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Lezione 1

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DEL DIRITTO ECCLESIASTICO


Nella prima lezione verranno affrontati i seguenti argomenti:
1.

La nozione ed oggetto del Diritto Ecclesiastico

2.

I rapporti tra il Diritto Ecclesiastico e le altre discipline giuridiche

3.

Le qualificazioni dello Stato in materia religiosa

1.- Nozione ed oggetto del Diritto Ecclesiastico


Il Diritto Ecclesiastico quel ramo del Diritto Pubblico costituito dallinsieme delle norme giuridiche che disciplinano il
fenomeno religioso nella sua dimensione sociale.
Allinizio del nostro Corso bene chiarire il concetto di fenomeno religioso.
Con esso sintende il complesso di atti e fatti che attengono alla dimensione religiosa, o pi in generale, spirituale, della
persona umana.
Il fenomeno religioso non attiene integralmente dal diritto, se non nei limiti in cui tali atti e fatti si esprimono e manifestano
nella realt sociale.
La dimensione sociale del fenomeno religioso costituisce, infatti, loggetto peculiare del Diritto Ecclesiastico.
Le ragioni dellinteresse del diritto in materia sono molteplici e saranno meglio analizzate quando affronteremo il tema del c.d.
favor religionis, cio dellatteggiamento di favore dellordinamento giuridico italiano in materia religiosa.
Per il momento basti riflettere, in generale, sui profili dinteresse del diritto nei confronti di tale dimensione dellesperienza
umana. Innanzitutto, la considerazione della specificit del fatto religioso che si traduce in unadeguata protezione e tutela
della sua modalit despressione. Poi nella predisposizione di garanzie per impedire che il fatto religioso possa costituire
motivo di discriminazione nel godimento dei diritti.
Alla luce di quanto sopra, pu dirsi poi che lesperienza religiosa giuridicamente rilevante considerata dal Diritto
Ecclesiastico sotto vari profili:
a)

Individuale (la libert religiosa del singolo);

b)

Collettivo (la libert religiosa nelle formazioni sociali: dalla famiglia alle comunit religiose);

c)

Istituzionale (la libert religiosa delle istituzioni: Chiese o Confessioni religiose).

2.- I rapporti tra il Diritto Ecclesiastico e le altre discipline giuridiche


Chiarito, sia pure in via sintetica, la nozione e loggetto del Diritto Ecclesiastico, passiamo ora ad analizzarne una della
caratteristiche prinicipali, la c.d. trasversalit..
Con tale espressione si fa riferimento alla peculiare idoneit del Diritto Ecclesiastico di intersecarsi con altri rami del diritto
mantenendo, comunque, la sua autonomia scientifica e didattica.
La ragione di tale carattere legata alla circostanza che la religione nellordinamento giuridico italiano come avremo modo di
vedere in seguito rileva sotto diverse angolature, che, a loro volta, sono oggetto di disciplina di altre branche del diritto, sia
pubblico che privato.
Verifichiamo le ragioni della rilevanza di tali discipline per lo studio e lapprofondimento del DE.
Diritto Ecclesiastico e Diritto Costituzionale.
La Costituzione contiene diverse norme che, direttamente o indirettamente fanno riferimento al fatto religioso:
1)

art. 2 (il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili delluomo, sia

come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalit);
2)

art. 3 (Il divieto di discriminazione fra cittadini per motivi religiosi);

3)

artt. 8.1; 19 (La libert religiosa istituzionale, individuale e collettiva);

4)

art. 20 (Il divieto di discriminazione per istituzioni ed associazioni aventi carattere ecclesiastico e fine di religione e di

culto);
5)

artt. 7.1; 8.2 (Il diritto delle confessioni religiose di organizzarsi autonomamente;

6)

art. 7.2; 8.3 ( La regolamentazione dei rapporti fra Stato e confessioni religiose attraverso la previsione di peculiari

procedimenti di produzione normativa).


Oltre quelle concernenti i diritti di libert fondamentali nelle diverse dimensioni di cui sopra, le tematiche costituzionali
ecclesiasticamente rilevanti sono, inoltre: le fonti del diritto ed il sistema della giustizia costituzionale, dato il rilevante ruolo
assunto dalla Corte Costituzionale nella nostra disciplina.
Diritto Ecclesiastico e Diritto Amministrativo
Il rapporto tra tali discipline attualmente meno incisivo che rispetto al passato, per le ragioni che avremo modo di analizzare
nelle prossime lezioni.
Intanto possiamo dire che alla luce dei principi costituzionali in materia religiosa, le Confessioni religiose godono di uno status
di autonomia istituzionale che li rende soggetti esterni allamministrazione statale e, dunque, sottratti a controlli statali. Sotto
il profilo soggettivo, ad es.: gli enti ecclesiastici sono sottoposti alla disciplina confessionale di riferimento.
Diritto Ecclesiastico e Diritto Penale
Lesigenza di tutelare anche in via sanzionatoria gli interessi religiosi dei cittadini espressa dalla previsione normativa di
alcune fattispecie penali che puniscono i comportamenti lesivi di tali interessi.
La materia si di recente sensibilmente modificata, in forza dinterventi sia da parte del legislatore che della giurisprudenza,
che si sono resi necessari per adeguare la disciplina penalistica del Codice Rocco del 1930 al contesto normativo introdotto con
lentrata in vigore della Costituzione Italiana: e cio ai principi di laicit e di uguaglianza e libert delle Confessioni religioni e
dei cittadini.
I reati oggetto di tale evoluzione normativa legislativa e giurisprudenziale sono i seguenti:
I delitti contro il sentimento religioso (artt. 403-405 C.P., cos come modificate dalla legge n. 85 del 2006);
Il delitto di vilipendio alla religione dello Stato (art. 402 C.P., dichiarato incostituzionale dalla sent. n. 508/2000 della Corte
Costituzionale);
Il reato di bestemmia (contravvenzione): art. 724 C.P., modificata (sent. n. 440/1995, Corte Cost.,) poi depenalizzata (d.lgs. n.
507/1999).
Recentemente, poi, lordinamento italiano si arricchito di nuove fattispecie penali come quelli introdotti dalle leggi che
puniscono gli atti di discriminazione, violenza e provocazione alla violenza per motivi etnici e religiosi, anche nella forma
della istigazione:
L. 13 ottobre 1975, n. 654, art. 13, come modificata dalla L. 25 giugno 1993, n. 205 (ratifica ed esecuzione della Convenzione
internazionale sulleliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale);
L. 24 febbraio 2006, n. 85 (sui reati di opinione / offese e vilipendio alle religioni).
Diritto Ecclesiastico e Diritto Civile
Molti i concetti ed i modelli giuridici mutuati dal Diritto Civile, nella disciplina unilaterale e bilaterale, del fenomeno religioso:
1)

I concetti di capacit giuridica e capacit dagire;

2)

Il concetto di persona giuridica per lo studio degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti (es. requisiti e procedure di

riconoscimento, regime di pubblicit);


3)

Il matrimonio civile (paradigma per valutare la compatibilit con l ordinamento giuridico italiano con la disciplina

matrimoniale confessionale);
4)

La propriet e gli altri diritti reali;

5)

I contratti;

6)

Le successioni.

Diritto Ecclesiastico e Diritto Internazionale


La rilevanza del Diritto Internazionale nellambito della disciplina ecclesiasticistica riguarda i seguenti profili:
A.- La libert religiosa e di coscienza
Esse, infatti, sono oggetto di numerose convenzioni e trattati internazionali, ratificate dallo Stato Italiano.
Lo studio del Diritto Internazionale fornisce, cos, le categorie ed i concetti di trattato, accordo, convenzione ecc, nonch la
conoscenza degli strumenti e dei meccanismi di adattamento dellordinamento interno a quello internazionale:
1)

La legge di esecuzione;

2)

La clausola c.d. di adattamento automatico alle norme del Diritto Internazionale generalmente riconosciute (art. 10,

comma 1, cost.).
B. La soggettivit giuridica internazionale della Santa Sede e lo Stato Citt del Vaticano
1)

I Patti Lateranensi (Trattato e Concordato) utilizzano qualificazioni e concetti propri del Diritto Internazionale;

2)

Accordo di Revisione del Concordato. Le norme applicabili sono quelle stabilite per la formazione e la stipulazione

delle consuetudini e delle regole internazionali e quelle previste in materia dalla Costituzione Italiana (art. 75, comma 2,; 80 e
87, comma 8);
3)

Lo Stato Citt del Vaticano dove la Santa Sede esercita la propria sovranit, in modo pieno ed esclusivo e con le

garanzie formulate, ivi compresa la extraterritorialit riconosciuta ad alcuni immobili sede di organismi della Santa Sede, ma
ubicati nel territorio italiano (art. 15, Trattato). Inoltre, la condizione di enclave dello SCV, si riflette giuridicamente nella
previsione di una regolamentazione di rapporti molto stretti con lordinamento italiano, secondo regole e procedure proprie del
Diritto Internazionale. In particolare:
a.

Regime di sorveglianza dei confini territoriali (Regime di Piazza San Pietro);

b.

Estradizione;

c.

Garanzie reali e personali;

d.

Trasporti;

e.

Allacciamenti a servizi pubblici (acqua, energia elettrica);

f.

Commercio;

g.

Stazioni ed emittenti radiofoniche;

Diritto Ecclesiastico e Diritti Confessionali


Lordinamento giuridico italiano, senza rinunciare alla propria funzione di garante delleguaglianza e dei diritti dei cittadini,
nel rispetto della libert di coscienza e religione dei soggetti, riconosce rilevanza alle norme confessionali sia per quanto
attiene alla identit organizzativa e strutturale delle confessioni sia, con riguardo a determinate materie, a norme e valori
espressi dalle realt confessionali, se compatibili con i principi fondamentali dellordinamento:
1)

Diritto canonico: attraverso gli strumenti del rinvio e presupposizione (che meglio analizzeremo nel proseguio delle

lezioni) assumono giuridica rilevanza nellordinamento italiano norme canoniche riguardati le seguenti principali tematiche:
a.

Le persone fisiche (chierici, religiosi);

b.

Matrimonio canonico civilmente riconosciuto;

c.

Gli enti ecclesiastici;

d.

Patrimonio storico-artistico.

2)

Diritto delle confessioni cristiane non cattoliche, per la comprensione delle rispettive Intese;

3)

Diritto ebraico, per la comprensione dellIntesa siglata dallo Stato Italiano con lUnione delle Comunit Ebraiche.

4)

Diritto islamico: di rilevanza attuale, in seguito alla presenza di immigrati di religione musulmana;

5)

Nuovi movimenti religiosi.

LA QUALIFICAZIONE DELLO STATO IN MATERIA RELIGIOSA


La qualificazione degli Stati in materia religiosa dipende dalla posizione assunta dai medesimi nei confronti del fenomeno
religioso.
Nella realt italiana, nel periodo storico che va dallUnificazione dellItalia ai nostri giorni, diverse sono state le modalit di
relazione tra Stato e Confessioni religiose.
Prima di inoltrarci nellanalisi dellesperienza giuridica italiana, opportuno soffermarsi sulla classificazione di tali sistemi
elaborate in materia dalla dottrina, con scopi meramenti didattici:
A)

SISTEMI MONISTI (periodo pre-cristiano)

In essi rientrano quelle realt socio-politiche caratterizzate dal fatto di non conoscere distinzione alcuna tra temporale e
spirituale, bens strutturate secondo una profonda compenetrazione dellelemento religioso con lelemento politico.
Tali sistemi si caratterizzano per unassenza di distinzione tra:
1)

Societ civile e societ religiosa;

2)

Legge civile e legge religiosa;

3)

Autorit civile e Autorit religiosa;

4)

Virt religiose e virt civiche;

5)

Cittadino e fedele.

In tali contesti, dunque, non si pone alcun problema di doppia appartenenza (alla sfera civile e religiosa): la religione viene,
infatti, considerata fattore integrante della societ politica, elemento fondamentale nella edificazione della societ politica;
fattore di coesione sociale e di identit nazionale; indispensabile strumento di costruzione dellethos collettivo.
Una prima manifestazione di tali sistemi si ha con i c.d. Stati teocratici.
Per STATO TEOCRATICO sintende quellorganismo avente al tempo stesso compiti politici e religiosi. Nel contesto di tale
sistema si possono poi cogliere esperienze diverse:
a)

La IEROCRAZIA (o governo della casta sacerdotale): dove lelemento religioso e spirituale risulta preponderante su

quello politico e sociale, rimanendo questultimo strumentalmente legato a quello. Es.: lo Stato dIsraele dellA.T. (c.d.
politicizzazione della religione)
b)

La CHIESA DI STATO: qui, invece, lelemento politico predomina su quello religioso (lattivit religiosa cio parte

integrante di quella statale). Es: lesperienza greca e romana (dove limperatore era anche pontifex maximus, cio soggetto
investito di funzioni propriamente religiose (c.d. sacralizzazione della politica).
c)
B)

SISTEMI DUALISTI

Il principio dualista nasce e si afferma con lavvento del Cristianesimo (Date a Cesare quel che di Cesare e date a Dio quel
che di Dio). Ges introduce, cos, la distinzione e, dunque, la separazione tra la sfera politica e la sfera religiosa (principio di
laicit). Tale principio irrompe nella storia dellumanit, profilandosi come elemento scardinante dellantica unit tra la
politica e religione, distinguendo tra:
1)

Societ civile e societ religiosa;

2)

Legge civile e legge religiosa;

3)

Autorit civile e Autorit religiosa;

4)

Virt religiose e virt civiche;

5)

Cittadino e fedele

Contro ogni forma di sacralizzazione della politica ovvero di politicizzazione della religione, il principio dualista cristiano
promuove un processo di secolarizzazione della politica, riportando questa nei limiti suoi propri e ponendo nel politico un
limite invalicabile allespansione del potere dalle autorit secolari.
Diverse le modalit di realizzazione concreta del principio dualista e sua numerose le difficolt dattuazione. Dal cristianesimo
ad oggi, distinguiamo le seguenti esperienze:
I SISTEMI DUALISTI EMBRIONALI (IV e XIV sec.) caratterizzate da una tornante tendenza ad un ricongiungimento tra
politica e religione:
1)CESAROPAPISMO (periodo basso impero romano): orientamento volto a restituire, come era nel mondo precristiano, un
primato dellautorit civile (Cesare) sullautorit religiosa (Dio);
2)TEORIA DELLA POTESTAS DIRECTA ECCLESIAE IN TEMPORALIBUS (periodo dellet medioevale con la riforma
gregoriana e dopo la vittoria del Papato sullimpero nella Lotta per le Investiture: primato di Cesare su Dio.
3)TEORIA DELLA POTESTAS INDIRECTA ECCLESIAE IN TEMPORALIBUS (epoca dalla Controriforma-al Vaticano
II): primato dellautorit ecclesiastica su quella politica solo in alcune materie: cio sulle res mixtae aventi cio al tempo stesso
una valenza spirituale e religiosa, come ad esempio il matrimonio dei battezzati.
II SISTEMA GIURISDIZIONALISTA CONFESSIONISTA (nato in contrapposizione, da parte statale, alla teoria n.3)
proprio delle Monarchie Assolute (secc. XVII-XVIII). Si evidenzia un duplice orientamento degli Sati nella politica
eccleisastica propria di tali sistemi:
a)

Tutela del cattolicesimo: assunto come religione ufficiale dello Stato, attraverso il riconoscimento di una serie di

diritti e privilegi alla Chiesa;


b)

Sottoposizione della Chiesa e delle Istituzioni Ecclesiastiche a pesanti controlli e condizionamenti (onde fare

dellaltare..uno strumento dappoggio e consolidamento del trono).


III SISTEMA SEPARATISTA INTEGRALE (sec. XIX e XX sec.), tipica espressione della dottrina liberale: tendente alla
riconduzione del fenomeno religioso a fatto privato, senza alcuna rilevanza pubblica.
IV SISTEMA GIURISDIZIONALISTA AGNOSTICO E SEPARATISTA (sec. XIX e XX sec.). Di tale sistema fecero
esperienza tutti gli Stati liberali nel secolo scorso e gli Stati marxsisti nel nostro: in esso si manifesta un regime di pesanti
controlli e condizionamenti nei confronti di tutte le organizzazioni religiose, ma soprattutto della Chiesa cattolica, partendo
per - a differenza dal giurisdizionalismo delle grandi monarchie cattoliche nellet dellassolutismo dallagnosticismo dello
Stato o addirittura dallateismo e dallanticlericalismo. Tali sistemi sono tendenzialmente caratterizzati dalla negazione stessa
del dualismo, non solo come dualismo di autorit e societ (politica/religione), ma addirittura come dualismo di leggi
(civili/religiose). Non si ammette altra legge che quella dello Stato: non solo il diritto canonico, ma anche la legge naturale e la
stessa legge morale non trovano riconoscimento. Dunque: radicale negazione del principio dualista e, cos, una radicale
politicizzazione del reale ed una sorta di sacralizzazione del potere politico. La naturale reazione della Chiesa e le aspre
controversie che in tale periodo hanno caratterizzato i rapporti con gli stati saranno la logica conseguenza di una siffatta
visione dei rapporti tra politica e religione.
V SISTEMA CONCORDATARIO o di collaborazione tra le due Autorit: sistema opposto (proposto) dalla chiesa ai sistemi
c.d. separatisti, nella convinzione solo mediante il riconoscimento reciproco delle diverse Autorit.
Qualunque sia il sistema di rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose si pone anche il problema della qualificazione dello
Stato a livello costituzionale circa la sua posizione nei confronti della religione.
In linea generale si pu parlare di Stato confessionale quando questo esercita una forma di dominio e controllo in ambito
religioso per proteggere una determinata religione riconosciuta come religione di Stato.
Invece, si parla di Stato laico quando tutte le confessioni godono dello stesso trattamento e sono ugualmente libere
nellesercizio della loro attivit religiosa.
Sempre in linea generale possiamo dire che esistono alcuni modelli di laicit tra i quali ricordiamo:

modello francese, quando lincompetenza dello Stato e dei suoi organi in materia religiosa superato e sostituito dalla laicitneutralit dello sapzio pubblico, che implica una forte ingerenza della legge nella sfera religiosa;
modello italiano, che invece cerca di contemperare il riconoscimento di alcune specifiche esigenze confessionali
(espressioni della libert religiosa) con il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e con leguale libert delle
confessioni religiose.
Lezione 2
LE FONTI DEL DIRITTO ECCLESIASTICO
Il sistema delle fonti del diritto ecclesiastico risulta molto articolato e complesso. Esso presidiato da due principi
fondamentali: il principio di laicit ed il principio pattizio. Con il primo, quello di laicit, lo Stato, nel riconoscere
indipendenza ed autonomia (fonti autonomiche) alle Confessioni religiose (riserva di competenza), attesta la propria
incompetenza in materia religiosa, e, dunque, intervenire negli interna corporis; in base al secondo, quello pattizio, lo Stato e
le Confessioni religiose, nelle materie e rapporti ritenuti di comune interesse, ricorrono a dei moduli convenzionali, che
tengono conto della specifica identit e autonomia costituzionalmente garantita alle organizzazioni confessionali. Diversa
declinazione assumer il principio pattizio a seconda della Confesssione considerata. Infatti:
1)
Con la Chiesa Cattolica i rapporti con lo Stato Italiano sono regolati dai Patti Lateranensi (art. 7, comma 2, cost.);
2)
Per le Confessioni acattoliche le relazioni sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze
(art. 8, comma, 3, cost.).
In dottrina si utilizzano vari criteri per classificare le fonti del diritto ecclesiastico: storico, politico-culturale e
formale. Approfondiremo, in particolare, quello formale
a)
Criterio storico
Lapplicazione di tale criterio - che riconduce lorigine e lo sviluppo di una normativa rilevante per la nostra disciplina ad un
determinato periodo storico prende in particolare considerazione la legislazione ecclesiastica del periodo storico-politicoistituzionale, quello che va dallUnificazione dellItalia ai nostri giorni. Tre sono le epoche che caratterizzano tale periodo:
1)
Epoca liberale (nessuna norma in vigore);
2)
Epoca fascista (numerosi e fondamentali disposizioni):
L. n. 810/1029 (nella parte relativa al Trattato Lateranense)
L. n. 847/1929 (legge matrimoniale);
L. 1159/1929 e r.d. 28 febbraio 1930, n. 289 (legge sui culti ammessi);
Codice Civile
Codice Penale
3)
Epoca repubblicana (numerose e fondamentali normative)
b)
Criterio politico-culturale
Tale criterio si radica, invece, sul diverso atteggiamento assunto dallo Stato nei confronti del fenomeno religioso, e,
dunque, delle relazioni tra sfera politica e religiosa.
Distinguiamo:
1.
Filone separatista: che ispira alcune disposizioni risalenti al legislatore liberale e la normativa costituzionale
dellepoca repubblicana;
2.
Filone confessionista: individuabile nella residua legislazione di epoca fascista, in particolare, nelle norme del codice
penale, oggi peraltro interamente riformulate;
3.
Filone regalista-giurisdizionalista (ormai residuale, che tuttora ispira, sia pure in modo attenuato, la legge sui culti
ammessi ed il regolamento di esecuzione).
c)
Criterio formale
Tale criterio fa riferimento ai profili soggettivi ed oggettivi delle fonti di produzione normativa in materia ecclesiastica.
Distinguiamo:
1)
Fonti di provenienza unilaterale statale;
2)
Fonti di provenienza bilaterale (o fonti di origine pattizia);
3)
Fonti di provenienza unilaterale confessionale (o fonti autonomiche);
4)
Fonti di origine giurisprudenziale;
5)
Fonti regionali;
6)
Fonti internazionali;
7)
Fonti comunitarie.
Analizziamo nel dettagli tali fonti:
1)
Fonti di provenienza unilaterale statale
Si tratta dellinsieme delle norme prodotte dagli organi titolari nellordinamento italiano della potest normativa. Si
ricordano in particolare:

a.
Le disposizioni costituzionali: che direttamente o indirettamente disciplinano il fenomeno religioso (artt. 2-3, 7-8, 1920, 29-31, 32, 33-34);
b.
La Legge n. 1159 del 1929 sui culti ammessi ed il relativo regolamento di esecuzione (che si applicano alle
confessioni religiose prive di intesa con lo Stato);
c.
Codice Civile, Codice Penale, Codice di Procedura Civile, Codice di Procedura Penale (che contengono norme
relative a fattispecie connesse a diverso titolo con la libert di coscienza e di religione: destinazione al culto delle chiese e di
altri luoghi di culto, giuramento in sede processuale, reati in materia religiosa);
d.
Legge sullobiezione di coscienza;
e.
Legge sulla procreazione medicalmente assistita;
f.
Legge elettorale (che contiene i c.d. reati o abusi elettorali di ministri di culto);
g.
La legge sulle ONLUS;
h.
La legge sulla parit scolastica;
i.
La legge sullo statuto giuridico degli insegnanti di religione;
j.
La legge sugli oratori;
2)
Fonti di provenienza bilaterale
Sono quelle oggetto di accordi o intese tra lo Stato Italiano e le Confessioni religiose, cui riservata, in forza dellart.
7-8 Cost., la disciplina dei relativi rapporti:
a.
Legge 27 maggio 1929, n. 810 di ratifica ed esecuzione del Trattato Lateranense dell11 febbraio 1929;
b.
Legge 25 marzo 1985, n. 121, di ratifica ed esecuzione dellAccordo di Revisione del Concordato;
c.
Legge 11 agosto 1984, n. 449 di approvazione dellIntesa con la Tavola Valdese;
d.
Legge 22 novembre 1988, n. 516, di approvazione dellIntesa con le Chiese cristiane avventiste;
e.
Legge 22 novembre 1988, n. 517, di approvazione dellIntesa con le Assemblee di Dio;
f.
Legge 18 marzo 1989, n. 101, di approvazione dellIntesa con le Comunit ebraiche;
g.
Legge 12 aprile 1995, n. 116, di approvazione dellIntesa con le Chiese evangeliche battiste;
h.
Legge 29 novembre 1995, n. 520, di approvazione dellIntesa con la Chiesa evangelica luterana.
Tali leggi appartengono alla categoria delle c.d. fonti atipiche o rinforzate: si tratta cio di legge ordinarie del
Parlamento, ma la presenza di un previo Accordo o Intesa con la Confessione interessata, aggravando il loro iter di
formazione, conferisce loro una forza di resistenza passiva allabrogazione superiore a quella delle fonti ordinarie di pari
grado. La modifica di tali leggi, infatti, subordinata alla previa modifica dellaccordo o intesa, salvo che si proceda
unilateralmente da parte dello Stato alla modifica delle disposizioni costituzionali che le prevedono (artt. 7-8 cost.) ricorrendo
alla procedura di cui allart. 138 cost..
Anche qui, tuttavia, occorre fare una distinzione tra le confessioni religiose:
a)
Chiesa Cattolica
Norme di derivazione concordataria: si tratta di norme derivanti dalle leggi di ratifica ed esecuzione dei Patti lateranensi (L. n.
810/1929) e da quelle del successivo Accordo di revisione concordataria con la Chiesa Cattolica (L. n. 121/1985).
Esse godono di una particolare stabilit o copertura costituzionale, nel senso che pur essendo state formalmente
costituzionalizzate (infatti la loro modifica se attuata di comune accordo non richiede procedimento di revisione costituzionale,
art. 7, comma 2, cost.), tuttavia presentano una forza di resistenza passiva allabrogazione superiore non solo alle leggi
ordinarie ma alle stesse norme costituzionali, cui possono quindi derogare, col solo limite del rispetto dei principi supremi
dellordinamento.
b)
Le confessioni acattoliche
Norme di derivazione pattizia: si tratta delle disposizioni contenute nelle leggi di approvazione delle Intese che, per, non
godono della copertura costituzionale come quella prevista per le norme di derivazione concordataria sopra indicate, in quanto
il comma 3 dellart. 8 cost., si limitato a costituzionalizzare il principio pattizio, che attiene al loro procedimento di
formazione e non al loro contenuto. Esse dovranno essere conformi al contenuto delle Intese (c.d. leggi a contenuto
costituzionalmente vincolato), che ne rappresentano il presupposto di legittimit costituzionale, e pertanto sono destinate a
prevalere su tutte le altre leggi ordinarie, ma non potranno derogare a nessuna delle disposizioni costituzionali, alle quali sono
integralmente soggette
3)
Fonti di origine confessionale
Sono le norme prodotte dagli stessi ordinamenti confessionali per disciplinare determinati rapporti ed alle quali lo Stato
conferisce valore giuridico ed efficacia civile, rinunciando a dare una disciplina propria a quel tipo di rapporti, consentendo
che questi ultimi siano regolati dallordinamento confessionale le cui statuizioni vengono, pertanto, ad essere recepite
dallordinamento dello Stato.
Il problema si pone essenzialmente per il diritto della Chiesa cattolica (diritto canonico).
Il collegamento tra lordinamento italiano e lordinamento confessionale avviene attraverso le modalit del rinvio formale e del
presupposto e non attraverso il rinvio materiale e ricetti zio giacch questo comporterebbe una nazionalizzazione delle
norme richiamate (Dalla Torre).
a)
Criteri di collegamento:

Rinvio formale o non recettizio: lo Stato, rinunciando a disciplinare direttamente con proprie norme una determinata materia,
attribuisce direttamente efficacia civile al diritto confessionale, cos come vige nellordinamento di origine e senza assorbirlo al
proprio interno. E quanto avviene con quelle norme di derivazione concordataria che attribuiscono rilevanza civile ai controlli
confessionali sullamministrazione degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Con tale criterio lo Stato rinuncia a
disciplinare con proprie norme una determinata materia, preferendo attribuire efficacia alle norme confessionali
Presupposizione. Lo possiamo trovare sia nelle fonti bilaterali sia in quelle unilaterali statali (o regionali): lordinamento si
limita ad assumere nel contenuto delle proprie norme qualificazioni e situazioni giuridiche concrete che hanno la loro origine e
sono concretamente individuate nellordinamento confessionale, facendole per oggetto di unautonoma considerazione
normativa (es. ministro di culto, edificio di culto). Con esso il legislatore statale dispone discrezionalmente di concetti e
qualificazioni di origine confessionale per farne oggetto di proprie autonome prescrizioni, che oggi devono per risultare
conformi al rispetto del diritto di libert religiosa, entro la cui tutela sinscrive lautonomia e la libert delle confessioni.
4) Le fonti regionali
Lart. 117, comma 2, lett.c) sancisce la potest legislativa esclusiva dello Stato nella materia dei rapporti tra la
Repubblica e le Confessioni religiose conformemente agli artt. 7 e 8 cost.. Da tale disposizione deriverebbe che le Regioni
non possono legiferare in materie oggetto di disciplina pattizia. Diversamente per materie oggetti di disciplina unilaterale in
base al criterio di ripartizione del potere legislativo tra Stato e Regioni (art. 117 cost.). Tuttavia il comma 5 del medesimo
articolo riconosce alle Regioni una vera e propria soggettivit esterna nei rapporti con altri ordinamenti con espresso
riferimento "allattuazione e allesecuzione degli accordi internazionali e degli atti dellUnione europea" nonch di concludere
accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (art.
117, ult.comma).
Sotto tale profilo, e limitatamente alla Chiesa Cattolica, le clausole di rinvio previste dallAccordo 1984 prevedono la
possibilit che tra i due ordinamenti si possano concludere intese. Si affermato, tuttavia, che tale disposizione, in forza della
copertura costituzionale di cui allart. 7, comma 2, cost., impedirebbe loperativit della riforma del titolo V sotto tale peculiare
profilo, e quindi la possibilit per le Regioni di legiferare anche in materie oggetto di normativa pattizia.
Nelle materie che rientrano nella competenza legislativa delle Regioni, segnaliamo per la loro peculiare rilevanza per il diritto
ecclesiastico le seguenti: istruzione, formazione, turismo religioso, assistenza, servizi sociali, edifici di culto ecc, rispetto
alle quali lart. 117, comma 2, lett. m) stabilisce il compito per i medesimi enti locali di assicurare i livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, tra cui ricompresa, appunto, la libert religiosa.
5) Fonti giurisprudenziali
Tra le fonti del diritto ecclesiastico troviamo anche le sentenze pronunciate dalla Corte Costituzionale, oltre quelle
delle altre Corti Supreme (Corte di Cassazione, Consiglio di Stato).
Il loro ruolo nellevoluzione della disciplina del fenomeno religioso stato, ed ancora oggi, fondamentale.
Come sar approfondito nelle prossime lezioni, lindividuazione del principio di laicit e la sua riconducibilit alla
categoria dei c.d. principi supremi dellordinamento costituzionale (dotati di una valenza superiore rispetto alle altre norme o
leggi di rango costituzionale) sono dovuti alla storica sentenza n. 203 del 1989 della Consulta.
6) Fonti internazionali e comunitarie
Per quanto concerne le fonti internazionali, molte le convenzioni che disciplinano materie rilevanti per il diritto ecclesiastico:
- la Dichiarazione universale dei diritti delluomo, New York il 10 dicembre 1945;
- il Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici, New York 16 dicembre 1966;
- la Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali (CEDU conosciuta anche come
Convenzione europea per i diritti delluomo, firmata a Roma nel 1950).
Per le fonti comunitarie bene precisare che, lUnione Europea, come previsto dai Trattati istitutivi, non hanno alcuna
competenza in materia ecclesiastica: i rapporti con le Confessioni religiose restano nella competenza esclusiva degli Stati
membri. Tuttavia, gli organi dellUnione hanno competenza su materia e settori di attivit che potrebbe andare ad incidere sul
loro regime giuridico, ponendo problemi di coordinamento e di salvaguardia dei sistemi di relazione tra Stato e Chiese nei
singoli ordinamenti giuridici nazionali.
7. Altre tipologie di fonti
a)
Il Concordato
Torniamo a parlare delle fonti bilaterali per approfondire il tema del concordato come fonte di diritto ecclesiastico.
Le fonti di provenienza bilaterale pur essendo sempre unilaterali sono predisposte come attuazione di un impegno bilaterale
assunto con un altro ordinamento.
Lesempio classico quello del Concordato.
Il Concordato ecclesiastico listituto giuridico che ha rappresentato il modello ed il cardine dei rapporti tra Chiesa e Stato.
I Concordati moderni dei quali prototipo fu il Concordato napoleonico (1801) si collocano in un contesto sociale, politico e
culturale del tutto diverso dal Concordato medioevale il cui modello possiamo individuare nel Concordato di Worm del 1122

La tradizionale forma di collaborazione tra Stato e Chiesa rappresentata dai concordati, ovvero accordi di diritto
internazionale.
Lo Stato parte contraente del concordato, ma in futuro non da escludere che si possano stipulare anche con altri soggetti
internazionali. Per lindividuazione dei soggetti competenti necessario rifarsi alle norme costituzionali dei diversi Stati. Per
parte della Chiesa il soggetto competente a stipulare un concordato la Santa Sede, che gode di soggettivit giuridica
internazionale, alla quale per il diritto canonico spetta lo ius legationis e lo ius tractandi. La formazione segue la procedura
tipica delle convenzioni internazionali (Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati 1969): i negoziati ufficiosi, la nomina dei
plenipotenziari con relativa verifica dei poteri, la redazione e la firma dellaccordo da parte dei plenipotenziari e infine lo
scambio delle ratifiche. Senza la ratifica laccordo non acquista forza vincolante e non produce effetti giuridici. La ratifica
atto unilaterale con cui ciascuna parte approva loperato dei suoi plenipotenziari, spetta quindi al Pontefice e al capo dello
Stato, autorizzato dal competente organo costituzionale. Perch possa produrre effetti necessaria anche lesecuzione; questa
avviene automaticamente per lordinamento canonico perch laccordo viene pubblicato sugli Acta Apostolicae Sedis. Pi
complessa la situazione per gli ordinamenti statali: in alcuni casi ladattamento automatico (sistema monista), in altri casi
necessaria una legge di esecuzione (sistema dualista) senza la quale il concordato non produce effetti giuridici interni. Le
disposizioni concordatarie vigono contestualmente nei due ordinamenti, oltre ad essere in vigore nellordinamento
internazionale. Esiste poi il problema dellinterpretazione poich da un lato frutto di un avvicinamento delle due parti da
posizioni originarie diverse sicch la formulazione si pu prestare ad interpretazioni differenti; dallaltro lato le disposizioni
creano un diritto oggettivo comune, quindi interpretato ed applicato allo stesso modo. Linterpretazione di cui si parla non
quella della dottrina (interpretazione dottrinale), ma quella autentica compiuta dalle parti o in via unilaterale (interpretazione
unilaterale) o in via bilaterale (interpretazione bilaterale). La prima sempre legittima purch in buona fede; la seconda
stabilita daccordo fra le due parti. Ad esempio nellarticolo 14 del concordato italiano stabilito che se in avvenire sorgessero
difficolt di interpretazione, la Santa Sede e la Repubblica italiana affideranno la ricerca di unamichevole soluzione ad una
Commissione paritetica da loro nominata. Per lestinzione dei concordati valgono le regole generali relative ai trattati
internazionali. Una prima causa data dal consenso reciproco delle parti contraenti; un esempio laccordo di Villa Madama
del 1984 tra la Santa Sede e la Repubblica italiana nelle quali sono apportate delle modifiche al Concordato lateranense del
1929. Altra causa la scadenza dei termini, posti originariamente allaccordo; ad esempio nellart. 20 della convenzione del
1957 con la Bolivia troviamo che questa Convenzione avr la durata di dieci anni dalla ratifica, che si considera tacitamente
rinnovata di dieci anni in dieci anni, a meno che sei mesi prima che termini il mandato una delle due Alte Parti dichiari il
contrario. C poi il caso per il verificarsi di una clausola risolutoria prevista nellaccordo. Infine lestinzione per denuncia
unilaterale che deve essere contemplata nellaccordo; ad esempio la convenzione con la Repubblica di El Salvador (1968)
afferma che questa convenzione rester in vigore a meno che una delle Alte Parti la denunci con un anno di anticipo. C anche
la possibilit dellestinzione per la denuncia da parte di uno dei contraenti per violazione di una o pi disposizioni; tradizione
della Santa Sede non fare ricorso a questa forma. Un problema nasce dalla possibilit di accordi tra Chiese particolari e
comunit politica. Fino al Concilio Vaticano II cera lesclusiva competenza della Santa Sede, anche se nel tempo non sono
mancati casi di accordi fra le Chiese particolari e corrispondenti autorit politiche. Tale teoria e tale prassi discendevano da
ragioni politiche e giuridiche: da un lato si sempre considerato che il papato fosse pi libero rispetto allautorit politica e
quindi pi capace di far valere le ragioni della libertas della Chiesa particolare, senza contare i sempre rinascenti sospetti per il
pericolo del formarsi di Chiese nazionali assoggettate allo Stato; dallaltro si rafforzava lidea della esclusiva competenza della
Santa Sede, in ragione della sua indiscussa soggettivit giuridica internazionale. Ora la situazione appare mutata, come
conseguenza del Vaticano II. Nel decreto conciliare sullufficio pastorale dei vescovi Christus Dominus attribuito al
Vescovo diocesano il munus di promuovere e curare i rapporti con lautorit civile. Il problema appare pi politico, cio attiene
pi a questioni di opportunit e di convenienza. Non affatto vero che oggi la Chiesa sia pi libera che in passato, anche se in
molti casi lazione della Santa Sede pi incisiva nella difesa della libertas Ecclesiae. Il problema di maggior rilievo quello

della quantificazione degli accordi in questione. Non hanno natura concordataria poich la Chiesa particolare non soggetto di
diritto internazionale e spesso anche laltra parte non lo . Si possono individuare tre diverse fattispecie:
la prima data dagli accordi fra episcopato ed autorit politica, con un carattere meramente politico; per far s che lautorit
politica competente adotti nellambito dellordinamento civile quei provvedimenti di natura normativa o amministrativa che
sono attuazione di quanto convenuto con lautorit ecclesiastica.
la seconda data dagli accordi con carattere meramente amministrativo, interno allordinamento statale; ad esempio lintesa fra
Vescovo diocesano e competente autorit scolastica per la nomina dei docenti di religione.
la terza data dagli accordi aventi un contenuto normativo, cio volti ad innovare lordinamento giuridico statale.
Non hanno la natura di accordi internazionali n possono qualificarsi come concordati, per si tratta pur sempre di accordi che
nascono in un ordinamento giuridico terzo, nel quale le due autorit contraenti si incontrano su un piano di parit. E evidente
che i contenuti dellaccordo devono poi trovare esecuzione nellordinamento civile e in quello canonico. Si deve anche
contemplare il caso che singoli Vescovi o le conferenze episcopali, con il consenso e con il mandato della Santa Sede, stipulino
accordi con lautorit statale; in questo caso si rientrerebbe nella fattispecie concordataria e rientrano i concordati quadro,
quelli contenenti i principi informatori dei rapporti, e gli accordi attuativi sulle singole materie. LAccordo di modificazione
del concordato lateranense del 18 febbraio 1984, da un lato pone delle norme quadro in determinate materie: insegnamento
della religione nelle scuole pubbliche; di assistenza spirituale nelle forze armate, nelle carceri, negli ospedali e negli istituti di
ricovero; di tutela del patrimonio storico ed artistico. Dallaltro prevede una clausola generale secondo cui ulteriori materie
potranno essere regolate sia da nuovi accordi sia da intese con le competenti autorit. Nel primo caso si tratta di un mandato
della Santa Sede a convenire con lautorit statale, nel secondo sembra un rapporto di sostituzione della Conferenza episcopale
italiana alla Santa Sede.
b)

Le fonti del diritto vaticano

Sommariamente possiamo distinguere in Fonti principali e Fonti suppletive. Fonti principali sono il diritto canonico, le leggi
ed i regolamenti emanati, per lo Stato Vaticano, dagli organi competenti. Fonti suppletive sono, in primo luogo le leggi civili,
penali, commerciali e procedurali vigenti in Italia l8 giugno 1929, nei confronti delle quali lordinamento vaticano ha operato
un rinvio materiale. Sono quindi in vigore, in Vaticano, il codice civile del 1865 (che rimasto in vigore fino al 2008, mentre
dopo la promulgazione della nuova Legge sulle fonti di cui parleremo pi avanti - risulta in vigore il Codice del 1942) e il
codice penale del 1889. Rientrano pure nelle fonti suppletive vaticane i regolamenti generali e locali della Provincia e del
Comune di Roma.
Le fonti del diritto vaticano sono costituite innanzitutto dalla Legge fondamentale che stata integralmente sostituita da una
nuova Legge fondamentale dello Stato della Citt del Vaticano, entrata in vigore il 22 febbraio 2001 , nonch da alcune delle
leggi originariamente emanate da Pio XI il 7 giugno 1929, allatto della costituzione dello Stato, che risultano ancora in vigore
e cio: la legge n. IV, sullordinamento amministrativo; la legge n. V, sullordinamento economico, commerciale e
professionale; la legge n. VI, sulla pubblica sicurezza. Ad esse vanno aggiunte la legge 1 ottobre 2008 n. LXXI, sulle fonti del
diritto e la gi ricordata legge n. CXXXI del 2011, sulla cittadinanza, la residenza e laccesso, che hanno sostituito le originarie
leggi del 1929 n. II (fonti del diritto) n. III (sulla cittadinanza ed il soggiorno). Si tratta di provvedimenti normativi che, pur
non potendosi qualificare come leggi costituzionali in senso formale, contribuiscono a definire la configurazione e la struttura
dello Stato ed hanno, quindi, un rilievo costituzionale.
Si deve poi ricordare che la nuova Legge sulle fonti del diritto si premura di precisare che lordinamento giuridico vaticano si
conforma alle norme di diritto internazionale generale ed a quelle derivanti da Trattati ed altri Accordi di cui la Santa Sede sia
parte (art. 1, comma 4). Giova ricordare al riguardo che,cos come accade nellordinamento canonico, anche nellordinamento
vaticano le norme internazionali di origine convenzionale trovano esecuzione in via automatica.
La legge n. LXXI del 2008, in particolare, disciplina la materia relativa alle fonti del diritto vaticano, indicando innanzitutto
lordinamento canonico (comprendendo quindi il codex iuris canonici in vigore, le leggi canoniche extracodiciali fonti di

10

diritto generale, le leggi canoniche speciali) come prima fonte normativa e primo criterio di riferimento interpretativo (art. 1,
comma 1). Distingue poi tra fonti principali (art. 1, comma 2), vale a dire la Legge fondamentale nonch le leggi promulgate
dal Sommo Pontefice, dalla Pontificia Commissione per lo Stato della Citt del Vaticano o da altre autorit cui lo stesso
Pontefice abbia conferito lesercizio del potere legislativo; e fonti suppletive (art. 3), vale a dire le leggi e gli altri atti normativi
emanati dalle competenti autorit italiane. Tra esse sono da ricordare in particolare il codice civile del 1942, cos come vigente
il 1 gennaio 2009, il codice penale del 1889 (c.d. codice Zanardelli), peraltro in pi parti innovato da interventi del legislatore
vaticano, ed il codice di procedura penale del 1913 (il codice di procedura civile italiano del 1865, originariamente fatto
oggetto anchesso di rinvio materiale, venne sostituito con un codice di procedura civile vaticano nel 1946). Sono altres
richiamate le norme italiane in una serie di materie quali: i pesi e le misure; i brevetti (ma esiste una recente regolamentazione
vaticana sul diritto di autore: legge 19 marzo 2011 n. CXXXII, sulla protezione del diritto di autore, sulle opere dellingegno e
dei diritti connessi); le ferrovie; le poste; le telecomunicazioni; la trasmissione dellenergia elettrica; laviazione; gli automobili
e la loro circolazione; le malattie infettive e contagiose; la polizia edilizia e urbana, ligiene e la sanit pubblica.
La norme italiane, di diverso grado gerarchico, alle quali lordinamento vaticano opera un rinvio materiale, sono oggetto di
recepimento non in via automatica ma grazie ad una esplicita volont espressa di volta in volta da parte della competente
autorit vaticana, ed incontrano un limite nella conformit al diritto divino ed ai principi generali del diritto canonico, nonch
alle norme dei Patti Lateranensi e successivi Accordi (art. 3, comma 2).
La Legge sulle fonti precisa anche le materie riservate alla legislazione vaticana o al diritto canonico, come ad esempio in
materia di cittadinanza vaticana, di capacit negoziale dei chierici e religiosi cittadini vaticani, di matrimonio (che regolato
esclusivamente dal diritto canonico, non prevedendo lordinamento vaticano un matrimonio civile, di adozione, di prescrizione
con riferimento ai beni ecclesiastici, di donazioni o lasciti mortis causa per cause pie, di registrazioni anagrafiche, di rapporto
di lavoro (art. 4).
Negli artt. 6 e 9 della legge sulle fonti, infine, sono stabiliti i criteri cui attenersi, in materia sia civile sia penale, in caso di
lacune normative o di inapplicabilit delle norme italiane richiamate. La giurisprudenza costituisce, in questi casi, fonte
suppletiva del diritto vaticano.
Le leggi ed i regolamenti emanati dalle competenti autorit dello Stato sono pubblicate su un Supplemento degli Acta
Apostolicae Sedis, a meno che non sia prescritta una diversa forma di pubblicazione, ed entrano in vigore il settimo giorno
dalla pubblicazione, qualora non sia stato stabilito espressamente un termine diverso.
Lezione 3
I sistemi di relazione tra Stato e Confessioni religiose in Italia
1.

