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Aristotele

Politica IV a.C.

FELICITÀ = BEN-ESSERE?
Felicità, per l’uomo greco, non è uno stato di godimento solitario

Non è sicuramente uno stare bene, uno status, non è un benessere ma un ben agire.Per
l’uomo greco essere felice non significa acquisire beni o vendere per due soldi gli amici.
Per l’uomo greco si può essere felici se ci si comporta fino all’ultimo secondo giustizia,
anche quando la sorte è avversa, anche in tempo di guerra, anche in punto di morte.
Per Aristotele è sbagliato identificare la felicità con il godimento, è riduttivo finalizzare
ciascuna delle nostre azioni al soddisfacimento del godimento.
Ricercare il proprio godimento è come tirarsi fuori dallo spazio pubblico, andando in
contrapposizione rispetto alla comunità.
Esempio: Socrate in punto di morte e fino all’ultimo esorta i suoi allievi a cercare il bene. Si
può dire che è una persona infelice? Allora se anche di fronte all’orrore della morte si può
mantenere il comportarsi secondo giustizia, si può dire che Socrate è un uomo felice.
Perché tiene ferma la sua posizione etica di esortare chi ama a non smettere il lavoro del
logos, a non smettere la virtù della saggezza.

FELICITÀ = VITA BUONA (EÛ ZÊN):

Imparare a vivere bene. Nella poleis l’educazione del cittadino è di primaria importanza.
Ciascuno di noi ha il compito di imparare ad essere un buon cittadino.
Vita buona = la vita che ci realizza al massimo grado. Non solo i bisogni primari, ma anche a
livello dell’onore, dello spirito, thymos, logos. Per realizzare veramente ciò che siamo, non
possiamo limitarci a sopravvivere. La sopravvivenza non è un fine adeguato a ciò che
siamo, il fine adeguato a ciò che siamo, come esseri umani, è la vita buona.
↳ Eudaimonia = felicità in greco, sinonimo di buona vita, termine moderno → human
flourishing

❏ La “vita buona”, per Aristotele, è la vita che si realizza come pienamente umana
(Human Flourishing)
↳ più complesso del benessere.
Non è uno status, è un dinamismo, la fioritura che ci realizza al massimo grado e
sempre più in una corsa dinamica che ci porta obiettivi sempre nuovi.
Per un l’uomo greco vivere bene significa agire bene, poter continuare a ricercare
insieme agli altri, partecipare a discorsi e ragionamenti su ciò che utile e ciò è nocivo.
Finché riusciamo a fare questo viviamo bene.

❏ Quindi felicità non è ben-essere bensì benagire (eû pràttein)


Questo non vuol che acquisire beni sia sbagliato, Aristotele non è contro la proprietà
privata, ma è contrario l’accumulo di proprietà.
Cosa ci realizza al massimo grado come animali politici? I legami, il buon legame
realizza al massimo la nostra libertà.
Libertà nel mondo classico = non esiste libertà al di fuori del vincolo con l’altro. Essere liberi
significa essere dentro a un buon vincolo → ad esempio l’amicizia, non riusciamo a stare
senza perché sappiamo che all’interno di quel vincolo si realizza al massimo grado ciò che
desideriamo.
Enea → eroe che si dedica ai più incompresi.
Per capirlo basta pensare ai nostri legami, i nostri cari.

Per Aristotele la concezione “la libertà e fare ciò che si vuole senza ledere la libertà altrui”
non basta per una buona vita, non basta per vivere bene. Basta per vivere come animali, per
sopravvivere. La concezione per noi è giusta, ma non basta per la nostra anima, possiamo
pretendere di più (chiave per la dichiarazione dei diritti umani).

Non tutti i legami sono sani, alcuni sono tossici, bisogna capire quali sono. Anche quello che
c’è tra padrone e schiavo è un legame, ma sfido chiunque ad affermare che lo schiavo è
libero (Hegel).

ECCO PERCHÉ LA ΣΩΦΡΟΣΎΝΗ → sophrosyne = saggezza


Agisce bene (= è felice) solo chi ha saggezza, cioè chi si comporta secondo giustizia.

