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Le proporzioni dimenticate Leoncilli e la necessità dell’inattuale

Mario Sironi L’architetto, 1922 (Coll. priv.)

Leoncilli chiedeva un disegno astratto, scabro e se vo-


gliamo “antigrazioso”, come amava dire ricordando
Carrà, ma ricco di suggestioni architettoniche,
di possibilità spaziali e fantastiche, un disegno che
privilegiasse lo studio delle piante, poiché soprattutto Bruno Mario Broccolo
in queste ultime è possibile scorgere la matrice dello
spazio e intuire lo svolgimento tridimensionale
dell’idea costruttiva immaginata.

ISBN 978-88-87648-55-3
Bruno Mario Broccolo

Le proporzioni dimenticate
Leoncilli e la necessità dell’inattuale

Editore
Il volume è frutto della ricerca svolta presso il Dipartimento di Progettazione dell'Architettura
dell'Università degli Studi di Firenze, e beneficia per la pubblicazione di un contributo a carico
SOMMARIO
dei fondi di ricerca di Ateneo.

Prefazione 5

Un ricordo di Gian Carlo Leoncilli Massi di Andrea Ricci 7

Le proporzioni: un campo di definizione 15

Le proporzioni nell’architettura: limiti e presupposti 19

Excursus storico 23
Bruno Mario Broccolo
Le proporzioni dimenticate Interludio 41
Leoncilli e la necessità dell’inattuale
Digressione 57

Testi Palazzo Melloni, Yale Center di Cristiano Cossu 63


Bruno Mario Broccolo
Cristiano Cossu Conclusione: il senso delle proporzioni 69
Andrea Ricci
Figure 81
Fotografie
Bibliografia ragionata 97
Bruno Mario Broccolo
L’autore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze
per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte.

Progetto grafico
Mario Brunetti, Emaki

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Nuova Eliografica snc - Spoleto

© 2007

ISBN 978-88-87648-55-3

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PREFAZIONE

Obiettivo principale di questo lavoro è dimostrare che gativi, da quelli tecnici a quelli “estetici”. Ritengo che
lo studio delle proporzioni, in architettura, è ancora essa possa aiutare nella scelta dei testi, soprattutto gli
importante e significativo. È un libro destinato in prima studenti o chi si avvicina per la prima volta a questo
battuta agli studenti ed in subordine a chi vuole avvici- tema. E se lo avrà fatto, uno degli obiettivi maggiori di
narsi al tema della geometria e dell’armonia in archi- questo testo sarà raggiunto.
tettura. L’occasione delle proporzioni si è rivelata utile Non è un testo “annegato” nel misticismo del numero.
poi per accennare ad altri concetti di una teoria del- È un testo di riflessione sull’architettura con alcune
l’architettura, qui appena abbozzata, che ha alimenta- leggerissime flessioni alla matematica, alla geometria,
to in questi ultimi 15 anni i corsi del Prof. Leoncilli all’ordine, all’armonia. Non vengono richieste partico-
Massi. Non è una teoria architettonica sistematica, lari cognizioni matematiche: è un testo che vuole rima-
esaustiva e fondata. A tratti è più una critica dell’archi- nere nel campo dell’architettura e parlare a futuri
tettura attuale che non un’elencazione di proposizioni architetti o architetti.
collegate. Ma poiché ritengo che chi critica lo faccia in Ho evitato di fare un testo eminentemente “compilati-
virtù di un’idea da contrapporre (per quanto vaga possa vo”, che fosse la collazione di altri testi, ed ho tolto
ancora essere) ad un’altra, considero la critica già un quanto più possibile le citazioni. È un testo nato “per
inizio, un embrione di una teoria. Questi concetti sono, via di togliere” e forse anche la forma dei periodi ne
ad esempio la composizione, il rilievo, la decorazione, risente, diventando in alcuni punti rapsodica.
la storia dell’architettura. È quindi un libro orientato, Poiché questo lavoro nasce su suggerimento del profes-
che crede in una certa idea dell’architettura e non in sore Leoncilli, che mi incitò nel 1996 ad iniziare questa
un’altra. ricerca, e poiché siamo stati tutti suoi “mozzi” (così
Non è un testo di “storia dell’architettura”, né un libro come affettuosamente ci chiamava), vi è uno scritto di
sulla storia dell’idea di proporzione: per questi vi sono Andrea Ricci che non è altro se non un ricordo di Leon-
testi incomparabilmente migliori del mio. È un testo cilli stesso. Vi è poi un saggio di Cristiano Cossu
nato dalla collazione ed integrazione di una serie di (“mozzo” anch’egli, ovviamente), su Louis Kahn.
lezioni che ho tenuto presso la Facoltà di Architettura
di Firenze in qualità di docente incaricato. I passaggi Nel merito del testo: in apertura viene chiesto di conve-
storici sono limitati ad alcune figure o momenti, che nire su un “campo di definizione” del significato del ter-
ritengo particolarmente importanti. Vi sono delle lacu- mine proporzione in seno all’architettura.
ne (Bramante) e interi periodi (il barocco, la polemica In secondo luogo vengono chiariti i limiti e le precauzio-
sensibilisti-puristi dei francesi, per esempio), che non ni da adottare nello studio delle proporzioni.
sono affatto trattati: saranno forse occasione per un Il terzo capitolo è un breve excursus storico, focalizzato
altro lavoro. Non vi è quindi una continuità cronologica su alcuni personaggi e momenti che ritengo principali.
assoluta e lineare, nello sviluppo del testo, anche se i Il quarto capitolo è destinato ad un approfondimento
singoli passaggi sono in ordine di tempo. Vi sono due tematico: uno scambio di lettere tra Severini e De
passaggi brevissimi: uno su Milizia e un altro su Ridolfi. Fayet, critico d’arte.
Il primo mi sembra un po’ l’anello di congiunzione tra Vi è un interludio composto da immagini e foto fuori
il modo di proporzionare classico e quello metrico della testo, che vogliono appunto idealmente fornire l’occa-
rivoluzione francese. Il secondo è anch’esso un perso- sione di una pausa al lettore. La pausa costituisce evi-
naggio che chiude un’epoca (per l’architetto), e ne dentemente anche una cornice di riferimenti culturali
apre un’altra. Credo che chi vorrà studiare più nel det- entro cui poter divagare.
taglio le proporzioni come aspetto singolare della sto- L’ultimo capitolo cerca di motivare in maniera più siste-
ria dell’architettura potrà approfondire il proprio inte- matica l’importanza delle proporzioni per lo studente
resse tra i documenti indicati in bibliografia. Quest’ul- architetto.
tima rappresenta un campione significativo degli scrit- Tutte le traduzioni, se non indicato diversamente, sono
ti sull’argomento. Si va dai testiesoterici a quelli divul- mie.

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Un ricordo di Gian Carlo Leoncilli Massi
Andrea Ricci

Se oggi frequento intellettualmente i ter- architetto che contemperasse queste doti,


ritori di quella disciplina che prende il da Leoncilli tanto ricercate soprattutto
nome di composizione architettonica, negli studenti, penserei a qualcuno capace
“tema difficile, impossibile, forse inesi- di tenere insieme l’inventiva concreta di
stente, inutile, ma magico, meravi- Mario Ridolfi con la sapienza speculativa di
glioso”1, il merito - o la colpa - è intera- Leon Battista Alberti, il potere di organiz-
mente di Gian Carlo Leoncilli Massi. Con zare e studiare l’oggetto “idea” tipico di
lui mi sono laureato, allo IUAV di Venezia, Paul Valéry con la potenza immaginativa di
all’inizio degli Anni Novanta, e con lui ho cominciato Louis Kahn; o forse ricorderei l’amato Palladio, defini-
ad insegnare, a Firenze, in qualità di ricercatore. to come quello spartiacque dopo il quale la “forma
Dietro la sua figura maieutica ho sempre intravisto una dello spazio” iniziò a perdersi nei mille frantumi del
lunghissima e foscoliana catena di “historie”, mai sol- mondo moderno. Nell’università (o “a scuola”, come
tanto un’individualità chiusa in sé stessa: sentirlo par- preferiva dire), sia pur fra contraddizioni mille volte
lare dell’insegnamento dell’architettura ha significato, analizzate e talvolta al limite dell’utopia, Leoncilli ha
per me, ascoltare lunghi racconti su quanto a sua volta costantemente cercato di forgiare esattamente questa
aveva appreso da Mario Ridolfi, Carlo Scarpa, Ignazio rara figura di architetto: egli si riteneva, e desiderava
Gardella, o condiviso con docenti e colleghi quali essere, un architetto classico, e su questa base impre-
Luciano Semerani, Aldo Rossi, Guido Canella o Carlo scindibile insegnava.
Aymonino. I suoi corsi si caratterizzavano per il ruolo decisivo
Dopo la sua recente e prematura scomparsa cerco di attribuito alla preparazione teorico-intellettuale,
non dimenticare, nel mio lavoro didattico, quei princi- necessario presupposto per l’apprendimento della com-
pi e quelle suggestioni immaginifiche che hanno segna- posizione. Sosteneva che non fosse vincolante il saper
to profondamente la mia immaginazione di architetto. “disegnare bene”, ma che fosse indispensabile, al con-
Diventato ordinario di composizione architettonica trario, aver acquisito un bagaglio culturale ampio, non
nella Venezia degli Anni Ottanta, e poi chiamato a nozionistico, come quello che sempre ha creduto di tro-
tenere i suoi corsi a Firenze, Leoncilli ha sviluppato, vare, in particolare, negli studenti provenienti dal liceo
lungo quarant’anni di attività universitaria, una specia- classico. I suoi corsi accademici avevano inizio con la
le maniera di essere didatta, incarnata da un uomo di presentazione di un programma sviluppato in forma di
pensiero diverso sia dall’artista romantico che dal tec- piccolo saggio, in cui erano puntualmente illustrati i
nico-costruttore, e fortemente connessa all’ideale criteri teorici fondativi, e a seguire gli specifici temi
senza tempo dell’architetto classico, di profonda cultu- oggetto di esercitazione e le modalità di svolgimento
ra umanistica e musicale. Se dovessi immaginare un dell’esame. In coda al testo l’immancabile bibliografia,

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Un ricordo di Gian Carlo Leoncilli Massi

completa del temuto appunto circa gli ulteriori testi ri a quello di autori, registi, addetti alle macchine die- un fenomeno compositivo esuberante che riusciva a zato liceo classico, i quali non sempre erano abili nel
“ad personam” che sarebbero stati indicati dalla tro le quinte, insomma a porsi nel ruolo di chi fa e guar- intravedere in ogni opera, in ogni atto formativo, sino disegno e presentavano pagine piene di dotte citazioni
docenza in relazione al tema progettuale indagato da da allo scopo di imparare a fare, organizzare, progetta- a farne una vera ossessione. Tutto era ricondotto al da Alberti e Vitruvio affiancate da pochi e scarni schiz-
ciascuno. re, comporre. comporre, e di ogni tema architettonico, di ogni spazio zi. Nei primi anni di insegnamento fiorentino, talmente
Ciò che di quelle lezioni più sorprendeva lo studente, Questa sorta di delocalizzazione del nucleo inventivo o soggetto possibile, era instancabilmente ricercato “il forte fu l’impatto con la nuova realtà didattica, per lui
oltre all’impossibilità di passare inosservati, e quindi iniziale, spostato dal singolo allievo alla grande tradi- grado di composizione che esso comporta” (Aristotele). “veneziano” da diciotto anni, che scelse di organizzare
alla certezza di essere stimolati, “inquisiti”, mai lascia- zione compositiva plasmata dall’ingegno dei vari Kahn Come in una sfida intellettuale, proponeva a noi stu- il proprio corso di composizione assegnando esclusiva-
ti in pace nell’ombra, era soprattutto l’insistenza sul o Terragni, Alberti o Ridolfi, Schinkel, Brunelleschi e denti e collaboratori temi da sviluppare, “ossi di sep- mente il compito del ridisegno a mano delle architettu-
concetto di composizione, l’onnipresente “leggenda” molti altri ancora, consentiva di attuare un vero e pro- pia” coi quali attivare il processo formativo, e così re brunelleschiane di Santo Spirito, della Rotonda degli
del comporre che struttura il pensiero creativo tanto in prio esercizio di composizione, cui lo studente avrebbe “giocando” insegnava, così stimolandoci trasmetteva Angeli, di San Lorenzo. Fu un’immersione in una realtà
architettura quanto in musica, pittura, letteratura. L’i- dovuto attenersi rigorosamente e senza preoccuparsi in un sapere mai del tutto suo ma generale, vasto, atem- del tutto particolare: gli studenti parevano soffrire di
dea di composizione delineata era quella di una sottile maniera esclusiva dell’esito finale - o progetto - della porale. La convinzione che architettura e musica fosse- una strana schizofrenia architettonica, che li portava a
e millenaria abilità formatrice, giocata su temi tradi- serie di variazioni costituenti l’esercizio stesso. Compi- ro, come scriveva Valéry, “monumenti di un altro conoscere le grandi architetture dell’umanesimo e
zionali, urbani, di tipo “collettivo” ma anche, talvolta, to principe dello studente era dimostrare di saper mondo”, e che abitassero “questo” senza imitarne il della Firenze antica, architetture che pure avevano
su inneschi casuali - trovati come gli enigmatici ossi di variare il tema dato, di saperlo indagare nei suoi mol- divenire delle forme contingenti, ma solo la struttura davanti ai loro occhi, solo da un punto di vista storico-
seppia raccolti da Socrate nell’Eupalino di Paul Valéry - teplici aspetti, di saperlo anche abbandonare e modifi- armonica nascosta, orientava l’intero percorso didatti- nozionistico, mentre al momento dell’ideazione pro-
sui quali poi esercitarsi, come in una sfida, per trarne care, ove questo fosse stato necessario, per motivi con- co verso la comprensione della dialettica fra essere e gettuale questa preziosa eredità era come dimenticata,
comunque un’opera, una composizione. Saper compor- testuali, funzionali, o inerenti il difficile e raffinato divenire, fra forme contingenti e mutabili e idee o figu- ignorata, e lasciava il posto a malintesi e superficiali
re significava per lui, sulla traccia profonda degli studi rapporto fra “dimensione e figurazione”. re eterne, delle quali le variazioni di volta in volta riaf- spunti tratti dal “contemporaneo”. Fu un impopolare
veneziani, sviluppare una capacità intellettuale, e Fra gli esempi più frequentemente adottati per spiega- fermavano, attraverso “gusci” sensibili diversi, la par- ripartire dai fondamenti, limitando fortemente ciò che
manuale, di inanellare molteplici variazioni su un tema re i processi caratterizzanti la composizione architetto- ticolarissima esistenza empirea. negli ultimi anni chiamava “libido aedificandi”, natu-
stabilito e retoricamente “inventato”, cioè ritrovato, nica vi erano quelli presi in prestito dalla musica. Gran- Tutto questo lo esprimeva disegnando, e nell’ambito ralmente posseduta dagli studenti, in favore di un
estratto dal serbatoio fecondo della storia dello spazio de passione di una vita, forse più profondamente radi- della sua didattica il disegno, “meccanismo del pensie- ragionamento rigoroso, schematico, “imposto” da un
costruito e immaginato. La più grande delle soddisfa- cata nel suo animo rispetto alla stessa pratica dell’ar- ro”, era certamente la dimensione prioritaria. Durante maestro e collocato nel percorso didattico come
zioni era per lui il riconoscere, negli schizzi e nei dise- chitettura, così vincolata dalle contingenze, la musica le lunghe “revisioni” d’esame e di tesi di laurea, tanto momento obbligato per l’apprendimento dei rudimenti
gni di uno studente, la traccia di un’idea compresa, di illustra compiutamente ciò che in composizione può didattiche quanto spassose per il folto pubblico che si del comporre. Molti fuggirono, non tutti apprezzarono,
un cammino iniziato, di una concatenazione di evolu- essere solo mostrato con l’esempio, come nel caso di tratteneva a gustarle, il momento in cui l’allievo pre- ma in quegli anni si posero le basi per una didattica
zioni spaziali che seguivano lo spunto, sempre prezioso, quel concetto cardine che è il variare. Riferendosi ora sentava i primi abbozzi del progetto rivelava particolar- totalmente diversa, che avrebbe prodotto i suoi frutti
fornito agli inizi del lavoro. La sua maieutica si invera- all’architettura, ora al comporre musicale, Leoncilli mente il suo atteggiamento di insegnante. Durante l’a- nel tempo ed era ritenuta l’unica possibile in quell’am-
va proprio in questo, nel tentativo di trasmettere non individuava fantastiche “Variazioni Goldberg” in quelle nalisi dei fogli e degli album disegnati, il soggetto della biente fiorentino dimentico delle proprie radici.
la perfezione dell’opera finita e compiutamente confe- vicende progettuali che avevamo sempre visto soltanto questione era sempre l’idea di spazio, il tema, la figu- È attraverso il concetto di spazio, tuttavia, che Leoncil-
zionata, ma il procedimento, l’esercizio compositivo sub specie storico-filologica: Palladio che rileva - già ra che lo studente era chiamato a trovare, indagare, li ha maggiormente contribuito alla costruzione di una
che conduce all’opera, esattamente “come capitava a componendo - le terme romane, e con quelle idee variare e appunto comporre come tema della “poesia” didattica originale, soprattutto in ambito fiorentino.
Mozart o a Bach, ai quali il Principe dava il titolo, il costruisce il veneziano Redentore; Ridolfi che dise- architettonica ritenuta più adatta al luogo, al fine Lamentandosi, negli ultimi anni, che neppure la Gar-
tema musicale su cui costruire la composizione; o come gnando la sua Casa Lina, delicata e immaginifica, ripor- costruttivo e alle esigenze funzionali da soddisfare. zantina di architettura riportasse più la voce “spazio”,
capitava a tanti poeti: il tema della poesia non era ta alla luce le piante centrali tardoantiche; Terragni Leoncilli chiedeva un disegno astratto, scabro e se ne proponeva una spiegazione - “antichissima, quindi
un’invenzione del poeta, sua era l’abilità compositi- che ricostruisce il “suo” San Pietro in Montorio, o il vogliamo “antigrazioso”, come amava dire ricordando novissima”, avrebbe detto citando De Chirico - che
va”2. L’allievo era quindi sollecitato a praticare una “suo” Palazzo Strozzi, nello spazio marmoreo e diafano Carrà, ma ricco di suggestioni architettoniche, di possi- ritengo fra le più originali nel panorama teorico con-
salutare terapia di apprendimento, che relativizzava della Casa del Fascio a Como; o lui stesso, nei tanti pro- bilità spaziali e fantastiche, un disegno che privilegias- temporaneo.
radicalmente il suo “io” ideativo a favore di una tradi- getti “manifesto” che era solito comporre per la didat- se lo studio delle piante, poiché soprattutto in queste Anche in questo caso, la sua capacità di architetto com-
zione “esterna”, già esistente, secolare, che stava fuori tica e i concorsi. ultime è possibile scorgere la matrice dello spazio e positore veniva come traslata nella dimensione dello
di lui e lo precedeva, e che era presentata come un Rispetto alla circolarità delle variazioni, fatte di una intuire lo svolgimento tridimensionale dell’idea studio teorico, per cercare di agganciarsi ad un filone
orizzonte ben più significativo di qualsiasi momenta- ciclicità non immemore della struttura naturale del costruttiva immaginata. Ai geometri e agli studenti pro- di pensiero dalle origini assai remote. Elaborava e
neo soddisfacimento delle proprie attitudini formali. mondo, ciò che permaneva era l’idea: in questo Leon- venienti dagli istituti artistici imponeva bonarie e variava i concetti costruendo con sagacia il suo edificio
Rispetto allo spettacolo dell’architettura, Leoncilli cilli era platonico, o platonico quel tanto che bastava a divertenti “punizioni” fingendo di porli un gradino al di analogico, e ragionando con i pensieri dei grandi
imponeva agli studenti di passare dal ruolo di spettato- sostanziare teoricamente la ricchezza architettonica di sotto di coloro che giungevano dall’amatissimo e mitiz- costruttori della nostra storia. “Spazio” era per lui quel

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Un ricordo di Gian Carlo Leoncilli Massi

collante magico, alchemico, che eleva ad una condizio- mento del tema, e la necessità “obbligata” di trarre bilico fra i maestri italiani - Rogers e Samonà, ma anche marcato interesse per il rivestimento, per la sua arti-
ne di armonia tutti i diversi e contraddittori elementi frutto dai contributi forniti dalla docenza nei diversi il Saverio Muratori protagonista di infuocate assemblee colazione in parti diverse e gerarchizzate, per l’uso di
dell’edificio, che conferisce unità al molteplice fisico e momenti della didattica. polemiche - e i grandi miti del Movimento Moderno, elementi scultorei, pittorici e coloristici, e una raffina-
immateriale dell’opera, e che alleggerisce quest’ultima Ciò costringeva, molto semplicemente, a disegnar all’epoca ancora molto influenti. Roma fu palcoscenico ta eleganza nel disegno dei prospetti, delle giunzioni,
del peso della materia trasfigurandola in “pura forma”. parecchio. Soluzioni diverse, schizzi, innumerevoli per un’architettura totalmente e contemporaneamente dei dettagli. Otto Wagner, “maestro della pianta”, sarà
Senza spazio vi erano solo la bruta tettonica, l’“archi- variazioni, continui cambi di scala nelle rappresenta- presente a sé stessa, in cui antico, moderno e contem- per lui l’esempio forse più rappresentativo di un modo
tettura dell’oggetto”, il design a scala (metrica) zioni e negli approfondimenti, tutto confluiva simulta- poraneo si mescolavano e manifestavano anche grazie di intendere l’architettura davvero “totale”, in cui a
umana, o una fraintesa “leggerezza”, tutta materica, neamente in fogli densi di appunti, testi, disegni, ai leggendari talenti grafici di quel periodo (fra i quali fronte di una composizione immaginata, ogni elemen-
riguardante più i chilogrammi che lo spazio stesso. immagini, riferimenti. Chi abbia studiato e lavorato con Leoncilli si collocava come “prospettivaro” di successo, to della costruzione trovava il suo aptus locus in uno
Ciascun concetto proposto era tuttavia come un ser- lui ricorda soprattutto questo: per ragionare sullo spa- in perenne sfida con Franco Purini o Sandro Anselmi), e spazio che “classicamente” conferiva, ad ogni singola
pente che si morde la coda, e un attimo dopo ci inter- zio occorreva disegnare, e per disegnare occorreva i tanti altri che studiavano, abitavano e occupavano, in parte, una sistemazione adeguata e relazionata al
rogava su quando, al contrario, si verificasse la condi- avere in mente l’idea ricercata, in un incessante andi- molti sensi, Valle Giulia. In quel contesto effervescente tutto. I suoi studi sulle opere wagneriane della Post-
zione della sola tettonica, di un edificio-oggetto privo, rivieni fra il livello del discorso, dell’astrazione e della si sviluppavano l’abilità manuale nel disegno dell’archi- parkasse e della Landerbank, parzialmente pubblicati
in modo apparentemente assurdo, di spazio. In quei concettualizzazione, e quello concreto, materiale, del tettura, le sfide grafico-pittoriche fra Ridolfi e Libera, nel testo che gli valse la cattedra in composizione
momenti si rivelava una delle sue più efficaci doti riportare sulla carta quanto intuito - meglio se con i disegni mirabolanti di Maurizio Sacripanti o quelli architettonica3, mostrano un’indagine meticolosa sul
maieutiche: l’uso del paradosso come strumento cono- matite “36H”, come ironicamente era solito suggerire - incredibili, vergati “a due mani”, del vecchio e burbe- concetto della “profondità del piano”, con il quale
scitivo. Non temendo alcuno “scoglio” concettuale, sino ad una soddisfacente approssimazione. ro ingegnere Vincenzo Fasolo, che fu anche Preside di tentava di riagganciarsi ad una tradizione plurisecola-
Leoncilli insisteva a trattenere l’attenzione degli stu- “Dar forma all’idea”: questo era il compito di quell’ar- Valle Giulia e docente di Storia e Stili dell’architettura. re che da Leon Battista Alberti e Raffaello era giunta a
denti proprio sul concetto sfumato e complesso di “spa- chitetto compositore che si sforzava di formare a scuo- È forse proprio da Fasolo che Leoncilli ha tratto la Schinkel, Wagner, o anche agli scritti di Erwin Panofsky.
zio”, traendone lezioni e revisioni quantomai produtti- la. Ma chi era, in sostanza, questo architetto? Era il pro- caratteristica ossessione per le “pezze d’appoggio”: Il poter misurare, intuire, cogliere e vedere già nel
ve per chi ascoltava. L’additare quella meta, posta su fessionista-tecnico uscito dall’École Polytechnique d’il- strati multipli di carta da spolvero che impazientemen- piano la compiutezza della dimensione spaziale era
una vetta altissima e quasi irraggiungibile, e soprattut- luministica memoria, aggiornato alla realtà didattica te saturavamo di grafite, nei quali piante, prospetti, uno dei grandi “segreti” che gli architetti classici si
to la fermezza nel sottolineare che quella stessa meta milanese, torinese o barese? Era forse il progettista tut- sezioni, spaccati, assonometrie e prospettive illustrava- tramandavano da sempre. Saper vedere indirettamen-
distava anni luce dai disegni che pur con soddisfatta tofare, il regista in grado di governare, dall’alto di un no ogni immaginabile variante architettonica, ma che te lo spazio senza necessitare di nominarlo, ma soltan-
convinzione avevamo aperto davanti a lui, provocava in cosiddetto sapere interdisciplinare, tutte le operazioni non di rado lui trovava insoddisfacenti e sorridendo, to enunciandone il principio generatore, cioè il piano,
noi un moto di stizza, un sommo smarrimento. “Non c’è di una sempre più estesa attività di progettazione guardandoci dritto negli occhi, lanciava in aria, o in fu per Leoncilli una condizione di ricerca intellettuale
spazio! Solo cemento! Solo tettonica! Arrivederci a (architettonica, urbana, integrale, ambientale, paesag- qualche caso pieghettava metodicamente a moduli di che lo accompagnò tutta la vita, e che sarà sempre
domattina con pianta, prospetto e sezione!” gistica, dell’arredo e del design)? O ancora l’architetto tre-per-tre centimetri per poi restituirli al legittimo affinata e verificata in progetti e lezioni, ribadita e di
Tentavamo di colmare quella distanza disegnando sino junior dello sventurato triennio “mordi e fuggi”, inau- proprietario. volta in volta sostanziata attraverso un’incessante atti-
allo sfinimento, vincendo di volta in volta la frustrazio- gurato nei suoi ultimi anni di insegnamento? Laureatosi a Roma con Ludovico Quaroni, Leoncilli giun- vità di studio. In quegli anni la fiducia nel processo
ne con la certezza di essere più vicini alla meta, di Per tratteggiare questa figura “altra” di architetto è ge a Venezia dopo qualche anno di professione e assi- compositivo e nelle sue modalità concettuali fu enor-
avere ormai quasi afferrato quell’idea - idea di spazio - forse utile compiere un piccolo viaggio fra le città che stentato, e qui incontra una delle facoltà di architettu- me, onnicomprensiva, in un gioco di fortunate corri-
che credevamo di aver chiaramente riconosciuto nei Leoncilli ha conosciuto e nelle quali ha insegnato. ra più importanti d’Europa, e alcuni dei docenti che spondenze fra un insieme di colleghi di elevatissimo
suoi schizzi. Una scalata faticosa ma decisamente Intorno al “centro” della sua Spoleto, stella fissa che orienteranno decisamente il suo pensiero di architetto calibro, una città ricca di opportunità e di storia, e la
istruttiva: se ciò che insegui è criptico, enigmatico, lungo l’intero arco della sua vita ha custodito la sua maturo. sua personale condizione di maturità anagrafica e
allora non puoi costruire le tue tappe di avvicinamento casa, il luogo al quale far ritorno dopo ogni difficoltà e L’insegnare a Venezia portò Leoncilli a contatto con un intellettuale. Al mio approdo a Venezia ho dunque
attraverso la pura sommatoria ciò che già conosci, ma ogni piccola vittoria acquisita, si dispongono in succes- mondo intellettuale aperto, raffinato e ricco di conta- conosciuto un docente di architettura nel suo periodo
devi sforzarti di agguantare nuovi e ignoti elementi che sione cronologica tre scuole di architettura, identifica- minazioni geografiche, filosofiche, artistiche, che cor- di massimo splendore, quando aveva ormai enorme-
ti aiutino nel raggiungimento dell’obiettivo. Fuor di bili, nel ricordo, con le tre città in cui si trovano: dap- revano principalmente lungo i canali di relazioni stori- mente sviluppato, con la mano e con la mente, quelle
metafora, la logica inizialmente paradossale dell’indi- prima Roma, poi Venezia e infine Firenze. che consolidate: quelle con Vienna e l’Austria (la finis abilità che ha sempre ha cercato di trasmettere ai suoi
care un obiettivo progettuale di difficile e non scienti- Roma - come è facile arguire dai racconti tante volte Austriae della Secessione viennese), con Karl Kraus e studenti, cioè la capacità di progettare e comporre
fica definizione teorica, mostrato unicamente attraver- ascoltati - fu il luogo del primo innamoramento per Adolf Loos, con la Germania e la Berlino della cortina sulla base di un apparato concettuale e teorico in con-
so pochi schizzi, (il tema, spaziale, del Principe di cui l’architettura, che come ogni amore nato nella “città di ferro, e poi con Schinkel, architetto fra i più studia- tinua elaborazione, la manualità immediata e freschis-
parlava Semerani), trasferiva sullo studente la non esi- eterna” degli Anni Sessanta fu potente, eccessivo, esu- ti e amati. Un certo imprinting viennese contraddistin- sima di chi sa mostrare a sé stesso e agli altri i propri
gua responsabilità dell’apprendimento: a lui l’“abilità berante, impastato di politica, ideologia, contestazione guerà sempre i suoi progetti, attraverso suggestioni pensieri figurati, e quella carica ideologica, stempera-
compositiva”, la capacità di intraprendere lo svolgi- dei padri e delle madri di un’architettura italiana in figurative e decorative che lasciavano trasparire un tasi nel corso degli anni e se vogliamo ingenuamente

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Un ricordo di Gian Carlo Leoncilli Massi

“politica”, che portava a pensare di poter concreta- li, di Giancarlo Leoncilli per il Ponte dell’Accademia zione architettonica. Quell’esperienza, che io vissi in secondo la logica compositiva delle “figure” applicata
mente influire, attraverso il proprio operato, sulla (...)”5. Quello stesso progetto per il Ponte che Aldo qualità di dottorando, mostrò in maniera chiara ed alla Firenze storica.
città e sul mondo. Rossi aveva entusiasticamente elogiato, Tafuri relegava esplicita quali fossero i fondamenti del suo pensiero. Il Un progressivo isolamento all’interno della facoltà,
Fu proprio allo IUAV che Leoncilli focalizzò con chiarez- a caricatura, a saccheggio di una città morente o addi- complesso programma di studi, intitolato “Le figure dovuto a motivazioni che in questa sede non sarebbe
za, stimolato anche dal personale impatto con quel rittura già morta. del comporre”, si calò perfettamente nella realtà utile indagare, spostò definitivamente il centro del suo
gigante della storiografia italiana di architettura che fu Quando si diffuse la notizia della morte per malattia di locale assumendo come protagonisti imprescindibili interesse verso la pura ricerca teorica, che giungerà ad
Manfredo Tafuri, una particolare concezione del rap- Manfredo Tafuri, Leoncilli era già giunto a Firenze da del percorso teorico proposto Leon Battista Alberti, una sintesi complessa e stratificata nel suo ultimo libro
porto fra il comporre e la storia del costruire. tempo. Il programma della giornata prevedeva due ore l’Umanesimo toscano, e soprattutto Firenze, centro La leggenda del comporre.7
Pochi anni fa Ignasi de Solà-Morales scriveva: “Nella di lezione. Entrato in aula esordì dicendosi profonda- delle esercitazioni progettuali e analitiche.6 La diver- In un’intervista apparsa in un noto testo di Giancarlo
società di massa prodotta dal capitalismo, lo sviluppo mente amareggiato, e aggiunse: “sento il dovere di sità della composizione dalla progettazione, il ruolo Dotto, alla domanda su come si fosse trovato a Firenze,
dell’architettura come elaborazione di un linguaggio commemorare Manfredo Tafuri, malgrado sia parados- operativo della teoria, lo e su quali relazioni avesse
culturale è, secondo Tafuri, un’attività residuale. Solo sale che debba essere proprio io a farlo”. Non ho mai strumento compositivo stabilito, Carmelo Bene
un numero ridotto di maniaci di questa forma produtti- dimenticato quella frase, che considero ancora adesso della “figura”, il rapporto rispose: “Nessuna relazio-
va obsoleta continuano con insistenza a coltivarla: il un manifesto della vita didattica fiorentina di Leoncil- fra “norma e licenza”, ne. Firenze è invivibile”. E
loro peso nella società è ormai minimo, il loro ambito li: quel “sentirsi in dovere” è stato per me una grande l’uso compositivo, cioè for- Firenze, città per eccellen-
di sopravvivenza appartiene sostanzialmente alla sfera lezione, la manifestazione di una legge morale profon- mativo e non filologico, za del “genio” creativo, fu
privata e il loro destino è di scomparire. (...) È bene damente radicata nel suo essere. della storia della città e tale anche per Gian Carlo
avvertire che la sua opera è contro gli architetti e la Alla fine degli Anni Ottanta, nella città di Dante, di Bru- del paesaggio italiano, Leoncilli Massi, che vi inse-
loro cultura, cioè contro la maggior parte delle pubbli- nelleschi e Alberti, Leoncilli immaginava di portare a sono solo alcuni dei temi gnò per circa vent’anni,
cazioni, delle riviste, dei congressi, delle scuole di definitiva maturazione il suo percorso di architetto e più salienti di quel pro- portando brillantemente
architettura”4. Quello di Tafuri fu un progetto critico docente di composizione. Avvicinatosi alla sua Spoleto, gramma. Prima dell’impre- alla laurea un numero sele-
che ambiva a negare ogni possibilità di stabilire un che rimaneva e rimase per sempre il centro sicuro del vista e inaspettata conclu- zionato di studenti, e
“orizzonte di senso” valoriale specifico rispetto all’e- suo operare, giunse nel capoluogo toscano avendo nella sione di quella felice immeritatamente passando
stetica dell’architettura. A fronte dei grandi motori testa e nel cuore i grandi personaggi dell’Umanesimo parentesi, vi fu anche il a me il compito della didat-
della storia moderna, in particolare l’economia nella fiorentino, quegli artisti e quei pensatori che hanno for- tempo di far partecipare il tica, della ricerca, della
sua espressione capitalista, il problema “sensibile”, mato la nostra coscienza estetica e l’hanno integrata Dipartimento di Progetta- continuità operativa e
estetico, della forma dello spazio e della sua tradizio- armoniosamente con il pensiero e la speculazione filo- zione della facoltà fioren- intellettuale di quel piccolo
nale genealogia storica, che per molti, e Leoncilli fra sofica. In questa città Leoncilli perde la fitta rete di tina alla Triennale di Mila- gruppo di persone che osti-
questi, era il problema decisivo, assumeva nei testi relazioni didattiche che supportavano la sua ricerca a no, ove furono presentate natamente e orgogliosa-
tafuriani il carattere di una pericolosa illusione “inef- Venezia, e si trova a dover insegnare a studenti molto una serie di sintetiche ipo- mente chiamava “la mia
fettuale”, destinata ad essere travolta dalle forze che diversi da quelli dello IUAV, senza riuscire a innescare tesi progettuali redatte scuola”.
realmente determinavano l’evolversi del mondo con- l’analogo di quel coordinamento fra docenti al quale
temporaneo. Sulla Biennale organizzata da Aldo Rossi era abituato.
nel 1985, che prevedeva diversi luoghi di intervento e Come già accennato, l’impostazione didattica dei suoi
riflessione ponendo a concorso, tra gli altri, il Ponte primi corsi fu tesa a esperire un’idea di composizione
dell’Accademia, Rialto e Palazzo Venier dei Leoni, Tafu- architettonica teoricamente fondata, che facesse sere-
ri sparò “ad alzo zero”, scagliandosi apertamente con- no appello alla continuità storica del mestiere cui già si
tro un discreto numero di progettisti che attraverso erano ispirati Ernesto Nathan Rogers e molti suoi colle-
l’architettura aveva osato “parlare”: “Il risultato di ghi veneziani. Data l’importanza enorme che la tradi-
quella che nelle intenzioni doveva essere una “festa zione aveva avuto nel determinare la forma della città 1 G. C. LEONCILLI MASSI, La Composizione. Commentari, Marsilio Editore, Venezia 1985, p. 11.
dell’architettura” è una sorta di banchetto intorno ad fiorentina, credeva che una simile strategia operativa 2 L. SEMERANI, in AA.VV, Composizione progettazione costruzione, a cura di E. Bordogna, Laterza, Roma-Bari 1999, p. 72-73.
3 G. C. LEONCILLI MASSI, op. cit..
una città trattata come cadavere. Prevale infatti la potesse trovare naturale ascolto anche in questo nuovo 4 I. DE SOLÀ-MORALES, Decifrare l’architettura. “Inscripciones” del XX secolo, Allemandi, Torino 2001, pp. 139-140.
caricatura, un’irrisione (involontaria?) non solo nei con- contesto; ma così non fu. 5 M. TAFURI, Storia dell’architettura italiana. 1944-1985, Einaudi, Torino 1986, p. 229.

fronti del contesto, ma anche in quelli della stessa La possibilità di un discorso corale sul tema del com- 6 G. C. LEONCILLI MASSI, L’”Etrusco” torna a scrivere, Alinea, Firenze 1996. In questo testo sono presenti estratti significativi del Programma
e documenti redatti durante l’esperienza del Dottorato. Un’esposizione dei contenuti del Dottorato è deducibile anche dal testo F. FABBRIZZI
architettura: lo dimostrano i progetti di Alessandro porre si concretizzò solo parzialmente, in occasione - A. RICCI - D. SPOLETINI, Architettura. “Lineamenta” e “structura”, Alinea, Firenze 1994.
Mendini e Alessandro Guerriero, di Roberto Pirzio Biro- della sua nomina a Direttore del Dottorato in composi- 7 G. C. LEONCILLI MASSI, La leggenda del comporre, Alinea, Firenze 2002.