Legislazione pre-unitaria

La legislazione degli ex Stati pre-unitari ispirata prevalentemente ai principi del giurisdizionalismo-confessionista:


Il Regno di Sardegna si presenta come una realt politico-istituzionale, dal punto di vista religioso, dispirazione
confessionista: la religione cattolica la religione di stato, gode di privilegi ed ampie autonomie, ed al diritto canonico
rimessa la disciplina dinteri settori del diritto civile (es. il matrimonio; i registri anagrafici).
Nel Lombardo-Veneto (parte dellimpero austriaco) le relazioni tra Stato e Chiesa erano dispirazione giurisdizionalistaconfessionista, caratterizzato da un intervento dello Stato nella vita interna della Chiesa (controllo sulle nomine dei Vescovi,
dei Parroci, sui seminari ed in genere su tutte le attivit della Chiesa).
Il Granducato di Toscana e i Ducati di Modena e Parma si ispirano, anchessi, ad un modello giurisdizionalistico: in tale
contesto lintervento dello Stato si spinge fino a porsi come strumento per una Reformatio Ecclesiae, cio ad una riforma
della Chiesa mediante leggi statali.

11

Lo Stato Pontificio dispirazione unionista, si caratterizza per una compenetrazione tra potere politico e potere religioso. Si
tratta di unesempio di Stato teocratico-ierocratico, basato su un ordinamento giuridico di cui il diritto canonico era fonte
principale.
Una marcata impronta giurisdizionalistica caratterizza la politica e la legislazione ecclesiastica del Regno delle Due Sicilie: la
Chiesa, le sue istituzioni e la sua vita interna erano sottoposti ad un controllo diffuso e pervasivo.
2.

Verso lUnit dItalia


Partiamo dal Regno di Sardegna che, come noto, guid il movimento di unificazione nazionale, seguendo la

suddivisione storica operata dalla dottrina:


1848-1855 Il 1848 una data storica: entra il vigore lo Statuto albertino.
Lart. 1 dello Statuto albertino pu subito documentare quale tipo di relazione esistesse in quel periodo tra lo Stato e le
Confessioni religiose: La religione cattolica, apostolica, romana, la sola religione dello Stato. Gli altri culti esistenti sono
tollerato conformemente alle leggi. Il tenore letterale di tale disposizione ci consente, cos, di formulare una qualificazione
dello Stato in senso confessionista.
La reazione politica alla disposizione dellart. 1 fu quasi immediata: solo qualche mese dopo la sua approvazione, venne
adottata la legge n. 735 del giugno 1848. la quale precis che: la differenza di culto non forma eccezione al godimento dei
diriti civili e politici ed allammissibilit alle cariche civili e militari.
Comincia, cos, a profilarsi un nuovo orientamento di tipo separatista-giurisdizionalista, ma di un tipo di giurisdizionalismo
diverso da quello passato: non pi di tipo confessionista, ma di tipo laicista, anticlericale. Basti pensare alle numerosi leggi
che vennero adottate, come reazione a tale riconfessionalizzazione dello Stato, come la Legge n. 777 del 1848 (di
soppressione di alcuni ordini religiosi) e la Legge n. 1037 del 1850 (che introdusse la c.d. manomorta, e cio controlli sui
patrimoni immobiliari ecclesiastici).
1855-1861 In questo periodo la tematica ecclesiastico non costituisce una priorit dellagenda politica. E di questi anni,
tuttavia, la legge c.d. eversiva (L. 878/1855) e quella sulla libert della scuola cattolica (Legge Casati sulla pubblica
istruzione).
Sono anni in cui si regista un atteggiamento di fiducia nellavvenire del Paese; il processo di unificazione va avanti e nel 1861
viene proclamato il Regno dItalia.
3.

LUnit dItalia, le c.d. leggi eversive e la Questione Romana

1861-1867
Dopo la proclamazione dellUnit dItalia le tensioni tra Stato e Chiesa si inaspriscono. Il problema dellassetto della propriet
ecclesiastica ritorna al centro dellattenzione politica e nei confronti della Chiesa viene attuata una politica restrittiva che incide
soprattutto sui beni ecclesiastici (le c.d. leggi eversive)
La legislazione pi significativa la seguente:
> L. n. 764 del 1862 che concerne la modifica delle leggi eversive e loro estensione a tutto il territorio del Regno (per i beni
mobili: Istituzione della Cassa Ecclesiastica; per i beni immobili: loro acquisizione al patrimonio dello Stato). Inoltre, fu
introdotto il principio della conversione dei patrimoni immobiliari ecclesiastici soppressi.
> L. n. 3036/1866 con la quale vennero soppressi degli enti regolari, cio ordini religiosi e congregazione religiose.
> L. n. 3848/1867 riguardante la soppressione degli enti secolari (cio degli enti ecclesiastici non facenti parte di un ordine o di
una congregazione religiosa, ad eccezione delle parrocchie, ordinariati, canonicati)
> Altre importanti riforme
> Istituzione del matrimonio civile obbligatorio (Codice Civile del 1865)
> Disposizioni restrittive della capacit civile e politica degli ecclesiastici.

12

Questo periodo anche caratterizzato dal sorgere della Questione Romana per il problema dellannessione di Roma al Regno
dItalia. Gli episodi pi emblematici di tale situazione sono: il fallito tentativo rivoluzionario a Roma; il tentativo dinvasione
dei garibaldini sconfitti a Mentana dalle truppe pontificie e da quelle francesi.
4. La caduta del potere temporale delle Chiesa, la Questione Romana e la legge delle guarentigie
1867-1889 Fin dal 1860 il desiderio di porre Roma a capitale del nuovo regno d'Italia era gi stato esplicitato da Cavour nel
suo discorso al parlamento italiano nel 1860, il quale sperava che l'Europa tutta sarebbe stata convinta dell'importanza della
separazione tra potere spirituale e potere temporale, per cui riafferm il principio di libera Chiesa in libero Stato. Ma ci
incontr il dissenso da parte dello Stato Pontificio e dello Stato francese su tutti che stanzi delle truppe francesi a difesa del
potere temporale di Papa Pio IX. Gli stravolgimenti politici avvenuti in Francia nel 1870 con linizio della guerra francoprussiana e lavvento della Terza Repubblica comportarono labbandono di Roma da parte dei francesi e permisero la presa di
Roma da parte dellesercito italiano. Il 20 settembre del 1870 il Regno dItalia annetteva Roma decretando la fine dello Stato
Pontificio e del potere temporale dei Papi. Papa Pio IX si ritir nel palazzo del Vaticano e si dichiar prigioniero.
La Questione Romana sorta con il problema dellannessione di Roma al Regno dItalia rimane ancora aperta in quanto si pone
anche il problema dellindipendenza del Pontefice e della Santa Sede.
Una prima soluzione si profila con la Legge delle guarentigie del 13 maggio 1871, n. 214 con la quale sintende assicurare alla
Santa Sede degli spazi di autonomia onde assicurare al Pontefice il libero esercizio del suo potere spirituale. Tale legge,
dichiarata fondamentale dal Consiglio di Stato nel 1878, non soddisfa pienamente la Santa sede, in quanto legge unilaterale e,
dunque, sottoposta al rischio dei modifiche e abrogazioni.
Legge importante di tale periodo il Codice Penale Zanardelli (1889): la disciplina delitti contro la libert dei culti (artt.140142), parifica la religione cattolica alle altre religioni, sotto il profilo del bene giuridico tutelato (linteresse religioso).
5.

Verso la Conciliazione

Allinizio del 900 si registra un mutamento di clima: la situazione politico-sociale evolve e scompaiono le tensioni che
avevano accompagnato il processo risorgimentale
Fu immediatamente dopo lo scoppio del primo conflitto mondiale (1915-1918) che maturarono le condizioni per un nuovo
atteggiamento nei confronti delle questione religiosa. Come sostenuto in dottrina, fu proprio in quel periodo che sembr
realizzabile lideale liberale sia a livello politico che legislativo: un separatismo di tipo puro, liberato cio dalle incrostazioni
vecchie e contraddittorie giurisdizionalistiche della politica e legislazione ecclesiastica precedente, pi rispettosa dei valori
religiosi, conscia dellimportanza che essi rivestono per la stessa coesione ed il progresso della societ, garante di tutte le
libert, ivi compresa quella delle istituzioni religiose. E lidea di Giovanni Giolitti, secondo cui lo Stato e la Chiesa sono due
parallele destinate ad non incontrarsi mai (Dalla Torre). Nasce cos lidea che lo Stato, i pubblici poteri, non debbono n
avversare n favorire il fenomeno religioso nella sua dimensione associata, organizzata, istituzionale; che tuttavia debbono
creare le condizioni giuridiche e non per garantire il diritto di libert religiosa in tutte le sue dimensioni.
Nuovo atteggiamento, dunque, dello Stato nei confronti della Chiesa Italiana, ma certamente non ancora un modello
concordatario.
Tale nuovo atteggiamento favor, comunque, la nascita dei presupposti delle nuove condizioni emergenti:
-

Caduta dei vieti preconcetti laicisti ed anticlericali;

Favore popolare verso il Cattolicesimo, favorito anche dalla testimonianza cristiana di sacerdoti e giovani cattolici

uccisi durante la guerra;


-

La progressiva democraticizzazione dello Stato con lintroduzione del suffragio universale che 1912 apr la porte alla

partecipazione politica delle masse popolare cui corrispose la caduta del non expedit (cio il divieto ai cattolici politici
dimpegnarsi in politica successivamente alla questione romana) > c.d. conciliazione silenziosa.

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La condizione giuridica della Chiesa in Italia e le varie libert furono al centro del programma politico del Partito

Popolare Italiano di Luigi Sturzo.


I tempi maturarono anche per affrontare la Questione Romana: era necessario garantire alla Santa Sede, una effettiva ed
indiscutibile libert ed indipendenza alla Santa Sede pi completa ed efficace di quella contenuta nelle Leggi delle
Guarentigie. La Santa Sede, il Movimento Cattolico ed il mondo politico italiano convergevano nella soluzione di un accordo
internazionale e della ricostituzione di una minuscola sovranit temporale del Papa. Tale convergenza sembr concretizzarsi
nellincontro tra mons. Cerretti , in rappresentanza della Santa Sede, e di Vittorio Emanuele Orlando, Presidente del
Consiglio, a Parigi in occasione della Conferenza di Pace del maggio-giugno 1919
6.

Il Fascismo e la firma dei Patti Lateranensi


Il lento ma progressivo processo di normalizzazione dei rapporti tra Stato e Chiesa nel quadro del sistema separatista

liberale venne bruscamente interrotto a causa degli eventi politici del 1922 e dei mutamenti politico-istituzionali che seguirono,
cui fece seguito una spinta per un rinnovo della politica e legislazione ecclesiastica in senso pi favorevole alle tradizioni
cattoliche del Paese: tra il 1923 ed il 1929 viene progressivamente abbandonato latteggiamento separatista e agnostico,
quando non decisamente anticlericale, che aveva caratterizzata la politica e la legislazione ecclesiastica precedenti. In tal senso
hanno contribuito una serie diniziative legislative che prevedevano:
-

la reintegrazione delle festivit religiose nellelenco delle festivit civili;

norme sullesposizione del crocefisso nei luoghi pubblici;

il riconoscimento giuridico dellUniversit Cattolica del Sacro Cuore di Milano;

la riorganizzazione e ampliamento dellassistenza spirituale nelle forze armate;

norme penali e misure di sicurezza pubblica a tutela della religione cattolica, preludio alla normativa del codice penale

del 1930 sulla tutela penale del sentimento religioso.


Si giunse cos l11 febbraio 1929 alla stipula dei Patti Lateranensi che comportarono:
- per lAutorit Statale Italiana la chiusura della Questione romana e la normalizzazione dei rapporti con la Chiesa con il fine
primario di acquisire il consenso delle masse cattoliche e consolidare il regime.
- per la Chiesa da un lato garanzie pi solide per lindipendenza e autonomia della Santa Sede e dallaltro costitu lunica
soluzione per garantirsi la propria libert in un contesto politico che stava degenerando.
7.

Contenuto dei Patti Lateranensi

I Patti Lateranensi constavano di due distinti documenti: il Trattato che riconosceva l'indipendenza e la sovranit della Santa
Sede e fondava lo Stato della Citt del Vaticano; il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa
ed il Governo; la Convenzione Finanziaria che regolava le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa
delle leggi eversive.
Il contenuto di tali accordi fu recepito nellordinamento italiano con tre fondamentali leggi di attuazione datate 27 maggio
1929:
-

L. n. 810 per la piena esecuzione del Trattato e del Concordato;

L. n. 847, c.d. legge matrimoniale, per il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio canonico e delle sentenze

di nullit e di didpensa del matrimonio rato e non consumato;


-

L. n. 848, sugli enti ecclesiastici e sulle amministrazioni civili dei patrimoni destinati ai fini di culto.

Il Trattato (in ventisette articoli e una premessa, cui seguono quattro allegati) riconosce la necessit, per assicurare alla Santa
Sede l'assoluta e visibile indipendenza, di costituire un territorio autonomo sul quale il pontefice possa esercitare la sua piena
sovranit. Veniva cos creato lo Stato della Citt del Vaticano. Si confermava inoltre l'articolo 1 dello Statuto albertino, in virt

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del quale la religione cattolica, apostolica e romana era considerata la sola religione dello Stato (principio non pi in vigore
con la firma del Protocollo addizionale dellAccordo di Villa Madama del 1984).
La persona del papa era dichiarata sacra e inviolabile, particolari privilegi venivano concessi alle persone residenti nella Citt
del Vaticano, e il patrimonio immobiliare della Santa Sede (di cui veniva fornito un elenco dettagliato) godeva di numerose
esenzioni specie dal punto di vista tributario. La convenzione finanziaria liquidava le pendenze economiche fra le due parti
mediante un cospicuo versamento da parte del governo italiano e la cessione di una congrua quantit di titoli quale indennizzo
dei danni subiti dalla Santa Sede con l'annessione degli Stati ex pontifici all'Italia e la conseguente liquidazione di gran parte
dell'asse patrimoniale ecclesiastico.
Il Concordato (quarantacinque articoli e una premessa), destinato a regolare i rapporti tra la Chiesa e lo Stato, assicura alla
Chiesa la libert nell'esercizio del potere spirituale, garantendo alcuni privilegi agli ecclesiastici (esonero dalla leva militare,
speciale trattamento penale ecc.); riconosce gli effetti civili del matrimonio religioso e delle sentenze di nullit dei tribunali
ecclesiastici; assicura infine l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali di ogni ordine e grado, come pure
l'assistenza spirituale alle forze armate e agli ospedali.
Dopo i Patti Lateranensi, lo Stato italiano approv legge n. 1159 del 24 giugno 1929 sui culti ammessi, contenente
disposizioni sullesercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti
medesimi.
8.

La Costituzione

La nascita della Repubblica (1946) e lentrata in vigore della Costituzione (1948) segnano una nuova epoca nelle relazioni tra
Stato e Confessioni religiose.
In seno allAssemblea costituente acceso il dibattito sulla disciplina costituzionale del fattore religioso, in relazione alla
circostanza che la legislazione 1929-1930 in materia ecclesiastica risultava in contrasto con i principi e le norme costituzionali,
quali il principio di uguaglianza e quello di laicit.
Il dibattito assunse i termini di tale questione: recepire o meno nellart. 7 dei Patti Lateranensi, stante levidente contrasto tra
disposizioni pattizie e costituzionali (cfr. Manuale, Dalla Torre, capitolo primo).
La soluzione nota: accettazione della formula nel testo con il richiamo ai Patti Lateranensi e relativo impegno a revisionare il
testo del 1929, come soluzione alle rilevate antinomie tra Concordato e Costituzione.
La Costituzione Italiana approvata manifestava il suo interesse nei confronti del fenomeno religioso:
Principio della eguale libert per tutte le Confessioni religiose;
Principio di indipendenza ed autonomia organizzativa e normativa delle Istituzioni religiose (art. 7, commi 2 e 3; art. 8,
commi 2 e 3)
9.

La revisione del Concordato e lAccordo di Villa Madama del 1984

Un pi ampio rinnovamento della legislazione ecclesiastica si ebbe solo al termine degli anni 60, quando al centro del
dibattito non solo giuridico, ma anche politico, emerse in modo sempre pi pressante il problema della revisione del
Concordato.
Il quadro politico e le trasformazioni sociali da una parte e levento conciliare (Concilio Vaticano II 1962-1965) dallaltra,
crearono le condizioni per una sostanziale revisione del Concordato del 1929.
Dopo che le trattative per la revisione del Concordato portarono alla formulazione di diverse bozze di revisione si giunse
finalmente alla firma degli Accordi di Villa Madama del 18 febbraio 1984.
Si tratta di un vero e proprio nuovo Concordato tra Stato e Chiesa che si compone di:
-

Un Preambolo;

14 articoli;

Un Protocollo addizionale di 7 punti.

15

Si tratta di un Concordato pi agile rispetto al precedente che invece contemplava 45 articoli.


Con la L. 25 marzo 1985 n. 121 stata data piena e intera esecuzione allAccordo.
Nello stesso periodo in cui si mettono in moto le trattative per la revisione del Concordato (1976) si mette in moto il
procedimento per la stipulazione delle Intese di cui al comma 3, dellart. 8 cost.: la stessa Delegazione italiana che tratta con la
Santa Sede incaricata di trattare con la Tavola Valdese e lUnione delle Comunit israelitiche: il 21 febbraio 1929 venne
firmata la prima Intesa, quella con la Tavola Valdese, cui seguirono quelle con le altre confessioni religiose di minoranza.
Gli anni successivi sino ad oggi, sono marcati piuttosto che dallintervento del legislatore, che pure non mancato, dalla
giurisprudenza della Corte Costituzionale, cui si deve per molti aspetti il maggior apporto nellinnovazione dellordinamento
anche per ci che attiene alla materia ecclesiastica.
Lezione 4
La libert religiosa istituzionale
Parte I. Principi generali.
Il tema affrontato in questa lezione concerne la dimensione istituzionale della libert religiosa e, quindi, delle Confessione
Religiose e dei loro rapporti con lo Stato italiano.
Il livello di tale lezione di tipo introduttivo: saranno affrontati cio i profili giuridici delle modalit di relazione tra tali entit,
rinviando per maggiori approfondimenti al manuale (Dalla Torre) ed alle prossime lezioni.
Partiamo, preliminarmente, dal concetto di Confessione Religiosa. Cosa sintende con tale espressione? La dottrina e la
giurisprudenza formulano in merito varie definizioni.
La definizione dottrinale pi accredita quella dellinsigne ecclesiasticita Francesco Finocchiaro, secondo il quale con tale
espressione deve intendersi: comunit stabili dotate o no di una organizzazione e normazione propria ed aventi una propria ed
originale concezione del mondo basata sullesistenza di un Essere trascendente in rapporto con gli uomini o sulla ricerca del
Divino nellimmanenza.
Non tutte le Religioni tuttavia assumono un volto istituzionale e, quindi, non divengono Confessioni Religiose: fedeli o, pi in
generale, gli aderenti ad una determinata religione non sempre rivestono giuridicamente le loro scelte religiose, esprimendosi
in termini di diritti ed obblighi, ovvero, individuando organi con funzioni regolanti le dinamiche del gruppo religioso cui
appartengono. Per altre religioni, invece, il profilo giuridico del loro agire ha una rilevanza imprescindibile: il caso della
Chiesa Cattolica, per la quale laspetto giuridico-istituzionale della propria realt assume finanche una valenza teologica
(.comunit gerarchicamente organizzata): organi e funzioni, doveri e diritti dei fedeli costituiscono, infatti, lespressione
istituzionale della religione cattolica, il suo ordinamento giuridico.
Dopo questo breve, ma necessaria premessa, passiamo ora ad analizzare la disciplina giuridica che il nostro ordinamento
prevede per le Confessioni Religiose.
Possiamo iniziare col dire che la nostra Costituzione presta particolare attenzione agli ordinamenti delle Confessioni religiose:
Cattolica (art. 7, comma 1, cost.) e acattoliche (art. 8, comma 2, cost.).
E questo per vari motivi riconducibili a principi che strutturano tutta larchitettura costituzionale del nostro ordinamento
giuridico. Pensiamo al concetto di sovranit che permea di s tutta istituti e norme previste dalla costituzione e che si esplica
nel riconoscimento di ampi spazi di libert ed autonomia di enti diversi da quelli propriamente statali; a quello di pluralismo
da cui proprio discende la estraneit del fenomeno religioso organizzato rispetto allo Stato.
La condizione giuridica delle Confessioni Religiose diversa a seconda della istituzione confessionale di riferimento. Tuttavia,
vi un principio che riguarda tutte le Confessioni religiose, senza differenza alcuna: quello contenuto nellart. 8, comma 1
della Cost. laddove stabilito che Tutte le Confessioni Religiose sono ugualmente libere davanti alla legge. Richiamerei la
vostra attenzione sullinciso ugualmente libere: la disposizione costituzionale in esame, infatti, non potrebbe affermare che le
Confessioni

sono uguali, perch,

altrimenti, violerebbe il principio di laicit, che impone allo Stato di riconoscersi

16

incompetente in materia religiosa. Con tale norma il Legislatore ha voluto, cos, riconoscere ad ogni Confessione il diritto di
esprimere la propria identit, senza rischi dintaccare il principio di uguaglianza in materia religiosa.
Ritornando al tema della posizione giuridica delle Confessioni, necessario riferire della distinzione, operata dalla stessa
Costituzione, tra Confessione Cattolica e Confessioni acattoliche (con/senza Intesa): alla Chiesa Cattolica riconosciuta dal
nostro ordinamento una posizione di indipendenza e sovranit, come previsto dallart. 7, comma 2, cost.; mentre alle
Confessioni Acattoliche riconosciuto il diritto di organizzarsi secondo propri statuti, in quanto non contrastino con
lordinamento giuridico italiano (art. 8, comma 2, cost.). Per quanto concerne lultimo inciso di tale ultima disposizione,
importante richiamare la sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuto di dover identificare le norme delordinamento
giuridico italiano con i quali le norme dello Statuto non possono contrastare con i principi fondamentali: si tratta della
sentenza n. 43 del 21 gennaio 1988, cui rinvio.
Quindi dalle disposizioni costituzionali esaminate (art. 7, comma 1; art. 8, comma 2) emerge come lordinamento italiano
considera le Confessioni religiose non come semplici gruppi o formazioni sociali, ma come veri e propri ordinamenti autonomi
rispetto a quello dello Stato, quindi titolari di una sfera di autonomia istituzionale, su cui lo Stato stesso non potrebbe
intervenire.
In via generale, ancora, bene precisare i principi in materia di rapporti tra Stato e Confessioni religiose, vale a dire, il
principio di laicit ed il principio pattizio: in base a quello di laicit, lo Stato si riconosce incompetente in materia religiosa,
per cui come conseguenza il legislatore statale non procede a disciplinare in via unilaterale il fenomeno religioso; in relazione
al secondo, invece, quello pattizio, il metodo della trattativa e lo strumento giuridico dellaccordo si configurano per lo Stato
gli strumenti idonei da utilizzare in tale settore dellordinamento giuridico.
Anche con riguardo a tali principi, necessario procedere ad una distinzione in base alla Confessioni di riferimento: per la
Chiesa Cattolica vale la garanzia dei Patti Lateranensi, medianti i quali lo Stato Italiano, oltre a trattare con la Santa Sede la
condizione giuridica della Chiesa Cattolica in Italia, ha riconosciuto alla medesima, la personalit giuridica internazionale e la
giurisdizione esclusiva sullo Stato Citt del Vaticano, come previsto dallart. 4 del Trattato Lateranense, accompagnandola con
una serie di garanzie personali, reali e territoriali volte ad assicurare il libero ed indipendente esercizio delle funzioni di
governo sulla Chiesa Universale da parte del Sommo Pontefice. Per le altre Confessioni, invece, stabilito che i rapporti tra
Stato Italiano e Confessioni acattoliche sono regolate per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze attraverso
le quali tali Confessioni assumono uno statuto di autonomia organizzativa e di una serie di prerogative sostanzialmente
analoghe a quelle previste per la Chiesa Cattolica.
Ma quale normativa si applica invece alle Confessioni religiose prive dIntesa con lo Stato italiano?
Ricordiamo che, linciso dellart. 8, comma 2, cost., fa riferimento ad un diritto di organizzarsi secondo i propri statuti. Quindi:
la Confessioni religiosa che non volesse stipulare un intesa ben potrebbe farlo, optando di non regolamentare i propri rapporti
con lo Stato. In questo caso, dunque, si applicher la legge unilaterale statale, vale a dire, la Legge n. 1159/1929 e relativo
R.D. n. 289/1930, cos come emendata dalla Corte costituzionale. Tale normativa, in particolare, prevede che il riconoscimento
di tale tipologia di Confessioni subordinato ad una valutazione del Governo: occorrer un DPR su proposta del Ministero
dellInterno, uditi il Consiglio di Stato ed il Consiglio dei Ministri, cui compete, altres, lapprovazione delle nomine dei
relativi ministri di culto; ma , soprattutto, non consente laccesso ad una serie di prerogative e agevolazioni generalmente
previste per la normativa pattizia.
Per questi motivi, da alcuni anni sta emergendo la necessit di giungere ad una riforma di tale normativa (cfr. il progetto di
legge sulla libert religiosa).

17

Parte II. I rapporti tra Stato italiano e Chiesa cattolica: lart. 7 Cost.
1)

RAPPORTI TRA STATO ITALIANO E CHIESA CATTOLICA

Fondamentale in materia lart. 7 della Costituzione Italiana.


Nel primo comma troviamo il riconoscimento da parte dello Stato dellindipendenza ed dellautonomia della Chiesa Cattolica
e, quindi, del carattere originario e primario di questultima. Ci implica, altres, il riconoscimento da parte dello Stato della
sua estraneit, e dunque incompetenza della sfera religiosa.
Il secondo comma invece stabilisce che i rapporti tra i medesimi sono regolati dai Patti Lateranensi che si articolano in :
1)

Trattato;

2)

Concordato;

3)

Convenzione Finanziaria.

Il Trattato risole finalmente la c.d. Questione Romana. Con esso, infatti, viene riconosciuta alla Santa Sede una serie di
garanzie personali e reali, tra le quali, in primo luogo, la costituzione di uno Stato indipendente e sovrano: lo Stato Citt del
Vaticano.
Con il Concordato viene disciplinata la posizione della Chiesa Cattolica in Italia e tutta una serie di materie dinteresse per la
Chiesa: la libert di esercizio della sua missione; la condizione degli ecclesiastici e dei religiosi; lo status degli enti
ecclesiastici; il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio canonico; linsegnamento della religione cattolica nelle
scuole pubbliche.
Con la Convenzione, lo Stato Italiano riconosce, invece, un indennizzo alla Santa Sede per i danni subiti nel 1870 a seguito
della perdita dello Stato Pontificio.
I Patti Lateranensi sono stati ratificati e resi esecutivi in Italia con la Legge del 27 maggio 1929, n. 810.
In relazione al principio pattizio bene soffermare poi la nostra attenzione sull comma 2 dellart. 7. In esso, proprio in forza di
quellestraneit dello Stato alla sfera religiosa, cui abbiamo accennato, si ritiene che per le materie che sono espressione di
questa particolare dimensione dellesperienza umana, sia sotto il profilo individuale che sociale, lo strumento giuridico pi
adatto certamente laccordo.
Il comma 3 dellart. 7 fa invece riferimento alla modificazione dei Patti, alleventualit, cio, che si vogliano apportare delle
modifiche al contenuto delle disposizione in essi contenuti. La regola qui, come accennato, quella di ricorrere allo metodo
delle trattative ed allo strumento dellaccordo, cosicch in caso di modifiche non sar necessario ricorrere al procedimento di
revisione costituzionale previsto dallart. 138 cost. Ed proprio per questa ragione che, in dottrina, le fonti di produzione
bilaterale, cio quelle frutto di accordo o intese con le Confessioni religiose, sono state definite atipiche o rinforzate, in quanto
appunto il previo accordo e intesa con la Confessione interessata, aggravando il loro iter di formazione conferisce loro un
grado di resistenza passiva allabrogazione superiore a quella delle norme ordinarie di pari grado. Dunque, per modificare tale
tipologia di norme occorre che il Legislatore attenda previamente allaccordo o intesa con lIstituzione religiosa ovvero in
alternativa procedere unilateralmente alla modifica delle disposizioni costituzionali di cui agli art. 7 e 8 ricorrendo
unilateralmente alla procedura di cui allart. 138. La peculiarit di tali fonti, poi, sta nel fatto che le norme che fanno
riferimento allo strumento pattizio, regolatore dei rapporti tra Stato e Chiesa cattolica, godono come gi accennato in
precedenza di una particolare stabilit o copertura costituzionale, nel senso che pur non essendo state formalmente
costituzionalizzate tant che la loro modifica, se concordata, non richiede il procedimento di revisione costituzionale
presentano un grado di resistenza passiva allabrogazione superiore non solo alle leggi ordinarie, potendo anche contrastare
con le norme della costituzione che non siano, tuttavia, espressione dei principi fondamentali dellordinamento giuridico
costituzionale. Diversamente previsto per le leggi che approvano le Intese con le Confessioni acattoliche: ma a questa
tematica dedicheremo unapposita lezione.

18

Particolare attenzione merita poi la problematica relativa al richiamo dei Patti Lateranensi nella Costituzione sollevata in seno
allAssemblea costituente. Per le posizioni assunte in merito rinvio al primo capitolo del nostro manuale (Dalla Torre) ed ad
una prossima lezione.
Attualmente i rapporti tra Stato italiano e Chiesa cattolica sono regolati dallAccordo di Villa Madama del 1984 che ha
modificato il Concordato del 1929 (dellAccordo del 1984 parleremo nella prossima lezione).
LEZIONE 5
La libert religiosa istituzionale,Lo Stato e la Confessione Cattolica: lAccordo di Villa Madama
In questa lezione affronteremo il tema dei rapporti tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica, analizzando, in particolare, lo
strumento giuridico che disciplina i rapporti tra le medesime autorit: lAccordo di Villa Madama
1. Verso la modifica del Concordato del 1929
Fino al 1948 i rapporti tra lo Stato italiano e Chiesa Cattolica, come sappiamo, erano regolati dai Patti lateranensi del 1929.
Lentrata in vigore della Costituzione signific, per, non soltanto la sostanziale modifica dellassetto istituzionale (passaggio
dalla monarchia alla repubblica), ma anche e, soprattutto, lintroduzione ovvero la formalizzazione costituzionale di principi e
norme rilevanti (anche) per il fenomeno religioso.
Inizia, cos, quella che in dottrina stata definita la nuova stagione delle relazioni tra Italia e Santa Sede.
E bene precisare che gi in seno allAssemblea costituente, nel momento in cui doveva delinearsi la disciplina riguardante il
fenomeno religioso e, quindi il rapporto tra lo Stato e le Confessioni religiose, venne in rilievo il problema della legislazione
ecclesiastica riguardante il periodo del biennio 1929-1930. Tale legislazione, infatti, alla luce dei principi costituzionali, di
libert ed uguaglianza ed in particolare quello di laicit (il quale pur non essendo stato formalmente costituzionalizzato, ben
poteva intendersi sotteso a molte norme costituzionali) presentava delle antinomie con ladottanda Costituzione italiana.
Il problema emerse, in particolare, quando si tratt di formulare lattuale art. 7 della Costituzione: i termini della questione
riguardavano il richiamo (o meno) dei Patti Lateranensi nella Costituzione, per il richiamo in essi contenuto dellart. 1 dello
Statuto Albertino che affermava essere la religione cattolica la sola religione di Stato.
Per quanto concerne le posizione degli esponenti delle varie aree politiche in sede di discussione, vi rimando al primo capitolo
del nostro manuale (Dalla Torre), soffermandoci oggi soltanto sullesito di tale discussione, ovvero sulla soluzione adottata dai
Padri costituenti: si opt, cio, per il richiamo dei Patti Lateranensi nel testo dellattuale art. 7 della Cost., con limpegno,
tuttavia, di revisionare il testo del 1929.
La citata nuova stagione nei rapporti tra Stato Italiano e Santa Sede inizia cos intorno agli anni 60, quando nel dibattito
politico, si faceva sempre pi centrale la questione circa la compatibilit tra la legislazione del 1929-1920 e i citati principi
costituzionali concernenti il fenomeno religioso.
In quegli anni, poi, numerose leggi contribuirono a creare le condizioni per un sostanziale intervento normativo che
riequilibrasse la situazione (legge sul divorzio; la riforma della scuola materna e secondaria; obiezione di coscienza al servizio
militare; la riforma sul diritto di famiglia; listituzione dei consultori familiari; legge sullobiezione di coscienza,
sullassistenza e beneficienza).
In tale contesto prende lavvio il lungo periodo delle trattative tra la Santa Sede ed il Governo Italiano. La Camera dei
Deputati approv una mozione per la revisione del Concordato; mentre il Ministro di Grazia e Giustizia verso la fine del 1968
istituisce una Commissione di Studio (che sinsedio nel marzo 1969)

presieduta dallonorevole Gonnella, proprio per

analizzare, i presupposti, contenuti, le modalit, per poter procedere - alla luce delle procedura previste dalle norme
costituzionali - alla revisione del Concordato del 1929 per adeguarlo, come detto, allo spirito della Costituzione. Tali lavori si
conclusero nel luglio del 1969 con una relazione presentata allo stesso Ministro.
Immediatamente dopo, cominciano ad emergere profili di tensione tra Stato e Chiesa al momento dellapprovazione della legge
sul divorzio: il Governo venne cos incaricato di promuovere un negoziato con la Santa Sede per poter procedere alla
necessaria modifica.

19

I lavori delle due delegazioni si protraggono fino al 1983 e il 18 febbraio 1984 , il Presidente del Consiglio, lonorevole Bettino
Craxi, siglava lAccordo di Villa Madama, ratificato e reso esecutivo con la Legge 121/1985. Per la Santa Sede lAccordo
veniva firmato dal Segretario di Stato Cardinale Agostino Casaroli.
1.

LAccordo di Villa Madama

LAccordo di Villa Madama (detto anche Accordo del 1984 o Nuovo Concordato):
1)

stato firmato a Roma (Villa Madama) il 18 febbraio 1984, dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal

Segretario di Stato Cardinale Agostino Casaroli;


2)

intitolato Accordo di modificazioni del Concordato lateranense;

3)

ratificato e reso esecutivo in Italia con la Legge n. 121 del 25 marzo 1985, pubblicata in Gazzetta Ufficiale Suppl.

ord. n. 85 del 10 aprile 1985;


1.1

Contenuti dellAccordo

A differenza del Concordato del 1929 composto di ben 45 articoli lAccordo del 1984 si articola in 1 preambolo, 14 articoli
ed 1 Protocollo addizionale di 7 punti. Vista lesiguit degli articoli, in dottrina si parlato di accordo-quadro: in esso
sarebbero contenuti i principi per la disciplina delle singole materie, rinviando per la disciplina di dettaglio, a successivi
accordi o intese tra le autorit competenti dei due ordinamenti.
Nel Preambolo, si fa riferimento alla trasformazione della societ italiana a partire dalla Costituzione repubblicana e
allimportanza del Concilio Vaticano II nella vita della Chiesa cattolica
Nei 14 articoli sono concentrati i principi ispiratori dei nuovi rapporti tra Stato e Chiesa in Italia:

Indipendenza e sovranit delle due Parti ciascuno nel proprio ordine e principio della reciproca collaborazione per la

promozione dell'uomo e il bene del Paese (art. .1)

Riconoscimento da parte dello Stato alla Chiesa della libertas Ecclesiae (alla Chiesa) della piena libert di svolgere la

sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione; assicurata alla Chiesa la libert di
organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero, del ministero spirituale e della giurisdizione in
materia ecclesiastica, di libert di comunicazione e di corrispondenza, di libert di pubblicazione e diffusione degli atti e
documenti relativi alla missione della Chiesa, di piena libert di riunione e di manifestazione del pensiero, del particolare
significato che Roma sede vescovile del Sommo Pontefice, ha per la cattolicit. (art. 2 )

Principi generali riguardanti le circoscrizioni delle diocesi e delle parrocchie e la nomina delle autorit ecclesiastiche

(art.3)

Principi e norme riguardanti gli ecclesiastici (art.4)

Principi e norme riguardanti gli edifici di culto (art. 5)

Riconoscimento delle festivit religiose determinate da intese tra le Parti (art. 6)

Principi e norme riguardanti gli enti ecclesiastici, istituzione di una Commissione paritetica italo-vaticana per la

formulazione di norme riguardanti enti e beni ecclesiastici e per la revisione degli impegni finanziari dello Stato italiano e degli
interventi del medesimo nella gestione patrimoniale degli enti ecclesiastici (art. 7)

Regolamentazione della materia riguardante il matrimonio concordatario (art. 8)

Principi riguardanti le scuole cattoliche e linsegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche (art. 9)

Principi riguardanti gli istituti universitari, i seminari, le accademie, i collegi e gli altri istituti per ecclesiastici e

religiosi, nomine docenti e riconoscimento dei titoli accademici ecclesiastici (questultimo aspetto demandato ad intese tra le
Parti) (art. 10)

Principi riguardanti la tutela della libert religiosa nelle Istituzioni segreganti (Forze amate, polizia, ospedali, istituti

di pena) e lassistenza religiosa nelle stesse (art. 11)

20

Principio della collaborazione per la per tutela del patrimonio storico ed artistico. Demando a successive intese tra le

Parti per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali d'interesse religioso appartenenti ad enti e
istituzioni ecclesiastiche e per la conservazione e la consultazione degli archivi d'interesse storico e delle biblioteche (art. 12).

