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CONTESTO STORICO

Alfieri si colloca nel contesto storico principalmente dell’Illuminismo, ma con dei tratti del Romanticismo
che si sarebbero sviluppati nei primi del ‘800, in concomitanza con gli ultimi anni della sua vita.

La maggior parte della sua vita si svolge in Piemonte, che in quel periodo faceva parte del Regno di
Sardegna o regno sabaudo. Questa è la denominazione che assunsero infatti gli stati appartenenti alla
dinastia dei Savoia nel 1720 con il trattato dell’Aia, che attribuì il regno a VITTORIO AMEDEO II.
Successivamente, mentre si trova a Parigi assiste e in un secondo momento scappa alla rivoluzione
francese, che era il movimento rivoluzionario che abbatté la monarchia assoluta francese e segnò nella
storia europea il passaggio dall’epoca moderna a quella contemporanea
VITA

Alfieri nacque ad Asti nel 1749 da una famiglia nobile. Di questa nascita lui si compiaceva perché gli
garantiva l’indipendenza economica e gli consentiva di essere libero e non subordinato a nessuno e a
nessuna forma di servitù.

Sin dagli anni dell’infanzia ebbe una tendenza alla malinconia e alla solitudine e a 9 anni venne mandato a
studiare a Torino nell’accademia militare. Più avanti si troverà a giudicare quest’ultimo come periodo buio e
di ineducazione perché nell’accademia l’educazione aveva un modello culturale antiquato.

Uscito dall’accademia grazie al grand tour dal 1767 al 72 compì numerosi viaggi per tutta l’Europa. Questi
spostamenti possono essere intesi come una fuga, perché non li fece con la curiosità e la voglia di
conoscere nuovi luoghi o culture, ma al contrario li svolse travolto da un senso di scontentezza e noia che lo
portava a fermarsi in una meta e ripartire subito dopo portato dal bisogno irresistibile di fuggire.

Questa scontentezza non aveva cause precise, era come se Alfieri inseguisse qualcosa di sconosciuto e
inafferrabile o come se, con la ripetuta fuga, lui cercasse in un certo modo di “stordirsi” per non percepire il
vuoto che aveva dentro di sé.

Già dall’età giovanile si percepisce appunto il suo animo tormentato, proiettato però a qualcosa di grande
ed ancora indefinito, che solo più avanti nel tempo interpreterà come il bisogno di trovare un fine in grado
di dare un senso alla sua esistenza

Questi viaggi permisero al poeta di vedere e accumulare le diverse politiche e società europee, mostrando
reazioni molto negative al cosiddetto potere assolutistico che caratterizzava la monarchia.

Quasi nulla di ciò che vide gli piacque e per questo provava insofferenza, sdegno e repulsione.

- A Parigi era irritato dal contegno giovesco


- A Vienna era indignato al vedere il poeta Metastasio genuflettersi alla sovrana tanto da non volerlo
più conoscere
- A Berlino lo inorridiva il rigore della corte Prussiana
- A Pietroburgo era mosso da un odio puro verso la tirannide

Una reazione più positiva la ebbe in Olanda e Inghilterra perché c’era una maggiore libertà civile, mentre i
paesi dove si trovò meglio furono la Scandinavia e il deserto di Aragona che sono luoghi appunto deserti e
lontani da tutto, che rispecchiano perfettamente lo stato d’animo e il carattere d’Alfieri.

Nel ’72, ritornato a Torino, non si dedicò alle attività politiche e militari perché andavano contro i suoi
principi che respingevano ogni legame e gerarchia. Condusse quindi una vita in solitudine piena di ozio
come quella del “giovin signore”.
La sua depressione era anche ampliata dalla sua relazione con la Marchesa Gabriella Turinetti di Prìé che
dal poeta era vista come un vincolo che causava angosce, vergogne e dolore ma da cui non riusciva a
liberarsi.

L’unica via in cui trovava consolazione era la letteratura infatti cominciò a leggere i letterati francesi (che
hanno fatto da base alla sua cultura e alla sua visione anti tirannica) e fondamentale fu la lettura delle vite
parallele di Plutarco (biografie di grandi uomini dell’antichità raccontate in parallelo) che aumentò in lui il
desiderio di svolgere imprese memorabili.

Il 1775 finalmente fu finalmente l’anno della svolta in cui capì il senso della sua vita, ovvero scrivere
tragedie. Alfieri ritrovò per caso dei fogli scritti da lui l’anno precedente dove aveva abbozzato la tragedia di
Antonio e Cleopatra (storia dell’eroe Antonio combattuto tra la fama di gloria e l’amore per la sua donna) e
si accorse che questa storia assomigliava molto alla sua tormentata con la marchesa che era malata, quindi
si trovava da una parte a volerla soccorrerla ma da un’altra a sentire per la prima volta l’ansia di dover
diventare famoso, il numero uno. Capì quindi che l’unico modo per alleviare questa sofferenza era di
proiettare i suoi sentimenti nella poesia. Fece appunto così e decise di continuare a scrivere la tragedia
capendo quindi che l’unico scopo della sua vita era proprio fare questo.