12 13
LE PROPORZIONI: UN CAMPO DI DEFINIZIONE

La filosofia, l’arte del costruire e il senso comune a) Proporzione come rapporto tra misure semplici (1,
hanno contribuito a dotare il termine “proporzione” di 2, 3, 4)
una certa polisemia. Non sarà inutile quindi convenire Il primo significato che si riconosce alle proporzioni è
su alcuni significati, in modo da evitare equivoci1. Le quello pitagorico, e cioè quello dell’armonia musicale
definizioni che seguono sono necessarie, oltre che per dell’Universo, ma probabilmente il significato matema-
chiarezza di esposizione, anche per contestualizzare il tico di proporzione fu elaborato, prima che dai Greci,
termine, poiché lo stesso ha assunto, nel corso dei dagli Assiri e dagli Egizi. È evidente che alla base delle
secoli, ora un significato ora un altro. loro costruzioni vi sia una profonda intelligenza di tipo
In architettura possiamo dunque parlare legittimamen- numerico e geometrico. Tra l'altro, e così fissiamo subi-
te di: to un concetto fondamentale, matematica e geometria
Proporzione come rapporto tra misure semplici saranno di fatto sinonimi fino alla modernità. Tra le due
Proporzione come uguaglianza di due rapporti non si dà nessuna distinzione finché fa ancora parte
Proporzione come serie numerica delle conoscenze tecniche il calcolare attraverso la
Proporzione come tracciato regolatore geometria, e cioè fino all'arrivo dei calcolatori. [Figg.
Proporzione come tracciato costruttore 1, 2, 3, 4, 5, 6] La Fig. 2 consente di calcolare il qua-
Proporzione come modulo-oggetto drato di un binomio, mentre le figure 5 e 6 illustrano
Proporzione come analogia formale come calcolare le radici quadrate dei primi numeri
interi.
A fronte di quest’articolazione ritengo tuttavia che le Non solo le piramidi, ma anche le loro rappresentazio-
cognizioni necessarie, in geometria e in matematica, ni antropomorfiche ne sono una prova; il corpo umano
siano alla portata di chiunque2. Ipotizzo che cicloidi, viene raffigurato in una griglia quadrata di vari moduli
cissoidi ed iperboloidi siano argomenti di riflessione (18, 21 e 1/4 o 22 che siano): il “Canone”. E viene
matematica ma non elementi essenziali per la costru- ‘costruito’ con questi. Una volta stabilito il formato
zione dell’architettura. Non risulta cioè che questi enti della statua, gli artisti potevano dividersi il lavoro e
geometrici complessi siano alla base della concezione ricomporlo ad operazione finita: è fin troppo famoso
architettonica, o almeno in una fase concezionale l’aneddoto degli scultori Teleghes e Teodoros per citar-
razionale, verbalizzata: semmai intervengono nella lo ancora una volta.
fase successiva, ovvero in quella della giustificazione È noto che a Pitagora viene attribuita la scoperta dei
della creazione. Esaminiamo le 7 accezioni una ad una. rapporti matematici che regolano i suoni. Pitagora
Non sempre, come vedremo meglio in seguito, le pro- riuscì cioè a legare tra di loro l'aritmetica e la musica
porzioni hanno un diretto referente formale. A volte attraverso il numero. Fu una grandissima scoperta,
esse sono uno strumento concettuale, una teoria, un’i- destinata ad accompagnare il pensiero occidentale per
dea. Altre volte esse sono compresenti in un’unica diversi secoli3. Il fascino esercitato da questi rapporti
opera, nello stesso tempo o in tempi diversi. semplici (1:2, 1:3, 1:4, 2:3, 3:4) fu enorme.

1 La sistemazione di queste definizioni ha un grande debito verso Eugenio Battisti. Rispetto al suo saggio Un tentativo di analisi strutturale del
Palladio tramite le teorie musicali del Cinquecento e l’impiego di figure rettoriche, in “Bollettino Centro Internazionale Studi Andrea Palladio” n.
XV, 1973, pp. 211-232, mi permetto di dissentire, con umiltà e rispetto, sull’accezione “D”, laddove suggerisce un’interpretazione del termine
molto seducente, ma che a mio avviso rientra in tutt’altro settore: quello della composizione. Creare uno spazio ed un tempo artificiali, suddivi-
dere il continuo, fornire pause, istituire ritmi, sono infatti operazioni che possono eseguirsi usando il proporzionamento, ma non sono, ipso facto,
proporzioni.
2 Per un’opinione probabilmente diversa si veda ad esempio: Sala, N., Cappellato, G., Viaggio matematico nell’arte e nell’architettura,
Presentazione di Mario Botta, Franco Angeli, Milano 2003
3 Cfr. La “Grande Teoria” di Tatarkiewick, in: Tatarkiewick, Storia di sei idee, Aesthetica, Palermo 1993

15
Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Le proporzioni: un campo di definizione

I Greci erano capaci di una costruzione geometrica che un’area corta ed una media, tra una media ed una trano in quest’accezione le griglie: penso in particolar attiene solo alla pratica costruttiva. Si sfruttano le
dava luogo a tre segmenti le cui lunghezze erano equi- lunga. Siamo quindi nel campo delle variazioni e delle modo allo sviluppo ad quadratum e ad triangulum. costruzioni geometriche ai fini del calcolo, soprattutto
valenti alle corde che oggi chiameremmo "do", "mi", "la" iterazioni di gnomoni. Vediamoli più da vicino. in vista della stabilità degli elementi. Era necessario
(Bodei, 1995)4. Era così possibile tradurre l’intelligibile Il rapporto è tra due aree e non più tra due numeri o Un primo tracciato regolatore che possiamo immagina- nell’antichità per dimensionare e posizionare alcuni
nel dominio del sensibile. linee. Maria Karvouni lo spiega nel suo saggio, all’inter- re è costituito da una successione di quadrati in mutua elementi costruttivi. Penso per esempio al modo di
Platone arrivò, nel Timeo, a dare ai numeri 1, 2, 3, una no del catalogo pubblicato in occasione della mostra su rotazione di 45°. Nel Medioevo veniva indicato con svi- determinare lo spessore dei piedritti degli archi fino
valenza "sacra", schematizzandoli in una sorta di pira- Leon Battista Alberti, tenuta a Mantova nel 1994. luppo ad quadratum. Può essere usato, ovviamente, sia alla scoperta e alla matematizzazione del nocciolo cen-
mide, chiamata poi lambda (perché simile al carattere Palladio si differenzia dall’Alberti anche per una rinun- in pianta che in alzato. trale d’inerzia. [Fig. 13]
greco). Eccola: cia alla consonanza dei rapporti semplici, per arrivare Torneremo a parlare di questo procedimento nella Torniamo al quadrato e ad una sua piccola variazione:
1 a dei rapporti poco musicali, come 5:12, 28:43, ecc. Il sezione riservata alle proporzioni come sistema di il quadrato inscritto in un altro quadrato. [Fig 11]
2 3 che si spiega, almeno parzialmente, con il fatto che misura. [Fig. 11] Il quadrato inscritto ha una superficie pari alla metà di
4 9 Palladio usasse rapporti musicali e che la teoria musica- Un altro tracciato è quello costituito dal cosiddetto svi- quello più grande. Sembra che tale procedimento fosse
8 27 le all’epoca avesse accettato come armonici alcuni rap- luppo ad triangulum. È famosa l’immagine del traccia- usato appunto come sistema di calcolo nell’antichità
È basata sui quadrati e sui cubi dei numeri 1, 2 e 3. porti prima non tollerati. to ipotizzato per il Duomo di Milano. [Fig. 47] per ottenere un chiostro con un’area dimezzata rispet-
Infatti, 2 elevato al quadrato dà 4, ed elevato al cubo Infine, ecco due tracciati ancora basati sul quadrato: to ai corpi di fabbrica che lo delimitavano (Cfr. Villard
dà 8. Lo stesso discorso vale per il numero 3: 3 al qua- c) Proporzione come serie numerica: la serie di Fibo- √2 e Ø. de Honnecourt). [Fig. 14]
drato dà 9, e 3 al cubo dà 27. nacci Come si può vedere, il rettangolo è costruito a partire Un altro celeberrimo esempio è il triangolo isiaco. Non
Ancora, veniva riconosciuto come sacro (o comunque Il terzo significato è costituito dalle serie numeriche. dal quadrato. Una volta costruito questo, i due lati del solo questo triangolo ha i lati in successione naturale:
magico), il triangolo di lati 3, 4, 5. Oltre alla semplici- Una serie numerica è una lista di numeri (es: 1, 3, 5, 7, rettangolo sono in rapporto di 1: √2, che sembra esse- 3, 4, 5, ma la sua area è uguale a 6. Inoltre l’angolo tra
tà della serie dei suoi lati, la sua area è uguale a 6. Lo ...), la cui ragione (in senso matematico), è facilmente re uno rapporti più gradevoli all’occhio umano per un i cateti è retto. Viene usato ancora oggi, appunto, per
troveremo ancora nella sezione dedicata ai tracciati individuabile. La ragione è il rapporto tra due termini rettangolo. [Fig. 7] tracciare un angolo retto sul terreno. [Fig. 1] Infine,
“costruttori”. [Fig. 1] adiacenti5. La più conosciuta è probabilmente la serie Ecco un’altra costruzione basata sul quadrato: Ø. L’ab- uno sguardo alla Fig. 4: un modo basato su pochissime
detta del Fibonacci: 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89 … biamo già incontrato sopra. È il famoso numero aureo. costanti geometriche per trovare i centri degli archi
b) Proporzione come uguaglianza di due rapporti La ragione tende a 1,618: Ø, il Numero d’Oro. Il proble- I lati del quadrato e del rettangolo sono questa volta in che formano una volta a campate disuguali.
(es.: 3:4=6:8) ma della Sezione Aurea è stato posto per la prima volta rapporto di 1: 1.618. [Fig. 8]
Il secondo significato costituisce già un piccolo slitta- da Euclide in più passi dei suoi Elementi, definendolo Vi sono ovviamente altri tracciati e schemi, tra i quali vi f) Proporzione come modulo-oggetto: il piede, la rata
mento rispetto al punto precedente. Infatti il primo si media ed estrema ragione di un segmento. La sua for- è tutto un sistema investigato da Robert Krier che si pars.
limita a godere di un rapporto semplice tra due entità. mulazione numerica ha una corrispondenza geometrica fonda su analogie stellari, piuttosto complesse7. [Fig. 9] Il sesto significato è quello del modulo-quantità, la
Ma in senso proprio, la proporzione è analoghia (Aristo- che vedremo nella sezione dedicata ai tracciati regola- Vorrei però soffermarmi un attimo sulle Figg. 10 e 12. La parte, il piede. L’opera intera deve essere “commodu-
tele): l’uguaglianza di due rapporti, e quindi presuppo- tori. [Fig. 24] prima illustra il procedimento necessario per tracciare lata” (è Vitruvio a parlare) ad una “rata pars”, che pos-
ne almeno 3 entità diverse, se non 4. È proprio Palla- Il rapporto tra due grandezze che porta al numero una voluta ionica: ancora meglio: una delle due spirali siamo far corrispondere al semidiametro della colonna
dio, nel suo trattato, probabilmente guidato da Trissi- 1.618 è stato definito da Pacioli come Divina Proportio- necessarie per il listello della spirale. Infatti quest’ulti- all’imoscapo. [Fig. 48] La symmetria vitruviana (stesso
no, a formulare la distinzione tra rapporto e proporzio- ne. Esso sembra in effetti riunire in sé tante proprietà ma è composta da due spirali, parallele solo per un trat- metro, stessa misura), è basata su questa commodula-
ne. (il solo Pacioli ne conta 13 nel suo testo), e matemati- to e poi convergenti fino ad assottigliarsi finemente nel- rità. Il modulo-oggetto riassume in sé sia il tracciato
Tuttavia questo concetto di proporzione rimane molto camente è in effetti una sorta di numero magico6. l’occhio centrale. La figura 12 illustra invece il traccia- regolatore sia quello costruttore. Forse questa è la sede
legato alla sua correttezza matematica. In architettu- to regolatore della Postparkasse di Wagner, così bene più opportuna per introdurre una prima distinzione tra
ra, vedremo che furono solo due (probabilmente), gli d) Proporzione come tracciato regolatore. illustrato da Leoncilli Massi (Leoncilli Massi, 1985), che symmetria ed euritmia. La prima indica una corrispon-
architetti in grado di comporre secondo questo proce- Il quarto significato è quello riconducibile ai tracciati serve appunto ad or(di)nare la facciata, ma è anche un denza metrica, misurabile. La seconda attiene solo a
dimento: Alberti e Palladio. regolatori. I tracciati regolatori sono sistemi pretta- modo per dividere una stessa lunghezza (il lato del qua- rapporti qualitativi tra gli elementi (buon ritmo).
Alberti divide le aree (superfici) in tre categorie: corte, mente geometrici destinati ad ordinare la composizio- drato), una volta in 4 parti ed una volta in 5. Nel tempo quest’accezione di modulo-oggetto è stata
medie e lunghe, cercando sempre un’interrelazione tra ne, sia di un’opera d’arte che di un’architettura. Rien- ripresa sia dagli architetti rinascimentali (pensiamo
e) Proporzione come tracciato costruttore. per esempio a Brunelleschi ed al suo modulo, o a Mili-
Il quinto significato è simile a quello precedente, ma zia), sia da quelli più vicini a noi.
4 La costruzione è molto semplice e dà luogo al triangolo rettangolo 3-4-5. Infatti, la lunghezza delle corde delle note “do”, “mi”, “la”, stanno nel
rapporto di 5:4:3.
5 Le serie numeriche sono infinite (non sono un matematico: il termine “infinite” va preso nell’accezione più comune) e ne esistono molte di
famose.
6 Cfr. Mario Livio, La sezione aurea. Storia di un numero e di un mistero che dura da tremila anni, Traduzione di Stefano Galli, 7 Rob Krier, Architectural Composition, Academy, London 1988

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Le proporzioni: un campo di definizione

g) Proporzione come analogia formale: la geometria La geometria che è chiamata in gioco è quella del caos, LE PROPORZIONI NELL’ARCHITETTURA: LIMITI E PRESUPPOSTI
complessa. la geometria non euclidea, ed anche la geometria frat-
Recentemente si è sviluppata un’architettura che fa tale.
ricorso a tecnologie modernissime, sia in fase di dise- Ormai si tende a parlare di proporzioni o di matemati- “Il compasso, nelle mani del dotto, non si ribella”
gno (di concezione), che di realizzazione, per approda- ca in architettura anche in casi in cui la matematica è R. Witttkower
re a risultati formali alquanto originali. Mi sia consenti- piuttosto complessa (cicloidi, cissoidi, concoidi, para-
to, per ora e per semplicità, di chiamarla “decostrutti- boloidi, ecc.), e quindi non proprio alla portata di tutti.
vista”. È una generalizzazione brutale: serve solo a La figura 15 rappresenta il frattale denominato “Curva
classificare in un’unica categoria gli aspetti formali di di Koch” che, come è facile indovinare, si basa un algo-
architetture di Gehry, Eisenman, Fuksas, Hadid, ecc. ritmo ricorsivo.

Quando ci si accinge a studiare un’opera sotto il profi- no nella fase di riproduzione), i tracciati regolatori più
lo delle proporzioni, ci si imbatte subito in un bivio, impensabili9. Si vedano (un esempio per tutti), gli
definito per intersezione dall’opera stessa e dalla cono- impraticabili tracciati riportati da Krier, nella scia di
scenza che ne abbiamo. Ci sono due possibilità. Moessel, per l’impaginato delle chiese gotiche10. [Fig. 9]
Nella prima noi sappiamo quale è stato il principio geo- "Il povero, vecchio Partenone (è sempre Wittkower a
metrico che ha guidato l'opera. Comprenderlo, ripren- parlare), è stato ricostruito in base alla sezione aurea,
derlo, ripercorrerne lo sviluppo, il suo complicarsi, il alla radice di cinque, alla radice di due, ai numeri sem-
suo risolversi in forme ben determinate è senz'altro plici, ai moduli delle colonne, tenendo conto delle cor-
utile. È il caso del prospetto della Villa Stein a Garches rezioni ottiche e non. È stato vivisezionato, analizzato,
di Le Corbusier o della Casa del Fascio di Terragni, per smontato...”. È del tutto evidente invece che un’opera
esempio. La ricerca va poi ulteriormente raffinata, può essere stata pensata e costruita con uno o due di
sempre in questo ambito, differenziando fra tracciati questi schemi, ma non con tutti contemporaneamente.
regolatori usati solo in alcune fasi (i singoli prospetti: la Spesso le “interpretazioni” sono compiute su fotografie
facciata principale della Villa Stein a Garches), e quel- (nemmeno riproiettate in piano), con le delle scale di
li usati per l’intera costruzione (il tempietto del Bra- visualizzazioni impensabili per un serio esercizio erme-
mante a Roma). [Fig. 16] neutico. Infine, in alcuni casi più complessi, nel quale
Nella seconda possibilità noi non sappiamo con certez- si è persa la riconoscibilità originaria dell’opera, si
za attraverso quale schema e quale principio l'opera è applicano dei tracciati a delle costruzioni che sono il
stata compiuta, e proiettiamo su di essa delle interpre- frutto della sedimentazione secolare di aggiunte, rimo-
tazioni geometriche che spesso sono fuorvianti perché zioni, pentimenti, ecc.11
frutto di nostre elucubrazioni e idiosincrasie. Poiché, Occorre dunque in questo caso una particolare serietà
come dice Wittkower, "Il compasso, nella mano del ed onestà intellettuale.
dotto, non si ribella"8 , non è difficile applicare a delle Nella stessa direzione cautelativa è da intendere que-
opere (con tutto il margine d'errore che essi accumula- sto passo del Summerson: “Molte pretenziose inesattez-

8 Rudolf Wittkower, Principi architettonici nell’età dell’Umanesimo, Einaudi, Torino 1994, p. 123
9 Si veda per esempio il saggio di Jean Guillaume Désaccord parfait. Ordres et mesures dans la chapelle des Pazzi, in “Annali d’architettura”, n. 2,
1990, pp. 9-23, dove si demoliscono alcuni miti della Cappella Pazzi. Dal 1867 al 1977 si sono avute più di 17 letture proporzionali della cappella,
alcune delle quali incompatibili tra loro. E basate tutte sul rilievo di Stegmann e Geymüller, al quale è accordato ormai un errore di 45 cm.
10 Robert Krier, Architectural Composition, Academy, London 1988
11 È lo stesso errore epistemologico che guida la redazione di piani regolatori che vogliono, una volta per tutte, fissare il disegno di una città, a
tempo indeterminato, o che fanno sì che nelle operazioni di restauro si immagini spesso un edificio unitario nella sua concezione e realizzazione,
quando unitario non è, né nella concezione, né nella realizzazione.

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Le proporzioni: un campo di definizione

ze sono state scritte sulla proporzione e non intendo con la religione, con la teologia, con la numerologia, l’attitudine stessa dell’oggetto ad essere percepito. A maggior sostegno di questo fatto si consideri inoltre
soffermarmici. Il concetto rinascimentale è molto sem- con il misticismo, con l’esoterismo. Non dimentichiamo Grazie a questa fusione, le parti formano un solo ogget- che geometria e calcolo (anche calcolo strutturale)
plice. Scopo della proporzione è di ottenere l’armonia che nell’architettura “classica”, calcolare, costruire e to, la cui unità e semplicità si fondano sul ritmo e la erano la stessa cosa (o quasi) fino all’avvento di von
attraverso una struttura: un’armonia resa intelligibile comporre si fondevano in un unico atto, nel logos geo- corrispondenza dei suoi elementi. […] L’occhio non è in Neumann17. Le proporzioni godono inoltre della pro-
mediante l’uso manifesto di uno o più ordini come com- metrico. Ricordiamo per esempio la figura della tetrak- grado di abbracciarle in un colpo solo, e non riceve la prietà di potersi svincolare dalle contingenti unità di
ponente dominate, oppure soltanto mediante l’uso di tis, costituita da sei punti formanti un triangolo equila- sensazione di riposo dell’equilibrio degli estremi, tanto misura locali, astrarsi dal piede romano o dal braccio
dimensioni che implicano la replica di semplici rappor- tero e la densità dei concetti che rappresenta: i primi che la somiglianza meccanica delle sezioni, osservate in fiorentino: le proporzioni come strumento di rilievo e di
ti. Questo è sufficiente per consentirci di proseguire.” numeri naturali, il triangolo equilatero, i rapporti tra i successione, dà l’impressione di un’insensata povertà progettazione “internazionale”, diremmo oggi.
(Summerson, p. 5) numeri semplici, ecc. di risorse. La simmetria perde dunque il suo valore Alcune regole di proporzionamento venivano pubblica-
Le sette accezioni prodotte prima non suddividono Nella cultura greca prima e latina poi le proporzioni quando, a causa della grandezza dell’oggetto, non può te proprio per consentire agli architetti meno versati
ovviamente il tema delle proporzioni in compartimenti sono il legante tra spazio, matematica, musica, cosmo- contribuire all’unità della nostra percezione. La sintesi nella professione di poter produrre, con ragionevole
stagni. Direi piuttosto che possono costituire una griglia logia e probabilmente molto altro13. che essa procura deve essere istantanea15.” certezza, delle opere comunque soddisfacenti. Le teo-
di lettura “trasversale” rispetto all’opera architettonica. Si pensi dunque allo choc che può aver creato lo scopri- rie estetiche, la “sprezzatura” di cui parlava Leoncilli
re che la diagonale del quadrato era incommensurabile B) Necessità costruttive. Massi, la grande cultura architettonica, trovano qui il
Assi epistemologici. con il suo lato. Si dice che un adepto della setta di Pita- Il secondo asse è quello delle necessità costruttive. In loro risvolto prosaico.
Perché si sono usate le proporzioni nella storia dell’ar- gora sia stato ucciso perché aveva divulgato il famosis- effetti si tende sempre a “sorvolare” infatti su quali fos-
chitettura? Perché hanno avuto così ampia diffusione? E simo teorema (il quadrato costruito sull’ipotenusa è sero le “condizioni al contorno” nel momento in cui si Non sempre è facile districare queste linee interpreta-
come è possibile, di conseguenza, studiarle? uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti). costruivano il Partenone o la Cattedrale di Nôtre Dame. tive, nella stessa opera. Anzi, non credo che esista
Credo che sia possibile indicare due assi epistemologici Le teorie poste dai greci hanno esercitato il loro fasci- Ma se non si conoscono le tecniche costruttive medieva- un’opera “pura”. Spesso, a ragioni eminentemente
principali attraverso i quali esaminare l’uso e la fre- no fino ai nostri giorni, passando anche attraverso le li, si ignorerà di certo perché il triangolo equilatero costruttive si è giustapposta una teoria teologica, e
quenza delle proporzioni nella storia dell’architettura. rielaborazioni medievali, tese ad un misticismo estre- avesse una così ampia diffusione, per esempio16. [Figg. altrettanto spesso questa ha acquistato più forza della
Il primo è quello fondato su criteri “estetici”. mo. Anche nella modernità, infatti, queste teorie 4, 17, 18, 22, 23] Molte di quelle semplici figure geome- prima. Tracciati nati per ragioni eminentemente esteti-
Il secondo asse è quello delle necessità costruttive. hanno costituito terreno su cui si sono confrontate triche hanno la loro giu- che si sono rivelati otti-
grandi intelligenze. Ricordo la polemica, a mo’ di stificazione proprio nella mi tracciati “costrutto-
A) "Grazie ai numeri tutto diventa bello." digressione, tra Le Corbusier e Gino Severini14. semplicità dell’uso e ri”, e così via. Fabbri-
La citazione è di Pitagora, ma è lecito presumere che O si legga, tra tanti, questo passo di George Santayana: nella loro potenza ordi- che complesse, conce-
essa riassuma in sé tutta una cultura basata sul nume- “In altri casi la simmetria ci attrae per il fascino del natrice e di controllo pite e iniziate in base
ro, sulla geometria, sulla matematica. Queste materie riconoscimento e del ritmo. Quando l’occhio corre ad formale [Figg. 49 - 53]. ad uno schema geome-
sono il fronte più avanzato di un’attività speculativa una facciata e trova gli oggetti che lo attraggono ad Elaborare poi teorie trico sono state abban-
intensissima, che trova una corrispondenza forse solo intervalli uguali, sorge un’attesa nella mente, come mistiche ed esoteriche a donate e magari riprese
nell’elaborazione di dottrine filosofiche e politiche di quando si attende una nota inevitabile o una parola giustificazione della sua con tutt’altro schema e
altissimo livello. necessaria, e se ciò non avviene si verifica una forte frequenza diventa quasi teoria. Penso come caso
La produzione intellettuale di questi autentici “mostri” emozione. Questa emozione, quando è causata dall’ap- un esercizio accademi- eclatante al Duomo di
del pensiero è impressionante: penso per esempio a parizione enfatica di un oggetto interessante, produce co, se non una banalità. Siena.
Pitagora, Euclide, Talete, Anassimandro, e ovviamente l’effetto del pittoresco; ma quando avviene senza alcu-
a Platone ed Aristotele. na compensazione, ci dà la sensazione della deformità
È in Grecia che trovano formulazione esatta i concetti e dell’imperfezione – difetto questo che la simmetria
di euritmia e di simmetria, ribaditi poi da Vitruvio (con evita. […] Non è un fascino avventizio; ma nel suo con-
qualche difficoltà), nel suo trattato12. tinuo passare sull’oggetto, l’occhio trova sempre la
stessa risposta, la stessa adeguatezza; e il processo
Nel corso dei secoli queste teorie si sono ibridate anche stesso della percezione diventa piacevole in virtù del-

12 Per l’ampiezza del termine si veda per esempio anche questo passo di Quintiliano: “Anche i movimenti del corpo composti e armoniosi, ciò che 15 Cfr. George Santayana, Il senso della bellezza, Aesthetica, Palermo 1997, pp. 89-91
i greci definiscono euritmia, sono indispensabili e non possono essere attinti se non dalla musica …” (Quintiliano, 2001, p. 135) 16 Cfr. Roland Bechmann, Le radici delle cattedrali. L’architettura gotica espressione delle condizioni dell’ambiente, Marietti, Casale Monferrato
13 Cfr. La “Grande Teoria” di Tatarkiewick, in Storia di sei idee, Aesthetica, Palermo 1993 1984
14 Sia consentito il rinvio alle pagg. 58-59 e alle note ivi presenti, in La leggenda del comporre, di Leoncilli Massi, dove meglio è chiarita la gran- 17 Cfr Salvatore Di Pasquale, L’arte del costruire. Tra conoscenza e scienza, Marsilio, Venezia 1996 e Alberto Pratelli, Il disegno di architettura. Tre
dezza di Severini rispetto a molti epigoni del moderno. chiese del bolognese, CHARTA, Milano 1995

20 21
EXCURSUS STORICO

L'Antichità lazione razionale, divisoria: speculativa. L’incommen-


Sembra che la geometria sia nata per ragioni prati- surabilità ha cioè bisogno, a mio avviso, di essere dimo-
che18. Erodoto afferma che fosse stata la necessità di strata attraverso un procedimento matematico, senza il
ristabilire i confini dopo le inondazioni del Nilo a spin- quale permane come velata da un’evidenza visiva, che
gere gli uomini a teorizzare: a geometrizzare. La retta la nasconde ai più.
non era altro che l’astrazione di una corda tesa. Nella Questa scoperta fu così pericolosa che all'inizio se ne
corda convivono il metro di paragone e la lunghezza vietò la divulgazione: l'incommensurabilità di alcuni
della cosa da misurare. Ritengo quindi in tutta umiltà, oggetti evocava lo spettro di una ricaduta nell'informe,
contrariamente a Bodei (Bodei, 1995), che la successio- nell'illimitato: l’apeiron. Questo problema, che non era
ne suono-spazio vada invertita e che prima si elaborò il più solo matematico, come si può intuire, fu risolto
concetto spaziale e poi quello musicale. Armonia e magistralmente da Pitagora proprio attraverso quel
simettria si applicherebbero quindi a mondi diversi, a "banalissimo" teorema che tutti apprendiamo alle ele-
pratiche diverse. La simmetria è dunque una commisu- mentari. La grandezza fu proprio nella potenza della
razione numerica e presuppone una modularità tra le dimostrazione. Non solo fu risolto il problema della
parti, dove non vi siano resti inferiori all’unità. “Sim- commensurabilità tra numeri irrazionali, ma ciò avven-
metrico è ciò che è misurato dalla stessa misura”, dice ne attraverso la moltiplicazione di numeri incommensu-
Aristotele. E dunque è possibile una distinzione tra rabili tra loro.
linee e superfici. Platone parla infatti di “linee non Vorrei ricordare Aristotele, non perché interessato alle
simmetriche” per la loro lunghezza, ma “simmetriche” proprietà mistiche dei numeri, anzi, ma per due con-
per quanto riguarda le superfici che possono formare. cetti fondamentali nello sviluppo dell'estetica. Il primo
L’armonia sarebbe nata in ambito musicale, definendo è quello di ordine, che egli identifica con la più appro-
originariamente l’intervallo tra i suoni, e poi la conso- priata disposizione delle parti. A questo concetto di
nanza degli accordi. Simmetria ed euritmia si appliche- ordine egli affiancò anche la moderazione, che fino ad
rebbero invece all’ambito spaziale. Lo choc culturale allora era stato applicato alla morale, e non alla bellez-
prodotto dall’incommensurabilità di alcuni enti (lato za. È l'essenza di quella che diverrà la mediocritas cice-
del quadrato e sua diagonale, per esempio), fu succes- roniana e poi albertiana.
sivo anche alla teorizzazione del numero, associati agli L'altro concetto è quello di limitazione (horisménon). Il
elementi geometrici. Lato e diagonale avevano sempre concetto di limitazione permea invero tutta la cultura
convissuto “pacificamente” e la loro incommensurabili- greca: si pensi al tempio di Delfi e alle sue iscrizioni: “Il
tà (o meglio: asimmetricità, come avrebbe detto Ari- più giusto è il più bello”, “Osserva il limite”, “Odia la
stotele), esplose quando si trattò di definire una corre- hybris”, “Nulla in eccesso”. Soltanto oggetti di dimen-

18 Cfr. Paolo Zellini, Gnomone, Adelphi, Milano 1999

23
Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Excurcus storico

sioni limitate possono essere facilmente afferrate dallo riscontrabili nel corpo umano. [Fig. 20] Introduciamo manifestarsi anche in colori presi in sé (negando quindi la diagonale del quadrato di lato 5 al numero 7.
sguardo e quindi procurare diletto. Nella Poetica egli qui il numero aureo Ø, che comunque riprenderemo più il valore dato alla composizione), e che la simmetria Trovo molto interessante la distinzione che Morolli fa
usa addirittura un termine particolare, l'eusynopton, dettagliatamente in seguito. Il problema è stato posto può essere il metro di paragone della bellezza delle tra le sei categorie di cui consta l'architettura vitruvia-
per indicare ciò che può essere facilmente afferrato da Euclide, per quanto ne sappiamo, in questi termini: sole cose materiali, ma non di quelle spirituali. La bel- na: la ordinatio (il tracciamento dei singoli membri
dalla vista, ribadendo ancora una volta, se ce ne fosse come posso dividere una retta in due parti in modo che lezza non è più quindi un rapporto tra le parti, ma una della fabbrica), la dispositio (la rappresentazione),
stato bisogno, l'importanza dell'unità nell'opera d'ar- il rettangolo costruito con la retta stessa e la parte più qualità delle cose, prese singolarmente. “Tutti, per così l'euritmia (l'armonia), la symmetria (la commensurabi-
te.19 Non ci può essere limitazione senza misurazione. corta sia uguale al quadrato costruito sulla parte rima- dire, affermano che la bellezza visibile consiste in una lità), il decor (il decoro), la distributio (l'amministra-
Ecco perché è ancora Aritotele ad insistere su questo nente?20 simmetria delle parti, le une rispetto alle altre e all’in- zione del cantiere), anche se permane qualche perples-
concetto nella Metafisica: “Il rapporto, la misura delle È evidente infatti che vi possono essere infiniti modi di sieme, […] la bellezza consisterebbe nella loro simme- sità, soprattutto per quel che riguarda proportio e
grandezze spaziali è fondato sulla divisibilità delle dividere in due una lunghezza data, ma solo una può tria e nella loro misura; […] i bei colori, come la luce symmetria: egli difatti approfondisce la questione più
grandezze stesse. Tale divisibilità fa sì che fissata soddisfare quelle condizioni poste. del sole, sarebbero privi di bellezza, perché sono sem- avanti.
un’unità di misura, ad ogni grandezza spaziale si possa Tornando ai canoni, non dobbiamo confondere quello plici e non traggono al loro bellezza dalla simmetria Si potrebbe anche avanzare un'altra ipotesi per ciò che
far corrispondere un numero. Anzi si possa sostituire egizio e quello greco. Il primo, come già accennato delle parti” (Enneadi, I 6, I 21-33 e 3, 35) concerne la differenza tra i due termini, che tra l'altro
ad essa nella considerazione delle sue proporzioni, il prima, era rigido e immutabile. D'altra parte sarebbe Morolli stesso suggerisce a pag. 24, quando parla di un
numero e la misura.” Bisogna cogliere lo sforzo di difficile immaginare come prodotto di una stessa cultu- Vitruvio "iter creativo" relativo ad una fabbrica privata.
astrazione che è necessario per sostituire allo spazio ra estetica le piramidi da una parte e una statuaria pla- Nell’indagare il tema delle proporzioni in Vitruvio mi La proportio, più che essere una categoria affine a
fisico la sua misura, in un mondo dove l’architettura stica, come sarà invece la greca classica, dall’altra. Il affiderò al De Architectura nella versione di Carlo quelle presentate prima, a me pare essere uno dei
era ancora basata sul modulo come quantità, come canone greco era molto più vitale e dinamico di quello Amati, curata da Gabriele Morolli22. In effetti il tratta- primi atti ideativi del processo progettuale, e cioè un
vero e proprio oggetto. egizio. Policleto avrebbe inteso, in questo senso, fissa- to vitruviano non è così lineare come potrebbe sembra- atto di "messa in scala", di pertinenza di misure. Nello
Vitruvio riferisce che Pitagora avesse mostrato la possi- re le misure di una persona normale, ma lasciando libe- re: le difficoltà terminologiche già evidenziate dall’Al- stesso tempo un atto di verifica, di corrispondenza, che
bilità della costruzione di un angolo retto senza far ro lo scultore di variarle caso per caso. I greci non berti e affrontate anche in un saggio da Gioseffi (Gio- in ciò riesce ad integrare la commodularità tra le parti.
ricorso a strumenti, e quindi senza fare errori. Probabil- avrebbero mai accettato un canone che non tenesse seffi, 1976) non sono state ancora del tutto risolte, Se è vero che i singoli componenti del tempio erano
mente è il triangolo "3-4-5", conosciuto anche dai nostri conto del punto di vista soggettivo: ecco perché le cor- mentre invece potrebbero apportare un notevole con- concepiti in base ad un modulo comune, il difficile non
geometri. Un triangolo che abbia per lati queste misure rezioni ottiche non solo erano tollerate, ma facevano tributo di chiarezza nel rapporto tra Vitruvio e la cultu- era appunto il realizzare questi elementi, ma l’inte-
contiene un angolo retto: è sufficiente quindi prendere parte integrante di quest'antropometria. ra greca. grarli in una costruzione spaziale coerente. Vitruvio è
il doppio-decametro, bloccarlo sui 12 metri (3+4+5), fis- Questo collegamento tra unità, bellezza, visione, In Vitruvio lo studio delle proporzioni deriva dallo stu- un architetto: sa che l'idea di un edificio sorge nella
sare una prima linea ed un punto a 3 metri e un altro a viene ribadita anche da Leon Battista, nel De Re Aedi- dio della più bella macchina che la natura abbia mai mente con delle dimensioni che possono sì variare, ma
7 metri per ottenere il triangolo retto. [Fig. 1] ficatoria: composto: l'Uomo. L'immagine sintetica di questo con- all'interno di certi limiti di oscillazione. Il primo atto
L’altra proprietà che probabilmente deve aver colpito “Se l’altezza delle pareti è esagerata, si faranno aderi- cetto è il famosissimo homo ad circinum et ad quadra- ideativo, o uno dei primi, è fissare una scala, un campo
gli antichi e che effettivamente mantiene un certo re ad esse delle cornici, o vi si dipingeranno delle linee tum, che dunque, detto di passaggio, non è invenzione di misure, di operatività: di costruttività. Nessun archi-
fascino anche oggi è che l’area di questo triangolo è divisorie, onde a determinati livelli tale altezza venga leonardesca. Non si può comunque non convenire con tetto, per tagliar corto, immagina un ponte25 lungo
uguale a 6. Sappiamo tuttavia che già almeno 1000 anni scompartita. Se invece una parte è troppo estesa in lun- Morolli quando dice che la rete di rapporti proporziona- 1000 metri, ma lo fa entro una fascia dimensionale che,
prima di Pitagora i babilonesi conoscevano delle terne ghezza, si erigeranno dalla sommità alla base delle li che si riscontrano nel corpo umano si vogliono, anche se inconscia ed imprecisa, è più "naturale".
di numeri esprimibili così: a2+b2=c2 (es.: 32+42=52). colonne, non troppo vicine tra loro, bensì piuttosto appunto, riscontrare23. Esemplificando: un conto è, fissato il tipo di tempio che
Per quanto riguarda la figura umana presso i greci, sap- distanti. In questo modo lo sguardo potrà fermarsi e I numeri che più ricorrono in Vitruvio sono il sei, il dieci si vuole costruire, farlo su una lunghezza del fronte di
piamo che Policleto aveva elaborato un canone, ma riposarsi, quasi offrendoglisi dei luoghi di sosta ove e il sedici24. Il sei perché l'uomo è alto sei piedi, il dieci 30 metri e un altro è farlo per un fronte di 90. Un altro
nulla ci resta dei suoi scritti: dobbiamo "limitarci" quin- posarsi ed essere così meno infastidito dalla vastità del- perché ha dieci dita e il sedici perché è la somma di ancora è realizzare, fissata la dimensione del fronte, un
di alla statuaria e al resoconto di storici antichi. l’ambiente.” dieci più sei. Trova luogo anche una sezione aurea piut- tempio tetrastilo picnostilo (a quattro colonne con un
I maggiori studiosi concordano nel vedere il "Doriforo" La critica ad una concezione della bellezza, ancora pro- tosto approssimata, derivante dal rapporto tra sedici e intervallo stretto tra di esse) ed un altro è, sempre
come l'esemplificazione del suo "canone", basato, sem- fondamente pitagorico-platonica21, arriva con Plotino, dieci, piuttosto che dalla costruzione geometrica. Il prag- sulla stessa dimensione, un esastilo picnostilo monotri-
bra, sui rapporti matematici in ragione di Ø (phi), in età tardoantica. Egli afferma che la bellezza può matico spirito romano poteva tranquillamente tollerare glifico (a sei colonne con un solo triglifo tra colonna e
quest’approssimazione, così come quella che assimilava colonna). "Tutto varia colle dimensioni..." dice Fedro a

19 Il concetto di eusynopton richiama alla mente la definizione di simmetria che dà Pascal nei suoi Pensieri: “Simmetria è ciò che si coglie in un sol
colpo d’occhio”. Nonostante l’evidenza della frase, ritengo tuttavia che Pascal alludesse qui al “cogliere” tutto intellettuale, e non alla mera 22 Morolli, G., (a cura di), L'architettura di Vitruvio. Una guida illustrata, I, Alinea, Firenze
ampiezza del cono visivo: cogliere nel senso di comprendere. 23 Sarà proprio un pittore interessato all'uomo, Dürer, a renderlo evidente, con un trattato sulle proporzioni umane, dove la tesi principale è che
20 Il modo di porre il problema ha la sua importanza, non solo dal punto di vista della storia della cultura, ma anche per definire il problema. non esistono proporzioni universali, ma queste si diversificano in funzione del sesso, per esempio, e poi delle età, e così via.
21 “[…] trovandosi tutte le cose nel disordine, il dio introdusse in ciascuna in rapporto a essa stessa, e nelle une in rapporto alle altre, delle simme- 24 Ouaknin, M.A., I misteri dei numeri, Atalante, Bologna 2005
trie. E queste erano quanto fosse possibile, e in tutte le cose che potevano comportare rapporti regolari e comuni misure.” (Platone, Timeo, 69b) 25 L’esempio del ponte non è casuale. Tornerà infatti a proposito di Palladio e di Galileo.