Chi agisce bene, e quindi chi è felice nel mondo classico? Solo chi ha la saggezza, cioè chi
si comporta secondo giustizia.
↳ siamo tutti esseri umani che vivono nella medesima condizione
umana, compassione
Aristotele ha detto che la saggezza è l’unica virtù dei governanti che hanno a cuore la
felicità. Felicità non intesa come l’acquisizione sempre più potere, ma felicità nel senso della
gioia di cui parla Robert Kennedy, la bellezza del dibattito pubblico, quello dentro il quale
esercitiamo al massimo grado ciò che sappiamo fare meglio: costruire legami politici. Quindi
non vi è saggezza se non nello spazio di condivisione reciproca.
“Io non posso affermare di essere libero finché ci sarà un uomo al mondo con le catene”
↳ slogan dei ragazzi nella rivoluzione del ‘68
Egemonia Culturale (Gramsci) = concetto che indica forme di dominio da parte di un gruppo
o classe, che è in grado di imporre ad un altro gruppo, attraverso pratiche quotidiane e
credenze condivise, i propri punti di vista fino alla loro interiorizzazione.
Come si sgretola? Con l’educazione, con il confronto.

DESIDERIO DI LEGAME
«Perciò gli uomini, anche quando nessun bisogno di aiuto reciproco li spinga, desiderano
nondimeno vivere insieme; del resto a ciò li sollecita anche l’interesse comune, in quanto
così ciascuno vive meglio. Questo è il fine precipuo degli uomini che vivono in comune e di
ciascuno preso individualmente» [Aristotele, Politica, III]

Aristotele fa notare una differenza tra il bisogno e il desiderio.


Anche se gli esseri umani non hanno bisogno o hanno già in qualche modo risposto al
bisogno di aiuto reciproco, desideriamo stare insieme. Il vivere bene è già al di sopra della
semplice sopravvivenza animale, perché per vivere bene bisogna agire bene secondo
principi di giustizia, cioè bisogna imparare a essere saggi. Aristotele afferma che oltre a
vivere bene, bisogna “vivere al meglio” realizzando al massimo grado ciò che sappiamo fare
meglio, cioè costruire legami sociali. Quando non siamo più spinti dal bisogno, siamo spinti
da un moto complesso diverso, che è il moto del desiderio. Non funzioniamo soltanto spinti
da bisogni primordiali di sopravvivenza, ma da un interesse comune. Questo è il fine
specifico dell’uomo, quello di stare insieme per un interesse comune, che va al di là del
semplice tornaconto personale. La felicità non può essere tua se non è anche degli altri e
non può essere degli altri se non riverbera e rimbalza sulla tua. Questa ambivalenza
dialettica che c’è tra la felicità del singolo e la felicità della città, ci fa concludere che
Aristotele ha una visione estremamente complessa della felicità. Quindi per Aristotele non ci
può essere felicità senza saper vivere bene insieme agli altri, ma la felicità è il modo
speciale di realizzare sé stessi e i propri talenti. Non bisogna rinunciare a ciò che si è, ma si
deve realizzarlo al massimo grado e comprendere che questa realizzazione implica
l’apertura dello spazio della città.

SCHEMA Linguaggio - città - felicità

E’ un triangolo perché ha una proprietà geometrica molto


precisa che è la sua solidità, è una figura indeformabile.
La solidità, la consistenza dell’approccio aristotelico va di
pari passo con la tenuta dei tre vertici, se uno viene meno,
tutta la struttura collassa.
1. Primo vertice è il linguaggio o logos: punto di
partenza di sé e della città, non possiamo partire dalla
capacità che abbiamo di governare noi stessi se non
accedendo allo spazio di parola. Il linguaggio è ciò che apre originariamente lo
spazio della comunicazione, dove si partecipa scambiandosi discorsi e ragionamenti.
2. Secondo vertice è la città. Senza linguaggio non c’è città. La città che non include il
gioco complesso dello scambio della parola e dell’ascolto attivo e reciproco, non
sarebbe una città degna dell’umano.
3. Terzo vertice è la felicità. Non possiamo aprire lo spazio della comunicazione se non
in vista della felicità di ciascuno e del collettivo. Quindi non ci può essere città senza
logos, ma non ci può essere città se non in vista del vivere meglio, della felicità, che
non è mai acquisizione solitaria. Ovviamente non ci può essere felicità senza logos.
La felicità non è semplicemente quando le viscere stanno bene, la felicità si ha
quando è conquistata attraverso l’esercizio della razionalità. Questo non significa che
le passioni non contino, ma nel mondo classico queste vanno tenute sotto controllo.
Se salta uno di questi 3 vertici collassa tutta la struttura. Se il linguaggio che porta alla
felicità non passa attraverso la piazza diventa godimento solitario. Se la felicità non passa
attraverso lo spazio della discussione reciproca è sentimentalismo. Se la città non passa
attraverso la contrattazione della comunicazione, né ha come fine la felicità è un semplice
recinto di persone, non diverso da un gregge.