Dopo aver capito cosa fare si ritrovò a dover recuperare tutto lo studio perso, quindi per studiare la lingua
italiana usata dai grandi letterati (principalmente il volgare fiorentino) andò a soggiornare in diversi paesi
della Toscana dove incontrerà poi la donna della sua vita Luisa Stolberg. Ad un certo punto per eliminare
definitivamente ogni legame con il re di Sardegna che opprimeva i nobili sabaudi rinunciò a tutti i suoi beni
dandoli alla sorella e tenendosi solo una rendita vitalizia che gli permettesse di vivere.

Nel frattempo nacquero una dopo l’altra le sue tragedie cosi che nel 1785 fino al 92 si trasferì a Parigi,
perché li si trovavano i tipografi più importanti. In questi anni scoppiò la rivoluzione francese e inizialmente
fu favorevole perché credeva fosse una rivoluzione contro la tirannide, infatti scrisse l’ode Parigi
sbastigliata, mentre poi se ne distaccò completamente perché capì che quella che alla parvenza era libertà,
mascherava in realtà una nuova tirannide formata dai borghesi. Arrivò così a scrivere il “misogallo” dove
esprime il suo odio verso il popolo francese ma soprattutto verso la rivoluzione.

Infine quindi andò via dalla Francia insieme a Luisa e si recò a Firenze dove passerà i suoi ultimi anni di vita
e dove finirà di comporre la sua autobiografia vita per poi morire nel 1803.

RAPPORTO CON L’ILLUMINISMO

Alfieri venne definito pre-romantico, questo perché anche se contrario a diversi principi dell’Illuminismo
che sono stati la base della sua formazione culturale, aveva idee che saranno precursori del successivo
movimento culturale.

Alfieri innanzitutto è seccato dal culto della scienza, perché crede che questa forte razionalità di cui fa uso
la scienza sia soffocante per l’emozione e la passione di cui egli ritiene si formi la vera essenza dell’uomo e
che spenga pure l’immaginazione con cui la poesia deve nascere.

È vero che già alcuni illuministi come Russeau avevano esaltato l’importanza della passionalità e degli
impulsi spontanei, però in generale la loro filosofia mirava sempre a trovare un equilibrio stabile tramite
l’utilizzo della ragione. Invece alfieri è fortemente contrario a questo uso continuo della ragione perché lui
esalta la dismisura, la passionalità, il non avere freni e limiti quindi arrivare sempre agli estremi e cercare di
andare sempre oltre.

Un altro pensiero fondamentale dell’Illuminismo che alfieri non riconosce è quello del deismo, filosofia
religiosa razionalista che non coincide con nessuna religione “storica” e che crede nell’esistenza di un
essere supremo creatore di tutte le cose negando ogni forma di rivelazione storica e rifiutando perciò
qualsiasi dogma o autorità religiosa.

Alfieri appunto rifiuta questa religione mosso da uno spirito religioso. Questo spirito non gli fa adottare una
dottrina specifica ma invece lo tende verso l’infinito in un bisogno di assoluto che è ignoto e misterioso
quindi che fa rimanere inquieto e scontento l’uomo. Da qui deriva anche un’altra differenza, ovvero il fatto
che l’Illuminismo è spinto da fiducia e ottimismo mentre la visione di Alfieri ricade sempre sull’impotenza
della specie umana.

Oltre allo sviluppo scientifico non lo alletta nemmeno quello economico e delle attività produttive
industriali e commerciali, infatti egli rifiuta lo spirito borghese che ritiene una classe arida e meschina che è
desiderosa solo di potere e ricchezze e critica perciò lo sviluppo economico perché in particolare rafforza i
borghesi.

infine Alfieri dell’Illuminismo sdegna il cosmopolitismo e il filantropismo: al primo contrappone un fiero


isolamento della propria individualità, al secondo invece oppone il culto dell’eroismo che lo porta ad
esaltare una ristretta umanità eroica, che si oppone alla massa degli uomini comuni, al gregge schiavo che
rappresenta la stragrande maggioranza del genere umano.

OPERE

Alfieri scrisse opere politiche, autobiografiche, poesie liriche ma soprattutto tragedie che diventarono
appunto il suo scopo di vita, ne scrisse ben 19 e per ognuna di esse comprò un cavallo essendone molto
appassionato.