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Excurcus storico

Socrate nell'Eupalino. Tra l’altro la consacrazione del portando l'altezza alla larghezza e la larghezza alla Il Medioevo due volte. Gli archi a sesto acuto impostati sui lati della
tempio incide già notevolmente nella scelta dell’ordine lunghezza. Dal canto suo, la simmetria riguarda i "La musica è la scienza del misurare correttamente campata, sono spesso costruiti secondo lo stesso arco di
da adottare: un conto è dedicare il tempio a Vesta, un rapporti tra le parti e l'insieme, così come le parti secondo un ritmo." (S. Agostino) cerchio, e quindi con la stessa curvatura, modificando
altro a Giove. stesse. solo al posizione del centro stesso. Le due curve si toc-
È vero che il tempio greco nasce come per gemmazio- Nel caso dei triliti di Stonehenge, considerati come Il periodo in esame abbraccia un lasso di tempo che va cano quindi in chiave, e l’arco a sesto acuto è la logica
ne da un modulo quantità, e che quindi non fa altro che insiemi primari composti di parti, i due modi di com- dal 313 d.C. al 1492, anche se il XV° secolo appartiene conseguenza del procedimento. [Figg. 4, 17, 18] Il pro-
aumentare e complicare la sua intelaiatura di rapporti, porre misure sono chiaramente distinguibili. Ciascuna già ad un'altra epoca, almeno per quanto riguarda l’Ita- blema, in questi casi, è trovare il centro O degli archi.
ma non credo che Vitruvio sovverta questo modo, quan- delle tre pietre ha un'altezza una larghezza e una lun- lia centrale. Inizia quindi con l'editto di Costantino e Quest’ultimo si posiziona con alcuni passaggi geometri-
to piuttosto che lo integri in un processo leggermente ghezza le cui proporzioni reciproche determinano la con l'affermarsi della religione cristiana. Con quest'ulti- ci che non è il caso di illustrare qui, ma che credo si
più complesso di scomposizione e ri-composizione. forma della pietra. Inoltre, le altezze della pietra oriz- ma si sviluppa anche un'estetica cristiana, nonostante i possano comprendere dalle immagini. Il tratto più affa-
Dovendo comporre all'interno di una data dimensione, zontale e di quelle verticali sono proporzionali all'al- diversi punti di vista tra Oriente e Occidente. scinante è che questi passaggi sono tutti realizzati con
egli divide questa dimensione per un certo numero tezza totale del trilite, mentre la larghezza di ogni Il periodo di tempo considerato è talmente ampio che le misure di quella figura e con pochi archi di cerchio.
intero (la rata pars) e questo diventa il modulo quanti- pietra verticale è proporzionata alla larghezza totale. dal punto di vista architettonico sarebbe possibile iso- Entrambi gli stili (romanico e gotico), hanno fatto della
tativo, numerico, su cui si innesta il modulo oggetto Nel primo caso si ha l'euritmia, che è una corrisponden- lare diversi stili: bizantino, armeno, carolingio, ottonia- geometria e delle proporzioni sia uno strumento di con-
(l'embater). Con questo modulo egli può ricostruire il za formale, mentre nel secondo caso la simmetria, che no, romanico, gotico e per ognuno di essi località geo- trollo e di verifica che un assioma estetico più o meno
tempio, essendo sicuro che “i conti”, alla fine, tornino. è una corrispondenza dimensionale. grafiche dove si è sviluppato più e meglio, fino alla vincolante. Tuttavia non sempre viene mantenuta una
Si consideri come tra l'altro le correzioni ottiche appor- Perciò l'euritmia indica le proporzioni tra differenti maturità, e dove invece è stato appena un episodio spo- rigida maglia di allineamenti: moltissimi esempi pre-
tate agli edifici facciano "saltare" la symmetria come misure d'una singola cosa e la simmetria proporzioni radico. Si impone, anche per l’economia del discorso sentano delle irregolarità, non si sa se intenzionali o
esatta commodularità, ma non le proporzioni. Al propo- tra misure corrispondenti di cose differenti. Inoltre, il che andiamo facendo, una semplificazione e una ridu- meno, all’interno di un’impostazione senza dubbio
sito credo di poter portare a sostegno della mia tesi trilite (in quanto insieme) ha una propria euritmia e zione di tale complessità. Ciò significa ricondurre il regolare28.
anche la discussione sugli "scamilli impares": al centro diviene a sua volta una parte della simmetria di un tutto ad una distinzione, per quanto ci riguarda, sulle La scultura gioca un ruolo importante nella fattura fina-
del basamento del tempio le colonne sono più corte insieme più grande - la demarcazione della cella - che tecniche costruttive e sugli spazi costruiti, ignorando le dell'edificio: sculture, fregi, capitelli lavorati costi-
delle altre. Il fatto che lo siano di poco non impedisce è, una volta di più una parte dell'intero monumento. La per ora l’apparato decorativo superficiale. Il che con- tuiscono spesso l’apparato ornamentale più significati-
che la vera "simmetria", la commensurabilità sia sacri- forma definitiva dell'insieme deriva così da una pro- duce a raffrontare il metodo prevalentemente romani- vo delle chiese del periodo. Tuttavia, tutte le sculture
ficata, ma che sia fatta salva la “proportio”26. gressione di euritmie, alternate a simmetrie, che ini- co di costruire, basato sulla pietra e sul legno, sulla sono subordinate all'impianto architettonico, cosicché
In una concezione tutta intellettuale, le differenze, ziamo con l'euritmia della parte più piccola e fornisco- massa e generalmente sugli archi a tutto sesto (anche le figure si distorcono, abbandonando di fatto le reali
anche minime, da una norma assunta come costitutiva, no con quella dell'insieme più grande. se il romanico conosceva l’arco a sesto acuto), e quel- proporzioni. Si vedano i Taccuini di Villard de Honne-
non possono essere accettate. Le "tolleranze", gli erro- Partendo da un blocco cubico, che avendo i lati di lo gotico, basato essenzialmente sulla pietra, sullo court, (anche se egli è già oltre il romanico), dove le
ri, appartengono alla sfera dell'esecuzione, e non a uguali dimensioni, è privo di euritmia, la forma gia- slancio verticale e prevalentemente sull’arco ogivale. forme geometriche sono applicate all'uomo e agli ani-
quella della concezione dell'opera d'arte. Lo scarto tra cente si sviluppa diminuendone l'altezza e simulta- Non dico ovviamente nulla di nuovo se ribadisco che il mali, formando configurazioni altamente astratte, sim-
la scala ottica e la scala costruttivo-geometrica, di cui neamente aumentandone la lunghezza e la larghezza, gotico si è sviluppato e affermato di più, e coerente- boliche. Riconoscere nelle stelle o nei pentagoni di
i greci si erano subito resi conto, era recuperato da mentre la forma in posizione verticale si trasforma in mente, nel nord dell’Europa, per una serie di ragioni questi autori degli uomini o degli animali non è possibi-
quelle correzioni che Vitruvio chiama, con un termine modo contrario. Per far sì che il volume resti invaria- che qui non è il caso di analizzare, ma che hanno la loro le se non facendo ricorso ad un codice di lettura che
non privo di fascino, temperaturae. to, l'altezza deve cambiare secondo due intervalli importanza27. Straordinaria appare la capacità del goti- forse abbiamo perduto.
Vorrei segnalare un apporto significativo dato da van della scala di misure, rispetto alle due dimensioni co di servirsi di pochi mezzi con estrema efficacia e di Bisogna cogliere qui la differenza tra i due modi, quel-
der Laan (Laan, 1996), monaco benedettino, architet- orizzontali. La scala di misure permette di costruire impostare “a rovescio” il problema dell’intersezione lo greco-romano, e questo, medievale, di collegare
to, per ciò che concerne i concetti di simmetria ed cinque forme distinte, che derivano in successione da delle volte, evitando così difficilissimi problema di geo- strettamente la geometria all'uomo. Il primo parte dal-
euritmia presso i Greci e Vitruvio. una lastra orizzontale a una in posizione verticale, metria descrittiva e di stereotomia. Si tratta cioè di l'uomo, e da questo cerca di dedurre rapporti il più pos-
con il blocco quadrato in posizione intermedia che definire prima la curva dell’intersezione, e poi di sibile precisi e sottili. Il secondo applica e sovrappone
“Dobbiamo fare una chiara distinzione tra due modi esprime la posizione seduta. Quando tali forme ven- costruire le volte. Questa linea d’intersezione è sotto- all’uomo, con un movimento rigido, delle forme geo-
di misurare, che i greci definivano con nomi diversi, gono poste l'una vicino all'altra, si ha tra di esse un lineata dai costoloni, che sono un vero e proprio ele- metriche, alle piante e agli animali. Il processo di ridu-
'euritmia' e 'simmetria', il cui significato ci è stato nuovo rapporto, una sorta di super euritmia, per la mento compositivo, poiché spesso non assolvono a nes- zione a forme semplici, a rapporti geometrici, è porta-
tramandato da Vitruvio. L'euritmia definisce sia le quale i greci usarono il termine thematismos: disposi- suna funzione strutturale e servono essenzialmente a to qui all'estremo dell'intelligibilità.
parti dell'edificio sia l'edificio nel suo insieme, rap- zione ordinata di forme differenti.” [Fig. 21] risolvere esteticamente il giunto tra l’intersezione di Non sembra che fino al 1400 siano venuti alla luce trat-

26 Questa è tuttavia una mia personalissima lettura, messa in dubbio da questo apparentemente anodino passaggio di Quintiliano: “Ma tutto ciò esige
un acuto discernimento, specialmente quando si tratta dell’analogia: termine greco tradotto recentemente in latino con “proporzione”. La sua 27 Rimando al libro di Bechmann (Bechmann,1984), per una visione d’insieme del gotico.
essenza consiste nel riportare un caso dubbio a ciò che è simile e che non solleva alcuna discussione e nel provare l’incerto con il certo” (Quintiliano, 28 La cosa rimane per me misteriosa e affascinante: perché una cultura architettonica capace di creare assoluti capolavori e quindi assolutamente
2001, p. 89) in grado di dominare la geometria si concede il “lusso” di ciò che oggi non possiamo classificare che come errori?

26 27
Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Excurcus storico

tati di particolare importanza sull’argomento propor- la composizione non sono più i quadrati ma i triangoli cedente è uno spazio teologico: teocentrico. Dio è ria. E tale committenza non vi è più: bisognerà aspet-
zioni, o forse sono andati persi. Probabilmente sono esi- equilateri o isosceli. Quest’ultimo trova una plausibile veramente il centro dell’Universo: è il Creatore, la tare l’emancipazione delle corporazioni e delle signorie
stiti dei piccoli manuali specifici, di condotta operati- giustificazione, più che nelle teorie mistiche e cabali- Provvidenza, il Giudice. I migliori filosofi sono tutti o per tornare ad avere delle committenze che possano
va, dedicati ad un argomento particolare. Un esempio stiche, nel fatto che fosse particolarmente facile da quasi tutti da annoverare tra le fila dei religiosi: Spa- competere con i modelli dell’antichità. In ambito archi-
può essere quello che Borsi (Borsi, 1966) riporta in ostruire, in special modo quello equilatero, bastando zio, Cosmo e Dio coincidono. tettonico l’antichità è dunque un mondo muto.
appendice ai suoi appunti sulle proporzioni. Un altro una misura a definirlo. Questi due modi di procedere L’infinito è un concetto pressocché impensabile e se è Il problema del rilievo architettonico non si pone, per
può essere il più noto Taccuino di Villard de Honne- continuarono a sopravvivere anche in età moderna e pensabile lo è solo come attributo di Dio. L’uomo ha diverse ragioni.
court. costituirono una base di calcolo per i costruttori del valore come strumento di Dio. È un mondo pieno di sim- Primo, ammesso che il passato possa essere visto come
tempo; base che fu messa in dubbio solo con Galileo, boli, di codici. “tesauro” da cui attingere, come già detto, non vi sono
Con il medioevo nasce un termine nuovo: compositio, che dimostrò l'importanza del fattore dimensionale a Guardiamo lo spazio architettonico e a come non sia intelligenze tali da poter carpire eventuali insegnamen-
che si riferisce alla bellezza formale della struttura. scapito di quello proporzionale30. oggetto teoretico. Quello che conta sono i corpi, non lo ti. La cultura antica non fornisce nessuno spunto perché
Esso viene usato in origine soprattutto per l'architettu- spazio. Pensiamo alla città medievale, ed alla sua lon- le maestranze sono incapaci di “leggere” la raffinatez-
ra, prima di essere connotato come locuzione essen- È necessario illustrare la differenza tra la "quadratura" tananza con le tavole della città ideale di Berlino. za formale greca e l’arditezza tecnologica romana.
zialmente musicale. Si assisterà, per quanto riguarda antica, poi ripresa operativamente nel Rinascimento, e Se facciamo un parallelo con la pittura, ci rendiamo Secondo, non vi è il problema della manutenzione dei
l'architettura ecclesiastica, ad un conflitto tra compo- quella medievale. Quadratus, ma meglio ancora tetra- conto che le figure affollano spesso il quadro. Da un fabbricati antichi: nessuno ha le possibilità finanziarie
sitio e venustas, tra chi accetterà solo la bellezza data gonos, si riferisce a quantità, superfici o volumi, com- punto di vista dimensionale oggi diremmo che sono per permettersi tali operazioni e anche teoricamente il
dalla struttura della chiesa e chi invece vorrà ornare le posti di quattro parti, corrispondenti a due a due. sproporzionate. Spesso sono organizzate secondo sche- problema verrà posto in maniera chiara solo da Leon
chiese stesse. Nessuno nega più tuttavia che la bellez- Quando pensiamo a quadratus riferendoci alle statue, mi geometrici, e altrettanto spesso secondo schemi ico- Battista Alberti.
za di un edificio debba dipendere dalla geometria. dobbiamo pensare a statue nelle quali le parti del corpo nografici. Le figure appaiono rigide, bloccate, poco Terzo, vi è il problema della trasmissione. La carta e la
"Nella discussione, che ha luogo nel 1398, gli architetti risultano composte da più quadranti che si rispondono espressive: sono eventi religiosi raccontati (le bibbie stampa non sono stati ancora inventati e la pergamena
sostengono che nel definire le strutture di un edificio a due a due, secondo un chiasmo, e formando ciò che i per i poveri) con chiari intenti pedagogici. Spesso non non è il supporto migliore per le operazioni di rilievo.
“non c'è posto per la scienza geometrica; la scienza latini chiamavano aequilibrium. vi è paesaggio, non vi è scena. Le persone sono dispo- Quarto, non sembra vi siano ancora le capacità tecni-
pura è una cosa, l'arte è un'altra” (“scientia geometriae Altro concetto fondamentale è l’associazione stretta ste su un fondo (oro per il gotico, di vari colori su che di rappresentazione adeguate per dei rilievi funzio-
non debet il iis locum habere et pura scientia est unum che si viene a porre tra luce e spazio, ma su questo mosaico). Quel poco di scena che vi è non è né propor- nali. Il rilievo è ancora lontano dall’essere un disegno
et ars est aliud”). Ma l'architetto Mignot, fatto venire lascio la parola a Max Jammer: “Quest’apoteosi della zionata né costruita secondo una prospettiva regolare. ortogonale in scala.
da Parigi, la pensa diversamente: “Ars sine scientia luce divenne una caratteristica fondamentale del tardo Non vi è spazio vuoto: tutto è riempito e le figure devo- Un primo accenno di rilievo architettonico corretto
nihil est”: l'arte senza scienza non è niente. In questa neoplatonismo e del misticismo medioevale. Anche la no tutte entrare nel quadro, nella scena, magari anche comincia ad esservi nei paesi del Nord intorno al
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discussione, gli Italiani rappresentano già la posizione più moderna filosofia naturale del Medio Evo, sebbene deformandosi. Lo spazio vive a spese dei personaggi. 1200 . Tuttavia questo tipo di conoscenza sembra poi
del Rinascimento, mentre il Francese sostiene la conce- ancora antropomorfica a causa della gerarchia di valo- L’antichità classica è dimenticata. Dimenticata, proba- arrestarsi. Lo ritroviamo invece con tutto il suo vigore
zione tipica del medioevo, per cui innanzi tutto l'arte si ri inseriti nella natura, accettò la luce come la più bilmente, con il suo paganesimo. Secoli di incuria e di teorico, in Italia, con l’Alberti.
fonda sulla scienza e in secondo luogo, questa scienza “nobile” entità del mondo. Plotino diede l’esempio depredazione hanno ridotto il fasto delle costruzioni Chiudiamo questo paragrafo con un cenno brevissimo a
è matematica." (Tatarkiewicz, 1979, vol. II, p. 186 ) classificando la luce come la cosa più alta che esistes- greche e romane a rovine: il Colosseo è una cava di tra- Nicolò Cusano, noto soprattutto per il motto “coinci-
L'architetto è un grand géometricien et expert en chif- se. Attraverso i suoi vari gradi ed emanazioni di macro- vertino a cielo aperto. Roma è diventata una piccola dentia oppositorum”, che è uno dei personaggi che si
fres (Tatarkiewicz, ivi). Egli innalza i suoi edifici basan- cosmo formò un’unità coerente ed organica. La luce è città basata su un’economia agricola. Il papato stesso emancipa in anticipo dalla concezione aristotelica dello
dosi su griglie e leggi geometriche, dimensionando in il mezzo mediante cui l’ordine universale viene mante- ha preferito emigrare (per qualche tempo). Anche la spazio.
questo modo sia la pianta che le sezioni. I procedimen- nuto. Nella sua più pura realtà la luce è divinità. Secon- cultura tecnica è andata persa. I templi, i palazzi, non “Il rifiuto di una gerarchia di valori spaziali è la logica
ti più conosciuti sono due: lo sviluppo ad quadratum e do San Bonaventura, Dio è “spiritualis lux in omni moda forniscono nessuna indicazione alla tecnologia trecen- conclusione di un principio più generale che Cusano
quello ad triangulum. Lo sviluppo ad quadratum è actualitate”. Le teorie che identificano lo spazio con la tesca. Tra l’altro la trasformazione fisica del territorio presenta nella sua Docta ignorantia: a chiunque, in
molto semplice, almeno nella sua rappresentazione, luce sotto l’influenza del neoplatonismo e del mistici- (l’edilizia, soprattutto), è lasciata in mano alle mae- qualsiasi parte dei cieli, sembrerà di essere il centro
poiché non è altro che uno sviluppo di quadrati succes- smo religioso hanno perciò un carattere essenzialmen- stranze, dove forse spicca qualche capomastro di valo- dell’universo. Questa affermazione, nella misura in cui
sivi, l’uno dentro l’altro, ruotati di 45°, che lega e defi- te teologico.” (Jammer, 1966, p. 41) re, ma dove il talento individuale rimane imbrigliato in vi è implicata la simmetria sferica dello spazio, è evi-
nisce la costruzione nelle sue parti più importanti29. Lo spazio (ma a questo punto direi il mondo), che il una visione collettiva. Le grandi costruzioni, sulla scor- dentemente una rudimentale formulazione del cosid-
Analogo è lo sviluppo ad triangulum, dove ad ordinare tardo Trecento eredita dall’elaborazione filosofica pre- ta di quelle antiche, sono possibili solo a fronte di una detto «principio cosmologico» della scienza moderna.”
committenza capace di altrettanta capacità finanzia- (Jammer, 1966, p. 77)

29 Anche se alcuni indicano con lo sviluppo ad quadratum il semplice accostamento di due o più quadrati, che formano quindi, nei casi più comples-
si, delle griglie.
30 Una casa di 10 m. di altezza non può avere le stesse proporzioni di una di 100, tanto per banalizzare l'assunto. Rimando comunque al testo di Di
Pasquale (Di Pasquale, 1996) per un’analisi precisa del problema. 31 James S. Ackerman, Architettura e disegno. La rappresentazione da Vitruvio a Gehry, Electa, Milano 2003, pp. 29 e seguenti

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Excurcus storico

L'Umanesimo l’informazione selezionata con i ricordi immagazzinati, irrazionali diffusi nella teoria della proporzione rinasci- non è più quello ottico-percettivo, ma un’infinità in
"La convinzione che l'Architettura sia scienza, e che cia- genera l’immagine visiva, con un procedimento molto mentale. È indicativo tuttavia che l'Alberti, nel suo atto.
scuna parte, all'interno come all'esterno, debba inte- simile a quello messo in atto da un artista. […] trattato, illustri la costruzione di alcuni poligoni rego- “[…] Nonostante l’afflato mistico, questa concezione
grarsi in un unico e identico sistema di rapporti mate- Proprio a partire da questa scoperta (anche se non solo lari escludendo il pentagono, il cui apotema (il raggio dello spazio è già quella che più tardi verrà razionaliz-
matici può essere definito l'assioma fondamentale degli da essa) e dalla serie di riflessioni che ne sono scaturi- del cerchio inscritto) è incommensurabile con i lati, zata da Cartesio e formalizzata nella teoria kantia-
architetti rinascimentali." (Wittkower, 1994, p. 101)32 te, siamo giunti all’idea che la visione è una ricerca essendo in rapporto aureo. na.”35
Nell'Italia pre-rinascimentale si assiste ad un rinnovato sostanzialmente attiva dei dati essenziali.” [Zeki, Alberti e Palladio faranno uso di queste proporzioni, La scoperta dell’infinito da una parte e la necessità di
interesse per i concetti di ordine e misura. Molti intel- 2003] anche se in maniera diversa. Il dato comune è che que- ricondurre tutto al corpo umano pone una difficoltà in
lettuali si mettono con dedizione a studiare le proprie- Lo spazio prospettico presuppone uno spazio omoge- sti rapporti, o proporzioni, sono basati su quantità com- più alle teorie umanistiche. Come coniugare la res
tà dei numeri e della geometria. L'armonia geometrica neo, che abbia le stesse proprietà in tutti i punti, cosa mensurabili e su numeri piccoli. Il motivo dei numeri extensa con l’uomo? Anche qui mi sembra di poter rin-
del mondo diventa un concetto fondamentale. La pro- che lo spazio medievale, ancora tutto gerarchizzato e piccoli ritengo possa spiegarsi con il fatto che la mente tracciare nelle proporzioni uno degli strumenti concet-
porzione e la matematica prendono in definitiva il sensistico, non poteva fare. La prospettiva brunelle- umana percepisce e conosce "per differenze". Il rappor- tuali più forti. Nell’Umanesimo tutto diventa rapporto,
posto della luce, della claritas, del medioevo come schiana-albertiana non è l'unica possibile, né sembra to di 2 a 3 è percepibile: si "sente" la differenza tra il proporzione, armonia.36Le proporzioni sono il legante
manifestazione divina. La conoscenza per mezzo dei fosse l'unica conosciuta nel Quattrocento, tuttavia è la due e il tre, mentre la differenza tra 18 e 19 non è più tra uno spazio illimitato e la finitezza (ma anche la per-
sensi è imperfetta, ed ecco perché si va alla ricerca dei più lineare. Essa non è la risultanza esatta della nostra avvertibile. Probabilmente il rapporto di 8 a 9 è l'ulti- fezione) umana. L’uomo, infatti, è ad immagine di Dio.
mo che possa percepirsi con chiarezza e corrisponde Le proporzioni sono l’unico modo per rendere finito
princìpi, delle armonie, di ciò che deve governare l'U- visione, quanto piuttosto una costruzione scientifica.
musicalmente ad un tono. l’infinito e per renderlo misurabile, intelleggibile.
niverso in maniera semplice e potente allo stesso Non interessa il rapporto tra la cosa vista e l'occhio, ma
Ritengo che l’Umanesimo compia un salto straordinario “Quelle cose, dunque, che sono finite, circoscritte e
tempo. La distanza (ancora tutto retaggio di un Plato- tra la rappresentazione della cosa vista e l'occhio.
rispetto alla cultura precedente facendo propri due rappresentate con figure, possono anche essere com-
ne letto a proprio uso e consumo), tra la verità mate- Per gli umanisti la bellezza è un bene, e dipende dalla
concetti radicali: uno, che l’infinito è possibile; due, prese dalla mente” (Harmonices Mundi Liber V, Keple-
matica-geometrica e la falsità dei sensi, dell'arte, della giusta disposizione e dalla proporzione. Le arti figurati-
che l’uomo può essere messo legittimamente al centro ro)37
pittura, viene colmata proprio matematizzando la rap- ve sono tra le più nobili attività dell'uomo, sebbene la
del mondo.
presentazione. Il Quattrocento non rinnega il contribu- poesia resti ancora in posizione privilegiata. Ovviamen-
Tutto nasce con una rinnovata fiducia nell’uomo e nelle Intorno al 1400 avviene un fatto importantissimo, una
to dei sensi rispetto alla conoscenza intellettuale, ma te le arti e la poesia sono rette da principii e da rego-
sue potenzialità. L’uomo è al centro della scena e agi- cesura epistemologica: l’architettura passa da discipli-
lo pone in una posizione diversa da quella che aveva le. L'imitazione, fondamento dell'arte, non viene più
sce. Le sue produzioni intellettuali (l’arte) diventano na costruttiva ad oggetto teoretico, speculativo. Con
durante il Medioevo. Occorre uno sforzo di consapevo- intesa come imitazione della natura, ma come imitazio-
valori da difendere e da valorizzare. Il mondo viene in l’Umanesimo l’architettura si affranca e diventa arte
lezza storica per comprendere il grande salto fatto dal- ne di modelli antichi, già a loro volta frutto di una idea-
qualche modo de-teologizzato. liberale: l’emancipazione avviene attraverso il calcolo,
l’Umanesimo e dal primo Rinascimento italiano. lizzazione e tipizzazione della natura.
La percezione della possibilità di uno spazio nuovo la musica, le proporzioni. L’artefice di punta sembra
Forse noi diamo per scontato di aver sempre vissuto in Pacioli scopre le proprietà del numero d'oro: Ø34. Nel
porta ad una nuova rappresentazione dello spazio. È la essere Brunelleschi, sebbene la sistemazione teorica
questo spazio, che abbiamo sempre pensato lo spazio suo libro la chiama De Divina Proportione. È il numero teorizzazione e concettualizzazione di uno spazio completa sia data dall’Alberti.
così come è pensato adesso, che se ne è data sempre la che scaturisce dal rapporto tra un segmento e una sua nuovo che porta alla prospettiva. L’architettura c’era anche prima del 1400, è ovvio. Ma,
stessa rappresentazione. Non è così. Lo spazio trecen- parte rimanente. La formulazione matematica forse più È il rapporto dell’uomo con l’universo che porta alla a parte Vitruvio (che comunque compila un manuale),
tesco è diverso dal nostro. E diversa, diversissima è la semplice è questa: nuova spazialità. L’Umanesimo postula l'esistenza di non risulta che l’architettura fosse stata oggetto di una
rappresentazione che se ne dà.33 “Noi oggi interpretia- i:x=x:(x-i), dove i è il segmento intero, x una sua parte una forma umana perfetta, di una proporzione perfet- teoria, prima di allora. Degli antichi testi di cui parla
mo la visione come un processo attivo in cui il cervello, maggiore. Pacioli descrive tredici effetti (oggi le chia- ta, calcolabile quindi matematicamente. Alcune di Vitruvio possiamo purtroppo solo fantasticare. I manua-
nella sua ricerca di conoscenza del mondo visivo, opera meremmo proprietà) di questa proporzione. [Fig. 24] queste proporzioni, dette naturali, vengono riscontrate li e le conoscenze che si tramandano oralmente sono
una scelta tra tutti i dati disponibili e, confrontando Per quanto ne sappiamo, √2 e Ø sono gli unici numeri nel corpo umano, ed a queste proporzioni ci si deve volte al fare, al buon fare. Le poche nozioni estetiche
attenere, anche nell'architettura. sono ricondotte anch’esse nell’alveo della buona prati-
Lo spazio non è più nemico dei corpi, ma è correlato a ca costruttiva.
questi. Spazi e corpi sono ora legati in un sistema di Che cosa fanno invece Brunelleschi e poi Alberti?
32 Si noti come questa citazione sia un po’ in controtendenza rispetto a quanto riportato da Tatarkiewicz poco prima.
33 Non
relazioni reso intelleggibile dalle proporzioni. Lo spazio Pongono una distanza: qui c’è l’architettura, oggetto
ho le competenze per fare qui una disamina completa del concetto di spazio dal mondo greco ad ora, né rientra tra gli obiettivi di questo
scritto. Rinvio ai testi di Max Jammer, di Bettini, di Panofsky e di Wittkower per gli approfondimenti del caso: Bettini, S., Lo spazio architettonico
da Roma a Bisanzio, Dedalo, Bari 1978
Jammer, M., Storia del concetto di spazio, con una premessa di Albert Einstein, Feltrinelli, Milano 1966
Panofsky, E., La prospettiva come "forma simbolica" e altri scritti, Feltrinelli, Milano 1993 35 Erwin Panofsky, La prospettiva come “forma simbolica”e altri scritti, a cura di Guido D. Neri, con una nota di Marisa Dalai, Feltrinelli, Milano
- , Idea. Contributo alla storia dell’estetica, La Nuova Italia, Scandicci 1952 1993, p. 71
Wittkower, R., Idea e immagine. Studi sul Rinascimento italiano, tr. it. Giulio Einaudi, Torino 1992 36 Si veda, oltre a tutti gli autori già citati, Michael Baxandall, Pittura ed esperienze sociali nell’Italia del Quattrocento, a cura di Maria Pia e
Contiene, rivisto ed ampliato, il famoso saggio The changing concept of proportion pubblicato con il titolo di Il mutevole concetto di proporzione, Piergiorgio Dragone, Giulio Einaudi, Torino 2001, p. 91
- , Principii architettonici nell'età dell'Umanesimo, Einaudi, Torino 1994 37 Si confronti il passo citato con questo: “Io chiamo “geometriche” le figure che son tracce dei moti che possiamo esprimere con poche paro-
34 Fu chiamato sectio aurea solo in seguito, da Leonardo. le”, in Paul Valéry, Eupalino o l’architetto, Edizione Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 1988, p.39