QUALE “BUON GOVERNO”, ALLORA?


La forma autentica del “vivere insieme” è, in concreto, l’ «amicizia civica»
(fondata, secondo Aristotele, sull’uguaglianza)
Amicizia civica = essere-insieme per agire-bene nell’interesse comune
Quale costituzione garantisce questa forma di convivenza?
La forma autentica, cioè quella che realizza al massimo grado il nostra stare insieme, il
nostro vivere insieme, la buona vita. Il vivere bene all’altezza di ciò che siamo.
Per vivere bene bisogna realizzare i rapporti di amicizia civica. Quella fondata
socraticamente sullo scambio, sul dialogo, sulla koinonia. Ci rende pari, fondata
sull'uguaglianza. “essere-insieme per agire-bene nell’interesse comune” anche se non ci
ricaviamo niente in termini di economia.
Quale forma di governo realizza questa amicizia civica? Si chiede Aristotele.
Domanda politica per eccellenza.
Per Aristotele ci vuole un governo che sappia promuovere e sostenere la dinamica di
relazione grazie alla quale noi possiamo raggiungere il vivere meglio. Quale costituzione
garantisce questa forma di convivenza? Per Platone il governo ideale, utopistico è la
Repubblica. Aristotele invece non si perde dietro immaginazioni utopiche ma analizza forme
di governo reali empiricamente descrivibili.

Rosa Parks, 1 dicembre 1955


Fa la sarta. Fine orario di lavoro, prende l’autobus, è molto stanca.
Prima entra davanti, timbra il biglietto, poi deve scende e sale
dietro. Si accorge che il pullman nella parte riservata ai neri è
piena, in quella dei bianchi c’è un posto libero decide di sedersi.
Sale un bianco e il controllore intima Rosa di alzarsi, il bianco
reclama il suo posto. Rosa quella sera dice di NO! E’ stanca per il
lavoro, è stanca delle leggi razziali, ha il cuore appesantito. Viene arrestata, la voce arriva a
Martin Luther King il cui decide di fare la prima marcia da Montgomery e il primo
boicottaggio degli autobus. La battaglia per i diritti civili nasce da quel NO!
Amicizia civica con Martin Luther King. Quando le chiesero perché l’ha fatto, come le fosse
venuto in mente, lei rispose “ero stanca”.

CLASSIFICAZIONE
“politìa”

forme di governo:
Il piano superiore è il piano delle costituzioni che Aristotele chiama “vere”. Una legge
costituzionale è la legge più importante di un paese, è l’infrastruttura giuridica, che sorregge
la dinamica tra le persone. La costituzione serve a garanzia di ordine, a garanzia del fatto
che la nostra idea di uguaglianza, il nostro rispetto reciproco per la dignità umana abbia un
apparato legislativo che ci protegge. Se non ci fosse la Costituzione, non ci sarebbero le
leggi fondamentali, le fondamenta che sorreggono la convivenza civile. Le costituzioni “vere”
sono quelle che hanno di mira il bene comune e la felicità della collettività.
Ma non tutte le costituzioni hanno la stessa forma, infatti esistono varie forme di governo e
alcune sono migliori di altre. Una prima classificazione che si può fare è la distinzione tra le
costituzioni che hanno di mira il bene comune e quelle che invece (piano di sotto) sono
costituzioni degenerate, perverse, perché non hanno più di mira il bene comune, ma il bene
di una parte della società.

● Monarchia: governo dell’uno. Quando c’è il re il potere sta nelle mani di una persona
sola. Può capire che questa abbia di mira il bene comune del popolo, infatti esistono
nella storia le cosiddette monarchie illuminate, quelle in cui il monarca ha
tendenzialmente di mira il bene di tutti e non soltanto il proprio. Aristotele si rende
bene conto che i monarchi forse all’inizio, per farsi voler bene dal popolo, tendono a
emanare leggi a favore di tutti. Ma man mano che avanza il tempo, cominciano a
restringere il loro punto di vista e a occuparsi soltanto del tornaconto personale. La
forma degenerata della monarchia è la tirannia. La differenza tra tirannia e
monarchia è che il tiranno non si occupa più del bene della città. Il potere è
degenerato dal punto di vista dispotico: dispotismo è il potere nelle mani di uno che
usa il potere per sé e non per gli altri. A quel punto abbiamo la prima forma
degenerata che possiamo escludere perché non garantisce dal punto di vista di
Aristotele il fine della felicità. Perché la tirannia non va bene? Perché se bisogna
occuparsi della felicità di tutti e tendenzialmente il monarca una volta degenerato si
occupa solo di sé, evidentemente questo non è consistente rispetto all'obiettivo che
Aristotele ha posto come obiettivo all’altezza della realizzazione dell’amicizia civica.