Previsione di ulteriori intese tra le Parti per ulteriori materie per le quali si manifesti lesigenza di collaborazione tra la

Chiesa cattolica e lo Stato (art. 13.2).

In caso dinsorgenza di difficolt dinterpretazione o di applicazione delle disposizioni inserite nellAccordo la Santa

Sede e la Repubblica italiana affideranno la ricerca di unamichevole soluzione ad una Commissione paritetica da loro
nominata (art. 14).
Il Protocollo addizionale consta di 7 articoli aventi lo scopo di assicurare con opportune chiarificazioni la migliore
applicazione dei Patti lateranensi e delle convenute modificazioni e di evitare ogni difficolt di interpretazione. Tale Protocollo
fa parte integrante dell'Accordo.
Le precisazioni e chiarimenti riguardano gli artt. 1, 4, 7, 8, 9 e 10 dellAccordo
Le precisazioni pi rilevanti e dettagliate riguardano la materia matrimoniale (art. 4 del Prot. add. in relazione allart. 8 Acc.) e
quella scolastica (art. 5 del Prot. add. in relazione allart. 9 Acc.).
1.

2 Accordi e intese attuative


Successivamente allentrata in vigore dellaccordo, numerosi sono stati gli Accordi e le Intese stipulate tra Stato e

Chiesa Cattolica attuative dellAccordo - rispettivamente ratificate e rese esecutive ed approvate in materia di :
a)

Riforma degli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero

b)

Nomine ecclesiastiche

c)

Festivit religiose

d)

Insegnamento della Religione Cattolica

e)

Assistenza Spirituale

f)

Beni culturali

Qui appresso riportiamo lelenco delle Intese attuative dell'Accordo tra l'Italia e la Santa Sede:
Riforma degli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero

L 20 maggio 1985, n. 222


Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi.

DPR 13 febbraio 1985, n. 33


Regolamento di esecuzione della legge n.222
Nomine ecclesiastiche

Scambio di note del 23 dicembre 1985 tra il Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa e l'Ambasciata italiana
presso la Santa Sede.
Festivit religiose

DPR 28 dicembre 1985 n. 792


Riconoscimento come giorni festivi di festivit religiose determinate d'intesa tra la Repubblica italiana e la Santa Sede ai sensi
dell'art. 6 dell'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984 e ratificato con legge 25 marzo 1985,
n.121.
Insegnamento religioso

DPR 16 dicembre 1985, n. 751


Esecuzione dell'intesa tra l'autorit scolastica italiana e la Conferenza episcopale italiana per l'insegnamento della religione
cattolica nelle scuole pubbliche.

DPR 24 giugno 1986, n. 539 Approvazione delle specifiche ed autonome attivit educative in ordine all'insegnamento
della religione cattolica nelle scuole pubbliche materne.

DPR 8 maggio 1987, n. 204 Approvazione delle specifiche ed autonome attivit d'insegnamento della religione
cattolica nelle scuole pubbliche elementari.

DPR 21 luglio 1987, n. 350 Approvazione del programma di insegnamento della religione cattolica nella scuola
media pubblica.

DPR 21 luglio 1987, n. 339 Approvazione del programma d'insegnamento della religione cattolica nelle scuole
secondarie superiori pubbliche, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d'arte.

21


DPR 26 febbraio 1988, n. 161 Norme ed avvertenze per la compilazione dei libri di testo per l'insegnamento della
religione cattolica nella scuola elementare.

DPR 23 giugno 1990, n. 202 Esecuzione dell'intesa tra l'autorit scolastica italiana e la Conferenza episcopale italiana
per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche.

DPR 30 marzo 2004, n. 121 Approvazione degli obiettivi specifici di apprendimento propri dell'insegnamento della
religione cattolica nelle scuole dell'infanzia..

DPR 30 marzo 2004, n. 122 Approvazione degli obiettivi specifici di apprendimento propri dell'insegnamento della
religione cattolica nelle scuole primarie.

DPR 14 ottobre 2004, n. 305 Approvazione di obiettivi specifici di apprendimento propri dell'insegnamento della
religione cattolica nelle scuole secondarie di I grado.
Assistenza spirituale

DPR 27 ottobre 1999, n. 421 Assistenza spirituale al personale di religione cattolica appartenente alla Polizia di Stato.
Beni culturali

DPR 26 settembre 1996, n. 571 Esecuzione dell'intesa fra il Ministro per i beni culturali ed ambientali ed il Presidente
della Conferenza episcopale italiana, firmata il 13 settembre 1996, relativa alla tutela dei beni culturali di interesse religioso
appartenenti ad enti ed istituzioni ecclesiastiche.

DPR 16 maggio 2000, n. 189 Esecuzione dell'intesa fra il Ministro per i beni e le attivit culturali e il presidente della
Conferenza episcopale italiana, firmata il 18 aprile 2000.

DPR 4 febbraio 2005, n. 78 Esecuzione dell'intesa fra il Ministro per i beni culturali ed ambientali ed il Presidente
della Conferenza episcopale italiana, firmata il 26 gennaio 2005, relativa alla tutela dei beni culturali di interesse religioso
appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche firmata il 13 settembre 1996, relativa alla tutela dei beni culturali di interesse
religioso appartenenti ad enti ed istituzioni ecclesiastiche..
Il complesso delle norme pattizie di cui sopra disciplinano, dunque, la condizione giuridica della Chiesa Cattolica in
Italia e le c.d. res mixtae, vale a dire i settori, le materie di comune interesse per lo Stato e per la Chiesa Cattolica, perch
rilevanti sia sotto il profilo politico che religioso1.
Inoltre, lart. 13, n.2 che ulteriori materie per le quali si manifesti lesigenza di collaborazione tra la Chiesa Cattolica e lo
Stato potranno essere regolate sia con nuovi accordi tra le due Parti sia con intese tra le competenti autorit dello Stato e la
Conferenza Episcopale Italiana.
E nel caso insorgessero problematiche stato anche previsto: Se in avvenire sorgessero difficolt dinterpretazione o di
applicazione delle disposizioni precedenti, la Santa Sede e la Repubblica italiana affideranno la ricerca di unamichevole
soluzione ad una Commissione paritetica da loro nominata (art.14)
LAccordo, per la disciplina di dettaglio o attuativa di alcune materie in conformit ai principi in esso enunciati, individua le
autorit competenti dei due ordinamenti: a) per la Chiesa Cattolica: la Conferenza Episcopale Italiana ovvero le Conferenze
Episcopali Regionali (autonomamente o su mandato della prima) ovvero i singoli Vescovi nellambito della propria diocesi; b)
per lo Stato: il Ministro competente ovvero le singole Regioni.
Le intese che ne sono derivate sono state distinte in dottrina in due categorie:
1) intese paraconcordatarie: di carattere normativo contengono la disciplina di dettaglio in una determinata materia sulla base
dei principi dellAccordo o previo accordo apicale, assumendo rispetto ad essi una funzione attuativa/integrativa e natura di
accordo derivato (si tratta degli Accordi che operano in chiave complementare rispetto al nuovo Concordato e che si
riferiscono agli artt. 6, 10.2, 11.2, 12.1, 13.2 dellAccordo e al punto 5, lettera b, del Protocollo);
2) intese procedimentali: riguardano la presenza dellautorit ecclesiastica nellambito di procedure amministrative, onde
consentire la rappresentanza degli interessi ecclesiali in vista delladozione di un provvedimento amministrativo (art. 5, n. 3,
Acc.): LAutorit civile terr conto delle esigenze religiose delle popolazioni, fatte presenti dalla competente autorit

Le c.d. res mixtae (cose miste), sono materie di competenza dellordinamento civile, ma dove
lelemento religioso cos importante che lo Stato limita la sua autonomia per collaborare con le autorit
ecclesiastiche per meglio tutelare la libert religiosa di tutti.
Tra le res mixtae rientrano materie come ad esempio: il matrimonio, assistenza religiosa, beni culturali,
gli enti ecclesiastici, listruzione religiosa, le nomine vescovili. Pi recentemente sono state individuate
anche nuove materie che possono rientrare nel novero delle c.d. res mixtae come la bioetica, la privacy,
lobiezione di coscienza e limmigrazione.
22

ecclesiastica, per quanto concerne la costruzione di nuovi edifici di culto cattolico e delle pertinenti opere parrocchiali (
esempio: provvedimenti statali di requisizione, riparazione, espropriazione e demolizione di edifici di culto; oppure le intese ex
art. 11.2 e art. 5 lettera a del Protocollo addizionale per la nomina di assistenti spirituali e insegnanti di religione)
Rispetto a tali accordi derivati o sotto-intese, ci si posti il problema di stabilire se la copertura costituzionale di cui godono i
Patti Lateranensi ed il successivo Accordo di revisione, in forza dellartt. 7 sia ad essi estensibile.
Due le posizioni:
1) negativa: la copertura opera solo ed esclusivamente per le leggi di esecuzione dei Patti;
2) positiva: la copertura si estenderebbe alle fonti sub-concordatarie in forza della natura di accordo-quadro dellAccordo del
1984, legati, dunque, da un nesso di logica consequenzialit. A tal proposito stato affermato che sembra in ogni caso
difficile poter escludere a priori effetti riflessi della copertura costituzionale sulle fonti subconcordatarie che diano diretta
attuazione alla legge n. 121/1985, soprattutto in quelle ipotesi in cui lo stesso testo dellAccordo a rinviare esplicitamente a
successive intese per la disciplina di dettaglio della singola materia sulla base di principi da esso enunciati. In questi casi infatti
la fonte sub concordataria, nella misura in cui si attua i principi dellAccordo, realizza in forma compiuta la disciplina della
singola materia concordataria, andando a collocarsi allinterno dello spazio normativo, dedicato alla disciplina dei rapporti
tra lo Stato e la Chiesa (e analogo discorso va fatto per quanto riguarda le intese con le altre confessioni religiose, ex art. 8,
comma 3, cost.), che lo stesso art. 7 cpv. riserva integralmente al legislatore pattizio. In sostanza lambito della copertura
costituzionale di cui allart. 7 cost. sembra debba individuarsi non solo sulla base del criterio formale della fonte ivi
espressamente richiamata (i Patti Lateranensi), ma anche tenendo conto di quello sostanziale della materia ad essa riservata,
ossia la disciplina dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, come individuata dalle de prati negli origina patti nelle loro modifiche
da esse concordate (Dalla Torre).
Lezione 6
La libert religiosa istituzionale; Lo Stato e le Confessioni acattoliche
I parte
In questa lezione affronteremo il tema dei rapporti tra lo Stato italiano e le Confessioni religiose diverse dalla Cattolica.
I principi e le norme fondamentali che disciplinano i rapporti dello Stato con le Confessioni acattoliche sono fissate nellart. 8,
commi 2 e 3:
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non
contrastino con lordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le
relative rappresentanze.
Le questioni pi rilevanti della tematica de qua riguardano:
1)

La nozione di confessione religiosa diversa dalla cattolica;

2)

La condizione giuridica delle confessioni acattoliche ed i loro rapporti con lo Stato;

3)

La natura giuridica delle Intese e della posizioni delle leggi di approvazione nelle fonti del diritto.

1) Il concetto di Confessione religiosa diversa dalla cattolica.


Secondo autorevole dottrina tale perifrasi, troppo generica nella sua formulazione potrebbe si riferirebbe ai gruppi
confessionali che, al tempo dellentrata in vigore della Costituzione, rappresentavano la minoranza rispetto alla religione
cattolica, che costituiva invece lopzione religiosa pi diffusa nel contesto sociale italiano (Finocchiaro) ed alla quale stata
dedicata unapposita disposizione: lart. 7 cost..
2) La condizione giuridica delle Confessioni acattoliche ed i loro rapporti con lo Stato;
Il costituente - preliminarmente affermando che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge (art.
8, comma 1, cost.) - con la previsione dellart. 8, comma 2, ha voluto sancire il riconoscimento dellautonomia istituzionale

23

(organizzativa e normativa) delle Confessioni acattoliche: autonomia, tuttavia, diversa da quella sancita per la Chiesa Cattolica
(art. 7 cost.).
Per lautonomia riconosciuta alla Chiesa Cattolica, il testo costituzionale utilizza concetti quali indipendenza e sovranit,
caratteristiche ordinamentali proprie ed esclusive di questa realt confessionale, per le ragioni storico-giuridiche cui abbiamo
accennato nelle precedenti lezioni. Alle Confessioni acattoliche, invece, riconosciuto il diritto di organizzarsi secondo
propri statuti, in quanto non contrastino con lordinamento giuridico italiano (art. 8, comma 2, cost.). Inoltre anche previsto
che I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze (art. 8, comma 3,
cost.).
Tale norma, costituisce, altres, una garanzia per le tali Confessioni sotto due profili:
a)

poich non sancisce lobbligatoriet, bens la facolt di procedere alla formalizzazione delle relazioni tra le

medesime e lo Stato, mediante la stipula di Intese;


b)

ponendosi quali limite al potere statale di legiferare in materia religiosa, e, nella fattispecie, di disciplinare la vita

interna delle medesime.


Lautonomia di tali realt confessionali trova tuttavia un limite nella compatibilit dei loro statuti con lordinamento giuridico
italiano, come previsto dallultimo inciso della disposizione de qua.
Su tale limite, poi, si molto discusso in dottrina: cosa sintende per ordinamento giuridico italiano? Quale il suo contenuto?
Triplice la posizione della dottrina. Lordinamento giuridico italiano coinciderebbe con:
a)

ordine pubblico e buon costume;

b)

i principi dellordinamento costituzione;

c)

i principi generali dellordinamento giuridico.


La giurisprudenza costituzionale ha affrontato e risolto il problema con la nota sentenza n. 43 del 21 gennaio 1988,

con la quale la Consulta ha affermato che il contenuto del limite de quo coinciderebbe con i principi generali dellordinamento
giuridico e non anche a specifiche limitazioni poste da particolari disposizioni normative.
A tuttoggi risultano approvate le Intese ex art. 8.3 Cost. tra la Repubblica Italiana e le seguenti confessioni religiose: Tavola
valdese, intesa firmata il 21 febbraio 1984, legge di appr. n. 449/1984, modificata il 25 gennaio 1993, legge appr. n. 409/1993,
novellata il 4 aprile 2007, legge appr. n. 68/2009; Assemblee di Dio in Italia (ADI), intesa del 29 dicembre 1986, legge appr. n.
517/1988; Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del settimo giorno, intesa del 29 dicembre 1986, legge appr. n.
516/1988, modificata il 6 novembre 1996, legge appr. n 637/1996, novellata il 4 aprile 2007, legge appr. n 67/2009; Unione
Comunit Ebraiche in Italia (UCEI), intesa del 27 febbraio 1987, legge appr. n. 101/1989, modificata il 6 novembre 1996,
legge appr. n 638/1996; Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia (UCEBI), intesa del 29 marzo 1993, legge appr. n.
116/1995; Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI), intesa del 20 aprile 1993, legge appr. n 520/1995.
Vi sono poi altre Intese che sono state sottoscritte in data 4 aprile 2007 e che sono in attesa del perfezionamento legislativo o
che sono ratificate nel corso del 2012. Si tratta delle Intese firmate con le seguenti confessioni religiose: la Chiesa Apostolica
in Italia (noti come Pentecostali legge appr. n. 128/2012), la Chiesa di Ges Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (noti come
Mormoni legge appr. n. 126/2012, la Sacra Arcidiocesi dItalia ed Esarcato per lEuropa meridionale (noti come Ortodossi
legge appr. 127/2012), lUnione Induista Italiana, Sanatana Dharma Samgha (UII), legge appr. 246/2012, lUnione
Buddista italiana (UBI), legge appr. n. 245/2012 e, infine, la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova in Italia (con
queste ultime due confessioni religiose si tratta di una revisione dellintesa firmata il 20 marzo 2000).
A differenza della maggioranza delle altre confessioni religiose, l'Islam non ha una Intesa con lo Stato italiano. Un forte
problema in tale senso costituito dalla mancanza di una forma associativa chiaramente rappresentativa della maggioranza dei
musulmani in Italia.

24

Sono state presentate 3 distinte bozze dIntesa nellultimo decennio del secolo scorso da parte delle maggiori comunit
islamiche presenti in Italia2: l' UCOII (Unione delle Comunit e Organizzazioni Islamiche in Italia), la COREIS (Comunit
Religiosa Islamica) e l' AMI (Ass. Musulmani in Italia).
La mancanza di una bozza d' intesa unitaria pu essere dovuta quasi sicuramente all' assenza di una rappresentanza unitaria e
veramente rappresentativa della popolazione musulmana. Il tentativo da parte del Consiglio Islamico d' Italia di presentare una
bozza comune naufragato nel marzo 2001 per contrasti tra le associazioni che lo componevano (l' UCOII, la sezione italiana
della Lega Musulmana Mondiale e il Centro Culturale Islamico, con esclusione della COREIS e dell' AMI). I punti di maggior
dissenso sembrano essere stati quelli riguardanti la sepoltura secondo il rito islamico e l' 8 per mille da destinare ai ministri del
culto musulmano.
Per le Confessioni acattoliche prive dintesa - per disinteresse della stessa Confessione ovvero per la sua esiguit sociale - si
applica la legge sui culti ammessi del 24 giugno 1929 n. 1159, cui ha fatto seguito il r.d. del 28 febbraio 1930 n. 289. Si tratta
di una normativa che, pur subendo modifiche dallintervento della Corte Costituzionale, tuttavia, conserva una impostazione
di tipo restrittivo di tali realt confessionali: il loro riconoscimento, infatti, subordinato ad una valutazione da parte del
Governo. Esse, poi, non godono della possibilit di accedere a tutta una serie di agevolazioni che solitamente sono previste
dalla normativa pattizia.
Per tali ragioni, da alcuni anni si discute - sia in sede culturale che istituzionale - della possibilit di riformare tale normativa: o
attraverso la sua abrogazione ovvero mediante la sua sostituzione con una disciplina pi rispettosa delle istanze di libert
religiosa. Ci avvenuto mediante la previsione di un progetto di legge sulla libert religiosa, sulla quale per gli schieramenti
politici ancora non hanno raggiunto un accordo.
3)

La natura giuridica delle Intese

Passando allanalisi del comma 3, dellart. 8 cost., vediamo che molto si discusso sulla natura giuridica delle intese e sulla
posizione che assumono le leggi di approvazione delle medesime nellambito della gerarchia delle fonti del diritto.
Bisogna allora chiedersi preliminarmente se le Intese sono: atti di diritto interno? ovvero atti di diritto esterno?
Lesatta individuazione della qualificazione giuridica di tale strumenti e, dunque, la soluzione di tale problema -
strettamente collegata allanaloga questione riguardante invece la qualificazione degli ordinamenti giuridici cui danno vita le
Confessioni religiose: ordinamenti giuridici primari o secondari? Qualificare in un senso o in un altro lassetto giuridicoistituzionale della religione di riferimento consente una pi agevole e giuridicamente corretta soluzione: di valenza non solo
terminologica, bens sostanziale.
La posizioni in dottrina sono varie, optando con varie argomenti per luna o laltra soluzione.
Secondo la dottrina prevalente,comunque, le Confessioni acattoliche danno vita ad un ordinamento giuridico secondario,
mentre solo la Chiesa cattolica, nel panorama delle confessioni che si sono relazionate con lo Stato, esprime un ordinamento
giuridico di tipo primario. Ci per ragioni storico-giuridiche rilevanti sotto il profilo: a) soggettivo (sempre e solo la Chiesa
cattolica ha affermato la propria natura di ordinamento giuridico primario); b) oggettivo (sempre e solo la Chiesa cattolica ha
manifestato a livello ordinamentale di possede i requisiti strutturali propri degli ordinamenti originari) (cfr. Dalla Torre).
Da quanto sopra ne deriva che le intese stipulate dallo Stato italiano con le Confessioni acattoliche sono da considerarsi atti di
diritto interno.
Per quanto concerne, invece, la posizione assunta dalle legge di approvazione delle Intese nella gerarchia delle fonti del diritto,
esse, come gi detto, nella lezione sulle fonti del diritto ecclesiastico, rientrano nellambito della categoria delle fonti c.d.
2

Mentre il Centro Culturale Islamico di Roma gestito dalle ambasciate dei paesi stranieri ha

inviato nel 1993 una lettera ufficiale allo Stato italiano.

25

atipiche, nel senso che la circostanza che nel loro iter di formazione sia previsto la previa intesa con la Confessione interessata
conferisce a tali leggi un forza di resistenza passiva allabrogazione superiore a quella delle fonti ordinarie di pari grado.
Quindi: pur conservando la loro qualit di leggi ordinarie, la loro modificazione subordinata ad una previa modifica
dellintesa precedentemente stipulata. In alternativa, lunica via percorribile quella di procedere alla modificazione
unilaterale della norma costituzionale che disciplina tale iter (art. 8, comma 3).
Tali leggi di approvazione delle intese vengono, altres, qualificate dalla dottrina come leggi a contenuto costituzionalmente
vincolato, in quanto il loro contenuto, appunto, deve essere conforme alle Intese, di cui ne recepiscono il contenuto, che ne
rappresentano il presupposto di legittimit costituzionale (cfr. Dalla Torre).
Non senza interesse, le seguenti caratteristiche delle leggi de quibus:
1) matrice governativa: cio il potere iniziativa legislativa di tali leggi spetta esclusivamente al Governo, di cui presupposto
fondamentale, come detto, lintensa con le rappresentanze confessionali;
2) sottrazione a referendum abrogativo ex art. 75 cost.: cio di esse non si pu chiedere su iniziativa popolare labrogazione
totale o parziale,per le ragioni sopra accennate (in quanto fonti atipiche, modificabili solo con la citata procedura; leggi a
contenuto costituzionalmente vincolato);
3) qualifica di norme interposte: cio esse possono essere assunte a parametro di valutazione nellambito del giudizio di
compatibilit costituzionale delle norme statali unilaterali ecclesiasticamente rilevanti con lart. 8, comma3.
II parte
1)
Procedura per la stipula di un'intesa con lo Stato italiano
L'articolo 8 della Costituzione, dopo aver affermato che tutte le Confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge
e che hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purch non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano,
stabilisce che i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Le richieste di intesa vengono preventivamente sottoposte al parere del Ministero dell'Interno, Direzione Generale Affari dei
Culti.
La competenza ad avviare le trattative, in vista della stipula di una intesa, spetta al Governo.
Le Confessioni interessate si devono rivolgere quindi, tramite istanza, al Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale affida
l'incarico di condurre le trattative con le rappresentanze delle Confessioni religiose al Sottosegretario-Segretario del Consiglio
dei Ministri.
Le trattative vengono avviate solo con le Confessioni che abbiano ottenuto il riconoscimento della personalit giuridica ai sensi
della legge n. 1159 del 24 giugno 1929, su parere favorevole del Consiglio di Stato.
Il Sottosegretario si avvale della Commissione interministeriale per le intese con le Confessioni religiose affinch essa
predisponga la bozza di intesa unitamente alle delegazioni delle Confessioni religiose richiedenti. Su tale bozza di intesa
esprime il proprio preliminare parere la Commissione consultiva per la libert religiosa.
Dopo la conclusione delle trattative, le intese, siglate dal Sottosegretario e dal rappresentante della confessione religiosa, sono
sottoposte all'esame del Consiglio dei Ministri ai fini dell'autorizzazione alla firma da parte del Presidente del Consiglio.
Dopo la firma del Presidente del Consiglio e del Presidente della Confessione religiosa le intese sono trasmesse al Parlamento
per la loro approvazione con legge (fonte sito Governo italiano-Presidenza Consiglio dei Ministri).
2)

Contenuti delle intese

Le materie oggetto di intesa sono sostanzialmente le stesse per le Confessioni appartenenti al ceppo cristiano:
Assistenza spirituale
Insegnamento religioso
Riconoscimento degli effetti civili ai matrimoni celebrati secondo le norme confessionali
Riconoscimento della personalit giuridica degli enti ecclesiastici

26

Ammissione alla ripartizione della quota pari allotto per mille dellIrpef
Qualche differenza si pu riscontare con le Intese raggiunte con le Confessioni non cristiane in considerazione delle diverse
usanze di carattere religioso.
Un esempio lo possiamo ritrovare nellIntesa con lUnione delle Comunit ebraiche.
Agli ebrei riconosciuto il diritto, da esercitare nel quadro della flessibilit dellorganizzazione del lavoro, di osservare il
Sabato e le altre festivit religiose (articoli 3 e 4). Sempre a proposito di prescrizioni religiose, vanno ricordati (articoli 5, 9,
15): il diritto degli ebrei che vivono in collettivit (militari, ricoverati in ospedali, carcerati) di osservare, con lassistenza della
Comunit e senza oneri per le istituzioni in cui si trovano, le prescrizioni in materia alimentare; lassistenza spirituale ai
militari ebrei e il loro diritto di partecipare alle attivit di culto; laccesso dei ministri di culto negli ospedali, case di cura o di
riposo e nelle carceri; la perpetuit delle sepolture; la conferma del diritto della macellazione.
Inoltre, larticolo 1 di questa Intesa garantisce in sede penale la parit di tutela del sentimento religioso e dei diritti di libert
religiosa, senza discriminazioni tra i cittadini e tra i culti. Le norme del codice penale, riguardanti il vilipendio della religione
cattolica, si applicheranno perci, fino a una loro eventuale abrogazione, anche alle ipotesi di vilipendio della religione ebraica.
NellIntesa si precisa che le norme della legge 654 del 1975, con le quali si vogliono combattere tutte le forme di
discriminazione razziale, si intendono riferite anche alle manifestazioni di intolleranza e pregiudizio religioso.
3)

Otto per mille

Una materia ricorrente nelle Intese ex art. 8, comma 3 quella relativa alla partecipazione alla ripartizione della quota pari
allotto per mille dellIrpef.
Partecipano alla ripartizione della quota dell'otto per mille del gettito IRPEF le seguenti Confessioni Religiose:

Chiesa Cattolica

Tavola Valdese

Unione Italiana delle Chiese Avventiste del 7 giorno

Assemblee di Dio in Italia

Unione delle Comunit Ebraiche Italiane

Chiesa Evangelica Luterana in Italia.

Mentre solo a partire dal 2013 anche i Battisti che al momento della stipula dellIntesa del 1993 non avevano avanzato tale
richiesta - parteciperanno alla suddivisione delle quote otto per mille. La modifica dell'Intesa, voluta dallAssemblea generale
dell'Unione cristiana evangelica battista d'Italia (UCEBI) del 2008, prevede l'accesso anche alle quote non espresse. I fondi
cos raccolti finanzieranno progetti a soli fini umanitari, sociali e culturali. Dal 2013 ogni contribuente potr trovare, in sede di
dichiarazione dei redditi, anche lUCEBI tra i destinatari dellotto per mille.
A partire dal 2013 potranno godere dellotto per mille anche le altre Confessioni acattoliche la cui intesa stata ratificata nel
corso del 2012).
Si possono dedurre ai fini fiscali liberalit fino 1.032,91 a favore delle seguenti Confessioni Religiose:

Chiesa Cattolica

Tavola Valdese

Unione Italiana delle Chiese Avventiste del 7 giorno

Assemblee di Dio in Italia

Unione delle Comunit Ebraiche Italiane

Chiesa Evangelica Luterana in Italia

Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia

27

Lezione 7
La libert religiosa (art. 19 cost.)
In questa lezione sar esaminata la libert religiosa.
Dopo alcuni cenni relativi allo sviluppo storico della libert religiosa, analizzeremo la normativa costituzionale in materia.
1. Cenni storici
La libert religiosa nasce storicamente come diritto dei credenti di professare liberamente la propria religione, senza
impedimenti o costrizioni da parte di soggetti, sia pubblici (le autorit pubbliche) sia privati (individui, famiglie, gruppi
sociali).
Il problema della libert religiosa nasce, precisamente, con lavvento della religione cristiana, che introduce il principio della
separazione tra sfera religiosa e politica (Date a Cesare quel che di Cesare ed a Dio quello che di Dio), e, dunque, tra
autorit religiosa ed autorit politica, tra legge morale e legge civile, ponendo le premesse perch sorgesse dinnanzi
allautorit politica il diritto a non essere costretti ad agire contro la propria coscienza (Dalla Torre).
A partire dallEditto di Costantino del 313 d.c. con il quale il cristianesimo venne proclamato religio licita la libert
religiosa si sviluppata lentamente ma progressivamente in considerazione dei contesti storico-politico-culturali di riferimento:
a) Epoca medioevale
La struttura monista tipica della societ medievale imped linsorgere di un problema di libert religiosa. Nella Respubblia
gentium christianorum, infatti, la sfera religiosa e quella politica coincidevano: gli infedeli, come allora si chiamavano i noncristiani, erano fuori dellimpero. Unica eccezione fu quella degli ebrei: meramente tollerati quando non perseguitati. Daltra
parte la pur dolorosa questione delle eresie medioevali si configur e si risolse come un problema disciplinare allinterno della
chiesa (Dalla Torre).
b) Epoca Moderna
Con la Riforma Protestante si spezza lunit politico-religiosa dellEuropa medioevale: alla pluralit degli Stati corrisponde la
pluralit delle chiese - e di quelle cristiane in particolare le quali, assumono denominazioni diverse, ponendo cos un
problema di convivenza tra le medesime (c.d. pluralismo religioso). Sul piano politico tale situazione si traduce anche
giuridicamente nella rivendicazione da parte dei credenti della libert di scegliere e professare la propria fede religiosa,
libert che, comunque, verr riconosciuta come diritto positivo dagli Stati decisamente pi tardi. Solo, infatti, nel XVIII sec.
con laffermarsi del costituzionalismo e dei diritti fondamentali della persona umana, il diritto alla libert religiosa venne
positivamente proclamato.
c) Epoca Contemporanea
Le convenzioni e le dichiarazioni internazionali completano poi il processo di positivizzazione della libert religiosa. Ne
ricordiamo alcune:
1)

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali stipulata a Roma il 4

novembre 1950;
2)

Dichiarazione per leliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o sui

convincimenti personali;
3)

Trattato sullUnione europea stipulato a Maastricht il 7 febbraio 1992;

4)

Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea firmata a Nizza il 7 dicembre 2000.

5)

Trattato di Lisbona, 1 dicembre 2009: lart. 6 riconosce idiritti, le libert e i principi sanciti dalla Carta di Nizza (a

questultima viene riconosciuto lo stesso valore dei Trattati).


A tali interventi normativi si aggiunga la giurisprudenza in materia sia della Corte di giustizia delle Comunit europee sia
quella della Corte Europea dei diritti delluomo.

28

2. La disciplina costituzionale
La libert religiosa disciplinata dallart. 19 della Costituzione italiana. Essa si differenzia da quella di tipo istituzionale
sancita negli art. 7 e 8 cost che concerne, come sappiamo, la libert delle Confessioni religiose (chiese o, pi in generale, le
comunit religiose). Stabilisce, infatti, lart. 19: Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in
qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purch non si
tratti di riti contrari al buon costumi. Di fronte ad una disposizione costituzionale che sancisce un diritto ed una libert
fondamentale, come quella religiosa, necessario ed opportuno porsi le seguenti domande:
A)

Quale la nozione di libert religiosa?

B)

Chi sono i titolari?

C)

Qual il suo contenuto?

D)

Quali i suoi limiti?


*

A)

Nozione di libert religiosa

Quella religiosa, nellambito delle libert fondamentali delluomo, come sopra accennato pu dirsi storicamente la prima
libert ad essere stata riconosciuta dagli ordinamento giuridici.
Per ben comprendere la libert religiosa, opportuno tuttavia partire dalla considerazione di cosa non sia la libert religiosa.
La libert religiosa:
1)

non coincide con la libert dellatto di fede: quello di fede un atto che - riguardando la coscienza individuale che

opta per un credo religioso per sua intrinseca natura non pu che essere libero;
2)

non va confusa con la tolleranza, cio quellatteggiamento da parte delle pubbliche istituzioni diretto a non perseguire

per ragioni di opportunit gruppi religiosi che nella realt sociale costituiscono una minoranza, rispetto ad uno o pi gruppi
che professano invece un credo cui aderisce la maggioranza di quella medesima realt.
La nozione di libert religiosa quale concetto giuridico - si sostanzia invece nella c.d. immunit dalla coercizione esterna
(negare o imporre un determinato credo). Quale volto pu assumere la coercizione esterna? Quali le fonti da cui potrebbe
derivare tale coercizione? Le fonti possono essere di vario tipo: i singoli, i gruppi, le istituzioni.
Nella storia dello sviluppo di tale libert, la immunit dalla coercizione tuttavia riferita in particolar modo alle pubbliche
istituzioni, ai quei soggetti cio che pi di altri hanno il potere dimporre od impedire un determinato credo attraverso
lutilizzo di strumenti propri, come ad esempio una legge, un provvedimento.
La libert religiosa , infatti, qualificata giuridicamente come un diritto pubblico soggettivo, e come tale, pu essere azionato
nei confronti dello Stato (FINOCCHIARO) ogniqualvolta un provvedimento dellautorit statale possa limitare tale libert.
Tuttavia, anche il contesto privatistico nel quale si esercita la libert religiosa giuridicamente rilevante: la coercizione
potrebbe manifestarsi ad esempio nel contesto familiare, nellipotesi in cui ci sia un conflitto religioso di tipo sia orizzontale
(tra coniugi) sia verticale (tra genitori e figli). In tale ultimo caso si pone allora un problema di tutela dei diritto alla libert
religiosa del minore nella misura in cui sia da considerarsi prevalente (o meno) rispetto ad un diritto e libert altrettanto
fondamentali, come nella fattispecie il diritto di educare (anche religiosamente) i figli.
B) La titolarit
Per quanto concerne, invece, il profilo della titolarit, lart. 19 parla di tutti senza alcuna differenza (art. 3 cost.): ci per
ragioni legati essenzialmente alla natura di diritto e libert fondamentale della libert religiosa. Per tutti, dunque, intendiamo
sia la persona singola (cittadini, stranieri o apolidi) che i gruppi sociali (associazioni religiose o cultuali), senza distinzione tra
credenti e atei (per la posizione dellatto v. infra)
C) Loggetto
La semplice lettura testuale dellart. 19 ci consente, altres dindividuare loggetto della libert religiosa, costituito da una serie
di facolt:

29

a)

di professare un credo, in forma individuale o associata;

b)

di fare propaganda religiosa;

c)

di esercitare il culto, in pubblico ed in privato.

La formulazione della norma risente come sostenuto in dottrina - dei limiti culturali del tempo in cui stata approvata la
Costituzione: la giurisprudenza costituzionali , infatti, intervenuta in pi occasioni per ampliare lambito concettuale di tale
libert, di matrice liberale(c.d. forza espansiva della libert religiosa):
1) in termini soggettivi: facendovi rientrare anche la posizione soggettiva dellateo (cfr. Corte cost., sent. 5 maggio 1995, n.
149; sent. 10 ottobre 1979, n. 117);
2) in termini oggettivi: ponendo lart. 19 a fondamento di istituti e norme che appartengono alla sfera giuridica di altre libert
(libert di istituire scuole o enti con finalit educative ed assistenziali confessionalmente qualificate) ovvero di posizioni
soggettive nuove, la maggioranza delle quali riconducibili allobiezione di coscienza (allaborto, al servizio militare, a
trattamenti sanitari obbligatori, ecc.)
D) I limiti
Per ci che attiene, infine, ai limiti che lesercizio del diritto in questione pu legittimamente incontrare, essi sono
esplicitamente dati dalla Costituzione nel solo divieto dei riti contrari al buon costume. Si tratta di una espressione che stata
intesa dalla dottrina in maniera pi ristretta, come esclusione della legittimit dei riti che offendono la libert sessuale, il
pudore e lonore sessuale; ovvero in maniera pi ampia, come esclusione della legittimit dei riti contrari al sentimento etico,
o addirittura allintero vivere civile ed allintero campo sociale. Al riguardo da ritenere che il canone interpretativo del favor
libertatis, che deve necessariamente essere adottato in sede di interpretazione delle disposizioni costituzionali sui diritti di
libert, imponga lassunzione della categoria penalistica di buon costume, pi ristretta rispetto a quella civilistica, assai pi
ampia. Certo comunque che lesercizio della libert religiosa non pu essere soggetto a limiti sotto il generico profilo
dellordine pubblico; e soprattutto certo che il limite in esame opera solo in relazione alla effettiva celebrazione di riti
contrari al buon costume, rimanendo di conseguenza inoperante nei confronti di quelle confessioni religiose le quali
contemplassero nel loro patrimonio liturgico riti del genere, ma non li esercitassero concretamente (quanto meno sul territorio
dello Stato italiano)
2.1 Libert religiosa e libert di coscienza
E bene tuttavia distinguere la libert religiosa dalla libert di coscienza. Tra le due sfere di libert non vi ancora oggi una
linea netta di demarcazione, cos come non universalmente definite sono le loro nozioni.
Due le posizioni in dottrina:
a) Libert di coscienza come contenuto della libert religiosa: da questo punto di vista la libert di coscienza coinciderebbe con
uno dei contenuti della libert religiosa, quella di professare la propria fede religiosa, di dichiarare la propria appartenenza ad
una chiesa, escludendo cos ogni riferimento sia al culto che al proselitismo, rientrando queste due facolt nel pi ampio
ambito della libert religiosa;
b) Libert di religione come contenuto della libert di coscienza: da questo punto di vista la libert religiosa sarebbe una delle
espressioni della libert di coscienza, e propriamente di quella sua dimensione che assume come connotato specifico la
religiosit. La libert di coscienza in tal caso dovrebbe intendersi allora non solo come libert di professare o meno un credo
religioso, ma anche di optare per una tavola di valori etici, per una determinata visione della vita e del mondo ovvero per un
ideologia. Ne consegue che la libert di coscienza sarebbe riferibile anche allateo e non solo al credente.
Per unanalisi della posizione dellateo rinvio a p. 66 ss. del manuale (Dalla Torre).