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Excurcus storico

destinato anche alla speculazione intellettuale; lì, l’e- cimenta la propria perizia in una serrata competizione tracciato è regolatore o costruttivo: non si danno altre Il suo spazio è isotropico, ed è proprio questa isotropia
dilizia. Lo strumento principe è il disegno, che governa con la natura: più riesco ad esserle simile, più è confer- possibilità. Brunelleschi introduce nel cantiere un che gli consente di rappresentare, con esattezza, la
la costruzione ed il cantiere. mata la mia potenza creativa. Attraverso le arti posso modulo unico, valido per la struttura, per la forma e terza dimensione sul piano della piramide visiva. Rap-
Questo disegno astratto, sintetico, permette di fare le costruire e percorrere tutti i mondi, anche quelli scom- per i dettagli. Questa è una grande innovazione tecno- presentare lo spazio su due dimensioni è possibile in
cose a distanza, alla giusta distanza, permette di ritrar- parsi o immaginari.” (Torsello, p. 65) logica, rispetto al cantiere medievale. Quindi possiamo vari modi, ma solo la costruzione legittima della pro-
re la realtà, di replicarla (la Tavoletta del Battistero). Alberti è il primo ad usare il termine composizione, per scartare quei tracciati che non soddisfano né un crite- spettiva permette di farlo con esattezza: lo spazio
La prospettiva appare come supremo paradosso: è indicare una sistemazione armonica di vari elementi nel rio né l’altro. Guardiamo (uno tra tanti), questo sche- costruito e quello rappresentato tornano ad essere
oggettiva perché riesce a ricreare un reale talmente dipinto, e desume il termine dalla critica letteraria e ma [Fig. 25] che dovrebbe illustrare le proporzioni di S. legati da un’unica misura.
vero da ingannare (la tavoletta del Battistero), e, allo dal termine compositio. Lorenzo. La linea verticale sulla destra non segna nes- La perizia geometrica di Brunelleschi appare in tutta
stesso tempo, è soggettiva, perché necessita di un Il piano figurativo è lo strumento che consente la nar- sun punto importante lungo tutto l’alzato. Gli archi di evidenza nell’escamotage elaborato per tracciare il
punto di vista, di un uomo, quindi. razione nello spazio e nel tempo e la prospettiva linea- misura 1 nascono a filo di un muro o di una parasta e si sesto della Cupola40 così come l’intelaiatura di S. Spiri-
Con il disegno in prospettiva non solo disegno lo spazio, re è la tecnica che consente di ottenere questo control- ritrovano a cadere poi nell’interasse della parasta mag- to o di S. Lorenzo.
ma le dimensioni dei corpi. lo assoluto. giore. Sulla sinistra, in verticale, gli archi di misura 1 Occorre distinguere tra proporzionamento brunelle-
“Nel sistema prospettico si ottiene la possibilità di con- partono da sotto l’architrave dell’ordine minore e col- schiano e albertiano-palladiano.
trollare razionalmente lo spazio: ad esempio dalla dimi- Brunelleschi limano un punto sopra l’architrave dell’ordine maggio- Se possiamo azzardare un’ipotesi, il modo brunelle-
nuzione della dimensione è possibile dedurre la distan- Negli anni a ridosso del 1400 Brunelleschi, Donatello e re. Tutta la critica parla di rapporti di radice di due, schiano è molto “strutturale”, e la sua griglia si basa
za, un punto può rappresentare il punto di incontro di poi Alberti vanno a Roma. Ma perché? A fare che? La sezione aurea e quant’altro, ma di fatto noi vediamo probabilmente sugli interassi degli elementi che com-
due rette all’infinito, in altre parole rappresentare l’in- domanda non deve sembrare retorica. Occorre proiet- dei rapporti piuttosto semplici, e a volte dei rapporti pongono la sua rete. Quello albertiano-palladiano, più
finito in modo finito. La conseguenza più importante e tarsi nel 1400 e chiedersi il senso di questo viaggio, di che non sono musicali, che non sono armonici nelle sue interessato alle masse murarie, ritengo si basi sulle
fondamentale è che la realtà non è più un inventario di questo Grossreise anticipatore. opere. misure nette dell’ambiente, sulla successione di
cose, ma un sistema di relazioni; tutto visto (conosciu- A recuperare le grandi idee architettoniche, il senso Con Brunelleschi la misura rinascimentale è simbolo ambienti, alla maniera romana41. Guardiamo per esem-
to) per rapporti proporzionali; la conoscenza avviene delle idee architettoniche, il tema, il soggetto princi- della fiducia nell'Uomo e supera in ciò quella medieva- pio questo disegno attribuito da Howard Burns a Leon
“per comparatione” (Alberti)”38 pale: lo spazio. A recuperare la capacità e la genialità le, mistica ed indefinita allo stesso tempo. Brunelleschi Battista Alberti.[Fig. 26]
Riporto questo denso passo di Fanelli per due motivi. Il costruttiva e tecnologica. opera con pochi elementi linguistici (colonne, archi, Da un rapido esame delle sue opere è chiara la predile-
primo è che coglie nel giusto quando dice che la pro- Per quanto ne so, Brunelleschi è il primo ad andare a architravi) e modulando il tutto attraverso la bicromia zione di Brunelleschi per l’arco a tutto sesto. Perché
spettiva permette di passare dall’infinito al finito. Il Roma e il primo a fare del rilievo dell’antico uno stru- pietra-intonaco. Le modanature colorate servono spes- non l’arco a sesto acuto? Occorre ribadire anche in que-
punto di fuga rappresenta infatti la padronanza, tutta mento di conoscenza. È il primo a porsi davanti al so, all’interno di una costruzione spaziale, a simulare sto caso la domanda, a prescindere dalle sue implica-
concettuale, dell’infinito. monumento con delle domande. Con lui credo possa un’altra struttura, tutta simbolica, ma coerente (cfr. zioni storiche o semantiche. Perché il tutto sesto? Per-
Il secondo è tuttavia per suggerire un rovesciamento: dirsi nasca il rilievo critico, selettivo, come dirò meglio Trachtenberg, 1996). Potremmo parlare di una sorta di ché il tutto sesto misura. Il cerchio misura in alzato ed
non è a causa della prospettiva che la realtà non è più più avanti. illusionismo strutturale per poterlo contrapporre a in pianta. L’arco a tutto sesto è quindi un compasso.
un elenco di cose aventi valore in sé, ma il contrario: Brunelleschi torna da Roma con dei temi spaziali straor- quello visivo del Bramante a San Satiro. La realtà, fatta L’arco a tutto sesto consente di ricostruire mentalmen-
poiché la realtà non è più un elenco di cose, che dun- dinari, con una conoscenza tecnica superiore (di di materia, si trasfigura nell'idea. Ecco l'importanza te lo spazio. L’arco a tutto sesto ha la funzione che
que si può rappresentare come sistema di relazioni, di molto), ai suoi possibili concorrenti, con (probabilmen- della tecnica, che riduce ogni tensione, ogni gravità, hanno le scacchiere nei pavimenti dei dipinti coevi. Se
rapporti39. Rapporti collocati precisamente nello spa- te) l’idea di un modulo che renda tecnologicamente che permette, infine, come dice Leoncilli Massi, di pensiamo che San Lorenzo era prevista (si suppone),
zio, ma anche nel tempo. superiore il cantiere, con gli elementi sintattici per un ricondursi al piano. Come rappresentare lo spazio (la con volta a botte42, ci rendiamo conto che l’effetto di
“Con Giotto, il processo è compiuto e se ne apre un linguaggio architettonico nuovo. È in grado di padro- profondità) in maniera chiara? Su due dimensioni. Lo tutta questa macchina fatta di perfette relazioni mate-
altro di portata rivoluzionaria. La scena indica chiara- neggiare tecniche di rappresentazione innovative, è spazio vuoto diventa uguale a quello costruito, integra- matiche avrebbe dovuto essere maestoso.
mente un “altrove” spazio-temporale rimarcato dalla dottissimo in matematica. Tutto è pronto per i suoi to tramite rapporti matematici. È il nesso delle cose, il In Brunelleschi tutto è connesso, ha un “medio” propor-
presenza di un paesaggio che rinvia ad altro dal “qui”, exploits. loro ordine, la valenza che possono conseguire in que- zionale. Quali sono gli elementi che Brunelleschi usa
mentre i personaggi non si attardano ad osservarci, Purtroppo nulla di fondamentale abbiamo su un suo sto ordine, e non la materialità, che conta. Lo spazio per creare lo spazio? Gli elementi fisici sono ovviamen-
assorti nello svolgimento del dramma. L’evento poi contributo teorico. Le uniche analisi che possiamo fare brunelleschiano è omogeneo: si è depurato da tutte le te le colonne, i muri, le cupole, i fregi. Ma questi ele-
appartiene al remoto, perché rimanda ad un tempo sono quelle sulle sue opere: occorre quindi la cautela interferenze psicologiche e mistiche di cui lo spazio menti vivono solo in virtù dei rapporti che intrattengo-
diverso dall’“ora”. Prende avvio una stagione nella che ricordavamo in apertura. Possiamo tuttavia affer- medievale ancora risentiva in maniera troppo intensa. no tra di essi. Lo strumento concettuale è ancora la
quale la creatura si fa creatore di spazi e di tempi, e mare con ragionevole certezza che in Brunelleschi il

40 Così come descritto da Massimo Scolari in una scheda del catalogo sul Rinascimento (Millon e Magnago Lampugnani, 1994).
41 Guardiamo per esempio questo disegno attribuito da Howard Burns a Leon Battista Alberti, che riprendo più tardi nel paragrafo dedicato
38 Giovanni Fanelli, Firenze architettura e città, Mandragora, Firenze 2002, p. 166 all’Alberti.
39 Si veda, in questo senso, anche Pierre Francastel, in Lo spazio figurativo dal Rinascimento al cubismo. 42 San Lorenzo. 393 - 1993. L’architettura. Le vicende della fabbrica. Alinea, Firenze 1993, a cura di Gabriele Morolli e Pietro Ruschi

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Excurcus storico

proporzione: unico strumento capace di istituire rela- Le aree sono una delle sei categorie costitutive della era servita per elevare l'architettura, attraverso il nelleschi ed Alberti. Anche Alberti va a Roma e misura
zioni comprensibili. Lo strumento rappresentativo è, res aedificatoria. Le altre cinque sono: l'ambiente, la numero, al rango di arte liberale. Era servita per dare e rileva tutti i maggiori monumenti che possono inse-
ancora una volta, il disegno nel piano. Solo il disegno suddivisione, il muro, la copertura, l'apertura. Le aree agli architetti un fondamento teorico a quella che fino gnargli qualcosa. Ma mentre Donatello torna con un
nel piano figurativo consente di misurare e proporzio- medie sono consonanze delle aree corte; le aree lunghe ad allora era considerata arte meccanica, cioè inferio- repertorio formale, Brunelleschi con la conoscenza tec-
nare. sono consonanze delle aree medie e quindi delle aree re. Anche nel caso dell’Alberti vorrei ribadire l’accor- nica ed intima di quel repertorio, è Alberti che torna
corte. Le aree corte sono armoniche in sé, e cioè sono tezza che occorre nell’applicare alla sua architettura. con una riflessione più profonda sull’architettura roma-
Alberti costituite da rapporti musicali. [Fig. 28] I rapporti tra Riporto qui [Fig. 32] l’immagine del Tempio Malatestia- na come culmine di un processo culturale. Con Alberti
Per parlare delle proporzioni in Alberti dobbiamo fare le aree sono rapporti armonici, anche quando il rappor- no di Rimini preso dalla copertina di una famosa mono- nasce il rilievo poetico. Brunelleschi non si pone il pro-
un inciso su come egli intendesse probabilmente il to tra i lati non è tale. Questa generazione di rapporti grafia. Il quadrato maggiore, di base, in realtà non è blema culturale del rapporto con Roma: tutto è risolto
numero, e cioè come forma. Alberti si riallaccia a tutta e di consonanze tra aree permetteva ad Alberti di pro- molto significativo riguardo agli allineamenti verticali: nella meravigliosa capacità tecnica e nella modularità,
la cultura greca del numero come gnomone. [Fig. 27] porzionare anche la terza dimensione. [Fig. 31] Esiste non definisce il filo netto interno degli archi laterali, ma certo ha ragione Giorgio Grassi a dire che nulla è più
Già dai tempi di Pitagora i numeri erano chiamati qua- poi una serie prediletta da Leon Battista Alberti, che dà non dice nulla rispetto agli oculi. Il ribaltamento della lontano da Roma che le colonne slanciate di San Loren-
drati, poligonali, triangolari secondo la forma che defi- luogo ad una successione di numeri interi, e che si basa misura rimanente tra il quadrato centrale e la parte di zo. Santo Spirito è lontano da Roma, così come Palazzo
nivano. Il termine latino "numerus" traduceva sia "arith- sull’alternanza di una sesquialtera con una sesquitertia sinistra, sulla sinistra, non collima nessun punto signifi- Pitti.
mos" (numero) che "rithmos" (forma, modello). (1/2 e 1/3). cativo (è abbondantemente al di sotto del capitello
I numeri preferiti dall'Alberti, nel solco della tradizione Infatti, la sesquialtera (uno e un mezzo) è una serie sulla parete). Sempre sulla sinistra, l’arco che raddop- Palladio
platonica, sono il sei e il dieci, che tra l'altro contengo- numerica in cui il numero seguente è dato dalla somma pia la misura sottostante, collima la prima fascia del- La storiografia colloca Palladio nel Rinascimento, anche
no anche i propri addendi (1, 2, 3) e (1, 2, 3, 4), e nel del precedente con la metà dello stesso (4, 6, 9, l’architrave, mentre quello sotto si ferma alla sommità se non è affatto una classificazione anodina, perché se
caso del sei, anche i propri divisori. Inoltre il sei, l'esa- 13.5...). La sesquitertia (uno e un terzo) è data dalla del capitello. è indubbia la sua passione per l’antichità e la sua “ten-
gono, è una figura bellissima in quanto il raggio del cer- serie in cui un numero e il precedente differiscono per Si legga, in parallelo, questo passo dell’Alberti, nel De sione” classica nelle più riuscite composizioni, è altret-
chio che lo circoscrive è uguale al lato dell'esagono un terzo (9, 12, 16, 21.33...). Dalla combinazione di Re Aedificatoria: tanto indubbio che, specialmente nell’ultimo periodo
stesso. una sesquialtera e di una sesquitertia derivano le duple “Se l’altezza delle pareti è esagerata, si faranno aderi- della sua attività, si prenda talmente tante licenze dal
L'innovazione dell'Alberti rispetto a Vitruvio è che un (2, 3, 4, 6, 8, 12, 16...), formate da numeri interi. re ad esse delle cornici, o vi si dipingeranno delle linee punto di vista stilistico da meritarsi delle aspre critiche
rapporto semplice viene visto come coesistenza di più Alberti indica anche un altro modo di dimensionare gli divisorie, onde a determinati livelli tale altezza venga da parte di Milizia. [Fig. 34]
rapporti, di altri rapporti, ma sempre secondo interval- ambienti, basato sulla geometria, sulle radici e sulle scompartita. Se invece una parte è troppo estesa in lun- Secondo Wittkower, la concezione palladiana della pro-
li musicali. Per esempio, il rapporto di 4:9 può essere potenze, e quindi con quantità incommensurabili. ghezza, si erigeranno dalla sommità alla base delle porzione, come quella di tutti gli architetti rinascimen-
visto come espressione di due rapporti: 4:9 = 4:6 più Rimando comunque al saggio di Maria Karvouni, pubbli- colonne, non troppo vicine tra loro, bensì piuttosto tali, si basa sulla commensurabilità dei rapporti. Palla-
6:9. cato nel catalogo della mostra dedicata ad Alberti, distanti. In questo modo lo sguardo potrà fermarsi e dio usa sempre le tre proporzioni già menzionate prima
La sesquialtera (uno e un mezzo) è una serie numerica tenuta a Mantova nel 1994, per l'esposizione analitica riposarsi, quasi offrendoglisi dei luoghi di sosta ove (aritmetica, geometrica, armonica). Attraverso queste
in cui il numero seguente è dato dalla somma del pre- del procedimento. Non si deve però pensare ad un posarsi ed essere così meno infastidito dalla vastità del- proporzioni egli dimensiona gli ambienti anche in alza-
cedente con la metà dello stesso (4, 6, 9, 13.5...). La Alberti come ad un intransigente. Vero è, infatti, che l’ambiente.” (Libro Decimo, Cap. XVII) to. La novità del Palladio sta nel fatto che egli usa que-
sesquitertia (uno e un terzo) è data dalla serie in cui un egli non nega affatto la possibilità di ricorrere a delle Come si vede, l’Alberti è distante dall’uomo intransi- sti rapporti per integrare un intero edificio e non per le
numero e il precedente differiscono per un terzo (9, 12, "correzioni" ottiche laddove ne se senta la necessità, gente e eccessivamente rigoroso e freddo che se ne può singole stanze [Figg. 35, 36] o facciate come si ritiene
16, 21.33...). Dalla combinazione di una sesquialtera e anche se queste sono calcolate, sebbene con un certo avere. Si veda questa ricostruzione del San Sebastiano si facesse in precedenza. Usa le proporzioni vedendole
di una sesquitertia derivano le duple (2, 3, 4, 6, 8, 12, margine di elasticità. Valga per tutti questo passo: “Le [Fig. 33] o quelle del S. Andrea a Mantova per capire (e come ‘dense’, cioè come potenzialmente ottenibili
16...), che tra l'altro hanno anche il pregio di essere aree quadrilatere esigono una diversa altezza delle non poteva essere altrimenti), la completezza dell’Al- attraverso altri rapporti secondari. Esempio 16:27 (che
formate da numeri interi. pareti, secondoché siano coperte a volta ovvero a tra- berti. non è in sé un bel rapporto) = 16:24 + 24:27, e cioè 2:3
Non tutti i rapporti numerici danno luogo ad accordi vature; inoltre negli edifici più grandi occorre regolarsi Non è questa la sede per evidenziare la portata del + 3:4. I rapporti vanno visti in sequenza di due, tre,
musicali. Alcuni rapporti darebbero luogo a quelle che diversamente che in quelli di piccole dimensioni, poi- trattato albertiano e la sua radicale alterità rispetto a quattro e non presi singolarmente. Non solo questo è un
oggi chiameremmo "dissonanze". ché non è identica in questi e in quelli la proporzione quello vitruviano: basta ricordare qui che il trattato è modo di pensare “musicale”, alla quale interessa
L'altra grande idea dell'Alberti è di istituire i rapporti delle distanze tra il centro dei raggi visivi e il limite scritto in latino ed è privo di figure. Il trattato albertia- appunto il rapporto che si stabilisce tra note susseguen-
non tra i lati, ma tra le aree (piani) di un ambiente. dell’altezza visibile.” (Libro Nono, Cap. III) no è allora un testo compositivo per antonomasia: nes- ti, ma è una caratteristica tutta palladiana quella di
L'Alberti distingue tre tipi di piante (areae): piccole Deve essere chiaro comunque che gli architetti non suna figura, nessun ricettario: solo principi. Il “Pensai comporre spazi in successione, probabilmente frutto di
(areae corte: 1:1, 2:3, 3:4), medie (areae medie:1:2, volevano, sic et simpliciter, tradurre la musica in archi- et congettai” albertiano risuona lungo tutte le pagine. una lettura attenta delle antichità romane.
4:9, 9;16) e grandi (areae lunghe: 1:3, 3:8, 1:4). [Figg. tettura. Certo, anche Alberti è convinto che gli stessi Il resto, il risultato formale attiene all’architetto Ricordiamo, sempre sulla scia del Wittkower, che Palla-
28, 29, 30] Le aree di queste piante nascono concet- numeri che danno piacere all'orecchio possano dar pia- costruttore, alle contingenze della singola opera, alla dio usò anche rapporti assai strani, tipo 6:7 e 28:43.
tualmente tutte dal quadrato: l'unisono. cere alla vista, tuttavia va considerato anche la musica committenza. Bisogna operare una distinzione tra Bru- Possiamo però trovare delle giustificazioni a questi rap-

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Excurcus storico

porti particolari. Il primo è che dobbiamo ricondurre a quello centrale, privilegiando la vista frontale dell'e- zionato col precedente: “Questa divisione consiste nel rata dagli Illuministi. Milizia afferma che l'occhio non è
l'opera del Palladio all'interno di un secolo nel quale la dificio ed una ipnotica simmetria bilaterale. dividere, per esempio, una colonna in 4 parti uguali, ed uno strumento di grande finezza, e che se variassimo di
teoria musicale si era andata fortemente sviluppando, La tecnica del disegno ortogonale consente anche una assegnarne una al cornicione. Si divide poi il cornicio- poco le misure perfette di un edificio, non ce ne accor-
fino ad includere rapporti, come la sesta maggiore certa “ambiguità del segno” che stimola la creatività. È ne, per esempio, in 12 altre parti uguali, 4 delle quali geremmo, e che la bellezza (seguendo Perrault) dipen-
(3:5), la terza minore (5:6), la terza maggiore (4:5), la possibile immaginare cioè diverse variazioni su un unico si danno all'architrave, 3 al fregio e 5 alla cornice; e de dall'abitudine, e non da una ragione intrinseca delle
sesta minore (5:8), la decima maggiore (2:5), la decima tema “di fondo”, allontanando o avvicinando le parti così in appresso suddividendo finché si trovano le più proporzioni.
minore (5:12), l'undecima (3:8), ed altre ancora, che laterali di un edificio rispetto ad una parte frontale piccole parti.” (Milizia, 1847, p. 37)46 L'euritmia è per Milizia corrispondente alla nostra sim-
l'armonia pitagorica aveva fin lì escluso. Concatenare presa come inamovibile. Il perché di questo modo di calcolare è spiegato dallo metria speculare, mutando anche qui il significato e la
gli ambienti gli uni agli altri portava a rapporti di que- Penso alla preferenza palladiana per il piano (vera e stesso Milizia: è più facile lavorare con gli operai, non definizione che ne dava Vitruvio. Essa, secondo Milizia,
sto tipo, che non erano forse proporzionali in sé, ma propria idiosincrasia) nel disegno, sia in fase di rilievo sempre si hanno i moduli in un edificio, è più facile ci piace perché ci fa scoprire subito il tutto nell'ogget-
che nascevano per necessità logica dal sistema di gem- che in quella di nuova concezione. L’oggetto è descrit- adattare il tutto ad eventuali correzioni "ottiche" e così to, risparmiandoci la fatica di un'astratta concettualiz-
mazione. to attraverso viste piane, attraverso una sequenza e, a via. Questo modo di procedere non è nuovo, e Milizia zazione. Se però vi è bisogno di euritmia, vi è anche di
Palladio tendeva ad integrare proporzionalmente l'inte- volte, anche attraverso una compenetrazione simulta- stesso raccomanda, ove possibile, di usare i due proce- varietà, poiché altrimenti si muore di noia. Questo non
ro edificio, e quindi a vincolarlo in una rigida griglia di nea di pianta e alzato44. [Figg. 30, 30.1] dimenti insieme, operando con il modulo laddove vi significa confusione e capriccio. Gli ornamenti devono
rapporti tutti in relazione tra essi. “Ma le stanze gran- Ritengo che nella storiografia del Palladio venga data sono degli ordini architettonici, e con la divisione per essere disposti con chiarezza, e le cose variate devono
di con le mediocri, e queste con le picciole deono esse- scarsa importanza alla sua formazione giovanile di lapi- parti altrove. essere comprensibili, in modo che si possano guardare
re in maniera compartite, che (come ho detto altrove) cida, mentre da questa potrebbero venire momenti di “La simmetria è una proporzionata quantità di misura con diletto.
una parte della fabbrica corrisponda all’altra, e così lettura rilevanti. È una mia opinione del tutto persona- che le parti devono avere fra loro, e col tutto. Che un Milizia a me appare come punto di passaggio tra Palla-
tutto il corpo dell’edificio habbia in se una certa con- le, ma la sua formazione manuale potrebbe aver contri- portone, per esempio, abbia la sua altezza proporziona- dio e la modernità della rivoluzione francese.
venienza di membri, che lo renda tutto bello, e gratio- buito a sviluppare la sua grande sensibilità alla luce, ai ta alla sua larghezza e che queste dimensioni sieno pro-
so” (Libro II, cap. 2) dettagli, alle modanature45. porzionate alla grandezza di tutto l'edifizio, questo è Le Corbusier
Infine, se si tiene fede al suo modo di proporzionare, si quello che forma la simmetria. Dunque la simmetria vale Studiare le proporzioni in Le Corbusier significa essen-
deve notare che le medie tra due termini non danno Milizia lo stesso che la proporzione.” (Milizia, 1847, p. 107) zialmente riferirsi al suo "Modulor". Il Modulor è allo
necessariamente un terzo termine proporzionale. Per “Una fabbrica semplice, che non abbia altro Milizia comincia così il suo ragionamento sulla simme- stesso tempo un sistema di misura, un tracciato regola-
esempio 45 e 30, forniscono come media geometrica merito che quello delle giuste proporzioni, farà sem- tria e le proporzioni, e cioè con una definizione alquan- tore, un modulo. Il termine deriva da "module" (modu-
36.74. Ora, il rapporto tra 30 e 36.74 non ha senso, dal pre un bell'effetto, basterà a sé stessa, e sarà mirabi- to "circolare". È avvertibile già uno slittamento del lo) e "section d'or" (sezione aurea).
punto di vista musicale. A fianco di questi rapporti non le anco senza ornati: come una statua nuda, senso di simmetria rispetto a Vitruvio, laddove per que- È un sistema di proporzionamento basato sull'uomo e
canonici, compare l'uso di rapporti incommensurabili come il Torso di Belvedere. ... Senza l'intelligenza sto la simmetria era la corrispondenza tra misure corri- sulle proprietà del rapporto aureo.
solo nel caso della diagonale del quadrato. e senza l'uso delle proporzioni non si può mai spondenti di parti diverse. I rapporti tra le dimensioni Il problema della sezione aurea è stato posto da Eucli-
È possibile che per ottenere una regolarità generale essere architetto.” Francesco Milizia del portone sono per Vitruvio euritmia, e non simme- de nel modo cui ho accennato prima, tuttavia può esse-
dell'insieme egli possa aver sacrificato qualcosa della tria. re posto anche così: se ho una certa lunghezza e la divi-
"musicalità" interna. Se si sommano questi vincoli alla Seguendo la tradizione ereditata dai Greci, il modulo Tuttavia queste proporzioni non garantiscono un'archi- do in due parti, ne ottengo, facendo un piccolo sforzo
"cifra" del Palladio, e cioè quella di una composizione che deve servire a proporzionare gli edifici è uguale al tettura gradevole: “Un edifizio sarà dunque ben pro- d’astrazione, tre: l'originaria, e due parti probabilmen-
tripartita, ordinata su un asse centrale di simmetria, ci semidiametro della colonna all'imoscapo. Questo dia- porzionato se l'occhio ne comprenderà senza pena tutte te diverse. Che rapporti possono nascere tra queste tre
si rende conto che qualche "dissonanza" è inevitabile. metro si può dividere ancora in trenta parti (minuti) le parti, se le impressioni su quest'organo non saranno dimensioni? Vi è un solo caso possibile, per esempio, in
Sappiamo inoltre che alcune esigenze costruttive e di atti a dimensionare le più piccole parti dell'edificio. diffuse, e se formeranno, per così dire, un accordo cui le due parti derivate siano uguali: in tutti gli altri
adattamento urbano gli hanno imposto delle misure non Viene in realtà prevista anche la divisione in trentasei d'impressione.” (Milizia, 1847, p. 108) casi saranno diverse. Il passo successivo, molto fecon-
proporzionali43. moduli perché può evitare le frazioni più a lungo. Ecco dunque introdotto l'effetto che queste proporzio- do, è: posso fare in modo di dividere la mia lunghezza
Finora abbiamo parlato prevalentemente degli interni, Vi è però un altro modo di dimensionare, che il Milizia ni hanno su di noi. Milizia è allora un purista, ma solo in due parti disuguali, in modo che la lunghezza origi-
ma questi, ovviamente si riflettono nel disegno delle chiama "divisione per parti uguali" e che è una succes- per quanto riguarda l'articolazione sintattica del lin- naria (O) stia alla parte più grande (P1) come questa
facciate esterne. Palladio subordina i prospetti laterali siva divisione di elementi, in modo che l'uno sia propor- guaggio classico dell'architettura, e non in toto. Egli parte sta alla più piccola (P2)?
dedica non poco spazio al problema della visione e del- In termini matematici, Euclide voleva ottenere lo stes-
l'ottica applicato alle proporzioni. È molto attento so risultato da queste due divisioni:
43 Non si vuole qui riprendere la polemica del Palladio trattatista contro il Palladio architetto, ma gli esempi proposti nei suoi libri si riferiscono ad all'impressione che l'architettura ha su di noi, colliman- 1) O/P1
edifici decontestualizzati, liberi di espandersi e di “risuonare” liberamente nello spazio, cosa del tutto legittima, visto l’intento didattico dell’ope-
ra. do con ciò una posizione che sarà strettamente elabo- 2) P1/P2.
44 Credo che sia il primo ad usare tale tecnica rappresentativa, ma mi piacerebbe avere il conforto di studiosi più versati di me nella materia. In
questo senso la mia è più una tifoseria di parte che una curiosità filologica.
45 Si veda per esempio il tracciato del capitello corinzio (Lemerle, 1994), tacendo tra l’altro l’aneddoto raccontato da Inigo Jones. Si dice inoltre
che Carlo Scarpa abbia preso il suo motivo dei due cerchi concatenati nel guardare i due capitelli di Palazzo Chiericati. 46 Ma questo procedimento scardina a mio avviso la commensurabilità tra le varie parti dell’edificio.

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Excurcus storico

Se ciò è possibile, posso istituire questa uguaglianza: fare un confronto tra il modo di servirsi della geometria appoggio capaci di riunire sicurezza e diversità: da una Terragni
O:P1 = P1:P2 e risolverla come un’equazione di 2° dell'Alberti e del Palladio da una parte e di Le Corbu- parte, l'orecchio umano - l'udito umano (e non quello dei Terragni non ha lasciato niente di simile all'opera teori-
grado in P1 o P2. Infatti O*P2 = P1*P1. Facendo una sier dall'altra. Laddove questi riescono ad integrare e a lupi, dei leoni o dei cani). Dall'altra parte, i numeri, cioè ca di Le Corbusier. È indubbio tuttavia che spesso faces-
verifica con un segmento lungo un'unità, ottengo tre "concertare" le misure in pianta e in alzato, Le Corbu- la matematica (le sue combinazioni), che è figlia se ricorso alla geometria per le sue composizioni. Terra-
lunghezze: 1 (quello di partenza), 0.618 e 0.382 e cioè sier le applica generalmente solo su alcuni elementi. anch'essa dell'Universo." (Le Corbusier, 1974, pp. 15-16) gni meriterebbe ben altra attenzione, sia per le opere in
(1-0.618). La verifica è questa: Colin Rowe dice pressappoco la stessa cosa: “A la Mal- In questo passo sono da notare due cose importanti. Il sé, sia per la loro importanza nell’ambito delle propor-
1/ 0.618 = 1.618 contenta, la géométrie se répand dans les volumes primo è che tutto viene riportato all'uomo e alle sue zioni. Proprio per questo ho deciso invece di ridurre il
0.618 / 0.382 = 1.618 intérieurs de l’edifice tout entier, tandis qu’à Garches necessità, concetto che tornerà più volte nel Modulor. tutto ad un singolo episodio (secondario), rinviando la
Il Modulor è basato su due serie in ragione di Ø: quella elle ne semble résider que dans la masse globale de l’é- La geometria è vista quindi sempre a servizio delle trattazione sistematica ad un futuro testo monografico.
rossa e quella blu. La dimensione di partenza per la difice et dans la disposition des éléments porteurs.” facoltà umane, e non dominatrice e sovrumana. L’opera più famosa di Terragni è senza dubbio la Casa
rossa è 183 cm: l'altezza del bell'uomo inglese dei (Rowe, 2000, p. 17) [Alla Malcontenta la geometria si Il secondo è che è sentita la necessità di ridurre ad del Fascio a Como [Figg. 41, 42, 43], ma qui vorrei sof-
romanzi gialli, alto sei piedi (six foot detective), men- sparge nei volumi interni dell’edificio tutto, mentre a alcuni elementi definiti (un codice) il continuum dell'e- fermarmi prima su un episodio minore: il monumento a
tre per la blu è di 226 cm, (l'uomo di prima con la mano Garches sembra risiedere solo nella massa globale del- sperienza dello spazio. Sarfatti [Figg. 44, 45]. La versione finale del monumen-
alzata). 183:1.618 = 113 e 226:2 = 113. [Fig. 40] l’edificio e nella disposizione degli elementi portanti.] "Il tracciato regolatore non introduce idee poetiche o to è sì in scala 1:50, ma le quote non sono espresse in
Le due serie sono interrelate, poiché 113 è uguale a 70 L'unico esempio di spazio integrato che riporta nel liriche; non ispira in alcun modo il tema; non è creato- frazioni o decimali, ma in misure intere (1 m, 2 m,
+ 43, i due termini contigui a 113. L'ombelico, a quota Modulor è quello per un piccolo ufficio (il suo, in Rue de re; è equilibratore." (ivi, p. 32) ecc.), in modo che tutto il monumento si possa ridurre
113, può essere visto anche come il luogo dove si incon- Sèvres) che misura 226 x 259 x 226 cm. Anche se le Questa è a mio avviso una delle frasi più cristalline e "anche del 20%" (è lo stesso Terragni a dirlo), senza che
trano due serie: una che parte dai piedi e va crescendo piante dell'Unité sono larghe 366 cm e alte 226 cm sincere sui tracciati regolatori, che mette tra l'altro la i suoi rapporti cambino. Per la storia, questa possibilità
verso l'alto; un'altra che parte dal braccio alzato e va resta difficile vedere l'alloggio diverso da una qualun- geometria nella giusta prospettiva rispetto al problema di riduzione delle misure si impone a Terragni per ragio-
decrescendo verso i piedi. I termini della serie blu si que sezione estrusa, da un generico parallelepipedo, della composizione. Purtroppo, come avviene spesso in ni di spesa, ma ciò non cambia la sostanza. Entro una
ottengono raddoppiando i corrispondenti della serie poiché sono molto profonde: resta difficile vederlo Le Corbusier, la stessa frase è contraddetta da questa: certa fascia di dimensioni, l'idea di Terragni è valida
rossa. E questo al fine di ottenere una varietà di misu- "armonico" (almeno nel senso albertiano o palladiano “La scelta di un tracciato regolatore è uno dei momen- comunque: l'oggetto pensato intesse una serie di rela-
re. La serie blu collima infatti solo pochi punti: il brac- del termine). La rete di rapporti si è talmente compli- ti decisivi dell’ispirazione, è una delle operazioni fon- zioni e di proporzioni in sé che lo liberano dall'avere
cio alzato, l'ombelico, il ginocchio e così via, sempre "in cata ed ingigantita che se ne è persa la intelligibilità. damentali dell’architettura.”50 Il concetto tornerà più altri vincoli esterni. Esso deve bastare a sé stesso, vive-
diminuendo". Occorreva introdurre più flessibilità e Le Anche se l'Unité fosse stata concepita alla maniera del volte nello scritto, e in particolare quando lui risponde re di propria luce. Questa è la bellezza ma anche il peri-
Corbusier l'ha fatto immettendo nel diagramma un'altra Palladio, e cioè integrando polifonicamente gli ambien- ai suoi collaboratori circa la bruttezza di cose concepi- colo del disegno in proporzione: ad un certo punto si
"elica" (una serie) che parte da una quota diversa, che ti tra loro, il risultato non è più comprensibile. te con l'aiuto del Modulor. può dimenticare una scala di misure assolute, sopra o
quindi collima altri punti del corpo umano. Ma questa Il Modulor come sistema di coordinazione modulare è "Il Modulor è uno strumento di lavoro per coloro che sotto alle quali non si può andare, pena la perdita del-
inversione è voluta, nel senso che in realtà le due serie fallito. A questo riguardo non c'è molto da aggiungere creano (che compongono: progettisti o disegnatori) e l'effetto che si voleva creare. Non si deve confondere o
sono costruite discendendo dai due punti fissati prima: rispetto a quanto hanno già detto Arnheim48 ed altri non per coloro che eseguono (muratori, carpentieri, assimilare, come avvertiva Leoncilli, figurazione e
183 e 226. Per verificarlo basta partire con la serie di critici49. Dal punto di vista teorico mi sembra che ci meccanici, ecc.)." dimensione. Aggiungeva Terragni: "Che l'osservatore
Fibonacci nella sua formulazione classica (0, 1, 2, 3, 5, siano invece ancora dei punti interessanti da recupera- Nulla da eccepire su questa frase, se non che è in pale- entri o non entri nel concetto allegorico del monumen-
8, 13, … ), per rendersi conto che nessun punto corri- re e contestualizzare. se contraddizione con le intenzioni di partenza: "...un to è per me cosa di importanza non definitiva; l'impor-
sponde a quelli individuati dal Modulor. [Fig. 39] "Come sezionare la continuità del fenomeno sonoro? reticolo di proporzioni tracciato sul muro o appoggiato tante è che egli si senta ‘commosso’ dall'armonia delle
"Le sue prime case manifestano una nuova concezione Come tagliare questo suono secondo una regola accetta- al muro, fatto di strisce di ferro saldate, che sarà la proporzioni, dall'imponenza delle masse, dall'equilibra-
dell'architettura, espressione dello spirito di un'epoca. bile da tutti, ma soprattutto efficace, cioè capace di regola del cantiere, la norma che offrirà una serie di to rapporto di luci ed ombre sui volumi". (ivi, p. 67) Si
Tracciati regolatori ne illuminano le facciate (solo le flessibilità, diversità, sfumature e ricchezza e, allo stes- differenti combinazioni e proporzioni; il muratore, il confronti questo passo con il Fedro di Valéry. Sebbene
facciate)."47 so tempo, semplice, maneggevole e accessibile? carpentiere, il fabbro vi sceglieranno in ogni istante le Terragni sviluppi in molti progetti un discorso carico di
Questa citazione, tratta dal suo Modulor permette di Pitagora risolse la questione prendendo due punti di misure del loro lavoro e le cose fatte, anche se diverse geometria, sarebbe vano cercare nelle sue opere un'in-
e differenziate, saranno testimonianza di armonia. tegrazione di tutti gli spazi (alla Palladio, per intender-
47 Le Corbusier, Il Modulor. Saggio su una misura armonica a scala umana universalmente applicabile all’architettura e alla meccanica, Gabriele Questo è il mio sogno." (p. 35) ci) in modo geometrico. Il progetto più carico di riferi-
Mazzotta, Milano
48 Rudolf Arnheim, La dinamica della forma architettonica, Milano, Feltrinelli, 1981; Il potere del centro. Psicologia della composizione nelle arti
Ma sappiamo ormai che Le Corbusier aveva una capaci- menti geometrici, ma anche simbolici, è sicuramente il
visive, Torino, Einaudi, 1984. tà straordinaria di auto-promozione, almeno pari alla Danteum di Roma. Sono cambiati i temi progettuali e
sua capacità creativa51. soprattutto è cambiato il significato di armonia. Nel suo
49 “Alla base di questo tipo di controllo vi è il convincimento che in architettura l’armonia delle parti può essere salvaguardata soltanto se la forma delle
stanze, le aperture nei muri e, anzi, tutti gli elementi di un edificio sono conformi a certi rapporti, costantemente connessi con tutti gli altri rapporti del-
l’edificio stesso. Dubito molto fino a che punto sistemi razionali di tal genere producano risultati che occhio e mente possano consapevolmente percepi-
re. Ho l’impressione che l’essenza di questi sistemi risieda semplicemente nel fatto che coloro che ne usano (e sono per lo più i loro autori) ne hanno biso-
gno: vi sono, cioè, persone dalla mente fertile ed inventiva in sommo grado, che non possono fare a meno della dura ed inesorabile disciplina di simili
sistemi per correggere e insieme stimolare la fantasia. E il destino di tali sistemi sembra, tutto sommato, confermare quanto ho detto: essi raramente 50 Verso una architettura, a cura di Pierluigi Cerri e Pierluigi Nicolin, Longanesi, Milano 1984, p. 57
sopravvivono ai loro autori e a chi li usa, mentre chi viene dopo, se provvisto di fertile ingegno, se ne inventa un altro suo proprio.” (Summerson, p. 65) 51 Cfr. Alain de Botton, Architettura e felicità, Guanda, Parma 2006

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale.

modo di procedere, spesso su carta millimetrata, si modo (il ciclo delle Marmore), è virtuosisticamente padro-
intravvedono i maggiori "personaggi": quadrati, rettan- ne delle forme geometriche più difficili. Ridolfi tende
goli o sezioni a "C" che si intersecano, che slittano, che nonostante ciò a "corrompere" le sue forme poligonali, a
si sottraggono gli uni agli altri: si avverte una tensione dar loro un po’ di "vita", poiché probabilmente, chiuse
che la composizione "tripartita" di Palladio non poteva nella loro perfezione, gli sarebbero sembrate troppo INTERLUDIO
esperire. Un'altra differenza è data dal fatto che men- astratte. Da quadrati, pentagoni, decagoni, sporgono allo-
tre Palladio, e con lui gran parte degli architetti del ra bellissimi corpi cilindrici ad ospitare una scala di rac-
Rinascimento, accorda una preferenza netta al prospet- cordo o di servizio. Le pareti esterne si animano, sembra-
to frontale, Terragni tende a far "girare" l'osservatore no respirare. Se l'esempio più famoso è l'hotel a Setteba-
intorno al suo edificio per comprenderlo. Palladio si gni, questa vibrazione è avvertibile in quasi tutti i proget-
offre ad una lettura istantanea che permette subito un ti: Casa Lina, il "Bidone" a Terni, Casa Ottaviani. Ridolfi
giudizio, Terragni, invece, attraverso un gioco "sapiente" riporta la geometria all'Uomo, non iscrivendo questo in
di asimmetrie, invita ad una ricostruzione tutta intellet- cerchi e quadrati, quanto piegando le forme meno investi-
tuale dell'opera. Negando la predominanza di un solo gate da altri ad accettare la vita umana, le sue necessità.
lato, egli carica necessariamente gli altri di un valore Non lo interessa, né fa propria, in virtù di una Baukunst
che altrimenti non avrebbero potuto ottenere e mante- oramai nel sangue, la scissione tra disegno e materia. Non
nere. L'intelaiatura di diseguali pieni e vuoti, non sotto- esistono in lui due tempi diversi, come ancora l'Alberti
posta al vincolo di un ordine architettonico classico teorizzava, ovvero quello del disegno e quello della con-
(con tutto il corredo di cornici e decorazioni che ciò cretizzazione: la forma nasce in quanto materia, realtà
avrebbe comportato), gli consente di collegare una fac- costruita, pietra, legno, mattone, e non come risultato di
ciata (un piano) all'altra, ma senza obbligarlo ad un una speculazione astratta. La geometria non è per lui
ritmo omogeneo. Il che vuol dire anche che ogni faccia- metafisica, ma misura. Il tetto è a misura d'uomo, il tavo-
ta può essere vista come piano a sé. Lo spazio di Terra- lo è a misura d'uomo, e così le finestre, le porte... La geo-
gni sembra essere costituito allora per piani, per com- metria, in Ridolfi, non è gioco solipsistico, ma costruttivi-
posizione di piani, senza tuttavia "esplodere" come nel tà. Delle sue volte in cemento armato faccia a vista, delle
neoplasticismo olandese né rarefarsi come in Mies van sue scale elicoidali, degli aggetti a sezione variabile, biso-
der Rohe. gna trovare le sezioni in vera grandezza, spiegarle: illu-
"Tornando alla Casa del fascio, che io considero una strare come si intersecano due piani inclinati, come si
delle architetture più belle di Terragni e forse in asso- devono “armare”.
luto una delle più belle architetture italiane di quel Torna in mente l'Eupalino di Valéry: "Nell'eseguire nulla è
periodo, credo che si possa riconoscere in essa uno trascurabile..." [Fig. 46] La geometria è in conclusione
dei caratteri che a mio avviso contraddistingue il strumento conoscitivo e operativo del mestiere dell'archi-
movimento moderno italiano: il carattere della classi- tetto. Storicamente, Ridolfi è l'ultimo architetto a poter
cità, intesa non come riferimento mimetico ad un tenere tra le mani un corpus vastissimo di conoscenze
Disegno di Gian Carlo Leoncilli Massi, 2006 Immagini tratte dal libro
determinato periodo storico, rinascimentale od altro, finalizzate all'architettura. Egli appare, fatte le debite Adolfo Natalini. Disegni 1976-2001
ma una classicità intesa in senso atemporale, come la proporzioni, come un ultimo enciclopedista, ultimo
volontà di creare un ordine, una misura, una modula- discendente di una progenie iniziata con Diderot e D'Alem-
zione che rendano le forme architettoniche chiara- bert. Il Manuale dell'architetto nella versione del 1942 è
mente percepibili alla luce del sole e coerenti tra un'Enciclopédie: dopo si assisterà ad un'esplosione di tec-
loro, cioè parti di una stessa unità." (Giuseppe Terra- niche, tecnologie e materiali. Dopo Ridolfi a me pare che
gni, 1996, p. 8) veramente il corpus disciplinare dell’architetto si disinte-
gri in professioni ed in prodotti sempre più specializzati,
Ridolfi ed è forse proprio l’abbondanza produttiva (di manufatti,
Non si comprende la geometria in Ridolfi se non si sa quan- di materiali, di oggetti), che spinge ad una iper-specializ-
to fosse grande la sua perizia tecnico-costruttiva. Il misti- zazione: per il singolo architetto è impossibile dominare
cismo della sezione aurea, della diagonale del quadrato e tutto. Da questo momento l’architetto è costretto a ricol-
le serie di Fibonacci sono certamente estranee alla sua locarsi rispetto ad un processo costruttivo non più lineare,
poetica, tuttavia egli, nei suoi ultimi progetti in particolar ma complesso e ricorsivo.

