

114

nesso di coerenza causale, ma sar vincolato al rispetto del requisito della verit, come se
stesse comunicando una notizia. Dovr rinunciare, quindi, alla pi importante caratteristica
della satira: la deformazione del fatto. Una storpiatura del dato reale potrebbe risolversi in una
violazione del requisito della verit secondo i principi del diritto di cronaca.
Detto ci, agevole notare la differenza abissale tra la fattispecie ora descritta (vignetta
che serve la notizia) e il genere della satira verit visto prima. Nel caso della vignetta,
lelemento satirico ben distinto, addirittura visivamente, dallelemento informativo
rappresentato dalla notizia. Nella satira verit, invece, lelemento informativo si fonde con
quello satirico. Tale fusione produce un risultato decisivo: nella satira verit lelemento
informativo non potr mai avere unefficacia persuasiva paragonabile a quella di una notizia,
proprio perch non autonomo e distinto dallelemento satirico.
Da ci derivano due conseguenze importantissime. La prima. Il tipo di opera satirica che
privilegia un contenuto aderente alla realt non va estrapolato dal genere della satira
attraverso una sopravvalutazione dellelemento informativo. La satira verit non costituisce
una categoria autonoma di satira in quanto non soddisfa esigenze propriamente informative.
La seconda conseguenza. Nemmeno la satira informativa, come ora ricostruita,
costituisce una categoria autonoma. E soltanto un fenomeno occasionale che, essendo in
rapporto di mera strumentalit con una notizia, nasce solo in presenza di essa.

2.5.2 La satira religiosa


Anche la satira religiosa provoca un conflitto tra opposti valori costituzionali. Da un lato,
la libert dellarte di cui allart. 33 Cost.; dallaltro, non pi il diritto alla reputazione (come
negli altri casi finora analizzati), ma il sentimento religioso, tutelato dallart. 19 Cost., norma
che sancisce la libert di religione.

115

Poi, la concreta tutela del sentimento religioso affidata agli artt. 403, 404 e 405 del
codice penale, che reprimono il vilipendio di una confessione religiosa. Pertanto, non
diversamente da quanto fatto per gli altri casi dove in gioco la reputazione del destinatario
del messaggio satirico, anche qui bisogna valutare, in unottica di bilanciamento di valori
costituzionali, se e a quali condizioni la tutela della libert dellarte (e di pensiero) deve
prevalere sulla tutela del sentimento religioso. Proprio come prevale, a certe condizioni, sul
diritto alla reputazione.
La satira religiosa pu essere suddivisa in due categorie. La prima prende di mira
personaggi

che,

inseriti

allinterno

di

una

confessione

religiosa,

svolgono

una

funzione terrena. La seconda ha per oggetto simboli ed entit spirituali.


La prima categoria non pone particolari problemi giuridici. Capita di vedere irrisi
personaggi di spicco delle istituzioni religiose, a cominciare dalla Chiesa Cattolica. Spesso
pagano il prezzo di un atteggiamento pubblico di eccessiva intransigenza nella difesa dei
propri valori. Si ricorder la vena satirica di molti autori allindomani delle dichiarazioni del
cardinal Siri, Arcivescovo di Genova, che negli anni 90 arriv a definire incautamente lAids
uno strale celeste, un castigo di Dio per punire il peccato sessuale. O la satira occasionata
dalle frequenti prese di posizione di alte gerarchie ecclesiastiche in materia di aborto e
famiglia. Ma anche gli scandali che hanno visto coinvolti alte personalit vaticane hanno
occasionato una satira pungente.
In questi casi, la posizione del soggetto preso di mira non diversa da quella del politico,
specie quando le manifestazioni avvengono nellimminenza di consultazioni referendarie ed
elettorali ( soprattutto il caso della Chiesa Cattolica). Anche il religioso, nel suo comunicare
con la societ civile, attira consensi e critiche, alimentando la propria dimensione pubblica.
Sarebbe incostituzionale comprimere la libert di satira in nome di un aprioristico rispetto per
la sacralit della funzione prescindendo dal comportamento di chi la esercita. Persino il Papa
116

non va considerato immune alla satira, anche se messaggi dal contenuto eccessivamente
vivace e graffiante tendono a mal conciliarsi con la pacatezza che generalmente circonda le
esternazioni del Pontefice.
La questione incomincia a complicarsi quando la satira verte su simboli religiosi o entit
spirituali. Qui ad essere presa di mira una cerchia indeterminata di persone (la comunit
religiosa) anzich un singolo soggetto, anche se in maniera indiretta. Vengono colpiti soggetti
anonimi che, a differenza di coloro che ricoprono incarichi di rilievo, non hanno mai scelto di
esporsi pubblicamente accettando di divenire oggetto di satira.
Questo tipo di satira presenta una caratteristica rilevante. Le entit dissacrate non hanno un
rapporto oggettivo con la realt, perch fanno parte del patrimonio esclusivo del credente.
Figure come Maometto, Ges Cristo, Dio e la Madonna esistono se e nella misura in cui
preesiste una fede, che fenomeno soggettivo e intimo per antonomasia. Sono figure che, pur
rivestendo un ruolo assolutamente primario nella vita interiore del credente, non hanno alcuna
possibilit di incidere sugli eventi del mondo esteriore, a differenza di chi ricopre ruoli
confessionali terreni. Sono, cio, figure prive di dimensione pubblica. Proprio perch
attengono alla fede, quindi alla sfera privatissima di chi quella fede pratica, esprimono un
concetto antitetico a quello di dimensione pubblica.
Da ci deriva una conclusione decisiva. E impossibile qui concepire un messaggio satirico
in coerenza causale con la qualit della dimensione pubblica del personaggio, proprio perch
non vi alcuna dimensione pubblica. A maggior ragione per quanto riguarda una figura come
quella di Maometto, la cui raffigurazione addirittura vietata dalla religione islamica e i cui
tratti somatici sono perci inafferrabili per gli stessi musulmani.
Inoltre, pu sembrare paradossale, ma affermando la legittimit della satira sulle entit
spirituali di una confessione religiosa, ci si porrebbe in contrasto con il principio
costituzionale di laicit dello Stato. Uno Stato laico quando garantisce la separazione tra
117

religione da un lato, vita istituzionale dallaltro. Legittimando una simile satira attraverso
lattribuzione di una dimensione pubblica ad entit spirituali, si finirebbe per equipararle a
quei soggetti capaci di interagire con la realt proprio perch terreni. Conclusione antitetica
ad una concezione basata sulla netta differenziazione tra elemento civile ed elemento
religioso. La questione diventa ancor pi complessa e delicata quando oggetto della satira
diventa la comunit religiosa in s, che viene irrisa in maniera diretta. Anche qui, come nella
categoria precedente, loffesa si riverbera sui suoi singoli componenti. Ossia su soggetti
anonimi che, a differenza di coloro che ricoprono incarichi di rilievo, non hanno mai scelto di
esporsi pubblicamente accettando di divenire oggetto di satira. Di questo tipo di satira ne fa le
spese quasi sempre la comunit ebraica. Sono note le vignette che raffigurano lebreo con
fattezze diaboliche mentre impugna la Menorah (il candelabro a sette braccia) come se fosse
un forcone, o la Bibbia ebraica come un contenitore darmi, o il rabbino che trasporta le
tavole della Torah su cui campeggia la scritta razzismo, tanto per citarne alcune, peraltro
quasi tutte apprese da fonti arabe.
Queste vignette in particolare non sono legittime perch il contenuto del messaggio satirico
risulta totalmente assorbito nella volont di offendere. Qui componente unica del messaggio
satirico il pregiudizio razziale. Dando tali vignette per scontato che la dimensione pubblica
dellebreo caratterizzata dallessere diavolo, razzista, dispensatore di dolore e morte,
finiscono per descriverla secondo lottica di un ipotetico pubblico antisemita.
Qui indiscutibile la sussistenza del reato di vilipendio della religione ebraica, poich
lunico nesso di coerenza causale che pu rinvenirsi in queste vignette quello che lega il
messaggio satirico al pregiudizio antisemita. Ma non bisogna cadere nelleccesso opposto e
considerare illegittima qualsiasi satira sugli ebrei. Alcuni esempi saranno utili.
Si ricorder il caso della vignetta pubblicata da un giornale francese durante lassedio
portato nellaprile 2002 dallesercito israeliano alla Chiesa della Nativit di Betlemme. La
118

vignetta raffigura Arafat e alcuni suoi fedeli che esprimono soddisfazione per la scelta del
rifugio guardando il crocifisso, mentre il Cristo esclama: Non parlatemi degli ebrei!. Non
altrettanto lecita, invece, la vignetta che nella medesima occasione pubblic Forattini.
Un altro esempio la vignetta pubblicata da un quotidiano belga in seguito alle reazioni
dellopinione pubblica israeliana alla decisione, annunciata nel 2001 da un tribunale belga, di
processare lallora primo ministro Ariel Sharon per crimini contro lumanit, per il ruolo
assunto nel massacro compiuto nei campi profughi di Sabra e Chatila nel settembre 1982. La
vignetta reca una didascalia con la scritta Il Belgio divenuto un nemico. Giudicare un
macellaio non ha nulla a che vedere con lantisemitismo e limmagine di un ebreo che
indossa le proverbiali vesti dellultraortodosso mentre, agitando un coltello davanti ad un
bambino efebico sorpreso ad orinare, esclama: Circoncision!.
Altra vignetta quella di Cuore che ironizza sulla presunta assenza dal lavoro, prestato
allinterno delle Torri Gemelle di New York, di alcune migliaia di ebrei americani proprio la
mattina dell11 settembre 2001. La didascalia recita: Pi di 4 mila impiegati alle Twin
Towers, ebrei americani o di origine israeliana, la mattina dell11 settembre non si sono
misteriosamente recati al lavoro Come mai???; e la vignetta ritrae una donna che risponde
Guardi, noi si doveva circoncidere il pupo circoincidenze, eh?.
Queste vignette non brillano per eleganza, irridendo una comunit decisamente in credito
di rispetto. Ma le tragedie passate e presenti non possono condizionare un giudizio obiettivo
di legittimit. E i tre esempi ora riportati riguardano una satira che pu s considerarsi di
cattivo gusto, ma non illecita.
Nella vignetta sullassedio dellesercito israeliano alla Chiesa della Nativit di Betlemme,
il messaggio satirico, consistente nellinsofferenza manifestata da Cristo in croce nei riguardi
delle forze militari israeliane, pu ritenersi in coerenza causale con gli storici controversi

119

rapporti tra Autorit ebraiche e lo stesso Ges, rinnegato dal clero di Gerusalemme perch
autoproclamatosi Messia.
Negli altri due esempi, non si pu dire che lironico riferimento alla pratica della
circoncisione sia unoffesa al sentimento religioso ebraico. Nel caso della vignetta sul
conflitto tra Belgio e Sharon, lebreo ultraortodosso rivendica la valenza educativa che la
pratica della circoncisione assume nella credenza religiosa ebraica, resa ancor pi necessaria,
nella sua mente, dal tentativo belga di processare Sharon. Nella vignetta sullattentato alle
Torri Gemelle, non vi alcuna offesa alla religione ebraica, poich la battuta sulla
circoncisione vuole solo costruire un messaggio satirico intorno a quella che pu considerarsi
una paradossale diceria ormai di dominio pubblico.
Elemento comune di questo tipo di satira lessere occasionata da importanti fatti di
cronaca. Qui un accadimento reale a sollecitare il messaggio satirico. Dunque, anche per
quanto riguarda la satira religiosa pu trarsi una conclusione analoga a quella che si impone
per la satira in generale. Ossia: quanto pi la satira collegata a vicende attuali e di sicuro
interesse pubblico, tanto maggiore la probabilit che il contenuto del messaggio satirico
risulti in coerenza causale con la dimensione pubblica del suo destinatario. Coerenza che, al
contrario, non pu rinvenirsi in vignette simili a quelle analizzate precedentemente, avulse da
qualsiasi contesto di cronaca e motivate unicamente dal deprecabile intento di diffondere un
pregiudizio antisemita.