30

III. Lart. 20 Cost.


Anche larticolo 20 della Costituzione riguarda il tema della libert religiosa:
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di
speciali limitazioni legislative, n di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacit giuridica e ogni forma di
attivit.
Con questo articolo si vuole tutelare dei gruppi religiosi. Lo scopo quello di evitare per lavvenire che si possa ancora
adottare in Italia quella che fu definita come formula organizzatoria del giurisdizionalismo (Lariccia) e che port nel XIX
secolo allemanazione delle c.d. leggi eversive del patrimonio degli enti ecclesiastici.
Infine, ricordiamo che anche lart. 8, comma 1 della Cost. fa riferimento al principio di libert religiosa: Tutte le confessioni
religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
In questo articolo viene sancita la libert dei culti, mentre nellart. 19 viene sancita la libert di culto e di religione.
Lezione 8
Il matrimonio (Il matrimonio concordatario)
- Parte I La presente lezione avr come oggetto il tema del matrimonio. Dopo alcuni cenni relativi ai profili evolutivi dellistituto
matrimoniale, con particolare riguardo ai rapporti tra Stato e Confessione cattolica, verr analizzata la disciplina attualmente
vigente in materia.
A.- Levoluzione della disciplina matrimoniale. Cenni
Occorre preliminarmente segnalare che il matrimonio, a partire dallet moderna, ha costituito motivo di conflitto tra lo Stato e
la Chiesa Cattolica. Per quale ragione? I motivi possono essere ricondotti:
1)

da una parte, alla circostanza che nella dottrina canonistica il matrimonio stato sempre ascritto nella categoria delle

c.d. res mitaxe (cio quelle materie rilevanti sia spiritualmente che temporalmente, e quindi soggette alla disciplina
ecclesiastica e civile);
2)

dallaltra, allaffermazione di una concezione laica del matrimonio e della famiglia antitetica a quella che la dottrina

cattolica propugnava.
A fondamento della disciplina del matrimonio canonico vige, infatti, il principio dogmatico della inseparabilit tra contratto e
sacramento, vale a dire che, tra battezzati non vi pu essere valido contratto matrimoniale che non sia al tempo stesso valido
sacramento. Le conseguenze di tale principio sono:
i.

lessenzialit del consenso degli sposi (can. 1057): il consenso come causa efficiente del matrimonio e, quindi,
elemento essenziale del contratto, ma anche del sacramento, di cui gli sposi sono gli stessi ministri.

ii.

la competenza esclusiva della Chiesa a dettarne la disciplina proprio in quanto il matrimonio sacramento, e quindi
res spirituales. La giurisdizione esclusiva della Chiesa non si limita, quindi, allaspetto meramente sacramentale ma, proprio a
motivo della inscindibilit sacramento-contratto si estende anche alla realt contrattuale.

iii.

la competenza dello Stato esclusivamente sugli effetti mere civiles del vincolo (es. i rapporti economici).
Il principio canonistico di ripartizione di competenze fra Stato e Chiesa nella disciplina del matrimonio dei fedeli, gi
affermato nel Codice del 1917 (can. 1013), sulla scorta delle enunciazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II (cos come
ribadito nel Magistero), viene confermato nellattuale Codice di Diritto Canonico, nei cann. 1059, 1671, 1672.
Ma tale principio, gi a partire dallaffermazione dello Stato moderno comincia ad essere oggetto di dispute di natura sia
teologica che giuridica, e, quindi, di aspri contrasti nelle relazioni tra le due autorit. E saranno proprio le condizioni storicoculturali dellEt moderna a spingere lo Stato ad affermare la proprio competenza sul matrimonio, generando cos uno dei pi
accesi conflitti nei rapporti con la Chiesa. Lo Stato moderno, infatti, sorge a seguito della dissoluzione dellunit politicoreligiosa dellEuropa Medioevale, determinando laffermarsi del principio di tolleranza in materia religiosa prima, e della

31

piena libert poi, nel suo ordinamento giuridico. Queste in estrema sintesi le ragioni storiche. Le ragioni, invece, di matrice
teorico-dogmatiche sono riconducibili allascesa del concetto di sovranit, su cui si fonda la costruzione dello Stato moderno,
che postula la sua emancipazione da ogni norma ed autorit superiore (legibus solutus). Tale concetto comporta, quindi, la
piena libert dello Stato di determinare la propria volont, espressa nella legge positiva, anche in materia matrimoniale, senza
limiti e condizionamenti di sorta, non esclusa una propria tavola di valori etici cui ispirare il proprio ordinamento, valori che
possono essere anche diversi e alternativi rispetto a quelli della Chiesa (Dalla Torre).
Per affermare lesclusiva competenza della legge civile a disciplinare il matrimonio, i teorici dello Stato moderno fecero leva
proprio sul principio canonistico della natura contrattuale del matrimonio, riconducendolo, per questo suo profilo, allordine
temporale, riservando alla Chiesa la competenza a regolamentare la mera realt sacramentale. Ma il Legislatore canonico reag
a tale pretesa ribadendo il principio della inseparabilit del contratto-sacramento di cui sopra. Nel corso del XIX sec., le
legislazioni degli Stati cominciano a prevedere lobbligatoriet del matrimonio civile, lunico riconosciuto dallo Stato ed
idoneo a produrre effetti giuridici. Larchetipo di tale legislazione fu la legislazione francese, che costitu il modello delle
successive codificazioni e nelle legislazioni di molti Stati moderni. In Italia, in particolare, il matrimonio civile venne
introdotto tra la fine del 700 ed i primi del 800, negli stati soggetti alla dominazione francese. Il Codice del Regno dItalia del
30 marzo 1806, riproduceva il modello francese, prevedendo anche il divorzio.
Con la riconfessionalizzazione degli ordinamenti dei vari Stati pre-unitari, listituto del matrimonio civile venne soppresso e si
torn a riconoscere la primaria competenza della Chiesa in materia: il matrimonio si celebra nelle forme previste dal diritto
canonico, salvo il rispetto per gli appartenenti ad altre confessioni ( c.d. culti tollerati), per i quali si ammetteva generalmente
la possibilit di sposarsi secondo i propri riti.
Sar il Codice Civile del 1865 ad introdurre nuovamente il matrimonio civile, come obbligatorio, per tutti i cittadini: venne a
cadere cos ogni rilevanza civile del matrimonio canonico e, conseguentemente, della giurisdizione ecclesiastica in materia.
Comincia cos a profilarsi una disciplina difforme: matrimonio canonico e matrimonio civile presentano elementi comuni, ma
anche difformi. Le divergenze tra i due modelli matrimoniali si registrano con maggiore evidenza, oltre che nella concezione
dei bona matrimoni, anche in materia di rilevanza del consenso ed in ordine ai requisiti soggettivi degli sposi, agli impedimenti
e ai vizi del consenso.
Con il Concordato del 1929, tuttavia il principio del matrimonio obbligatorio introdotto dal Codice del 1865 venne meno: lart.
34 Conc., infatti, mediante lo strumento della trascrizione riconobbe la possibilit di far conseguire effetti civili al matrimonio
canonico, nonch di rendere esecutive in Italia le sentenze canoniche di nullit matrimoniale ed i provvedimenti pontifici di
dispensa dal matrimonio rato e non consumato.
Tale disciplina, se consent il superamento del problema della doppia celebrazione, e quindi della duplicit dei vincoli
matrimoniali (canonico e civile), dallaltra introdusse il principio del pluralismo in materia matrimoniale, cosicch ogni
cittadino aveva la possibilit di scegliere tra:
a)

matrimonio civile: art. 84 e ss. Codice Civile;

b)

matrimonio canonico trascritto agli effetti civili (anche detto matrimonio concordatario: art. 34 Conc.;

c)

matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti acattolici: art. 7 e ss, L. n. 1159/1929)

Il matrimonio concordatario, in particolare, cos come disciplinato nel Concordato del 1929, delineava nettamente le sfere di
competenza dello Stato e della Chiesa, tanto che in dottrina si parlava con riferimento a tale contesto storico-normativo di
diarchia Chiesa/Stato, nel senso che alla prima era riconosciuta la piena competenza a disciplinare il negozio matrimoniale e
conseguentemente la piena giurisdizione sulla validit dello stesso; al secondo la piena competenza a disciplinare gli effetti
mere civilis del negozio, gli stessi prodotti dal matrimonio civile, e quindi la piena giurisdizione in questo ambito esclusivo
(Dalla Torre).

32

Il sistema, cos come appena delineato, venne intaccato da una serie dinterventi sia a livello legislativo e che giurisprudenziale
a) Livello normativo
Lincidenza maggiore deriv dalladozione da parte dello Stato italiano della legge sul divorzio n. 898 del 1 dicembre 1970,
che regolament listituto della cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario da parte del giudice italiano. Con
tale innovazione legislativa si andava cos ad incidere sensibilmente, non solo sugli effetti civili del matrimonio, bens anche
sulla atto matrimoniale, con lintroduzione del principio della dissolubilit del matrimonio, in forte antitesi con la concezione
del matrimonio canonico fino a quel momento condivisa dal legislatore italiano. Venendo meno lunicit dello status
coniugale, come sopra descritto, anche la riserva di giurisdizione dei Tribunali ecclesiastici in materia di validit del vincolo
venne intaccata dalla riforma.
Tra le novit di tale riforma, opportuno poi segnalare la sovrapposizione di disciplina venutasi a creare in seguito alla
previsione normativa dellinconsumazione (art. 3, n. 2, lett.f) tra le varie cause di scioglimento o cessazione degli effetti civili
del matrimonio, andando cos ad incidere sulla competenza esclusiva dei dicasteri ecclesiastici a concedere la dispensa dal
matrimonio rato e non consumato, esplicitamente riconosciuta dallart. 34 Conc.
b) Livello giurisprudenziale
Lintervento giurisprudenziale intacc, invece, la disciplina dei casi di trascrivibilit del matrimonio canonico e lesecutoriet
delle sentenze ecclesiastiche di nullit, introducendo in entrambi i casi dei limiti.
Le sentenze pronunciate dalle Corte Costituzionale pi rilevanti in materia sono: la n. 32 del 1 marzo 1971, le nn. 16 e 18 del 2
febbraio 1982. Con esse, dunque, si afferm che i matrimoni canonici erano trascrivibili e le sentenze di nullit matrimoniale
pronunciate dai Tribunali ecclesiastici erano eseguibili solo se non in contrasto con i principi inderogabili dellordinamento
italiano, sia sotto il profilo sostanziale (ordine pubblico) che processuale (diritto di difesa delle parti). Si dichiararono, altres,
incostituzionali le norme concordatarie che prevedevano lesecutoriet dei provvedimenti pontifici di dispensa dal matrimonio
rato e non consumato.
B.- La disciplina vigente del matrimonio canonico con effetti civili. La trascrizione (Procedura per il riconoscimento
degli effetti civili del matrimonio).
Come precedentemente accennato, il matrimonio canonico acquista effetti civili mediante la trascrizione.
La disciplina contenuta nellart. 8 dellAccordo di Villa Madama e relativa legge di ratifica ed esecuzione (L. 121/1985). Si
distingue in essa la trascrizione ordinaria, da quelle ritardata e tardiva. Esaminiamole.
I.- TRACRIZIONE ORDINARIA
Essa consta di varie fasi (art. 8Acc.):
A) La richiesta delle pubblicazioni civile;
B) La celebrazione religiosa e relativi adempimenti contestuali e successivi:
o

lettura degli articoli del Codice Civile (art. 143, 145, 147);

redazione dellatto matrimoniale in duplice originale;

trasmissione di un originale dellatto stesso allUfficio dello Stato Civile.

A) Le pubblicazioni civili
Si tratta delle pubblicazioni nella casa comunale. Diversa la funzione di tali pubblicazioni rispetto a quelle canoniche: le
prime hanno la funzione di accertare che nulla osta a che, mediante la trascrizione, il matrimonio canonico acquisti effetti civili
(art. 91 ss c.c.); le seconde, invece, che nulla osti alla celebrazione in base al diritto della Chiesa.
Tali accertamenti sono di competenza dellUfficiale dello Stato Civile del luogo di residenza dei nubendi: se la residenza in
luoghi diversi, la richiesta delle pubblicazione va inoltrata agli Uffici del luogo di residenza di entrambi. Oltre che dagli sposi,
la richiesta di pubblicazione pu essere fatta anche dal parroco dinanzi al quale il matrimonio verr celebrato.
Le pubblicazioni vengono effettuate, mediante affissione alla porta della casa comunale per un periodo non inferiore ad otto
giorni e comprendente due domeniche.

33

Effettuate le pubblicazioni senza che gli sia stata notificata alcuna opposizione n gli risulti alcun impedimento alla
trascrizione, lufficiale dello stato civile rilascia il certificato di nulla osta, in base al quale dovr comunque procedere alla
trascrizione, una volta ricevuto latto di matrimonio canonico, anche qualora frattanto fosse risultato qualche impedimento alla
trascrizione (in questo caso non resta che procedere allimpugnazione della trascrizione, una volta che essa abbia avuto luogo).
Qualora invece nel corso delle pubblicazioni si abbia opposizione al matrimonio (art. 103 c.c.), o comunque risulti lesistenza
di un impedimento alla trascrizione, lufficiale di stato civile non rilascer il certificato di nulla osta, e sullopposizione si
pronuncer il giudice civile, che decider solo se si tratta di opposizione fondata sulle cause indicate dallart. 8, n. 1 del testo
dellAccordo, alle lett. a) e b), nonch dallart. 4 del Protocollo addizionale, lett. a). Nel caso che risulti lesistenza di un
impedimento alla trascrizione, in riferimento ad uno dei casi previsti dalle disposizioni concordatarie ora ricordate, lufficiale
dello stato civile non d il certificato di nulla osta, rilasciando invece unattestazione delle eseguite pubblicazioni e di quanto
da esse risultato.
La mancanza del certificato di nulla osta impedir la trascrizione del matrimonio canonico agli effetti civili, ma ovviamente
non oster alla sua celebrazione, stante lautonomia dellordinamento canonico e di quello statuale. In questo caso si avr un
matrimonio canonico destinato a restare privo di effetti civili.
B) La celebrazione religiosa
La normativa, poi, prevede che subito dopo la celebrazione del rito, il parroco o il suo delegato, spiegher ai contraenti gli
effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del c.c. (143, 144 e 147) sui diritti e i doveri dei coniugi (lomessa
lettura non impedisce, comunque, la trascrizione del matrimonio, rilevando eventualmente quale causa di nullit della
trascrizione medesima). Segue la redazione dellatto di matrimonio in duplice originale (uno per larchivio parrocchiale; laltro
da consegnare allUfficiale dello Stato Civile), con le dichiarazione consentite secondo la legge civile:

legittimazione dei figli naturali per susseguente matrimonio dei genitori;

riconoscimento dei figli naturali;

scelta del regime patrimoniale (es: la separazione dei beni).

La fase successiva concerne la trasmissione delloriginale dellatto allUfficiale dello Stato Civile con la richiesta di
trascrizione da parte del parroco o altro sacerdote delegato ovvero Ordinario del luogo, entro 5 giorni dalla celebrazione
canonica (lomissione comporta una forma di responsabilit del sacerdote dinnanzi allautorit ecclesiastica per dolo o
negligenza; e per responsabilit aquiliana per i danni causati agli sposi per la omessa trascrizione).
Entro le 24 ore dal ricevimento dellatto di matrimonio lufficiale provveder poi alla trascrizione nei registri dello stato civile:
dellavvenuta trascrizione e della sua data dovr essere data comunicazione al parroco.
Il procedimento ordinario di trascrizione sopra descritto si qualifica anche con lespressione trascrizione c.d. tempestiva.
II.- TRASCRIZIONE TARDIVA
Tale tipologia di trascrizione presenta il carattere delleccezionalit: con essa si fa rifermento a quel tipo di trascrizione che si
verifica anche molti anni dopo la celebrazione canonica del matrimonio, purch ricorrano determinate condizioni: previsto,
infatti, che i coniugi:

abbiano conservato ininterrottamente lo stato libero dal momento della celebrazione a quella della richiesta;

siano ancora vivi;

presentino la richiesta congiuntamente ( possibile anche da parte di uno di essi, ma con la conoscenza e senza

lopposizione dellaltro);

ricorrano, altres, le altre condizioni previste dalla normativa concordataria (art. 8, n.1, lett. a e b, art. 4, lett. a

Protocollo).
Li effetti che si produrranno opereranno ex tunc, fatti salvi i diritti legittimante acquisiti dai terzi.

34

III. TRASCRIZIONE RITARDATA


E la trascrizione del matrimonio canonico di cui non siano state effettuate, prima della celebrazione, le pubblicazioni civili.
Con lentrata in vigore delle nuove disposizione del Concordato del 1984 la possibilit di trascrivere nei registri dello stato
civili i matrimoni canonici per i quali non si fosse preceduto previamente alle preliminari pubblicazioni civili fu al centro di
una delicata questione interpretativa.
Accadde cio che alcuni Ufficiali dello stato civili, argomentando dalla pretesa intervenuta abrogazione implicita della legge
matrimoniale per effetto della entrata in vigore delle nuove disposizioni concordatarie, si rifiutarono di procedere alla
trascrizione di matrimoni canonici per i quali non fossero state previamente effettuate le prescritte pubblicazioni civili (Dalla
Torre). In base, infatti, allart. 13 della L. 847/1929, la trascrizione del matrimonio canonico celebrato senza leffettuazione
delle pubblicazioni civili, pu egualmente avere luogo purch sia stato accertato che non ricorra alcuna delle cause
dintrascrivibilit previste dalla legge. Sulla base di questa disposizione, quindi, lufficiale dello Stato civili procede ai relativi
accertamenti successivamente alla ricezione dellatto di matrimonio (richiesta di documenti; affissione alle porte della casa
comunale ecc) diretti a verificare che nulla osti alla trascrizione del matrimonio stesso nei registri dello stato civile, e,
dunque, al rilascio del relativo certificato.
La questione dellaccennato rifiuto degli Ufficiali dello stato civile stata risolta in dottrina, considerando il medesimo rifiuto
destituito di ogni fondamento giuridico per due motivi:
1) la legge matrimoniale (n. 847/1929) citata non stata abrogata ne direttamente n indirettamente dalle nuove disposizioni
concordatarie, per cui essa rimane in vigore in quanto applicabile fino allemanazione di una nuova legge matrimoniale
(Dalla Torre);
2) lart. 4 Acc. stabilisce che sono riconosciuti agli effetti civili i matrimoni a condizione che latto relativo sia trascritto nei
registri dello stato civile, previe pubblicazioni civili nella casa comunale: dal che si evince che la legge richiede solo che le
pubblicazioni civili siano effettuate prima della trascrizione, nulla disponendo in ordine alla loro eventuale precedenza rispetto
alla stessa celebrazione canonica (Dalla Torre).
Lezione 9
IL MATRIMONIO CONCORDATARIO
- Parte II Il giudizio di delibazione
1.- Premessa
Preliminarmente allanalisi del procedimento di delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullit del matrimonio,
necessario richiamare due normative: la legge n. 218/1995, in materia di diritto internazionale privato ed il d.p.r. 30 novembre
2000 n. 396, in materia di ordinamento civile.
Tali norme introducono un sistema diverso tra riconoscimento civile - e, quindi, trascrizione e annotamento - delle sentenze ed
atti stranieri riguardanti lo stato civile delle persone, comprese le sentenze in materia matrimoniale, dal riconoscimento civile
delle sentenze ecclesiastiche di nullit del matrimonio. Nel primo caso il riconoscimento automatico: le sentenze o gli atti
stranieri vengono automaticamente trascritte e annotate se rispondono ai requisiti di cui allart. 64 della medesima legge; nel
secondo caso previsto un procedimento di delibazione: lart. 63, comma 2 lett. h, 69 lett. d, 49 lett. h del d.p.r. v. infra),
prevede, infatti, la trascrizione e lannotamento nei registri dello stato civile delle sentenze della Corte dappello previste
dallart. 17 della l. 847/1929 e dallart. 8, comma 2, dellAccordo del 1984 tra la Repubblica italiana e la Santa Sede ratificato
con l. 12171985 e non, dunque, delle sentenze ecclesiastiche.
Tale normativa conforme, altres, al Regolamento CE 27 novembre 2003, n. 2201/2003 sulla competenza, il riconoscimento,
e lesecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di potest genitoriale, che esclude dalla sua applicazione la disciplina
in materia matrimoniale concordata dagli Stati membri con la Santa Sede.

35

2. Concetto di delibazione
Con il termine delibazione si intende quella speciale procedura giudiziaria tramite la quale in un determinato Stato viene
accordata a domanda di parte efficacia giuridica ad un provvedimento di carattere giudiziario emesso dallautorit
giudiziaria di un altro Stato.
A tale procedura possono essere, pertanto, sottoposte anche le sentenze ecclesiastiche di nullit matrimoniale emesse
dallordinamento giudiziario canonico, in applicazione dellAccordo tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica del 18 febbraio
1984, modificativo della precedente normativa in materia prevista dal Concordato Lateranense del 1929.
Infatti, lart. 8, n. 2 di tale rinnovata disciplina prevede che la sentenza ecclesiastica di nullit di un matrimonio concordatario
(cio celebrato in forma canonica cui sia seguita trascrizione ai fini civili) pu acquistare efficacia giuridica nella Repubblica
italiana previa domanda congiunta di entrambi i coniugi o di uno di essi, da inoltrarsi presso la Corte di appello competente per
territorio, che va individuata in quella nel cui distretto si trova il Comune ove fu trascritto il matrimonio stesso.
Tale procedura rimasta, peraltro, immutata a seguito dellentrata in vigore della Riforma del diritto internazionale privato
avvenuto con la Legge n. 218/95.
3. Presupposti processuali: il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e il decreto di esecutivit
La domanda di delibazione, che deve essere necessariamente sottoscritta da un procuratore legale, richiede la presenza dei
seguenti ed indispensabili presupposti processuali:
la duplice pronuncia di nullit del matrimonio3 essa data dalle due conformi decisioni giudiziali emanate in

ambito ecclesiastico dichiarative della nullit del matrimonio, secondo la speciale procedura da osservarsi nei processi di
nullit matrimoniale;
-

il decreto di esecutivit esso rilasciato dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, nella sua funzione di

superiore organo di controllo dellattivit giudiziaria ecclesiastica, con il quale si attesta la esecutivit secondo il diritto
canonico della delibanda sentenza ecclesiastica di nullit.
Compito del Tribunale quello di accertare (e quindi di rassicurare lo Stato italiano) che i provvedimenti esaminati siano
legittimi secondo il diritto canonico. Tali provvedimenti, in particolare, devono rispondere a tre requisiti di garanzia di tale
legittimit:
a)

che la sentenza sia stata pronunciata dal giudice competente

b)

che la citazione o comunque la chiamata a partecipare al procedimento sia stata fatta in conformit del diritto canonico

c)

che le parti abbiano avuto rappresentanza o siano state contumaci in conformit delle norme canoniche

4.- Il procedimento di delibazione


Il procedimento per il riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche di nullit si svolge dinnanzi alla Corte dAppello del luogo
in cui stato trascritto il matrimonio canonico.
Esso si attiva per iniziativa delle parti: pi precisamente, su domanda delle parti o di una di esse (art. 8.2 Acc.), mediante atto
di citazione o ricorso, a seconda che le parti siano daccordo o meno circa lefficacia civile della sentenza canonica di nullit
(Cass. Civ., Sez. Unite, 5 febbraio 1988, n. 1212; cfr. anche Cass. Civ. 19 novembre 1998, n. 11658), cui allegare, quale
presupposto processuale della domanda, la sentenza ecclesiastica di nullit4 munita di decreto di esecutivit da parte del
Tribunale della Segnatura Apostolica (il superiore organo ecclesiastico di controllo).

Per le procedure di nullit del matrimonio canonico vedi anche lezione 10

E sufficiente la sola sentenza di secondo grado tenuto conto dei riferimenti alla precedente fase di giudizio in essa
contenuti.

36

Gli accertamenti della Corte dAppello riguardano quanto segue:

lesistenza ed autenticit della sentenza munita di decreto di esecutivit;

che il matrimonio dichiarato nullo era un matrimonio canonicamente trascritto (art.8, c.1, Accordo);

che il giudice ecclesiastico era competente a conoscere la causa;

che nel procedimento davanti ai Tribunali ecclesiastici stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in

giudizio;

che ricorrano le condizioni richieste dalla legge italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere:

conformit delle disposizioni della sentenza canonica allordine pubblico; assenza di giudicato e litispendenza sul medesimo
oggetto tra le stesse parti.
Al fine dintendere questultimo tipo di accertamenti attribuiti alla competenza della Corte dAppello occorre tener presente
lart. 64 della Legge n. 218 del 1995, tenendo conto della specificit dellordinamento canonico dal quale regolato il vincolo
matrimoniale che in esso ha avuto origine
La Corte assume, inoltre, i provvedimenti sia di natura economico-patrimoniale, sia personale:
a)

provvedimenti di natura economico-patrimoniale: attribuendo al coniuge che ne abbia il diritto e ne faccia richiesta

una provvisionale sulle indennit spettantigli a norma degli artt. 129 e 129 bis c.c., rimandando le parti davanti al giudice
competente in primo grado per la decisione su tali questioni (art. 8, comma 2, Accordo; v. art. 128 e ss sul matrimonio
putativo);
b)

provvedimenti di natura personale: adottando i provvedimenti sullaffidamento dei figli e/o sullassegnazione della

casa familiare.
5.- Il problema del riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche di nullit non conformi allordine pubblico.
5.1 Premessa
Prima di affrontare il problema oggetto di questo paragrafo necessario accennare ad alcuni concetti canonistici riguardanti i
vizi del consenso.
Nellordinamento canonico il matrimonio celebrato validamente tra battezzati che sia stato consumato indissolubile. Tuttavia,
per essere valido occorre che il matrimonio sia stato celebrato secondo la forma prescritta, non siano presenti impedimenti che
ne ostacolino la celebrazione e che sia stato prestato un valido consenso da parte dei nubendi.
Questultimo aspetto, la presenza di un vizio del consenso, pu determinare se accertato attraverso un procedimento canonico
la nullit del matrimonio.
I vizi del consenso (o meglio il difetto di consenso e i vizi del consenso) possono cos sommariamente riassumersi:
-

lincapacit a contrarre matrimonio

lignoranza

lerrore

il dolo

la violenza e il timore

la simulazione (parziale e totale, unilaterale o di entrambe le parti)

la condizione

5.2 Il problema della non conformit allordine pubblico


Come abbiamo gi detto sopra, tra i compiti della Corte dAppello previsto anche quello di accertare che ricorrano le
condizioni richieste dalla legge italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere tra cui anche la conformit
delle disposizioni della sentenza canonica allordine pubblico.

37

Abbiamo anche detto che al fine dintendere questultimo tipo di accertamenti attribuiti alla competenza della Corte dAppello
occorre tener presente lart. 64 della Legge n. 218 del 1995, tenendo conto della specificit dellordinamento canonico dal
quale regolato il vincolo matrimoniale che in esso ha avuto origine.
La formula ordine pubblico assume vari significati nellambito del diritto e in dottrina non esiste uninterpretazione univoca.
Nella materia matrimoniale, in particolare, il principio dellordine pubblico ha subito una sostanziale evoluzione. Prima
dellintroduzione del divorzio (l. 898/1970) e della riforma del diritto di famiglia (l. n. 151/1975), principio strutturale
dellistituto matrimoniale era quella della indissolubilit del matrimonio (prevalenza della dichiarazione sulla volont effettiva
dei coniugi). Successivamente al 1970 il principio dellordine pubblico italiano in materia matrimoniale quello delleffettivit
dellunione coniugale coincidente con il mantenimento della comunione spirituale e materiale (prevalenza della volont
effettiva sulla dichiarazione).
Sulla base di tale principio, dunque, ci si chiede quali casi di nullit del matrimonio canonico possono porsi in contrasto con
lordine pubblico.
Si sta assistendo, recentemente, a pronunce giurisprudenziali che danno uninterpretazione difforme degli impegni assunti
dallItalia in sede concordataria circa la delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullit matrimoniale, con particolare
riferimento al concetto di ordine pubblico, sebbene lorientamento della giurisprudenza di legittimit, cos come emerso in
alcune sentenze favorevoli alla delibazione, rimanga pur sempre fluttuante e non univoco.
La Cassazione, ed ancora una volta al massimo livello, ha enunciato il principio per cui non ogni vizio del consenso accertato
nelle sentenze ecclesiastiche di nullit del matrimonio consente di riconoscerne lefficacia nellordinamento interno, dandosi
rilievo nel diritto canonico come incidenti sulliter formativo del volere anche a motivi e al foro interno non significativi in
rapporto al nostro ordine pubblico, per il quale solo cause esterne e oggettive possono incidere sulla formazione e
manifestazione della volont dei nubendi, viziandola, o facendola mancare. Lerrore, se indotto da dolo, che rileva
nellordinamento canonico ma non in quello italiano, se accertato come causa di invalidit in una sentenza ecclesiastica, potr
dar luogo al riconoscimento di questa in Italia, solo se sia consistito in una falsa rappresentazione della realt, che abbia avuto
ad oggetto circostanze oggettive, incidenti su connotati stabili e permanenti, qualificanti la persona dellaltro nubendo (La
Cassazione, conformemente a quanto statuito dalla Corte di merito, ha ritenuto in contrasto con lordine pubblico interno la
rilevanza, sulla formazione del volere dei nubendi, data in sede canonica ad un errore soggettivo e ha negato il riconoscimento
dellefficacia della sentenza ecclesiastica di nullit del matrimonio nel caso in cui la rilevanza dellignoranza di uno dei
nubendi sullinfedelt dellaltro prima del matrimonio certa in attuazione delle istanze etiche che sottostanno al matrimonio
religioso e alla specificit del diritto canonico, ma non assolutamente compatibile con lordine pubblico italiano).
Inoltre, in una sentenza, a dir poco paradossale, il giudice di legittimit ha negato la delibabilit di una sentenza ecclesiastica
di nullit matrimoniale per contrariet allordine pubblico, considerando ostativa alla predetta delibazione la prolungata
convivenza dei coniugi protrattasi per venti anni dopo la celebrazione del matrimonio. (Dalla Torre)
In estrema sintesi possiamo dire che problematiche (relative alla delibabilit) sono insorte nellipotesi di nullit canonica
relativa alla c.d. simulazione unilaterale del consenso matrimoniale: la Cassazione intervenuta varie volte affermando che
assume rilevanza come principio di ordine pubblico anche la tutela della buona fede del coniuge ignaro della simulazione
(Cass. Civ. Sent. 1 ottobre 1982, n. 5026) a tutela dei valori della libert personale, della libert religiosa, delluguaglianza e
del pieno sviluppo della persona umana. Dunque: la simulazione unilaterale del consenso di uno degli sposi, se non n
conosciuta n conoscibile dallaltra parte, non consente il riconoscimento della sentenza ecclesiastica di nullit del matrimonio
(Cass. Civ. Sent. 2 dicembre1993).
6. Effetti della delibazione
La delibazione della sentenza ecclesiastica di nullit del matrimonio canonico, facendo venir meno retroattivamente i suoi
effetti civili fin dal giorno della sua celebrazione (lasciando tuttavia impregiudicati gli eventuali rapporti di filiazione e tutti gli
obblighi giuridici ad essi collegati), fa venir meno anche lesigenza della domanda di divorzio, qualora esso non sia gi

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giudizialmente intervenuto tra le parti. Viceversa, possibile la delibazione della sentenza ecclesiastica anche se sia gi
intervenuto il divorzio, i cui effetti personali e patrimoniali gi eventualmente ivi statuiti restano comunque fermi ed efficaci.
Dalla nuova disciplina concordataria resta, tuttavia, esclusa la possibilit di delibazione delle dispense pontificie per lo
scioglimento del matrimonio rato e non consumato (di cui parleremo in modo pi approfondito nella prossima lezione), poich
trattasi di provvedimenti graziosi e del tutto discrezionali, emessi con un procedimento di carattere amministrativo e non
giudiziario, nel quale sono assenti le fondamentali garanzie giurisdizionali sancite dalla Costituzione repubblicana a favore di
ogni cittadino italiano.
LEZIONE 10
IL MATRIMONIO CONCORDATARIO
- Parte III Il rapporto tra giurisdizione canonica e giurisdizione civile
Premessa.
Per una maggior comprensione delle tematiche affrontate in questa e nella precedente lezioni ci sembra opportuno fare dei
riferimenti, seppure sommari, alle procedure canoniche che si concludono con la sentenza di nullit e a quelle che, invece,
terminano con la dispensa dal matrimonio rato e non consumato. Si tratta di argomenti di Diritto canonico che, tuttavia, sono
strettamente connessi al Diritto Ecclesiastico.
1)

Con dichiarazione di nullit del sacramento del matrimonio si intende quel riconoscimento legale ad opera del

tribunale ecclesiastico che, in virt del diritto canonico, riconosce la nullit del sacramento del matrimonio.
Comunemente si parla di "annullamento della Rota", ma tecnicamente si tratta di un "riconoscimento di nullit". Infatti
secondo la dottrina cattolica il matrimonio uno e inscindibile, pertanto non possono sussistere motivi di annullamento o
risoluzione del matrimonio stesso. Se invece viene verificata ex post la sussistenza di una causa di nullit, tale da viziare la
validit del matrimonio contratto, il tribunale riconosce la nullit del vincolo e dichiara lo scioglimento dei coniugi dai diritti e
dagli obblighi di coniugio.
Per intentare una causa di nullit matrimoniale, uno dei due coniugi deve rivolgersi ad un tribunale ecclesiastico; in genere il
tribunale a cui rivolgersi il tribunale diocesano (o meglio uno dei 18 tribunali regionali individuati dalla Conferenza
episcopale italiana competenti per le cause di nullit matrimoniale).
Il primo tribunale a cui ci si rivolge viene chiamato tribunale di primo grado.
Il coniuge che inizia la causa (chiamato attore) pu scegliere il tribunale a cui rivolgersi in base a quattro criteri:

il tribunale del luogo dove fu celebrato il matrimonio;

il tribunale del luogo di domicilio dell'attore;

il tribunale del luogo di domicilio dell'altro coniuge (chiamato "convenuto");

il tribunale del luogo dove di fatto si dovr raccogliere la maggior parte delle prove.

I vari motivi di nullit sono contemplati dal codice di diritto canonico e possono cos riassumersi: l'impotenza (can. 1084
c.i.c.); incapacit per insufficiente uso di ragione (can. 1095 n. 1 c.i.c.); incapacit per difetto di discrezione di giudizio (can.
1095 n. 2 c.i.c.); incapacit per cause di natura psichica (can. 1095 n. 3 c.i.c.); ignoranza (can. 1096 c.i.c.); errore (can. 1097
1 e 2 c.i.c.); dolo (can. 1098 c.i.c.); Simulazione (can. 1101 c.i.c.); condizione (can. 1102 c.i.c.); Violenza e timore (can.
1103 c.i.c.).
Si tratta di una vera e propria procedura giudiziale.
Procedimento:
La dichiarazione di nullit di un matrimonio religioso o concordatario si ottiene attraverso una procedura che si svolge dinanzi
ai Tribunali ecclesiastici competenti.
Questo procedimento composto dalle seguenti fasi: Introduzione della causa, fase istruttoria, fase decisoria.

39

a)

Introduzione della causa, consta di un libellum introduttivo, di una citazione, e di una contestazione della lite:

b) Fase istruttoria, costituitosi il rapporto processuale, dopo la contestazione della lite, inizia la fase istruttoria, destinata alla
acquisizione delle prove, al fine di provare i fatti inerenti la causa di nullit. Questa fase si sostanzia in : acquisizione delle
prove, pubblicazione degli atti, discussione della causa
Il giudice dopo aver acquisito le prove, prima della discussione della causa, procede alla pubblicazione degli atti (si tratta
dellultimo momento in cui il giudice consente alle parti di prenderne visione, per garantire il diritto di difesa, ci non toglie
che anche prima di tale momento il giudice possa procedere alla pubblicazione degli atti)
La pubblicazione degli atti avviene con decreto da parte del giudice, per mezzo del quale alle parti e ai loro avvocati data la
facolt di prenderne visione.
Per evitare pericoli gravissimi, il giudice pu stabilire che qualche atto non sia reso noto alle parti, garantendo comunque che
rimanga impregiudicato il diritto di difesa.
La discussione della causa, ha luogo quando: le parti dichiarano di non aver pi nulla da addurre, il tempo utile stabilito dal
giudice per produrre le prove trascorso, il giudice dichiara di ritenere la causa sufficientemente istruita. Anche tale
conclusione avviene attraverso un decreto da parte del giudice.
Fatta la conclusio in causa, il giudice stabilisce un congruo spazio di tempo perch sia predisposto, se del caso, il sommario
degli atti, e siano presentate per iscritto le difese e osservazioni.
Le difese delle parti prendono il nome di restrictus, quelle del difensore del vincolo, animadversiones. (Tali difese scritte
risultano fondamentali per un eventuale processo di delibazione della sentenza pro nullitate eventualmente pronunciata
c) Fase decisoria, avviene dopo la discussione della causa.
La decisione viene adottata in una riunione del collegio giudicante, per pronunciare una sentenza pro nullitate, si dovr aver
acquisito la c.d. certezza morale
La sentenza canonica di nullit pronunciata dal tribunale ecclesiastico di prima istanza acquisisce stabilit quando consegua la
c.d. doppia conforme, cio sia confermata con una sentenza o un decreto dal Tribunale canonico di appello.
Questultima decisione deve essere sottoposta al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, chiamato a sancire
lesecutivit della decisione canonica, come il supremo organo di controllo ecclesiastico.
2)

La dispensa da matrimonio rato e non consumato nella Chiesa cattolica viene concessa dal Pontefice nei casi in cui

sia stato accertato che il matrimonio, malgrado la corretta celebrazione, non sia stato poi consumato attraverso l'atto coniugale.
Procedura.
La procedura prevede che il vescovo diocesano, dopo aver ricevuto la richiesta, proceda all'istruttoria per accertare se esistano i
requisiti per la concessione della dispensa, che scioglie il matrimonio. Gli accertamenti riguardano:

la mancata consumazione: la consumazione del matrimonio, secondo il diritto canonico, avviene quando gli sposi

compiono l'atto coniugale in modo libero e consapevole; non basta che ci sia stato un rapporto fisico completo tra i due dopo la
celebrazione delle nozze, necessario che tale rapporto sia stato libero e consapevole. Ad esempio non costituisce
consumazione un rapporto estorto con la forza o compiuto sotto l'effetto di sostanze come alcol o droghe.

l'esistenza di una giusta causa per la dispensa: infatti il matrimonio, pur non consumato, stato celebrato

regolarmente, dunque valido e prima di scioglierlo la Chiesa vuole verificare l'opportunit di questa decisione. Lo
scioglimento in questo caso non mai un diritto dei coniugi (come invece avviene nella dichiarazione di nullit del sacramento
del matrimonio), ma una grazia concessa dall'autorit.
Dopo aver compiuto l'istruttoria diocesana, la procedura diventa di competenza della Curia romana: il fascicolo viene
trasmesso dapprima all'apposito ufficio presso il Tribunale della Rota Romana e successivamente passa alla Segreteria di Stato
per la firma del Papa, che l'unico in grado di concedere la dispensa (che un provvedimento di carattere amministrativo
concesso dal Pontefice con un provvedimento di grazia).

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Le cause di scioglimento hanno dunque la configurazione dei procedimenti amministrativi anche se in parte presentano
specialmente nella fase istruttoria una serie di formalit tipiche delle procure giudiziali.
I.- I giudizi in materia matrimoniale
I giudizi in materia di matrimonio concordatario rientrano nella giurisdizione del giudice statale o ecclesiastico
secondo criteri di ripartizione stabilite dalla normativa concordataria.
La giurisdizione dello Stato sul matrimonio concordatario riguarda:

Le controversie inerenti la validit e lefficacia della trascrizione civile;

La delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullit;

La separazione personale dei coniugi.

II.- La giurisdizione del giudice civile


A) Le controversie inerenti alla trascrizione
La trascrizione, in quanto atto dello stato civile, determina che le controversie relative al suo procedimento ed ai suoi effetti
rientrino nella giurisdizione statale.
La cessazione degli effetti della trascrizione di un matrimonio canonico, pu avvenire nei seguenti casi:
a)

con il passaggio in giudicato delle sentenze di divorzio (art. 2, L. n. 898/1970) con effetti ex nunc: si tratta dellipotesi

in cui le parti si rivolgono al giudice civile per ottenere una sentenza che dichiari, ricorrendone i presupposti previsti dalla
legge, la cessazione degli effetti civili del matrimonio;
b)

di annullamento5 (art. 16, L. 847/1929, per la parte non derogata o abrogata dallAccordo del 1984) con effetti ex tunc.

I vizi denunciabili in tale ipotesi riguardano:

sussistenza dimpedimenti inderogabili alla trascrizione previsti dallart. 8.1 Acc. e annesso Protocollo Addizionale;

trascrizione tardiva senza il consenso di entrambi le parti;

latto diniziativa del procedimento di trascrizione sia stato assunto allorch una delle parti era incapace dintendere e

di volere, ovvero il consenso per tale atto era viziato da una di quelle cause che determinano linvalidit del matrimonio civile.
B) I procedimenti di separazione dei coniugi
I coniugi che hanno contratto un matrimonio religioso con effetti civili in base alle norme del concordato, possono rivolgersi al
giudice civile ricorrendo i presupposti previsti dalla legge. La separazione pu essere sia consensuale che giurisdizionale a
seconda che la coppia raggiunga o meno un accordo sulle condizioni personali (coniugali e genitoriali) e patrimoniali della
separazione.
La sentenza pronunciata dal giudice civile non incide sul vincolo matrimoniale, sia nella sfera civile che religiosa: essa non
modifica lo status coniugale limitandosi a regolamentare la crisi coniugale, sotto il profilo personale e patrimoniale, tra i
coniugi e tra i medesimi e la prole.
C) I giudizi circa il riconoscimento (o meno) della dispensa pontificia del matrimonio rato e non consumato.
Attualmente, i provvedimenti pontifici di dispensa dal matrimonio rato e non consumato non possono produrre efficacia
nellordinamento giuridico italiano: , esclusa, dunque lipotesi di un riconoscimento civile di tali provvedimenti, diversamente
da quanto invece era stabilito nella citata disposizione concordataria del 1929, nella quale era consentito che anche alla
dispensa da matrimonio rato e non consumato poteva essere data esecuzione con lo stesso procedimento con cui era data
esecuzione alle sentenze di nullit del matrimonio canonico. NellAccordo del 1984 non si fa pi menzione allattribuzione
degli effetti civili ai provvedimenti pontifici di dispensa da matrimonio rato e non consumato che deve ritenersi quindi
abrogata.

Qui si tratta di annullamento quale istituto civile.