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DIGRESSIONE

Severini non soffermarsi sul fatto che allo stesso modo in cui si
Severini merita un posto particolare nella lista dei per- costruiscono templi si costruiscano quadri.
sonaggi che in questo secolo hanno studiato le propor-
zioni. Il primo dato che vorrei porre in rilievo è che il I libri di estetica, di De Fayet*
testo di Severini Du Cubisme au Classicisme, pubblica- “È una delle caratteristiche della
to nel 1921, è precedente ai libri di Ghyka e, ancora più nostra epoca partire in quarta su un piccolo dato
interessante, ai libri di Le Corbusier. Il fatto sarebbe giusto e gonfiarlo fino al sofisma” G. Severini
per sé insignificante se non si facesse sempre risalire al
russo la primogenitura dello studio delle proporzioni. Dal Cubismo al Classicismo, estetica del compasso e del
L’altro punto da evidenziare è la grande attualità della numero. Libro deludente per coloro che difendono la
sua polemica contro l’anarchia artistica dei primi anni logica e la ragione.
del XX° secolo. Non solo perché il suo tempo è il nostro Compilazione: Ch. Henry, Choisy, Vitruvio, Durer, Sant’I-
tempo, come dice Elena Pontiggia (Pontiggia, 1997), vo di Alveidra, Biblioteca Chacornac, Jean Cousin, ecc.
nel saggio che accompagna la nuova traduzione del Del meglio e del peggio che bene prova l’estrema con-
testo di Severini, ma perché la sua reazione alle avan- fusione delle idee attuali; ecco un artista che va verso
guardie ci indica quali possano essere alcuni punti fissi la scienza, che la scienza inghiotte e da cui esce solo
a cui far riferimento: Vitruvio, Alberti, Piero della come un neo-rinascente del peggior Rinascimento. Ed è
Francesca, Dürer… una dolorosa necessità dire: la scienza così interpretata
Traduco uno stralcio dell’epistolario tra Severini e De è forse una cosa peggiore che la fede nella sensibilità
Fayet prima e tra Severini e Le Corbusier poi, che pura: si fa Mondrian, non si può fare Rousseau… Ovun-
hanno una forte consonanza con i temi trattati. (Paci- que lo stesso errore dei Vignola, questo stesso gusto
ni, 1972) della speculazione matematica he fece gli Arabi così
grandi e Vignola così piccolo; è che gli Arabi sapevano
Dalla “Lettera di Gino Severini a Léonce Rosenberg (II)” far coincidere le volontà sensibili con le ingegnose com-
Risposta a Rosenberg quando non ha più voluto fare il binazioni numeriche, raddoppiando così il piacere del
mio libro teorico, che mi aveva proposto (12-7-1920). senso con il piacere dello spirito. Vignola si accontenta
“[…] Poiché, malgrado pretendiate il contrario, siete della ingegnosità delle combinazioni numeriche. Il
un “epicureo” e non un “pitagorico”, caro amico mio; Signor Severini dimentica con Vignola che la geometria
un pitagorico dovrebbe sapere almeno che cosa sia un è una cosa dello spirito e che tutti i suoi dati non hanno
rapporto, o una proporzione, o le proprietà di un trian- necessariamente un valore sensibile, dunque plastico. Si
golo, e voi non lo sapete, nonostante che nel corso arriva ad una metafisica del numero che è cieca e peri-
delle nostre conversazioni io mi sia dato abbastanza colosa come tutte le mistiche. Diffidiamo dello spirito
pena di spiegarvelo. Durer, Vignola, Lentz, ecc… Leggiamo in certe pagine
Per provare un’emozione estetica e non solamente sen- che tale e talaltra combinazione, tale o talaltro angolo,
soriale e riflessa davanti ad un’opera d’arte, e per dà piacere o diletto e già ci sarebbe molto da dire (vedi
poterla giudicare “esteticamente” bisogna conoscere l’Estratto di Promemoir: Estetica e Purismo, di Ozenfant
qualcuna delle basi costruttive che in tutti i tempi sono e Jeanneret, in questo numero, pagina 1704) e non pos-
servite a costruire i quadri o i templi.” (p. 145) siamo credere ad un’estetica basata sul piacere, - il pia-
Bellissimo passaggio, dove viene ribadita la differenza cere essendo questione di giudizio personale; acconten-
tra emozione estetica ed emozione sensoriale, laddove tiamoci di parlare di emozione.
la prima necessita di una conoscenza tutta intellettuale Il Signor Severini dimentica anche che tutti i metodi di
delle regole e dello stato dell’arte, mentre la seconda si proporzione di cui vorrebbe vedere generalizzato l’im-
pone ad un diverso livello di lettura. Infine, impossibile piego in pittura e che derivano dai triangoli o dalle

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sezioni di linee non possono avere valore esatto che Lettera di Severini a M. De Fayet nizza, con ragione, Severini”. Accidenti, dove avete Risposta di Monsieur de Fayet
come metodo di divisione di superfici piane e che ogni De Fayet ha ricevuto la seguente cortese lettera: letto che mi permetto di preconizzare una cosa così Severini non ha apprezzato la mia critica del suo libro.
quadro (che sono superfici a tre dimensioni, come pre- Essendo lontano da Parigi, è solo in questi ultimi gior- straordinaria? Certamente non nel mio libro, vi sfido a Ho detto: “Ecco un artista che va verso la scienza e che
conizza con ragione il Signor Severini), deve necessaria- ni che mi è pervenuto L’Esprit Nouveau n. 15, nel quale farlo. Superfici a tre dimensioni? Il poco di geometria la scienza inghiotte” e “facciamo della geometria una
mente giustificare attraverso la sensibilità dell’impiego ho letto l’articolo che avete consacrato al mio libro: che conosco, Signore, mi impedisce di dire una simile… cultura dello spirito, un correttore degli errori della
dei suoi metodi. “Dal Cubismo al Classicismo”. chiamiamola inesattezza…! Ho detto semplicemente sensibilità eccessiva, ma non rimpiazziamo il mistici-
A che pro, dopo ciò, queste pagine vendicative sull’uso Il modo in cui cominciate l’articolo mostra abbastanza che la tela è una superficie piana, sulla quale, attra- smo della sensibilità con quello della sezione aurea o
del goniometro il cui impiego caverebbe l’arte da quel- bene il partito preso e il vostro a priori, per classificar- verso i mezzi della geometria, possiamo rappresentare dl triangolo”.
la che egli crede essere la decadenza attuale… vi in quella categoria di persone alla quale alludo alla dei corpi a tre dimensioni. (Ma non pretendo di aver Ho avuto torto di dare importanza alla piccola opera di
Dà ragione alle elucubrazioni di Lièvre (vedi l’Amore fine del mio libro e che non mi interessano. Tuttavia, detto qualcosa di nuovo, sapete!). Severini, opera naïf di un uomo di quarant’anni, che
dell’Arte). mi faccio carico di rilevare certe frasi che avete scrit- Potrei dimostrarvi qui che, essendo il piano della tela scopre, con sorpresa e meraviglia, la geometria
Non esageriamo, e l’Esprit Nouveau, che difende l’e- to per obbedire al mio esclusivo amore per la precisio- a due dimensioni, le divisioni delle linee fatte su que- descrittiva e la prospettiva elementare, e che procla-
stetica sperimentale, intende precisare ciò che inten- ne. Comincio in ordine: sto piano, secondo certi rapporti d’armonia, hanno un ma, annunciando la sua scoperta, che apporta la sal-
de così: è prima di tutto la ricerca delle proprietà sen- Cito, è vero, più volte Ch. Henry, ma non ho preso a valore assoluto, ma questo mi porterebbe troppo lon- vezza negli ateliers. Il suo libro tratta in molti punti
sibili costanti delle forme e dei colori e la ricerca delle prestito da Choisy che qualche disegno d’architettura tano. dell’educazione elementare di un artista, ma chi dice
proprietà del vocabolario plastico. Ma attenzione. Che (quello che altri hanno fatto nell’Esprit Nouveau, come Infine, ecco, di tutta la vostra critica risulta che me ne “elementare” non pretende trattare del problema
non sia questione di “piacere” o di “bellezza”; sarebbe dite voi stesso), non ho nominato che incidentalmente volete per questo libro, per quale ragione, lo ignoro. grave dei destini della pittura attuale. C’è una prima
ricominciare gli errori di questi “voti al piacere” su Vitruvio, Sant’Ivo, Jean Cousin, Albert Durer lo cito Non sono piaciuto a voi e ai vostri amici nell’indicare ambiguità nel libro di Severini: è destinato ai bambini?
tale o talaltra divisione di linea (Fechner e C.). soprattutto come un precursore di Monge, che è incon- alcune regole geometriche come basi certe per costrui- Se sì, è incompleto; è destinato agli adulti? Se sì, è
In tutto ciò che dice Severini vi sono delle intenzioni testabile e quanto alla Biblioteca Chacornac non vedo re? Ho avuto quest’audacia, Signore, perché giusta- superfluo.
molto buone di costruzione, di logica, di analisi, ma cosa abbia a vedere in tutto questo; non ne faccio men- mente, da molto, si parlava molto di numero, di disci- Potrei riprodurre la sua tavola 19 del suo libro o “L’arte
uno spiacevole spirito mistico. Facciamo della geome- zione, non avendo d’altra parte l’onore di conoscerla plina, di geometria, senza mai precisare, con una pru- di far camminare una sedia sul soffitto attraverso i sem-
tria una cultura dello spirito, correttore degli scarti che di nome. denza che rassomiglia molto alla “fifa” intensa. Sola- plici mezzi della geometria descrittiva”. Ecco piuttosto
della sensibilità eccessiva, ma non rimpiazziamo il È tutta qui la redazione del mio libro? L’avete letto mente Ozenfant et Jeanneret, dopo molti articoli nei la tavola 21 dove una povera gentile dama subisce uno
misticismo della sensibilità con quello della sezione male, Signore, e glielo dimostrerò subito. quali hanno lasciato sperare in delle precisioni costrut- spaventevole ed puerile massacro, sezioni, rotazioni e
aurea o del triangolo. Ma mi permetta prima di tutto di sbalordirmi del fatto tive, hanno avuto il coraggio di enunciare una legge torsioni. Qui Severini fa un compito personale ed è una
Fatte queste restrizioni, diciamo che si troverà una che definiate “il peggior Rinascimento” quello di Masa- basata sul “luogo geometrico dell’angolo retto” dicen- pura divagazione da maestro di disegno. Coloro che
documentazione interessante sui metodi grafici degli cio, Paolo Uccello, Signorelli, Andrea del Castagno, do che “il tracciato di un triangolo equilatero determi- hanno studiato seriamente a sedici anni la geometria
Egiziani, dei Greci, dei Goti; ma Choisy, che li studiò ecc. a cui mi riallaccio! Caspita, avete gusti difficili! E na sugli assi due luoghi dell’angolo retto”. descrittiva e la prospettiva (e convengo con Severini che
qualche ventina di anni fa e che molti tra noi: Gris, il buon Rinascimento sarebbe quello di Tiziano, Tinto- Ma guardate un po’ la sfortuna, proprio quest’enuncia- molti pittori non l’hanno fatto) sanno com’è pericoloso
Raynal, Lipchitz, Gleizes, Ozenfant e Jeanneret, ecc… retto, Tiepolo, ecc.? Ad ogni modo, su questo punto to non ha alcun senso, né per coloro che conoscono la trattare attraverso sezioni oblique dei prismi nettamen-
frequentano da molto tempo non sono mai caduti nella siete libero. geometria, né per coloro che non la conoscono. Per te caratterizzati, come i paraboloidi, gli ellissoidi,
mistica… non più di Fidia o di Villard de Honnecour. I Ma dove non siete libero affatto, è quando dite che avere un senso, ci si sarebbe dovuti esprimere in tutti ecc…, e di trovarne le curve di inviluppo, i contorni
grandi costruttori dell’antichità e del medioevo si ser- dimentico che la geometria “è cosa dello spirito”. Vi altri termini, soprattutto si dovrebbero aver avute le apparenti o le intersezioni. Ora, Severini ci propone la
vivano dei tracciati regolatori come di un comodo ricordo, Signore, che in tutto il mio libro non faccio idee chiare su questa parte elementare della geome- messa in prospettiva della figura umana, la quale com-
mezzo di regolazione, salvo lasciare poi la sensibilità che insistere sulla necessità di applicare, per costrui- tria. Comunque, poiché promettono altre precisazioni, porta solo forme di una geometria praticamente inde-
correggere i loro dettati. Non si perdevano nell’estasi re, la geometria mezzo dello spirito, opponendola aspettiamo. terminata, con delle numerose sezioni che, in seguito a
delle virtù della sezione aurea, dell’arcano numerico, alle “geometrizzazioni” cubiste, mezzi sensoriali ed Ma, nel frattempo, mi compiaccio di constatare che nel rotazioni e prospettive, devono rendergli il profilo rigo-
o di tale e talaltro decimale di goniometro…. empirici; inoltre, ripeto spesso che affido alla geo- mio libro non abbiate potuto trovare alcun errore sul roso della figura vista di tre quarti. Si può semplicemen-
Siamo d’accordo con Severini quando scrive: metria un ruolo puramente costruttivo, un ruolo di genere di quelle che constato qui. te obiettare a Severini che questo è praticamente
“È una delle caratteristiche della nostra epoca partire mezzo e non di scopo, che prova che non ho dimenti- Una cosa di cui sono certo, inoltre, è che alcuna base impossibile e si può sfidarlo a realizzarlo. È pur vero che
in quarta su un piccolo dato giusto e gonfiarlo fino al cato niente e che gli riconosco il valore che deve costruttiva seria può essere stabilita senza la geome- la sua immagine è fatta per sbalordire i novizi.
sofisma”. avere. tria e il numero. Ho ancora l’audacia di pensare, Signo- Altrove, Severini tenta delle ipotesi temerarie di
E anche con Newton quando dice: In seguito, mi addossate un’enormità che prova la re, che questo modo di vedere non ha niente di misti- armonia lineare, basate sulle leggi fisiche del suono.
Fisica, non fidarti della metafisica. vostra ignoranza in geometria; dite: la superficie di un co. Tutto il mio libro non è, del resto, che un esposto Nessuna delle considerazioni di Severini ha a che vede-
* Questa recensione è pubblicata in L’Esprit Nouveau n. 15 quadro “è una superficie a tre dimensioni, come preco- quasi esclusivamente tecnico. re con l’estetica. Che l’artista coltivi pure il suo cer-

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vello con la matematica, è una disciplina dove ha tutto Gino Severini: Risposta a Ozenfant e Jeanneret de’ messa in prospettiva della figura umana”. Non ho mai buito a questi “mezzi” geometrici un ruolo esclusivo,
da guadagnarci, ma la matematica non è affatto una L’Esprit Nouveau52 detto o proposto questo. Convenite che quando si parla disprezzando la sensibilità dell’artista e il talento? Se
candida e mistica credulità nel valore del goniometro Nella lettera che vi ho spedito da Viareggio ho com- di geometria (e sarebbe da augurarsi che ogni volta che avete letto questo libro, avete visto certamente che
o del compasso.Convenite, Severini, che finora ho spes- messo l’errore di mettermi al vostro livello. Ecco che si parla di cose interessanti sia lo stesso) bisogna spesso ripeto che “non bisogna attribuire a questi
so predicato la necessità del lavoro simultaneo dell’i- nella risposta che pubblicate nel n. 17 de’ L’E.N. scen- impiegare il termine giusto, senza quello non ci si può mezzi un ruolo che non hanno, e soprattutto non biso-
stinto e della ragione, ma non ho mai smesso di ricor- dete ancora più in basso. Non vi seguirò, questa volta. più comprendere. Dunque non propongo di mettere in gna considerarli come un obiettivo” (p. 62). In un altro
dare che Ingres, che conosceva la prospettiva, scriveva: Peggio per voi se vi esprimete con un furore così disor- prospettiva il corpo umano, ma di rappresentarlo passaggio (p. 114) dico “Tutta la sensibilità del pittore,
“Colui che si affida al compasso, si affida ad un’om- dinato… attraverso il “mezzo” delle proiezioni ortogonali. È tutto l’amore che ha per il suo soggetto, il suo tempe-
bra”. C’è la geometria degli algebrici che conduce al In effetti mi tirate dei colpi in maniera così cieca che tutt’altra cosa. In effetti se rappresenta, per esempio, ramento, tutte le sue qualità, in una parola, saranno
laboratorio, e c’è la geometria del plastico che condu- solo uno ha potuto raggiungermi. Confesso che uno dei un cubo, con le proiezioni ortogonali, i lati non fuggo- messe sulla bilancia in questo momento” ecc.
ce alla cimasa. Quest’ultima agisce direttamente sui vostri colpi è arrivato, ma mi ha sfiorato e d’altronde, no al punto di vista, sono paralleli; è il contrario con Se un imbecille qualunque m’avesse rimproverato di
nostri sensi e ci è sensibile nel quadro solo se ha colpi- non mi ha prodotto che un lieve graffio. Giudicate voi l’uso della prospettiva. Inoltre, voi dite che l’applica- non parlare in termini più espliciti del talento, della
to i nostri sensi (verità di la Palice). Quanto alla geo- stesso: dice: “C’è una prima ambiguità nel libro di zione di queste regole è praticamente impossibile, e sensibilità, ecc., non mi sarei meravigliato; ma che voi
metria descrittiva e alla prospettiva, ben sapete anche Severini; è dedicato ai bambini? Se sì, è incompleto; è nello stesso tempo riproducete (senza la mia autoriz- dell’Esprit Nouveau, che avete pubblicato le interes-
voi che sono sempre state delle grandi antagoniste del dedicato agli adulti? Se sì, è superfluo”. zazione, faccio notare) un disegno nel quale un busto santi ricerche di Charles Henry (segnalate da me dal
pittore che, conoscendole a fondo, sapeva deviarne il Qui siete ad un passo dalla verità, e onestamente lo di donna è visto di profilo e di faccia, e si sintetizza 1915), che avete tanto parlato di geometria ecc:,
falso rigore teorico per ottenere, con la sensazione riconosco. Ho detto: ad un passo dalla verità, poiché il rigorosamente, attraverso una rotazione di 25°, in una veniate a rimproverarmi ciò che difendevate poco fa, è
dello spazio, delle combinazioni plastiche. vero errore è questo: il mio libro è dedicato a volte, posa di tre quarti. È vero che la riproduzione del mio sbalorditivo. Se potete per un attimo, astrarvi dalle
Per ciò che concerne il lapsus che rilevate nella mia non ai bambini, ma agli artisti che non hanno alcuna disegno è così piccola, che ci si può rendere conto a ragioni di ordine materiale, ecc., che l’hanno forse
notizia: “Un quadro è una superficie a tre dimensioni”, cultura geometrica e matematica, e a volte a coloro malapena dell’operazione; tuttavia ce se ne rende fatto prendere questa attitudine, dovete constatare
fatemi l’onore di credere che so abbastanza di geome- che hanno una cultura al di sopra della media. Ha dun- conto lo stesso, soprattutto se si conosce un po’ di geo- che ho ragione di mostrarmi indignato e sorpreso.
tria per aver voluto scrivere “è uno spazio (virtuale) a que il difetto di essere allo stesso tempo troppo ele- metria descrittiva. Non so, Signore, se siete giovane o maturo o vecchio,
tre dimensioni”. mentare e troppo elevato. Ma ho le mie circostanze Così come il disegno in questione dimostra per una pic- e poco mi importa se avete 40 anni o meno o più, ma
De Fayet. Parigi, giugno 1922 attenuanti: so (e anche voi me lo concedete) che la cola parte del corpo, questo è possibile per tutto il spero che siate giovane, poiché allora la maturità e l’e-
maggior parte degli artisti di oggi, e anche delle per- corpo. E credetemi, senza il bisogno di massacrare voluzione verso la quale va vi permetteranno di meglio
Risposta dei Sigg. Ozenfant e Jeanneret sone con una cultura sopra la media ignorano o hanno alcunché, ma semplicemente rinchiudendo in una giudicare l’apporto di questo piccolo libro, il quale,
“Signor Severini, nella vostra lettera dichiarate che il dimenticato le regole elementari della geometria forma geometrica la parte del corpo che si vuole rap- modesto che sia, contiene dei mezzi che permettono di
“luogo dell’angolo retto” non ha alcun senso. Ora, non (guardate Ozenfant e Jeanneret, che visibilmente presentare, come è stato sempre fatto. Non dico che comporre un quadro in maniera irreprensibile. Pochi
si tratta di geometria elementare ma di ottica; si trat- hanno dimenticato ciò che è un “luogo geometrico”); questo è facile e semplice, né che si può in questo pittori possono dire altrettanto.
ta di fissare gli occhi dello spettatore su dei “punti allora, volendo far comprendere l’uso dei rapporti e modo rappresentare dei movimenti alla Watteau o alla E ora, Signore, dite ciò che vi aggraderà o assolutamen-
strategici della tela”. Nella tela formato figura si delle proporzioni, che sono alla base del mio metodo Fragonard; non ci si può permettere che delle rotazio- te niente, l’incidente è chiuso e vi invio i miei saluti.
inscrivono un triangolo equilatero avente il lato gran- costruttivo e ritmico, ho dovuto cominciare con lo spie- ni e delle leggere inclinazioni. I Greci se ne sono accon- GINO SEVERINI
de della tela come base e un secondo triangolo equila- gare cosa sia un rapporto e una proporzione. Avessi evi- tentati, noi possiamo fare altrettanto.
tero avente il lato piccolo della tela come base. Questi tato queste dimostrazioni, il libro avrebbe avuto più La vostra sfida cade da sola e in più, avrà forse in Gino Severini: Risposta a Ozenfant e Jeanneret
due triangoli si incontrano sull’asse orizzontale della unità. Se avessi emesso la temeraria affermazione di seguito l’occasione di vedere operazioni di questo “Signori, Le precisazioni che apportate nella vostra
tela formando degli angoli retti. Quest’incontro è un aver scritto un’opera perfetta, voi avreste avuto ragio- genere, e più complete. risposta (Espr. Nou. N° 17) confermano la mia opinio-
nodo di linee rigorosamente determinato dal formato ne a rimproverarmi questo errore con la violenza che Per ciò che riguarda le “ipotesi temerarie” di armonia ne: il vostro enunciato non ha alcun senso. In alcun
del quadro (i suoi assi, i suoi quattro angoli). Le incli- vi mette. Ho, del resto, altre circostanze attenuanti lineare, basate sulle leggi fisiche del suono, approfon- trattato di geometria, né in nessuno che conosca la
nazioni delle oblique di questo tracciato sono utili che trovo inutile rivelare, delle circostanze che mi dite un po’ ciò che Charles Henry dice sul ritmo e geometria, ho trovato o sentito quest’espressione: “il
anche per comporre poiché procedono dagli angoli impedirono di occuparmi a fondo a fondo della redazio- vedrete che, se potevano essere meglio enunciate, non luogo di un angolo” e ancora meno “il luogo di un ango-
della tela. Il “luogo dell’angolo retto” è un tracciato ne di questo libro e che tutti i miei amici conoscono. sono fuori dall’estetica, come afferma, anzi, al contra- lo retto”. Il meno che si possa dire è che vi esprimete
regolatore, niente di più. Ce ne possono essere altri. Passons rio. Come vedete, ho dovuto constatare ancora una scorrettamente e, sapete, in geometria bisogna avere
Abbiamo impiegato inoltre, qui, la “media proporzio- Avendo lealmente segnato un punto a suo vantaggio, le volta che siete inesatto nel vostro modo di esprimervi, un linguaggio preciso, altrimenti non c’è modo di esse-
nale” dei lati della tela, che dà buone divisioni.” chiederei, adesso: Perché dice: “Severini ci propone la affrettato nella vostra conclusione, e sia detto senza re compresi.
rancore, ingiusto e leggero nel vostro giudizio. Perché D’altra parte il luogo geometrico di un angolo retto e
52 In realtà questa lettera è destinata ancora a De Fayet. C’è probabilmente un errore nell’attribuzione. [N.d.T.] mi parlate sempre come se nel mio libro avessi attri- di un angolo qualsiasi non è un punto, come mostrate

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale.

nel vostro tracciato, ma tutti i punti equidistanti dei ciato, e cioè dopo aver inquadrato la questione al PALAZZO MELLONI, YALE CENTER
due lati di quest’angolo, e cioè la sua bisettrice inter- punto di della geometria elementare, che ha la sua
Cristiano Cossu
na e anche la sua bisettrice esterna, essendo questa la importanza, visto che vi fate riferimento, se la consi-
bisettrice dell’angolo supplementare. dero sotto il punto di vista dell’ottica, dietro la quale
Sempre in rapporto al tracciato che pubblicate noto sembrate rifugiarvi, vi risponderò che a mio avviso, e
inoltre che il punto che definite “luogo geometrico” (e secondo l’avviso di tutti quelli che conoscono le leggi
che tra parentesi potrebbe essere determinato più dell’ottica che rivendicate, i “luoghi strategici” in una
Lo Yale Center for British Art, originariamente intitola- re i suoi scritti e le sue lezioni, ma al contempo non
semplicemente con l’orizzontale tracciata nel mezzo tela di 1 m non possono essere gli stessi che in un edi-
to, in omaggio al suo mecenate, Paul Mellon Center for immediata e attuabile come una ricetta.
della tela, e per la verticale elevata dalla base su un ficio di 20 o 30 metri. Si avete scoperto una nuova geo-
British Art and British Studies, è una delle più note e Il Mellon Center è una delle più emozionanti e intellet-
quarto della lunghezza), noto dunque che questo punto metria che giustifichi il vostro linguaggio, e delle
studiate opere di Louis Kahn. Obiettivo di questo scrit- tualmente feconde variazioni architettoniche sul tema,
non si trova nemmeno sulla bisettrice di un angolo nuove leggi dell’ottica, a nome di tutti i pittori vi sup-
to è quello di appuntare qualche riflessione su uno dei di genealogia secolare, del palazzo urbano. L’idea spa-
retto, ma di un angolo di 60°. plico di enunciarli, ma chiaramente, almeno.
tanti disegni di studio prodotti da Kahn nella fase di ziale del blocco compatto multipiano, spesso rivestito
Una volta constatata la scorrettezza del vostro enun- Vogliate accettare …
ideazione del progetto, disegni pubblicati, fra l’altro, da un paramento architettonico fortemente gerarchiz-
in un bel testo di Patricia Cummings Loud dedicato ai zato, con una corte interna e spazi di cristallina defini-
musei del maestro. In particolare ci soffermeremo su zione volumetrica, viene adottata e nuovamente stu-
uno schizzo, datato 1970, in cui è raffigurato il fronte diata da Kahn per rispondere alle esigenze funzionali e
nord del Mellon Center, quello rivolto alla strada prin- rappresentative della collezione di arte inglese di Paul
cipale, Chapel Street, con i due corpi di fabbrica acco- Mellon, bisognosa di un museo e di laboratori, uffici,
stati e le enormi travi ad sale riunioni e audito-
arco ribassato che dise- rium.
gnano il partito architet- Sin dall’inizio, Kahn
tonico. Sotto, una scritta individua la “mossa”
vergata a mano, dai compositiva che conno-
caratteri tipicamente terà tutto l’iter di pro-
kahniani, per noi imma- getto e infine la costru-
ginifica forse più del zione realizzata, acco-
disegno stesso: Palazzo stando due “palazzi” a
Melloni. corte, l’uno adiacente
Quale più suadente all’altro, per ricavarne
madeleine di questa è un unico edificio. Que-
possibile escogitare per sta decisione aggancia
un architetto ancora non l’apertura del processo
lobotomizzato dai pixel? ideativo (la pianta a
Quale migliore innesco doppia corte) alla tradi-
per risvegliare energie mnemoniche poietiche latenti zione consolidata del palazzo urbano, e in particolare a
(si spera!) nella nostra mente? quella variante con due corti accostate visibile nell’O-
Palazzo Melloni è una terapia per sfuggire allo stordi- spedale milanese del Filarete, nell’Altes Museum di
mento indotto dalle troppe immagini e dalle troppe Schinkel e in infiniti edifici, noti o anonimi, distribuiti
parole di ogni giorno, per staccarsi un momento dal a Roma come a Firenze, a Milano come a Parigi o Lon-
monitor e ritornare a credere all’impossibile credibile dra. Ogni idea di spazio architettonico è inevitabilmen-
vichiano, alla bella menzogna della poesia dantesca, te, anche, uno schema distributivo, una relazione tra
alle ombre di De Chirico. Con quelle due parole in ita- parti, e probabilmente il doppio blocco a corte consen-
liano Kahn ci offre, indirettamente, come facendoci tiva a Kahn una flessibilità organizzativa appropriata
l’occhiolino o sorridendo a occhi bassi, una lezione di alla complessità delle richieste funzionali della com-
grande semplicità, spogliata da ogni cripticismo e dai mittenza. Ecco perchè, nel progetto kahniano, l’idea
toni demiurgici con i quali era solito velare e protegge- rimane inalterata dall’inizio alla fine, mentre mutano