● Aristocrazia: governo dei migliori. Per Platone il governo dei migliori è quello della
Repubblica con a capo i filosofi, questi dovrebbero essere i sapienti, coloro che
hanno raggiunto la consapevolezza del mondo e che a quel punto sono in grado di
guidare tutti gli altri. Aristotele invece è convinto che i migliori tendano a prendersi
troppo sul serio proprio perché si sono auto-identificati come superiori agli altri.
Questa superiorità si trasforma in delirio di onnipotenza e a questo punto abbiamo la
seconda forma degenerata, l’oligarchia. Gli oligarchi sono i ricchi. L’oligarchia è
quindi il governo dove essere migliore significa avere più soldi, gli oligarchi hanno di
mira l’accumulo di denaro.

● Governo costituzionale: governo della classe media. È la forma di governo


privilegiata da Aristotele, è chiamata anche politìa. La forma degenerata del governo
costituzionale è la democrazia, il governo di tutti, della classe più bassa e povera.
BANDO ALLE UTOPIE (SEMPRE PERICOLOSE)
«Ma qual è la costituzione migliore e quale il miglior genere di vita per la maggior parte degli
stati e per la maggior parte degli uomini, volendo giudicare non in rapporto a una virtù
superiore a quella delle persone comuni né a un educazione che esige disposizioni naturali
e risorse eccezionali e neppure in rapporto alla costituzione ideale, bensì a una forma di vita
che può essere partecipata da moltissimi e a una costituzione che la maggior parte degli
stati può avere?» [Aristotele, Politica, IV]

“IN MEDIO STAT VIRTUS”


Politìa (misto di oligarchia e democrazia): meglio scommettere sulla virtù della “classe
media” Chi è molto ricco, infatti, è troppo dispotico; chi è troppo povero è tende a essere
remissivo. Dispotismo e remissività sono contrarie alla saggezza e, quindi, al “vivere bene”.

Eccesso del coraggio → audacia (Achille)


↳ far venir meno il logos.
Ad Aristotele non interessa immaginare la città ideale basandosi su supereroi o uomini della
provvidenza. Questo è un pensiero anti totalitario.
I ricchi non devono stare al potere perché ne vorranno sempre di più non badando ai bisogni
del cittadino. Mentre i poveri si accorgono troppo facilmente, sono troppo remissivi.
Miglio forma di governo: quella che sta tra gli eccessi.

Solone, arconte di Atene.
(638 a.C - 558 a.C) appartiene alla classe media.
Nel 594 a.C. al governo ci sono gli oligarchi che hanno oppresso il popolo a sta per scattare
una rivoluzione civile.
Si rivolge ai:
[ai ricchi]: “riconducete alla moderazione il vostro animo orgoglioso”
Abolisce la schiavitù per debiti
[ai poveri]: “al popolo ho dato tanto potere quanto basta”

Dare troppo potere ai poveri li porta alla voglia di vendetta e avrebbero oppresso gli
oppressori. Così scontenta tutti.
Re Creso= ultimo Re di Lidia. Noto per essere stato uno dei più ricchi della storia
dell’umanità. Ad Atene si dice ricco come Creso per definire uno molto ricco.
Quando il Re Creso si presentò ad Atene pone a Solone la domanda da un migliore:
“Secondo te sono felice? Oltre ad essere il più ricco sono anche il più felice?”, Solone
risponde “Non lo so se sei felice, perché caro Creso per vedere se una persona è veramente
felice intanto bisognerebbe vedere come si comporta con gli altri e io non lo so, ma poi
bisogna domandare a una persona se è felice solo quando è in punto di morte. In punto di
morte giudichi il tuo passato, hai pensato al tuo orticello di soldi o hai aiutato chi aveva
bisogno? Se risponderai di si allora caro Creso dirò che sei la persona più felice al mondo.
Ma fino ad allora sospenderò il mio giudizio”
Abbiamo bisogno dei filosofi perché i filosofi sanno rispondere alla domanda.