41

Gi prima della revisione concordataria, la Corte Costituzionale era intervenuta in merito con la sent. del 2 febbraio 1982, n.18.
Con la tale pronuncia, la Consulta, infatti, aveva gi escluso la possibilit di rendere esecutivi agli effetti civili le dispense
super rato, dichiarando illegittima - per contrasto con il principio fondamentale della tutela giurisdizionale dei diritti ex art. 24
cost. la disposizione concordatarie, nella parte in cui prevedevano appunto il potere della Corte dappello di rendere
esecutivo il provvedimento ecclesiastico col quale concessa alle parti la dispensa pontificia dal matrimonio rato e non
consumato.
La ragione fondamentale di tale posizione sarebbe da ricondurre alla circostanza che, secondo la dottrina prevalente (mentre in
giurisprudenza sono a tuttoggi rilevabili decisioni contrastanti in materia) la natura amministrativa e non giurisdizionale del
procedimento previsto per la dispensa super rato non garantirebbe alle parti il rispetto del diritto di difesa, quale diritto
inviolabile costituzionalmente garantito.
Ottenuta la dispensa, le parti potranno allora rivolgersi al giudice civile ai sensi e per gli effetti dellart. 2 della legge 898/1970
(legge sul divorzio), applicandosi nella fattispecie lart. 3, lett.f della medesima legge, ricorrendo lipotesi dinconsumazione.
II.- Il problema della giurisdizione canonica e/o civile sulla validit del vincolo matrimoniale.
Se ed in che misura il giudice italiano possa, altres, giudicare circa la validit del vincolo del matrimonio canonico trascritto
stato oggetto di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale relativamente alla sussistenza o meno della c.d. riserva di
giurisdizione in materia di nullit matrimoniale a favore dei Tribunali ecclesiastici con lentrata in vigore dellAccordo di Villa
Madama.
Per ben ricostruire e comprendere tale problematica bene qui richiamare lattenzione su quanto gi accennato nella prima
delle lezioni dedicata al matrimonio concordatario. Mi riferisco al principio canonistico - che alla base della dottrina e della
disciplina del matrimonio nellordinamento della Chiesa Cattolica della inscindibilit tra contratto e sacramento, in forza del
quale tra battezzati non pu sussistere valido matrimonio che non sia allo stesso tempo un valido sacramento. Il matrimonio,
dunque, per il suo profilo sacramentale, appartiene alle res spirituales cosicch sulla sua validit - cos come sul suo
scioglimento, in caso di matrimonio rato e non consumato - pu pronunciarsi soltanto lautorit ecclesiastica. Spetta, dunque,
al giudice ecclesiastico - e rispettivamente al Pontefice - pronunciare la sentenza di nullit ovvero concedere la dispensa nel
caso matrimonio rato e non consumato.
Tale posizione dottrinale ha ottenuto un formale ed espresso riconoscimento con il Concordato del 1929 (L. 810/1029).
Stabiliva, infatti, lart. 34, comma 4, che le cause concernenti la nullit del matrimonio canonico e la dispensa super rato sono
riservate alla competenza dei tribunali e dicasteri ecclesiastici. Nel 1984 con la modifica del Concordato, non ritroviamo
nellart. 8.2 tale formula: tuttavia, il comma successivo contiene un inciso con la quale la Santa Sede, anche in tale sede di
revisione, ribadisce limmutabilit della dottrina cattolica sul matrimonio.
Fine del principio di riserva di giurisdizione a favore dei tribunali ecclesiastici?
Diverse gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza. Esaminiamone alcune rinviando per lapprofondimento della
tematica alle pagine del manuale (p. 162 e ss.).
a) Fine della riserva e tesi della giurisdizione concorrente (criterio della c.d. prevenzione).
Secondo questa tesi - sostenuta da una parte della dottrina e dalla Corte di Cassazione (Cass. Civ. Sez. Un. 13 febbraio 1993, n.
1824) - sia il giudice civile che il giudice ecclesiastico sono competenti a giudicare della nullit del matrimonio: le parti
possono cio adire sia il Tribunale ecclesiastico che quello civile, ed in questultimo caso, il giudice potr pronunciarsi sulla
validit del vincolo matrimoniale applicando al caso in esame le disposizione civilistiche o quelle canonistiche.
La mancata riproduzione della formula contenuta nellart. 34 del Concordato nel vigente art. 8.2 dellAccordo largomento
che sta alla base di tale posizione, cui si aggiunge un ulteriore ragione, ancora una volta di natura formale. I sostenitori di tale
tesi, infatti, richiamano, da una parte, lart. 8.2, laddove richiede, ai fini del riconoscimento, la sussistenza di altre condizioni
richieste dalla giurisdizione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere; dallaltra, il punto 4, lett. b) del
Protocollo Addizionale che a tale riguardo richiama lart. 797 ora abrogato con lentrata in vigore della L. 218/1995, sulla

42

riforma del sistema italiano di diritto internazionale provato. Ci si riferisce, in particolare alle disposizioni nn. 5 e 6 che
prevedevano, ai fini del riconoscimento, la non contrariet della sentenza da delibare con altra pronunciata dal giudice italiano,
n la pendenza dinnanzi dal medesimo giudice di un giudizio per il medesimo oggetto e tra le stesse parti. Nellipotesi allora
che le parti si siano rivolte a giudici diversi (una il giudice statale; laltro quello ecclesiastico), unattenta lettura di tali
disposizioni condurrebbe coerentemente a tale conclusione: in tali casi dovr prevalere la giurisdizione civile su quello
ecclesiastica).
La conferma della tesi della fine della riserva di giurisdizione canonica riscontrabile, infine, nellart. 13, n. 1 Acc che dispone
in tali termini: Salvo quanto previsto dallart. 7, n. 6, le disposizioni del Concordato stesso non riprodotte nel presente testo
sono abrogate.
b) Tesi della sopravvivenza logica della riserva: volont delle parti e principio di laicit.
Per la permanenza della riserva di giurisdizione dei Tribunali ecclesiastici in materia di validit del vincolo matrimoniale, si
schiera, invece, un'altra parte della dottrina. Gli argomenti sono i seguenti:
a)

In generale, si richiama il disposto dellart. 13, n. 1 Acc. in base al quale: Le disposizioni precedenti costituiscono

modificazioni del Concordato lateranense accettate dalle due Parti. Tale disposizione che esprime la volont delle Parti
contiene un preciso canone ermeneutico che porta ad escludere che nel 1984 si sia adottato un nuovo Concordato. In tale
senso afferma autorevole dottrina si era pi volte espresso il Parlamento nel corso dei lavori di revisione, autorizzando il
Governo ad avviare e a concludere il negoziato con la Santa Sede nei limiti di quellesigenza di armonizzazione
costituzionale del testo concordatario condivisa da gran parte delle forze politiche (Dalla Torre). Non potendosi trascurare
tale criterio ermeneutico in sede dinterpretazione del Concordato, il sistema matrimoniale concordatario che deriva dalle
disposizioni del 1984 deve ritenersi essenzialmente aggiornato, rimanendo cos inalterati i capisaldi strutturali, quali la
riserva di giurisdizione a favore del giudice ecclesiastico.
b)

In particolare, si richiama il principio di laicit, quale principio costituzionale superiore e strutturante di tutto

lordinamento. Se e nella misura in cui le Parti abbiano voluto fare riferimento al matrimonio-sacramento res spirituales cosi come disciplinato dalle norme del diritto canonico, quale presupposto per il conseguimento degli effetti civili
nellordinamento italiano in base al procedimento di trascrizione, il giudice potr essere solo quello ecclesiastico, essendo
precluso allo Stato di entrare nellordine proprio della Chiesa ex art. 7 cost. In sede di negoziazione della revisione del
concordato, le Parti non avrebbero, dunque, potuto disporre liberamente in tema di giurisdizione, stante la natura indisponibile
del principio di laicit da parte di qualsivoglia organo dello Stato, essendo sottratto finanche dal potere di revisione
costituzionale. La stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 18/1982 sottoline il legame funzionale della riserva di
giurisdizione canonica alla disciplina matrimoniale: se il negozio cui si attribuiscono effetti civili nasce nellordinamento
canonico e da questo regolato nei suoi requisiti di validit, logico corollario che le controversie sulla sua validit siano
riservate alla cognizione degli organi giurisdizionali dello stesso ordinamento.
I sostenitori della tesi della sopravvivenza della riserva richiamano, altres, lattenzione sui rischi che derivano dallaccogliere
le tesi della fine della giurisdizione canonica. Il giudice civile, infatti, chiamato a giudicare sulla validit del matrimonio
concordatario, si troverebbe ad agire in modo incostituzionale sia che applichi il diritto canonico sia la normativa civile: nel
primo caso, il giudice si pronuncerebbe sulla validit di un sacramento res spirituales -, cio di un matrimonio contratto
secondo le norme del diritto canonico, violando il principio di laicit; nel secondo caso, il vulnus riguarderebbe le norme
concordatarie, laddove si fa espresso riferimento alla disciplina del diritto canonico per contrarre il matrimonio diretto, a
discrezione delle parti, a conseguire effetti civili.
In conclusione: la legge canonica a disciplinare la validit del vincolo, lautorit competente ad applicarla al caso concreto
il giudice ecclesiastico, lunico a poter valutare anche le ipotesi di nullit tipicamente confessionali ma non solo non
previste dalla normativa civilistica.

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LEZIONE 11
RELIGIONE ED ISTRUZIONE
Introduzione
Il fenomeno religioso investe il campo dellistruzione principalmente secondo due modalit:
1) linsegnamento della religione nella scuola pubblica;
2) listituzione di scuole confessionali.
La prima modalit diffusa nei Paesi concordatari o legati al modello della Chiesa di Stato; la seconda a quelli di tipo
separatista.
Anche in tale settore, per la disciplina di riferimento, di natura essenzialmente pattizia, bisogna distinguere tra Confessioni:
a) per la Chiesa Cattolica: Accordo di Revisione (art. 36; l. 121.1984; DPR 751/1985; Legge n. 186/2003; cfr pure lart. 36 del
Concordato del 1929):
b) per le Confessioni Acattoliche: le varie Intese leggi attuativie (Legge 11 agosto 1984, n. 449 (valdesi); Legge 22 novembre
1988, n. 516 (avventisti); legge 22 novembre 1988, n. 517 (Assemblee di Dio); Legge 8 marzo 1989, n. 101 (ebrei).
Parte Prima
LINSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE NELLE SCUOLE PUBBLICHE
1) Linsegnamento della religione cattolica
Come accennato, anche in tale settore il sistema delle fonti si presenta decisamente articolato: norme costituzionali, pattizie
(Concordato; Intese tra Ministero P.I. e CEI), norme canoniche ecc.. In particolare:

Legge 25 marzo 1985, n. 121 (ratifica ed esecuzione dellAccordo di Villa Madama);

- D.P.R. 16 dicembree 1985, n. 751 (esecuzione dellIntesa fra Ministero della pubblica istruzione e C.E.I. del 14 dicembre
1985);
- DD.PP.RR. 24 giugno 1986, n. 539, 8 maggio 1987, n. 204, 21 luglio 1987, nn. 339 e 350 (norme applicative rispettivamente
per le scuole elementari, scuole secondarie superiori e scuole medie; D.P.R. 26 febbraio 1988, n. 161 (norme applicative sui
libri di testo; D.P.R. 23 giugno 1990, n. 202 (esecuzione dellIntesa tra Ministero della pubblica istruzione e C.E.I., 13 giugno
1990;

Legge 18 luglio 2003, n. 186 sullo statuto giuridico degli insegnanti di religione.

Dal combinato disposto dellart. 9, n. 2 Acc. e art 5 Prot. Addiz. emergono i seguenti principi in tema dinsegnamento della
religione cattolica nelle scuole:
1-Insegnamento oggettivamente obbligatorio: cio attivato a prescindere dallutenza, e quindi dalle scelte concrete degli
studenti;
2-Insegnamento di carattere confessionale: nel senso che presenta oggettivamente e con metodologia appropriata alle finalit
della scuola - ci che la Chiesa cattolica crede e professa;
3-Insegnamento impartito da docenti nominati dallautorit scolastica dintesa con lautorit ecclesiastica, previo concorso;
4-Insegnamento soggettivamente facoltativo, in ragione del dovuto rispetto della libert di coscienza degli alunni e delle
responsabilit educative dei genitori
Linsegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica con la Legge Casati del 1859 era previsto come obbligatorio per
le scuole elementari e medie, con facolt per i non-cattolici di ottenere la dispensa.
Il Concordato del 1929 estende alle scuole superiori linsegnamento della religione cattolica considerato dallo Stato
fondamento e coronamento dellistruzione pubblica linsegnamento della religione cristiana secondo la forma ricevuta dalla
tradizione cattolica (art.36).
Dallanalisi della nuova disciplina sullistruzione religiosa introdotta con lAccordo del 1984 emerge chiaramente il
riconoscimento del valore della cultura religiosa e, soprattutto, dellincidenza dei principi del cattolicesimo nella formazione

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dellidentit del popolo italiano (art. 9).

Linsegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, pertanto, non dovr

essere impartito secondo finalit catechetiche, bens culturali - coerentemente al quadro delle finalit della scuola e da parte
di insegnanti riconosciuti idonei dallautorit ecclesiastica e nominati, dintesa con la medesima autorit (Punto 5, Prot. Add.).
Alla luce di tali principi, tale insegnamento, come precisato dalla Corte Costituzionale (sent. 203 del 1989), deve intendersi
come oggettivamente obbligatorio (cio la scuola ha lobbligo di attivarlo), ma soggettivamente facoltativo, in quanto sia per
gli studenti che per i genitori esso oggetto di una libera scelta (dei genitori fino allet di 14 anni), quale espressione della
fondamentale ed inviolabile libert di coscienza.
I programmi per i vari ordini e gradi, le modalit organizzative, i criteri di scelta dei libri di testo, i profili di qualificazione
professionale degli insegnanti sono oggetto di specifica disciplina nellIntesa successiva allAccordo del 1984 stipulata tra il
Ministero della pubblica istruzione e la CEI (d.p.r. n. 751/1985).
Per lo statuto giuridico degli insegnanti di religione fondamentale la recente legge del 18 luglio 2003, n. 186, con la quale
sono state istituite due distinti ruoli per tali docenti nellorganico della scuola statale, cui si pu accedere mediante
superamento di un concorso pubblico per titoli ed esami, previo possesso dellidoneit rilasciata dallOrdinario diocesano.
Nel settore dellinsegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche si sono profilati nel tempo una serie di questioni,
quali: 1) lo statuto giuridico della disciplina; 2) lo statuto giuridico dei docenti; 3) la posizione dei non avvalentisi.
1) Lo statuto giuridico della disciplina
Tale questione ampiamente discussa in dottrina ed in giurisprudenza - concerne il carattere curriculare o meno dellI.R.C.,
con evidenti ripercussioni, in base alle soluzioni proposte, circa la collocazione dellinsegnamento nel sistema scolastico. Due
le tesi a confronto:
a) Non curricularit
Secondo un primo orientamento, dalla facoltativit dellesercizio del diritto di avvalersi dellinsegnamento sancito dallart. 9,
n. 2 dellAccordo del 1984 - deriverebbe la natura aggiuntiva della medesima disciplina: infatti se allesercizio della facolt
di non avvalersi non corrisponde, ai sensi della norma concordataria, lonere di assoggettarsi ad altri insegnamenti, evidente
che, rispetto agli insegnamenti di competenza dei non avvalenti, li.r.c. viene a costituire un quid pluris che si aggiunge per gli
avvalenti agli altri insegnamenti curriculari (Tar Lazio, sent. 17 luglio 1987, n. 1273). Ne deriva che sebbene tuttora
collocato, sia per ragioni dordine normativo, che organizzativo, nel normale orario delle lezioni, non pu pi neppure essere
utilizzato ai fini dellindividuazione del normale orario scolastico [], sicch lassicurare un eguale tempo scuola che non
tenga conto delli.r.c. si risolve, per i non avvalenti, in una ingiustificata forma di discriminazione, assoggettando i medesimi
ad un onere di orario cui, per legge, non sono tenuti (ibidem).
b) Curricularit
Laltra prospettiva interpretativa - muovendo dalla considerazione che quello della religione cattolica previsto quale
insegnamento stabilmente assicurato (oggettivamente obbligatorio) - attribuisce allinsegnamento medesimo una natura
curriculare contribuendo per ci stesso alla definizione di tutto lorganizzazione del pubblico servizio distruzione, come ad.
esempio, il monte-ore dellorario scolastico. Esso, infatti, viene impartito nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni
ordine e grado sulla base di programmi normativamente definiti, laddove, invece, le libere attivit complementari tale
impegno ed organicit didattica non comportano (sent. Corte cost., sent. 14 ottobre 1986, n. 222; cfr. pure Corte cost. sent.
203 del 1989 cit.)
2) Statuto giuridico degli insegnanti della religione cattolica
Fondamentale in materia la recente legge n. 186 del 18 luglio 2003, oltre che naturalmente le disposizione concordatarie.
Fino allentrata in vigore della citata legge, i docenti di religione cattolica nelle scuole pubbliche erano giuridicamente
qualificati come incaricati, non essendo titolari di cattedre di ruolo. La posizione di precariato di tale categoria professionale
stata al centro di tante discussioni sia a livello dottrinale che giurisprudenziale, se non a livello politico. La legge n.

45

186/2003, risolve tale questione, introducendo unequiparazione tra la condizione giuridica dei docenti di religione cattolica
con i docenti statali di ruolo, mantenendo, comunque, inalterata la previsione concordataria che distingue:
a) la idoneit: il docente di religione deve essere ritenuto idoneo dalla competente autorit ecclesiastica, a tutela della natura
confessionale dellinsegnamento;
b) la professionalit: il docente di religione deve superare un concorso pubblico per titoli ed esami, a tutela della fede pubblica.
3) La posizione dei non avvalentisi dellinsegnamento della religione cattolica
Linsegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche pu essere valutato da due prospettive:
3.1) da parte degli avvalentisi
Con la previsione oggettivamente obbligatoria della sua attivazione, lo Stato rende cos concretamente fruibile il diritto di
libert religiosa, come diritto ad avere un insegnamento religioso di tipo positivo, nel rispetto della libert di coscienza degli
studenti e quella educativa dei genitori. Esso qualificato dalla Corte costituzionale quale diritto soggettivo perfetto, di cui
sono titolari i genitori (fino alle scuole medie); gli studenti (dalle scuole superiori in poi).
3.2) da parte dei non avvalentisi
Lesercizio del diritto di avvalersi dellinsegnamento della religione cattolica ha posto il problema della configurabilit o meno
di un obbligo - per coloro i quali decidono di non avvalersi di tale insegnamento (c.d. non avvalentisi) di frequentare
insegnamenti o attivit alternative.
La questione stata al centro di un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Due gli orientamenti:
a) Illegittimit dellalternativa
Alcuni autori sostengono lillegittimit della previsione normativa di attivit alternative per i non avvalentisi perch
considerate una ingiustificata forma di costrizione per costoro, in quanto assoggettati ad un onere orario per lesercizio di una
facolt da parte di altri (Colaianni). In particolare, la Corte Costituzionale ha stabilito che la previsione come obbligatoria di
altra materia per i non avvalentisi sarebbe patente di discriminazione a loro danno, perch proposta in luogo dellinsegnamento
di religione cattolica, quasi corresse tra luna e laltro lo schema logico dellobbligazione alternativa, quando dinanzi
allinsegnamento della religione si chiamati ad esercitare un diritto di libert costituzionale non degradabile, nella sua seriet
e impegnativit di coscienza, ad opzioni fra equivalenti discipline scolastiche: dunque per quanti decidono di non
avvalersene lalternativa uno stato di non-obbligo in quanto la previsione di altro insegnamento obbligatorio verrebbe a
costituire condizionamento per quella interrogazione della coscienza, che deve essere conservata attenta al suo unico oggetto:
lesercizio della libert costituzionale di religione(Corte cost., sent., n. 203/1989 cit.).
b) Legittimit dellalternativa
I sostenitori (soprattutto giudici ordinari e amministrativi) di tale tesi, invece, non solo affermano la legittimit della suddetta
previsione, ma, addirittura, ne invocano la sua necessit. E ci: sia per non privare [i non avvalentisi] di unora di scuola; sia
per permettere a tutti una opzione fra attivit ben definite, evitando che la scelta dellinsegnamento sia indirettamente
condizionata dalla mancanza di una valida alternativa; sia per evitare la perdita secca per unistituzione formativa come la
scuola, data dallora del nulla o dalla libera uscita per i non avvalentisi dellinsegnamento della religione cattolica (cfr.
Dalla Torre).
Per superere tale impasse giurisprudenziale, in dottrina si auspica un nuovo quadro normativo al fine di valorizzare la libera
determinazione dei genitori e delgi alunni (una volta raggiunta la scuola superiore), nel contesto di ordinamenti scolastici
caratterizzati da tabelle didattiche articolate e flessibili, nelle quali accanto ad insegnamenti fondamentali o ad insegnamenti
caratterizzanti definiti indirizzi, siano assicurati insegnamenti elettivi da scegliersi in un determinato numero. Insegnamento
elettivi fra i quali troverebbe congrua sistemazione, tra laltro, linsegnamento di religione cattolica, linsegnamento di altre
religioni positive esistenti sul territorio dello stato (sulla base delle Intese fra Stato e confessioni religiose diverse dalla
cattolica, ex art. 8, terzo comma, Cost.), ed un eventuale insegnamento generico, non confessionale, del fatto religioso. Siffatta

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riforma, che condurrebbe alla predisposizione per ogni studente di piani di studio personalizzati potrebbe trovare nella
realizzazione del principio di autonomia nel sistema scolastico pubblico una congrua cornice giuridica (Dalla Torre).
* * * * *
2) Linsegnamento della religione diversa dalla cattolica
Passiamo ora ad un brevissimo cenno allinsegnamento della religione diversa da quella cattolica nelle scuole pubbliche non
universitarie di ogni ordine e grado.
Alle Confessioni religiose diverse dalla cattolica, in base alle rispettive Intese, assicurato, in conformit con il carattere
pluralistico della scuola pubblica:
a)

per le confessioni cristiane: il diritto di rispondere ad eventuali richieste provenienti dagli alunni, delle loro famiglie

o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni;
b)

per le Comunit ebraiche: allo studio dellebraismo.

E bene precisare che, in entrambi i casi, si tratta di un apporto culturale delle dette confessioni religiose nella scuola pubblica,
senza che su questa gravino oneri finanziari, una disciplina di rapporti nella quale il riconoscimento della libert dinsegnare e
limpegno a far insegnare, non importano un obbligo della scuola pubblica di iscrivere in bilancio una partita per le spese di
tale insegnamento (Finocchiaro).
PARTE SECONDA
2) LE SCUOLE PRIVATE CONFESSIONALI
I- Le scuole non statali (o private), in generale
Larticolo 33 della Costituzione italiana, con il riconoscere il diritto a persone (fisiche e giuridiche) ed a enti di istituire scuole
e istituti di istruzione, senza oneri per lo Stato, introduce il principio del pluralismo scolastico. Lesclusione del monopolio
statale in materia di formazione ed educazione, si rivela proprio nella previsione costituzione di scuole non statali (o private),
alle quali sono garantite piena libert e parit rispetto a quelle statali. Per tale peculiare categoria di istituzioni scolastiche
dispirazione laica o confessionale - la legge fissa, infatti, diritti ed obblighi finalizzati al conseguimento della c.d. parit
scolastica, garantendo, al contempo, ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
Recentemente, con la legge 3 febbraio 2006, n.27, il legislatore intervenuto in materia stabilendo che le scuole non statali,
disciplinate dal Testo Unico di cui al d.lgs. 297/1994 siano ricondotte alle due tipologie (gi descritte dalla legge 10 marzo
2000, n. 63) di:

scuole paritarie: le istituzioni scolastiche abilitate a rilasciare titoli di studio avente valore legale, in quanto hanno

chiesto e ottenuto la parit, entrando cos a far parte del sistema nazionale;

scuole non paritarie, o meramente private: istituti scolastici che non possono rilasciare titoli di studio aventi valore

legale, n intermedi, n finali.


II- Le scuole non statali (private) confessionali, in particolare
Nella categoria delle scuole non statali (o private), rientrano le scuole confessionali o c.d. di tendenza, i cui progetti educativi
e offerte formative, conformemente ai principi della Costituzione ed agli obiettivi generali statali in materia, sono, tuttavia,
ispirati ad un peculiare sistema valoriale, proprio dei soggetti fondatori delle scuole medesime.
Tra le scuole confessionali, la nostra analisi si concentrer poi su quelle cattoliche.
Levoluzione normativa in materia, di cui dar brevissimi cenni, copre un arco di tempo che va dalla Legge Casati ai nostri
giorni.
La Legge Casati del 13 novembre 1859 riconosceva la libert ad ogni cittadino - e, dunque, alle associazioni religiose distituire scuole secondarie, considerate meramente private. Il Concordato del 1929, poi, integr tale disposizione assicurando
parit di trattamento agli alunni delle scuole pubbliche e private in sede di esame di Stato.

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Con lentrata in vigore della Costituzione vengono riconosciute le suddette libert, cosicch, come gi detto, il pluralismo
scolastico - imperniato sui principi della piena libert scolastica, parit tra scuola pubblica e privata, libert dinsegnamento
assume un rilievo costituzionale. Alla luce anche dei principi e delle norme in materia di libert religiosa (artt. 2, 3, 7, 8, 19,
20), il sistema normativo sulle istituzioni scolastiche confessionali risulta cos articolato:
Confessione Cattolica
Confessioni acattoliche
Accordo del 1984 (art. 9.1)

Le rispettive Intese:

* diritto per la Chiesa cattolica di fondare scuole di

* diritto delle Confessioni acattoliche di fondare scuole di ogni ordine

ogni ordine e grado e istituti di educazione;

e grado e istituti di educazione;

* trattamento scolastico degli alunni della scuole

* trattamento scolastico degli alunni della scuole private equipollente a

private equipollente a quelli delle scuole pubbliche,

quelli delle scuole pubbliche, anche per quanto concerne lesame di

anche per quanto concerne lesame di Stato.

Stato.

Come dicevamo, dal complesso normativo citato sono ricavabili tre principi fondamentali in materia: quello della piena libert
scolastica, della parit scolastica e della libert dinsegnamento:
a) Piena libert scolastica (art. 33, cost.)
Con tale termine sintende lesclusione di ogni intervento delle autorit scolastiche italiane per ci che riguarda
lorganizzazione degli studi, le discipline insegnate, la distribuzione dei corsi, la nomina degli insegnanti, ecc. (Finocchiaro).
La piena libert, tuttavia, non deve essere intesa in senso assoluto: essa, infatti, non impedisce, ad esempio, lintervento
dellautorit giudiziaria nel caso che in tali scuole si verificassero reati, n la sottrazione delle medesime scuole confessionali
al regime comune, al rispetto cio delle norme generali, come ad esempio quelle vigenti in materia di edilizia scolastica.
b) Parit scolastica
Tra le scuole statali e non statali (private, tra le quali rientrano le confessionali) vi deve essere parit scolastica, perch sia
effettivo il diritto allo studio e allistruzione. I principi e le norme in materia sono dettate dalla legge in materia di scuola
paritaria del 20 marzo 2000, n. 62, e successive modifiche ed integrazioni (cfr. la legge 3 febbraio 2006, n.27, citata)6.
c) Libert dinsegnamento
Lart. 33, comma 1, cost. riconosce la libert di insegnamento dellarte e della scienza. Quale il contenuto ed i limiti di tale
libert? A tale fine necessario distinguere il profilo oggettivo da quello soggettivo dellinsegnamento:
1) Profilo oggettivo
Tale profilo attiene alle finalit ed agli obiettivi formativi predisposti nei programmi di insegnamento fissati normativamente
per i vari ordini e gradi di scuole.
2) Profilo soggettivo
Tale profilo, invece, riguarda le capacit (qualit) didattiche degli insegnanti, cio le modalit concrete con le quali essi
svolgeranno i programmi stabiliti.

Definizione di Scuole paritarie: Il riconoscimento della parit scolastica inserisce la scuola paritaria nel sistema nazionale di
istruzione e garantisce l'equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalit di svolgimento degli esami
di Stato, l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli
rilasciati da scuole statali e, pi in generale, impegna le scuole paritarie a contribuire alla realizzazione della finalit di
istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola.
Definizione di Scuole non paritarie: Le scuole non paritarie sono iscritte in elenchi regionali aggiornati ogni anno. La
regolare frequenza della scuola non paritaria da parte degli alunni costituisce assolvimento dell'obbligo di istruzione. Esse non
possono rilasciare titoli di studio, aventi valore legale, n attestati intermedi n finali con valore di certificazione legale.

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Tale distinzione funzionale alla comprensione della legittimit o meno di forme di un controllo statale: ammissibile, o
meglio, necessario nel primo caso; da escludere nel secondo.
La libert dinsegnamento incontra, peraltro, ulteriori limiti:

innanzitutto, in relazione al diritto dei discenti ad un insegnamento il pi possibile imparziale ed oggettivo (limite,

tuttavia, pi facile da affermarsi in astratto che da farsi in concreto) (Caretti-Di Siervo);

ma, altres, limiti di contenuto, quando esercitata nellambito di scuole private ispirate a particolari indirizzi culturali

o confessionali (Caretti-Di Siervo). In tale caso, dunque, si tratta di bilanciare la libert nella scuola con la libert della
scuola ex art. 33, in base al quale enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo
Stato.
III. - Le scuole cattoliche
Per le scuole cattoliche i principi costituzionali e la normativa vigente si arricchisce di unulteriore fonte normativa: quella
delle disposizioni concordatarie. Lart. 9, n. 1 dellAccordo di Villa Madama del 1984 stabilisce che la Repubblica italiana, in
conformit al principio della libert della scuola e dellinsegnamento e nei termini previsti dalla propria Costituzione,
garantisce alla Chiesa cattolica il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione,
aggiungendo che a tali scuole che ottengano la parit assicurata piena libert, ed ai loro alunni un trattamento scolastico
equipollente a quello degli alunni delle scuole dello Stato e degli altri enti territoriali, anche per quanto concerne lesame di
stato (art. 9, n. 1 Acc.).
Tale norma, pedissequa riproduzione delle disposizioni costituzionali citate, riconosce, dunque, alla Chiesa cattolica non solo
distituire scuole di ogni ordine e grado, ma anche il diritto di chiedere ed ottenere per le medesime scuole la parit scolastica
di cui allart. 33 cost.. Laspetto della disciplina concordataria da sottolineare concerne, tuttavia, la rilevanza che pu assumere
la qualificazione cattolica propria delle istituzioni scolastiche ed educative, comprese le Universit, fondate su iniziative di
persone fisiche e giuridiche ecclesiastiche (diocesi, parrocchie) e non (es. associazioni di genitori, di insegnanti).
Premessa la sottoposizione alle norme comuni in materia di scuole non statali, la citata rilevanza si declina sotto tre profili:
a) La tutela della tendenza
La tendenza, cio il complesso dei principi e dei valori individualizzanti la specificit dellofferta formativa propria delle
realt scolastiche cattoliche, giustifica lesclusione di ogni forma di controllo statale relativamente al progetto educativo
ispirato da quei principi e valori, conformemente al principio della libert della scuola (art. 33 cost.) e della libert religiosa
collettiva (art. 19 cost.);
b) Il primato della libert della scuola sulla libert nella scuola (o libert dinsegnamento)
Il riconoscimento e la garanzia dei diritti dei docenti delle scuole private cattoliche (ma tale inciso vale anche per tutte le
scuole confessionali) esclude ogni forma di potere assoluto ed arbitrario da parte dei responsabili delle scuole nelle quali essi
svolgono la loro attivit, in merito alla coerenza tra linsegnamento impartito e la tendenza della scuola. Tuttavia, la tutela
della tendenza della scuola, legittima la titolarit e, dunque, lesercizio di poteri di controllo sulle opzioni culturali e
ideologiche del personale docente oltre, naturalmente, allaccertamento dei requisiti professionali necessari -, sia in sede di
assunzione, sia in sede di prestazione del lavoro []. La prevalenza della libert della scuola sulla libert nella scuola
renderebbero giuridicamente legittimi provvedimenti altrimenti illegittimi (si pensi al caso del licenziamento del docente che,
nellesercizio delle proprie funzioni, pi non rispetti la tendenza dellistituzione scolastica; provvedimento nel caso
ammissibile, seppure in deroga al principio generale sancito nello Statuto dei lavoratori, che vieta i licenziamenti motivati dalle
opinioni politiche, ideologiche o religiose del lavoratore (Dalla Torre).
c) Lutenza
Gli utenti (alunni e genitori) delle scuole cattoliche debbono essere accolti senza discriminazione: cio ad esse possono
iscriversi studenti senza distinzioni di ordine culturale, sociale, familiare o personale. Tuttavia, la prevalente tutela

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dellidentit confessionale pu legittimare la previsione di limiti al diritto di iscrizione a scuole cattoliche, per ragioni attinenti
alla fede o alla morale, o per la mancata condivisione di un progetto educativo evidentemente ispirato ai principi del
cattolicesimo (Dalla Torre).
In conclusione, bene precisare che in materia di scuole private problema ancora attuale - e non risolto dal legislatore
nazionale - quello relativo ai finanziamenti pubblici o sgravi fiscali per gli alunni che frequentano le scuole paritarie, che solo
alcuni Regioni hanno gi cominciato ad affrontare autonomamente, mediante listituto del buono scuola o con il sistema delle
convenzioni nel settore delle scuole materne.
Lezione 12
Gli Enti Ecclesiastici
(Parte I)
1.

Premessa storica

Storicamente la categoria degli enti ecclesiastici, come la intendiamo oggi sulla base della normativa pattizia, ossia come una
categoria distinta di enti civilmente riconosciuti segnati da un peculiare collegamento strutturale con i rispettivi ordinamenti
confessionali, che si riflette di regola nel fine di religione o di culto ad essi assegnato, viene fatta tradizionalmente risalire alle
disposizioni del Concordato del 1929 e, in altri ordinamenti di tradizione concordataria, ai coevi Concordati stipulati nella
prima met del novecento.
In realt, e limitandoci ai dati emergenti dallevoluzione storica dellordinamento italiano, il Concordato svolse una tappa
importante ma non definitiva di questo percorso: esso guardava prevalentemente al passato con lintento di sanare una
situazione di conflitto tra lo Stato unitario e la Chiesa cattolica.
Nella legislazione di epoca liberale quelli che noi denominiamo enti ecclesiastici erano qualificati come istituti pubblici
ecclesiastici, assimilati agli altri corpi morali legalmente riconosciuti, e come tali soggetti alle leggi e gli usi osservati
come diritto pubblico (art. 2, c.c. del 1865).
Non costituivano pertanto unautonoma categoria di enti contraddistinta da un regime di carattere unitario, ma risultavano
sottoposti, come le altre persone morali ad esclusione delle societ commerciali, alle norme di diritto pubblico specificamente
previste per ciascuna di esse, tra cui quelle risalenti agli ordinamenti degli Stati preunitari, purch non abrogate o divenute
incompatibili con la nuova legislazione.
Era emblematico in tal senso il testo dellart. 433 c.c. del 1865: I beni degli istituti civili od ecclesiastici e degli altri corpi
morali appartengono ai medesimi, in quanto le leggi del regno riconoscano in essi la capacit di acquistare o di possedere; ove
era evidente lintento del legislatore civile di conformare la capacit patrimoniale di tali enti alle norme da esso stesso poste o
riconosciute, escludendo pertanto ogni residua efficacia al sistema dei controlli canonici.
Con la legislazione eversiva dellasse ecclesiastico (1848-1867) e con la legge Crispi sulle opere pie (1890) si ebbe la
soppressione ex lege ovvero la pubblicizzazione di tutta una serie di enti collegati alla Chiesa e al suo ordinamento: si
salvarono solo quegli enti ritenuti socialmente utili secondo la valutazione del legislatore statale.
Con il Concordato del 1929 non si cre unautonoma categoria di enti sottratta al diritto comune, ma ci si limit a riconoscere
la personalit giuridica nella sola forma conosciuta allepoca: di diritto pubblico (c.c. del 1865, salvo le societ commerciali)
a tutti gli enti ecclesiastici riconosciuti come tali dalla Chiesa, con il dichiarato obiettivo di sanare gli effetti della precedente
legislazione soppressiva (art. 29 Conc.).
In questa prospettiva lart. 4 della legge 27 maggio 1929, n. 848 disponeva: Gli istituti ecclesiastici di qualsiasi natura e gli
enti di culto possono essere riconosciuti agli effetti civili con regio decreto, udito il parere del Consiglio di Stato. Tale
riconoscimento importa la capacit di acquistare e di possedere (primo e secondo comma); capacit che era quella stessa
conferita dallo Stato a tutti gli enti morali, soggetti come tali alle norme di diritto pubblico (art. 2 c.c.), come peraltro
dimostravano i requisiti generali richiesti per il loro riconoscimento civile: la necessit o levidente utilit dellente e la
sufficienza dei mezzi per il raggiungimento dei propri fini (art. 7, secondo comma, R.D. n. 2262 del 1929).

50

Sulla gestione di tali enti vennero altres riconosciuti i controlli canonici e mantenute, per alcuni di essi per i quali lo Stato
interveniva a coprire le deficienze dei redditi (enti beneficiali), talune forme di controllo da parte di organi statali a tutela degli
interessi finanziari dello Stato (art. 30 Conc.), coincidenti in sostanza con quelli gi in vigore nella precedente legislazione per
gli enti non soppressi.
La novit era qui rappresentata non tanto dalla creazione di unautonoma categoria di enti, ma dal riconoscimento ex lege della
possibilit di acquisire la personalit giuridica da parte di enti non dipendenti direttamente dallo Stato, realizzando uno strappo
alla concezione statualistica del diritto allora imperante e ai caratteri del regime totalitario instauratosi con il fascismo.
La legge coeva sui culti ammessi (legge n. 1159 del 1929), tuttora formalmente in vigore, non giunse a tanto. Essa apriva
teoricamente la strada al riconoscimento della personalit giuridica degli istituti di altri culti ma condizionava tale
riconoscimento alla valutazione non meramente discrezionale ma politica dellautorit governativa, sottoponendo inoltre tali
enti ad un regime di stretta tutela statale, senza riconoscere alcuna autonomia ai relativi ordinamenti confessionali.
La materia degli enti, cos come le altre materie specificamente disciplinate nel Concordato del 1929, non fu direttamente
incisa dalle nuove disposizioni costituzionali in forza della decisione, assunta dallAssemblea costituente, di traghettare lintero
contenuto dei Patti Lateranensi nel nuovo ordinamento costituzionale mediante la menzione esplicita dei Patti in quello che
divenne il secondo comma dellart. 7.
Nella Costituzione furono per affermati i principi ispiratori di un nuovo sistema di rapporti tra lo Stato, la Chiesa cattolica e le
altre confessioni religiose: il riconoscimento dellindipendenza dei due ordinamenti, Stato e Chiesa, nei rispettivi ordini o sfere
di competenza (art. 7, primo comma; art. 8, secondo comma), laffermazione del principio delleguale libert di tutte le
confessioni religiose (art. 8, primo comma) e lintroduzione di una riserva costituzionale di legislazione pattizia sulle materie
oggetto di rapporti tra i due ordinamenti (artt. 7, secondo comma e 8, terzo comma).
Con queste disposizioni, destinate a divenire i canoni ermeneutici fondamentali dellintera legislazione pattizia, si affermava
un principio di salvaguardia e di rispetto reciproco dei due ordinamenti, riconoscendo lalterit degli ordini cui ciascuno
afferisce.
In questa prospettiva la categoria degli enti ecclesiastici, intesa come tertium genus tra gli enti pubblici e le persone
giuridiche private, realizzava in tale specifica materia il principio sopra richiamato: il riconoscimento, da parte
dellordinamento statale, dellesistenza di una categoria di enti originariamente sorti in un differente ordinamento, attuato
mediante il conferimento della personalit giuridica civile e della relativa capacit, con la loro contestuale soggezione ad una
disciplina a competenza riservata di origine pattizia, e quindi in s compiuta ed organica, formata dalle regole di
funzionamento interno e di rappresentanza esterna di derivazione confessionale (profili soggettivi) e dalle norme civilistiche in
ordine al regime delle attivit esterne (profili oggettivi).
2.

Gli enti ecclesiastici: caratteri generali

In questa lezione sar approfondito il volto istituzionale delle Confessioni religiose, cio la loro articolazione in organiistituzioni ovvero enti.
Nellordinamento italiano, tali enti confessionali - in quanto espressione di ordinamenti esterni rispetto a quello statale possono essere civilmente riconosciuti, potendo cos operare, con effetti giuridicamente rilevanti, mediante lattribuzione della
personalit giuridica, sulla base di requisiti e presupposti disciplinati da nome speciali ovvero di diritto comune.
La complessa normativa in materia di enti ecclesiastici , infatti, di varia natura: costituzionale, pattizia e statale.
Lart. 20 cost, in primis, intende garantire la facolt dei singoli e dei gruppi religiosi - istituzionali o meno (es. associazioni,
fondazioni) - di istituire enti esponenziali aventi, perci, carattere ecclesiastico e fine di religione e culto, vietando ogni
forma di discriminazione dei medesimi rispetto a tutti gli altri enti: Il carattere ecclesiastico e il fine di religione e di culto
duna associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, n di speciali gravami fiscali per
la sua costituzione, capacit giuridica e ogni forma di attivit.

51

La tutela costituzionale di questa peculiare modalit despressione sociale del fenomeno religioso consiste, dunque, nella
previsione del divieto per il legislatore di discriminare in peius tali enti.
La formula carattere ecclesiastico, che in un primo momento sembrava doversi circoscrivere esclusivamente agli enti della
Chiesa Cattolica, riferibile invece a tutte le Confessioni religiose ogni qual volta, in considerazione dellidentit propria di
ciascuna di esse, la citata formula possa essere loro riconducibile: la non appartenenza ad una Ecclesia esclude, ad esempio,
enti come le Comunit ebraiche o per il futuro, enti della Confessione islamica per non essere qualificabili come enti
ecclesiastici (cfr. in tal senso lart. 12.1, 21, 22 ss del L. 101/1989 di approvazione dellIntesa con la Comunit ebraica, dove
si parla di enti ebraici).
La disciplina degli enti contenuta:

per la Confessione Cattolica:

Accordo Villa Madama (art. 7; L. 121/1985);

Legge 20 maggio 1985, 222 sulla disciplina degli enti e beni ecclesiastici che ha attuato il protocollo approvato il 15

novembre 1984 dalla Commissione paritetica abrogando la precedente L. 27 maggio 1929 n. 848

D.p.r. 13 febbraio 1987 n. 33, cos come modificato dal d.p.r. 1 settembre 1999, n. 337, che ha approvato il

regolamento di esecuzione della L. 222/1985.


b) per le Confessioni acattoliche con Intesa:

Intese di ciascuna Confessione.

c) per le Confessioni acattoliche prive dIntesa:

Legge n. 1159 del 1929 sui culti ammessi e relativo Regolamento di esecuzione (r.d. n. 289/1930).

