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Esame: appunti + materiale su BB
24/02/2021
Etica=il comportamento dell’uomo nei confronti degli altri uomini, deriva dal greco
ethos=costumi, abitudini, è un sinonimo di morale, da mor, moris=comportamento,
costumi. Non è sbagliato considerarli dei sinonimi, ma hanno delle differenze. Stiamo
vivendo una crisi etica/morale grave. Qual è la tipicità dell’ethos cristiano? Il corso si
occuperà dell’attuale crisi morale per cercare di capirne le ragioni e le implicazioni. Cosa
implica tutto questo nella nostra vita? Una prima causa potrebbe essere vista
nell’affermazione di Cartesio che sottolinea l’affermazione della soggettività razionale
(cogito ergo sum), è inevitabile che tutto questo porti al soggettivismo e non alla
soggettività, che, se coltivata nella maniera adeguata, è una buona cosa, ma, nel
momento in cui diventa soggettivismo, per cui si estremizza in maniera spropositata il
soggetto, non porta a buone cose, perché significa che sono legge a me stesso, significa
che quello che decido di fare lo posso fare senza mai pensarcicomporta una chiusura
alla trascendenza e ai valori perché divento autoreferenziale. Può sembrare l’estremo
tentativo di AUTOFONDARSI, slegarsi da ogni trascendenza, “io non ho bisogno di
nient’altro”questo non può portare a situazioni positive per l’EGOISMO. Quando io
sottolineo il mio IO (ego, in latino e greco), non il mio essere uomo, estremizzo il mio io.
L’egoismo è l’estremizzazione dell’io, quando qualcuno è egoista si elimina da solo. La
società vive così, e questo è un dramma, fare qualsiasi cosa per puro interesse. Oggi
viviamo questa realtà, l’uomo non ha altri interessi se non il profitto, ciò che interessa a lui.
La crisi economica sussiste perché c’è una crisi più profonda, quella delle relazioni.
Questo comporta che se io divento fonte autonoma di diritto, cioè decido solo io cosa è
giusto e sbagliato, chiamo bene ciò che è male e male ciò che è beneCONFUSIONE.
Se manca questo aspetto, capire davvero cosa è giusto e cosa è sbagliato, non posso
pretendere che il mondo funzioni correttamente. Il grande problema di oggi, quello della
tecnica, che diventa TECNICISMO, la tecnica (arte fondamentale per l’uomo) è diventata il
fine e non il mezzo (es. denaro)come posso così fare in modo che il mondo funzioni con
l’uomo al centro? Bisogna anche considerare la questione antropologica, prendere in
considerazione l’uomo in quanto tale. Antropos (uomo) + logos (discorso), bisogna capire
qual è la dignità dell’uomo. Cosa intendiamo quando diciamo che l’uomo è fatto a
immagine e somiglianza di Dio? Le cose oggi sono invertite, Dio è diventato l’immagine
dell’uomo. Va scoperto il vero volto di Dio, attraverso l’ethos cristiano, il comportamento
che deve tenere un cristiano, e, attraverso questa scoperta, vivere in un’altra maniera.
Vedere i 10 comandamenti e scoprire che sono parole che continuano ad essere vive al
giorno d’oggi. La concezione ebraica non parla di comandamenti, ma di DIECI PAROLE,
che indica che non siano solo comandamenti, ma un modo per vivere bene la vita. Anche
le BEATITUDINI, che permetteranno di considerare che la grazia proveniente da Dio può
agire solo se io uomo decido di farlo avvenire. Fare in modo che questo vivere cristiano
possa essere vissuto nella vita di tutti i giorni, nel matrimonio, nella famiglia, nel lavoro.
25/02/2021
Prendere in considerazione la questione religiosa del destino dell’uomo, cioè capire qual è
il senso che l’uomo dà alla vita che continuamente vive. Con vivere si intende
“assaporare” e non “sopravvivere”. Bisogna prendere inevitabilmente in considerazione la
natura trascendente inviolabile dell’origine dell’uomo, perché l’uomo ha certamente un
compimento, non vive per caso. La domanda da porsi è “la mattina mi alzo per?”,
domande che a volte si evitano di farsi per timore di trovare risposte che non piacciono,
ma il piacere immediato è tutt’altro ce il compimento dell’uomo. Cercare di trovare un
motivo alla vita dell’uomo non è controproducente, e forse, se oggi la società va in un’altra
direzione, è perché evita di farsi questa domanda. In qualche modo dobbiamo confrontarci
con la forma inaccessibile e indisponibile della verità dell’umanol’uomo ha desiderio di
un compimento eterno, nonostante la sua esistenza sia finita. Non possiamo negarlo.
L’uomo ha il desiderio dell’eternità, tuttavia ha la consapevolezza di essere finito.