2.6 Diffamazione semplice, aggravata e a mezzo stampa


La configurazione del reato di diffamazione serve a tutelare i riflessi oggettivi del bene
della reputazione; questultima consiste nel sentimento che la collettivit ha nei confronti di
un soggetto e quindi pu essere lesa solo in caso di offese fatte in presenza di altri, a
differenza dellonore che consiste nel sentimento che il soggetto ha di s e quindi pu essere
120

leso solo in caso di offese rese in presenza del destinatario. Tornando alla reputazione, essa
rientra tra i beni della persona che hanno avuto giuridico riconoscimento sin dalla tradizione
romanistica e gi nel 1930 il legislatore penale si preoccupato di tutelarla costruendo lart.
595 del codice penale che individua appunto il reato di diffamazione . Il primo comma recita :
Chiunque, fuori dei casi indicati nellarticolo precedente (ingiuria), comunicando con pi
persone offende laltrui reputazione, punito con la reclusione fino a un anno o con la multa
fino a 2.065 euro.
Lelemento oggettivo della reputazione si sostanzia quindi nelloffesa dellaltrui
reputazione. Non solo le espressioni non vere e non obiettive ma anche quelle insinuanti sono
idonee a ledere o a mettere in pericolo la reputazione dei terzi. Lintento diffamatorio pu
essere raggiunto anche con mezzi indiretti e mediante subdole allusioni ed anche in questa
forma pu essere penalmente represso. Circa lelemento soggettivo vi da dire che la
diffamazione un delitto tipicamente doloso, non essendovi alcun riferimento alla
responsabilit per colpa. Pertanto, chi diffama taluno per imprudenza, negligenza o imperizia
(es. in caso di errore sul nome) non commette reato, mancando la consapevolezza e la volont
di tenere la condotta offensiva dellaltrui reputazione. Oltre al dolo diretto o intenzionale
(coscienza e volont del fatto materiale tipico) la dottrina prevede anche lipotesi del dolo c.d.
eventuale, che si ha quando, nel dubbio sul verificarsi o meno delloffesa, se ne accetta il
rischio.
Circa il soggetto passivo non necessario che sia nominativamente designato, essendo
sufficiente che esso sia indicato in modo da poter essere individuato in maniera certa.
Il reato di diffamazione non pu essere ravvisato nel caso in cui non possibile
lindividuazione delleffettivo destinatario delloffesa. La comunicazione con pi persone
elemento costitutivo del delitto di diffamazione, anche se non avviene nello stesso contesto di
tempo. La Corte di Cassazione ha chiarito che sufficiente che lagente, anche indirizzandosi
121

ad una sola persona, abbia comunicato con pi persone, parlando ad alta voce affinch ci sia
la sussistenza dellelemento della comunicazione con pi persone. Se per la diffusione delle
frasi lesive avviene non per volont dellagente ma per volont dellinterlocutore, non
sussistono gli estremi del reato. Il secondo comma dellart. 595 c.p., disciplina una
circostanza aggravata del reato di diffamazione, consistente nellattribuzione di un fatto
determinato, ed afferma che la pena per tale reato della reclusione fino a due anni o della
multa fino a 1.032 euro. Per fatto determinato, afferma la Cassazione, sintende il fatto
sufficientemente delineato nel suo carattere e nei suoi elementi essenziali come ad esempio
lindicazione dellazione o delle azioni che si affermano essere state commesse da qualcuno e
non la generica attribuzione di attivit disonoranti . La ratio dellaggravante va ravvisata nel
fatto che lattribuzione di un episodio determinato crea maggiore attendibilit e di
conseguenza comporta un pi grave pregiudizio alla reputazione delloffeso. Vi da
aggiungere che per aversi fatto determinato non necessario che siano specificate tutte le
circostanze di tempo e di luogo: sufficiente che il fatto sia unico ed irripetibile. Infine
nell'art. 595, terzo comma, c.p. cos disposto: Se loffesa recata col mezzo della stampa o
con qualsiasi altro mezzo di pubblicit, ovvero in atto pubblico, la pena della reclusione da
sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
Le alte potenzialit lesive insite nel mezzo stampa, quindi, hanno indotto a creare
normativamente un supplemento d'attenzione, con la conseguente maggiore responsabilit, in
capo a colui che scrive e controlla il materiale giornalistico pubblicato. Tale ragione
giustificatrice vale ancor di pi per i reati commessi per mezzo della radio e della televisione,
che hanno oggi un ampiezza di diffusione sicuramente maggiore della stampa scritta.
Tuttavia, proprio in virt di quel bilanciamento degli interessi costituzionalmente garantiti in
precedenza citato, nellambito del delitto di diffamazione, compiuto attraverso la stampa, una

122

cospicua giurisprudenza ha affermato che, in presenza di determinate circostanze, il diritto di


cronaca pu entrare in causa quale legittima scriminante ai sensi dellart. 51 c.p.
Il fatto, sebbene tipico e colpevole, non costituisce reato perch non si presenta come
antigiuridico alla luce del legittimo esercizio di un diritto. Il giornalista, infatti, non ha solo il
diritto ma ha anche il dovere di far emergere e rendere riconoscibili tutte quelle notizie che si
rivelino di interesse per lopinione pubblica. Come insegnano le Sezioni Unite della
Cassazione il diritto di cronaca giornalistica, in presenza di determinate condizioni, pu essere
esercitato anche quando produca una offesa allaltrui reputazione. I requisiti, individuati dalla
Suprema Corte e la cui presenza deve essere verificata dal giornalista per poter legittimamente
far valere il diritto di cronaca sono: il principio della verit, il principio di pertinenza, il
principio della continenza. Per quanto riguarda il soggetto passivo legittimato a proporre
la querela per il reato di diffamazione a mezzo stampa, la suprema Corte di Cassazione con la
sent. 26 ottobre 2001-14 gennaio 2002 n. 118 ha chiarito che le espressioni denigratorie
dirette nei confronti di soggetti appartenenti ad associazioni o istituzioni possono ledere
lonorabilit dellintera entit collettiva e per tanto questultima pu assumere la qualit di
soggetto passivo del delitto e quindi proporre querela, costituirsi parte civile e proporre le
impugnazioni.

2.6.1 La provocazione
Per il disposto dellart. 599 c.p. non punibile chi ha commesso il reato di diffamazione
nello stato dira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso.
Per potere legittimamente invocare tale causa di giustificazione necessario che la
reazione offensiva alla provocazione si verifichi subito dopo il fatto che ha determinato lo
stato dira, cosa che non rileva ai fini della concessione della circostanza attenuante
richiamata. Dunque, sono requisiti necessari limmediatezza della reazione e lingiustizia del
123

fatto che ha determinato lo stato dira, che come vedremo pu assumere rilevanza anche sotto
laspetto putativo. Il dato letterale della norma, con riferimento sia allespressione subito dopo
sia allingiustizia del fatto altrui, non deve essere inteso in senso assoluto, come hanno
affermato la giurisprudenza e la dottrina.
Infatti, ai fini dellimmediatezza della reazione, deve tenersi presente il momento in cui il
provocato ha avuto notizia del fatto e le possibilit concrete di reazione. Cos, proprio in
relazione alla diffamazione a mezzo stampa, la reazione non sempre immediatamente
successiva alla provocazione, ma anche condizionata dal tempo necessario per la
pubblicazione e dal tipo stesso di pubblicazione (giornaliera, settimanale, quindicinale, etc.).
Per quanto riguarda lingiustizia del fatto altrui, anche questa deve intendersi in senso ampio
sino a ricomprendervi non solo i fatti antigiuridici, ma altres i fatti antisociali, dal momento
che fatto ingiusto quello intrinsecamente illegittimo, ossia contrario alle norme del vivere
civile, in antitesi con i principi dellordinamento o del diritto naturale (Cass. pen., 1/03/1990,
in CED Cass.,184225). Inoltre, lingiustizia non deve essere valutata con criteri restrittivi,
cio limitatamente ad un fatto che abbia una intrinseca illegittimit, bens con criteri pi ampi
che comprendono anche fatti che la coscienza etica della collettivit riprova in un certo
momento storico (Cass. pen.,Sez. V 75/2017). Tant che il fatto ingiusto pu ravvisarsi
anche nellesercizio di un diritto, tutte le volte che compiuto, come per qualsiasi altra
attivit, in modo scorretto, sleale e aggressivo (Cass. pen., Sez. III 69/635). Ovvero, ancora,
pu determinare il fatto ingiusto anche un fatto omissivo, quale il silenzio, ove si concreti
nella frustrazione di unaspettativa che la coscienza etica della collettivit riconosce degna di
considerazione, in quanto attiene al normale svolgimento dei rapporti sociali (Cass. pen.,
Sez. V 94/5198). Come detto, lesimente della provocazione, determinata da un giustificato
turbamento nellanimo dellagente, pu anche configurarsi sotto il profilo della putativit, ai
sensi dellart. 59 c.p., come circostanza non conosciuta o erroneamente supposta. Perch ci
124

avvenga, deve comunque ricorrere una ragionevole, anche se erronea, opinione dellilliceit
del fatto altrui, ma in tal caso si richiede che lerrore sia plausibile, ragionevole e logicamente
apprezzabile (Cass. pen., Sez. V 86/13942).Infine, la reazione offensiva alla provocazione
pu anche essere diretta a persona diversa dal provocatore e,ciononostante, pu configurarsi
la scriminante in esame, quando il provocatore sia legato alloffeso da rapporti tali da
giustificare, alla stregua delle comuni regole di esperienza, lo stato dira e quindi la reazione
offensiva. Allo stesso modo,anche loffesa recata ad altri pu costituire provocazione per
lautore della reazione che, a cagione dei suoi rapporti con la persona contro la quale il fatto
ingiusto stato diretto, pu considerarsi provocato dal fatto stesso, non occorrendo che
loffesa recata ad altri costituisca ingiuria anche per chi reagisce (Cass. pen., Sez. VI
80/1334).

2.6.2 La competenza giurisdizionale del reato di diffamazione mezzo stampa e il


risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa.
In numerosi casi di diffamazione la giustizia civile supplisce a quella penale. Il nostro
ordinamento non impedisce infatti al danneggiato che decida di non esercitare il diritto di
querela (che va esercitato entro tre mesi dalla pubblicazione della notizia diffamatoria) e di
non adire quindi le vie penali, di farsi valere in sede civile per il risarcimento del danno
patrimoniale e non patrimoniale subito. La diffamazione infatti costituisce un comportamento
illecito anche non tenendo conto della sanzione particolare prevista dal diritto penale. Inoltre
per i reati a mezzo stampa, lart. 11 della legge n. 47 del 1948 sottolinea specificamente la
responsabilit civile, in solido, degli autori del reato, del proprietario della pubblicazione e
dell'editore. Ulteriore conferma della percorribilit della via civile e della capacit del giudice
civile di irrogare sanzioni aventi natura, non meramente reintegratrice, ma anche afflittiva,

125

proviene dall'art. 12 della stessa legge sulla stampa. In questo articolo, infatti, oltre al
risarcimento, previsto ai sensi 185 del c.p., viene data la possibilit al diffamato di chiedere
una riparazione pecuniaria commisurata all'offesa. Ma procediamo con ordine. Il danno
prodotto dal reato di diffamazione a mezzo stampa pu essere di due tipi: patrimoniale e non
patrimoniale. Il primo pu essere quantificato economicamente e viene generalmente
riconosciuto tutte le volte in cui possibile provare, da parte di chi lo invoca, la sussistenza di
un nesso causale tra la pubblicazione di notizie idonee a ledere la reputazione di una persona e
la successiva diminuzione patrimoniale delloffeso. Tale nesso naturalmente non pu
consistere esclusivamente nella sequenza temporale dei due fatti sopra indicati ma deve
sostanziarsi in una sequenza qualificata; di conseguenza il risarcimento del danno pecuniario
molto infrequente. Il danno non patrimoniale si sostanzia invece nell ingiusto
perturbamento dello stato danimo del soggetto leso e si ritiene sempre presente il caso di
diffamazione a mezzo stampa. Si tratta di un danno da quantificare e la giurisprudenza per
fare ci fa riferimento a precisi parametri: leffettiva distribuzione del periodico, il carattere
locale o nazionale, lobiettiva gravit delle affermazioni diffamatorie divulgate, le qualit
morali della persona offesa e le eventuali funzioni pubbliche da essa svolte, il credito di cui
gode la pubblicazione, il comportamento degli autori dellillecito,ecc.
Vi sono dei precisi parametri anche per quantificare il danno da lesione alla reputazione da
mezzo televisivo: la rilevante diffusione degli addebiti, la capacit di penetrazione del mezzo
televisivo, la particolare efficacia lesiva degli addebiti, la notoriet dei personaggi coinvolti, il
conseguente eco che la vicenda ha avuto sugli altri organi di informazione, la reiterazione del
messaggio diffamatorio, ecc. (Trib. Roma, 1995). La competenza giurisdizionale appartiene
oltrech al giudice del convenuto, al giudice del luogo dove stabilito leditore della
pubblicazione controversa o ai giudici dei luoghi dove si manifestato il danno direttamente
riconducibile allazione delleditore.
126

Per contro non rilevante il luogo in cui stato pubblicato un mezzo di stampa che abbia
ripreso il fatto diffamatorio . Quanto alla diffamazione radiotelevisiva, nellart. 20 c.p.c.,
viene ritenuto competente il giudice della localit dove sono situati gli studi nei quali stato
realizzato il programma contenente il messaggio diffamatorio, poich in tale luogo che la
notizia diviene pubblica, oppure il giudice del luogo dove il danneggiante ha la residenza . Ma
il risarcimento del danno, sia patrimoniale che non patrimoniale, pu non esaurire la tutela di
tutti i possibili interessi civili della persona offesa. Ad esso bisogna aggiungere anche la
riparazione pecuniaria. Si tratta di una sanzione di natura civilistica, che pu essere chiesta
anche davanti al giudice civile anche se il reato di diffamazione dovesse estinguersi per
amnistia. Ai fini della determinazione della somma liquidata a titolo di riparazione pecuniaria
alla persona offesa dal reato di diffamazione commesso con il mezzo della stampa
fondamentale il parametro della diffusione dello stampato che attiene alla diffusione in linea
generale del periodico e non al numero delle copie vendute; ci che rileva infatti, la
possibilit di una notevole propalazione della notizia e non la concreta conoscenza che possa
averne avuto un numero pi o meno grande di persone (Cass. pen., sez.V 93/194333).