La tipologia di enti riconosciuta dalla legislazione vigente in materia esprime la variet tipologica della realt confessionale di
riferimento:

Enti gerarchici (di vertice e periferici);

Enti associativi (di natura clericale, religiosa o laicale);

Enti di culto;

Enti patrimoniali (a carattere fondazionale o meno).

In generale, tre sono le modalit mediante le quali un ente confessionale pu ottenere la personalit giuridica:

per legge;

per provvedimento emesso dallautorit giudiziaria;

per provvedimento emesso dallautorit amministrativa.

E bene precisare, tuttavia che esiste una quarta modalit per ottenere il riconoscimento della personalit giuridica: quella per
c.d. antico possesso di stato. Si tratta di una modalit seguita per realt istituzionali riconosciuti, da lungo tempo, talora
anche immemorabile, come persone giuridiche: , di solito, il caso di enti esistenti da epoca anteriore alla formazione dello
Stato italiano, i quali hanno ottenuto la personalit giuridica, anche per mezzo di riconoscimenti indiretti, da parte dellautorit
del tempo e che non sono stati privati della qualifica del legislatore italiano (FINOCCHIARO). Ne riportiamo degli esempi:

la Santa Sede, i capitoli, i seminari, le parrocchie di antica istituzione e tutti gli altri enti ecclesiastici la cui personalit

giuridica non stata soppressa con le leggi eversive dell800;

la Tavola Valdese e i quindici Concistori della Chiesa delle Valli valdesi.

La legge italiana in materia di riconoscimento di enti privati stata innovata - nel senso della semplificazione - con il d.p.r.
10 febbraio 2000, n. 361, che tuttavia bene precisarlo - non si applica agli enti ecclesiastici, se non marginalmente: dispone,
infatti lart. 9 del citato Regolamento che nulla innovato nella disciplina degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti in
base alla L. 222/1985, per gli enti della Chiesa Cattolica, nonch degli enti delle altre Confessioni religiose riconosciuti
secondo le leggi esecutive di intese ex art. 8, comma 3, cost.. Anche gli enti delle Confessioni acattoliche prive dintese

52

possono essere riconosciuti ai sensi e per gli effetti della L. 1159/1929 e relativo r.d. n. 289/1930, essendo sottratti dalla sfera
di operativit del citato d.p.r. 361/2000.
Gli enti confessionali possono ottenere il riconoscimento della personalit giuridica mediante provvedimento dellautorit
amministrativa: precisamente, il decreto del Ministero dellInterno, udito, qualora richiesto, il parere del Consiglio di Stato,
previo accertamento dei requisiti e presupposti stabiliti dalla legge.
3.- Gli enti della Chiesa Cattolica
Lart. 7.2 dellAccordo del 1984 (L.121/1985) e gli artt. 1, 2, 3 della l. 222/1985, stabiliscono i seguenti requisiti per il
riconoscimento della personalit giuridica:
1)

lerezione o approvazione dellente da parte dellautorit ecclesiastica competente;

2)

la Sede in Italia;

3)

la finalit di religione o di culto.

Il procedimento per il riconoscimento si articola in varie fasi:


a) Iniziativa
Si tratta della domanda contente la richiesta di riconoscimento da parte dellautorit ecclesiastica o con il suo assenso da
cui deve risultare:

denominazione;

natura;

fini;

sede;

la persona del rappresentante legale.

Alla domanda deve essere allegata tutta la documentazione comprovante il possesso da parte dellente di requisiti generali e
speciali richiesti dalla legge:

provvedimento canonico di erezione o approvazione dellente;

un estratto dello statuto;

documenti comprovanti il fine di religione e di culto, salvo che per gli enti, come quelli che come gi detto

appartengono alla costituzione gerarchica della Chiesa per i quali tale finalit iuris et de iure dalla legge.
La domanda deve essere presentata presso gli uffici della Prefettura del luogo in cui lente ha la sede.
b) Istruttoria
Con tale fase, la domanda viene istruita: dopo averla esaminata, il Prefetto competente acquisisce, se necessario, ulteriori
elementi di giudizio, rivolgendosi allente stesso ovvero ad altri organi della pubblica amministrazione. Segue la trasmissione
al Ministero, il quale se lo ritiene necessario e/o opportuno richiede un parere al Consiglio di Stato.
c) Decisione
Al riscontro positivo dei requisiti richiesti dalla legge, il Ministro emana il decreto con il quale concesso il riconoscimento.
Ottenuta cos la personalit giuridica, tali enti che assumono la qualifica di enti civilmente riconosciuti devono (rectius:
hanno lonere) discriversi nel registro delle persone giuridiche (artt. 3 e 4 del d.p.r. 361/2000) presso la Prefettura, da cui
devono risultare, a tutela dei terzi, le norme di funzionamento e i poteri degli organi di rappresentanza dellente (art. 5, L.
222/1985). Solo a seguito di tale iscrizione lente acquista, infatti, la capacit negoziale (art. 6, comma 4).
Alla medesima procedura , altres, sottoposta ogni modificazione degli enti medesimi (art. 7, comma 2, L. 121/1985).
Lamministrazione di tali enti spetta allautorit ecclesiastica, secondo le norme del diritto canonico, rimanendo esclusa ogni
forma di controllo da parte dello Stato sulla loro gestione interna, ad esclusione delle Confessione acattoliche prive dIntesa per
le quali si applica, come sopra indicato, la legge n. 1159 del 1929 sui culti ammessi e relativo Regolamento di esecuzione
(r.d. n. 289/1930), la quale prevede alcuni controlli sulle loro attivit interne.

53

Nellordinamento italiano gli enti civilmente riconosciuti possono svolgere le seguenti attivit:

attivit di religione e di culto: quelle, cio, dirette allesercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del

clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, alleducazione cristiana (art. 16, L. 222/1955). Lesercizio di tale
attivit soggetto allautorit ecclesiastica;

attivit diverse: quali assistenza, beneficienza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attivit commerciali

o a scopo di lucro. Questa tipologia di attivit soggetta, invece, alle leggi statali nel rispetto, comunque, della struttura e
delle finalit di tali enti (art. 7, comma 3, L. 121/1985): ad es. lesclusione dalle procedure fallimentari nel caso dinsolvenza
dellente.
Il fine di religione e di culto di tali enti deve, comunque presentarsi come costitutivo ed essenzialeanche se connesso a
finalit di carattere caritativo previste dal diritto canonico. Per legge, hanno tale fine essenziale di religione e di culto gli enti
che fanno parte della costituzione gerarchica della Chiesa, gli istituti religiosi e i seminari (art. 2, comma 1, L. 222/1985).
Tipologie di Enti ecclesiastici della Chiesa
Enti riconosciuti anteriormente al Concordato del 1929
Santa Sede
Sacre Congregazioni
Collegio dei Cardinali
Tribunali ecclesiastici presso la S. Sede (Rota Romana, Segnatura Apostolica, Penitenziaria Apostolica)
Capitoli (cattedrali e collegiali)
Seminari di ogni ordine e grado
Le mense vescovili e i benefici parrocchiali sono stati soppressi dallart. 28 della L. 222/85.
Enti riconosciuti o riconoscibili
dopo i Concordati del 1929 e del 1984
Diocesi
Parrocchie
Istituti universitari, accademie, collegi e altri istituti per ecclesiastici e religiosi o per la formazione nelle discipline
ecclesiastiche
Chiese aperte al culto pubblico
Santuari
Fabbricerie
Associazioni religiose (istituti religiosi e societ di vita apostolica)
Confraternite
Associazioni pubbliche di fedeli
Fondazioni di culto
Istituto centrale per il sostentamento del clero
Istituti diocesani e interdiocesani per il sostentamento del clero
4.- Gli enti delle Confessioni acattoliche
Anche gli enti delle Confessioni religiose possono ottenere la personalit giuridica, secondo le disposizioni stabilite nelle
rispettive Intese.
Quanto alle intese finora stipulate, va notato che in quella valdese, si parla esplicitamente di enti ecclesiastici valdesi; per il
loro riconoscimento, essi debbono avere fini di culto,istruzione e beneficenza ed richiesta la delibera sinodale con cui
lente stato eretto in istituto autonomo nellambito dellordinamento valdese. Anche se lintesa non ne parla,lente
riconosciuto deve iscriversi nel registro delle persone giuridiche.
Nellintesa con lUnione delle Comunit ebraiche italiane, fermo restando che lUnioneconserva la personalit giuridica di cui
dotata, si stabilisce che presso il Ministero dellinterno sono tenuti lo statuto dellUnione e quello degli altri enti ebraici.
Tali enti devono avere fini di culto o di religione, ed essere approvati dalla Comunit competente per territorio e dallUnione.
Il loro riconoscimento avviene con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il parere del Consiglio di Stato. Si
stabilisce liscrizione nel registro delle persone giuridiche. Le comunit ebraiche erano considerate enti pubblici e ad esse
appartenevano di diritto tutti gli israeliti residenti nel territorio. Lintesa con lUnione italiana delle Chiese cristiane

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avventiste del 7 giorno stabilisce: il riconoscimento della personalit giuridica dellUnione italiana delle Chiese cristiane
avventiste del 7 giorno e dellIstituto avventista di cultura biblica. Per ottenere il riconoscimento gli enti devono avere la
sede in Italia e perseguire fini di culto o religione,da accertare di volta in volta tenendo conto delle attivit svolte. La
domanda di riconoscimento va presentata da chi rappresenta lente. Il riconoscimento concesso con decreto del Presidente
della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato. previsto lobbligo di iscrizione nel registro delle persone giuridiche. La
gestione ordinaria e straordinaria avviene con il controllo delle autorit ecclesiastiche competenti, senza alcuna ingerenza da
parte dello Stato. Il mutamento del fine che fa perdere allente uno dei requisiti richiesti per il riconoscimento, pu provocare
la sua revoca. Le Assemblee di Dio in Italia sono gi riconosciute come enti morali con decreto del Presidente della
Repubblica del 1959. Nellintesa da loro stipulata si stabilisce che le loro attivit sono soggette alle leggi civili riguardanti le
stesse attivit svolte da enti non ecclesiastici. Si escludono ingerenze dello Stato, prevista liscrizione nel registro delle
persone giuridiche e la revoca del riconoscimento in caso di mutamento dei fini. Lintesa con lUnione Cristiana Evangelica
Battista dItalia e l'intesa con la Chiesa Evangelica Luterana in Italia ricalcano le disposizioni delle altre intese. Ci premesso,
pu dirsi che, la dizione ente ecclesiastico civilmente riconosciuto usata dal legislatore per indicare sia gli enti cattolici che
quelli acattolici che hanno raggiunto accordi con lo Stato.
Gli istituti dei culti privi dIntesa con lo Stato ex art. 8, comma 3, cost., sono sottoposti alla disciplina della legge 24 giugno
1929, n. 1159, in base alla quale tali enti possono ottenere la personalit giuridica con decreto del Ministro dellInterno, sentiti
il Consiglio di Stato e il Consiglio dei Ministri, sulla base di requisiti comunemente richiesti per gli altri entri. Il procedimento
risulta, tuttavia, caratterizzato da una ampia discrezionalit amministrativa e politica, che mal si concilia con i principi e le
norme costituzionale in materia di libert religiosa.
Lezione 13
Il governo della Chiesa cattolica e gli Enti centrali della Chiesa
1.

Premessa

Nella presente lezione verranno analizzati gli organi-istituzioni, quale espressione della suprema autorit nella Chiesa cattolica.
Si tratta di tematiche riguardanti il Diritto canonico che interagiscono con il Diritto ecclesiastico e che sono fondamentali al
fine della corretta comprensione di molti argomenti afferenti allo studio della ns. materia, in generale per quanto attiene ai
rapporti tra Stato e Chiesa cattolica e in particolare per quanto riguarda il capitolo sugli enti ecclesiastici (anche se la nozione
di ente ecclesiastico indica una categoria giuridica propria dellordinamento statuale e non dellordinamento canonico) e quelli
sulla Santa Sede e lo Stato della Citt del Vaticano di cui parleremo in seguito.
2.

La suprema autorit della Chiesa. Concetti generali.

Il primo e principale soggetto della suprema autorit della Chiesa il Romano Pontefice (o Sommo Pontefice), Il Romano
Pontefice il Capo del Collegio dei Vescovi, Pastore della Chiesa universale e Vicario di Cristo in terra. Di conseguenza egli
al vertice di tutta la gerarchia ecclesiastica.
In base al can. 330 stabilito che come per istituzione del Signore, S. Pietro e gli altri Apostoli costituivano un unico
Collegio, per il medesimo principio e in pari modo, il Romano Pontefice, successore di Pietro, e dei Vescovi, successori degli
apostoli, sono uniti fra di loro. Si tratta di un canone che traduce due principi dogmatici del Concilio Ecumenico Vaticano II:
1)

che nel Collegio Episcopale si continua e perpetua il Collegio Apostolico istituito da Ges, per cui fra i Vescovi vige

ininterrottamente il principio di collegialit;


2)

che tra il Romano Pontefice e i Vescovi esiste il medesimo vincolo che univa S. Pietro e gli Apostoli e, di

conseguenza, il Romano Pontefice il Capo del Collegio Episcopale, come San Pietro era il Capo del Collegio Apostolico
Il secondo soggetto della suprema e piena potest sulla Chiesa universale rappresentato dal Collegio dei Vescovi, il cui Capo
il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica

55

con il Capo e i membri del Collegio e nel quale permane perennemente il corpo apostolico, insieme con il suo Capo e mai
senza il suo Capo (can. 336 CIC).
3.- Il Romano Pontefice e il governo della Chiesa universale
La disciplina canonica definisce il Romano Pontefice con vari titoli:

Successore di San Pietro;

Capo del Collegio episcopale

Vicario di Cristo sulla Terra

Pastore della Chiesa Universale.


In forza del suo ufficio, il Romano Pontefice ha una potest:

ordinaria: cio annessa allufficio;

suprema: in quanto nella Chiesa non esiste alcuna potest che sia superiore o uguale o che non le sia soggetta (Roma

locuta est, causa finita est);

piena: perch non le manca nessun mezzo necessario o utile al raggiungimento del fine;

immediata: in quanto la pu esercitare direttamente per s o per mezzo dei suoi Vicari su persone, luoghi o cose e non

tenuto ad esercitarla mediante i rispettivi Vescovi locali;

universale: in quanto si estende su tutta la Chiesa con riferimento

al territorio: sulla Chiesa Universale e sulle Chiese Particolari;

alle persone: pastori e fedeli;

alle cose: fede, costumi, disciplina e amministrazione.

Con riferimento, invece, alla potest di governo o pastorale, il Romano Pontefice titolare del:
a.

Potere legislativo: che esercita su tutta la Chiesa (Codice di Diritto Canonico per la Chiesa Latina del 1983 e quello

per le Chiese orientali del 1990);


b.

Potere giudiziario: che esercita su tutta la Chiesa mediante suoi Tribunali (es. Tribunale della Rota Romana, Supremo

Tribunale della Segnatura Apostolica);


c.

Potere amministrativo: in forza del suo primato, il R.P. anche Supremo Amministratore.

3.1 La Curia Romana


Per lesercizio delle sue funzione il Pontefice assistito dalla Curia Romana, attualmente composta di Dicasteri ed altri Uffici:
1)

Segreteria di Stato. E lorganismo che coadiuva pi da vicino il Sommo Pontefice, coordina gli altri Dicasteri e cura i

rapporti con gli Stati esteri.


Essa si articola in due Sezioni:

Sezione Prima: per gli affari generali

Sezione Seconda: per i rapporti con gli Stati

2)

Congregazioni. Esercitano prevalentemente funzioni amministrative e corrispondono ad una sorta di ministeri nel

governo della Chiesa universale:

Congregazione per la Dottrina della Fede;

Congregazione per le Chiese Orientali;

Congregazione per il Culto Divino e per i Sacramenti;

Congregazione delle Cause dei Santi;

Congregazione per i Vescovi;

Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli

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Congregazione per il Clero;

Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e per le Societ di Vita Apostolica

Congregazione per lEducazione cattolica

La Congregazione per la Dottrina della Fede l'organismo della Curia Romana incaricato di vigilare sulla purezza della
dottrina della Chiesa Cattolica. Fino al 1968, il Prefetto della Congregazione era il Papa, il quale per raramente esercitava tale
funzione, delegando tale compito ad un cardinale, con il titolo di segretario.
Deriva dal Sant'Uffizio e quindi, storicamente, dal Tribunale della Inquisizione (da non confondersi con l'Inquisizione
spagnola). In questo senso la pi vecchia delle attuali nove congregazioni vaticane.
La Congregazione per le Chiese Orientali il dicastero che si occupa di favorire la crescita, salvaguardare i diritti e il
patrimonio liturgico, disciplinare e spirituale delle Comunit cattoliche di rito armeno, bizantino, copto e siro: cio quelle che,
dopo lo scisma del 1054, ruppero con i patriarchi ortodossi d'oriente (Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme) e
tornarono in piena comunione col Pontefice Romano, mantenendo per la loro liturgia e il loro diritto ecclesiastico. Per quanto
riguarda le regioni dove risiedono queste comunit la Congregazione per le Chiese Orientali ha anche giurisdizione assoluta sui
Vescovi, sul clero e sui religiosi
La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il dicastero che ha competenza per tutto quello che
riguarda la liturgia della Chiesa Latina (cura la compilazione dei testi liturgici e vigila sulla loro traduzione nelle varie lingue)
e la disciplina dei sette Sacramenti (in particolare, esamina le questioni relative ai casi di validit del matrimonio e dellordine).
La Congregazione per le Cause dei Santi il dicastero che ha competenza per tutto quello che riguarda la procedura che porta
alla beatificazione e alla canonizzazione dei Servi di Dio: inoltre, sentito il parere della Congregazione per la dottrina della
fede, ottiene dal Papa lattribuzione ai santi del titolo di Dottore della Chiesa; essa ha inoltre il compito di verificare anche
lautenticit delle reliquie.
La Congregazione stata istituita da Papa Paolo VI con la Costituzione Apostolica dell8 maggio 1969 Sacra Rituum
Congregatio, scorporandola dalla Congregazione dei Riti
La Congregazione per levangelizzazione dei popoli. Le sue funzioni, in origine, erano attribuite alla Congregazione de
Propaganda Fide, istituita da papa Gregorio XV con la bolla Inscrutabili Divinae del 22 giugno 1622, che esercitava anche le
funzioni oggi attribuite alla Congregazione per le chiese orientali. Quest'ultima ne venne separata il 1 maggio 1917; il 15
agosto 1967, con la bolla di Paolo VI Immortalis Dei, ha assunto l'attuale denominazione.
il dicastero che ha competenza per tutto quello che riguarda l'attivit missionaria: dirige e coordina l'opera di
evangelizzazione dei popoli
La Congregazione per il Clero il dicastero che si occupa di definire quanto concerne lattivit e la disciplina del clero
secolare diocesano (presbiteri e diaconi che non appartengono a ordini religiosi particolari e non seguono una Regola) e vigila
sullosservanza di quanto disposto
La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Societ di Vita Apostolica il dicastero che, solo per quanto riguarda
la Chiesa latina, si occupa di tutto ci che attiene agli Istituti religiosi (Ordini e Congregazioni religiose, sia maschili che
femminili), gli Istituti secolari e le Societ di vita apostolica quanto a regime, disciplina, studi, beni, diritti e privilegi. anche
competente per quanto riguarda lapprovazione degli statuti dei nuovi istituti e la dispensa dai voti e dalle promesse
La Congregazione per l'Educazione cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi) - La competenza di questo dicastero si
estende: sui seminari e sulle Case di formazione degli istituti religiosi e secolari (eccetto quelli destinati alla formazione del
clero missionario e del clero delle Chiese di rito orientale, che cadono rispettivamente sotto la giurisdizione delle
congregazioni per lEvangelizzazione dei Popoli e per le Chiese Orientali); sulle universit pontificie; sulle universit, le
facolt e gli istituti di educazione superiore dipendenti da un ecclesiastico; su tutte le scuole e gli istituti di formazione
dipendenti da unautorit ecclesiastica.

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La Congregazione per i Vescovi il dicastero che, per la chiesa latina e ad eccezione dei territori di missione, ha il compito di
erigere le nuove diocesi, le province e le regioni ecclesiastiche e costituire gli ordinariati militari; provvede inoltre al
reclutamento e alla nomina dei nuovi vescovi ed amministratori apostolici e dei loro coadiutori e ausiliari; vigila sul governo
delle diocesi e organizza le visite ad limina (i viaggi che, di regola, ogni cinque anni i vescovi devono compiere a Roma per
rendere conto alla Santa Sede dello stato della loro diocesi).
3)

Tribunali. Sono organi che esercitano funzioni giudiziarie:

Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica;

Tribunale della Rota Romana;

Penitenzeria apostolica.

Il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica articolato in 2 sezioni:


La 1 sezione (giudiziaria) competente per questioni attribuitele dal CIC (can. 1445) e dalla costituzione Pastor Bonus (art.
122 PB)
La seconda sezione (contenzioso-amministrativa) ha 2 competenze:
a)

giudica sulla validit degli atti amministrativi canonici

b)

Giudica dei conflitti di competenza tra dicasteri

Il Tribunale della Rota Romana un tribunale ordinario costituito dal Pontefice per ricevere appello (2 o 3 istanza). Pu
giudicare in 1 istanza le cause che riguardano i Vescovi.
La Penitenzeria Apostolica (Cardinale Penitenziere Maggiore) si occupa di foro interno: grazie, assoluzioni, commutazione
delle pene, sanzioni, indulgenze
4)

Pontifici Consigli. Si tratta di organi preposti alle varie categorie di fedeli o delle varie attivit:

Pontificio Consiglio per i Laici;

Pontificio Consiglio per lUnit dei Cristiani;

Pontificio Consiglio per la Famiglia;

Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso;

Pontificio Consiglio per il Dialogo con i non credenti;

Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace;

Pontificio Consiglio per la Cultura;

Pontificio Consiglio per lInterpretazione dei Testi legislativi;

Pontificio Consiglio Cor unum;

Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali;

Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti;

Pontificio Consiglio della pastorale per gli operatori sanitari.

Pontificio Consiglio della Nuova evangelizzazione.

Questi organismi, di recente istituzione, sono lespressione della sollecitudine della Chiesa verso i problemi del mondo
moderno.
3.2 Il Sinodo dei Vescovi
Il Sinodo dei Vescovi un assemblea di vescovi i quali scelti dalle diverse parti del mondo si riuniscono in tempi
determinati (can. 342 CIC) per:
-

favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi;

prestare aiuto con il loro consiglio al Romano pontefice nella salvaguardia e nellincremento della fede e dei costumi,

nellosservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica;


-

per studiare i problemi riguardanti lattivit della Chiesa nel mondo.

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Il Sinodo dei Vescovi dunque un organo consultivo di cui si avvale il Romano Pontefice per il governo della Chiesa
universale e differisce sostanzialmente dal Collegio episcopale e dal Concilio ecumenico.
4.- Il Collegio dei Vescovi (o Collegio episcopale)
E composto di tutti i Vescovi di cui il capo il Sommo Pontefice - in forza della consacrazione episcopale e della
comunione gerarchica con il suo capo e con i membri del Collegio.
Il Collegio episcopale esercita la sua potest, piena e suprema, sulla Chiesa universale in due modi:
1)

solenne: quando i Vescovi di riuniscono collegialmente nel Concilio Ecumenico o Universale;

2)

non solenne: quando i Vescovi, sparsi in tutto il mondo, operano insieme con azione congiunta, indetta o accettata

come tale dal Romano Pontefice, in modo da risultare un vero atto collegiale.
La convocazione del Concilio spetta unicamente al Sommo Pontefice che lo presiede personalmente o mediante delegati,
previa determinazione delle questioni da trattare nellaambito del concilio medesimo. Egli, inoltre, pu sospenderlo, scioglierlo
e approvarne i decreti (can. 338).
5. Gli Enti centrali della Chiesa
Quanto sin qui riportato sugli organi di governo della Chiesa universale ci utile per meglio capire il tema degli Enti centrali
della Chiesa che affronteremo in modo pi dettagliato nella lezione sulla Santa Sede. Qui sufficiente farne un accenno per
completare la tematica in questione.
Occorre, dunque, distinguere tra gli enti centrali della Chiesa e gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. I primi,
essendo direttamente collegati alla Santa Sede (come meglio specificheremo nella lezione 16) sfuggono dalla giurisdizione
italiana, i secondi, invece, pur perseguendo fini istituzionali ecclesiastici, sono disciplinati come abbiamo visto - da norme
italiane e sottoposti alla giurisdizione del giudice italiano. Gli enti centrali della Chiesa sono pure da distinguere rispetto agli
enti vaticani, cio gli enti che traggono vita nellordinamento dello Stato della Citt del Vaticano.
Enti centrali della Chiesa sono: le Congregazioni, i Tribunali, gli Uffici della Santa Sede, ossia gli organismi costituenti la
Curia romana e che provvedono al governo della Chiesa universale. Tali Enti centrali sono esenti da ogni ingerenza da parte
dello Stato italiano.
Non agevole lesatta qualificazione di Enti centrali della Chiesa. Discusso anche se possano considerarsi Enti centrali lo
IOR, Radio Vaticana e LOsservatore Romano.
Lezione 14
Il patrimonio ecclesiastico
1.- Introduzione
Le Confessioni religiose per poter svolgere le loro attivit di religione o di culto necessitano naturalmente di mezzi
economici.
Tale necessit presenta due profili: da una parte, quello di garantire un dignitoso riconoscimento economico alle persone che
si dedicano esclusivamente o prevalentemente a tali attivit, come, ad esempio, i ministri di culto; dallaltro quella di disporre
di beni (mobili ed immobili) per svolgere concretamente le attivit medesime (edifici di culto, arredi sacri e non)
In questa lezione ci limiteremo ad analizzare il secondo dei profili accennati, preliminarmente chiarendo la nozione di
patrimonio ecclesiastico.
Tale espressione, non riscontrabile nel linguaggio normativo - n statale n confessionale - ma soltanto nella dottrina, stata
diversamente interpretata dagli studiosi del diritto ecclesiastico. Due sostanzialmente le tesi a confronto:

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1) Concezione restrittiva
Una parte della dottrina, sulla scorta della nozione canonistica dei bona ecclesiastica, quali beni temporali appartenenti alle
persone giuridiche pubbliche nella Chiesa, definisce patrimonio ecclesiastico il complesso dei beni che appartengono agli
enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, attribuendo, cos rilevanza giuridica alla titolarit dei medesimi beni.
2) Concezione ampia
Altri autori attribuendo, invece, rilevanza alla funzione cui i beni ecclesiastici assolvono, considerano il patrimonio
ecclesiasticocostituito sia da beni appartenenti agli enti ecclesiastici sia da beni di cui possono essere titolari anche i privati o
enti non ecclesiastici (es. edifici di culto, res sacrae), in quanto destinati al soddisfacimento di interessi di natura religiosa.
La tesi seguita maggiormente in dottrina resta, comunque, la prima: quella cio che riconosce rilevanza al profilo soggettivo
della titolarit, dellappartenenza del bene, per la ragione che il concetto di patrimonio rinvia allinsieme dei rapporti giuridici
- attivi e passivi, economicamente rilevanti imputabili, in ogni caso, ad un unico soggetto. Restano, pertanto, escluse dalla
nozione di patrimonio ecclesiastico gli edifici di culto appartenenti ai privati o ad enti non ecclesiastici e le res sacrae, per i
quali previsto un regime speciale in ragione del loro vincolo di destinazione: la loro soggezione a poteri da parte dellautorit
ecclesiastica, come vedremo in seguito, giustifica, quindi, la loro parziale sottrazione al regime comune previsto per i beni.
2.- La classificazione delle fonti del patrimonio ecclesiastico
Le fonti del patrimonio ecclesiastico cio il complesso dei beni che costituiscono ovvero incrementano il patrimonio
ecclesiastico necessario alle Confessioni per svolgere le loro attivit di religione o culto - si dividono in due categorie: entrate
di diritto privato ed entrate di diritto pubblico.
1) Entrate di diritto privato
Si tratta di quei proventi di natura privata - a favore dei ministri di culto o degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti (le
oblazioni volontarie, le donazioni, le eredit, i lasciti, i legati, i frutti naturali e civili) - sottoposti alla comune disciplina dettata
dal Codice Civile per tali beni.
Tra queste ricordiamo in particolare le oblazioni dei fedeli e le disposizioni testamentarie a favore dellanima.
Si definiscono oblazioni dei fedeli le offerte che i fedeli spontaneamente versano alla Chiesa. Giuridicamente esse
costituiscono delle donazioni e in genere sono di modico valore (pertanto sono considerate donazione manuale ai sensi dellart.
783 c.c.) e quindi possono essere effettuate senza formalit. La legge si limita a stabile che le autorit ecclesiastiche possono
eseguire collette allinterno o allesterno delle chiese nonch negli altri edifici di loro propriet (art. 7, n.4 Acc. 1984).
Per disposizioni a favore dellanima si intendono le disposizioni testamentarie con cui un soggetto dispone un lascito a favore
di enti ecclesiastici per ottenere in cambio la celebrazione di messe in suffragio del testatore stesso o di altre persone.
Tale lascito pu essere effettuato: direttamente, istituendo un legato a favore dellente ecclesiastico; creando una fondazione di
culto; prevedendo tale prestazione come onere a carico degli eredi o dei legatari.
Rientrano nella categoria delle entrate di diritto privato anche le erogazioni liberali in danaro da parte dei cittadini da
dedurre dal proprio reddito imponibile - a favore dellIstituto per il sostentamento del clero della Chiesa Cattolica Italiana,
di cui allart. 46 della L. 222/1985.
Un accenno opportuno con riferimento alle somme di danaro dovute dai fedeli per attivit di ministero dellautorit
ecclesiastica7. Il potere impositivo della Chiesa, in base alle norme di diritto canonico, legittima, infatti, lapplicazione di:

Tributi: prestazioni dovute al mero titolo di appartenenza ad una Chiesa particolare (can. 1263);

Tasse: prestazioni dovute in relazione ad atti della potest esecutiva ecclesiastica a vantaggio dei singoli fedeli, come

il rilascio di certificazioni, autorizzazioni, licenze (can. 1264, par. 1).

Che una parte della dottrina fa rientrare tra le entrate di diritto pubblico, mentre sembrerebbe pi pertinente farle
rientrare tra le entrate di diritto privato.

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E bene precisare che in questi casi ci troviamo dinnanzi ad entrate diversamente qualificate nellordinamento dello Stato ed in
quello della Chiesa: nella normativa canonica, infatti, in quanto atti despressione dellautorit ecclesiastica, i tributi e le tasse
sono prestazioni di natura decisamente pubblicistica; nel diritto italiano, invece, sono invece qualificate entrate di diritto
privato. Dalla natura privatistica di tale peculiare categoria di bene deriverebbe la loro inesigibilit per mano statale in forza,
anche dellart. 23 cost., che vieta limposizione di prestazioni di natura personale e patrimoniale, se non in base alla legge. Ma
su tale punto si registra un contrasto dottrinale. Quale soluzione? Sembra preferibile la tesi in base alla quale, non essendo
espressamente prevista, neanche a livello concordatario, la rilevanza civile di tali titoli per una eventuale esecuzione forzata
della relativa prestazione, quanto dovuto dal fedele in base alle disposizioni canoniche appare allo Stato, come ladempimento
di un dovere di coscienza e non di un obbligo giuridico sanzionato dal diritto statale (Dalla Torre). Qualora si tratti, invece, di
tasse ed obbligazioni per attivit di ministero (can. 1264) sarebbe configurabile in base al medesimo Autore la possibilit
di adire il giudice per la condanna di un fedele, debitore inadempiente, al pagamento di quanto dovuto per un servizio reso da
un ufficio ecclesiastico: si applicherebbe in tale caso la disciplina della locatio operis ex art. 2222 c.c..
2) Entrate di diritto pubblico
Si tratta di una categoria di entrate di cui beneficiano gli enti confessionali in forza di finanziamenti pubblici dello Stato e degli
altri enti pubblici. La ratio di tale intervento economico dello Stato a favore delle istituzioni religiose corrisponde al compito
dello Stato di contribuire laicamente - al soddisfacimento dei bisogni ed interessi della collettivit, rendendo cosi concreto
lesercizio della libert religiosa (artt. 2, 3, 7, 8, 19 cost.).
2.1 I contributi dello Stato alle Confessioni religiose:
2.1.1 Alla Chiesa Cattolica
A) Partecipazione allotto per mille del gettito IRPEF
Nellordinamento italiano, il meccanismo di finanziamento pubblico per la Chiesa cattolica si attua principalmente mediante la
partecipazione alla destinazione dell0,80/00 del gettito dellIRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) a scelta dei
contribuenti. A partire dal 1 gennaio 1990, dunque, lo Stato corrisponde alla C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) tale
quota, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere
umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica (art. 47,
comma 1, L. 222/1985), sulla base di scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi (comma 2).
In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse

B) Oblazioni deducibili dallimponibile IRPEF


Anche se di carattere privatistico, tali entrate sono ricondotte, da una parte della dottrina, alle categorie delle contribuzioni
statali, corrispondendo, comunque, a tale entrata un depauperamento del bilancio statale per minori entrate (Finocchiaro). Si
tratta della facolt, riconosciuta ai contribuenti persone fisiche, di donare allIstituto per il sostentamento del clero cattolico e a
talune confessioni religiose, somme di danaro che possono essere dedotte dallimponibile IRPEF.
2.1.2 Alle Confessioni acattoliche
Il meccanismo di finanziamento pubblico alla Chiesa cattolica sopra accennato costituisce il modello di finanziamento per le
altre Confessione religiose se e nella misura in cui esso previsto nelle rispettive Intese. Dalla semplice lettura delle
disposizione pattizie emergono, tuttavia, differenze sia pure lievi rispetto alle conseguenze in merito alle scelte non espresse e
in relazione dalla destinazione dellotto per mille.
Partecipano alla ripartizione della quota dell'otto per mille del gettito IRPEF le seguenti Confessioni Religiose acattoliche:

Tavola Valdese

Unione Italiana delle Chiese Avventiste del 7 giorno

Assemblee di Dio in Italia

Unione delle Comunit Ebraiche Italiane

Chiesa Evangelica Luterana in Italia.

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Solo a partire dal 2013 anche i Battisti (UCEBI) che al momento della stipula dellIntesa del 1993 non avevano avanzato tale
richiesta - parteciperanno alla suddivisione delle quote otto per mille. La modifica dell'Intesa, voluta dallAssemblea generale
dell'Unione cristiana evangelica battista d'Italia (UCEBI) del 2008, prevede l'accesso anche alle quote non espresse. I fondi
cos raccolti finanzieranno progetti a soli fini umanitari, sociali e culturali. Dal 2013 ogni contribuente potr trovare, in sede di
dichiarazione dei redditi, anche lUCEBI tra i destinatari dellotto per mille.
Dal 2013 anche quasi tutte le altre Confessioni religiose acattoliche che hanno firmato unintesa nel 2007 - Buddisti e Induisti
(intese in corso di ratifica), Chiesa di Ges Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (Mormoni), la Sacra Arcidiocesi Ortodossa
d'Italia-Esarcato Europa meridionale e la Chiesa Apostolica in Italia (intese ratificate nel corso del 2012) - potranno godere
dellotto per mille del gettito IRPEF che annualmente i contribuenti devolvono ad enti o culti religiosi, mentre stata
rimandata alla prossima legislatura, la possibilit di includere tra i beneficiari anche la Congregazione cristiana dei testimoni di
Geova in quanto la relativa Intesa non stata ancora ratificata con legge di approvazione.
B) Contributi statali per la costruzione di edifici di culto
Un ulteriore categoria di entrate di diritto pubblico costituita dai contributi statali regionali e comunali - per la costruzione di
edifici di culto. Pi precisamente, alledilizia di culto destinata, in percentuale da determinarsi con legge regionale, una quota
dei contributi di concessione edilizia per le opere di urbanizzazione secondaria, che viene assegnata dai Comuni alle
Confessioni religiose in relazione alle effettive esigenze di culto delle popolazioni locali, anche con riguardo ai bisogni delle
Confessioni prive dIntesa (cfr. Corte Cost. sent. n. 195 del 1993). La realizzazione di tali edifici e pertinenti opere parrocchiali
con i contributi statali determina il vincolo della loro destinazione (soddisfacimento dei bisogni religiosi della collettivit), al
quale i medesimi edifici non possono essere sottratti, neppure per effetto di alienazione, se non decorso un ventennio
dallerogazione del contributo medesimo: gli eventuali atti e negozi giuridici posti in violazione di detto vincolo sono, quindi,
nulli (art. 53, ult. comma, L. 222/1984). Detto vincolo, che risulta dai registri immobiliari, pu venir meno prima dei 20 anni,
previo accordo tra autorit ecclesiastica ed ente pubblico erogatore del contributo previa restituzione delle somme percepite a
titolo di contributo in proporzione alla riduzione del termine e con rivalutazione (art. 53, comma 3 L. 222/1985).
3. La gestione del patrimonio ecclesiastico
Un capitolo fondamentale della disciplina relativa al patrimonio ecclesiastico degli enti confessionali costituito dai principi e
dalle norme che presidiano alla sua amministrazione e, dunque, alla configurabilit o meno di controlli statali.
I controlli da parte dello Stato non hanno carattere generale, essendo previsti specificamente dalla legge solo in alcuni casi: il
principio di laicit, infatti, impedisce ad uno Stato, come quello italiano liberale e pluralista -, dingerirsi nella gestione di
beni strumentali alla realizzazione di bisogni religiosi. Gli atteggiamenti giurisdizionalistici rilevabili ancora nella vigenza del
Concordato del 1929, sono stati ormai abbandonati da parte dello Stato, cos come avvenuto nei confronti delle altre
Confessioni religiose in forza delle Intese ex art. 8, comma 2: soltanto nei confronti delle Confessione religiose acattoliche
prive dIntesa, tuttavia, continuano a sussistere controlli penetranti in base alla normativa sui culti ammessi del 1929.
Con riferimento alla Chiesa cattolica, gi la legge n. 222/1985 - con lintroduzione del nuovo sistema per il sostentamento del
clero e la contestuale soppressione del sistema beneficiale ha fatto venir meno i peculiari controlli sui benefici ecclesiastici,
mentre, pi recentemente, le leggi 15 maggio 1997, n. 127 (art. 13) e 22 giugno 2000, n. 192 (art.1) hanno soppresso i controlli
sugli atti eccedenti lordinaria amministrazione, per tutte le persone giuridiche, compresi gli enti ecclesiastici civilmente
riconosciuti.
Alla luce dei principi e delle norme concordatarie e statali, dunque, la gestione amministrativa dei beni ecclesiastici soggetta
ai controlli previsti dal diritto canonico (Art. 7, n. 5 Accordo del 1984), se gli enti titolari dei medesimi beni risultano iscritti
nel registro delle persone giuridiche (art. 5 e ss. L. n. 222/1985). Per far fronte alle difficolt emerse nella vigenza del
Concordato del 1929 e segnalate dalle dottrina in relazione alle perplessit del rinvio formale alle norme canoniche
sullamministrazione dei beni ecclesiastici non sempre facilmente conoscibili - la citata legge n. 222/1985 ha subordinato
lacquisto della capacit negoziale alla previa iscrizione nel citato registro, stabilendo che per la validit ed efficacia dei negozi