Qualsiasi discorso sul fondamento deve partire da un luogo, quindi inevitabilmente
dovremmo partire dalla filosofia, dalla credenza in un Dio, dall’ethos della cristianità,
fondamentale per il pensiero occidentale. Il punto di partenza non può essere diverso, ma
da lì capiremo qual è la modalità migliore per vivere. IO NELLA MIA PICCOLA PARTE DI
VITA IN CUI SONO. L’uomo deve essere realizzato e sentirsi realizzato ovunque si
trovibisogna fare riferimento al fondamento, devo capire chi sono per capire il mio senso
e il mio destino, altrimenti metterò maschere infinite per capire chi sono. Non posso
comportarmi diversamente rispetto a chi ho davanti, devo essere sempre la stessa
persona e, per essere chi sono, 3 elementi devono andare di pari passo: LIBERTÀ,
FELICITÀ, VERITÀ. Se uno di questi 3 elementi manca, l’uomo non può essere compiuto.
Se sono libero, inevitabilmente mi sento realizzato, e la realizzazione è la felicità
dell’uomo, l’uomo vive per essere felice. Teleios in greco=perfetto, completo. Se mi sento
realizzato e sono libero, allora sono vero, perché io sono fondato, posso dire quello che
penso. Dobbiamo cominciare a considerare un nuovo umanesimo, un umanesimo
possibile, che deve contrastare le derive (l’esasperazione individualistica, l’investimento
tecnocratico dell’io, la tecne, l’arte, il mestiere, l’abilità è diventata il fine). Problema di
oggi: tutto funziona perché è utile, non c’è prospettiva futura, si fa tutto per un piacere
immediato. I giovani devono ravvivare il paese, ma non hanno modelli da seguire. Manca il
fondamento più importante, e, se manca questo, per forza non mi pongo più la domanda
di senso sulla mia vita. Tutto oggi deve essere razionale, non c’è più tempo per i
sentimenti. Tutto deve essere funzionale e perfetto. Oggi si sta affermando il
NARCISISMO OSSESSIVO, l’io minimo, corazzato, che è ciò che conta, se non faccio
altro che chiudermi su me stesso non faccio altro che seguire le mode. Quale sarà la mia
identità se mi chiudo su me stesso e vado dietro le mode? Si comincia a vivere con il
disimpegno emotivo, si vive delle cose senza goderne, per paura di farsi male, ma il dolore
fa parte delle cose. È attraverso il dolore che mi costruisco una coscienza. Se evito questi
punti fondamentali non sarò mai nessuno. L’identità è una cosa personale, io sono quello
che sono per quello che ho vissuto. Sembra quasi che l’uomo sia alla ricerca di una
compensazione. Dobbiamo trovare un sistema che incoraggi la domanda di senso.
Dobbiamo capire la differenza che c’è tra di noi, non è il conformismo che ci porta lontano,
ma la caratteristica di ognuno di noi ci permetterà di migliorare il mondo. Hegel parla della
famosa coscienza infelice, un vivere in modo negativo, sempre a disagio, con un umore
nero, questo è un problema collettivo, non del singolo, con la pandemia ce ne siamo resi
conto, stando da soli abbiamo capito l’importanza dell’altra persona. Hegel dice che la
coscienza si forma con il vivere, con la nostra vita. La prima cosa che fa la nostra
coscienza è contemplare la bellezza del creato, poi, dice Hegel, la coscienza contempla
qualcosa che non riesce a raggiungere e diventa infelice, diventiamo eternamente infelici.
Devo capire se quel desiderio è sano o semplicemente un piacere immediato che poi
svanisce, questa è la maturità della persona. L’università insegna che scienza e fede sono
due ali dello spirito umano che devono stare insieme. Nietzsche dice “Dio è morto e noi lo
abbiamo ucciso”, si riferisce alla cancellazione assoluta dei valori, il nichilismo. Prima
c’erano dei valori fondati, ora non più. Nessuno parla più di virtù, che è la messa in pratica
dei valori. Nietzsche coltiva l’ILLUSIONE VERITATIVA, come se la verità fosse
un’illusione. Bisogna eliminare tutti i valori così l’io può finalmente essere libero perché i
valori restringono la libertà dell’uomo, sono quasi dei comandi, quando invece sono
proprio quelli che ci fanno vivere. Nietzsche stesso dice che la vita è una disperazione, ma
l’uomo sa che al suo interno c’è una speranza, è da lì che bisogna partire. Da questo
punto di vista per Nietzsche il cristianesimo andava abbattuto. Oggi è il vero volto di Dio
che viene a mancare. È ovvio che l’etica biblica ha dei connotati esigenti, perché se voglio
vivere bene devo vivere in un certo modo, allora ecco che viene richiesto un cammino
importante, ciò che l’etica cristiana vorrebbe che venisse compreso è il fatto che dobbiamo
considerare importante l’ideale della perfezione, e non si intende che bisogna essere
perfetti senza imperfezioni, ma avere un fine, essere compiuto e realizzato (in greco
teleios significa proprio questo). L’orientamento di fondo è positivo. Alla radicalità della
proposta corrisponde paradossalmente un’esperienza di profonda liberazione. Se vivo in
quella maniera mi sentirò profondamente libero, ma sono le precomprensioni che rovinano
tutti. Ognuno di noi è chiamato a vivere una certa vita, non per forza ad essere prete,
suora ecc. I precetti evangelici sono chiamati “norme escatologico-profetiche”, che ti fanno
vivere già bene qui per vivere ancora meglio là. La vita cristiana avviene come un
cammino permanente di metanoia (cambiamento di mente), devo cambiare il modo di
pensare, ma deve essere consapevole.