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Palazzo Melloni, Yale Center

intorno ad essa le forme con le quali tentare di affer- evidenziata con mezzi sempre uguali e standardizzati. nia con il palazzo e il suo status espressivo. Nella pos- barocche dentro e romaniche fuori... Questo discorso
rarla e farla apparire. Una stanza di un palazzo non deve stupire con elemen- sente corte del Bargello, ad esempio, la scala si svilup- va tuttavia calibrato in relazione ad un’altra decisiva
Prima di osservare le soluzioni con cui Kahn sperimen- ti inconsueti, ma piuttosto offrire uno spazio adeguato pa costeggiando una delle pareti perimetrali, mentre in caratteristica del palazzo urbano, che può isolarsi come
ta, nel caso specifico, il tema del palazzo urbano, cer- alla celebrazione dei riti sociali più importanti, farsi altri casi, come nei palazzi rinascimentali, il corpo figura a tutto tondo, oppure inserirsi entro quinte edi-
chiamo di stabilire quali sono gli elementi compositivi cornice appropriata per eventi molto più significativi scala è frequentemente incastonato dentro uno spazio lizie più ampie. Essendo libero su tre lati, Palazzo
di base di cui egli poteva disporre per sviluppare le pro- dell’architettura che li ospita, e in definitiva deve ser- corrispondente ad una stanza, aperto sul portico della Strozzi è una sorta di “Colosseo quadrato”, come il
prie variazioni. vire e non essere servita da coloro che la usano. Per corte. In esempi di carattere monumentale, come il Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur, mentre il menzio-
La pianta di un palazzo, cellula urbana per eccellenza, questo, eccelso costruttore di stanze fu Mies, che con- Palazzo Reale di Napoli, il “corpo scala” è uno spazio nato Palazzo Rucellai è “solo” una facciata, perfetto
è analoga a quella di una città antica: un tessuto con- ferì alle sue “aule” e alle sue sale una sovrana calma immenso come una basilica, e assume su di sè le dimen- “stiacciato” in pietraforte di elegantissime proporzioni
tinuo animato, quando necessario, dei punti notevoli iconica e spaziale, facendo veramente spazio per gli sioni, le forme e la solennità di un protagonista assolu- albertiane. La Casa del Fascio a Como è un moderno
che su quello risaltano. La trama di base del tessuto è atti, i movimenti e i pensieri sociali dei suoi commit- to, che introduce all’edificio con un acuto stordente, Palazzo Strozzi in telai di cemento, tamponature into-
costituita dal nucleo tenti. E accanto a lui, intenso, mentre la luce nacate, e ancora logge e
della “stanza”, o sala. non possiamo dimentica- lo inonda generosamen- sale armoniose. Di con-
Questo spazio, vera sca- re i tanti illustri scono- te incanalandosi tra i seguenza, la sensazione
tola di luce disposta fra sciuti che costruirono vetri della loggia supe- di sorpresa da cui siamo
parete esterna e corte palazzi nelle maggiori riore. colti quando visitiamo
interna, varia e si tra- città d’Europa o anche Perdersi in un palazzo un palazzo urbano è sen-
sforma assumendo confi- in piccoli paesi come risulta dunque impossi- z’altro accentuata se la
gurazioni tra le più quelli del Salento, dove bile, a meno che non si soglia che attraversiamo
diverse per ruolo e lungo strade dalle pro- tratti del fiorentino è niente più che una
importanza, a seconda porzioni decorose spesso Palazzo Vecchio: qui, facciata, un semplice
che debba essere un si affacciano piccoli edi- dentro la scorza arnol- schermo che tuttavia
semplice spazio di servi- fici, magari di soli due o fiana di pietraforte, introduce in un mondo
zio, uno studiolo per il tre piani, di una sempli- costituita dal grande complesso e del tutto
committente, un salone cità spaziale disarmante blocco merlato e da inaspettato; all’oppo-
affacciato sul Canal eppure sconvolgenti per quello più piccolo della sto, l’emozione sarà di
Grande, o debba magari l’armonia dell’organiz- torre - modello in scala gran lunga meno intensa
aprirsi come loggia d’an- zazione interna. Qui, in ridotta del blocco princi- se ben prima di entrare,
golo sulle muraglie di una stanza di pochi pale - Vasari ricavò un incredibile incastro di stanze, dallo spazio circostante, avremo potuto cogliere lo svi-
Palazzo Vecchio. L’una metri quadrati, stru- sale, studioli e logge, doppie pareti e sequenze meravi- luppo dell’edificio nelle sue tre dimensioni.
accanto all’altra, le menti semplici come le gliose di spazi, integrando nuovo e vecchio e dando vita In ogni caso, ruolo e funzione del rivestimento esterno
stanze danno vita al tessuto continuo e tridimensionale proporzioni, una bella volta a stella, una finestra da cui ad un vero puzzle spaziale in cui è persino piacevole sono anche quelli di “rilegare” e tenere insieme spazi
del palazzo, così come le case danno forma e immagi- penetra il chiarore di una luce unica, possono farci cre- smarrirsi. diversi, racchiudere in un unico manto cellule e volumi
ne a quello della città. Almeno una volta per ogni dere, a volte, di essere in un’aula enorme e vastissi- Eppure, in colui che vuole conoscerlo e visitarlo, qual- originariamente differenti, definendo un guscio che
palazzo, una stanza-casa diventa “cattedrale” o ma. che dubbio il palazzo lo induce. Pensando ad esempio a d’un colpo rinnova il volto con cui la costruzione si pre-
“palazzo”, assume cioè le sembianze di elemento note- Ma come si giunge a questi gioielli incastonati in ogni Palazzo Rucellai, o allo stesso Palazzo Vecchio, è spon- senta nello scenario urbano. Nelle nostre città, simili
vole della trama, facendosi solista nel coro. Nascono palazzo? Come percorriamo questo “cubo magico” taneo chiedersi se il partito architettonico esterno e gli casi di accorpamento sono assai numerosi, e suggerisco-
così alcune delle più belle stanze che conosciamo: la apparentemente così semplice? Superato l’androne spazi interni siano frutto di una medesima concezione. no, tra l’altro, un certo grado di indipendenza fra
sala del Palazzo di Parte Guelfa a Firenze, la sala di d’ingresso siamo accolti da una corte scoperta, In definitiva si percepisce, in non pochi casi, e spesso a “abito” e “corpo”.
Donatello al Bargello, certe sale da ballo di Schinkel, o anch’essa stanza fra le stanze e luogo ordinatore di causa di mutazioni indotte dall’uso e dai lunghi tempi Individuati i temi architettonici che il palazzo urbano
la sala riunioni nella Casa del Fascio di Terragni, così tutto il complesso. Dalla corte comprendiamo come di costruzione e vita di questi edifici, una sorta di scis- propone, o meglio alcuni dei più importanti, possiamo
come alcune splendide sale nei palazzi di Hans Kollhoff orientarci, e tutto ci è chiaro quando di fronte a noi si sione fra l’abito lapideo che riveste il corpo di fabbrica indagare su come Kahn li abbia interpretati, quali abbia
a Berlino. Ciascuna di esse è illuminata da finestre, aprono le rampe di una scala, che a volte è uno scalo- e la configurazione interna. In tal senso, l’architettura adottato, e quali altri abbia trascurato o del tutto igno-
coperta con sistemi lignei o voltata, pavimentata sem- ne monumentale di forte impatto scenografico, esso dei palazzi ricorda, qualche volta, quella delle chiese rato.
plicemente o con superfici preziose, e soprattutto stesso spazio esaltante per forma e caratteristiche, a antiche ma rimodellate all’interno, che essendo state Variare significa, innanzitutto, produrre qualcosa di
dotata di un’indole spaziale della massima chiarezza, volte è qualcosa di più sobrio, ma pur sempre in armo- riadattate al gusto delle epoche successive appaiono nuovo partendo da ciò che già esiste. Ma la particolari-

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Palazzo Melloni, Yale Center

tà più intima e preziosa di questo esercizio sta nella due blocchi dello spazio interno. Ne risulta una pianta posto come una cerniera fra i due vuoti quadrangolari libero per le vetrine dei negozi e per gli accessi. In pro-
capacità, richiesta a colui che lo pratica, di mostrare in cui un recinto esterno - costituito da volumi lunghi e delle corti, e destinato ad essere chiaramente percepi- fondità, questa parete torna ad essere una doppia e
nel risultato del procedimento l’opera originale, la tra- stretti nei quali una enorme trave Vierendeel copre la to da entrambi gli ingressi all’edificio: quello principa- lunga “manica”, che ispessendosi mediante un appro-
sformazione variata e ancora l’originale, così come fa luce fra quattro sostegni puntiformi angolari - ingloba le sulla Chapel Street, e quello secondario su High priato sistema di telai strutturali, ospita gli spazi più
Glenn Gould suonando le Variazioni Goldberg. Una spe- gli spazi a corte e quattro torri destinate alle scale di Street. Tale scalone rappresenta, a tutti gli effetti, uno ampi e a maggior sviluppo longitudinale. Kahn non
cie di espansione per cerchi concentrici che dà vita a servizio. dei più classici elementi del palazzo urbano, l’ennesi- rinuncia, pertanto, alla complessiva gerarchia spaziale
decine di frutti nuovi, e infine si chiude nel punto di Considerato il modulo che Kahn adotterà nella versione mo frutto di quella lunga tradizione approdata alla impostata nel primo progetto, ma ne trova una diffe-
partenza saldando vecchio e nuovo in armonica com- finale del progetto, pari ad un quadrato di sei metri di Scuola delle Beaux-Arts e tanto cara a Kahn sin dagli rente disposizione mutando il genere e la specie degli
presenza. In sostanza, a chi si prefigge di variare un lato, i lati lunghi definiscono una campata che si può anni della sua prima formazione. elementi costitutivi. Il “tessuto” delle stanze che stan-
tema architettonico è richiesto di riconoscere l’idea valutare di circa 25-30 metri: un’arcata da ponte a for- Fra i più suggestivi spazi interni di questa prima soluzio- no intorno alle corti viene gestito, ancora una volta,
che struttura le opere prese a modello, e di produrne la mare la “parete” del Palazzo Melloni. Ciascuna di que- ne, va sicuramente ricordata la galleria espositiva per mezzo di impegnativi schemi strutturali, generato-
variazione senza che l’idea stessa venga sminuita, ste campate rettangolari allungate sembra essere costi- all’ultimo piano. Essa riprende le proporzioni planime- ri di grandi spazi liberamente allestibili ad ogni piano.
negata o fraintesa, ma anzi risulti ancor più chiara e tuita dai quattro piedritti posti alle estremità, dai solai triche della campata del Kimbell Museum, un parallele- Tale scelta lascia nuovamente emergere lo schema ini-
leggibile proprio per mezzo del “nuovo relativo” orizzontali che articolano lo spazio interno, e dalla pipedo lungo e stretto voltato a botte, ma si caratteriz- ziale, una pianta in cui le due corti sono fiancheggiate
costruito. trave Vierendeel a profilo ribassato posta in copertura. za per la copertura ad arco ribassato disposta sulla lun- da lunghi edifici, che prolungandosi appena oltre i limi-
E questo fa Louis Kahn. Studiare il Mellon Center diven- Kahn pare ricordarsi delle grandi invenzioni strutturali ghezza, e non in trasversale. Gli schizzi kahniani sem- ti di queste si affacciano sui lati minori come “torri”,
ta dunque un’occasione per riapprendere cosa sia un dell’architettura romana, e immagina un edificio come brano proprio raffigurare le arcate di un ponte sotto cui sostegni di un “vuoto” aperto sulla città come il loggia-
palazzo urbano; per ritrovare, di quell’idea di spazio, assemblaggio di edifici. Ognuna di queste “pareti” è sia stato allestito un museo, ma questa possente strut- to di Palazzo Piccolomini a Pienza: su High Street, la
alcuni elementi cardinali; per riflettere nuovamente, infatti essa stessa un “palazzo” per dimensioni, porta- tura fu una delle cause che portarono la severa e pre- prima corte è separata dallo spazio esterno solo dai
infine, sull’idea di tipo architettonico e su cosa essa ta figurativa, organizzazione planimetrica e gerarchia paratissima committenza a sollecitare un insieme di piani vetrati delle “cross hall”, veri e propri ponti di
significhi nell’ambito della composizione architettonica. in elevato: basamento a destinazione commerciale, modifiche, costringendo il progettista a impostare una collegamento fra i due lati principali del complesso; su
Per il Mellon Center Kahn fornisce tre soluzioni signifi- successione di piani intermedi, e infine galleria a pian- seconda soluzione. La critica rivolta a Kahn riguardava York Street, dalla parte opposta, Kahn immagina inve-
cative, ciascuna corredata da molteplici sottovarianti. ta libera all’ultimo livello, coronata dalla grande volta. proprio il pericolo di una sproporzione fra questa gran- ce la seconda corte come sistema di terrazze digradan-
L’area a disposizione è un rettangolo allungato con tre Cinque di questi “palazzi” dalla pelle di granito circon- de arcata e l’immagine complessiva del museo, come ti verso lo spazio pubblico.
fronti rivolti allo spazio pubblico: uno dei lati maggiori dano le corti, mentre incastrate alle loro estremità se la forza iconica dell’edificio potesse divenire pre- Forse, l’idea più feconda di questa seconda soluzione è
fronteggia Chapel Street, importante arteria che pochi emergono quattro torri-scala in acciaio, poste a segna- ponderante rispetto al significato dell’istituzione: un l’ampio scalone centrale. Soluzione eccezionale, degna
metri più avanti, sul lato opposto, lambisce un’altra re le facciate dei lati corti come sovradimensionate “problema” quantomai familiare e ricorrente - per for- della fantasia spaziale di Piranesi o della teatralità
celebre costruzione kahniana, l’Art Gallery della Yale colonne d’accesso. Su York Street, verso la chiesa batti- tuna, diciamo noi - nell’architettura kahniana. architettonica dei Bibbiena, esso opera da vettore di
University; i due lati corti si affacciano su High Street e sta, non compare alcun corpo di fabbrica a ponte, ma lo L’input di una committenza di alto livello - comunque movimento verticale tangente il “piano” di separazione
York Street; il secondo dei due fronti a maggior svilup- spazio della corte si apre all’esterno con terrazze e interessata a rappresentare sé stessa attraverso un’ar- fra i due grandi blocchi, piano che così risulta eviden-
po, a sud, si volge verso un’area interna contigua ad piantumazioni in quota. Il rivestimento lapideo degli chitettura di qualità - favorì lo svilupparsi del processo ziato e prende corpo come vero e proprio tema archi-
altri lotti. Su York Street, l’edificio si confronta con la elementi perimetrali appena descritti è appropriato al progettuale in una direzione addirittura migliore. Kahn tettonico. Qui, gli assi ordinatori della struttura, signi-
Calvary Baptist Church, presso la quale Kahn avrebbe tema architettonico, e infatti ne sottolinea la geometria impostò l’edificio con forme diverse, ma secondo idee ficativamente, si sdoppiano, quasi a voler rendere
dovuto costruire, successivamente, una biblioteca d’ar- arcuando le linee di separazione tra ricorsi successivi, spaziali simili e forse identiche. Fermo il principio dei ancora più chiara la logica che sottende l’intera com-
te connessa al Mellon. Di conseguenza, unici prospetti peraltro evidenziate dal ritmico contrappunto dei giun- due grossi blocchi edilizi accostati, ciascuno con la sua posizione. Questa “lobby” è un aereo complesso di telai
completamente “a vista” risultano quello lungo la via ti verticali; in uno studio successivo, invece, questa sin- corte interna, l’idea strutturale con cui prima erano cementizi e rampe curvilinee, entro il quale trovano
principale e quello corto su High Street. golare tessitura è sostituita da una trama rettilinea di risolti i volumi perimetrali si traduce ora in un sistema spazio anche le due torri degli ascensori. Superato l’in-
Come spesso succede, la prima proposta tratteggiata è telai cementizi, resa ancor più monumentale, se possi- trilitico di telai cementizi che configurano una sorta di gresso da Chapel Street, chi percorre il lungo androne
di forte suggestione fantastica, contrassegnata da bile, dalla doppia arcata che chiude l’intero prospetto. portale. Sul Chapel Street i due “palazzi” affiancati giunge nella “central hall” (disposta “sotto” la parete
un’invenzione spaziale che determina il carattere e il Lo spazio interno, cinto da queste “muraglie”, è preva- propongono una grande parete intelaiata, articolata in divisoria virtuale cui abbiamo accennato), per poi tro-
volto di tutto l’edificio. Kahn circoscrive gli invasi qua- lentemente illuminato da luce zenitale, incanalata piani e fondata su quattro pilastri posti alle due estre- varsi in posizione perfettamente baricentrica: alla sua
drangolari delle due corti con una sorta di lunga “mani- entro torri vetrate che raggiungono il piano terra; nella mità. Ciò che prima era un ponte ad arcate sovrappo- sinistra si apre il “portale” dello scalone - dove i due
ca” simile alle ariose campate del Kimbell Museum: corte su York Street, invece, l’illuminazione è favorita ste (arcate disegnate dal rivestimento, con solai oriz- ascensori fiancheggiano il varco d’ingresso al sistema
all’unico elemento disposto sul lato minore (High dalla naturale apertura verso l’esterno. Centro dell’e- zontali e “volta” di coronamento), assume ora le vesti simmetrico di rampe - mentre alla sua destra è colloca-
Street) si aggiungono i due elementi allineati su ciascu- dificio così configurato è un ulteriore corpo scala dal di una enorme trave-parete poggiata su piedritti, to l’accesso all’auditorium; in seconda battuta, sono
no dei due fronti maggiori, a sottolineare l’articolarsi in carattere fortemente scenografico e rappresentativo, lasciando nuovamente al piano terra un ampio varco poi raggiungibili i negozi e gli spazi minori. Possiamo

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale.

solo immaginare - ed è già tanto - l’emozione di poter modulo base - corte a modulo doppio - modulo base - CONCLUSIONE: IL SENSO DELLE PROPORZIONI
davvero vedere quella scala e salire quelle rampe. Ci modulo doppio corrispondente alla lobby dei collega-
saremmo trovati a vivere, crediamo, un’esperienza di menti verticali (“fusa” per la larghezza di un modulo
notevole intensità, senza dubbio analoga a quelle spes- con la seconda corte, estesa per tre moduli) - corpo di
so descritte da Luigi Moretti, “classica” per connotati fabbrica di modulo doppio. In questo proporzionamen-
“Io non rispetto la tradizione: la amo”
I. Strawinsky
visivi, proporzioni, tensione fra sequenze spaziali: dap- to, la maglia planimetrica assume una tensione vertica-
prima la corte coperta, poi il lento aumentare dell’in- le appena accennata: ogni cellula 6x6m diventa poco
tensità luminosa approssimandosi alle botti strette e più che cubica elevandosi sino a due piani, e l’incavo
lunghe dei lucernari, e in fondo, oltre la “loggia” dei della corte assume anch’esso analoghe proporzioni - un
piani a “cross hall”, lo spazio della città - una strana cubo appena più alto della norma - giungendo all’altez-
specie di Val D’Orcia kahniana... za massima di quattro piani fuori terra, giusto all’intra-
La terza e definitiva soluzione progettuale - a sua volta dosso dei lucernari crociati. Un simile “respiro”, quasi
articolata in sottofasi di sviluppo - si caratterizza per un movimento astratto delle membrature costruite,
una forte razionalizzazione dell’impianto, o più esatta- consente al progettista di ritrovare senza sforzo e in
Ha senso, nel terzo millennio, tra rappresentazioni olo- intenderci), la comprensione dei rapporti geometrici e
mente per una riduzione all’essenziale degli elementi maniera apparentemente semplice la giusta posizione
grammatiche, realtà virtuali, protesi cibernetiche e sintattici delle varie parti di un edificio faciliti l'opera-
compositivi, distributivi e strutturali con cui esplicitare delle parti, l’appropriato meccanismo di relazione fra
quant’altro, parlare di tracciati regolatori, di propor- zione di rilevazione tutta. Nessuno dubita della como-
l’idea (sempre la stessa) dei due “palazzi” a corte di esse, e di massimizzare la visibilità dell’idea perse-
zioni? La sezione aurea custodisce qualche mistero? La dità del metro come sistema di misura; ciò nonostan-
accostati. Sulla base di ulteriori e puntigliose osserva- guita. Lasciandosi alle spalle, pur senza dimenticarla,
radice di due (√2) può rivelarci ancora qualcosa? Quale te, nello studio dell'architettura (e dell'architetto),
zioni della committenza, Kahn organizza un edificio la potenza costruttiva e figurativa delle ipotesi prece-
rapporto può esserci tra le architetture di un Gehry o di esso può essere fuorviante perché riduce l'opera archi-
totalmente composto da cellule “cubiche”, ordinate in denti, con “niente”, o pochissimo, Kahn riesce a man-
un Eisenman e la teoria dei medi proporzionali? tettonica a dati quantitativi (larghezza, lunghezza,
pianta da una maglia strutturale a moduli quadrati di tenere inalterato il tema delle due grandi corti - e il
altezza), offuscandone la comprensione più autentica.
circa sei metri per sei, e giunge ad una chiarezza e a corpo scala fra i due palazzi, e le sale piccole e grandi
Domande retoriche, forse. Ritengo invece che lo studio Indifferente all’oggetto cui viene applicato, ignorando
un’eleganza spaziale che lungi dal far rimpiangere le “foderate” efficacemente dai tamponamenti esterni e
delle proporzioni abbia ancora un senso per lo studen- se ciò che viene misurato sia un piedistallo o un capi-
invenzioni “eroiche” delle soluzio- interni - e conferisce alla costru-
te e l'architetto compositore. Le ragioni possono divi- tello, una lunghezza o un'altezza, il metro perde
ni precedenti, piuttosto le sorpas- zione realizzata un carattere quasi
dersi in quattro categorie principali: l’una di carattere (meglio: non ha affatto), la capacità di intuire il ruolo
sa per compiutezza e unitarietà. domestico, quella domesticità pro-
un po’ più storico, ma propedeutica alla composizione; che ha la colonna rispetto all'altezza del vano, la lar-
Per mezzo di un sistema struttura- pria del palazzo signorile.
le altre tre, invece, prettamente compositive. ghezza di questo rispetto all'apertura della porta e così
le semplificato, costituito da pila- Durante uno degli incontri prelimi-
La prima è che l’acquisizione di una certa sensibilità di seguito. L'applicazione pedante del sistema metrico
stri e solette in cemento e coadiu- nari avuti con Louis Kahn, Paul Mel-
alle proporzioni permette un approccio di tipo qualita- distrugge la trama di rapporti gerarchici e semantici su
vato, ove necessario, da travi e lon ricevette l’architetto nella sua
tivo verso l’opera architettonica. Infatti, poiché mol- cui spesso l'edificio si regge. Chi si mette a leggere
setti portanti (ad esempio in corri- casa e nella sua biblioteca. Kahn fu
tissima dell'architettura antica è stata costruita con (leggere nel senso di studiare) la Sagrestia Vecchia con
spondenza delle torri con i colle- particolarmente colpito da quella
moduli calcolati geometricamente, sarebbe corretto e il metro è fuori strada: probabilmente non comprende-
gamenti verticali), i due “palazzi” visita, e ricordò sempre il momen-
fertile leggere l’opera nella “lingua in cui è stata scrit- rà nulla della sua complessità e anzi, per paradosso,
originari vengono inglobati in to in cui il suo mecenate provò a
ta”. Potremmo infatti benissimo, nello studiare i più essa potrà sembrargli finanche banale. Il metro è figlio
un’unica organizzazione additiva raccontargli il piacere di poter
grandi esempi di questa, fare a meno del metro53. Non primogenito di Cartesio. La sua potenza (il piano car-
“ad quadratum”, articolata essen- ammirare le opere d’arte all’inter-
si parla qui di uno studio finalizzato ad un'opera di tesiano: la griglia), può coprire e nascondere qualsiasi
zialmente in due gradi gerarchici: no della propria abitazione, piutto-
restauro “scientifico” dell'edificio, per il quale il oggetto. “Noi oggi potremmo dire che, per la diversa
il modulo 6x6m della “stanza”, e il sto che in un museo, in ogni
metro è sicuramente utile, ma di uno studio rivolto a funzione assegnata ai due sistemi, si possano generare
suo “multiplo”, pari a 12x12m momento della giornata. Un piace-
comprendere come l'opera sia stata concepita, come paradossalmente due distinti modi di rilevare l’archi-
(quattro moduli). Sul lato corto re che avrebbe voluto poter tra-
sia stata costruita, quale sia la sua morphé (nel senso tettura. Ove opera il modulo, infatti, parrebbe suffi-
dell’edificio, la sezione presenta smettere, in qualche modo, anche
greco del termine). Chi è pratico di rilievo architetto- ciente la determinazione di un solo dato, il semidiame-
tre moduli doppi (secondo la suc- ai visitatori del nuovo edificio.
nico non può nascondere, in ogni caso, come anche tro della colonna, per ottenere tutte le altre misure,
cessione: corpo di fabbrica - corte In effetti, cos’altro sono gli spazi
nella prima fase del rilievo (quella dell'eidotipo, per anche se inaccessibili; laddove invece agisce una misu-
- corpo di fabbrica); su quello del Mellon Center, se non le “stan-
lungo, partendo da High Street, ze” di una grande casa, o meglio
abbiamo la seguente scansione: del Palazzo del Signor Melloni? 53 Si veda il metodo di Milizia per dimensionare gli elementi architettonici, basato su partizioni successive, e quanto sia irriducibile (concettualmen-
te, è ovvio) al sistema metrico.

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Conclusione: il senso delle proporzioni

ra convenzionale, per conoscere le grandezze è neces- Parlo evidentemente di una storia dell’architettura ad mentato. A prescindere dalla fase metrica, è un rilievo mento, tramite un’indagine approfondita del rilievo,
sario procedere alla misurazione sistematica di tutte le uso e consumo di architetti creatori di forme, e non dove spesso si consente (e si incoraggia), l’allievo a conduce ben al di là di una constatazione metrica spa-
parti.” (Torsello, 2006, p. 56) invece di storici o critici dell’architettura55. E non per mettere in mostra le proprie capacità grafiche nel zio-temporale perché conduce tale esperienza alle
Quanto appena detto vive su una premessa implicita: reiterare una distinzione insensata tra architetti riprodurre un soggetto architettonico. Il rilievo si tra- soglie della creazione compositiva. L’atto di rilevare il
che la storia dell’architettura abbia un valore positivo. costruttori e critici o storici. Poche cose mi hanno libe- sforma insomma in disegno dal vero: una natura morta. modello della Cupola di S. Pietro o la Cupola vera,
A chi non assegna nessun valore alla storia, il discorso rato nella visione dell’architettura come alcune pagine Con la sola differenza che il soggetto non è un vaso di mentre coglie forme uguali in scala diversa, spiega
appare infatti inutile. di Colin Rowe o di Tafuri, e ritengo che i critici abbiano frutta ma un edificio. Ma è evidente che così come un immediatamente la sostanziale differenza delle strut-
Ma a questo punto è forse opportuno esplicitare la pre- una funzione importantissima nella formazione cultura- buon ritrattista non è necessariamente un buon pittore, ture costitutive dei due fenomeni le cui forme, pur
messa e dichiarare la qualità del rapporto con la storia. le dell’architetto. Mi rivolgo ad architetti costruttori un rilievo di quel tipo non dà alcuna garanzia sulla paragonabili nelle apparenze, denunciano la sostan-
Il rapporto che intendiamo è immediato e proficuo, dis- perché spesso, nel disegnare un’opera, occorre sì rifar- bontà dell’architetto. ziale differenza che sottende alla loro concretezza.
involto e profondo allo stesso tempo. La maieutica si ad opere del passato, ma dimenticando la data pre- Per rilievo architettonico vorrei invece intendere qui Così risulta l’inconsistenza di qualsiasi approccio for-
leoncilliana costringeva da un lato ad allargare il pro- cisa, l’autore, la committenza. Del passato possiamo un’altra cosa: il rilievo dell’architetto che va incontro malista alla realtà architettonica, la quale si può
prio ambito di ricerca, e dall’altro a restringerla. liberamente prendere una forma, una suggestione, e al monumento con delle domande da porre. “Qui è il intendere appieno solo se condotta con rigore fino alla
Restringere l’approfondimento storico, l’esattezza filo- svilupparla fin dove ci aggrada. Questo non significa punto centrale della questione: studiare la storia per sostanza più vera della struttura immanente nell’og-
logica, l’attribuzione certa, la data dirimente, e scon- avallare un comportamento predatorio del passato, percepire l’essenziale; ed è questo che si deve insegna- getto che si vuol decifrare.” (Rogers, p. 40)
finare invece nella pittura, nella scultura, nella lette- anzi. Prendere e sviluppare un’idea (una Figura, avreb- re fin dal principio, anche mediante il rilievo dei monu- È il rilievo che Le Corbusier fa quando si trova al Parte-
ratura e finanche nella musica. La sezione di questo be detto più correttamente Leoncilli Massi), implica un menti. La capacità di affrontare gli elementi dell’archi- none o nelle ville pompeiane. È il rilievo che fanno
libro, chiamata “interludio”, vuole essere appunto un atteggiamento di profondo rispetto e studio verso l’o- tettura non verrà affatto infirmata, ma troverà anzi Choisy, Viollet le Duc. È il rilievo che fa Palladio del
esempio di ciò che si intende quando si parla di un rap- pera presa a riferimento. “Gli oggetti di Morandi, sono, una possibilità di arricchirsi nell’interno dialogo che tempietto del Clitunno a Spoleto. E poi di Alberti, di
porto fecondo con la storia: ad immagini di suoi proget- in qualche misura, sovrastorici, almeno negli anni più ognuno farà tra ciò che egli inventa e ciò che è stato Brunelleschi.
ti vengono contrapposti, affiancati immagini di Palla- tardi. Sembrano pretesti per delle variazioni compositi- inventato prima di lui.” (Rogers, p. 102) La seconda ragione per cui lo studio delle proporzioni è
dio, di Schinkel, di Scamozzi, di Aldo Rossi, del Tem- ve. Non vi è quasi più memoria della loro modestia di E generalmente queste domande nascono quando si ancora significativo, è di ordine prettamente composi-
pietto del Clitunno. Ritengo che il rapporto con la suppellettili già utili ma ora inutili alle necessità quoti- deve costruire realmente un edificio: allora si guarda tivo. Parlare di composizione e di proporzionamento
memoria sia stato uno dei punti cruciali dell’insegna- diane e modeste.” (Contessi, p. 184) agli altri edifici con altri occhi. E questo, da un punto apre tuttavia un panorama così ampio che è impensabi-
mento leoncilliano54. Ed il termine è slittato non Appare chiaro quindi che una storia dell’architettura di vista didattico, implica che lo studente dovrebbe le provarne qui una sintesi, seppure brutale. Indico solo
casualmente da “storia” a “memoria”. La storia è infat- propedeutica al progetto va letta secondo un’ottica essere spinto presto ad un reale esercizio costruttivo, alcuni argomenti strettamente collegati: il rapporto tra
ti la sterminata teoria di opere, di dettagli, di fram- modulare, proporzionale, geometrica, e non, invece, in modo che sia obbligato ad un reale esercizio di rilie- proporzioni e dimensioni, il rapporto tra disegno e
menti, sullo sfondo di un tempo cronologico. La memo- metrica.Secondo un’ottica compositiva. vo. In quel momento lo studio, la visita e il rilievo assu- parola, il rapporto tra il disegno d’architettura e il
ria è invece già una musa: ha riorganizzato la storia. mono significati molto più intensi. Il rilievo architetto- piano, e, infine, il rapporto tra disegno e costruzione.
Dal labirinto della storia la memoria riesce a trarre quel Prima ho introdotto l’argomento del rilievo ed è bene nico compositivo obbliga a ri-progettare l’opera: a Accogliendo le tesi di Leoncilli Massi, le proporzioni tra-
filo rosso, che obbligando a ripercorrere alcune stanze, che qui lo riprenda perché è un punto fondamentale. smontarla e rimontarla. Per sapere come è stata scendono il mero dato geometrico-costruttivo, diven-
ci riconduce all’uscita. Siamo tornati da dove siamo Uso qui rilievo architettonico in un’accezione diversa costruita, la devo anche ri-costruire. Io lo chiamo rilie- tando più “dense” di significato. La proporzione è
partiti, certo, ma non siamo più gli stessi. Se infatti la che di solito si usa a scuola. E la assimilo più stretta- vo poetico. Sia perché è veramente un rilievo diverso "sprezzatura", diceva, indicando felicemente con un
memoria è una raccolta ordinata è perché è impossibi- mente alle “letture compositive” leoncilliane che non dal rilievo anestetico, sia perché è, nel senso greco del solo termine sia una condizione etico-intellettuale di
le ricordare tutto. E quindi è impossibile conservare al rilievo canonico, anche se non vi è ragione per cui le termine, produttivo. Questo rilievo obbliga ad un’edu- assoluta rilevanza, sia il contesto storico (rinviando a
tutto (anche sotto il profilo architettonico, ovviamen- due cose debbano escludersi a vicenda.56 Spesso il rilie- cazione alle proporzioni e alla tecnica: alla Baukunst. Il Petrarca e poi a Castiglione e Raffaello), in cui tale con-
te. E la cosa ha conseguenze immaginabili nel proget- vo che impariamo a scuola è rilievo architettonico sì, rilievo è dunque anche progetto: composizione. “L’ope- dizione nasce e si sviluppa57. La “sprezzatura” consen-
to). Le opere di architettura vengono ridisegnate e pie- ma solo nel senso che si applica alla materia architet- razione induttiva è altrettanto necessaria quanto quel- te di realizzare le più grandi opere senza che appaia il
gate al solo uso compositivo, e non storico. Che il tem- tonica, all’oggetto architettonico. Ma è un rilievo pas- la deduttiva e il compiere entrambe è una corroboran- minimo sforzo, senza alcuna eccentricità, ed è in que-
pietto del Clitunno sia autenticamente romano o poste- sivo, ri-produttivo, replicante, anestetico. Anestetico te ginnastica dell’intelletto e dei sensi. Particolarmen- sto simile alla mediocritas ciceroniana prima ed alber-
riore è ininfluente ai fini della composizione. nel senso che non pone domande: è un rilievo addor- te per l’architettura il penetrarne le strutture, il posse- tiana poi58.
derle, il variarle, è già fare, sicché esaminare un monu- Le proporzioni sono come un'intelaiatura "intima", uno

54 Credo che il professor Leoncilli avrebbe approvato questa frase di Rogers “La storia è un patrimonio disponibile: ridiventa materia prima plasma-
bile, secondo la volontà e l’interpretazione di cui siamo capaci.” (Rogers, p. 32) 57 Per ciò che concerne il piano come strumento figurativo e il rapporto tra dimensione e figurazione rinvio ai testi di Leoncilli Massi, e in partico-
55 “Altri progetti e altre realizzazioni gli appartengono, al di là dell’accanirsi degli storici su date e precedenze, gli appartengono, diciamo così, per lare a La leggenda del comporre, Alinea, Firenze 2003 e La composizione. Commentari, Marsilio, Venezia 1985.
diritto d’intelligenza…” (Grassi, 2007, p. 33) 58 Il tema della mediocritas, del mezzo, della medietà, riveste un’importanza straordinaria nell’estetica architettonica, passando per Palladio,
56 Cfr., per esempio, il paragrafo “Imitazione poetica” a p. 85 in: Leoncilli Massi, La leggenda del comporre, Alinea, Firenze 2003 Schinckel, fino al moderno: Loos, Wagner, Terragni.