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giuridici degli enti ecclesiastici non possono essere opposte a terzi, che non ne fossero a conoscenza, le limitazioni dei poteri
di rappresentanza o lomissione di controlli canonici che non risultano dal codice di diritto canonico o dal registro delle
persone giuridiche.
La rilevanza civile riconosciuta ai controlli canonici sui beni ecclesiastici desumibile dalle disposizioni citate, costituisce una
concreta applicazione del principio di autonomia e di non ingerenza da parte dello Stato ,armonizzato con quei principi
civilisticamente rilevanti quali la certezza del diritto, la buona fede e laffidamento dei terzi che svolgano attivit negoziale
con gli enti ecclesiastici.
Resta, comunque, da precisare che lo Stato resta titolare dei poteri di controllo sulle forme di finanziamento - diretto o indiretto
(oblazioni deducibili dallimponibile IRPEF, lattribuzione dellotto per mille sul gettito di tale imposta, contributi statali per
ledilizia religiosa) - delle Confessioni religiose o dei loro enti, in relazione alla loro modalit di gestione: si tratta di un
controllo contabile effettuato ex post e diretto a dare trasparenza come usa dire allimpiego delle somme per i fini
specificatamente indicati nelle norme di legge che ne prevedono lerogazione (Finocchiaro).
4. Regime giuridico degli edifici di culto e delle res sacrae
Gli edifici di culto e le res sacrae per i fedeli costituiscono uno dei principali strumenti per lesercizio della libert religiosa,
coerentemente allart. 19 cost. nella parte in cui riconosce espressamente il diritto di esercitare in privato e in pubblico il
proprio culto, con il solo limite della non contrariet dei riti al buon costume, senza discriminazione alcuna tra i vari culti o i
loro fedeli nellesercizio di tale libert (art.8).
Disposizioni pattizie e statali prevedono una serie di garanzie, al fine di assicurare tale espressione della libert religiosa.
Coerentemente a quanto affermato allinizio, sia gli edifici di culto che le res sacrae possono essere di propriet:
1) di enti ecclesiastici;
2) di enti non ecclesiastici (sia pubblici che privati);
3) di persone fisiche.
Ne deriva che se e nella misura in cui appartengono a soggetti diversi dagli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, essi non
rientrano nel concetto di patrimonio ecclesiastico. Tuttavia, in ragione della funzione svolta (soddisfacimento dei bisogni, degli
interessi religiosi) e , dunque, della loro destinazione sono parzialmente sottratti al regime comune e sottoposti a ben
definiti poteri dellautorit ecclesiastica
A) Gli edifici di culto
Sono edifici di culto quei beni di cui si avvalgono le Confessioni religiose per lautonoma manifestazione del proprio credo
religioso: chiese (per i cristiani), sinagoghe (per gli ebrei), moschee (per i musulmani). Nella prospettiva dellordinamento
statale, tali edifici, in quanto beni patrimoniali, sono sottoposti alla disciplina del diritto comune, salvo quanto stabilito da leggi
speciali.
Con riferimento alla Chiesa cattolica, preliminarmente allanalisi della normativa concordataria e statale bene precisare che
gli edifici di culto corrispondono ai loca sacra, cio ai luoghi sacri destinati al culto divino mediante la dedicazione o la
benedizione, a norma dei libri liturgici (can. 1205): chiese (can. 1214); oratori (can. 1223); cappelle private (can. 1226);
santuari (can. 1230). Tuttavia, secondo la dottrina dominante, sia le disposizioni concordatarie che statali farebbero riferimento
ad alcuni di tali edifici, vale a dire, solo a quelli nei quali si celebra il culto pubblico. Lart. 5 dellAccordo del 1984, infatti, si
riferisce esclusivamente agli edifici aperti al culto nel sancire il divieto di requisizione, occupazione e demolizione, se non per
gravi ragioni e previo accordo con la competente autorit ecclesiastica (n. 1). Alla medesima tipologia immobiliare si riferisce
il n. 2 del medesimo art. 5, laddove vieta lingresso della forza pubblica, per lesercizio delle sue funzioni senza il previo
avviso allautorit ecclesiastica, salvo casi di urgente necessit.
Lart. 831 c.c., infine, si riferisce espressamente agli edifici destinati allesercizio del culto pubblico cattolico, quando dispone
che ai medesimi anche se appartenenti ai privati, non possono essere sottratti alla loro destinazione, neppure per effetto di

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alienazione, fino a che la destinazione stessa non sia cessata in conformit delle leggi che la riguardano. Occorre, dunque,
precisare che le chiese del culto cattolico, anche se di propriet di enti ecclesiastici, sono soggette alla disciplina del diritto
privato e possono quindi essere sia alienate che usucapite. Ma finch non sono sconsacrate non possono essere sottratte alla
loro destinazione di edifici di culto. necessario, ai fini della sconsacrazione, uno specifico atto dell'autorit ecclesiastica,
posto in essere secondo le modalit del diritto canonico.
B) Le res sacrae
A norma del can. 1171, le res sacrae sono le cose mobili destinati al culto (immagini sacre, arredi, altari, reliquie) attraverso la
dedicazione o la benedizione: esse devono essere trattate con riverenza enon adoperate per usi profani o impropri, anche
se sono in possesso di privati. Proprio in considerazione di tale scopo la destinazione al culto - lart. 514, n. 1, c.p.c., ne
proclama la loro impignorabilit.
La ratio della disposizione nel fatto che leventuale pignoramento del bene avrebbe leffetto di sottrarlo alla destinazione al
culto.
Ad avviso di parte della dottrina questo regime giuridico non discende direttamente dalla consacrazione o dalla benedizione dei
beni in questione, bens dalla loro effettiva ed attuale destinazione al culto, sicch cessata tale destinazione il bene torna ad
essere assoggettato al normale regime delle cose mobili. Ad esempio, un calice qualificabile res sacra secondo il diritto
canonico, perderebbe tale qualit il giorno in cui fosse posto in commercio.
A ben vedere il peculiare regime giuridico cui sono soggetti gli edifici di culto e le res sacrae risponde alla fondamentale
esigenza di garantire, nella maniera pi piena, il diritto di libert religiosa individuale e collettivo, in uno dei suoi contenuti pi
tipici e fondamentali: lesercizio del culto pubblico. Tra quei beni e la libert religiosa, infatti, sussiste uno stretto rapporto di
strumentalit.
Lezione 15
I beni culturali dinteresse religioso e lassistenza spirituale
I parte
I beni culturali dinteresse religioso
1.- Introduzione
Il tema dei beni culturali dinteresse religioso (o ecclesiastici) e in particolare della loro tutela, conservazione e fruizione,
problema di recentissima emergenza nelle relazioni fra Chiesa e comunit politica.
Difatti solo a cavallo delle due guerre mondiali che, negli ordinamenti giuridici statali, comincia ad affermarsi la categoria
dei beni culturali come categoria unitaria di beni degni di particolare protezione, perch connessi allo sviluppo integrale della
persona ed alla identit delle singole comunit umane. In tale categoria sono ricomprese non soltanto le cose di interesse
artistico o storico, o le bellezze naturali, ma anche i beni ambientali, i beni audiovisivi; pi in generale in essa rientrano tutti gli
altri beni che costituiscono testimonianza materiale di un valore di civilt o che si pongono come strumenti di civilizzazione.
Nello stesso ordinamento canonico solo dopo il Vaticano II che si comincia a notare un consistente, unitario e crescente
rilievo della categoria dei beni culturali. Anche se, per la verit, ci si nota pi nel diritto particolare che nel codice.
I beni culturali possono divenire materia di rilevanza nelle relazioni fra Chiesa e comunit politica non in quanto tali, sebbene
nella misura in cui siano strumentalmente piegati a finalit propriamente ecclesiastiche. Pi precisamente un bene culturale
avente carattere religioso, ad esempio unopera darte (un dipinto o una statua che raffigurino unimmagine sacra, un edificio
destinato al culto, unedicola ecc.), pu entrare in rilievo per il diritto statale sotto un triplice profilo: a) in relazione alla
propriet, potendo appartenere ad un privato, ad un ente pubblico, ad un ente ecclesiastico; b) in relazione alla sua tutela e
conservazione, anche in rapporto allesigenza di una sua libera fruizione da parte della collettivit; c) in relazione alla sua
destinazione religiosa.
Per fare un esempio, si pensi al caso di unimmagine sacra di antichissima e pregevole fattura, di propriet di un privato o di un

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ente ecclesiastico, la quale sia da secoli oggetto di venerazione e di culto da parte della popolazione locale. In rapporto a questa
immagine si pongono certamente problemi di conservazione, ad esempio dai furti. Ma altrettanto certamente il suo eventuale
trasferimento in un museo ben custodito e vigilato, che darebbe sicuramente le massime garanzie al riguardo, si tradurrebbe
tuttavia nel sacrificio di interessi giuridicamente protetti: da un lato quello del proprietario, ad averla nella personale
disponibilit; dallaltro sopratutto quello della popolazione locale, a continuare a venerare limmagine e ad esercitare dinnanzi
ad essa gli atti di culto, nei quali da secoli si espressa la fede religiosa di detta comunit. Questo interesse risulta essere
giuridicamente protetto, in quanto rientra nella libert di religione e di culto.
chiaro che le ragioni di una collaborazione fra Chiesa e Stato in materia di beni culturali ecclesiastici non riguardano i profili
proprietari o quelli pi propriamente attinenti alla tutela dei beni in questione, in quanto beni culturali. In questo caso si tratta,
infatti, di profili che attengono interamente allordine proprio dello Stato.
Le ragioni di tale collaborazione stanno, invece, nel terzo profilo, vale a dire quello riguardante la destinazione religiosa e di
culto del bene. esso che fa dei beni culturali una res mixta di recente emergenza nelle relazioni fra lo Stato e la Chiesa e che
stata oggetto del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e di intese con la Conferenza
Episcopale Italiana sulla base dellart. 12 dellAccordo del 1984 (Dalla Torre).
Il settore dei beni culturali dinteresse religioso costituisce, dunque, un terreno di comune interesse dello Stato e delle
Confessioni religiose. Rientrando nel concetto di res mixtae, vale per esso il principio pattizio, in forza del quale le due
Autorit, statale e religiosa, ne concordano la relativa disciplina.
Per introdurci ad un approfondimento su questa materia possiamo partire dalla lettura dellart. 9 del citato D.Lgs. n.42/2004
che riguarda appunto i Beni culturali di interesse religioso:
1.

Per i beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni

religiose; il Ministero e, per quanto di competenza. le regioni provvedono, relativamente alle esigenze di culto, d'accordo con
le rispettive autorit.
2.

Si osservano, altres, le disposizioni stabilite dalle intese concluse ai sensi dell'articolo 12 dell'Accordo di

modificazione del Concordato lateranense firmato il 18 febbraio 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n.
121, ovvero dalle leggi emanate sulla base delle intese sottoscritte con le confessioni religiose diverse dalla cattolica, ai sensi
dell'articolo 8, comma 3, della Costituzione.
2.- Il patrimonio storico-artistico della Chiesa Cattolica
2.-1) I beni culturali religiosi, in generale
La disposizione fondamentale in materia lart. 12, comma 1, dellAccordo del 18 febbraio 1984 (L. n. 121/1985) riguardante
il patrimonio storico ed artistico, compresi gli archivi e le biblioteche: La Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo
ordine, collaborano per la tutela del patrimonio artistico. Al fine di armonizzare lapplicazione della legge italiana con le
esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti concorderanno opportune disposizioni per la
salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali dinteresse religioso appartenenti ad enti e istituzioni
ecclesiastiche. La conservazione e la consultazione degli archivi dinteresse storico e delle biblioteche dei medesimi enti ed
istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese tra i competenti organi delle due Parti.
Lattuazione di tale disposizione avvenuta mediante un intesa di carattere procedimentale sul modello previsto dalla legge 7
agosto 1990, n. 241 (art.7) tra il Ministro dei beni e delle attivit culturali e il Presidente della C.E.I. (Conferenza episcopale
italiana), stipulata il 26 gennaio 2005 e resa esecutiva nellordinamento italiano con d.p.r. 4 febbraio 2005, n. 78. Si tratta in
realt della seconda intesa in materia, approvata contestualmente allabrogazione di quella del 13 settembre 1996 stipulata tra
lallora Ministero dei beni culturali e ambientali e il Presidente della C.E.I..
Tale accordo disciplina i soggetti, le forme e le attivit di collaborazione tra lautorit statale e religiosa:

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a) I soggetti
Duplice la categoria degli organi, con riferimento alla loro sede e sfera di competenza a livello:

Centrale:

Statali: il Ministro o, secondo le rispettive competenze, i capi dei dipartimenti o i direttori generali del dicastero da lui

designati;

Ecclesiastici: Presidente della C.E.I. o persone da lui delegate.

Regionale:

Statali: i Direttori regionali;

Ecclesiastici: i Presidenti delle Conferenze episcopali regionali o le persone eventualmente delegate dai Presidente

stessi.

Locale:

Statali: i Soprintendenti

Ecclesiastici: i Vescovi diocesani o le persone delegate dai Vescovi

b) Le forme e attivit di collaborazione


1) Conferenze di programmi e servizi
Tali riunioni riguardano una nutrita serie di attivit:

Informazione reciproca sulle iniziative di entrambi le parti;

Definizione di programmi e proposte annuali o pluriennali di interventi a favore dei beni, con la previsione dei

connessi piani di spesa (art.14);


Attivit di inventariazione e catalogazione dei beni e reciproco accesso alle rispettive banche dati (art. 2, comma,3);
- Finanziamento degli interventi per restauri e conservazione e delle iniziative anche con la partecipazione di terzi (art. 3).
2) Accordi preliminari
Sempre in materia di collaborazione, lintesa disciplina i criteri di fondo per lapplicazione dellart. 9 del d.lgs. n. 41/2004, il
quale, in ossequio al principio pattizio, stabilisce che per i beni culturali dinteresse religioso, appartenenti ad enti ed istituzioni
ecclesiastiche della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il Ministero per i beni e le attivit culturali e, per quanto di
competenza, le Regioni provvedono, con riferimento alle esigenze di culto, daccordo con le rispettive autorit. Cos: per
lemanazione di tali provvedimenti stabilito che ladozione dei medesimi deve essere preceduta da accordi con lOrdinario
del luogo, al fine di garantire le esigenze di culto, il quale far, altres, da tramite per comunicare detti provvedimenti ai titolari
dei beni (art. 6).
3) Istituzione di un Osservatorio centrale per i beni culturali di interesse religioso di propriet ecclesiastica.
Esso composto, in modo paritetico, da rappresentanti del Ministero, individuato a livello di capi dei dipartimenti, e dai
rappresentanti della C.E.I. ed presieduto, congiuntamente, da un rappresentante del Ministero e da un Vescovo, in
rappresentanza della C.E.I. La convocazione delle riunioni alle quali possono essere invitati a partecipare i rappresentanti di
amministrazioni ed enti pubblici e di enti ed istituzioni ecclesiastiche in relazione alla natura delle questioni allordine del
giorno - avviene almeno ogni semestre, nonch ogni qualvolta i rappresentanti lo ritengano opportuno.
2.-2) I beni culturali religiosi, in particolare: gli archivi e le biblioteche
Fondamentale in materia lart. 12.1, comma 3 dellAccordo di Villa Madama: La conservazione e la consultazione degli
archivi dinteresse storico e delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base dintese
tra i competenti organi delle due Parti.
In attuazione di tale disposizione il 18 aprile 2000 stata siglata unintesa tra il Ministro per i beni ed attivit culturali e il
Presidente della C.E.I. Tale accordo confermato nel suo contenuto dalla citata intesa del 2005 (art. 2, comma 1) - non si
limita alla identificazione dei soggetti, delle forme e delle procedure della collaborazione tra Stato e Chiesa cattolica: esso,

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infatti, determina specificamente la cooperazione tra le due autorit, prevedendo forme di collaborazione ancorate a tre principi
generali (Finocchiaro):
a)il patrimonio documentario e archivistico di interesse storico appartenente ad enti e istituzioni ecclesiastiche deve rimanere,
per quanto possibile, nei luoghi di formazione o di attuale conservazione;
b)il Ministero per i beni e le attivit culturali e la CEI si sono trovati daccordo sulla necessit di assicurare, secondo le
rispettive competenze, ogni possibile intervento per garantire la tutela e la salvaguardia del patrimonio documentario e
archivistico e delle rispettive sedi;
c)in caso di necessit e, in particolare, nel caso di parrocchie e di diocesi soppresse, allo scopo di agevolarne la conservazione
e la consultazione, gli archivi vengono depositati presso larchivio storico della diocesi competente per territorio.
La disciplina delle funzioni e delle attivit di valorizzazione degli archivi e delle biblioteche in quanto beni presenti negli
istituti e nei luoghi della cultura non appartenenti allo Stato, ma ad enti ed istituzioni religiose rientrano nellambito della
potest normativa regionale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 101 e 112 del Codice dei beni culturali.
Infine, rimessa alla competenza esclusiva della Santa Sede, la disciplina relativa allaccesso presso gli archivi, i musei, le
biblioteche ed altri luoghi di tesori darte e di scienza presenti nello Stato Citt del Vaticano e nel Palazzo del Laterano
dellart. 18 del Trattato del 1929.
* * * * *
La materia di beni culturali dinteresse religioso ha subito, altres delle innovazioni con la riforma della pubblica
amministrazione operata con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (in tema di Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali). Il Codice dei beni culturali, infatti, richiamando tale normativa, dispone che lo
Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono stipulare accordi per definire strategie e obiettivi comuni di
valorizzazione, nonch per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni
culturali di pertinenza pubblica. Gli accordi possono essere conclusi su base regionale o sub regionale e riguardare anche beni
di propriet privata, previo consenso degli interessati. Qualora, dunque, si tratti di beni culturali appartenenti allo Stato ma
dinteresse religioso, per i principi sopra analizzati, lautorit statale a vari livelli, dovr concordare con le competenti autorit
ecclesiastiche il loro utilizzo, per garantire il soddisfacimento delle esigenze religiosi ad essi connessi.
3.- Il patrimonio storico artistico della Confessioni acattoliche
Sulla stessa linea, le disposizioni emanate sulla base di intese stipulate ai termini dell'art. 8, comma 3, della Costituzione, con
le altre religioni a testimonianza di un "interesse concorrente tra Stato e confessioni religiose per la tutela di beni che fanno
parte della storia di entrambi". Si tratta delle leggi 11 agosto 1984, n. 449 (Chiese rappresentate dalla Tavola valdese, art. 17);
22 novembre 1988, n. 516 (Chiese avventiste, art. 34); 22 novembre 1988, n. 517 (Assemblee di Dio pentecostali, art. 26); 8
marzo 1989, n. 101 (Unione delle Comunit ebraiche, art. 17); 12 aprile 1995, n. 116 (Unione cristiana battista, art. 18); 29
novembre 1995, n. 520 (Chiesa luterana, art. 16). Norme analoghe sono contenute nell'intesa recentemente siglata con l'Unione
Buddista (art. 16), con lUnione Induista italiana (art. 17), con la Chiesa di Ges Cristo dei Santi degli ultimi giorni (art. 15) e
con la Sacra Arcidiocesi Ortodossa dItalia (art. 11) .
Il principio generale ribadito con alcune differenziazioni in tutte le intese quello della collaborazione tra lo Stato e la
confessione interessata per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali che afferiscono al patrimonio storico, artistico,
culturale, materiale, ambientale, architettonico, archeologico, archivistico e librario della religione che ha stipulato l'intesa. Per
le Chiese valdesi e per le Comunit ebraiche - per le quali lo Stato prende atto che fra le "esigenze religiose" vanno ricomprese,
accanto a quelle di culto e assistenziali, anche quelli culturali (art. 26) - si prevede la costituzione di commissioni miste e, solo
per le seconde, la partecipazione dell'Unione alla conservazione e gestione delle catacombe ebraiche, nel rispetto delle
prescrizioni rituali. Rimane comunque integra la competenza del ministero e delle regioni, che devono sentire le autorit
confessionali quando decidono di sottoporre a vincolo determinati beni culturali afferenti al patrimonio culturale delle
confessioni.

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II parte
Lassistenza spirituale
1. Lassistenza spirituale e levolversi del diritto ecclesiastico come Legislatio libertatis
Il tema dellassistenza spirituale si pone in rapporto alle cosiddette Istituzioni segreganti o Istituzioni totalizzanti, cio in
rapporto a quelle realt istituzionali nelle quali, per ragioni giuridiche (come nel caso delle forze armate), ovvero per ragioni
naturali ( il caso degli ospedali), la libert dellindividuo limitata e condizionata in ragione delle superiori esigenze
organizzative e cautelari dellIstituzione, nella quale lindividuo astretto.
Al cittadino che presta SERVIZIO MILITARE normalmente impedito di potersi recare liberamente, ed a proprio piacimento,
presso le istituzioni ecclesiastiche competenti a soddisfare i suoi bisogni religiosi. Se lo Stato non intervenisse si
configurerebbe una concreta violazione del diritto di libert religiosa. In siffatto contesto evidente il ruolo svolto dal principio
di eguaglianza in senso sostanziale, in ordine alla rimozione di ostacoli che impediscono di fatto lesercizio di un diritto
inviolabile. Il problema stato risolto con servizi di cappellanato variamente configurati negli ordinamenti statuali.
2. Le ragioni costituzionali sottese allart. 11 del Concordato
LAccordo di Villa Madama, estendendo la disciplina bilateralmente convenuta a tutte le fattispecie di Istituzioni segreganti
(forze armate, ospedali, carceri), non ha fatto altro che intervenire su un bisogno gi individuato da tempo dallAutorit statale
e che conseguentemente aveva gi trovato una completa ed autonoma disciplina nella legge. Si deve rilevare lesplicita
conformazione di tutta la disciplina della materia al principio costituzionale della libert religiosa; poi da notare che la
disciplina in esame rappresenta unrilevante momento di concordatarizzazione della materia, vale a dire di passaggio dalla
tradizionale disciplina prevalentemente definita in via unilaterale statale ad una disciplina interamente convenuta dalle due
parti interessate: lo Stato e la Chiesa.
3. Attuazioni della disposizione concordataria
Lart. 11 dellAccordo del 1984 ha trovato, sino ad ora attuazione solo in un ambito ben definito: lASSISTENZA
SPIRITUALE AL PERSONALE DELLA POLIZIA DI STATO di religione cattolica. La nuova disciplina prevede che
lassistenza spirituale sia prestata, nel rispetto dei princpi costituzionali, (art. 1), al personale della Polizia di Stato residente
presso alloggi collettivi di servizio o presso istituti di formazione (art. 2). Essa svolta da cappellani incaricati con decreto del
Ministro dellInterno su designazione dellautorit ecclesiastica competente, sentito il cappellano coordinatore nazionale (art.
3). I cappellani, il cui compenso a carico dello Stato, dipendono dallautorit ecclesiastica competente per quanto attiene alla
materia propriamente spirituale e pastorale, dal Questore del luogo per esercizio delle funzioni attinenti alla sfera di
competenza dellamministrazione degli Interni.
Assai diverso, sotto il profilo della disciplina giuridica, il servizio di ASSISTENZA SPIRITUALE ALLE FF.AA., per quanto
anchesso risalente alla disciplina concordataria in vigore. Al riguardo la normativa di base contenuta nella legge 1 giugno
1961, per la quale il servizio dellassistenza spirituale alle FF.AA. dello Stato, istituito per integrare, secondo i princpi della
religione Cattolica, la formazione spirituale delle FF.AA. stesse, disimpegnato da sacerdoti cattolici in qualit di
cappellani militari (art. 1). I cappellani sono nominati dalla competente autorit statale, previa designazione della competente
autorit ecclesiastica. Equiparazione del ruolo dei cappellani ai gradi degli ufficiali delle FF.AA.
A ben vedere la laicit dello Stato non in discussione giacch proprio di uno Stato laico rimuovere gli ostacoli che
impediscono in concreto ad alcune categorie di cittadini lesercizio del diritto di libert religiosa. Daltra parte la struttura
fortemente totalizzante e gerarchizzata, che tipica e necessaria di ogni apparato militare, postula una forte integrazione dei
cappellani nellistituzione, senza la quale di fatto il loro servizio potrebbe essere facilmente ostacolato cos come, sempre di
fatto, potrebbe esserne impedito il libero accesso.

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4. La tutela della libert religiosa degli acattolici nelle strutture segreganti


Per i cattolici, come si visto, lo Stato provvede direttamente e in via anticipata a garantire la presenza di ministri di culto nelle
diverse strutture segreganti. In linea generale, le Intese stipulate ai sensi dellart. 8 C. delineano un sistema caratterizzato, in
primo luogo, dalla diretta assunzione degli oneri finanziari da parte delle singole confessioni. In secondo luogo, lassistenza
spirituale degli acattolici, pur essendo garantita in astratto, necessita in concreto della richiesta di attivazione da parte dei
soggetti interessati, non essendo previsti ministri di culto acattolici stabiliti nelle diverse strutture segreganti. I militari
interessati possono ottenere il permesso di frequentare il luogo di culto pi vicino. Per quanto concerne lassistenza spirituale
presso gli ospedali, previsto che i ministri di culto possano liberamente accedere in detti istituti. Lassistenza spirituale,
inoltre, garantita negli istituti penitenziari, a favore dei detenuti che ne facciano richiesta, fermi restando gli oneri finanziari a
carico delle singole confessioni coinvolte. Soggetti deputati a ricevere le apposite
domande sono i direttori degli istituti penitenziari, i quali hanno il dovere di informare i relativi ministri di culto competenti.
LEZIONE 16
La Santa Sede
1.1 Terminologia
Chiesa, Santa Sede, Curia romana, Stato della Citt del Vaticano (SCV) e Vaticano.
Per Chiesa sintende la societ (o istituzione) dei battezzati (istituzione fondata da Ges Cristo) che professano la stessa fede,
partecipano agli stessi sacramenti e tendono a realizzare gli stessi fini spirituali, sotto la guida del Romano pontefice e dei
vescovi.
Per Santa Sede o Sede Apostolica sintende in senso stretto lufficio proprio del Romano Pontefice (la sede episcopale di
Roma) e in senso lato gli organi di governo della Chiesa (Curia romana e R. Pontefice).
La Curia romana il complesso dei dicasteri mediante i quali il Pontefice esercita il suo alto ufficio di governo della Chiesa
universale.
Per SCV sintende il territorio sul quale - in base al Trattato lateranense la S. Sede esercita un potere sovrano.
Con il termine Vaticano si indica non tanto lo Stato, quanto piuttosto il vertice della Chiesa cattolica, ovvero la Santa Sede
Soffermiamoci su alcuni aspetti relativi alla Santa Sede in considerazione dello stretto collegamento esistente tra le due entit.
1.2 La Santa Sede
1.2.1 Soggettivit giuridica di diritto internazionale della S. Sede
La S. Sede gode di soggettivit giuridica internazionale ed esercita tutti i diritti tipici della personalit internazionale: diritto di
legazione attiva e passiva, diritto di stipulare convenzioni e di partecipare ad attivit internazionali intergovernative.
La S. Sede intrattiene relazioni diplomatiche con 178 stati e con altri organismi come Unione Europea, Federazione Russa,
OLP, SMOM.
La S. Sede ha stipulato e continua a stipulare accordi bilaterali (concordati, accordi, intese, modus vivendi) con numerosi Stati.
Concordato listituto giuridico che per secoli ha rappresentato il modello di relazione tra Stato e Chiesa.
Per quanto riguarda lattivit concordataria, nellet contemporanea distinguiamo tre grandi periodi: 1) Dal Concordato
napoleonico (1801) alla prima guerra mondiale, gli accordi sono marcati dal rapporto personale tra il Papa e il Capo dello Stato
contraente. 2) Dopo la prima guerra mondiale e a seguito della rinnovata politica internazionale di Benedetto XV, si apre una
nuova stagione concordataria, segnata da accordi con Stati totalitari o autoritari e con moderne democrazie. 3) Il Concilio
Vaticano II dedica un intero paragrafo della Gaudium et spes ai rapporti fra Chiesa e comunit politica e auspica che si
persegua una sana collaborazione. Dopo il Vaticano II lattivit convenzionale della Santa Sede conosce delle significative
innovazioni. Le relazioni convenzionali infatti si pongono anche con Stati di orientamento ideologico o con tradizioni religiose
molto lontane oppure con Organizzazioni ed Organismi Intergovernativi. Numerosi i Concordati/Accordi stipulati con gli Stati
(ACCORDI

CON

PAESI

EUROPEI

MAGGIORANZA

CATTOLICA/ACCORDI

CON

LANDER

TEDESCHI/ACCORDI CON I PAESI EX COMUNISTI/ACCORDI CON PAESI LATINO-AMERICANI/ACCORDI CON


PAESI AFRO-ASIATICI/ALTRI ACCORDI).

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Inoltre nuove materie entrano a formare oggetto di disciplina concordata: i beni culturali, la bioetica, lobiezione di coscienza,
la privacy; segno che le frontiere che marcano lordine della Chiesa e lordine degli Stati sono storicamente mobili
Il nunzio apostolico il rappresentante diplomatico permanente della Santa Sede presso uno stato o un'organizzazione
internazionale (ha il rango di ambasciatore plenipotenziario). Oltre a curare le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e lo
Stato in cui opera, il nunzio rappresenta la Santa Sede presso la chiesa locale e svolge, quindi, anche funzioni interne
all'ordinamento canonico.
Per le nazioni con le quali la Santa Sede non ha rapporti diplomatici, un delegato apostolico viene mandato per fungere da
collegamento con la Chiesa locale, e non accreditato presso il governo di quello stato: i delegati apostolici, pur avendo lo
stesso rango ecclesiastico dei nunzi, non hanno quindi uno status diplomatico riconosciuto;
Partecipazione a organismi e organizzazioni internazionali (per la promozione della pace, la giustizia, la tutela alla vita e ai
diritti umani)
Osservatore: ONU, FAO, UNESCO, ORG. COMMERCIO MONDIALE (WTO),
da verificare UNICEF, ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA (WHO) -,
Membro: Agenzia Internaz. Energia Atomica (AIEA), Alto Commissariato N.U. per i Rifugiati (ACNUR), Conferenza N.U.
per Commercio e Sviluppo (UNCTAD)
Partecipa a diverse Organizzazioni e Organismi Internazionali Intergovernativi Regionali; Consiglio dEuropa, Lega Araba,
Unione Africana, membro dellOSCE (Org. per la Sicur. e la Coop. in Europa).
Status allinterno dellONU: Osservatore permanente dal 1964 in rappr. della Chiesa cattolica e dello SCV
ONU Membri (Stati membri) e Osservatori (Stati ed Enti)
Tra gli Osservatori permanenti c la S. Sede come Stato non membro e lAutorit Nazionale Palestinese (come Ente)
1.3 La S. Sede: neutralit, pace e guerra.
1.3.1 Neutralit della S. Sede
La condizione di neutralit della Santa Sede rinvenibile innanzitutto nellart. 24 del Trattato lateranense.
Art. 24, afferma lestraneit della S. Sede dalle competizioni temporali e conseguente neutralit e inviolabilit dello SCV.
La Santa Sede, in relazione alla sovranit che Le compete anche nel campo internazionale, dichiara che Essa vuole rimanere e
rimarr estranea alle competizioni temporali fra gli altri Stati ed ai Congressi internazionali indetti per tale oggetto, a meno che
le parti contendenti facciano concorde appello alla sua missione di pace, riservandosi in ogni caso di far valere la sua potest
morale e spirituale.
In conseguenza di ci la Citt del Vaticano sar sempre ed in ogni caso considerata territorio neutrale ed inviolabile.
1.3.2 La Chiesa, la promozione della pace e il tema della guerra
Il magistero della Chiesa e in particolare quello degli ultimi Pontefici ha contribuito a sviluppare e incrementare il ruolo della
Chiesa come autorit morale nella costruzione della pace nel mondo (Pacem in Terris e Gaudium et Spes).
Limpegno della Santa Sede e del magistero degli ultimi pontefici per la pace nel mondo, affonda le sue radici nella profonda
connessione che esiste tra pace, diritti umani e solidariet internazionale8. Anche recentemente, come pi volte in passato, la
Chiesa si fatta promotrice di importanti iniziative per la pace (ci riferiamo in particolare alla situazione in Medio Oriente per
porre fine allo spargimento di sangue in Siria).
Inoltre, la Chiesa ha svolto un suo ruolo importantissimo in ambito internazionale nella mediazione per la pace. Esempi di
questa attivit li troviamo nella mediazione di Leone XIII nel conflitto delle Isole Canarie (1885) e nell'intervento di Giovanni
Paolo II nel conflitto sul canale di Beagle, fra l'Argentina e il Cile (iniziato nel 1979 e portato a termine felicemente nel 1985,
con la pacificazione di ambedue le nazioni).

Innumerevoli gli interventi e gli appelli della Chiesa e dei Pontefici per la pace nel mondo.

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Verso la fine del XX secolo si andato affermando nella coscienza degli esseri umani il principio dingerenza umanitaria per
quelle azioni svolte anche con luso della forza e giustificate in ragione della tutela dei diritti umani. Sia la Chiesa, sia la
Comunit internazionale hanno contribuito allo sviluppo di tale principio; nel magistero pontificio di fine XX secolo, accanto
ad una costante condanna della guerra, troviamo, un sempre pi frequente ed insistente richiamo, diretto o indiretto, al diritto
dingerenza umanitaria.
Parallelamente andato evolvendosi il pensiero della Chiesa sul concetto di guerra giusta. arduo per la Chiesa che
esercita una forte azione morale per costruire una pace giusta poter parlare di guerra giusta, tuttavia in alcuni casi,
quando sono in gioco i diritti umani pu essere necessario lintervento con luso delle armi (ovviamente si tratta di casi
eccezionali giustificati solo in alcune circostanze, come ad es. la legittima difesa con la forza militare, elencati nel Catechismo
della Chiesa cattolica dopo aver ribadito l'obbligatoriet ad evitare la guerra.
1.4

Condizione giuridica della S. Sede nellordinamento italiano

Alla S. Sede riconosciuta nellordinamento italiano la personalit giuridica per antico possesso di stato, si tratta di ente
ecclesiastico sui generis, retto da una disciplina giuridica diversa rispetto a quella che riguarda la generalit di enti ecclesiastici
civilmente riconosciuti. In particolare a questo peculiare ente vengono riconosciute speciali garanzie del Trattato dirette ad
assicurarne lassoluta indipendenza per ladempimento della sua missione.
La condizione giuridica della S. Sede nellordinamento italiano definita:
-

Dallart. 7 della Costituzione che riconosce lindipendenza e sovranit della Chiesa

Dai Patti Lateranensi, garantiti dalla Costituzione con il richiamo allart. 7

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono
procedimento di revisione costituzionale.
Le norme pattizie, dunque, non sono norme costituzionalizzate; esse presentano tuttavia una resistenza passiva
allabrogazione in via unilaterale statale pari alle norme costituzionali (tanto vero che, volendosi seguire questa via,
occorre il procedimento di revisione costituzionale di cui allart. 138 Cost.; le norme pattizie non possono neppure essere
oggetto di referendum abrogativo ex art. 75 Cost.)
2.

Patti Lateranensi e soluzione della Questione romana

Soluzione della Questione Romana dopo l occupazione dei territori pontifici. Esigenza di garantire alla S. Sede il libero
esercizio delle funzioni di governo della Chiesa.
Lo Stato italiano dispone mediante atto unilaterale la Legge delle guarentigie (1871) riguardante le prerogative della S. Sede e
del Romano Pontefice e sulle relazioni tra Stato e Chiesa.
Soluzione non accettata dalla Chiesa in quanto atto unilaterale statale.
Tensioni tra Stato e Chiesa che andarono ad attenuarsi solo alla fine del secondo decennio quando inizi il periodo della
conciliazione tra Stato e Chiesa culminato nel 1929 con la stipula dei Patti lateranensi.
2.1

Trattato

Scopo del Trattato fu quello di chiudere la Questione Romana e di restituire al Sommo Pontefice la sovranit temporale allo
scopo di assicurare la libert e lassoluta e visibile indipendenza della S. Sede nel governo pastorale della Chiesa universale.
Gli accordi del Laterano, firmati da B. Mussolini e da P. Gasparri (11.2.1929) e quindi ratificati con una apposita legge
(27.5.1929, n. 810), consistono di due protocolli: un trattato con annessa una convenzione finanziaria e un concordato.
Il Trattato (in ventisette articoli e una premessa, cui seguono quattro allegati) riconosce la necessit, per assicurare alla Santa
Sede l'assoluta e visibile indipendenza, di costituire un territorio autonomo sul quale il pontefice possa esercitare la sua piena
sovranit. Veniva cos creato lo Stato della Citt del Vaticano. Si confermava inoltre l'articolo 1 dello Statuto albertino, in virt
del quale la religione cattolica, apostolica e romana era considerata la sola religione dello Stato.

71

La persona del papa era dichiarata sacra e inviolabile, particolari privilegi venivano concessi alle persone residenti nella Citt
del Vaticano, e il patrimonio immobiliare della Santa Sede (di cui veniva fornito un elenco dettagliato) godeva di numerose
esenzioni specie dal punto di vista tributario. La convenzione finanziaria liquidava le pendenze economiche fra le due parti
mediante un cospicuo versamento da parte del governo italiano e la cessione di una congrua quantit di titoli quale indennizzo
dei danni subiti dalla Santa Sede con l'annessione degli Stati ex pontifici all'Italia e la conseguente liquidazione di gran parte
dell'asse patrimoniale ecclesiastico.
2.2 Concordato
Il concordato (quarantacinque articoli e una premessa), destinato a regolare i rapporti tra la Chiesa e lo Stato, assicura alla
Chiesa la libert nell'esercizio del potere spirituale, garantendo alcuni privilegi agli ecclesiastici (esonero dalla leva militare,
speciale trattamento penale ecc.); riconosce gli effetti civili del matrimonio religioso e delle sentenze di nullit dei tribunali
ecclesiastici; assicura infine l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali di ogni ordine e grado, come pure
l'assistenza spirituale alle forze armate e agli ospedali.
3.

Gli Enti centrali della Chiesa.

Cosa si intende per enti centrali della Chiesa, dal momento che n il diritto canonico n quello ecclesiastico contemplano tale
termine? Sono da intendere tutti quegli enti che risultano essere direttamente collegati con la Santa Sede e con questa
cooperano per il perseguimento dei fini istituzionali della Chiesa universale.
Occorre poi distinguere tra gli enti centrali della Chiesa (appena definiti) egli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Se i
primi, essendo direttamente collegati alla Santa Sede sfuggono dalla giurisdizione italiana, i secondi, pur perseguendo fini
istituzionali ecclesiastici, sono disciplinati da norme italiane e sottoposti alla giurisdizione del giudice italiano.
Per non ingerenza dello Stato negli organi centrali della Chiesa si deve intendere il dovere, internazionalmente assunto, di
non esercitare funzioni pubbliche della sovranit e tra questa quella giurisdizionale.
Per quanto riguarda pi propriamente lesenzione della giurisdizione, tale norma propone il tradizionale principio
internazionalistico della esenzione giurisdizionale civile e penale degli Stati esteri nellambito delle attivit compiute
nellesercizio del proprio potere statale (iure imperii), con lesclusione di quelli aventi natura di puri negozi giuridici (iuri
gestionis).
Nellordinamento italiano la condizione giuridica della Santa Sede definita dallart 7 Cost, per il quale la Santa Sede
indipendente e sovrana nel proprio ordine, e dai Patti Lateranensi. Allinterno dei Patti Lateranensi la condizione giuridica
emerge sia nel Trattato, che vede la Santa Sede come soggetto sovrano di governo della Chiesa universale, sia nel Concordato,
dove si definisce la posizione della Santa Sede allinterno dellordinamento italiano. Tale posizione risulta essere quella di una
piena personalit giuridica, riconducibili a finalit proprie della Chiesa e che si possono esprimere anche nel prendere
provvedimenti aventi natura di imperium con efficacia nellordinamento statale (come ad esempio si prevede che le sentenze
ed i provvedimenti emanati da autorit ecclesiastiche ed ufficialmente comunicate alle autorit civili, circa persone
ecclesiastiche o religiose concernenti materie spirituali o disciplinari)
Lart. 11 del Trattato prevede lesenzione da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano per gli Enti centrali della
Chiesa.
Per individuare con precisione gli enti in questione, giova fissare lattenzione sullaggettivo centrali che li qualifica. Enti che
sono posti in collegamento diretto con il soggetto sovrano, la Santa Sede, che li utilizza con funzioni strumentali ed
ausiliarie, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, che sono appunto lesercizio della suprema potest
pontificia su tutta la Chiesa. Si tratta pertanto di enti che traggono vita nellordinamento canonico, dal quale sono
interamente disciplinati. La valutazione del carattere centrale di un ente deve essere effettuata esclusivamente in rapporto
allordinamento canonico e non pu che essere effetto dellautodeterminazione del soggetto sovrano in esso costituito, cio la
Santa Sede stessa.