Discepolo=colui che impara a vivere, dal verbo greco.
La crisi morale o etica non si può negare, lo vediamo nei nostri vissuti sociali. Tutto questo
ha rimesso in discussione alcuni valori prima considerati certi e sicuri, ha preso il
sopravvento e. ha permesso il disorientamento che oggi viviamo, non ha fatto altro che
provocare una situazione di amoralità. Possiamo constatare che non c’è più un
discernimento per capire cos’è bene e cos’è male. Accantonare l’istanza etica per
sostituirla con un criterio utilitaristico: importa ciò che ti fa sentire bene, ciò che è
utileinganno dell’immediatezza. Le cause della crisi sono complesse perché investono
sia fattori di natura strutturale (fondamenti), ma anche di natura socio-culturale (elementi
accidentali). La prima causa è la cultura individualistica perché accentua la
privatizzazione dei comportamenti e degli stili di vita. L’uomo è relazionale. La seconda
causa è l’affermarsi del fenomeno della complessità, ci complichiamo la vita il più
possibile. Anche fare tante cose significa farle non tutte bene e parzialmente. Questo si
ripercuote inevitabilmente sugli affetti, rischio di avere degli affetti a metà. Questo fa
emergere che quello che conta non è più il valore, ma l’autorità, quindi l’etica si vanifica.
03/03/2021
La terza causa di questa crisi dell’etica che viviamo è il sistema economico, siamo di
fronte ad un capitalismo selvaggio, non ha più l’interesse a guardare ciò che riguarda
l’uomo, ma la logica dell’efficienza produttiva. La finanza era nata per investire sul lavoro,
ora invece si investe sull’uomo, sul profitto, sull’interesse personale, al centro non c’è più
l’uomo. Di fronte a questa situazione si è costretti a vivere alla giornata, non c’è una
prospettiva futura. Questo ovviamente porta alla crisi dell’etica e all’ultima causa, ovvero la
secolarizzazione (estremizzazione del secolarismo), deriva da “secolo”, che appartiene
alla dimensione temporalenel Medioevo vi erano il potere temporale (quello civile,
terreno) e quello spirituale (ultraterreno). Spesso si utilizza il termine secolo per dire
“mondo”. Se io parlo di secolarizzazione mi sto riferendo all’aspetto mondano, cioè a
togliere da tutti gli ambiti il sacro. Il problema principale della secolarizzazione è pensare
che il mondo possa vivere senza la religione, come se nell’arco dei millenni trascorsi non
ci sia stato nessun tentativo in merito. Il fenomeno dell’ateismo nasce dopo il Medioevo,
dopo l’inizio dell’epoca moderna (fine 1400 e prima metà 1500), incominciano a nascere le
scienze e si arriva a dire che per essere vero tutto ciò che va considerato vero deve
essere sperimentabile. Tutto ciò che è scritto sulla Bibbia è provato o lo dobbiamo credere
come dogma? Lutero inizia a scrivere anche in volgare, per far arrivare la Bibbia a tutti,
così iniziano a porsi domande su quanto scritto all’interno, se sia provato o no. Si vede
che il 90% di ciò che è scritto nella Bibbia è vero. L’uomo si rende conto che non è
possibile vivere senza religione perché composto da anima e corpo e l’anima ha bisogno
di essere coltivata. Allora nascono i nuovi movimenti religiosi a partire dal ‘900, perché
tornare alla religione tradizionale costa fatica. Bisogna rendersi conto che la religione
esiste. Tutto ciò porta anche a non avere una speranza futura, ma a vivere alla giornata.
Siamo di fronte ad un’etica debole perché al centro non è stato più messo ciò per cui
nasce ciò che circonda l’uomo, in primis l’uomo. L’uomo non conta più. Il problema
principale di oggi è che, messi in crisi i valori del passato, non sono stati sostituiti con altri.