BENE LA CLASSE MEDIA, MA NON BISOGNA DIMENTICARE I FILOSOFI!


«Ciò che abbiamo a disposizione per vivere, cioè il corpo, e ciò che serve al corpo,
costituisce per noi come una sorta di strumento. L'uso di questi strumenti è esposto a
pericolo: per le persone che non li sanno usare nel modo retto, essi producono per lo più
l'effetto opposto. Noi dobbiamo dunque aspirare a quella forma di sapere che ci possa
aiutare ad adoperare nel modo migliore tutti questi strumenti, dobbiamo conseguirla ed
usarla in modo appropriato. Dobbiamo diventare filosofi, se vogliamo attendere rettamente
agli affari dello stato e ordinare utilmente la nostra vita privata.» [Aristotele, Protreptico]

Aristotele sostiene che è meglio la classa media, perché riesce a guardare sia i poveri sia gli
obiettivi più alti, ma non bisogna dimenticarsi dell’importanza fondamentale che hanno i
filosofi. A differenza di Platone che mette i filosofi al posto dei re governanti, Aristotele ha
una visione di filosofo come un intellettuale al servizio della politica.
Il corpo è un elemento importante del nostro abitare lo spazio della città. Il corpo è uno
strumento fondamentale perché senza questo non si potrebbe ambire alla libertà, usarla e
immaginarla. Come tutti gli strumenti può essere usato bene oppure può essere usato male.
Per Aristotele bisogna quindi imparare a usare bene ciò che siamo. La cura di sé stessi
passa attraverso il governo che il logos esercita sul proprio corpo.
Tema dell’educazione: nessuno di noi sa usare gli strumenti di cui è dotato (il nostro
strumento principale è il corpo) se non imparando dagli altri. Quando Socrate dice ai suoi
allievi: sottomette voi stessi a una ricerca reciproca, sta dicendo di imparare ad educarsi
reciprocamente, scegliere bene i propri maestri, perché sono quelli da cui dipende l’esercizio
dei talenti e la capacità di usarli al massimo livello. Una volta imparato a esercitare bene il
corpo, non bisogna tenere per sé il sapere ma comunicarlo, questo contribuisce a tenere
aperto lo spazio della polis.
Per Aristotele tutti possono diventare filosofi, basta imparare a comportarsi secondo giustizia
e conseguire la saggezza.
Non esiste vita pubblica che non sia il riflesso amplificato della vita privata: se nella vita
privata ti comporti in modo snodato e scatenato, la vita pubblica ne risentirà.

UN OCCHIO ALLE COSE DELLA TERRA E… UN OCCHIO AL DIVINO!


«Infatti il filosofo soltanto vive mirando costantemente alla natura e al divino. Come il buon
capitano di una nave, egli ormeggia la sua vita a ciò che è eterno e costante, là getta
l'ancora e vive padrone di sé. Ora, questa conoscenza è di per sé teoretica, però ci offre la
possibilità di regolare su di essa ogni nostra azione. [Aristotele, Protreptico]

Aristotele ci sta dicendo di rimanere con i piedi per terra.


Perché bisogna essere filosofi? Perché così la vita privata impara ad essere governata e si
riflette nella vita pubblica. Il filosofo fa un bel lavoro su di sé e quindi governa bene, perché
ha uno sguardo sia alle cose terrene che all’ordine divino. Nel mondo classico lo strabismo
indica che un occhio deve guardare alla terra e al corpo, l’altro occhio alle cose divine.
Metafora del governante: il governante è come un pilota, la nave della città senza il governo
del pilota va a scogli e affonda. Ci vuol quindi un buon governante che sappia scegliere la
strategia giusta.
Ciascuno è pilota della propria vita, per ambire a pilotare la città si deve prima imparare a
pilotare sé stessi. Bisogna ormeggiare la vita su ciò che sta in piedi, non sulle cose che
vanno e vengono (denaro, oro, il potere) e cominciare a guardare le cose che valgono: i
principi di giustizia. Per acquisire autonomia (dar legge a sé stesso evitando che siano gli
altri a decidere per te) si deve accettare di non essere padrone di tutto, l’uomo non è misura
di tutte le cose. Se si è consapevoli di non aver stabilito l’ordine del mondo, questo libera
dall’obbligo di essere Dio, e allora si comincerà a trattare gli altri come pari. Per Aristotele
bisogna quindi guardare le cose divine, ma non perdersi dietro fantasticherie astratte, ma
non perdersi neanche nelle cose terrene.

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