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Conclusione: il senso delle proporzioni

scheletro che guida e governa il progetto senza appari- costruendo all’interno di sé i propri rapporti, le proprie L’insieme definito dal canone regolatore e dai nomi è la te ad un cubo… —. Osserviamo innanzi tutto che lo spa-
re. Esse sono una forma mentis: un tipo di intelligenza gerarchie, i propri significati. chiave dell’intero processo. Il primo dà la coerenza zio architettonico non può essere ridotto allo spazio
che permette di elaborare forme piuttosto che parole: “Avere la possibilità di reiterare in un edificio, sia nel all’atto costruttivo e i secondi certificano l’identità e la geometrico che è uno spazio senza misure. Ne consegue
sono il logos spermatikos. Occorrerebbe anche qui un suo insieme, che nelle sue parti, fino alle più minute, funzione. Dunque, il modulo non è semplice misura ma che un oggetto in apparenza così semplice come il cubo
po’ di “igiene del linguaggio” per comprendere che lo stesso ristretto insieme di rapporti tra le misure gli proprietà metrica connaturata al nome, è propriamen- dell’architetto, non è lo stesso di quello dello studioso
un’architettura frattale può essere difficilmente realiz- conferisce coerenza figurativa; e se tali rapporti sono te prosodia, vale a dire canto, felice congiunzione tra di geometria. Questo ultimo, come oggetto del pensie-
zata, e che in genere questa presunta “frattalità” si tra quelli ritenuti armoniosi la coerenza figurativa misura, poesia, musica e ritmo del numero. È espressio- ro dello studioso di geometria, non ha misure: il pensie-
riduce all’iterazione di un elemento architettonico alle diventa qualità estetica. […] Quella che qui è stata ne di quel privilegio che il mondo classico accorda al ro di costui non differirà secondo la taglia del cubo;
varie scale. Viene spesso mascherata anche con il ter- chiamata “compatibilità tra le figure” e che consiste in verbo essere, direbbe Foucault. cubo di tre metri o cubo di trenta metri, è sempre un
mine di autosomiglianza. E’ certo legittimo usare tali definitiva nella ricorrenza degli stessi rapporti sia alla Perciò, una volta deciso di costruire il tempio, magari a cubo per lo studioso di geometria. Per l’architetto è
locuzioni, ma il ripetersi di un elemento architettonico, scala degli elementi, che delle parti, che dell’insieme partire dallo stelo di una spiga quale grandezza inizia- tutto diverso. È impensabile che il cubo dell’architetto
diverso per dimensioni e localizzazione, apparteneva di un edificio, è alla base definizione vitruviana di sim- le, ogni parte dell’edificio, anche la più minuta, ne Spreckelsen per l’Arche de la Défense, a Parigi, in qual-
già al sapere architettonico tradizionale, che lo chia- metria, ripresa anche da Palladio, in particolare per gli resta definita in dimensione e foggia. E specularmente, siasi momento della sua concezione abbia potuto esse-
mava molto più semplicemente variazione. edifici religiosi” (Bolla, 1997, p. 132) non appena indico il nome di una modanatura, adottan- re pensato dall’architetto senza essere dotato di misu-
Pensare per proporzioni consente poi di liberarsi defini- Esse istituiscono un sistema logico in cui, fissate alcune do lo stesso stelo della spiga per misura, tutte le parti re almeno implicite e approssimative. Di primo acchito
tivamente dalla tirannia del metro59. Non solo, infatti, misure, le altre possono solo derivarsi da queste, e non del tempio ne discendono di conseguenza. il progetto di un cubo alla Défense, a Parigi, aveva una
questa quarantaquattromilionesima parte della circon- prescinderne62. Comporre è allora simile allo giocare a Il tempio è dominato dal commensurabile, dalla possi- “scala”. Ma, domandiamoci in che modo un architetto
ferenza terrestre "corrompe" la lettura di un edificio, scacchi, o allo scrivere musica: gli elementi fondativi bilità che una parte sia la misura dell’intero cui appar- dà delle misure ad uno spazio che si trova ad essere alla
ma anche la concezione, specialmente laddove essa si sono pochi, ma le possibilità combinatorie immense. tiene. E ciò che affascina i grandi matematici del fine di forma cubica”. In La questione della scala tra
lega alle attuali normative per l'edilizia (altezza vani = “L’ordine del linguaggio: nel tempio, ogni frammento è tempo, alla ricerca di regole interne alle figure geome- epistemologia e architettura, (Dispense del seminario),
2,70 m., larghezza corridoio min. 1 m., ecc.). identificato da un nome, e le cose disegnate sono unità triche e ai numeri, restii alla nostra idea del misurabi- IAUV, Venezia 1993. Il rapporto in questo caso è tutto
Si è sedimentata, nel tempo, e soprattutto nell’am- irrinunciabili della composizione. “Colonna”, “roc- le che esige il confronto con una grandezza estranea rivolto al momento poetico della creazione architetto-
biente del professionismo meno colto, una sorta di chio”, “base”, “capitello”, e così pure “cornice”, “tra- all’ente. I misteri che appassionano quei filosofi-mate- nica.
“estetica normativa”. Il "duetto" beazione”, “frontone”, “timpano” matici sono la quadratura del cerchio, la diagonale del In questo rapporto tra dimensione e figurazione si
tra metro e normativa è di soven- indicano parti sostanziali dell’edi- quadrato, la sezione aurea, la sequenza dei numeri inquadra il tema delle “temperaturae” vitruviane,
te così forte che non si riesce ficio; a quei nomi sono legate le primi, la magia delle serie numeriche, l’enigma dell’u- delle “seste negli occhi” di Michelangelo: le correzioni
nemmeno ad immaginare e che ci forme e la cadenza costruttiva che no.” (Torsello, 2006, p. 47) ottiche che è possibile apportare all’opera. Il tema non
possa essere stato (e che ci possa le regge. Ma anche “scozia”, Le proporzioni, benché importantissime, debbono cor- è secondario, ed ha opposto nel tempo due categorie
essere), un altro modo di dimen- “toro”, “listello”, “collarino”, relarsi in architettura ad un altro concetto per dare vita di persone: da una parte i “puristi” delle proporzioni e
sionare gli spazi.60 In questo senso “dentello”, e mille altri, valgono a a qualcosa di veramente reale e costruito: la scala, dall’altra i “sensibilisti”, per esempio63.
le proporzioni liberano le capacità individuare e a distinguere. Ogni ovverosia le dimensioni. Essenziale è cioè il rapporto Il problema è stato sempre presente, anche nell’antico
dell’architetto compositore, pur termine ha un doppio privilegio, in tra figurazione (nell’accezione leoncilliana del termi- Egitto, ma è soprattutto con la Grecia che diventa evi-
introducendo un altro vincolo, di quanto consente di riconoscere ne) e dimensione reale, operativa, rapporto affine a dente. La questione delle rastremazioni delle colonne,
tipo compositivo, appunto61. Il senza errore le cose - azione tipica quello tra spazio geometrico e spazio architettonico gli “scamilli impares”, non sono altro che il tentativo di
tentativo di Le Corbusier, con il del nome - e aiuta a conseguire la indagato da Philippe Boudon, seppure da quest’ultimo apportare quelle necessarie modifiche dimensionali
suo Modulor è, in questo senso, forma: i nomi hanno potere “con- risolto in termini forse più filosofici che architettonici. (reali), per fare in modo che la percezione sia di un
veramente liberatorio. I tracciati formante”. Così, il modulo e le sue “Se l’architetto lavora su di uno spazio che non esiste oggetto ben proporzionato.
regolatori, la geometria, obbliga- frazioni fissano i rapporti tra le ancora, il suo pensiero si sviluppa in uno spazio che “Con le dimensioni tutto cambia”, dice Valéry nell’Eu-
no ad un ritorno alle origini, ad parti, e i termini che le denotano chiamo lo spazio di concezione. Questi costituisce l’og- palino. L’architetto vero non può limitarsi e rinchiuder-
una riflessione dell’architettura sono fonte di atti edificatori oltre getto di conoscenza dell’architetturologia e io tenterò si in un mondo puro, fatto solo di rapporti e proporzio-
sull’architettura, la quale vive che certezza di identificazione. di darne una idea interrogandomi sul modo secondo cui ni. L’architetto vero deve, alla fine, fare i conti con le
un architetto dà le misure — non a una cattedrale dimensioni, con la misura. Le teorie proporzionali
(penso naturalmente a Panofsky), ma più modestamen- hanno sempre oscillato, nei secoli, tra un’oggettività
59 In questo senso, e come ritorno ad un antropometrismo di matrice umanistica, il Modulor di Le Corbusier non può essere visto che come un rega-
lo alla cultura architettonica.
60 “I fatti”, invece, parafrasando un noto scrittore, “sono ostinati”, e ci pongono quotidianamente di fronte a monumenti concepiti in altro modo.
61 “Tu mi discordi tutta quella musica …” dice Alberti a Matteo de’ Pasti per il Tempio Malatestiano di Rimini. 63 Si vedano, come semplice esempio, le critiche del Milizia a Palladio, per la sua “disinvoltura” sintattica o la querelle dei classicisti francesi, in
62 Si vedano i modi di trovare le altezze delle stanze in Alberti e Palladio, più avanti.
Fichet, F., La théorie architecturale à l’age classique. Essai d’anthologie critique, Mardaga, Bruxelles 1979

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Conclusione: il senso delle proporzioni

scientifica, esatta, ed una soggettività incisiva ed delle cose che sono all’interno e delle cose che vanno rafforza cioè un’identità, che può essere ristretta ad un comune, al quale tutte le parti obbediscono: come la
incontrollabile. Come è facile intuire, il rapporto all’esterno. Ma se portassimo al limite il ragionamento singolo essere umano ma anche ad un’intera classe, ad campata della cattedrale gotica, essa impone un siste-
dimensione-figurazione incide sia su una lettura tutta che stabilisce un’uguaglianza tra superficie (perché una collettività: una tribù. Un soldato può essere deco- ma al quale tutti gli altri elementi della costruzione
estetica delle proporzioni, sia su una tutta costruttiva. successiva) e superfluo, potremmo anche dire che un rato. Decorazione può essere anche un atto di ricono- sono subordinati.] (Rowe, 2000, p.110). Nel caso di Ter-
“Tandis que j’écris seul dans mon bureau, je ressens tetto è secondario rispetto alle fondazioni. Se così non scimento, di attribuzione. Decorazione che può meri- ragni, non si può dire che le colonne e le travi della
différement des choses absolument semblables dont è (e non è così), chiedo di applicare la stessa coerenza tarsi il soldato A o il soldato B. In un momento come Casa del Fascio siano prive di volontà estetica, che
j’ai parlé il y a quelques jours devant un public nom- anche al tema della decorazione. l’attuale, dove il concetto di identità è sottoposto ad siano lì per ragioni eminentemente pratiche e struttu-
breux à Yale. L’espace a un pouvoir et donne le ton” “In tal senso la decorazione non è più accessorio ma una profonda rivisitazione e ridefinizione, ritengo che rali. Questo tipo particolare di intenzionalità estetica,
[Mentre scrivo nel mio ufficio, sento in maniera diffe- fatto strettamente connesso al processo compositivo, la decorazione abbia una grande voce in capitolo. che ha fatto “tabula rasa” di modanature, fregi, colo-
rente le cose assolutamente simili delle quali ho parla- attributo, in senso albertiano, sostanziale al prodursi di La decorazione, intesa nel senso qui indicato, è anche ri, ecc., ha comunque consentito di generare ritmi,
to qualche giorno fa a Yale. Lo spazio ha un potere e dà quella bellezza artificiale – la forma creata – a cui que- ciò che permette dunque di stabilire un rapporto con tonalità, corrispondenze e altro, che vorrei appunto
il tono.] (Kahn, 1996, p. 46) st’ultimo tende.” (Leoncilli Massi, 1985, p. 54) ciò che mi circonda, sia in senso diacronico, sia in senso classificare come ornamento. Non c’è decorazione,
Vi è infatti un ulteriore risvolto costruttivo, strutturale, Intendo la decorazione come ciò che è degno, conve- geografico. Come posso inserirmi in un contesto certo, ma come vogliamo chiamare la precisione ritmi-
sul quale si dilunga egregiamente Salvatore Di Pasquale, niente, appropriato. Parlo di decorazione come capaci- costruito ignorando materiali e geometria, per esem- ca e formale della ultima casa di Ungers? Necessità dis-
a cui rimando per gli approfondimenti. In estrema sinte- tà plastica, come possibilità di una modanatura, di un pio? Come posso ignorare i ritmi consuetudinari, i rap- tributive? Statiche? Caso? La casa di Ungers non ha
si: un conto è un’opera tettonica pensata per delle profilo. La geometria e le proporzioni rappresentano un porti di luce ed ombra, i profili, le geometrie ribadite? decorazione, ma è tutta risolta in ornamento. Lo stes-
dimensioni e un altro conto è la stessa opera in un domi- raffinamento ed un’astrazione della decorazione figu- so lavoro che Loos stigmatizza nel calzolaio, nel
nio di dimensioni completamente diverse. Un ponte rativa, scultorea o pittorica. Che cosa sono, d’altra L’ornamento sarebbe invece l’azione estetica e costitu- momento in cui aggiunge dentelli e quant’altro alla sua
dimensionato per una luce di 40 m non mantiene le stes- parte, metopa e triglifo, se non una decorazione more tiva che non può dissociarsi dall’oggetto che si va tomaia, è qui profuso in attenti calcoli per stabilire la
se proporzioni (tra le parti), per una luce di 400 m. geometrico? Che cos’è la Postparkasse di Wagner se costruendo. L’ornamento è il tracciamento delle colon- giusta posizione di una finestra rispetto alla linea di
Necessità strutturali, legate alla gravità, obbligano ad non un’applicazione stringente e sistematica di un pro- ne, il triglifo e la metopa. In questo senso ornamento gronda, lo spazio tra una finestra e l’altra: le dimensio-
altri progetti formali. Senza proporzioni non vi è misu- porzionamento? Ma decorazione (meglio: ornamenta- sembra veramente avere una stretta parentela con ni della finestra stessa.
ra, intesa qui come adeguatezza della misura: “Quella zione), è anche capacità di generare un ritmo, di dare or(di)namento. Per quel tempio vi è solo quel triglifo: il Il quarto motivo è che l’uso delle proporzioni porta
cosa è smisurata!” per dire che ovviamente è invece un tono all’opera. Ed ecco allora che la disposizione bucranio potrà essere la decorazione dello spazio- necessariamente anche ad una riflessione tra norma e
sproporzionata, e non che non può essere misurata. delle bucature (bucature! Che brutto termine), delle metopa. Il Movimento Moderno, nella sua volontà di licenza. “La reinvenzione personalizzata della norma è
finestre e delle porte in una facciata, l’allineamento di rompere definitivamente con il passato, aveva da subi- ciò in cui si incarna l’azione dell’eroe. La norma dell’e-
La terza ragione, ancora compositiva, è che le propor- un portico, le dimensioni dei suoi pilastri, sono anche to dichiarato guerra alla decorazione. Tuttavia questa è roe, essendo un dover essere, è norma autoimposta.
zioni consentono di reintrodurre legittimamente il con- azioni decorative. La Casa del Fascio di Como è un rientrata, per così dire, dalla porta di servizio. La Neue Liberamente autoimposta.” (Contessi, p. 121)
cetto di ornamentazione in architettura. O almeno di supremo e sublimato atto ornamentale, se si vuole. Sachlickeit, la griglia strutturale (maison Dom-Ino), è Si legga per esempio questo passo tratto da una lettera
affrontare l’argomento senza pregiudizi “ideologici”64. “La decorazione torna a partecipare al generale pro- diventata la decorazione, la sola decorazione possibile: di Sir Edwin Lutyens a Herbert Baker.
Non parlo di ornamento in senso necessariamente cesso di oggettivazione della forma come elemento “Sans pousser l’analogie trop loin, il serait possibile de “Ho l’audacia di usare l’ordine dorico, corroso dal
“aggiuntivo” e cioè di una cosa che verrebbe aggiunta funzionale al chiarimento dei modi costituiti della stes- dire que, dans l’architecture contemporaine, l’ossatu- tempo, che trovo così bello. Non lo si può copiare. In
più tardi ad un’opera già compiuta, quasi perfetta in sa, fatto che riporta il tema decorativo a far parte inte- re en est venue à posséder une valeur analogue à celle realtà, bisogna impadronirsene e poi realizzarlo… Non lo
sé. Non penso alla decorazione come al superfluo, grante del progetto come dell’opera. E per essere qu’avait la colonne dans l’Antiquité gréco-romaine et si può copiare: ci si troverebbe presi in trappola e il
ammesso e non concesso che tutto ciò che sia aggiun- strettamente connessa al processo di “geometrizzazio- la Renaissance. Comme la colonne, l’ossature établit risultato sarebbe un pasticcio. È un duro travaglio, una
to, e cioè posteriore in termini cronologici, sia anche ne delle forme”, la decorazione diviene così materia pour l’ensemble de l’édifice une unité de mesure, un faticosa meditazione su ogni linea di ciascuna delle tre
ipso facto, superfluo. Credo infatti che si sia creato un “progettabile” che si sottrae all’arbitrio in funzione di dénominateur commun, auquel toutes les parties obéis- dimensioni e su ogni articolazione, e non ci si può per-
pernicioso parallelismo tra successivo e superfluo: tra un risultato unitario.” (Leoncilli Massi, 1985, p. 53) sent : comme la travée de la cathédrale gothique, elle mettere di spostare nemmeno una pietra. Se lo affronti
superficie e superfluo. Ma è evidente che una pratica La decorazione è anche ciò che identifica, che indivi- impose un système auquel tous les autres éléments de in questo modo, l’ordine è tuo, e ogni linea, essendo
complessa come quella architettonica non può esaurir- dua. Io sono e sono riconosciuto perché c’è un qualco- la construction sont subordonnés.” [Senza spingere l’a- prima elaborata nella mente, deve essere permeata di
si in un unico atto, in una fase, in un lampo. Esistono sa che mi definisce e mi distingue dagli altri. Il selvag- nalogia troppo in là, sarebbe possibile dire che, nell’ar- poesia e di arte nella misura in cui Dio te ne ha fatto
delle cose che vanno realizzate prima ed altre dopo, gio di Loos, nel tatuarsi, si identifica. La decorazione chitettura contemporanea, l’ossatura è arrivata ad dono. Se modifichi un elemento (cosa che puoi sempre
ottenere un valore analogo a quello che aveva la colon- fare), devi armonizzare con esso tutti gli altri con una
na nell’antichità greco-romana e nel rinascimento. certa cura e fantasia. Non è quindi una partita facile, né
“Riflettere, oggi, sul tema decorazione comporta la necessità di dover rimuovere, dalle nostre coscienze infelici, guardandolo negli occhi, uno
Come la colonna, l’ossatura stabilisce per l’insieme la si può giocare a cuor leggero.” (Summerson, p. 24)
64
dei divieti più proibitivi e ingombranti della tradizione moderna: la generosa utopia di quell’imperativo loosiano che, in modo quasi manicheo, pone
una scelta, in forma di salvezza, tra «ornamento e delitto»” (Leoncilli Massi, 1985, p. 81 dell’edificio un’unità di misura, un denominatore Abbiamo visto che le proporzioni possono “reggere”,

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sia l’impianto planimetrico del tempio che la dimensio- Alberti e Palladio. Alberti, con un’idea di grande astra- ducibilità concettuale ad una basata sulla riproduzione anche se stessa. Forse il problema è proprio nel verbo,
ne della stria, o del listello della voluta65. Questa zione, istituisce addirittura i rapporti non tra le singole fattuale, materica. Da un’estetica basata sull’informa- che dovrebbe traslare: da rappresentare ad ospitare.
estensibilità, questa versatilità del linguaggio consente dimensioni, ma tra le superfici di un ambiente. In un zione ad una basata sui dati: dalla lettura alla tattili- L’architettura può accogliere lo spirito del tempo, con-
(ma obbliga anche ad), una coerenza sistematica. locale ordinario un solo rapporto consente di passare tà”67. E la cosa trova una conferma lampante nell’atto sentirgli di essere vivo ed operante senza piegarsi ad
Le proporzioni forniscono un’occasione in più per un’i- alla terza dimensione, poiché le entità da correlare creativo di Gehry, che è un modellare. assurdi contorsionismi. I “flussi comunicazionali”, come
giene del linguaggio, una liberazione dal capriccio, un sono a questo punto due e non più tre. La logica generativa della forma sfugge ormai all’archi- qualcuno ormai dice, possono viaggiare benissimo sia
freno alla “libido aedificandi”. Ovviamente non è lo Palladio indica almeno tre diverse maniere per trovare tetto che non è più in grado di prefigurare la sua opera, attraverso le solide pareti dell’Altes Museum che attra-
strumento in sé a consentire ipso facto una maggior l’altezza di uno stesso locale, correlandola sempre alle ma deve arrivarvi o attraverso la scultura, in un “facen- verso il policarbonato di Kengo Kuma. Trovo una bellis-
coerenza o una possibile maggiore plasticità. Tuttavia dimensioni in pianta del locale. Questo significa poter do”, o attraverso il computer. Lo stesso Gehry ha fon- sima sintesi di ciò che voglio dire qui nel libro di Emery
lo studio delle proporzioni, della geometria, la loro fre- passare direttamente dalla pianta all’alzato e con una dato una società, la GT, che si occupa del problema del (Emery, 2007), ma soprattutto in questo passaggio:
quentazione, consentono di acquisire con maggior faci- certa flessibilità. rapporto tra la prefigurazione, chiamiamola così, ed il “Infatti, se la buona architettura è tale e resta tale in
lità questa forma mentis. Si vedano, tra le tantissime, Non dimentichiamo poi che la composizione classica disegno. quanto è capace di assumere il suo essere-per-gli-altri,
le tavole del Palladio per i templi, dove convivono il aveva come elemento fondante la pianta, dalla quale L’architetto infatti non è più in grado di disegnare l’ar- essa nondimeno sarà anche tentata, specie in epoca di
dettaglio più minuto con la dimensione maggiore del un architetto era in grado di derivare le altre misure e chitettura. Il disegno in pianta-prospetto-sezione non autonomia dell’arte – dal volere “cristallizzarsi in modo
tempio. l’organizzazione sintattico-tettonica mediante la quale ha più molto senso. autonomo e dal seguire una propria legge formale”
Ma qual è il luogo elettivo in cui le proporzioni ed una ricostruire mentalmente l’opera. Abbiamo parlato prima del rilievo. Pensiamo a quali (Adorno, Parva Aesthetica, p. 121), sarà insomma ten-
certa idea di spazio possono vivere? È il piano figurati- Si potrebbe obiettare che questo concetto di spazio, a problemi comporterà in futuro il rilievo del centro di tata da una sorta di desiderio formale tendente ad
vo di cui parla Leoncilli. Se il piano figurativo prospet- cui facciamo riferimento, è fermo al 1400. Occorre Bilbao. La qualità di questo rilievo dipenderà dalla avere il sopravvento sui suoi doveri, per quanto almeno
tico è capace di assumere in sé l’infinito dello spazio, dunque un’altra modalità rappresentativa? Avevano quantità dei dati a disposizione (più che dalla loro qua- parimenti costitutivi, nei confronti dello spazio pubbli-
allora la composizione nel quadro figurativo può creare ragione le avanguardie? I futuristi, i cubisti? E ora, i lità), e dalla capacità tecnica, computazionale, di ela- co. La misura – o la forma – capace di calibrare nel
lo spazio! Il piano è ovviamente strumento concettua- decostruttivisti? Lo spazio di Gehry, le “nuvole” di Fuk- borarne una sintesi. Potremo anche continuare il nostro migliore dei modi questo dualismo d’essenza e d’esi-
le, prima che operativo: è il campo d’esistenza dello sas sono veramente una nuova spazialità? O non sono “disegno dal vero”, ma non il rilievo architettonico. genza dovrà evidentemente essere cercata con un lavo-
spazio. Questo piano figurativo non va confuso con il piuttosto una vecchia spazialità diversamente rappre- Lo spazio che noi viviamo è empiricamente euclideo: ro progettuale serio, critico, animato dal senso della
piano proiettivo, a cui molti hanno ridotto il primo. Il sentata? che la forza gravitazionale pieghi o no i raggi luminosi probità e dal più esigente autocontrollo creativo; un
piano instaura rapporti tra due dimensioni: ci si chie- Lo spazio di Gehry è indescrivibile (non l’esperienza è una cosa che poco interessa all’architetto. Che il con- lavoro progettuale consapevole del fatto che per
de allora come mai l’architettura, fatto formale nelle dello spazio, che è altra cosa): si rimane letteralmente cetto di misura si sia ampliato ed articolato dopo i frat- costruire bisogna sapere abitare, dove saper abitare
tre dimensioni, abbia come sistema rappresentativo un senza parola. Lo spazio di Gehry, di Eisenman, di Kool- tali di Mandelbrot poco cambia per il metro del mura- significa essenzialmente anche curare e preservare
piano bidimensionale. has, non ha una legge formativa: non è riconoscibile in tore e dell’architetto. Che la sezione aurea governi la l’ambiente. In altri termini, l’architettura che intervie-
Ora, l’architettura vive nelle tre dimensioni, ma non nessuno dei corpi geometrici che abbiamo studiato a disposizione dei semi del girasole o la traiettoria di un ne nella definizione degli spazi della città e dei paesag-
esistono rapporti contemporanei tra tre dimensioni. O scuola. “Io chiamo “geometriche” le figure che son falco predatore non implica che il principio vada tra- gi del vivere – ed essa direttamente o meno lo fa sem-
meglio: esistono come fenomeno reale, ma non come tracce dei moti che possiamo esprimere con poche sposto obbligatoriamente nelle costruzioni. Vi è, pre, e cioè anche quando la sua committenza sembra
strumento gnoseologico. Etimologicamente, matemati- parole” dice Fedro a Socrate66. Ora, al di là di questo soprattutto in architettura, una certa indifferenza iner- privata – deve restare intrecciata con lo scopo primario
camente e filosoficamente, rapporto è una relazione richiamo “aulico”, è effettivamente difficile descrivere ziale a questi risultati scientifici di settore. L’architet- consistente nel collaborare alla salute del tutto, altri-
tra due entità. Questo significa che correlare tre enti- geometricamente lo spazio del Centro di Bilbao. Si tura non è assimilabile tout-cout all’arte. Il principio di menti essa rischia di trasformarsi in feticcio, e di inse-
tà (a,b,c) necessita di due operazioni temporalmente dovrebbero sciorinare sistemi di equazioni che descri- indeterminazione di Heisenberg per il mondo sub-ato- guire un puro essere in sé, in realtà privo di senso e
distinte (a:b) e ((a:b):c), laddove nel secondo gruppo il vono traiettorie curve, affatto significative, per un mico non influisce sulla cazzuola del muratore più del fenomenologicamente inesistente.”
primo rapporto viene considerato come unità. Questa è architetto e per chiunque altro non sia un matematico. battito d’ali di una farfalla nella foresta amazzonica: Quando Natalini avanza, con il solito understatement,
la via più veloce, altrimenti bisogna istituire tre rappor- In futuro dovremo trovare degli strumenti, anche lin- non dovrebbe influire più di tanto nemmeno sulla mati- che “abbiamo uno straordinario bisogno di normalità”,
ti semplici distinti: (a:b), (b:c), (a:c). guistici (delle nuove parole) per questi oggetti, o allo- ta dell’architetto. coglie il punto. “… So benissimo come questa rinuncia
La complessità tridimensionale e sincronica dell’opera ra questi potranno essere comunicati, solo attraverso la Lo Zeitgesit, certo. L’architettura deve rappresentare mi tolga dalla corsa al successo (e alla celebrità), ma
architettonica viene così ricondotta a fasi temporal- copia integrale, la simulazione tridimensionale, dei la propria epoca, il proprio tempo. Deve rappresentare, penso che ci siano valori più alti di quelli promessi dalla
mente distinte proprio attraverso il piano. “replicanti” architettonici. aggiungo io, come un ri-presentare: presentare di novità. Sono i valori di una città dignitosa e civile,
La prima soluzione è stata seguita da architetti come “Stiamo per passare da un’estetica basata sulla ripro- nuovo, mostrare ancora. Deve rappresentare, infine, capace di trasformarsi senza perdere il suo patrimonio

65 Anche qui il pensiero corre subito a Wagner, ma poi rintraccia il filo rosso della memoria e torna a Schinkel, a Palladio, ad Alberti, Brunelleschi, … 67 Cfr. Francesco Dal Co e Peter Eisenmann, Una conversazione intorno al significato e ai fini dell’architettura (e qualche ricordo), in “Casabella”,
66 Paul Valéry, Eupalino o l’architetto, Edizione Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 1988, p. 39 n. 675, Febbraio 2000, pp. 32-37

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Conclusione: il senso delle proporzioni

di bellezza e di umanità. Sono i valori di un’architettu- architettonico, diverso per dimensioni e localizzazione, condizione della fecondità, della fertilità. L’inattuale è Se passiamo in rassegna i concetti che abbiamo visto
ra calma e solida, capace di rassicurarci e di difender- apparteneva già al sapere architettonico tradizionale, quello che sta prima del gesto. Attuale è invece ciò che prima parlando delle ragioni delle proporzioni, ci ren-
ci dalle offese delle stagioni e degli uomini.” (Natalini, che lo chiamava molto più semplicemente variazione. Vi aristotelicamente è passato dallo stato di potenza diamo meglio di quanto perdiamo. E dico che perdiamo
2005, p. 85) è indubbiamente un rapporto ancora fortissimo tra la all’atto. Ma con l’atto quello che si aveva da dire si è non solo sotto il profilo meramente estetico, ma anche
Credo nella buona fede e apprezzo l’impegno intellet- parola e la forma. Penso per esempio al cantiere: è detto, una volta per tutte: quello si aveva da fare si è sotto quello concettuale. Occorre fare all’architettura
tuale, ma lo spazio di Gehry68 continua ad apparirmi ancora impensabile che un disegno sia “senza-parola”, e fatto. Direi quindi che l’inattualità è la condizione fon- la stessa domanda che si deve fare alla tecnica: “Se si
come una caverna, od un ibrido tra una caverna, una che non sia accompagnato da didascalie, note, appunti, dante dell’insegnare. Leoncilli insegnava a “tendere può fare, si deve necessariamente farlo?”. Tutto è
foresta, un tratto intestinale, il ventre di un pesce, una ecc. Anche nel momento più operativo, più manuale, la l’arco”. L’arco teso è tutto “in potenza”. Anche stilisti- gesto, tutto è nuovo.
bolla di gas. Una caverna linda, pulita, illuminata, parola arriva in soccorso del fare, indicando le cose. Ma camente, chi arrivava con disegni che prevedevano Quanta distanza dobbiamo constatare dai personaggi
riscaldata. Al titanio, ma sempre una caverna. E per siamo qui evidentemente ad un livello ancora primordia- archi a tutto sesto, era “fortemente consigliato” a illustrati da Contessi in un suo recente testo: “L’eroe è
quanto io mi sforzi non riesco a trovare alcuna ragione le di sovrapposizione parola-disegno. riportare l’arco ad un sesto molto più ribassato, molto ripetitivo e dunque, immutabilmente, se stesso. Il pit-
culturale ed antropologica seria per tornare in uno spa- Nel contemporaneo la parola ha perso il potere forte- più teso. tore Giorgio Morandi, il pittore Mark Rothko e l’archi-
zio così. Lo spazio non è ricostruibile: si ritorna allo mente preciso che aveva nel descrivere l’architettura. Inattuale è chi potrebbe ancora fare, chi sta per fare, tetto Aldo Rossi, per esempio, immutabilmente se stes-
spazio mistico, sensibilistico. “Noi vediamo per acquisi- Prima vi erano basi, capitelli, cimase, astragali, meto- dire, disegnare, e non chi è inetto, inefficace, inerte. si, sono eroi del nostro tempo. Gli ultimi, forse.”
re una conoscenza del nostro mondo. […] La sola cono- pe, e poi travi, archi, finestre, ecc. Dall’elemento più
scenza che valga la pena di conseguire è quella delle piccolo al più grande tutto poteva esse nominato, rin-
caratteristiche specifiche e stabili del mondo; di con- viando ad una cosa ben precisa o comunque identifica-
seguenza il cervello è interessato solo alle proprietà bile. Al momento, invece tutto sembra essere fluidifi-
costanti, immutabili, permanenti e specifiche degli cato e non identificabile. Non sappiamo più dire se
oggetti e delle superfici del mondo esterno, perché quella è una finestra o un condotto tecnico, se quello è
sono queste proprietà che gli permettono di ordinare gli un tetto od una parete. Non è tanto che si metta in atto
oggetti per categorie.” (Zeki, 2003, p. 21)69 una procedura ingannatrice: è che è proprio impossibi-
All’esterno, in chiave urbana, nel migliore dei casi, i le applicare le vecchie categorie tassonomiche ai nuovi
loro progetti si pongono come begli oggetti a cui non elementi dell’architettura.
importa il rapporto di consonanza con l’esistente. Ma L’architettura si dà come immediata: non è appunto
anche questa volta, ovviamente, è il rapporto con la possibile descriverla: può solo essere mostrata.
storia a fare la differenza. Vi è tutto un settore che è quello della critica architet-
Una nuova spazialità, dunque? Forse solo la rincorsa ad tonica che deve necessariamente servirsi della parola
una novità “spaziale”. Il punto è proprio questo: il mito per trasmettere la propria pratica. Di fronte ai nuovi
del nuovo. Sul cui altare abbiamo sacrificato spesso la progetti, la critica opera in due modi opposti: da una
storia, la sapienza costruttiva, la figuratività, lo spazio parte presenta sempre più delle immagini, riducendo lo
architettonico, l’armonia…70 spazio della parola; dall’altra il testo, non potendo
Occorrerebbe anche qui un po’ di “igiene del linguaggio” operare come di consueto deriva verso assunti sempre
per comprendere che un’architettura frattale può esse- più filosofici o sempre più tecnici.
re difficilmente realizzata, e che in genere questa pre- Ma tutto ciò è inattuale, si dice. Se per attuale inten-
sunta “frattalità” si riduce all’iterazione di un elemento diamo ciò che dice il De Mauro (ciò che è in atto, che è
architettonico alle varie scale. Viene spesso mascherata passato dalla possibilità di esistere all’esistenza reale:
anche con il termine di autosomiglianza. E’ certo legit- esistenza, realtà attuale.), l’essere inattuale è un
timo usare tali locuzioni, ma il ripetersi di un elemento bene. Anzi, è necessario. L’inattualità è infatti la pre-

68 Ovviamente prendo Gehry come la punta di diamante di un movimento in cui assimilo personaggi quali Eisenam, Hadid, Liebeskind, ecc. E attri-
buisco a questi la qualifica di migliori epigoni, di architetti di cui non condivido la poetica, ma che ritengo onesti. Perché poi non dobbiamo dimen-
ticare che vi sono degli emuli che ne riprendono qualche stilema formale, qualche arditezza materica senza alcun rigore e serietà.
69 Si confronti anche con quanto affermato da Kanisza: “Un risultato regolare continuerà ad essere più soddisfacente, almeno sul piano estetico, di
un risultato meno regolare; e opportune ricerche sperimentali potrebbero forse dimostrare che esso è più stabile e più resistente alla deformazio-
ne e che possiede uno status privilegiato per quanto riguarda l'attenzione, la memoria e il pensiero.” in Gaetano Kanizsa, Grammatica del vedere.
Saggi su percezione e gestalt, Bologna - c1980 72 Rimando tra gli altri, a Jean Clair, Critica della modernità, Allemandi, Milano 1994
70 Rimando tra gli altri a Jean Clair, Critica della modernità, Allemandi, Milano 1994

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BIBLIOGRAFIA RAGIONATA
Questa piccola guida vuole essere un modesto aiuto a chi deve orientarsi nella sterminata mole di opere che par-
lano di proporzioni e di architettura. Ho omesso alcuni indirizzi internet sull’argomento perché oramai la proli-
ferazione è tale che era impossibile farne una selezione.

Ackerman, James Bairati, Cesare


1972 - Palladio, Einaudi, Torino 1952, La simmetria dinamica. Scienza ed arte nell'architettura
Libro di agevole lettura, divenuto nel tempo un piccolo "classi- classica, Politecnica Tamburini, Milano
co" su Palladio, contiene anche un regesto delle opere. Qui va Testo che ha introdotto in Italia i concetti della simmetria dina-
ricordato per la sezione che riguarda i principii architettonici mica di Hambidge e a cui si rifanno molti studiosi delle propor-
2001 - Punti di distanza. Saggi sull’architettura e l’arte d’Occi- zioni.
dente, Electa, Milano
2003 - Architettura e disegno. La rappresentazione da Vitruvio Battisti, Eugenio
a Gehry, Electa, Milano 1963, ad vocem La proporzione in architettura, in Enciclopedia
Universale dell'Arte, XI, Firenze, Sansoni
Alberti, Leon Battista Si tratta di una voce all'interno di un'enciclopedia. Ha quindi il
1960, Opere volgari, a cura di Cecil Grayson, Laterza, Bari pregio e il difetto di essere sintetica.
Qui interessa soprattutto per il De Pictura e il De Rerum Mathe- 1973, Un tentativo di analisi strutturale del Palladio tramite le
maticarum. teorie musicali del Cinquecento e l’impiego di figure rettori-
1989, L’architettura, Traduzione di Giovanni Orlandi, Introdu- che, in “Bollettino C.I.S.A.”, n. XV, Vicenza
zione e note di Paolo Portoghesi, Il Polifilo, Milano Saggio che riporto soprattutto per la seconda parte, dedicata
alle figure rettoriche, perché molto stimolante, anche se di dif-
Argan, Giulio Carlo ficile verifica.
1970 [stampa], Studi e note dal Bramante al Canova, Bulzoni, 1975, Bramante, creatore dello spazio moderno, in “Il Veltro”,
Roma n. 1-2,, pp. 35-40
Viene messo in luce il rapporto tra spazio reale e spazio archi-
Il libro contiene due saggi importanti per la nostra trattazione.
tettonico alla fine del Quattrocento, attraverso tre episodi: la
Uno di questi è sul Bramante, pubblicato nel 1934, nel quale è
Cappella del Perdono a Urbino, S. Maria presso S. Satiro a Mila-
messo in luce il suo apporto al rinascimento romano e le diffe-
no e il Tempietto di S. Pietro a Roma. Il ruolo della prospettiva
renze tra Bramante e il classicismo. Il testo esplicita tra l'altro
come strumento illusionistico, quindi.
il ruolo della geometria nella concezione dello spazio.
Filippo Brunelleschi, Electa, Milano
Altro saggio di grande chiarezza è quello sul Palladio visto
prima attraverso le parole del Milizia, il quale ne critica le Bechmann, Roland
"bizzarrie", e poi attraverso quelle di Goethe, che ne intuisce la 1984, Le radici delle cattedrali. L’architettura gotica espressio-
genialità. Il testo è utile per comprender come, a fianco di com- ne delle condizioni dell’ambiente, traduzione di Giangiacomo
posizioni planimetriche rigorose, Palladio si permetta delle Amoretti, Mondadori, Milano
licenze del tutto anticlassiche negli alzati. È un testo che guarda all’architettura gotica inquadrandola in
1977, La cupola di Brunelleschi, in “Nuova Antologia”, n. 9-10- un’analisi di ampio respiro. Tuttavia i capitoli dedicati ai pro-
11-12, 1977, pp. 17-24 blemi tecnici e alle soluzioni date dai costruttori sono illumi-
Testo in cui si mette in evidenza come la Cupola sia da leggersi nanti e fanno “piazza pulita” anche di alcune teorie mistiche ed
come costruzione prospettica, come spazio messo in prospetti- esoteriche sulle proporzioni.
va, e di come la lanterna abbia un rapporto ben preciso con la
costruzione sottostante. Bellini, Federico
1993, Mario Ridolfi, Laterza, Roma
Arias, Paolo Enrico Un testo corretto, che ripercorre cronologicamente le vicende
1964, Policleto, Edizioni per il Club del Libro, Milano, di Ridolfi dalla Roma fascista alla chiusura delle Marmore. Vista
Contiene saggi di diversi autori distribuiti nel tempo tra Winc- la scarsa bibliografia su Ridolfi, è un libro da leggere.
kelman e Panofsky. Il saggio di quest'ultimo è illuminante, poi-
ché non solo mette in luce la diversità tra la concezione greca Beltrame, Renzo
ed egizia delle proporzioni, ma perché permette di comprende- 1972, Sul proporzionamento nelle architetture brunelleschiane,
fig. 50-51-52

re che ruolo ha questa concezione nell'architettura greca e in “L'arte”, n° 18-19/20,


ancora in Vitruvio. Riporto qui l'indicazione di quest'articolo per chi vuole render-