72

Essi costituiscono una categoria distinta rispetto agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Gli enti centrali della Chiesa
sono pure da distinguere rispetto agli enti vaticani, cio gli enti che traggono vita nellordinamento dello Stato della Citt del
Vaticano.
Gli enti centrali sono esenti da ogni ingerenza da parte delle autorit italiane.
Enti centrali sono: le Congregazioni, i Tribunali, gli Uffici della Santa Sede, ossia gli organisni costituenti la Curia romana e
che provvedono al governo della Chiesa universale.
Tali Enti centrali quando svolgono la loro attivit nellambito dello SCV o degli edifici individuati negli artt. 13-15 del Trattato
si sottraggono allingerenza dello Stato italiano per il fatto di operare al di fuori della giursidiziaone italiana. Invece lart. 11
garantisce tali Enti anche quando operano nel territorio italiano.
Non agevole lesatta qualificazione di Enti centrali della Chiesa. La specificazione di tali enti risulta tuttavia di fondamentale
importanza per determinare se gli immobili dove risiede tale Ente e gli organi competenti godono o meno dellimmunit
prevista dagli artt. 15 e 22 del Trattato (es. Radio Vaticana).
Discusso anche se possano considerarsi Enti centrali lo IOR, Radio Vaticana e LOsservatore Romano.
Anche lorientamento della giurisprudenza non sempre univoco.
Ad esempio si ritenuto che lo IOR fosse un Ente Centrale della Chiesa e che tale posizione non consentisse di perseguire
penalmente i suoi amministratori (Cassazione penale) dichiarando nulli i mandati di cattura emessi dal tribunale di Milano per i
reati fallimentari addebitati agli amministratori dello IOR e che ha respinto la questione di legittimit costituzionale dellart. 11
Trattato.
Anche su Radio vaticana la dottrina divisa. Sembra prevalere lopinione che la qualifica come ente centrale.
Anche LOsservatore romano (problemi attinenti alla perseguibilit in Italia di reati a mezzo stampa eventualmente
commessi attraverso il giornale) rientrebbe per parte della dottrina tra gli enti centrali.
Contenuto dellesenzione da ogni ingerenza previsto dallart. 11.
Per la giurisprudenza e per parte della dottrina, lart.11 del Trattato sancirebbe il principio di non ingerenza esclusivamente con
riferimento allattivit degli organi centrali e dunque con riguardo alle sole attivit che le persone fisiche pongono in essere
nellesercizio delle funzioni loro demandate.
4. Prerogative degli organi centrali della Chiesa
Sommo Pontefice
Lart. 8 del Trattato, ricalcando il contenuto degli artt. 1 e 2 della legge delle Guarentigie riconosce al Pontefice una posizione
particolare e una serie di prerogative assai simile a quella prevista per il Capo dello Stato italiano.
Cardinali. Ulteriori garanzie personali sono state, inoltre, previste dallart. 21 per i Cardinali e dallart. 10 per dignitari,
funzionari ed ecclesiastici.
I Cardinali. sono quei prelati che compongono uno speciale collegio (Il Collegio Cardinalizio), cui sono conferiti
essenzialmente due compiti: 1) eleggere il Pontefice; 2) assistere il Pontefice sia collegialmente, per trattare le questioni di
maggiore importanza nel governo della Chiesa universale, sia individualmente, nella gestione dei diversi uffici che ad essi sono
affidati per la cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale. I cardinali entrano a comporre la struttura costituzionale
della Chiesa ed esercitano in essa una delle funzioni costituzionalmente pi elevate. Nellart. 21 del Trattato si afferma che
tutti i cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai principi del sangue. Ancora oggi nelle cerimonie pubbliche i cardinali
vengono subito dopo il Presidente della Repubblica. Ma come s detto, lappartenenza alla casa reale comportava anche
qualche conseguenza di carattere giuridico, come ad esempio la prerogativa di deporre come testimoni in materia penale
nella propria abitazione.
Sempre il primo comma dellart. 21 Trattato dispone che i cardinali residenti in Roma, anche fuori della Citt del Vaticano,
siano a tutti gi effetti cittadini della medesima. In caso di conclave o di concilio, ai cardinali non si possono opporre
impedimenti di sorta n da parte dellautorit di governo amministrativa o di polizia, n da parte dellautorit giudiziaria, al

73

libero accesso dei detti soggetti. Ai cardinali ed al collegio cardinalizio nel suo insieme, debbono poi applicarsi le garanzie
previste dallart. 11 Trattato relative agli enti centrali della Chiesa, di cui s detto. Nel Concordato non vi sono norme
specifiche sui Cardinali. Tuttavia non c dubbio che ad essi, in quanto ecclesiastici, vadano applicate una serie di disposizioni
di portata pi generale. Tra le garanzie assicurate agli ecclesiastici, e quindi anche ai cardinali, poi da ricordare quella
contemplata nel quarto comma dellart. 4 Conc., secondo cui essi non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorit
informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragioni del loro ministero.
Lart. 21 del Trattato strutturato in quattro commi.
Nel 1 comma si afferma che Tutti i Cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai Principi del sangue: quelli residenti in
Roma, anche fuori della Citt del Vaticano, sono, a tutti gli effetti, cittadini della medesima.
Sempre il primo comma dellart. 21 Trattato dispone che i Cardinali residenti in Roma, anche fuori della Citt del Vaticano,
sono a tutti gli effetti cittadini della medesima.
Specifiche garanzie sono, infine, previste in caso di Conclave e Concili ai commi 2, 3 e 4 dellart. 21: Durante la vacanza
della Sede Pontificia, l'Italia provvede in modo speciale a che non sia ostacolato il libero transito ed accesso dei Cardinali
attraverso il territorio italiano al Vaticano, e che non si ponga impedimento o limitazione alla libert personale dei medesimi.
Cura, inoltre, l'Italia che nel suo territorio all'intorno della Citt del Vaticano non vengano commessi atti, che comunque
possano turbare le adunanze del Conclave.
Le dette norme valgono anche per i Conclavi che si tenessero fuori della Citt del Vaticano, nonch per i Concili presieduti dal
Sommo Pontefice o dai suoi Legati e nei riguardi dei Vescovi chiamati a parteciparvi.
Lezione 17
Lo Stato della Citt del Vaticano
1.

Definizione di Stato della Citt del Vaticano

Quel territorio sul quale riconosciuta alla S. Sede in base allart. 3, 1 c. del Tratt. Lateranense una vera e propria
sovranit, destinata a garantire la libert e lindipendenza di questo organo di governo della Chiesa universale nello
svolgimento delle sue funzioni.
Lo SCV sorge in virt del Trattato Lateranense (art. 3, 1 c.) ed inizia ad esistere il 7 giugno 1929 con lo scambio delle
ratifiche relative ai Patti Lateranensi.
Art. 3, 1 comma Trattato
L'Italia riconosce alla Santa Sede la piena propriet e la esclusiva ed assoluta potest e giurisdizione sovrana sul Vaticano,
com' attualmente costituito, con tutte le sue pertinenze e dotazioni, creandosi per tal modo la Citt del Vaticano per gli
speciali fini e con le modalit di cui al presente Trattato. I confini di detta Citt sono indicati nella Pianta che costituisce
l'allegato 1 del presente Trattato, del quale forma parte integrante.
2. Elementi costitutivi SCV
Lo SCV possiede, al pari di ogni Stato, un suo territorio, una sua popolazione e un suo ordinamento giuridico.
Territorio, sup. 0,49 Kmq. , costituito dai palazzi vaticani con gli uffici annessi, i giardini, la Basilica di S. Pietro e la relativa
piazza. La sovranit si estende al sottosuolo e alla colonna daria sovrastante (art. 7, 2 c. Tr, ).
Oltre al territorio proprio dello Stato la giurisdizione del Vaticano comprende alcuni altri edifici in Roma e fuori Roma che
godono del diritto allextraterritorialit. Tali immobili godono delle immunit riconosciute dal diritto internazionale alle sedi
degli agenti diplomatici di Stati esteri e sono esenti da espropriazioni e tributi.
I beni extraterritoriali della Santa Sede in Roma sono attualmente:
1.il complesso di S. Giovanni in Laterano (Basilica, Palazzo Apostolico Lateranense con gli edifici annessi e la Scala Santa);
2. la Basilica di S. Maria Maggiore con gli edifici annessi;
3. la Basilica di S. Paolo fuori le Mura con gli edifici annessi;
4. il Palazzo della Cancelleria;

74

5. il Palazzo di Propaganda Fide, sede della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli;
6. il Palazzo di S. Callisto in Trastevere;
7. il Palazzo del Sant'Offizio ed adiacenze, sede della Congregazione della Dottrina della Fede (chiamata fino al 1965 Suprema
Sacra Congregazione del Sant'Offizio);
8. il Palazzo dei Convertendi, sede della Congregazione per le Chiese Orientali;
9. il Palazzo Maffei o del Vicariato (gi sede della Curia diocesana di Roma, che vi ha tuttora alcuni uffici);
10. il Palazzo delle Congregazioni ai Propilei;
11. il Palazzo Pio, dichiarato extraterritoriale nel 1979 (con esclusione tuttavia dei locali che ospitano attualmente l'
Auditorium) in sostituzione del Palazzo della Dataria, non pi di propriet della Santa Sede;
12. il Pontificio Seminario Romano Minore;
13. gli immobili sul Gianicolo (Pontificio Collegio Pio Romeno, Pontificio Collegio Ucraino di S. Giosafat, Pontificio Collegio
Americano del Nord, Ospedale del Bambino Ges, Chiesa di S. Onofrio e Convento, Pontificio Universit Urbaniana, Area dei
Servizi Tecnici della Santa Sede, Collegio Internazionale S. Monica, Curia Generalizia della Compagnia di Ges, Istituto di
Maria Bambina, Chiesa dei Ss. Michele e Magno, Edificio delle Suore Calasanziane, Casa delle Suore dell'Addolorata,
Immobili su Borgo Santo Spirito contigui alla Curia dei Gesuiti).
Immobili con privilegio di extraterritorialit fuori di Roma: Palazzo Pontificio, Villa Cybo e Villa Barberini di Castelgandolfo
e il nuovo Centro radiotrasmittente di santa maria di galeria (a seguito dellaccordo dell8/10/1951).
Popolazione: costituita da cittadini di detto stato secondo quanto previsto dagli artt. 9 e 21, 1 c. del Trattato e dalla legge
vaticana sulla cittadinanza. Sono citt. vaticani coloro che hanno stabile residenza, coloro che sono autorizzati a risiedere dal
Pontefice, nonch coniuge, figli e ascendenti dei cittadini e i cardinali residenti a Roma.
Peculiarit: criteri di acquisto della cittadinanza vaticana dettati da una Convenzione di d. internazionale; si tratta di criteri
funzionali e non di criteri normalmente assunti (ius sanguinis, ius soli).
Sovranit: Lo SCV anche dotato di un suo potere di governo, di sua organizzazione e di suo ordinamento. La pienezza del
potere legislativo, esecutivo e giudiziario risiede nel S. Pontefice che al tempo stesso capo della Chiesa cattolica e sovrano
dello SCV.
2.1 Circa la soggettivit di diritto internazionale dello Stato del Vaticano, due sono gli indirizzi della dottrina:
- parte tende a negare soggettivit giuridica di diritto internazionale dello Stato della Citt del Vaticano (tesi monista), in
quanto afferma che tale soggettivit spetta unicamente alla Santa Sede, essendo in realt lo Stato della Citt del Vaticano un
semplice beneficiario di norme internazionali
- altra parte ritiene invece che lo Stato della Citt del Vaticano goda di unautonoma soggettivit internazionale rispetto alla
Santa Sede, in relazione della norma internazionale consuetudinaria che prevede essere soggetti di diritto internazionale quegli
enti dotati di carattere della statualit (cio in possesso dei tre elementi costituenti uno Stato: popolo, territorio, sovranit).
3. Natura giuridica dello SCV
Si tratta di Stato sui generis. Infatti non stato creato per promuovere lorganizzazione sociale dei suoi cittadini, ma per
assicurare alla S. Sede lassoluta indipendenza per ladempimento della sua missione nel mondo (preambolo Tr.).
Con la costituzione dello SCV stato assicurato adeguatamente alla S. Sede quanto le occorre per provvedere con dovuta
libert e indipendenza al governo pastorale della Diocesi di Roma e della Chiesa cattolica in Italia e nel mondo (art. 26).
Carattere strumentale. Carattere proprio dello SCV la sua strumentalit, in quanto sorto per assolvere ad un preciso scopo:
assicurare e garantire alla S. S. la piena e visibile sovranit e indipendenza nella sfera temporale. Titolare della Sovranit su
tale Stato esclusivamente la S. Sede pena lestinzione stessa dello Stato e il venir meno della sua esistenza (es. abbandono
volontario del territorio con definitivo trasferimento della sede pontificia).
Rapporto funzionale esistente tra S. Sede e SCV lo SCV uno Stato-mezzo (Dalla Torre)

75

4. Ordinamento giuridico vaticano e governo dello SCV


Le disposizioni legislative sono emanate tanto dal Sommo Pontefice, quanto, a Suo nome, dalla Pontificia Commissione per lo
Stato della Citt del Vaticano, che promulga anche i regolamenti generali. Le une e gli altri sono pubblicati in uno speciale
supplemento degli Acta Apostolicae Sedis, che il Bollettino Ufficiale della Santa Sede. Quindi Il potere legislativo salvi i
casi che il Sommo Pontefice intende riservare a se stesso esercitato ordinariamente da una Commissione cardinalizia
(Pontificia Commissione per lo SCV), i cui membri sono nominati dal Pontefice.
Lesercizio del potere esecutivo demandato al Cardinale Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Citt del
Vaticano (in conformit con la Legge fondamentale e con le altre disposizioni in materia), il quale, in tale veste, assume il
nome di Presidente del Governatorato.
Collaboratori immediati del Presidente del Governatorato sono il Segretario Generale ed il Vice Segretario Generale.
Dal Presidente dipendono le Direzioni e gli Uffici Centrali in cui il Governatorato organizzato.
Nellelaborazione delle leggi, e in altre materie di particolare importanza, la Pontificia Commissione ed il Presidente del
Governatorato possono avvalersi dellassistenza del Consigliere Generale e dei Consiglieri dello Stato.
Il potere giudiziario, secondo la legge del 21 novembre 1987, n. CXIX, ha come suoi organi un Giudice unico, un Tribunale,
una Corte dAppello e una Corte di Cassazione, i quali esercitano le loro attribuzioni a nome del Sommo Pontefice.
Le funzioni di p.m. sono esercitate dal Promotore di Giustizia.
5. Fonti del diritto
Fonti principali sono il diritto canonico, le leggi ed i regolamenti emanati, per lo Stato Vaticano, dagli organi competenti.
Fonti suppletive sono, in primo luogo le leggi civili, penali, commerciali e procedurali vigenti in Italia l8 giugno 1929, nei
confronti delle quali lordinamento vaticano ha operato un rinvio materiale. Sono quindi in vigore, in Vaticano, il codice civile
del 1865 e il codice penale del 1889. Rientrano pure nelle fonti suppletive vaticane i regolamenti generali e locali della
Provincia e del Comune di Roma.
Leggi vaticane. Il 7 giugno 1929 Pio XI promulgava una serie di leggi atte a costituire lorganizzazione interna del nuovo
Stato. Si tratta di 6 leggi, di cui la prima - denominata Legge fondamentale determina gli organi costituzionali dello Stato, le
garanzie giuridiche, la bandiera, lo stemma e il sigillo. Tale legge , rimasta in vigore fino al 21 febbraio 2001 , quando stata
emanata la nuova Legge fondamentale, integralmente sostitutiva della precedente.
L. IV sullord. Amm.; L. V sullord. Econom. Comm. e profes.; L. VI sulla sicurezza; L. LXXI (2008) sulle fonti e L. CXXXI
(2011) sulla cittadinanza che hanno sostituito le Leggi II e III.
Altre leggi: legge sul governo dello SCV del 16 luglio 2002, legge sulle fonti del 1 ottobre 2008, legge sulla cittadinanza, la
residenza e laccesso del 22 febbraio 2011 e le leggi sullantiriciclaggio del 30 dicembre 2010.
La nuova Legge fondamentale conferma la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario in capo al Sommo
Pontefice (art. 1, 1 co.); durante la Sede Vacante, gli stessi poteri appartengono al Collegio dei Cardinali, il quale pu
emanare disposizioni legislative solo in caso di urgenza e con efficacia limitata al periodo di Sede vacante (art. 1, 2 co.).
6. Governo SCV
6.1 La Pontificia Commissione per lo SCV e il Cardinale Presidente
In base a detta Nuova L.F. un ruolo rilevante nel governo dello SCV attribuito alla pontificia Commissione e al suo
Presidente. Il Cardinale Presidente (che assume il titolo di Presidente del Governatorato SCV) dunque lautorit di
governo vaticana, alla quale spetta la rappresentanza giuridica dello SCV, ma non quella internazionale che riservata al
Sommo Pontefice, il quale la esercita a mezzo della Segreteria di Stato (art. 2).
Il Presidente della Commissione pu emanare ordinanze attuative di leggi e regolamenti e dispone della forza pubblica si fini
di sicurezza e della polizia di Stato (e pu anche richiedere lassistenza della Guardia Svizzera), Dalla Pontificia Commissione
dipendono gli altri organismi amministrativi, ossia le Direzioni Generali, gli Uffici e Servizi e le Direzioni del Governatorato.

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6.2 La Segreteria di Stato, fa parte della Curia romana e pu essere considerata il pi stretto organo di collaborazione del
Sommo Pontefice. E presieduta dal Cardinale Segretario di Stato che:
-

rappresenta in diverse occasioni il Sommo Pontefice

riceve e tratta i diplomatici accreditati c/o la S. Sede

riceve i Capi di Stato

tratta questioni di politica ecclesiastica

rappresenta il Pontefice nei poteri e nelle responsabilit inerenti alla Sua sovranit temporale nello SCV

Il Segretario di Stato rappresenta il Pontefice nel governo civile dello SCV ed esercita i poteri inerenti alla sovranit temporale
del Pontefice riferendo a costui nei casi di particolare importanza. Al Segretario di Stato fa riferimento la Pontificia
Commissione per lo SCV per tutte le materie riservate dalle leggi alla competenza del Pontefice. La Segr. di Stato mantiene
forme di vigilanza e di controllo per le materie di maggiore importanza (art. 6 L.F.)
6.3 Il Romano Pontefice. Primo e principale soggetto della suprema autorit della Chiesa. Capo del Collegio dei Vescovi.
Titolare della suprema e piena potest su tutta la Chiesa cattolica.
6.4 Collegio Cardinalizio. I Cardinali sono i pi stretti collaboratori del Pontefice. Duplice funzione: a) assistere
quotidianamente il Pontefice nel governo della Chiesa universale sia collegialmente (concistori), sia singolarmente; b) eleggere
il Sommo Pontefice (conclave). Il Collegio cardinalizio organo di governo dello SCV durante il periodo di sede vacante.
7.

I rapporti dello Stato della Citt del Vaticano con lo Stato italiano: condizione di enclave e garanzie

Lestrema esiguit del territorio e soprattutto la particolare posizione di enclave dello SCV ha comportato la necessit di
stabilire una serie di garanzie specifiche e di norme volte a disciplinare questa peculiare situazione.
Tali disposizioni riguardano:
-

guarentigie territoriali connesse alla particolare posizione di enclave

prerogative degli enti centrali della Chiesa

7.1 Garanzie connesse alla posizione di enclave. Una serie di garanzie specifiche e di rapporti giuridici speciali sono previsti
dallo stesso Trattato lateranense:
a)

Un primo gruppo di norme riguarda la realt materiale dello Stato Vaticano, che in quanto enclave dipende

necessariamente dallo Stato italiano che interamente lo circonda. Perci lItalia si impegnata a rispettarne i confini, a
garantire la dotazione di una adeguata fornitura di acqua, a mantenere il collegamento tra la stazione ferroviaria
vaticana e il sistema ferroviario italiano, al collegamento dei servizi telegrafici, telefonici, radiotelegrafici,
radiotelefonici e postali, nonch al coordinamento degli altri servizi pubblici;
Regime idrico Scambio di lettere tra Governo italiano e il Governatore dello SCV (2004), intesa chiarificatrice in merito al
regime idrico che ribadisce gli impegni dello Stato assunti con lart. 6 del Trattato (ammontare dotazione idrica annua,
corresponsione di un contributo peridico annuo oltre al riconoscimento di oneri aggiuntivi).
Ferrovia (art. 6 del Trattato).
Servizi telegrafici e telefonici. Nel 1929 fu firmata una Convenzione in esecuzione allart. 6 del Trattato; a questa
Convenzione ha fatto seguito un Accordo nel 1951 con il quale venivano individuati nel territorio italiano idonee aree
disabitate dove installare impianti riceventi e trasmittenti (S. Maria di Galeria). Nel 2001 stato raggiunto un Accordo con il
quale la S. Sede si dichiarata disposta ad adeguarsi alla normativa italiana e quindi a pi rigidi limiti in esso previsti.
Servizi postali firmata una Convenzione nel 1929.
Libert di corrispondenza da tutti gli stati.
Libert di accesso dei vescovi.
Immunit diplomatiche e libert di passaggio in territorio italiano di rappresentanti diplomatici.
Esenzione dai diritti doganali e daziari.

77

Libert di transito in Italia per i Cardinali e vescovi senza limitazione di libert personale, anche nel caso di conclave e
concili.
b)

Un secondo gruppo di disposizioni prevede uno speciale regime giuridico di Piazza San Pietro, in ragione del fatto

che questa porzione di territorio vaticano solitamente aperta al pubblico e, quindi, necessita di una particolare disciplina sia
dal punto di vista dei poteri di polizia che da quello penale. Piazza San Pietro continuer ad essere normalmente aperta al
pubblico e soggetta ai poteri di polizia delle autorit italiane, ritenendosi tra laltro applicabile la legge penale italiana; la
Basilica continuer ad essere destinata al culto pubblico ma le autorit italiane si asterranno dallaccedervi, salvo che siano
invitate ad intervenire dallautorit vaticana (art. 3, 2 c.).
In sintesi:
-

piazza S. Pietro fa parte della CV;

solitamente resta aperta al pubblico;

quando aperta al pubblico la piazza soggetta ai poteri di polizia delle autorit italiane sino ai piedi della scalinata

della Basilica;
-

la Basilica resta aperta al culto pubblico, ma le forze di polizia si asterranno dallaccedervi;

la piazza pu essere sottratta temporaneamente al libero transito e in questo caso le autorit di polizia italiana si

ritireranno al di la del colonnato beniniano.


Se un delitto commesso sulla piazza e il colpevole catturato dagli agenti italiani o ad essi consegnato dalle autorit vaticane,
tale reo si considera rifugiato nel territorio italiano, potendo procedere contro di lui senza una richiesta esplicita della Santa
Sede (vedi caso dellattentato di Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981).
c)

Un terzo gruppo di disposizioni riguarda la materia della notificazione di atti. Per la notificazione di atti italiani in

Vaticano o viceversa necessario seguire le ordinarie procedure sulle notificazioni in via diplomatica;
d)

Un quarto gruppo di disposizioni riguarda i rapporti giudiziari (giurisdizione penale). LItalia provveder nel suo

territorio alla punizione dei delitti commessi nella Citt del Vaticano. Una volta concessa la delega lazione penale diventa
obbligatoria per lo Stato italiano. La Santa Sede consegner allo Stato italiano le persone, che si fossero rifugiate nella Citt del
Vaticano, imputate di atti, commessi nel territorio italiano, che siano ritenuti delittuosi dalle leggi di ambedue gli Stati.
Estradizione attiva in favore dellItalia. Qualora tuttavia la persona rifugiatasi nel territorio vaticano sia imputata in Italia di un
delitto commesso nello Stato Vaticano, la Santa Sede non tenuta, in base alla disposizione in esame, alla sua estradizione.
Nessun obbligo per la Santa Sede qualora la persona rifugiatasi in Vaticano sia imputata in Stato diverso dallItalia di un
delitto commesso sul territorio di detto Stato. Lestradizione: Lestradizione non sarebbe possibile qualora lautore del fatto
criminoso fosse cittadino vaticano, qualora il fatto che forma oggetto della domanda di estradizione non fosse previsto come
reato dalla legge vaticana e nel caso di delitti politici o di reati a questi connessi. Caso diverso quello in cui autori di reati
commessi in territorio italiano si siano successivamente rifugiati negli immobili pontifici coperti da extraterritorialit. Al
riguardo il terzo comma dellart. 22 Trattato prevede per la Santa Sede lobbligo della loro consegna allo Stato italiano.
Unultima disposizione riguarda, infine, lesecuzione in Italia delle sentenze pronunciate dai Tribunali vaticani: nel caso si
applicheranno le norme del diritto internazionale.
7.2 Prerogative degli organi centrali della Chiesa
a) Garanzie di carattere personale
Speciali garanzie sono previste dallart. 8 per il Sommo Pontefice e dallart. 21 per i Cardinali.
Su questo argomento rimandiamo a quanto gi detto nella lezione precedente sulla Santa Sede
b) Garanzie relative allesercizio della potest giurisdizionale della Santa Sede
Lart. 11 del Trattato prevede lesenzione da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano per gli Enti centrali della Chiesa.
Su questo argomento rimandiamo a quanto gi detto nella lezione precedente sulla Santa Sede
7.3 Garanzie reali

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Propriet di alcuni beni in Roma e fuori Roma.

I beni extraterritoriali della Santa Sede in Roma sono quelli elencati sopra al

punto 2.
Immobili con privilegio di extraterritorialit fuori di Roma: Palazzo Pontificio, Villa Cybo e Villa Barberini di Castelgandolfo
e il nuovo Centro radiotrasmittente di santa maria di galeria (a seguito dellaccordo dell8/10/1951).
LEZIONE 18
Pluralismo, multiculturalit e simboli religiosi: aspetti ecclesiasticistici della societ odierna
1. Pluralismo e multiculturalit
Il fatto religioso viene conoscendo negli ultimi tempi una imprevista e per certi aspetti incredibile crescita. In effetti questa
imprevista rinascita del fenomeno religioso, appare un inspiegabile regresso agli occhi di quanti considerano la
secolarizzazione non solo e non tanto labbandono di comportamenti di tipo sacro, quanto la fine del tradizionalismo e della
superstizione e inizio di un processo che porta gli uomini ad agire in modo sperimentale e pragmatico, razionale e basato su
conoscenze scientifiche, che possono essere sottoposte a verifica e abbandonate non appena si rivelino inadeguate; di quanti
pensano la storia come una evoluzione lineare ed inarrestabile dalla religione, concepita come favola, mito, superstizione, alla
ragione, che si esprime in una scienza sperimentale che non ha dogmi, cio formulazioni indiscutibili ed immodificabili, ma
acquisizioni scientifiche caratterizzate dalla loro discutibilit e provvisoriet (Dalla Torre).
Per chi ritiene che luomo e la societ non solo possano fare programmaticamente a meno di Dio, ma addirittura si debbano
proporre di cancellarlo, quella che stata definita la revanche de Dieu appare un fenomeno regressivo che doverosamente
deve essere combattuto. Si tratta di un approccio al problema religioso che sembra ignorare immani sforzi di pensiero, come
quelli di un Agostino o di un Tommaso, tesi a dimostrare la possibile concordia fra religione e ragione, e che, partendo da una
originaria impostazione etiamsi Deus non daretur, giunge spesso ad approdi segnati da una forte ideologizzazione. Da
questo punto di vista la recente pretesa dello Stato francese di proibire non solo lesposizione di simboli religiosi in locali
pubblici, ma addirittura anche il personale uso di simboli religiosi qualora ci si trovi in locali pubblici come sono quelli
scolastici costituisce un fatto di tanto palmare evidenza, quanto di evidente illiberalit (Dalla Torre).
Probabilmente la crescita del fenomeno religioso legata alla nota dinamica delle evoluzioni sociali, culturali e del costume,
per cui giunti agli estremi di una posizione si innescano e finiscono per prevalere controspinte che sollecitano il corpo sociale
nella direzione opposta. Cos, ad esempio, si potrebbe comprendere perch ad un secolo tanto libertino quale il Settecento, sia
seguito inaspettatamente un secolo rigorista e puritano al massimo come lOttocento. Dunque la revanche de Dieu non sarebbe
altro che linevitabile reazione di una societ che partita dalla tesi, ipoteticamente assunta, delletiamsi Deus non daretur, ha
finito per farne una asserzione sulla quale costruire la vita sociale ed il proprio ordinamento.
Peraltro occorre ammettere che le dimensioni pi rilevanti, dal punto di vista vuoi numerico vuoi qualitativo, della crescita del
fenomeno religioso nelle societ contemporanee, e segnatamente in quelle marcate dalla secolarizzazione, sono legate anche ad
altro macrofenomeno che segna let contemporanea. Dopo secoli di civilt stanziale, radicata al punto tale da formare
lopinione comune che la stanzialit fosse punto di arrivo di un processo evolutivo e quindi sinonimo di civilt, sembra
intravedersi lavvento, nuovamente, di una civilt nomade. Non gli individui, come da secoli si era abituati, ma i popoli si sono
rimessi in movimento percorrendo, com sempre accaduto nella storia, i percorsi che conducono l dove la abbondanza e la
disponibilit di beni offrono prospettive di migliori condizioni di vita (Dalla Torre).
Si tratta di movimenti che portano a scompaginare culture; che ripropongono i problemi antichi di una convivenza tra le
diversit; che abbattono le barriere non solo fisiche dei confini statali, ma culturali ed ordinamentali che, negli ultimi due
secoli, hanno portato a far coincidere cittadinanza e nazionalit, appartenenza politica ed appartenenza culturale, stessa lingua e
medesimo Stato. Nelle societ oggetto di immigrazione si viene a riprodurre quanto lEuropa occidentale ebbe a conoscere, a
partire dal XVI secolo, a seguito del processo di frammentazione religiosa attivato dalla Riforma; ma in maniera pi ampia e
complessa: pi ampia, perch la pluralizzazione non nasce da divisioni interne della stessa famiglia religiosa, il

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cristianesimo, ma dallaccrescersi di presenze religiose eterogenee e talora assolutamente incompatibili fra di loro; pi
complessa, perch la pluralizzazione religiosa, in quanto eterologa, porta con s limmissione nel corpo sociale di valori
anche etici e culturali del tutto difformi da quelli tradizionali.
Insomma: la rinascita del fenomeno religioso nelle societ fortemente secolarizzate pone il problema, nuovo, della convivenza
di tavole di valori etici fortemente differenziate tra di loro e spesso in insanabile contraddizione. Ci vale per i fenomeni, pur
presenti, di rinascita endogena, perch tale rinascita non si ripresenta automaticamente nelle forme dellantico ma, pi
sovente, in forme nuove, che pongono problemi (anche) etici inediti, come bene dimostrano certe interdizioni che nascono da
letture fondamentalistiche dei testi sacri della tradizione giudaico-cristiana (si pensi, ad esempio, al delicato tema delle
trasfusioni di sangue), da parte di realt confessionali nuove che nulla hanno a che vedere con lebraismo e con il
cristianesimo. Ma quanto osservato vale pure, ed a maggior ragione, per i fenomeni di rinascita esogena del fatto religioso,
come altrettanto bene dimostrato da certe interdizioni di cui, ad esempio nellambito biomedico, sono portatrici le componenti
dellimmigrazione da Paesi islamici. E ci, pur sapendo bene che determinate tavole di valori etici e dati costumi sociali sono,
alle volte, portato di una cultura piuttosto che, in senso stretto, di una religione: , notoriamente, il caso delle pratiche di
mutilazioni sessuali femminili tradizionalmente radicate nella cultura di popolazioni che religiosamente afferiscono allislam.
Perch rimane pur sempre il fatto che qualora alcune pratiche siano prodotto di una cultura e non di una religione, questa
rimane pur sempre il veicolo pi forte ed efficace di trasmissione di quella (Dalla Torre).
Da quanto detto si desume che un duplice fenomeno oggi investe la disciplina giuridica del fatto religioso: il pluralismo
religioso da un lato, la multiculturalit dallaltro.
Il pluralismo religioso fenomeno che si inserisce nella tradizione tipicamente europea dellaffermarsi storico del diritto di
libert religiosa, a fronte del fenomeno di pluralizzazione delle chiese e delle comunit religiose che nel continente europeo
segue (ancorch non soltanto) la Riforma protestante. Il pluralismo culturale, o multiculturalit ovvero multiculturalismo,
indica viceversa il fenomeno di una diversit sul piano culturale, che si esplicita in tavole di valori e modelli di comportamento
di origine etica e/o religiosa, non riconducibili ad una storia comune e chiamati a convivere sullo stesso territorio e nella
medesima realt sociale ed ordina mentale (Dalla Torre).
Il nuovo diritto ecclesiastico dovr misurarsi con gli effetti dello sviluppo delle istituzioni europee, cui lItalia partecipa
attivamente e con i condizionamenti che lordinamento europeo determina su quello interno italiano.
Il fenomeno dellimmigrazione verso lItalia e lEuropa e in particolare limmigrazione di popolazioni islamiche, sembra
costituire la pi significativa novit non solo in campo sociale, ma anche nellambito del diritto ecclesiastico.
Non un fenomeno istituzionale, un fenomeno sociale. Sta fortemente accelerando levoluzione dellunit culturale del
Paese, verso un pluralismo di comportamenti, di sensibilit, di bisogni, con conseguenze forse ancora non adeguatamente
avvertite dalla scienza giuridica e dagli studiosi di Diritto ecclesiastico in particolare. Se vero, che il fenomeno
dellimmigrazione, specialmente quello dellimmigrazione dalle diverse aree e culture di matrice islamica, ha notevolmente
accelerato la rottura dellunit culturale del nostro Paese e dellEuropa (ma non lunico, n il principale dei fattori produttivi
di questa rottura), allora bisogner misurarsi innanzitutto con problemi di politica del diritto (Tozzi).
Per quanto riguarda la disciplina statuale del fenomeno religioso il multiculturalismo pone una duplice esigenza: da un lato
quella di conciliare i valori tradizionali con i comportamenti, gli usi, i costumi, che inizialmente possono essere sentiti come
alieni (Cardia), sulla base di unattenta riflessione sui termini di compatibilit che lordinamento pu elaborare; dallaltro
quella di respingere quelle pratiche comportamentali che contrastano in modo irreparabile con elementari principi di civilt
(Cardia), pur se rivendicate in nome della propria religione (ad esempio la pratica delle mutilazioni genitali femminili,la c.d.
infibulazione, listituto della poligamia e del ripudio della moglie, consentiti dal diritto islamico, la condotta persecutoria e
intimidatoria nei confronti di chi voglia abbandonare la religione o determinati usi e costumi).

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2. Simbologia e multiculturalit
La multiculturalit ha un effetto moltiplicatore sulla questione che stiamo trattando: accentua i rischi della guerra ai simboli,
che diverrebbe guerra di tutti contro tutti, moltiplica la forza dellaccoglienza, che renderebbe la societ casa comune di tutte le
fedi e dei loro segni. Andr Glucksmann ha rilevato che lEuropa ha esportato le proprie fedi fino alla met del ventesimo
secolo. Poi a quel punto si ferma, e oggi sono le altre religioni che entrano in Europa, la quale diviene terra di approdo per
popoli ed etnie diverse. Il fenomeno migratorio sta infatti mischiando le carte della storia e dellevoluzione, facendo coesistere
il passato con il presente e il futuro, soprattutto mischia le fedi, le religioni, i diversi simboli, con modalit fino ad oggi
sconosciute. Nella multiculturalit muta anche il concetto di simbolo, perch questo emerge non soltanto da un segno,
unimmagine, una raffigurazione, ma anche da atti e comportamenti di singoli e di collettivit nella sfera sociale e pubblica,
provocando stupore in chi era affezionato alla concezione privata della religione (Cardia).
Una societ che si ispiri ancora a Westfalia, e al modello negazionista francese, deve dire no a tutte le religioni del mondo, alla
loro simbologia, alle loro specificit. Allopposto, la societ che accogliente investita nelle sue pieghe dalla multiculturalit, e
finisce col recepire, accettare, disciplinare, comportamenti, simboli e presenze religiose che prima non esistevano. La preghiera
musulmana recitata in orari determinati, ovunque il fedele si trovi (scuola, posto di lavoro, perfino pubblica via), accettata,
disciplinata. Il velo islamico pu essere indossato dovunque, utilizzato anche per la documentazione anagrafica. Lastensione
dal cibo nel ramadan, e le pratiche alimentari, sono favorite sul luogo di lavoro, a scuola, in pubbliche istituzioni. I fedeli di
altre religioni sono tenuti ad atti o comportamenti che hanno rilievo sociali, o portano in pubblico i loro simboli: la Kippa o
Yarmulke degli ebrei, il turbante e il tradizionale pugnale (il kirpan) dei Sikh, vesti particolari per alcune religioni orientali,
prescrizioni alimentari diversificate (Cardia). Le previsioni di una riduzione dellorario durante il ramadan, agevolazioni per il
pellegrinaggio alla Mecca per il compimento delle preghiere giornaliere, sono favorite dal pieno dispiegarsi di una tutela
positiva del fattore religioso, nel rapporto laburistico, nella scuola e in altri spazi sociali, anche con specifica normativa
legislativa o contrattualistica (R. Benigni). In Spagna, lAccordo di cooperazione con la Comunit islamica di Spagna,
riconosce la facolt dei musulmani di chiedere linterruzione del lavoro il venerd, tra le tredici e trenta e le diciassette e trenta,
la conclusone della giornata lavorativa unora prima del tramonto durante il ramadan. Convenzioni analoghe si rinvengono in
Italia. Le piattaforme per il CCNL, soprattutto nel settore agricolo, prevedono il negoziato per la ricezione di particolari
esigenze religiose, per il venerd o il ramadan dei musulmani. Questa previsione generale ha trovato attuazione in alcune
province , esperienze analoghe si diffondono in imprese del nord, con attenzione alle pause di preghiera e alle prescrizioni
alimentari dei lavoratori musulmani. In un contratto collettivo dei metalmeccanici sottoscritto nel 2003, in provincia di
Bologna, si introducono ferie e permessi per partecipare alle festivit islamiche, e nel 1999, in un accordo aziendale, nel
settore metalmeccanico, lazienda consente ai lavoratori non comunitari di usufruire del prolungamento di unora della pausa
mensa, per partecipare alla preghiera del venerd, da recuperare obbligatoriamente a fine giornata. Spicca il caso dello
stabilimento industriale di Castelgrande di Castelfranco di Treviso, che permette ai dipendenti di fede islamica di realizzare
una piccola moschea nei locali aziendali, per consentire la preghiera nelle forme previste dal Corano. Sono simboli anche
questi, che punteggiano di religiosit ambienti nei quali sono impegnati giovani, donne, lavoratori (Cardia)..
Un richiamo specifico merita la questione del turbante dei Sikh e del loro pugnale rituale (kirpan), nei confronti dei quali si
manifestata la tradizionale accoglienza italiana, sia pure senza determinazioni conclusive. Il Kirpan, in effetti, costituisce il
simbolo della lotta tra il bene e il male, e deve essere sempre indossato dai fedeli, anche se, essendo tecnicamente un arma,
pu provocare allarmi e soprattutto in ambienti giovanili potrebbe dar vita ad incidenti magari involontari. La giurisprudenza
(Tribunale di Vicenza nel 2008 e Tribunale di Cremona nel 2009) si espressa per lammissibilit del Kirpan dal momento che
questo non pu essere qualificato come arma bianca in considerazione sia delle modeste dimensioni dello stesso (lunghezza
della lama di 10 cm e lunghezza complessiva di 18 cm) sia dellassenza di filo nella lama e inoltre perch pare
ragionevole sostenere che lindagato S.B. avesse un giustificato motivo di portare con s il proprio coltello kirpan, motivo

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dato dalla professione di un culto religioso. Nellottica dellaccoglienza anche un timore per s legittimo si stempera e cessa
di esistere (Cardia).
2.1. La questione del velo islamico.
Il velo islamico ha creato una molteplicit di problemi in alcuni paesi europei, ma in linea di principio il suo uso pu farsi
rientrare nellambito del multiculturalismo compatibile.
Da un lato soltanto in Francia e in Turchia fatto divieto di portare il velo nelle scuole e negli uffici pubblici, mentre nel resto
del continente esso viene generalmente accolto senza provocare particolari conflitti, anche se affiorano qua a l dei dubbi
soprattutto in presenza di situazioni specifiche.
La Francia ha tenuto fede, in certo senso, alla tradizione di rigorosa laicit che tende ad emarginare dagli spazi pubblici ogni
simbolo o presenza religiosa e con legge del 15 marzo 2004 si stabilito che nelle scuole, nei collegi e nei licei pubblici
vietato luso di segni o di abbigliamento di manifesta appartenenza religiosa (non sono considerati simboli di appartenenza
religiosa i simboli discreti quali piccole croci, mani di Fatima, stelle di David, medagliette etcc..) . Ed stato correttamente
osservato che nonostante sia espressa in termini neutrali, e si applichi quindi in teoria a tutti gli alunni e a tutti i simboli
religiosi ostentati, questa legge ha lo scopo, sostanzialmente dichiarato, di vietare alle alunne musulmane di indossare il velo
islamico
Anche in altri Paesi si presentata la tentazione di seguire la strada francese, ed in Belgio, Bulgaria, Olanda, sono stati
elaborati progetti legislativi per sancire il divieto di indossare il velo, ma non sono mai stati approvati, mentre in generale il
velo ammesso, ed lasciato alla giurisprudenza valutare caso per caso quando nascono particolari conflitti in relazioni a
situazioni specifiche.
LItalia probabilmente il Paese europeo pi accogliente, e sin dall'inizio accetta luso del velo islamico in pubblico e nei
documenti di riconoscimento: il diritto comune, atti di normazione secondaria, la prassi, affrontano pragmaticamente la
questione non imponendo alcun divieto. Ad esempio la Circolare del ministero dellInterno del 14 marzo 1995, n. 4, suggerisce
alle amministrazioni comunali di accogliere le richieste di carte di identit con foto che ritraggono il soggetto a capo coperto
purch i tratti del viso siano ben visibili E la circolare del 14 luglio 2000 dello stesso Ministero precisa che il turbante, il
chador e il velo, imposti da motivi religiosi sono parte integrante degli indumenti abituali e concorrono, nel loro insieme, ad
identificare chi li indossa, naturalmente purch si mantenga il viso scoperto Ancora, la Carta dei valori della cittadinanza e
dellintegrazione, elaborata con la partecipazione dei soggetti dellimmigrazione, approvata con Decreto del 23 aprile 2007
del Ministero dellInterno, prevede che "in Italia non si pongono restrizioni allabbigliamento della persona, purch
liberamente scelto, e non lesivo della sua dignit. (G. Bassetti)
Nel 2008, il Tribunale di Cremona ha assolto una donna musulmana che era entrata in unaula di tribunale per assistere al
processo penale a carico del marito indossando il burqua (coprendo interamente il volto e lasciando visibili gli occhi attraverso
una grata di stoffa). Denunciata per reato di cui allart. 5 l. 22/05/1975, n. 152 (legge Reale), la donna stata assolta (Tr. di
Cremona, 27/11/2008).
Tuttavia, non mancano anche in Italia pareri contrastanti sulluso del velo integrale. Nel 2010, in merito alla modifica dell art.
5 l. 22/05/1975, n. 152, sono state sollevate forti perplessit da parte di alcuni esponenti della Commissione Affari
Costituzionali sulluso di tale velo che non rappresenterebbe un precetto dellIslam ma unusanza deteriore di alcune comunit
musulmane integraliste.

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