2.6.3 Responsabilit del direttore responsabile e dell'editore


Gli artt. 57, 57 bis, 58 e 58 bis c.p. si occupano dei reati commessi a mezzo della stampa
periodica e non periodica,configurando in particolare la responsabilit del direttore. Le
disposizioni in esame consentono di contemperare le esigenze general-preventive con uno dei
principi cardine del nostro ordinamento, cio quello della responsabilit personale. Il
problema si pone soprattutto in relazione allindividuazione del soggetto responsabile nelle
ipotesi in cui ignoto lautore di un articolo tramite il quale viene perpetrato il reato
(diffamazione,vilipendio, truffa, abuso della credulit popolare, ecc.). La soluzione adottata
quella di rendere determinati soggetti garanti delluso non criminoso della stampa. Su tali
127

presupposti stato impostato il codice penale del 1930, che ha qualificato il direttore come
capo dellazienda giornalistica, in cui niente dovrebbe accadere senza che lo stesso
esplicitamente o implicitamente lo abbia approvato. Pertanto, ai sensi delloriginaria
formulazione dellart. 57 c.p., nel caso di stampa periodica il direttore o il redattore
responsabile rispondevano in ogni caso del reato commesso col mezzo della stampa, salva la
responsabilit dellautore della pubblicazione. Nellipotesi di stampa non periodica, se
lautore della pubblicazione era ignoto o non imputabile, rispondeva leditore o, in caso anche
questo era ignoto o non imputabile, lo stampatore. Infine, nel caso di stampa clandestina
rispondevano tutti coloro che in qualsiasi modo avessero divulgato gli stampati . La riforma,
realizzata con legge 4 marzo 1958, n. 127, ha condotto allattuale formulazione dellarticolo
57 c.p., il quale dispone: Salva la responsabilit dellautore della pubblicazione, e fuori dai
casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile, il quale omette di esercitare sul
contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della
pubblicazione siano commessi reati, punito, a titolo di colpa, se un reato commesso, con la
pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo. In altre parole il
direttore responsabile, in base ai poteri che il contratto nazionale di lavoro giornalistico da
sempre gli riconosce tenuto a fare tutto il possibile per evitare che col mezzo della stampa si
commettano reati ed in particolare ha lobbligo di controllare il contenuto degli scritti da
pubblicare ed ha la facolt di sostituirsi al giornalista e ripeterne lopera al fine di realizzare
risultati consonanti ai fini contemplati da quel controllo; nel momento in cui egli, a causa di
un atteggiamento negligente, non controlla il contenuto di un articolo oppure ne valuta
superficialmente la liceit penale responsabile del reato. Per evitare per che la
responsabilit del direttore si trasformi in una sorta di responsabilit di posizione e cio
connessa alla semplice titolarit del ruolo, bisogna precisare i limiti dellobbligo di controllo
tenendo conto di un duplice aspetto: da un lato, delle modalit di funzionamento, della
128

struttura e dellarticolazione dei ruoli allinterno delle moderne aziende giornalistiche;


dallaltro, della natura informativa o valutativa dello scritto da controllare; con questultimo
punto si vuol dire che il controllo del direttore dovr essere pi rigoroso rispetto alla verit dei
fatti e delle relative fonti, e meno penetrante rispetto alle valutazioni dellautore dellarticolo .
Per quanto riguarda il primo punto invece, la giurisprudenza non stata sempre univoca.
Sbilanciata sul versante della non imputabilit del direttore responsabile per omesso controllo
appare una sentenza, pronunciata dal Tribunale di Roma il 10 marzo 1989, nella quale a
proposito del direttore di quotidiani a grande diffusione nazionale, viene esclusa la possibilit
che il direttore possa ogni giorno controllare tutte le fonti dei numerosi articoli che vengono
pubblicati, con conseguente esclusione della responsabilit per omesso controllo. Orientata a
riconoscere la piena ed esclusiva responsabilit del direttore responsabile per omesso
controllo invece la sentenza della Cassazione del febbraio 1987, che nega lammissibilit di
responsabilit alternative a quella del direttore responsabile, in quanto la ripartizione interna
del lavoro organizzativo tra i diversi responsabili delle pagine non rivela sul piano giuridico .
Ma la responsabilit del direttore responsabile, oltre a configurarsi come responsabilit per
fatto proprio, consistente nellaver omesso di esercitare il dovuto controllo, pu essere una
responsabilit a titolo di concorso consistente nellaver approvato la pubblicazione
dellarticolo giornalistico, nonostante la percezione della potenzialit offensiva delle
espressioni contenute nel testo dello scritto. In questo caso il direttore responsabile concorre
insieme al giornalista, autore dellarticolo diffamante, nel medesimo reato (art. 110 c.p.). La
prova del concorso del direttore di un periodico nel reato di diffamazione desumibile da un
complesso di circostanze esteriorizzate nella pubblicazione,come il contenuto dello scritto, la
forma dellesposizione, levidenza e la collocazione tipografica ad esso assegnata nello
stampato (Cass. pen., Sez.V 92/191622).

129

In base allart. 12 della legge 8.2.1948 n. 47 nel caso di diffamazione a mezzo stampa la
persona offesa pu ottenere,oltre al risarcimento dei danni, una somma a titolo di riparazione.
Lentit della riparazione pecuniaria determinata in relazione alla gravit delloffesa e alla
diffusione dello stampato. Tale riparazione dovuta non solo dal responsabile del reato, ma
anche dalleditore, in quanto, a termini dellart.11 della legge 8.2.1948 n. 47, per i reati a
mezzo stampa leditore civilmente responsabile in solido con gli autori del reato (Cass. civ. ,
Sez. III 04/21366). Siamo di fronte ad una responsabilit solidale che estende lobbligazione
civile da reato, oltre al soggetto che direttamente lha commesso, al direttore responsabile e
alleditore. La ragione della responsabilit di questultimo consiste nellassunzione del rischio
dimpresa a fronte di un utilit che gli deriva dallesercizio dellattivit editoriale. Questa
responsabilit solidale si traduce, in pratica, in un equa distribuzione del danno fra i soggetti
che hanno tratto profitto dalla pubblicazione della notizia diffamatoria. Per quanto riguarda la
colpa delleditore essa autonoma dalla responsabilit del direttore responsabile e per tanto
pu essere affermata anche laddove questultima sia stata esclusa.

2.7 Pluralismo informativo


L'informazione presenta, oltre ad un aspetto attivo (il diritto di informare) anche un aspetto
passivo, il diritto all'informazione o diritto ad essere informati. Questo diritto, non proclamato
espressamente dalla Costituzione, una delle condizioni della libert della democrazia.
Ci non significa che se ne sia disinteressata ma solo che ha voluto realizzare il diritto ad
essere informati valorizzando la possibilit di informare riconosciuta a tutti. Si quindi
ritenuto che il diritto ad essere informati possa realizzarsi solo se esistono molte fonti di
informazione libera e diversamente orientate, se esiste insomma il pluralismo informativo.
Sul regime della stampa periodica, al di l della garanzia di libert contenuta nei commi
dell'articolo 21 della Costituzione, l'unica indicazione quella contenuta nel V comma che
130

dice che la legge "pu" stabilire un obbligo di trasparenza delle fonti di finanziamento della
stampa stessa.
Ai primi degli anni Settanta vigeva incontrastato il principio secondo cui la libert di
stampa comportava la libert di impresa giornalistica. I quotidiani avevano un altissimo costo
d'impianto e conti economici generalmente in pesante passivo. La mancata attuazione del V
comma dimostrava come le aziende italiane tenessero alla segretezza dei propri bilanci e dei
finanziamenti; le aziende pubbliche proprietarie di quotidiani tendevano cos a nascondere le
passivit, e quelle private i risvolti politici dei finanziamenti. Frattanto si aggravava il
processo di concentrazione delle testate. Non migliore era lo svolgimento del rapporto tra
propriet, direttore e redazione in punto di condizionamenti della libert di pensiero; i
tentativi di separare la "gestione economica" dell'impresa dalla "gestione dell'informazione" si
rivelavano del tutto vani, anche a causa dello strettissimo vincolo che lega l'ampiezza
dell'informazione alle disponibilit e ai risultati di bilancio.
Fra le proposte, vi era quella di attuare il V comma dell'articolo 21: quella di pubblicizzare
tutto il settore, in quanto le imprese giornalistiche fanno parte di un servizio pubblico
essenziale. Altre pi realistiche proposte investivano la manovra delle agevolazioni e degli
incassi pubblicitari, nonch controlli antimonopolistici. Alcune proposte formarono oggetto di
precise indicazioni circa la necessit di obbligare queste imprese a presentare bilanci-tipo; di
far luce sulle reali propriet e sui trasferimenti; di sottoporre la scelta del direttore al parere
della "comunit redazionale". Nel 1975 la situazione cominci a cambiare.
Fermo restando il principio per cui tutti gli operatori del settore godono della stessa libert
di espressione del pensiero, il legislatore cominci ad intervenire per ottenere una maggiore
"trasparenza" di quelle imprese. Con la legge n. 172/1975 fu introdotto il bilancio-tipo quale
onere per le imprese giornalistiche che aspirassero alla facilitazioni per l'acquisto dalla carta e,

131

pi in generale, alle misure statali di sostegno (e la legge sul finanziamento dei partiti lo pose
come obbligo, per i giornali di partito).
Nel settore della stampa stata varata la legge 5 agosto 1981, n. 416: la cosiddetta "riforma
dell'editoria". Le linee di tale riforma sono pienamente coerenti con il sistema costituzionale
poggiante non solo sull'articolo 21 ma anche sui principi sulla partecipazione e sulla
personalit, nonch sui principi di libert dell'iniziativa privata.
La legge 5 agosto 1981, n. 416 articolata nei seguenti momenti:
a)definizione di uno statuto dell'impresa giornalistica, ispirato a principi di pubblicit della
propriet, dei passaggi di testata e dei finanziamenti (il bilancio-tipo diventa obbligatorio);
b)divieto della concentrazione, con idonee sanzioni per le violazioni dei divieti all'acquisto e
alla stessa detenzione di partecipazioni suscettibili di far superare quei limiti;
c)incentivazione (non mero "sostegno") delle iniziative editoriali, con finanziamento degli
investimenti produttivi e provvidenze da attuare mediante riduzione delle tariffe delle
comunicazioni e dei trasporti;
d) predisposizione di strutture pubbliche volte a facilitare il raggiungimento delle finalit ora
elencate: l'istituzione del registro nazionale della stampa, con il relativo servizio dell'editoria,
strumento della pubblicit della propriet e dei trasferimenti non solo delle imprese
giornalistiche, ma anche di quelle concessionarie di pubblicit, che sono vincolate anch'esse
dal divieto di posizioni dominanti, nonch dal divieto di finanziamenti anche indiretti ai
giornali; la disposizione che riserva ai periodici il 70% della spesa per la pubblicit a carico
delle amministrazioni pubbliche;
e)istituzione di un "garante", chiamato a sorvegliare sul rispetto della nuova disciplina,
direttamente in contatto con il Parlamento.
L'attuazione di questa vera grande riforma andata esasperatamente a rilento, fra le
recriminazioni di tutte le categorie interessate e le proteste del "garante". Le norme di
132

attuazione apparvero nel decreto n. 268 del 1982. Alcune modifiche hanno formato oggetto
della legge n. 137 del 1983, ampliandosi fra l'altro i poteri del "garante".
Nonostante questa legge, il fenomeno della concentrazione della stampa prosegue: le
testate vengono acquistate da gruppi finanziari pi potenti e ristretti.
Il controllo su questi fatti non sempre facile, visto che l'acquisto avviene con
partecipazioni azionarie, da parte di societ controllate da altre societ, secondo una tecnica
lungamente in uso per eludere le norme contro il monopolio.
Il mondo della stampa sempre pi nelle mani del grande potere economico il quale a sua
volta spesso anche strettamente collegato con il potere politico.
Concludendo si pu dire che la libert della stampa insidiata da potenti interessi che
usano i giornali per fini propri e non in vista del diritto della gente ad essere informata.

133

CAPITOLO 3

Il futuro della stampa in Italia

3.1 La libert di manifestazione del pensiero on-line


Con lavvento di Internet si presto percepita lesigenza di ampliare il vecchio
ordinamento giuridico e, di conseguenza, anche la normativa relativa al concetto di privacy
che, fino a non molti anni fa, si occupava esclusivamente della tradizionale corrispondenza e
della comunicazione telegrafica e telefonica.
Tra i reati penalmente punibili, in termini di Internet e privacy, ricordiamo:
- La violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza informatica.
- La rivelazione del contenuto di corrispondenza telematica.
- Lintercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche.
- Installazioni abusive di apparecchiature per le intercettazioni informatiche.
- La falsificazione, alterazione e sottrazione di comunicazioni informatiche.
- Rilevazione del contenuto di documenti informatici segreti.
- Laccesso non autorizzato ad un sito.
- Lo spionaggio informatico.
In un complesso iter di innovazione legislativo, risulta sicuramente basilare la
promulgazione della legge 547/1993 che introduce, tra gli altri, limportantissimo concetto di
frode

informatica

definita

dallart.

10

allart.