Le sue tragedie vengono ambientate nell’arco di 24h, nello stesso luogo e vengono scritte per essere
rappresentate ad un pubblico ristretto di aristocratici.

I protagonisti sono titanici, cioè vuol dire che sono combattuti internamente da un io molto forte e sono
animati da grandi passioni che si scontrano con il mondo esterno, quindi con la tirannide.

Alfieri non ha nessuna via di mezzo o bianco o nero quindi secondo lui l’eroe o sconfiggeva il tiranno o
doveva suicidarsi (non come segno di debolezza, ma una ribellione contro la tirannide).

Nella prima fase delle sue tragedie i protagonisti si scontrano appunto con la tirannide mentre nella
seconda fase sono i personaggi a combattere sé stessi internamente.

Le tragedie più importanti di questa seconda fase sono SAUL e MIRRA.

MIRRA

Il mito da cui Alfieri si ispira è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio e racconta che Mirra è la figlia di Cinira re
di Cipro. E’ bellissima, infatti sua madre affermava che essendo talmente bella gli uomini venivano a Cipro
per venerare lei e non Venere. Venere sentendo questo si indispettisce e decide di lanciare un sacrilegio a
Mirra facendola innamorare del padre.
Ha un grande conflitto interno tanto di decidere di suicidarsi. Viene fortunatamente salvata dalla sua
nutrice che gli dice di poterla aiutare riuscendo ad organizzargli un incontro d'amore.
Durante i festeggiamenti in onore di Cerere (la madre della ragazza, che aveva fatto un voto di castità) la
nutrice propone a Cinira di accoppiarsi con una giovane vergine, la quale però non vuole farsi vedere. In
questo modo Mirra riesce ad unirsi per più volte col padre e a rimanere incinta. Una notte però, Cinira
guarda l'amante e si accorge che si trattava della figlia. Infuriatosi per l'inganno, cerca di uccidere Mirra
inseguendola con una spada. La fanciulla, piangendo chiede aiuto agli dei che la trasformano in un albero
da cui esce una resina (che sarebbe il simbolo delle sue lacrime) chiamata appunto mirra. Dopo nove mesi
dalla corteccia dell'albero esce anche un bambino di nome Adone, frutto di questo amore tra Mirra e Cinira
La tragedia scritta poi da Alfieri grazie all’ispirazione di questo mito racconta che Mirra per calmare questo
suo forte tormento interiore dato dall’amore per il padre scelse di sposare un altro uomo di nome Pereo
(figlio del re di Epiro). Anche se i genitori volevano annullare le nozze perché vedevano che Mirra era
scontenta, lei era decisa che fosse la cosa giusta così da potersi allontanare di casa dopo le nozze e quindi
ogni volta rifiutava.

Il giorno del matrimonio però Mirra non riuscì a dire di sì quindi lo sposo scappò. Quando però si venne a
sapere che Pereo si era tolto la vita per non avere sposato Mirra il padre Ciniro volle capire cosa c’era dietro
questa storia e capire se Mirra amava qualcun altro. Nelle ultime scene della tragedia il padre capisce di
essere la causa e Mirra per la tanta vergogna si ucciderà.

SAUL

Alfieri per scrivere questa tragedia trae ispirazione dalla Bibbia, dalla storia della morte del re Saul nella
guerra contro i Filistei. Saul è il re scelto da Dio per salvare Israele, per mano del profeta Samuele.

Presto si ribella al volere di Dio, compiendo diversi peccati. Il nuovo campione di Israele scelto da Dio
diventa quindi David, un giovane pastore, cosa che suscita la gelosia di Saul. I sentimenti del re verso il
giovane sono ambigui, da una parte invidia e gelosia, dall'altra ammirazione. Inoltre David stringe amicizia
con il figlio del sovrano, Gionata e diventa sposo della figlia, Micol.

Lo sfondo della tragedia è la guerra tra Israele e i Filistei. L’opera è incentrata quindi su Saul, vecchio e
tormentato che è geloso di David, amato da tutti ricordandogli ciò che lui non era più. Saul quindi decide di
cacciare David che poi però ritornerà anche se con il pericolo di essere ucciso per aiutare gli ebrei nella
guerra contro i Filistei.

Saul però ormai era impazzito e non riesce a perdonarlo, anzi tenta di ucciderlo. David non può far altro che
fuggire lasciando gli ebrei da soli in una guerra che poi perderanno.

Infine Saul, ritrovata la lucidità, rimpiangendo di aver cacciato David e comprendendo la realtà dei fatti,
decide di uccidersi per non consegnarsi ai nemici

VOLLI, SEMPRE VOLLI E FORTISSIMAMENTE VOLLI

Infine alfieri con questa frase che è una delle sue più famose ci invita a inseguire spassionatamente i nostri
sogni con tanta forza di volontà

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