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Bibliografia ragionata

si conto di come sia facile ritrovare, a posteriori, dei tracciati Boudon, Philippe nel suo sviluppo storico. Lo segnalo qui soprattutto per la parte De Angelis d'Ossat, Guglielmo
regolatori applicati all'architettura. Beltrame tira in gioco pure 1991, (sous la direction de), De l'architecture à l'épistémologie, di analisi del concetto della simmetria “antica”, come l’autrice 1958, Enunciati euclidei e “Divina Proporzione” nel l'architet-
delle formule ricorsive (senza la spiegazione dei termini) e PUF, Paris definisce la concezione essenzialmente figurativa e metrica tura del primo Rinascimento, in Il mondo antico nel Rinascimen-
senza un probabile collegamento con l'architettura per attribui- Costituito da contributi diversi, lo ricordo in questa sede per il risalente ai greci. to. Atti del V° convegno internazionale di studi sul Rinascimen-
re al Brunelleschi dei calcoli stringati, salvo poi fargli carico di saggio del curatore, che pone la questione della scala a fianco to, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, Firenze, Sanso-
approssimazioni nello schema d'impianto di mezzo braccio fio- a quella delle proporzioni e delle dimensioni. Cellini, Francesco; D’Amato, Claudio ni
rentino (circa 30 cm). 2002, Echelle(s). L’architecturologie comme travail d’épistémo- 1997, (a cura di), Mario Ridolfi. Manuale delle tecniche tradi- Saggio di grande cultura storica e filologica, dove tuttavia i
logue, Economica, [s.l.] zionali del costruire. Il ciclo delle Marmore, Electa, Milano riscontri di alcune proporzioni vengono solo annunciate o esem-
Bettini, Sergio 2003, Sur l’espace architecturale. Essai d’épistémologie de l’ar- Testo completo sull’opera di Mario Ridolfi degli ultimi anni. La plificate su foto e disegni in maniera sommaria, dove però il
1978, Lo spazio architettonico da Roma a Bisanzio, Dedalo, Bari chitecture, Parenthèses, Marseille, Bramante tra Umanesimo e geometria come Baukunst. famoso "rectarlo in proportione" della lettera al Gonzaga del-
Manierismo: mostra storico-critica, 1970 [stampa] 2005, Le architetture di Ridolfi e Frankl, Electa, Milano l'Alberti viene "piegato" alla sola proporzione aurea.
Intensissimo libro di poche pagine per comprendere come lo
Roma, Istituto grafico Tiberino, Libro pubblicato in occasione
spazio, come soggetto architettonico, nasca a Roma.
della mostra tentuta a Roma a cura del Comitato Nazionale per Choay, Francoise Di Pasquale, Salvatore
le Celebrazioni Bramantesche. Contiene, oltre ad una lucida 1986, La regola e il modello, Officina, Roma 1992, Tracce di statica archimedea in L.B. Alberti, in “Palladio”,
Bodei, Remo introduzione di R. Bonelli, dei saggi critici che vertono sullo Libro molto interessante che apre nuovi orizzonti sul trattato
1995, Le forme del bello, Bologna, Il Mulino n. 9,
spazio del Bramante, sulla sua concezione strutturale e sulla albertiano De Re Aedificatoria. Viene infatti tracciata una netta Bellissimo saggio dove il tema dell’equilibrio è trattato con
È un libro che segue lo sviluppo del concetto di bellezza da differenza con la scuola fiorentina. È interessante ricordarlo differenza, formale e sostanziale, con gli altri trattati e in par-
Pitagora fino ai giorni nostri, e quindi dall'armonia alla disso- notevole profondità e allo stesso tempo con una levità di scrit-
qui però per i passi che riguardano il Tempietto di S. Pietro in ticolar modo con quello vitruviano. Contiene inoltre un esame tura da far invidia a molti letterati. Non mancano alcune pun-
nanza, al caos. Ha il pregio di essere di agevole lettura e di Montorio a Roma. dei trattati utopistici, a partire dalla Utopia di Tommaso Moro.
avere una buona bibliografia. tualizzazioni quasi anedottiche che rendono ancor più piacevo-
le la lettura. Ne esce un Alberti molto pragmatico ed estrema-
Bruschi, Arnaldo Contessi, Gianni
mente “razionale”, capace di astrazioni veramente notevoli,
Bolla, Nicola 1969, Bramante architetto, Laterza, Bari 2004, Vite al limite. Giorgio Morandi, Aldo Rossi, Mark Rothko,
sulla scia (inconsapevole?) di Archimede.
1982, Armonie proporzionali, Venezia, IAUV, Dipartimento di È uno dei libri più completi sul Bramante: vi si ritrovano sia la Christian Marinotti, Milano
1996, L'arte del costruire. Tra conoscenza e scienza, Marsilio,
Teoria e Tecnica della Progettazione edilizia correttezza filologica che la precisione dei riferimenti architet- Testo bellissimo che rende conto delle relazioni tra scelte eti-
Venezia
È uno scritto di poche cartelle, piuttosto colto, dove viene trat- tonici. È inoltre corredato da numerose illustrazioni. che e poetiche.
Libro che ripercorre la scienza delle costruzioni attraverso il
tato il tema delle armonie proporzionali ad un livello epistemo- 1978, Borromini: manierismo spaziale oltre il Barocco, Dedalo,
paradigma dei modelli meccanici prima e matematici poi. È un
logico. Bari Cupelloni, Luciano
Breve ma intenso saggio del Bruschi che, nel 1967, dà una let- 1996 [stampa], Antichi cantieri moderni. Concezione, sapere testo ricco di riferimenti storici, interessantissimo per chi vuole
1997, Il Professore e Margherita. Saggio in forma di dialogo osservare le costruzioni da un punto diverso rispetto a quello
sulle opportune conoscenze preliminari per affrontare con suc- tura del Borromini ancora attualissima. In particolare viene evi- tecnico, costruzione da Ikìtnos a Brunelleschi, prefazione di
denziato come Borromini non abbandoni né la geometria né la Eduardo Vittoria, Gangemi, Roma strettamente scolastico. Infine, coinvolgendo e facendo di Gali-
cesso un corso universitario di Composizione Architettonica, lei uno dei personaggi maggiori del testo, è un punto obbligato
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli prospettiva, ma come queste si applichino con un nuovo furor
mathematicus. Curti, Mario per chi si interessa al binomio proporzione-scala.
Testo interessante. A mio avviso ha un limite nell’essere trop- 2002, Brunelleschi. La costruzione della cupola di Santa Maria
po sbilanciato sulla geometria, sulle medie e sulla capacità di 2004, L’antico, la tradizione, il moderno. Da Arnolfo a Peruzzi, 2006 [stampa], La proporzione. Storia di un’idea da Pitagora a
saggi sull’architettura del Rinascimento, a cura di Maurizio Ricci Le Corbusier, prefazione di Paolo Portoghesi, Gangemi Editore, del Fiore, Marsilio, Venezia
legare spazio e conoscenza delle forme.
e Paola Zampa, Electa, Milano Roma
Testo molto interessante e completo sulla proporzione, che Durand, Jean Nicolas Louis
Botton, Alain de 1986, Lezioni di architettura; a c. di E D'Alfonso, CLUP, Milano
Bucci, Federico; Mulazzani, Marco mantiene quanto promette nel titolo, verificando l’idea di pro-
2006, Architettura e felicità, Guanda, Parma 2000, Luigi Moretti. Opere e scritti, Electa, Milano porzione in tutte le sue articolazioni e lungo il corso della sto- Manuale pubblicato nel 1819, è di una razionalità implacabile e
Testo rivolto ad un pubblico vasto, ma molto intrigante (e irri- Riporto qui questo testo non tanto per la presentazione delle ria. Le note di rinvio a pié di pagina integrano perfettamente impietosa. Qui interessa soprattutto per come affronta la que-
verente), nei confronti di alcuni mostri sacri. Si veda lo spasso- opere realizzate, quanto per la raccolta degli scritti di Moret- una bibliografia ridotta all’essenziale. stione degli ordini architettonici.
so resoconto sull’inabitabilità di Ville Savoye. ti, alcuni dei quali veramente intensi.
Davini, Simonella Eco, Umberto
Borsi, Franco Castellani, Elena 1996, Il circolo del salto. Kierkegaard e la ripetizione, Edizioni 2004, Storia della bellezza, RCS Libri, Bompiani, Torino
[1966], Per una storia della teoria delle proporzioni, Quaderni 2000, Simmetria e natura. Dalle armonie delle figure alle inva- ETS, Pisa Testo molto ben illustrato che insegue il concetto di bellezza a
della Cattedra di Disegno della Facoltà di Architettura, Firenze, rianze delle leggi, presentazione di Giulio Giorello, Gius. Later- Libro piuttosto impegnativo e che presuppone la conoscenza di partire dagli albori della civiltà per finire ai nostri giorni. Con-
Lo ricordo per un’approfondita riflessione sull’armonia greca e za & Figli, Roma-Bari Kierkegaard, ma che ricompensa l’impegno con le ultime pagi- tiene più di un passaggio sui temi delle proporzioni e della geo-
egiziana e per una ricca bibliografia, anche se ormai datata. Libro molto interessante sulla simmetria esaminando la stessa ne sulla ripetizione come “ricordo in avanti”. metria.

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Bibliografia ragionata

Eisenman, Peter È un'antologia che riguarda vari autori francesi, letterati, pit- Gimpel, Jean quali incompatibili tra loro. E il bello è che erano basate sul
2003, Giuseppe Terragni: transformations, decompositions, cri- tori e architetti compresi tra il XVI° e il XVIV° secolo. Per ogni 1982, I costruttori di cattedrali, Jaca Book, Milano rilievo di Stegmann e Geymüller, al quale si riconosce un erro-
tiques, The Monacelli Press, New York autore trattato è compilata una scheda sintetica della vita e del Testo di interesse forse relativamente alle proporzioni, ma illu- re di 45 cm.
Volume molto colto e sofisticato sulle operazioni sintattiche e pensiero. È preceduta da una notevole introduzione, di rara minante sul mondo medievale, sugli architetti, sugli strumenti
semnatiche di Terragni. Una lettura “compositiva” di Terragni. lucidità, sullo sviluppo della figura di architetto da costruttore dell’epoca. Interessante la bibliografia. Heitz, Carol
a genio e sulla progressiva perdita d'intensità simbolica del con- Giuseppe Terragni, 1996 1973, Mathématique et architecture. proportions, Dimensions
Emmer, Michele cetto di spazio. Triennale di Milano, Centro Studi G. Terragni, con la collabora- systématiques et symboliques dansa l'architecture religieuse du
2006, Visibili Armonie. Arte Cinema Teatro e Matematica, Bol- zione del Centro Internazionale di Studi Andrea Palladio, Ente Haut Moyen Age, in Musica e arte figurativa nei sec. X-XII, Cen-
lati Boringhieri, Torino Fiedler, Konrad Autonomo La Triennale di Milano e Electa, Milano tro Studi sulla spiritualità medievale, Todi
Corposo volume che mantiene quello che promette nel titolo, 1963, L'attività artistica. Tre saggi di estetica e teoria della È il catalogo della mostra tenuta a Milano nel 1996. Contiene È un saggio che, dopo aver distinto nettamente tra modulo e
collegando cinema e matematica, teatro e numeri. I riferimen- "pura visibilità", tradotti da Carlo Sgorlon, prefazione di Carlo L. numerosi saggi, la maggior parte dei quali verte ancora sull'a- proporzionamento, esemplifica su edifici dell'Alto Medioevo
ti all’architettura sono tuttavia pochi, limitati più che altro a Ragghianti, Neri Pozza, Venezia desione più o meno forte di Terragni al fascismo. proporzioni basate sui più diversi numeri. Si va quindi dai rap-
il Modulor di Le Corbusier. Molto spazio è dedicato ad Escher.
porti semplici al numero d'oro, passando per il sei, il sette, il
Forty, Adrian Gostoli, Francesco dodici, il ventotto, a tutti quei numeri, cioè, caricati di un valo-
Esposito Quaroni, Gabriella 2004, Metro Armonico. Come io penso l’architettura, Silvana
1993, (a cura di), Ludovico Quaroni. Progettare un edificio. 2004, Parole e edifici. Un vocabolario per l’architettura moder- re simbolico nella religione cristiana.
na, Pendragon, Bologna Editoriale, Milano
Otto lezioni di architettura, Gangemi, stampa Testo piuttosto criptico, che mescola cognizioni in materia di
Scritto da Ludovico Quaroni per gli studenti, è un testo assolu- Una panoramica sulle parole e sui concetti fondanti dell’archi- Hersey, George
tettura, esaminati anche nel proprio sviluppo storico, e quindi proporzioni con frasi lapidarie di taglio sociologico, antropolo- 2001, Il significato nascosto dell’architettura classica. Specula-
tamente da leggere. Una delle otto lezioni è dedicata alle pro- gico. L’applicazione di questo metro armonico è appena accen-
porzioni e alla geometria ed è ulteriormente approfondita in nei loro relativi slittamenti semantici. zioni sull’ornato architettonico da Vitruvio a Venturi, introdu-
nata in due passaggi. Infine, questo metro armonico non è altro zione di Marco Biraghi, Bruno Mondadori, Milano
quattro schede con delle note bibliografiche adeguate a chi che la concatenazione di una sesquialtera e di una sesquitertia
vuol andare oltre. Francastel, Pierre Testo interessante, che approfondisce, con l’aiuto dell’etimolo-
dell’Alberti.
2005, Lo spazio figurativo dal rinascimento al cubismo, Associa- gia, il significato dell’ornamento nella cultura greca. L’introdu-
Fagiolo, Marcello zione Culturale Mimesis, Milano zione di Marco Braghi è preziosa quanto il libro.
Grassi, Giorgio
1978, Le facciate palladiane: la progettazione come proiezione Testo importantissimo per la comprensione dello spazio quat-
2007, Leon Battista Alberti e l’architettura romana, Franco
sul piano di spazi dietro spazi, in “Bollettino C.I.S.A.” n. XX, trocentesco e della prospettiva. Hildebrand, Adolf von
Angeli, Milano
Vicenza 1996, Il problema della forma, a cura di Sergio Samek Lodovici,
Il lavoro più recente di Giorgio Grassi su Leon Battista Alberti.
Testo illuminante sul disegno palladiano, visto come successio- Galli Bibiena, Ferdinando TEA, Milano
Pagine illuminanti sul modo albertiano di procedere, sul ruolo
ne di piani proiettivi. 1731, Direzioni ai giovani studenti nel disegno dell'architettura Lo segnalo perché costituisce un punto di riferimento nei testi
dell’idea e del disegno. Altrettanto interessanti le sue conside-
civile, Arnaldo Forni, Sala Bolognese [s.d.], rist. anas. Lelio razioni sulle opere che appartengono all’Alberti per “diritto che si occupano della forma. Il testo è scritto basandosi sulla
Ferlenga, Alberto; Verde, Paola Dalla Volpe, scultura, ma i ragionamenti possono estendersi anche all’archi-
2000, Dom Hans van der Laan. Le opere, gli scritti, a cura di, d’intelligenza”. È ovviamente anche una critica all’architettu-
Delizioso libriccino (di piccolo formato) dove vengono illustrate ra d’oggi, ridotta a “spettacolo di se stessa”. tettura e alla pittura.
Electa, Milano costruzioni geometriche di poligoni e solidi, nonché alcune ope-
Testo che illustra alcune opere del monaco benedettino archi- razioni per calcolare aree e lunghezze. Husserl, Edmund
tetto e che è corredato di una antologia di scritti che insistono Guenzi, Carlo
1981, (a cura di), L'arte di edificare. Manuali in Italia 1750 - 1996, Libro dello spazio, a cura di Vincenzo Costa, Guerini e
sui concetti di euritmia, simmetria, ordine. Ghyka, Matila Associati, Verona
1950, BE-MA, Milano
Ferri, Silvio 1959, Le Nombre d'Or. Rites et rythmes pythagoriciens dans le È un libro di riferimento per quanto riguarda la manualistica Testo piuttosto impegnativo basato sulle distinzioni tra perce-
1958, Figure “quadrate” nel Rinascimento, in Il mondo antico developpement de la civilation occidentale, preceduto da una italiana nei due secoli menzionati nel titolo. È ovviamente, zione e costruzione dello spazio, tra il fondamento psicologico
nel Rinascimento. Atti del V° convegno internazionale di studi lettera di Paul Valéry, Gallimard, Paris oltre ad uno spaccato dello stato dell'arte nel tempo, una buona e quello filosofico dello spazio intuitivo.
sul Rinascimento, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1971, Philosophie et mystique du nombre, Payot, Paris 1971 fonte bibliografica.
Firenze, Sansoni Qui interessa soprattutto per i primi capitoli, dedicati a Plato- Jammer, Max
Saggio brevissimo ma di grande chiarezza sulla "quadratura" ne e Pitagora e ai numeri gnomonici. Guillaume, Jean 1966, Storia del concetto di spazio, con una premessa di Albert
rinascimentale. 1987, Esthétique des proportions dans la nature et dans les 1990, Désaccord parfait. Ordres et mesures dans la chapelle des Einstein, Feltrinelli, Milano
arts, Rocher, Paris Pazzi, in “Annali di architettura”, n. 2, 1990, pp. 9-23 Testo che forse esula da un discorso sullo spazio architettonico,
Fichet, Francoise Libri che presuppongono una discreta conoscenza matematica, Saggio che analizza senza pietà (dal punto di vista proporziona- ma che rimane a tutt’oggi il libro più profondo sull’argomento,
1979, La théorie architecturale à l'age classique. Essai d'antho- per essere compresi appieno. L’autore è comunque una pietra le), la Cappella Pazzi. Dal 1867 al 1977 si sono avute più di 17 e che permette di ricostruire molto delle culture che hanno
logie critique, Mardaga, Bruxelles miliare in questo genere si studi. letture “musicali” e “armoniche” della cappella, alcune delle prodotto spazi e definizioni di spazi.

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Bibliografia ragionata

Kahn, Louis I. ra che il tema esige. Oltre a segnare la sua diversità etica attra- Marcolli, Attilio Morolli, Gabriele
1996, Silence et lumière, traduction de l’américain par Mathil- verso la presentazione del tema del "Sublimatoio", il libro inte- 1984, Teoria del campo. Corso di educazione alla visione, San- 1988, L'architettura di Vitruvio. Una guida illustrata, I, Alinea,
de Bellaigue et Christian Devillers, Editions du linteau, Paris ressa soprattutto qui per le bellissime "letture compositive" soni, Firenze Firenze
Testo che presenta una selezione di conferenze e di incontri degli edifici di Otto Wagner. Testo piuttosto "denso", dal quale molti hanno tratto un note- 1988b (a cura di), L'architettura di Vitruvio nella versione di
tenuti tra il 1955 ed il 1974. Molto interessante perché molto vole aiuto nei loro studi. Contiene preziose distinzioni tra le Carlo Amati, II Alinea, Firenze
“diretto” e quindi risolutivo rispetto ad alcuni termini usati da 1997, L’Etrusco torna a scrivere, Alinea, Firenze simmetrie possibili e sui numeri come gnomoni, oltre a elemen- La "guida" di Morolli si riferisce proprio alla riproduzione del
Kahn che si prestano invero ad alcune ambiguità interpretative. ti di topologia e di teoria dei colori. libro dell'Amati. Il nostro interesse è concentrato proprio su
2000, Danteum. Dar forma all’idea: un Danteum fiorentino, con questa, che si delinea come un utilissimo strumento per acce-
Krier, Rob saggi di Salvatore Di Pasquale, Gian Carlo Leoncilli Massi, Loris dere a Vitruvio. Essa infatti tocca alcuni punti critici del testo
Masiero, Roberto
1988, Architectural Composition, Academy, London Macci, Gabriele Morolli, Elena Pontiggia, Andrea Ricci, Daniele vitruviano, come quello della simmetria, degli "scamilli impa-
Segnalo questo testo "per completezza", visto che un sostanzio- Spoletini, Thimothy Verdon, Angelo Pontecorboli Editore/ EDK 1999, Estetica dell’architettura, Il Mulino, Bologna res" e dell'antropomorfismo.
so capitolo del libro è dedicato alle proporzioni. Oltre a ripren- srl, Firenze stampa 2000 Ha il merito di essere una difficile sintesi dell’estetica dell’ar- Gabriele Morolli, Pietro Ruschi (a cura di),
dere la tesi di Moessel sulla segmentazione polare del cerchio, chitettura dagli inizi della civiltà ad oggi, ed è corredato da una 1993, San Lorenzo. 393 – 1993. L’architettura. Le vicende della
Krier si spinge fino a suffragare la tesi che la lunghezza delle 2002, La leggenda del Comporre, Alinea, Firenze bibliografia mirata e senz’altro d’aiuto a studenti di architet- fabbrica, Alinea, Firenze
ossa dei diti e di altre parti del corpo siano in proporzione Testo densissimo, dove viene ripercorsa l’idea di un’architettu- tura.
aurea tra loro. ra ancora tutta basata sulla composizione, sullo studio, sul con- Natalini, Adolfo
fronto con l’eredità culturale del nostro passato. Milizia, Francesco 2005, Quaderni olandesi, a cura di Vittorio Santoianni, Aion Edi-
Laan, Hans van der 1972, Principi di architettura civile di Francesco Milizia, rip. zioni, Firenze
1989, L’espace architectonique. Quinze leçons sur la disposition Livio, Mario anas. della 2a ed., 1847, Gabriele Mazzotta, Milano Non è un testo sulle proporzioni, ma le atmosfere pacate e dis-
de la demeure humaine, E. J. Brill, Leiden 2003, La sezione aurea. Storia di un numero e di un mistero che Libro che spazia dalla teoria alla pratica, com'era uso nel perio- tese delle sue riflessioni (come delle sue architetture), lascia-
1996, Strumenti di ordine, in “Casabella” n. 634, dura da tremila anni, Traduzione di Stefano Galli, RCS Libri SpA, do. Qui interessa per la parte dedicata alle proporzioni e alla no immaginare una sottile padronanza di un certo senso delle
Saggio che riassume i concetti di questo architetto-monaco, che Milano definizione di alcuni concetti chiave, come euritmia e simme- proporzioni, ormai sedimentato, che è difficile verbalizzare.
oltre ad ampliare l'accezione di termini quali simmetria ed Piacevolissimo libro di un astrofisico americano che mette in
tria. Come d'abitudine, è corredato di tavole esplicative, alcu-
euritmia, illustra come ancora le proporzioni possano esistere, relazione l’arte, le orbite galattiche, le foglie del girasole e la Nicco Fasola, G.
ne delle quali molto belle.
come forma mentis, nell'architettura contemporanea. geometria tramite in Numero d’Oro. Contiene una buonissima 1942, Prospettiva, in “ Emporium”, n° 6,
bibliografia (in inglese). Saggio certo datato, ma di grande interesse nel precisare che la
Le Corbusier Millon, H.; Magnago Lampugnani, Vittorio prospettiva lineare matematica non è una scoperta, ma un'in-
1974, Il Modulor. Saggio su una misura armonica su scala umana Lundy, Miranda 1994, (a cura di), Rinascimento. Da Brunelleschi a Michelange- venzione del nostro Umanesimo. Inoltre viene affrontato il
universalmente applicabile all'architettura e alla meccanica, tr. 2002, Le leggi dell’Universo. Geometria sacra, Macro Edizioni, lo. La rappresentazione dell’architettura, Bompiani, Milano tema della realtività storica della prospettiva nei riguardi del-
it. Gabriele Mazzotta, Milano Diegaro di Cesena Ponderoso catalogo della mostra tenuta a Venezia. Contiene l'arte contemporanea.
Testo “obbligatorio” per chi vuole occuparsi di proporzioni nel È un testo di poche pagine piuttosto curioso, con riferimenti numerosi saggi di vari autori e delle schede che approfondisco- 1942b, Svolgimento del pensiero prospettico nei trattati da
moderno. È un libro composto da due volumi, di cui il secondo alla decorazione islamica, alla cosmologia, all’acustica, alla no argomenti particolari. Euclide a Piero della Francesca, in “ Emporium”, dicembre
è relativamente interessante, poiché riservato all'applicazione mistica. 1942, fasc. II
del Modulor nell'industria mondiale. Il primo contiene invece Moretti, Luigi In questo saggio viene ripercorsa la prospettiva, nelle sue varie
alcune riflessioni teoriche sulla proporzione ed offre involonta- Luporini, Eugenio 1951, Trasfigurazioni di strutture murarie, in “Spazio”, n. 4, pp. forme, da Euclide a Piero, passando per Alhazen, Bacone, Wite-
riamente uno spaccato del mondo architettonico degli anni '30- 1964, Brunelleschi. Forma e Ragione, Edizioni di Comunità, 5-14 lo, Peckam, Ghiberti. Soprattutto viene evidenziata la diversa
40. Milano, 1951-52, Valori della modanatura, “Spazio”, n. 6, pp. 5-12, 112 concezione dello spazio necessaria all'Umanesimo per poter teo-
1979, Precisazioni sullo stato attuale dell’architettura e del- Sono analizzate essenzialmente le chiese di S. Spirito e S. rizzare la prospettiva come costruzione.
1952-53, Strutture e sequenze di spazi, “Spazio”, n. 7, pp. 9-
l’urbanistica, Laterza, Roma-Bari Lorenzo, e soprattutto alla prima è dedicata un'ampia parte
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Contiene un paragrafo sulle proporzioni. alla spiegazione in base a moduli geometrici. Ouaknin, Marc-Alain
1984, Verso un’architettura, Longanesi & C., Milano 1984 I saggi che qui si portano all’attenzione del lettore sono profon- 2005, I misteri dei numeri, Atalante, Bologna
Presenta un sintetico capitolo sui tracciati regolatori. Mandelli, Emma; Rossi, Michela dissimi e pregni di una cultura visiva oramai persa. Poche pagi- Testo molto piacevole, basato ovviamente sui numeri ma i cui
2002, (a cura di), Muro & muri. Tipi e architetture a Firenze e ne per capire da dove nascano le strutture ideali del rinasci- richiami alla geometria sono frequenti e accattivanti.
Leoncilli Massi, Gian Carlo dintorni, Alinea, Firenze. mento, per capire il senso delle modanature, per apprezzare le
1985, La composizione. Commentari, Marsilio, Venezia Testo molto ricco di rilievi e tesi di laurea in materia di disegno successioni degli spazi palladiani. La quasi totalità dei saggi Pacini, Piero
È un testo dove viene proposto l'argomento della composizione e rilievo in cui è emblematica la chiave proporzionale in molti sono ripubblicati in: Bucci, Federico e Mulazzani, Marco, Luigi 1972, (a cura di), Gino Severini. Dal cubismo al classicismo e
architettonica, in tempi non sospetti, con l'intensità di scrittu- rilievi dell’architettura storica fiorentina. Moretti. Opere e scritti, Electa, Milano 2000 altri saggi sulla divina proporzione e sul numero d’oro, Marchi

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale. Bibliografia ragionata

& Bertolli, Firenze 2005, La prova di Abel. Saggio sulle fonti e sul significato della parte dedicata all'architettura, egli traccia con lucidità le dif- lazioni, iperboli, ecc. Forse un po’ troppo calibrato su una visio-
Viene qui riproposto, in francese, il saggio Du cubisme au Clas- irrisolvibilità in matematica, Bollati Boringhieri, Torino ferenze fondamentali tra quella egizia, quella greca e quella ne molto matematica dell’architettura.
sicisme che Severini pubblicò presso Povolozky a Parigi nel Testo intrigante che tuttavia richiede qualche conoscenza mate- romana e tra le corrispondenti "distanze" da cui esse andrebbe-
1921. Tralascio qui di indagare il ruolo che il saggio ha avuto matica. Bello soprattutto il primo capitolo “Lo scandalo dell’ir- ro valutate. Esemplifica inoltre queste differenze nelle altre Salerno, Luigi
negli anni Venti per limitarmi alle nozioni matematiche e geo- razionale”. forme d'arte figurativa. 1963, Proporzione, in Enciclopedia Universale dell'Arte, XI, San-
metriche esemplificate con grande chiarezza e competenza. Il soni, Firenze
testo è corredato di alcune lettere tra Severini e Le Corbusier Piero della Francesca Rogers, Ernesto Nathan Il contesto a cui si applica il concetto di proporzione è veramen-
e tra Severini e critici d’arte molto interessanti. 1984, De prospectiva Pingendi, Ed. critica a cura di G. Nicco 2006, Gli elementi del fenomeno architettonico, a cura di Cesa- te ampio. Qui se ne fa un'esatta e stringata sintesi.
Fasola, Le Lettere, Firenze re De Seta, Christian Marinotti, Milano
Pacioli, Luca Interessantissimo testo critico della Nicco Fasola, introdotto a Testo alla cui limpidezza e leggerezza occorrerebbe sempre far Santayana, George
1982, De Divina Proportione, con un'introduzione di Augusto sua volta da Battisti. Piero della Francesca e il suo trattato ven- riferimento. Qui lo segnalo non per le proporzioni, ma per il
1997, Il senso della bellezza, a cura di Giuseppe Patella, Aethe-
Marinoni, rip. anas. Associazione tra le Casse di Risparmio Italia- gono collocati nella giusta dimensione storico-filologica, e ven- rapporto con l’antico e la funzione didattica del rilievo dei
tica, Palermo
ne, Roma e Silvana Editoriale, Milano gono altresì fatte alcune precisazioni notevoli sulle prospettive monumenti.
Riporto questo testo non solo per la bellezza dei solidi disegna- e sugli ideali del Quattrocento fiorentino.
ti da Leonardo, ma anche per la chiara introduzione di Marino- Roisecco, Giulio Severino, Emanuele
ni, che accompagna alla lettura del trattato e inquadra i rap- Pontiggia, Elena Storia del concetto di spazio, Bulzoni, Roma 2003, Tecnica e architettura, a cura di Renato Rizzi, Raffaello
porti tra Pacioli e Leonardo. 1997, (a cura di), Gino Severini. Dal cubismo al classicismo. Libro tutto teso ad avvalorare la tesi dello spazio come conti- Cortina, Milano
Estetica del compasso e del numero, SE, Milano nuum spazio-temporale. La storia dell’architettura come evolu- Libro molto interessante, anche per l’acuta introduzione del
Panofsky, Erwin Niente da aggiungere per quanto riguarda il testo severiniano zione dello spazio da statico a dinamico, come accettazione del- curatore, incentrata sull’architettura.
1952, Idea. Contributo alla storia dell’estetica, La Nuova Italia, già indagato da Pacini. Il saggio della Pontiggia inquadra splen- l’elemento tempo nella percezione dell’opera.
Scandicci didamente Severini nella Parigi degli anni Venti. Summerson, John
Famosissimo e interessantissimo testo di Panosky, conosciuto 2005, (a cura di), Il ritorno all’ordine, Abscondita, Milano Rossi, Paolo Alberto 1970, Il linguaggio classico dell'architettura, Einaudi, Torino
soprattutto per le amplissime e dottissime note. Volume che collaziona testi di artisti e critici di inizio secolo, 1981, Soluzioni brunelleschiane. Prospettiva: invenzione e uso, Libro di piccolo formato e di agevole lettura, permette di avvi-
1993, La prospettiva come "forma simbolica" e altri scritti, Fel- tutti riconducibili a quel rappel a l’ordre che dà il nome alla in “Critica d'arte”, n° 175-177, cinarsi agli ordini architettonici senza necessariamente essere
trinelli, Milano raccolta. In questo saggio vengono presentate delle letture proporziona- esperti in collarini e scozie. È anche una velocisissima storia
In questo testo l'autore esplicita la sua idea sulla prospettiva li sulle seguenti opere del Brunelleschi: Palazzo Pitti (con la dell’architettura vista attraverso le differenze del dorico greco
intesa come momento stilistico e non come semplice tecnica di Pratelli, Augusto sezione aurea) e la Rotonda degli Angeli. Inoltre viene spiegato da quello del Bernini.
rappresentazione. Panosfsky prende in esame anche la prospet- 1995, Il disegno di architettura. Tre chiese del bolognese, CHAR- persuasivamente il significato della distanza nelle costruzioni
tiva nel suo sviluppo storico, da Vitruvio fino a Desargues. Da TA, Milano prospettiche del Brunelleschi. Tatarkiewicz, Wladyslaw
leggere per collegare il problema delle deformazioni ottiche È un libro composto da un professore di disegno che insegna alla 1979, Storia dell'estetica, 3 vol., tr. it. Giulio Einaudi, Torino
con quello delle proporzioni oggettive. Facoltà di Ingegneria di Bologna. Inizia con un bellissima disser- Rowe, Colin I tre volumi piuttosto impegnativi del Tatarkiewicz sono un
tazione sulla storia della geometria e sul disegno "denso" dei 2000, Mathématiques de la villa idéale et autres essais, Hazan, utile strumento per chi si avvicina alla storia dell'estetica e ha
Panza, Pierluigi nostri predecessori per finire però con delle esemplificazioni Paris bisogno di una messa a fuoco dei temi portanti della materia.
1994, Leon Battista Alberti. Filosofia e teoria dell'arte, Guerini grafiche (le tre chiese) che non sono affatto all'altezza delle Delizioso libro che raccoglie saggi diversi sull’architettura e
2001, Storia di sei Idee, Aesthetica edizioni, Palermo
Studio, Milano aspettative. sulla composizione.
Libro molto interessante sul bello, sulla creatività, sull’arte.
Testo che riprende ed integra la tesi in estetica dell'autore, per-
Presuppone una discreta preparazione filosofica.
mettendo una osservazione a 360 gradi dell'Alberti. Consente Quatremère de Quincy, A.C. Rykwert, Joseph - Engel, Anne
inoltre di comprendere quale sia il nesso tra le speculazioni 1992, Dizionario storico di architettura. Le voci teoriche; a c. 1994, (a cura di), Leon Battista Alberti, Electa, Milano
filosofiche e l'utilità pratica che da esse derivano. Così è anche di Valeria Farinati e Georges Teyssot, Marsilio, Venezia È il catalogo della mostra tenuta a Mantova nel 1994 sull'Alber- Tavolaro, Antonio
per il capitolo che concerne più propriamente i numeri e la geo- Utilissimo testo per chi vuole rendersi conto di come alcuni con- ti. Volume sostanzioso che spazia dalla scrittura alla numisma- 2003 , Castel del Monte e Il Segreto dei Templari, Edizioni Giu-
metria. cetti chiave dell'architettura, come proporzione, simmetria, tica. Contiene dei saggi molto interessanti sulla geometria seppe Laterza, Bari
1996, (a cura di), Estetica dell’architettura, Guerini e Associa- euritmia, fossero già cambiati all'epoca rispetto alla formula- albertiana ed è ovviamente una ricchissima fonte bibliografica. È un romanzo, o forse sarebbe meglio dire un saggio romanzato
ti, Milano zione vitruviana. su Castel del Monte, e sulle proporzioni e giochi geometrici di
È una raccolta antologica di filosofi sull’estetica in architettu- Sala, Nicoletta; Cappellato, Gabriele cui sarebbe scrigno.
ra, utile per chi è completamente “digiuno” e intende affron- Riegl, Alois 2003, Viaggio matematico nell’arte e nell’architettura, Presen- Qui tuttavia si riporta come eccesso di “calcolite”.
tare l’argomento. 1959, Arte tardoromana, Einaudi, Torino tazione di Mario Botta, Franco Angeli, Milano Alcune ipotesi sono talmente ardite che è necessario presume-
Pesic, Peter È anche questo un classico degli studi di architettura. Nella Testo divulgativo sui concetti fondamentali di simmetria, tras- re una conoscenza approfondita di matematica.

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Le proporzioni dimenticate. Leoncilli e la necessità dell’inattuale.

Tessenow, Heinrich Viollet-le-Duc, Eugène


1995, Osservazioni sul costruire, a cura di Giorgio Grassi, Fran- 1981, L’architettura ragionata. Estratti dal Dizionario, Saggio
co Angeli, Milano introduttivo, commento e apparati di M. Antonietta Crippa, Jaca
Contiene alcune osservazioni (appunto) sulla Baukunst e in que- Book
sta sede importa per le riflessioni sulla simmetria. Preziosissimo saggio di Maria Antonietta Crippa e assolutamen-
te imperdibile la lettura di Viollet-le-Duc, soprattutto per le
Torsello, Benito Paolo voci estratte. La voce “Costruzione” rende tra l’altro chiaro il
2006, Figure di pietra. L’architettura e il restauro, Marsilio, sistema ed il funzionamento degli archi.
Venezia
Testo molto molto interessante, basato certo sul restauro, ma Wittkower, Rudolf
che contiene alcuni passaggi importanti sull’antico e sulle pro- 1992, Idea e immagine. Studi sul Rinascimento italiano, tr. it.
porzioni, sull’ordine architettonico. Esemplare per la leggerez- Giulio Einaudi, Torino
za della scrittura. Contiene, rivisto ed ampliato, il famoso saggio The changing
concept of proportion pubblicato con il titolo di Il mutevole
Valéry, Paul concetto di proporzione, che verte sulle manie proporzionali "a
posteriori" di critici e storici.
1984, Scritti sull'arte, Guanda, Parma
1994, Principii architettonici nell'età dell'Umanesimo, Einaudi,
Come si intuisce dal titolo è una raccolta di scritti sul soggetto
Torino
"arte". Si va dalla danza al disegno passando per la musica.
È un testo fondamentale per comprendere l'architettura rinasci-
Oltre alla bellissima scrittura di Valéry, il testo interessa qui
mentale e la critica storica sulla stessa. Chiarisce vari argomen-
perché impreziosito di riferimenti alla composizione davvero ti: l'edificio a pianta centrale, l'Aberti, il Palladio, la teoria musi-
profondi, pur se brevi. cale, ecc. con un linguaggio di grande chiarezza e precisione.
1988, Eupalino o l'architetto, Biblioteca dell'Immagine, Porde-
none Zeki, Semir
È un dialogo che Valéry, poeta e matematico, ipotizza tra Socra- 2003, La visione dall’interno. Arte e cervello, Bollati Boringhie-
te e Fedro. I temi discussi dai due vanno dai ricordi dell'uno ai ri, Torino
dubbi dell'altro, svolgendosi comunque sempre intorno all'archi- Testo molto interessante, con un taglio trasversale, che va dal-
tettura. In filigrana, tra le letture possibili, emerge la raziona- l’arte alla neurobiologia, apportando qualche contributo sulla
lità tutta greca dei numeri, delle forme, delle proporzioni. formazione psicologica del concetto di spazio.
1995, Il cimitero marino, traduzione di Patrizia Valduga; con un
saggio di Elio Franzini, Arnoldo Mondadori, Milano Zellini, Paolo
Propongo qui questo testo non tanto per la poesia che lo intito- 1999, Gnomon. Una indagine sul numero, Adelphi, Milano
la, ma per il commento di Valéry sulla sua opera (Sul Cimitero Libro interessantissimo sul numero, sulla geometria, sul calco-
marino), dove si parla ancora di composizione, di ordine e di lo. Si parte dalla matematica hindu fino ad arrivare agli algo-
poesia. ritmi dei grandi numeri.

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Le proporzioni dimenticate Leoncilli e la necessità dell’inattuale
Mario Sironi L’architetto, 1922 (Coll. priv.)

Leoncilli chiedeva un disegno astratto, scabro e se vo-


gliamo “antigrazioso”, come amava dire ricordando
Carrà, ma ricco di suggestioni architettoniche,
di possibilità spaziali e fantastiche, un disegno che
privilegiasse lo studio delle piante, poiché soprattutto Bruno Mario Broccolo
in queste ultime è possibile scorgere la matrice dello
spazio e intuire lo svolgimento tridimensionale
dell’idea costruttiva immaginata.

ISBN 978-88-87648-55-3

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