640ter

c.p. secondo

cui:

chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o


telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalit su dati, informazioni o
134

programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a se


o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni
e con la multa da euro 516 a euro 1032. La pena della reclusione da uno a cinque anni e
della multa da euro 309 a euro 1549 se ricorre una delle circostanze previste dal n.1 del
secondo comma dellart. 640 ovvero se il fatto commesso con abuso della qualit di
operatore del sistema. [].
Estremamente rilevante risulta anche la gi citata legge 675/1996 che, sebbene non si
occupi in modo specifico del contesto informatico, ricopre un ruolo fondamentale per ci che
concerne il trattamento e la protezione dei dati personali.
Dal 1 gennaio 2004 inoltre in vigore il decreto legislativo n. 196 che ha puntato
lattenzione su tematiche importanti come le modalit con cui devono essere trattati i dati
confidenziali nellambito dei servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico e
lobbligo, da parte dei fornitori, di rendere lutente pi consapevole su come le loro
informazioni riservate verranno trattate e utilizzate.
Abbiamo visto precedentemente che lart. 21 Cost. sancisce la libert di manifestazione del
pensiero; la domanda che a questo punto sorge spontanea e alla quale cercheremo di dare una
risposta : linformazione on-line pu considerarsi una forma di manifestazione del pensiero?
Se la risposta fosse affermativa, in che termini e con quali aspetti peculiari?
La definizione di Internet quella di una connessione a livello mondiale tra reti locali, la
quale consente la circolazione dei dati grazie alladozione di protocolli trasmissivi
standardizzati. Fondamentale ladozione di un linguaggio tecnico comune perch permette
la comunicazione tra i diversi elaboratori, la migrazione da una rete allaltra delle
informazioni e linterpretazione comune dei messaggi tra mittente e destinatario.
Sulla base di questi rapidi cenni risulta evidente che Internet, non solo rientra sicuramente
tra i mezzi di comunicazione attraverso i quali il pensiero pu essere divulgato ma, se messo a
135

confronto con gli altri strumenti di divulgazione del pensiero, si dimostra terra di elezione per
la libert. La rete globale e tutti possono accedervi senza ostacoli particolari. Basta un
modem, un elaboratore, una connessione telefonica e una sufficiente alfabetizzazione
informatica per farlo. Presenta caratteri tali da garantire il pluralismo dellinformazione
previsto dalla norma costituzionale e pertanto viene a ricadere nelle garanzie dellart. 21 Cost.
in tutte le sue forme: diritto di informare, di essere informati e di informarsi .
Se Internet uno degli strumenti che maggiormente consente lesplicazione della
personalit dellindividuo in condizioni di assoluta democrazia ed uguaglianza, al tempo
stesso, per le sue stesse potenzialit, pu essere utilizzato, pi di ogni altro mezzo per ledere
dei diritti. Da un punto di vista giuridico, quindi tutte le problematiche tradizionali sui
fenomeni connessi alla libert di manifestazione del pensiero si ripropongono in Internet, ma
in maniera amplificata . Iniziamo analizzando le problematiche connesse al limite del buon
costume. Se gi la definizione di tale concetto off-line risulta complicata, su Internet ancora
pi difficoltosa. Il carattere globale di Internet rende arduo trovare un concetto univoco di
buon costume, che costituisca un vincolo giuridico per tutti i soggetti che utilizzano il mezzo
telematico, in quanto questi appartengono ad ordinamenti giuridici nazionali diversi. Sarebbe
quindi utile promuovere la cooperazione degli ordinamenti transnazionali per avviare delle
politiche educative comuni. Per quanto riguarda il limite implicito della tutela dellonore e
della reputazione anche in rete presente, in quanto Internet non pu essere considerata una
zona franca del diritto, ed anche qui, come off-line, viene applicato il principio del
bilanciamento. Tuttavia, data limpossibilit di ravvisare lelemento della presenza fisica della
persona offesa in una comunicazione telematica, poich questa avviene a distanza, si deduce
che su Internet la violazione del bene dellonore pu avvenire solamente attraverso linvio di
un messaggio di posta elettronica. Gli altri tipi di messaggi (per esempio i messaggi per newsgroup, mailing-list aperte, etc.) pur potendo arrivare alla persona offesa, non essendo
136

specificatamente a lui indirizzati, non possono essere considerati ingiuriosi e quindi sono
considerati diffamante.

3.2 Difficolt di equiparazione tra editoria elettronica e cartacea


Se c stata immediata unanimit nel far rientrare linformazione on-line allinterno delle
garanzie dellart. 21 della Costituzione, lopinione si divisa nel tentativo di assimilare
linformazione on-line a quella off-line. Che anche il giornalismo on-line possa essere
qualificato come attivit giornalistica pacifico. Oggetto di discussione invece lestensione
della vecchia legge sulla stampa ( n. 47/1948) ,senza modifiche ne adattamenti.
Si sono, nel tempo, sostenute tesi via via contrarie riguardo allassimilazione di Internet
alla stampa. Il dibattito andato avanti per anni senza trovare mai una sistemazione definitiva.
Il problema non si poneva tanto per quelle testate on-line che avevano una versione cartacea,
esso interessava le pubblicazioni edite soltanto sul web. Lobiettivo di coloro che erano
favorevoli allestensione della legge sulla stampa alleditoria era quello di inquadrare il
fenomeno delleditoria telematica in un quadro giuridico definito, offrendo alle testate on-line
la possibilit della registrazione, in presenza dei requisiti necessari. La loro tesi si basava su
considerazioni di natura fisica e cio sosteneva che, se la legge sulla stampa del 48 si rivolge
alle riproduzioni ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, allora anche linformazione
digitale trasmessa attraverso Internet sarebbe soggetta alle sue disposizioni in quanto le onde
elettromagnetiche, che permettono la connessione telefonica in Internet, appartengono al
dominio della fisica. Il limite di questa tesi consiste nel considerare la rete soltanto come un
apparato fisico. Essa anche un fenomeno sociale, che mette in comunicazione persone,
conoscenze e servizi .
Lobiettivo di coloro che invece erano contrari allapplicazione della legge sulla stampa
alleditoria telematica era quello di salvaguardare non solo la libert della rete, ma anche la
137

specificit del mezzo Internet. Essi proponevano lelaborazione di norme specifiche.


Linformazione on-line manifesta infatti la sua diversit nella fase di produzione, di
presentazione e di fruizione.

3.2.1 La nuova legge sulleditoria


Alla fine, lintervento legislativo,che arrivato soltanto nel 2001 con lemanazione della
nuova legge sulleditoria, ha accontentato i sostenitori dellequiparazione tra editoria cartacea
ed elettronica. La legge n. 62 del 2001 nel suo primo articolo afferma: Ai fini della presente
legge ( si intende come prodotto editoriale) il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi
compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla
diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso
la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici e
cinematografici. Essa fornisce quindi una innovativa definizione di prodotto editoriale,
definisce lo status giuridico del giornalismo on-line e sancisce lequiparazione di trattamento
tra prodotto editoriale cartaceo e telematico . Ci significa che le regole che valgono per
leditoria classica (giornali, riviste, libri) ora valgono anche per leditoria multimediale. I
prodotti editoriali cartacei devono indicare alcuni elementi come il luogo e la data di
pubblicazione; il nome e il domicilio dello stampatore e delleditore. Inoltre, se diffusi con
periodicit regolare e contraddistinte da una testata costituente elemento identificativo del
prodotto, devono essere registrati presso il tribunale e devono avere un direttore responsabile,
iscritto allAlbo dei giornalisti. Tutto questo applicato alla rete, cosa significa?
Indubbiamente, un ulteriore comma, contenente ladattamento di questo articolo ai prodotti
editoriali pubblicati on-line sarebbe stato opportuno. Non chiaro, infatti, quale sia il luogo
della pubblicazione di un sito Internet. Esso coincide con il luogo nel quale effettivamente si

138

svolge lattivit di produzione dei contenuti o con il luogo nel quale si trova il server, o con
altro ancora?
Ugualmente, non chiaro cosa si debba intendere per stampatore e per editore dato che
queste figure non trovano una diretta rispondenza nella realt di Internet. La legge
indubbiamente mal formulata e pu dare luogo a molti dubbi interpretativi, come quelli qui
sopra esposti.
Alcune delle preoccupazioni manifestate, subito dopo la sua emanazione, non trovano per
alcuna rispondenza nel testo della legge stessa. Per esempio, lallarmismo che ha seminato
panico, diffondendo lerrata convinzione che tutti i siti Internet fossero sottoposti allobbligo
di registrazione, pena lincriminazione per il reato di stampa clandestina ingiustificato .
La legge n. 62 del 2001 non una legge normativa di Internet, ma una legge delleditoria.
Non riguarda quindi chi ha un sito amatoriale ma solo le imprese editoriali.
E soltanto queste devono rispettare le regole in essa esposte. Linformazione on-line non
periodica deve indicare nella home page il nome e lindirizzo delleditore o dellautore e del
fornitore di accesso e servizi Internet, mentre linformazione periodica soggetta anche alla
registrazione. Inoltre, chiarisce lart. 31 della legge comunitaria 2001 che lobbligo di
registrazione si applica esclusivamente alle attivit per le quali i prestatori del servizio
intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla legge sulla stampa. La registrazione della
testata on-line non quindi un obbligo ma una possibilit per chi vuole usufruire di tali
agevolazioni.

3.3 Diffamazione on-line e problemi di regolamentazione giuridica


Da quello che abbiamo detto fino ad ora e cio che linformazione on-line, non solo una
forma di manifestazione del pensiero ma anche equiparabile allinformazione off-line,
risulta desumibile che, anche on-line, nel momento in cui vengono superati i limiti del diritto
139

di cronaca si incorre nel reato di diffamazione. Che il reato previsto dallart. 595 c.p., la cui
condotta tipica ha quale presupposto la comunicazione con pi persone, potesse realizzarsi
anche per via telematica non solo era intuitivo ma era anche gi stato accennato, da me, nel
paragrafo sulla libert di manifestazione del pensiero on-line.
Cerchiamo in questa sede di approfondire largomento. Mi sembra utile iniziare rispondendo a
questa domanda: quale tipo di diffamazione si commette on- line? Semplice, aggravata o a
mezzo stampa?
La Cassazione, con riflessioni analoghe a quelle gi compiute dai giudici di merito, in
particolare dal G. u. p. del Tribunale di Oristano (sentenza del 25/05/00), ha ritenuto
applicabile alla fattispecie della diffamazione on- line laggravante speciale di cui allart. 595,
3 c.p.. Limpiego di Internet, dunque, data la particolare diffusivit connaturata a questo
mezzo, integra una delle ipotesi aggravate di cui allart. 595 c.p. e, pertanto, giustifica
lapplicazione e rende meritevole lagente di un trattamento sanzionatorio pi severo di quello
previsto per la diffamazione semplice. Va tenuto comunque presente che il ragionamento dei
giudici muove dalla premessa della diversit di condotte criminose cui d luogo, da un lato, la
diffamazione compiuta via mail e, dallaltro, quella realizzata sul web.
Ne consegue che laggravante qui considerata si riferisce esclusivamente allipotesi in cui la
diffamazione sia compiuta erga omnes, ossia utilizzando allo scopo uno spazio web, mentre
nel caso in cui si realizzi mediante una comunicazione diretta a destinatari determinati, come
avviene con linoltro di una e- mail, si resta nellambito della fattispecie non circostanziata .
E il reato di diffamazione commesso a mezzo di riviste telematiche?
Rientra allinterno dellaggravante di diffamazione a mezzo stampa?
Certo che la possibilit di commissione del reato di diffamazione anche a mezzo di riviste
telematiche sussiste fuor di dubbio. La rivista pubblicata on-line, difatti, permette tanto la

140

comunicazione con pi persone di cui all'art. 595, 1 c.p., quanto lapplicazione del terzo
comma della medesima disposizione, ossia dellaggravante prevista per lipotesi in cui
loffesa sia recata col mezzo della stampa, ovvero con qualsiasi altro mezzo di pubblicit.
Se da un lato la giurisprudenza si orientata nel senso di escludere luso di Internet dalla
definizione di stampa cos come risulta dalle decisioni del Tribunale di Roma del 4 luglio
del 1998 e del Tribunale di Teramo dell 11 dicembre 1997, secondo cui, rispettivamente,
deve negarsi alla diffusione di notizie e opinioni su Internet il carattere di stampa e una
qualsivoglia competenza in proposito dell'ex Garante per la radiodiffusione e l'editoria ,
dall'altro pur sempre ravvisabile laggravante di cui al terzo comma dell'art. 595 c.p.,
trattandosi di forme di comunicazione effettuate con altri mezzi di pubblicit.

3.3.1 Giudice territorialmente competente


Lart. 20 c.p.c., relativamente allindividuazione del giudice territorialmente competente,
afferma che esso da individuare nel luogo dove sorta o deve eseguirsi lobbligazione , in
alternativa a quello del foro generale delle persone fisiche e giuridiche fissato dagli artt. 18 e
19 c.p.c. La capillare diffusione di Internet e delle informazioni immesse in rete, potrebbero
creare problemi allindividuazione del locus committi delicti e quindi del giudice competente.
Il luogo in cui si verificato il comportamento antigiuridico potrebbe infatti non coincidere
con quello in cui si manifestato il danno.
Il dibattito sullindividuazione del giudice competente stato aperto per lungo tempo, sia
in dottrina che in giurisprudenza. Si concluso con l'ordinanza 8 maggio 2002, n. 6591, della
Corte di Cassazione che ha invertito l'orientamento giurisprudenziale prevalente.
La

giurisprudenza

prevalente

sosteneva

che

lobbligazione

per

responsabilit

extracontrattuale sorgesse nel luogo in cui il fatto produttivo di danno si verificava; e nella
nozione di fatto rientrava, oltre al comportamento illecito, anche levento dannoso che ne
141

derivava e pertanto, qualora i due luoghi non coincidessero, il forum delicti ex art. 20 c.p.c.,
doveva essere identificato con riguardo al luogo in cui era avvenuto levento (cfr. Cass. n.
6381/91; Cass. n. 2648/69; n. 570/76; n. 9635/87;5625/89).
Nellambito di una vicenda che vedeva coinvolti una banca pugliese e un internauta
accusato di diffamazione per aver diffuso on-line, su un newsgroup, un messaggio considerato
offensivo dall'istituto di credito, replica la Corte: Qualora lagente immetta il messaggio in
rete, utilizzando uno spazio web, e quindi creando un sito, ovvero utilizzando un cd.
newsgroup (che , in buona sostanza, un forum a cui possono accedere tutti gli iscritti) la
comunicazione deve ritenersi effettuata verso tutti i possibili visitatori del sito o i partecipanti
del newsgroup. Sennonch la immissione in rete non costituisce ancora evento di offesa alla
reputazione, che si avr solo allorch i visitatori entreranno nel sito ovvero i partecipanti del
newsgroup leggeranno la comunicazione (Cass. pen., Sez. III 2002/ 6591).
La pronuncia esclude quindi la possibilit di attribuire rilievo al luogo di immissione dei
dati in rete, dal momento che loffesa alla reputazione si avr solo allorch i visitatori
entreranno nel sito o i partecipanti al newsgroup leggeranno la comunicazione .
Ci era gi stato chiaramente rilevato dalla Corte in sede penale, che aveva osservato che
nel caso in cui loffesa venga arrecata tramite Internet, levento appare temporalmente oltre
che concettualmente ben differenziato dalla condotta. In primo luogo, si avr linserimento in
rete da parte dellagente, degli scritti offensivi e/o immagini denigratorie, e solo in un secondo
momento i terzi, connettendosi con il sito e percependo il messaggio, consentiranno la
verificazione dellevento (Cass.pen., sez. V 2000/4741) . Aggiunge la Corte: da ci consegue
che il luogo in cui si verificato levento offensivo andrebbe individuato come quello in cui il
primo visitatore abbia letto la notizia offensiva. Esso diventerebbe di difficilissima, se non di
impossibile, individuazione, contrariamente a quanto avviene in tema di offesa arrecata
attraverso la stampa. In questultimo caso, infatti la pi risalente giurisprudenza penale, che si
142

pone allorigine dellorientamento secondo cui il luogo della stampa luogo in cui si
verificato levento, si fonda sul rilievo che il semplice deposito presso gli organi competenti
degli esemplari previsti dalla legge 2 febbraio 1939, n. 374 rappresenta una forma di
pubblicazione dello stampato sufficiente a determinare la responsabilit dellautore dello
scritto a titolo di diffamazione a mezzo stampa, per le offese in esso contenute, in quanto tale
deposito realizza una forma di diffusione degli addebiti ed inoltre in quel luogo vi anche la
diffusione delle notizie presso gli addetti alla stampa (Cass. pen., Sez. III 2002/ 6591).
Viene esclusa inoltre lapplicazione dei fori applicabili in tema di diffamazione a mezzo
stampa per la diversit della fattispecie della diffamazione on line, che non richiede a
differenza della stampa consegna di copie dobbligo e non prevede necessariamente un luogo
fisico di stampa .
Neppure pu ritenersi, come sostenuto da qualche giudice di merito e da una parte della
dottrina, che, tenuto conto del sistema di diffusione della notizia via Internet, la lesione del
diritto deve ritenersi verificata in tutti i luoghi in cui la diffusione della notizia avviene, per
cui, ai sensi dellart. 20 c.p.c., deve considerarsi competente ciascun giudice del luogo in cui
si verificata la divulgazione medesima, idonea a pregiudicare laltrui diritto.
Lordinanza supera quindi il criterio di competenza di tutti i luoghi connessi ad Internet e
nei quali la diffusione della notizia avviene, ritenendo che questi attengano allevento e non al
danno, e siano perci irrilevanti di norma per lindividuazione del foro competente .
Questa tesi, a parte il vizio di origine di identificare il danno risarcibile ex artt. 2043 e
2059 c.c. con levento lesivo della reputazione, incorre nel grave inconveniente di rendere
estremamente ambulante la competenza territoriale, attribuendo allattore una discrezionalit
tale da sfociare in una libert assoluta, oppure al contrario, di rendere praticamente
impossibile a questultimo di provare che effettivamente il luogo indicato sia quello dove vi
sia stata la prima visita del sito da parte di uno degli indeterminati potenziali visitatori.
143

Lesigenza di evitare ci e quella, gi avvertita da questa Corte in tema di danni alla


reputazione commessi attraverso la stampa, di fissare un criterio certo al fine di individuare un
giudice unico in tema di risarcimento del danno, basato sul luogo in cui sorta lobbligazione
(ai sensi dellart. 20 c.p.c., rimanendo fermi - ovviamente - laltro foro facoltativo di cui allo
stesso articolo ed i fori generali di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c.), rimangono soddisfatte
dallindividuazione di tale competenza con il Tribunale del luogo in cui il soggetto leso ha il
proprio domicilio. Secondo i giudici, quindi, poich il domicilio la sede principale degli
affari e degli interessi, quello il luogo principale in cui si sono verificati gli effetti negativi
dell'offesa alla reputazione.
Lindividuazione del giudice competente con riferimento al luogo di residenza della
persona offesa (anzich al luogo di consumazione del reato, come prescritto dal primo comma
dellart. 8 c.p.p.) appare giustificata in quanto strumento destinato a rendere pi agevole la
possibilit di reazione del soggetto leso che, presso il giudice del luogo della propria
residenza, sar in grado di attivarsi a difesa della propria reputazione, con minore dispendio di
tempo e di risorse economiche. La Corte ravvisa una conferma del suo orientamento nella
disciplina della diffamazione a mezzo stampa internazionale, contenuta nellart. 5 n. 3 della
Convenzione di Lugano 16 settembre 1988 sulla giurisdizione, che richiama il foro del
domicilio del danneggiato e nellart. 30 della legge n. 223/90 che ancora la competenza per la
diffamazione attraverso il mezzo radiotelevisivo al luogo del domicilio del diffamato .
Questa interpretazione non pu essere sospettata di incostituzionalit, come invece
accaduto, in relazione allart. 25 Cost., in tema di giudice naturale, poich come ha statuito la
Corte costituzionale (ord. 20 maggio 1998, n. 176), il principio della precostituzione per legge
del giudice naturale leso soltanto quando il giudice designato in modo arbitrario e a
posteriori, oppure direttamente dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole
generali, ovvero attraverso atti di soggetti ai quali sia attribuito il relativo potere in violazione
144

della riserva assoluta di legge stabilita dallart. 25, comma 1, Cost., ma non anche qualora
lidentificazione del giudice competente sia operata dalla legge sulla scorta di criteri dettati
preventivamente, oppure con riferimento ad elementi oggettivi capaci di costituire un
discrimen della competenza o della giurisdizione dei diversi organi giudicanti.

3.3.2 Responsabilit del provider


Il problema principale che interessa il reato di diffamazione online : su chi grava la
responsabilit del fatto illecito commesso da un navigatore in Internet? I gestori di servizi
telematici sono le prime figure che ci vengono in mente, sopratutto quando l'autore del sito
incriminato sconosciuto. Anche la questione della responsabilit del provider, il fornitore di
accesso alla rete, stata per lungo tempo aperta e il percorso giurisprudenziale stato
tuttaltro che lineare. Alla fine si giunti alla conclusione che non risulta possibile
configurare a carico del provider, per le notizie divulgate tramite il servizio di cui hanno la
gestione, una responsabilit analoga a quella del redattore di una testata giornalistica in
quanto, non esistendo una norma penale specifica, come quella di cui all'art. 57 c. p., la
responsabilit di tali soggetti deve escludersi sulla base del divieto di applicazione analogica
delle norme penali oltre i casi e i tempi in esse considerati (art. 14 delle disposizioni sulla
legge in generale). Inoltre il dovere di vigilanza risulterebbe di fatto inattuabile, considerando
che l'enorme quantit di dati in transito sulla rete, anche in un brevissimo lasso di tempo,
renderebbe impossibile e, pertanto, inesigibile un controllo sui medesimi da parte del gestore.
Nel caso in cui per, il provider, avvisato dal danneggiato circa l'esistenza sul proprio server
di un messaggio a contenuto diffamatorio, non abbia provveduto al riguardo, la sua posizione
muta radicalmente. Dal momento in cui, pertanto, il provider stato avvisato che sul suo
server in atto un comportamento lesivo, deve scegliere se sospendere la visibilit del
messaggio incriminato o mantenerlo in linea, contribuendo in quest'ultimo caso ad
145

incrementare il danno. La Direttiva Europea sul commercio elettronico (2000/31/CE)


consente al provider di "usare le forbici" sugli articoli della rete, sollevandolo da
responsabilit quando decida di intervenire.
In particolare, la direttiva afferma l'assenza di responsabilit per i contenuti immessi dagli
utenti e l'inesistenza di un obbligo da parte dell'Internet - provider di verificare i dati
memorizzati sul server o trasmessi. Il provider che permette la trasmissione di informazioni
(e-mail) o l'accesso ad Internet non responsabile dei dati trasmessi a condizione che,
tuttavia, non dia egli stesso origine alla trasmissione, non ne selezioni il destinatario, non
modifichi il contenuto delle informazioni (art. 12). Il fornitore del servizio, inoltre, non
responsabile nemmeno della memorizzazione automatica, intermedia e temporanea, dei dati al
fine di rendere pi efficace il successivo inoltro di essi ad altri destinatari a loro richiesta.
Ci a patto che il gestore non modifichi le informazioni, si conformi alle condizioni di
accesso ad esse e alle norme di aggiornamento delle stesse, non interferisca con l'uso lecito di
tecnologia ampiamente riconosciuta e utilizzata nel settore per conseguire dati sull'impiego
delle informazioni, agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato o
per disabilitare l'accesso non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le
informazioni sono state rimosse dal luogo ove si trovavano inizialmente sulla rete o che
l'accesso alle informazioni stato disabilitato, ovvero che un organo giurisdizionale o
un'autorit amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione dell'accesso (art.
13). Tutto questo stato ribadito dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 4741/00, che
nell'ambito di una motivazione molto corposa, trova modo di trattare il delicato tema della
responsabilit del provider per gli atti commessi dai propri utenti, affermando chiaramente
che, fatta salva l'ipotesi di concorso nel reato, il gestore del sito non responsabile del
contenuto dei messaggi trasmessi.

146

CAPITOLO 4

L'Editto Bulgaro

4.1 La dichiarazione
Era il 18 aprile del 2002 quando il neo presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, da
Sofia, dopo una durissima campagna elettorale, punt il dito contro Biagi, Luttazzi e Santoro,
per quello che passer alla storia come "l'editto bulgaro".
La fortuna di tale formula espressiva (editto o diktat bulgaro), che l'ha resa cos atta alla
comunicazione politico giornalistica fino a consolidarla come una frase fatta di largo uso nella
discussione politica, certamente legata alla sua innegabile potenza espressiva: i sostantivi
"editto" e "diktat" sono utilizzati con l'intento di evocare l'idea di un'imposizione dall'alto o,
per il riferimento a un sistema dittatoriale, di instaurare un parallelismo tra la vicenda e le
azioni di controllo e censura della stampa compiute dalla dittatura bulgara durante il
socialismo reale, cos da rafforzare le critiche mosse al governo Berlusconi di attuare politiche
di regime.
Ci in quanto, fra l'altro, Silvio Berlusconi era gi detentore dell'unico polo televisivo
privato di rilievo in Italia. La dichiarazione originale fu:
L'uso che Biagi... Come si chiama quell'altro? Santoro... Ma l'altro? Luttazzi, hanno
fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, un uso criminoso. E io credo che
sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere pi che questo
avvenga.69

69

SILVIO BERLUSCONI, 18 aprile 2002

147

La dichiarazione venne interpretata dall'opposizione come un auspicio allo scopo di


allontanare dalla televisione pubblica i giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro e il comico
Daniele Luttazzi. Inoltre i tre, erano gi stati accusati pi volte in precedenza dallo stesso
Berlusconi di manifesta partigianeria e di aver portato avanti una campagna di attacchi
personali verso di lui attraverso un uso indebito del canale pubblico, perfino in campagna
elettorale a ridosso delle elezioni del 2001. Secondo tale corrente di pensiero difficile non
leggere le dichiarazioni di Berlusconi ed i conseguenti avvenimenti come un attacco alla
libert di stampa e una subordinazione della RAI al governo, con compromissione della sua
funzione di TV di pubblico servizio.
Santoro, Biagi e Luttazzi che conducevano rispettivamente i programmi Sciusci, Il Fatto e
Satyricon, dopo poco non lavoreranno pi nella RAI alla quale solo Santoro e Biagi hanno
fatto ritorno a diversi anni di distanza e dopo sentenze giudiziarie a loro favore (Luttazzi
riapparso in RAI solo per una intervista invitato da Enzo Biagi nel suo ultimo programma
televisivo RT). L'allontanamento suscit immediatamente accese critiche in quanto i tre, pur
non avendo mai nascosto la loro posizione critica nei confronti del governo Berlusconi,
riscuotevano ugualmente una notevole popolarit e i loro programmi ottenevano buoni
risultati in termini di share. Inoltre quanto affermato durante le loro trasmissioni non mai
stato contestato nella sostanza: in tutte le cause intentate contro di loro, i diversi giudici hanno
riconosciuto che le loro affermazioni erano pertinenti e tutte basate su fatti veri.
Ad anni di distanza, nel corso della trasmissione Porta a Porta condotta da Bruno Vespa,
Berlusconi asser che Quando, a Sofia, ho parlato di Biagi, Santoro e Luttazzi, non pensavo
che fossero presenti giornalisti. Altrimenti mi sarei attenuto a un linguaggio ufficiale. In
realt la frase era stata pronunciata in una conferenza stampa davanti a duecento giornalisti
internazionali al termine di una visita ufficiale alle autorit bulgare, ma n il conduttore Vespa
n i tre direttori di giornale presenti intervennero per ricordarlo.
148

4.1.1 Il caso Santoro


E chiaro a tutti che Michele Santoro va via perch
considerato dai vertici Rai come ospite sgradito nonostante il
suo grande successo del 21% di share fisso in un canale che
di media raggiunge l8%. una scelta suicida da parte dei
vertici aziendali, che va contro la volont degli italiani e
16. Michele Santoro
contro la qualit del servizio pubblico radiotelevisivo. evidente che in Rai vige ancora
lEditto Bulgaro nei confronti di giornalisti come Santoro e di altre libere trasmissioni.
LItalia dei Valori esprime piena solidariet nei confronti di un professionista come Santoro e
si augura che, fino allultimo momento, lazienda torni sui suoi passi. Auspichiamo che i
vertici della Rai comprendano che pi importante lavorare a difesa dellarticolo 21 della
Costituzione piuttosto che mortificare il servizio pubblico, riducendolo a megafono di Palazzo
Chigi.
Questa la dichiarazione resa dal portavoce dell'Italia dei valori, Leoluca Orlando, subito
dopo l'allontanamento di Santoro dal palinsesto Rai.
Michele Santoro un giornalista, conduttore televisivo e, per un breve periodo , politico
italiano anche

il giornalista che negli anni 80 con

Samarcanda

applica

allapprofondimento informativo la formula del talk show, portando lo share medio di Rai3
dal 2% al 15%. Addirittura la Bbc si ispirer a Santoro nella creazione di alcuni formati.
A partire dal 1999 Santoro in Rai con contratto a tempo indeterminato, che lo impegna a
realizzare e condurre programmi televisivi di approfondimento dellinformazione di attualit
in prima serata e di reportage in seconda serata, con cadenza settimanale, inseriti nei
palinsesti di Rai1 da settembre a maggio. A Santoro viene dunque affidato
lapprofondimento informativo della principale rete Rai. Ma gi a partire dal 2000 Santoro
149

viene dirottato su Rai2 con Il raggio verde e Sciusci, mentre lapprofondimento informativo
di Rai1 viene affidato a Bruno Vespa con il suo Porta a Porta, trasmesso in seconda serata
dal luned al gioved.
I programmi di Santoro registrano ascolti molto alti, intorno al 23% di share. E i suoi
guai incominciano presto. Si occupa spesso di Berlusconi, per via dei suoi presunti rapporti
con ambienti mafiosi, tenuti anche attraverso il suo braccio destro Marcello DellUtri,
denunciati addirittura in una intervista resa dal giudice Borsellino, poco prima di essere
ucciso, trasmessa nel 2000 da Rainews24; nonch per i vari processi in cui il futuro premier
imputato e per il conflitto di interessi. Santoro viene accusato di faziosit nella
conduzione dei programmi, pur rispettando la parit di trattamento dei soggetti politici
invitati. Berlusconi ricorre ripetutamente allAuthority, che spesso gli d ragione ordinando
alla Rai la messa in onda di puntate riparatorie, con prevalente partecipazione di politici
del centrodestra. Ma rifiuta sistematicamente gli inviti di Santoro ad un contraddittorio sulle
questioni che lo riguardano.
Nellestate del 2002, con Berlusconi capo del Governo, i nuovi vertici Rai, memori
delleditto bulgaro, decretano la chiusura di Sciusci, che viene sostituito da Excalibur,
condotto da Antonio Socci, i cui ascolti saranno cos bassi da indurre gli stessi vertici Rai
a chiudere il programma. Intanto Santoro viene colpito da una serie di provvedimenti
disciplinari, le cui motivazioni vanno dalle modalit di conduzione dei suoi programmi
alle dichiarazioni pubbliche rilasciate sulla censura politica di cui si ritiene vittima; e
rifiuta lofferta di condurre un documentario di cinque puntate sul bandito Giuliano.
Come per Biagi, si fa avanti Rai3 offrendo uno spazio a Santoro. Il direttore generale
Sacc si oppone adducendo anche qui motivi di bilancio. E quando Rai3 garantisce
che non vi saranno aumenti di budget, il direttore generale Sacc parla genericamente di
incompatibilit tra lazienda e il conduttore.
150

Santoro allora si rivolge con ricorso durgenza al Tribunale di Roma, perch gli riconosca
il diritto a condurre programmi di approfondimento informativo secondo quanto stabilito dal
suo contratto. Il Tribunale di Roma gli d ragione, affermando che la Rai deve adibire Santoro
a realizzatore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento dellinformazione su
temi di stretta attualit seguiti da un vasto pubblico come da contratto (9 dicembre 2002).
I vertici Rai offrono a Santoro la fascia oraria tra le 16 e le 18 del sabato pomeriggio, per
condurre 8 puntate di 90 minuti ciascuna, nonch un programma di 16 puntate di 20 minuti
ciascuna da condurre il sabato o la domenica notte dopo luna. Santoro ricorre nuovamente in
Tribunale, che giudica lofferta inaccettabile perch peggiorativa delle mansioni affidate a
Santoro, e specifica che al conduttore deve essere affidata la realizzazione e la conduzione
di un programma di approfondimento giornalistico sullinformazione di attualit in una
fascia oraria con un ascolto non inferiore a quello proprio della fascia oraria in cui era
collocato il programma Sciusci, di durata equivalente a quella dei programmi realizzati in
precedenza dal ricorrente, con dotazione di risorse idonee ad assicurare la buona riuscita
del programma (3 giugno 2003).
Ma la Rai reagisce alla sentenza affermando, per bocca dei consiglieri Cdl, che il giudice
non pu decidere i palinsesti. Si limita ad offrire a Santoro un programma di diverse puntate
su temi sociali, che dovr essere interamente registrato; e i contenuti del programma, nonch
le persone da intervistare e persino le spese, dovranno essere sottoposte al preventivo
vaglio della Rai. Santoro rifiuta. Persa ogni speranza, nel giugno 2004 si candida alle elezioni
europee e saluta la Rai diventando eurodeputato.
E il 26 gennaio 2005 il Tribunale di Roma, definendo il contenzioso in via ordinaria,
afferma che Santoro deve essere reintegrato nella sua attivit di realizzatore e conduttore di
programmi televisivi di approfondimento dellinformazione di attualit di prima serata e di
programmi di reportage di seconda serata. In pratica, il Tribunale ordina alla Rai di
151

ricollocare Santoro nella posizione contrattuale che gli aveva garantito fin dal 1999 con la
stipula del contratto.
Anche nel caso di Santoro i vertici Rai hanno puntato alla mortificazione del giornalista,
offrendogli la conduzione di programmi che inevitabilmente lo avrebbero messo in un angolo.
Il tutto aggravato dal fatto che lAuthority ha fornito il suo contributo, affermando pi volte
che la conduzione di Santoro non rispettava il requisito dellimparzialit.
Qui il concetto di imparzialit risulta travisato. Non viene meno ai doveri di imparzialit il
giornalista che tratta questioni che imbarazzano gli esponenti di una forza politica, se i fatti
sono veri e di interesse pubblico. Quanto al requisito della continenza formale, nei programmi
di approfondimento informativo va valutato in maniera elastica. Non la stessa continenza
formale su cui deve basarsi la diffusione della notizia. Lapprofondimento informativo
presuppone lesistenza di una notizia e si basa sul contraddittorio, di cui parte il conduttore
stesso. Ed chiaro che se si impone al conduttore di un programma di approfondimento
informativo la stessa continenza formale che si esige dal conduttore di un telegiornale (che
per principio non approfondisce nulla, non partecipa ad un contraddittorio, ma si limita a
diffondere una notizia) diventa fin troppo facile accusarlo di essere fazioso.
Nel caso di Santoro la censura stata ancora pi scoperta di quella inflitta a Biagi,
probabilmente a causa della asprezza dei toni che hanno accompagnato lintera vicenda.
Come a Biagi, anche a Santoro hanno offerto spazi inaccettabili, in modo da presentare
allopinione pubblica il censurato come inadempiente. E nel caso di Santoro, quando questi ha
denunciato la manovra tesa ad imbavagliare linformazione che i suoi programmi garantivano,
ambienti legali vicini alla Rai hanno ventilato la possibilit di licenziarlo per violazione
dellobbligo di fedelt.
Lobbligo di fedelt del lavoratore verso il datore di lavoro previsto dallart. 2105 del
codice civile. La norma stabilisce che Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per
152

conto proprio o di terzi, in concorrenza con limprenditore, n divulgare notizie attinenti


allorganizzazione e ai metodi di produzione dellimpresa, o farne uso in modo da poter
recare ad essa pregiudizio. Probabilmente la violazione addotta dai vertici Rai quella
contemplata nellultima parte della norma: denunciando la censura politica, Santoro avrebbe
recato pregiudizio alla Rai.
In realt, largomentazione errata, perch non tiene minimamente conto del diritto
di critica sindacale, riconosciuto al lavoratore a tutela della propria posizione contrattuale
(sulla cui problematica si veda LA CRITICA SINDACALE). Lesercizio del diritto di critica
sindacale, essendo tutelato dallart. 21 Cost., non pu mai risolversi nella violazione
dellobbligo di fedelt. Se si seguisse il ragionamento della Rai, qualsiasi denuncia fatta agli
organi di informazione a fini sindacali legittimerebbe il licenziamento per violazione
dellobbligo di fedelt del lavoratore. E qui il diritto di critica stato legittimamente esercitato
in un contesto pubblico, data la notoriet dei soggetti coinvolti e limportanza delle questioni
trattate.
Inoltre, singolare che a Santoro sia stata addebitata la divulgazione di notizie in
pregiudizio della Rai, quando fin dallinizio stata (anche) la Rai ad attaccare pubblicamente
lo stile di conduzione di Santoro, chiudendo Sciusci e comminandogli numerose sanzioni
disciplinari. In altre parole, lart. 2105 del codice civile inapplicabile al caso in questione,
perch il lavoratore Santoro non ha divulgato o fatto uso delle notizie di cui parla lart. 2105
del codice civile, ma si limitato a partecipare, in chiave difensiva, ad un conflitto gi
ampiamente denunciato dal datore di lavoro Rai.
La volont esclusivamente censoria nel caso in questione si desume soprattutto dal fatto
che i vertici Rai non hanno voluto ottemperare nemmeno agli ordini del Tribunale, che
imponevano la reintegrazione di Santoro nelle mansioni affidategli per contratto. Ci in
quanto evidentemente hanno dovuto cedere a pressioni esterne. Sotto questo aspetto il
153

comportamento dei vertici Rai molto grave, come sono gravi le dichiarazioni di alcuni
consiglieri Rai, che in occasione delle sentenze hanno affermato che il giudice non pu
decidere i palinsesti, manifestando cos le loro reali intenzioni. In realt, qui il giudice non
ha deciso nessun palinsesto. Si semplicemente limitato a ristabilire, come prescrive la legge,
lequilibrio contrattuale che i vertici Rai avevano alterato, imponendo il rispetto della clausola
contrattuale che testualmente affida a Santoro la realizzazione e la conduzione di programmi
televisivi di approfondimento dellinformazione di attualit in prima serata e di reportage in
seconda serata, con cadenza settimanale, inseriti nei palinsesti di Rai1 da settembre a
maggio e che individua loggetto della prestazione lavorativa di Santoro. Tra laltro, secondo
il contratto Santoro avrebbe dovuto essere collocato addirittura nella fascia serale di Rai1,
ceduta invece a Bruno Vespa dal lunedi al giovedi con Porta a Porta.

154

4.1.2 Il caso Luttazzi

L'uso che Minzolini... Come si chiama quell'altro? Masi... No, ma


quell'altro... Berlusconi... hanno fatto della televisione pubblica, pagata
coi soldi di tutti, un uso criminoso
Cos risponde, durante il suo monologo a distanza di otto anni,
all'Editto Bulgaro, il 25 marzo 2011 partecipando al pi grande evento
web "Rai per una notte".
17. Daniele Luttazzi
Daniele Luttazzi un attore, comico, scrittore e musicista italiano. Inizia i primi successi
come comico dal '95 al '99 per poi esordire come conduttore in una trasmissione televisiva
tutta sua "Barracuda"andata in onda nel 1999 su Italia 1 . Con questo variet, Luttazzi
introduce in Italia il genere del talk-show notturno inventato in America negli anni cinquanta.
Ma dopo poco tempo Luttazzi abbandona il Talk-show per passare alla Rai con uno nuovo
programma chiamato Satyricon.

Nel 2003 lo stesso Luttazzi spiega il passaggio da

Mediaset a Rai dichiarando al Corriere della Sera che :


il programma subisce il controllo Mediaset e una censura dei contenuti.
Nel 2001 Daniele Luttazzi, autore satirico molto noto al pubblico televisivo, conduce su
Rai2 nella seconda serata di mercoled Satyricon, un programma da lui stesso ideato, che si
ispira al famoso David Letterman Show statunitense. La trasmissione registra subito un
grande successo di pubblico, con uno share medio intorno al 20%. Ben presto Luttazzi si attira
le critiche soprattutto degli esponenti del centrodestra, che lo accusano di fare una Tv
pecoreccia, alludendo alla puntata del 10 gennaio, in cui annusa le mutandine di Anna
Falchi. Poi, in risposta alle critiche di un consigliere Rai che lo ha invitato a mangiare la
merda per scendere ancora pi in basso, gusta compiaciuto un dolce di cioccolato che
riproduce in maniera straordinariamente realistica un escremento.
155

In realt, ci che preoccupa alcuni ambienti politici quello che Luttazzi fa dire ai proprio
ospiti in tutta libert. Come accade con Marco Pannella, che non esita ad attaccare duramente
la Chiesa per le sue posizioni oltranziste su droga, aborto e anticoncezionali. E con Flores
DArcais, che critica aspramente il cardinale Ruini e Massimo DAlema.
Ma la classica goccia che fa traboccare il vaso la puntata del 14 marzo. Luttazzi invita
Marco Travaglio a parlare del libro Lodore dei soldi, scritto insieme ad Elio Veltri,
membro della Commissione Parlamentare Antimafia. Il contenuto del libro, che svela rapporti
tra Silvio Berlusconi e ambienti mafiosi, in gran parte tratto dagli atti di indagine delle
Procure della Repubblica di Palermo e Caltanissetta, riassunti nella requisitoria del dott. Luca
Tescaroli, pubblico ministero al processo dappello per la strage di Capaci.
La puntata scatena reazioni pesantissime, che inducono i vertici Rai a sospendere il
programma per una settimana. E l11 aprile va in onda lultima puntata. Nonostante il grande
successo di pubblico, Satyricon non viene confermato nella successiva stagione. Luttazzi
scompare dai palinsesti televisivi, dopo essere stato citato nelleditto bulgaro (e subir un
altro allontanamento nel dicembre 2007, questa volta da La7.
La natura censoria dellallontanamento di Luttazzi dalla Rai si ricava da diversi elementi.
Innanzitutto, con lintervista a Marco Travaglio, Luttazzi entra nel mirino di Berlusconi, tanto
da essere menzionato nelleditto bulgaro. Poi, il programma non viene riproposto nella
stagione successiva nonostante lampio gradimento del pubblico. Infine, la contraddizione
insita nella circostanza che il programma non fu sospeso dopo la puntata in cui Luttazzi
mangi il finto escremento, quando per loccasione avrebbe potuto invocarsi lart. 15 L. n.
47/1948, espressamente richiamato dallart. 30, comma 3, L. n. 223/1990 (legge Mamm),
che punisce la diffusione di particolari impressionanti o raccapriccianti che possano
turbare il comune sentimento della morale. La sospensione fu invece decretata a seguito
dellintervista a Marco Travaglio, nonostante questi avesse raccontato fatti di indubbio
156

interesse pubblico nel legittimo esercizio del diritto di critica, come ha riconosciuto il
Tribunale di Roma con sentenza 14 gennaio 2006.
La censura a Daniele Luttazzi presenta aspetti particolari. Il suo programma fu subissato
di critiche. Ma a parte la breve sospensione per la puntata con Travaglio, fin il suo regolare
corso. Non vi fu alcuna soppressione, n imposizioni in itinere finalizzate ad un controllo
preventivo sul contenuto del programma. Semplicemente il programma non fu confermato
nella stagione successiva, nonostante il grande successo di pubblico. E a Luttazzi non fu pi
affidata alcuna conduzione. Di conseguenza, non si pu equiparare il caso di Luttazzi agli altri
analizzati in questa sede. Con Biagi, Santoro, Guzzanti, Rossi, i vertici Rai interruppero una
programmazione gi avviata, violando palesemente un contratto stipulato con il conduttore o
lartista. Con Luttazzi, invece, esaurito il ciclo di trasmissioni affidatogli (quindi estinti gli
obblighi derivanti dal contratto), si semplicemente azzerato il suo potere contrattuale,
negandogli di fatto la possibilit che la sua offerta professionale venisse presa in
considerazione dai vertici Rai. Luttazzi stato vittima di qualcosa di molto simile
al maccartismo, quando i lavori del professionista di talento venivano sistematicamente
rifiutati: ufficialmente perch non piacevano, in realt perch il suo nome appariva nella
famigerata lista nera, stilata da ambienti governativi Usa e in possesso di ogni ente, organo
di informazione, produttore cinematografico, studio televisivo. Il problema principale che
pone la fattispecie deriva dal fatto che mentre ogni contratto, una volta stipulato, deve essere
sempre rispettato, nessuna norma dellordinamento (salvo casi assolutamente eccezionali)
impone ad un soggetto di stipularlo, se non si mai obbligato in tal senso. Di conseguenza,
nessun giudice potrebbe imporre alla Rai, ad esempio, di scritturare Luttazzi. Naturalmente,
ci non significa che lordinamento possa tollerare una censura di questo tipo. Lassunzione
di un giornalista o la scritturazione di un artista non pu essere condizionata al gradimento di
soggetti esterni alla struttura Rai, che fa servizio pubblico. Un professionista che si vede
157

escluso da qualsiasi possibilit di contrattare le sue prestazioni lavorative perch inviso a chi
ha di fatto il potere di imporre dallesterno un veto sulla sua assunzione, deve poter trovare
adeguato ristoro nelle sedi giudiziarie. Ma sulla base di quale norma?
Lart. 8 L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) fa divieto al datore di lavoro, ai fini
dellassunzione [] di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche,
religiose o sindacali del lavoratore, nonch su fatti non rilevanti ai fini della valutazione
dellattitudine professionale del lavoratore. Il fine della norma evitare che ad un soggetto
professionalmente capace sia negato laccesso al lavoro per via delle proprie convinzioni,
quindi in violazione della libert di pensiero, o comunque per ragioni extraprofessionali.
Ma il divieto di effettuare indagini solo il mezzo per attuare quel fine. Significa che la
tutela opera anche quando la discriminazione non preceduta da alcuna indagine, perch
effettuata ai danni di un professionista gi noto. Ed proprio ci che accaduto a Luttazzi,
come a tutti coloro la cui professionalit non viene presa in considerazione perch ritenuti
scomodi da chi ha di fatto il potere di ottenerne la messa al bando. E la circostanza che le
norme contenute nello Statuto dei Lavoratori si applichino al personale dipendente non
impedisce di estendere la tutela prevista dallart. 8 anche a chi in caso di assunzione non
venisse inquadrato in un rapporto di lavoro subordinato, come generalmente accade per gli
artisti scritturati per un programma Rai. Quella offerta dallart. 8 una tutela generale, diretta
espressione della libert di pensiero garantita dallart. 21 Cost.
Da quanto detto deriva che il dirigente Rai il quale, nellassecondare pressioni provenienti
da soggetti che non devono avere nulla a che vedere con la gestione Rai (come i politici),
finisce per scartare unofferta professionale perch i contenuti proposti dal professionista sono
sgraditi a quei soggetti, realizza un fatto illecito insieme a questi ultimi, i quali in sostanza
sono i committenti. Un fatto illecito che li obbliga al risarcimento dei danni.

158

Ma il problema principale nella prova del fatto illecito. E pi facile dimostrare di essere
stati cacciati, che non di essere stati discriminati nellassunzione. Gli ostacoli che i vertici Rai
pongono alla esplicazione della attivit lavorativa stabilita nel contratto con il professionista
sono tangibili; e il tenerlo inattivo in vigenza di contratto senza attribuirgli compiti, o
attribuendoli a condizioni inaccettabili, una chiara violazione. Invece, quando il
professionista avvia contatti con dirigenti Rai offrendo una prestazione lavorativa, quelli
possono anche permettersi di non fornire alcuna risposta, o di fornirne di vaghe, non esistendo
un rapporto contrattuale che li obbliga ad un comportamento attivo. Ma anche in questa fase
vanno valutati, anche se pi intensamente, i gi visti elementi presuntivi che segnalano la
presenza della censura (comprese le eventuali dichiarazioni di politici e dirigenti Rai). Uno in
particolare. In genere un lavoro viene a priori scartato perch non ritenuto interessante o
adatto al pubblico. E chiaro, per, che qui gioca un ruolo fondamentale il riconosciuto valore
del professionista. Per fare un esempio (ma ce ne sarebbero tanti), sarebbe molto sospetto che
i responsabili della programmazione scartassero il progetto di un programma di satira politica
di Dario Fo, dato il suo valore e lindubbio interesse pubblico che soddisferebbe.
E tali comportamenti sospetti vanno necessariamente collegati anche alle dichiarazioni dei
dirigenti Rai. Basti pensare a quella, reiterata, di Fabrizio del Noce, direttore di Rai1, secondo
cui su Rai1 non si fa satira politica. Desta preoccupazione la naturalezza con cui Del Noce
rende una simile dichiarazione. Ma quello che preoccupa veramente che nessuno tragga le
dovute conseguenze di fronte ad una palese e rivendicata violazione, sia dellart. 21 che
dellart. 33 Cost., da parte di chi ha la responsabilit di un servizio pubblico; e che dovrebbe
invece porsi come garante e stimolatore delle libert enunciate in quelle norme.
Diversa invece la natura dell'allontanamento che Luttazzi subir da La7 nel dicembre
2007.

159

4.1.3 Il caso Biagi


Il presidente del Consiglio non trova niente di meglio che
segnalare tre biechi individui: Santoro, Luttazzi e il sottoscritto.
Quale sarebbe il reato? [...] Poi il presidente Berlusconi, siccome

19. Enzo Biagi


non intravede nei tre biechi personaggi pentimento e redenzione, lascerebbe intendere che
dovrebbero togliere il disturbo. Signor presidente, dia disposizioni di procedere perch la mia
et e il senso di rispetto che ho verso me stesso mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri [...].
Sono ancora convinto che perfino in questa azienda (che come giustamente ricorda di tutti, e
quindi vorr sentire tutte le opinioni) ci sia ancora spazio per la libert di stampa; sta scritto dia un'occhiata - nella Costituzione. Lavoro qui in RAI dal 1961, ed la prima volta che un
Presidente del Consiglio decide il palinsesto [...]. Cari telespettatori, questa potrebbe essere
l'ultima puntata del Fatto. Dopo 814 trasmissioni, non il caso di commemorarci.
Cos invece rispose Biagi, la stessa sera dell'editto nella puntata de "Il Fatto".
Enzo Marco Biagi stato un giornalista, scrittore e conduttore televisivo, considerato
inoltre uno dei giornalisti italiani pi popolari del XX secolo. Quella ad Enzo Biagi con ogni
probabilit la censura pi clamorosa mai avvenuta in Rai, perch colpisce un monumento del
giornalismo italiano, punta di diamante del servizio pubblico televisivo.4 Egli era allora
conduttore di uno storico programma, Il Fatto, trasmissione di 5 minuti che approfondiva
tematiche politiche ed economiche dopo il tg1 delle 20:00. Il Fatto andava in onda dal 1995,
tenendo una media di share superiore al 20-25%. Per lui il coinvolgimento nella storia
dell'Editto Bulgaro comincia il il 28 marzo 2001 , quando ospite de Il Fatto Indro
Montanelli, e i due giornalisti rappresentanti di una vecchia generazione di cronisti, come
si defin lo stesso Biagi, parlano delle eminenti elezioni. Montanelli era in quei giorni oggetto
160

di minacce di morte per le dure posizioni anti-berlusconiane espresse nei mesi precedenti su
alcuni importanti quotidiani e su Telemotecarlo.
LItalia berlusconiana la peggiore delle Italie che io ho mai visto
dichiarava Montanelli a La Repubblica, due giorni prima dellapparizione televisiva. E
al Fatto rincarer la dose tanto che il direttore di Rai1 Maurizio Beretta permetter la
trasmissione dellintervista soltanto dopo aver censurato due risposte di Montanelli.
commovente lappassionato appello di un signore ormai novantaduenne, che morir l a
quattro mesi. Non si pu non leggervi una preoccupazione onesta e sincera, disinteressata ma
riflessa sul mondo che rester dopo di lui, una presa di posizione forte quindi, ma
assolutamente non faziosa.
Questo il primo antefatto a cui segue di poco la pi famosa intervista a Roberto Benigni,
dell8 maggio . Questa intervista viene additata come la causa principale dellinserimento di
Biagi nella lista di prescrizione stilata da Silvio Berlusconi a Sofia circa un anno pi tardi. Nei
giorni seguenti suscita una valanga di attacchi e di critiche, attaccata per una violazione
della par condicio cos evidente a pochi giorni dal voto. Nellintemperie della campagna
elettorale, si era gi tentato di impedire al Fatto di andare in onda. Il direttore della prima
rete aveva cercato di convincere il dirigente responsabile del programma, Loris Mazzetti,a
chiudere in anticipo di qualche settimana Il Fatto. Ma la redazione aveva deciso di andare
avanti e, accorpato al Tg1 e quindi riconosciuto come testata giornalistica, Il Fatto pot
affrontare la campagna elettorale che vedeva contrapporsi Rutelli e Berlusconi. interessante
che si parli di violazione della par condicio in questoccasione, dopo che l8 maggio, solo due
giorni prima, Berlusconi aveva inscenato il teatrino del Contratto con gli italiani nel salotti di
Vespa. Alle elezioni del 13 maggio la coalizione di centrodestra guidata da Silvio
Berlusconi ottiene la maggioranza. Afferma Mazzetti nel Il libro nero della RAI:

161

dopo la vittoria del centrodestra nel 2001, la RAI, nel giro di un anno, stata conquistata,
che dico, di pi, colonizzata dai partiti della maggioranza70
E si inizia con la nomina di Agostino Sacc alla direzione di Rai1. Negli stessi mesi si
dovrebbe decidere il nuovo contratto per Enzo Biagi che, anche se nellazienda da 40 anni, ha
un contratto biennale con rinnovo automatico. Con Sacc si inabissa il nuovo contratto e cos
nella nuova stagione Il Fatto torna in onda ma il contratto di Biagi scaduto, rimane in Rai
per un proroga del vecchio. Ma le intenzioni della nuova dirigenza sono sempre pi evidenti.
E si comincia a parlare di uno spostamento della trasmissione in altri orari.
Allinizio del 2002 davanti alla Commissione di Vigilanza RAI, Sacc espone quella che
sar utilizzata, anche nei mesi successivi alleditto bulgaro, come la vera ragione della messa
in discussione del Fatto nei palinsesti RAI. Sacc parla della concorrenza di Striscia la
notizia che richiede alla RAI di contrapporvi una trasmissione pi forte de Il Fatto. E per
legittimare la sua posizione Sacc utilizza una serie di dati e percentuali che vengono
immediatamente smentite dallo stesso Biagi. E proprio quella sera il programma tocca un
vertice di 27,92% di share. Ma gli attacchi a Biagi sono sempre pi forti, fra tutti quello di
Giuliano Ferrara che su Panorama tuona:
Caro Biagi, non faccia il martire.
Ai primi di febbraio Berlusconi propone un assaggio di quello che sar leditto bulgaro in
occasione del vertice dei Ministri degli Esteri dellUnione Europea a Caceres, in Spagna. Ma
il momento della nomina del nuovo Consiglio damministrazione RAI era vicino e Berlusconi
vuole dire la sua. Parla delluso scandaloso (a breve diventer criminoso) della televisione
durante gli anni del centrosinistra. E nomina Biagi, Santoro,Travaglio per accusarli di aver
utilizzato,

70

Mazzetti, Il libro nero della RAI, BUR 2007, p. 94

162

tutta quella falsa satira che invece era un'azione volta a demolire l'immagine del leader di
centrodestra quindi ,
Quali che siano i consiglieri che sceglieranno Pera e Casini, non si ripeter mai un
attentato alla democrazia come quello messo in atto dalla Rai del centrosinistra71.
Assicura i cronisti che non intende influenzare i Presidenti di Camera e Senato nella scelta
di nuovi vertici vicini al governo. Ma il 5 marzo viene nominato il nuovo Cda che promuove
immediatamente Sacc a Direttore generale, nomina Fabrizio del Noce Direttore di Rai1.
Presidente Antonio Baldessarre, in quota Alleanza Nazionale ma riconosciuto da tutti, in
primis da Biagi e Mazzetti, come una figura di garanzia. Salvo poi rivelarsi la grande
delusione72. Il 17 aprile il nuovo Presidente visita Biagi nella sua casa milanese. Un incontro
amichevole in cui Baldessarre rassicura Biagi per il suo futuro in Rai.
Ma siamo alla vigilia di quel 18 aprile 2002 che passato alla storia come la giornata
dellEditto Bulgaro. Di l a poco pi di un mese, la stagione Rai e lottava edizione de Il
Fatto termineranno. periodo di programmazione dei palinsesti per lautunno. E cominciano
i lunghi mesi di silenzio. E si arriva alla fine di giugno. In pompa magna a Cannes vengono
presentati i nuovi palinsesti Rai. Di Biagi non c traccia. Nella fascia oraria occupata dal
Fatto sono previste le comiche di Max & Tux.
Il 21 luglio, dopo mesi di silenzi, Biagi e Mazzetti vengono ricevuti da Del Noce. Il
Direttore spiega la scelta di eliminare il Fatto stata dettata da strategie aziendali per far
fronte alla concorrenza Mediaset. Un variet di 30 minuti considerata la migliore soluzione
contro Striscia la notizia. Lofferta di Del Noce a Biagi quella di venti speciali in seconda
serata (e cinque in prima serata) sullattualit internazionale e la cronaca, a partire dai primi
mesi del 2003.
71
72

La Repubblica, 9 febbraio 2002


Loris Mazzetti, Il libro nero della Rai, p. 109

163

A fianco a queste azioni di depistaggio le cose si fanno sempre pi difficili anche per il
millantato programma promesso a Biagi per il nuovo anno. Del Noce vuole, pretende di
vagliare ed approvare la scaletta delle singole puntate, lunica serata disponibile per Biagi sar
il venerd, tradizionalmente serata sfavorita negli ascolti e viene vietato a Biagi di occuparsi
della politica italiana .Biagi quindi il 19 aprile 2002 intervistato da Repubblica dichiara:
Sono in Rai da 41 anni e, sinceramente, non mi sento di restare a qualsiasi condizione
[]Ma non sono disponibile a morire per strangolamento, per una lenta asfissia. E' da
settembre che non vedo n sento nessuno. Un progetto, soprattutto se nuovo, ha bisogno di
lavoro, di scambi di idee, di prime iniziative. Invece, intorno a me, c' solo silenzio e
indifferenza: e allora andassero a quel paese.
Ultima offerta dalla RAI a Biagi arriva dal direttore del Tg3 Antonio di Bella che propone
un programma molto simile al Fatto, nella stessa fascia oraria dopo i Tg regionali della sera.
La dirigenza RAI cerca di opporsi affermando che al canale non saranno destinati nuovi fondi
per il programma e che quindi non potr permettersi Biagi. Ma Biagi scrive a Sacc di essere
disponibile a lavorare al
compenso che tocca allultimo giornalista assunto (senza raccomandazioni),
da versare ad un istituto per anziani. Sacc allora rilancia la proposta delle puntate in seconda
serata, ma con il chiaro intento di confondere le acque, sbugiardare Biagi e allungare i tempi.
Lultima offerta di Rai 3, dopo lintervento diretto di Sacc, di condurre il programma prima
dei telegiornali ma Biagi non pu accettare, perch
A casa mia prima si danno le notizie, poi i commenti.
Ma la lettera di licenziamento inviatagli a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno
gi pronta e il 26 settembre viene consegnata a Biagi, a quattro giorni della data in cui, per
contratto, si prevedeva il rinnovo automatico, dopo 41 anni di carriera. Ricorder Biagi:

164

Il direttore generale Sacc mi ha mandato la disdetta del contratto con ricevuta di ritorno,
che la cosa che mi offende di pi. Io sono stato licenziato con ricevuta di ritorno, perch
magari potevo dire non lo sapevo ma guarda, mi hanno cacciato via e non me nero
neanche accorto! .
E anche nelle settimane seguenti Sacc continua a rilasciare dichiarazioni volte a
screditare Biagi e riversare le colpe sul giornalista, lasciando per intendere che sono ancora
aperte trattative ma Biagi sordo a qualsiasi proposta. Enzo Biagi decide di porre fine a
questo indegno trattamento, affidando al proprio avvocato un comunicato il 13
dicembre. Biagi afferma di rinunciare alle proposte di Sacc per ragioni personali.
Le porte della Rai si sbarreranno davanti a Biagi per gli anni successivi. Non sar
nemmeno invitato alle celebrazioni per i cinquantanni della televisione, lui che ne aveva
passati e scritti quarantadue. In questoccasione una giuria di critici e giornalisti votarono Il
Fatto come miglior programma del secolo, causando molto imbarazzo nel presentatore Pippo
Baudo e nel nuovo direttore Cattaneo. Biagi apprender la notizia dagli amici dopo la sua
pubblicazione sui giornali:
Sono un vecchio cronista, se non mi avessero cacciato avrei continuato a raccontare
lItalia. Una notizia al giorno, per cinque minuti. Per questo non mi hanno voluto. Li spaventa
la realt.
Dopo anni, Enzo Biagi torn sul Palinsesto Rai con il programma RT - Rotocalco
televisivo, - realizzato in coproduzione con il Tg3 - che dal 22 aprile 2007 lo riport sugli
schermi della tv pubblica. Inizi la puntata con queste parole:
Buonasera, scusate se sono un po' commosso e magari si vede. C' stato qualche
inconveniente tecnico e l'intervallo durato cinque anni. C'eravamo persi di vista, c'era
attorno a me la nebbia della politica e qualcuno ci soffiava dentro Vi confesso che sono

165

molto felice di ritrovarvi. Dall'ultima volta che ci siamo visti, sono accadute molte cose. Per
fortuna, qualcuna anche finita.
Essendo alla vigilia della festa del 25 aprile, l'argomento della puntata fu la resistenza, sia
in senso moderno, come di chi resiste alla camorra, fino alla Resistenza storica, con interviste
a chi l'ha vissuta in prima persona. La trasmissione and in onda per sette puntate, oltre allo
speciale iniziale, fino all'11 giugno 2007. Oltre alla soddisfazione del ritorno in tv, Biagi ebbe
anche quello della marcia indietro, seppur parziale, di Berlusconi.
"Ho assistito alla prima delle due puntate e l'ho trovata veramente avvincente, quindi
complimenti al dottor Biagi per questa nuova trasmissione", - disse il Cavaliere dai microfoni
di "Radio anch' io", negando, per, di aver mai chiesto la chiusura di "Sciusci", "Il fatto" e
"Satyricon".
E tuttavia, per la prima volta, Berlusconi ammise un errore:
"Forse ho calcato la mano quando dissi quando dissi che Biagi ed altri facevano un uso
criminoso della tv pubblica".
E, come sempre, la risposta del giornalista fu di grande classe. Poche righe per ringraziare
"tutti quelli che hanno apprezzato il nostro lavoro e in particolare Silvio Berlusconi per il
giudizio lusinghiero espresso su RT rotocalco televisivo".
La trasmissione sarebbe dovuta riprendere nell'autunno successivo. Ci non avvenne a
causa dell'improvviso aggravarsi delle condizioni di salute di Biagi.
Ricoverato per oltre dieci giorni in una clinica milanese, a causa di un edema polmonare e
di sopraggiunti problemi renali e cardiaci, mor all'et di 87 anni la mattina del 6
novembre 2007. Pochi giorni prima di morire disse a un'infermiera:
Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie...,

ricordando Soldati di Ungaretti, e

aggiungendo ma tira un forte vento.


166

CONCLUSIONI

Adesso che il mio percorso si concluso e che ho tentato di dare una risposta a tutte le
domande con cui ha avuto inizio , ed anche a tutte le altre che si sono presentate durante
lanalisi compiuta, arrivato il momento di tirare le somme.
La libert di stampa uno dei fondamentali baluardi della libert, una delle principali
garanzie che uno stato democratico deve riconoscere ai cittadini. il potere di criticare il
potere. Qualsiasi restrizione imposta con la forza non pu che suscitare senso di disgusto,
deplorazione e crollo verso labisso delliniquit e della dittatura. Ci che spinge a tarpare le
ali alla libert, ci che suggerisce di imbavagliare la possibilit di esprimere unopinione
contraria sempre riconducibile alla stessa motivazione: difendere le peggiori azioni,
nascondere cosa non funziona, sotterrare la scomoda verit. Sempre e dovunque la censura
stata arma nelle mani di governi deboli, illusi della propria forza ma senza il pi grande
appoggio: quello del consenso dellopinione pubblica. proprio quando chi detiene il potere
si sente ogni giorno irrimediabilmente pi debole che ricorre al bavaglio della stampa, al
guinzaglio del cane da guardia della democrazia.
Tanto sono identiche le motivazioni che spingono alla censura, uguali scoppiano anche le
rivolte, le agitazioni per la libert perduta. Portando coloro che hanno imposto la pi abbietta
sottomissione al risultato contrario di quello atteso: la caduta, il crollo.
Alla luce della ricerca effettuata, posso affermare con certezza che lart. 21 Cost. garantisce la
libert di manifestazione del pensiero anche nel web, in quanto Internet rientra a pieno titolo
nella nozione ogni altro mezzo di diffusione contenuta nel suddetto articolo ed inoltre,
presenta caratteri tali da garantire il pluralismo dellinformazione previsto dalla norma
costituzionale e pertanto viene a ricadere nelle garanzie dellart. 21 Cost. in tutte le sue forme:

167

diritto di informare, di essere informati e di informarsi. E ancora: la legge n. 62 del 2001 ha


equiparato linformazione on-line a quella cartacea. Di conseguenza le regole che valgono
per leditoria classica devono essere rispettate anche dalle testate telematiche, tranne lobbligo
di registrazione presso il tribunale: sebbene infatti questultimo sia previsto per i prodotti
editoriali cartacei, diffusi con periodicit regolare e contraddistinti da una testata costituente
elemento identificativo del prodotto, tuttavia per i prodotti editoriali telematica periodici
diventa una possibilit, una condizione necessaria per chi vuole usufruire di alcune
agevolazioni. Mario Borsa, giornalista e storico direttore del Corriere della Sera, schivo da
ogni compromissione e tenace assertore dei principi di libert e di giustizia sociale, autore
del saggio, pi volte citato nella mia ricerca, La libert di stampa, edito per la prima volta nel
1925 e poi ripubblicato nel 1945, dopo la caduta del Regime fascista. Le sue preziose
considerazioni costituiscono tuttoggi materia di riflessione sullideale arrivo di una marcia
cominciata con le repressioni, le costrizioni, le coercizioni e terminata sempre con le
rivoluzioni, le insurrezioni degli assoggettati e labolizione della censura.
La libert come il vapore. Osservatelo quando si leva da una caldaia aperta: innocuo,
poco meno che invisibile. Provatevi a trattenerlo, rinforzate il coperchio, accerchiatelo di
muri: lo scoppio sar pi terribile quanto maggiori saranno gli ostacoli: e cos la libert
mand luno dopo laltro in aria i governi e le dinastie che cercarono di comprimerla73.
La libert di stampa tutto: inutile parlare di libert di coscienza, di libert di riunione,
di guarantige costituzionali, di istituzioni parlamentari, di indipendenza della magistratura, di
purezza dellamministrazione pubblica, se non si mette a base di tutto ci la libert di stampa,
cio la libert di pensare, di scrivere, di controllare, di criticare, di correggere, di consigliare e,
occorrendo, di denunciare74.
73

QUINTINO SELLA, citato in Mario Borsa, op. cit., p. 14.

74

MARIO BORSA, op. cit., p. 7.

168

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INDICE DELLE SENTENZE

Corte di Cassazione, sentenza n. 635 del 1969

Corte di Cassazione, sentenza n. 2648 del 1969

Corte di Cassazione, sentenza n. 2017 del 1975

Corte di Cassazione, sentenza n. 570 del 1976

Corte di Cassazione, sentenza n. 1334 del 1980

Corte di Cassazione, sentenza n. 13942 del 1986

Corte di Cassazione, sentenza n. 9635 del 1987

Corte di Cassazione, sentenza n. 5225 del 1989

Corte di Cassazione, sentenza n. 184225 del 1990

Corte di Cassazione, sentenza n. 6381 del 1991

Corte di Cassazione, sentenza n. 368 del 1992

Corte di Cassazione, sentenza n. 191622 del 1992

Corte di Cassazione, sentenza n. 194333 del 1993

Corte di Cassazione, sentenza n. 5198 del 1994

Corte di Cassazione, sentenza n. 4741 del 2000

Corte di Cassazione, sentenza n. 118 del 2002

Corte di Cassazione, sentenza n. 1591 del 2002

Corte di Cassazione, sentenza n. 6591 del 2002

Corte di Cassazione, sentenza n. 21366 del 2004

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