Non c’è più una piattaforma condivisa di valori. Siamo consapevoli che manchino i valori
del passato e ne ricerchiamo nel presente. Tutto ciò porta insicurezza, dubbi, angoscia
nelle scelte. È necessaria una convergenza attorno ad una piattaforma condivisa di valori,
solo così si può dare una certezza all’uomo. L’informatizzazione è certamente una cosa
positiva, ha provocato però una mutazione antropologica dalla quale si fa fatica ad uscire,
sono cadute le tradizionali coordinate spazio-temporali, viviamo ora di relazioni virtuali.
Vengono eliminate la creatività e l’arte dell’uomo. Bisogna regolarizzare
l’informatizzazione. C’è anche però il problema della famosa ingegneria genetica, le
manipolazioni genetiche. Sicuramente l’escalation tecnologica in campo biomedico ha
permesso all’uomo di avere un dominio nei confronti della realtà. Bisogna capire in che
condizioni è eseguito questo dominio. Il progresso scientifico-tecnico che c’è stato fino ad
ora, le scoperte della scienza, sono anche eticamente lecite? Se il mio criterio è il bene
dell’altro e non il mio egoismo, allora potrei cambiare la mia scelta. È perché manca un
valore condiviso che diventa un problema. Il problema è capire se sia per il bene comune
o per il mio bene. Noi spesso confondiamo la categoria del progresso con quella dello
sviluppo. Il progresso è ciò che permette ad una popolazione di stare meglio, di
raggiungere un bene comune, lo sviluppo è il potenziamento da uno stato ad un altro. Non
sono dunque sinonimi. Il rinvio all’etica è inevitabile, c’è una richiesta di far intervenire
l’etica in queste scoperte, ma ci si scontra con la realtà, ovvero che non esiste una
piattaforma condivisa di valori che permettano di fare delle scelte che vadano bene per
tutti. C’è la richiesta di rispettare la dignità dell’uomo.
04/03/2021
Cosa vuol dire morale? Si è pensato di differenziarla dall’etica, intendendola come la
teoria e la morale come la messa in pratica dei valori. Un’altra definizione prevede il
ripensare l’etica considerandola dall’aspetto laico; “morale” è più usato per l’ambito
religioso. Alcuni valori devono essere condivisi da ciascuno di noi, le scelte che facciamo
quotidianamente implicano la morale. I comportamenti specificatamente umani sono quei
momenti in cui una persona riflette e sceglie cosa fare di se stesso di fronte alle possibilità
alternativesi sceglie una via per vivere in quella maniera. È importante rendersi
consapevoli del fatto che ogni scelta che facciamo è una scelta su se stessi. L’etica è
quella scienza che studia chi dover essere per essere se stessi. Ecco perché bisogna
cercare di capire che senso do io alla vita. Ogni scelta costruisce la persona. Ognuno di
noi ha una coscienza che si forma attraverso la sua vita. Se non posso fare a meno di
scegliere, la prima domanda che mi devo porre è “in base a quali criteri scelgo?”. Due
sono le possibilità: o scelgo a caso oppure scelgo in base ad un criterio valutativo, che mi
permette di giudicare una scelta minore di un’altra. Scegliere questo criterio valutativo
rimane però sempre una scelta. Inevitabilmente la scelta deve essere fatta con una certa
intelligenza. Per esempio, per diventare ricco, devo capire se ci sono vie che sono buone
e che non facciamo male agli altri. Al centro bisogna mettere l’uomo, perché ogni cosa che
ci circonda è fatta per lui, per noi. Che senso ho dato alla mia vita? Che ho deciso di me?
In base al senso ultimo che ho dato alla mia vita, decido i miei comportamenti.
Che cos’è il laico? Prima, dal greco laikós, indicava l’appartenenza al popolo. Lo si
differenziava rispetto al clero, ma è comunque un fedele. Oggi però è diventato colui che
agisce senza la considerazione di alcuna religione. La vera laicità deve essere inclusiva, il
rispetto delle religioni, non vivere senza, ma rispettarle. La morale laica, intesa come la
intendiamo oggi, rinuncia al valore o al significato ultimo dell’esistenza, ma l’unica cosa
che interessa è che si accetti o rifiuti la possibilità di scoprirne altre. Come può basarsi la
morale laica? Può decidere di non prendere in considerazione un fondamento
riconoscibile, quindi valuto le mie azioni motivandole attraverso la non maleficienza, la
benevolenza e la giustizia. Tutte le volte che mi capita qualcosa da scegliere devo però
cercare di scegliere il meglio, alcuni lo reputano un navigare a vista. Il problema è che
tutto questo a volte rischia di farmi diventare poco coerente, il comportarmi diversamente a
seconda della situazione. Questo non è un giudizio, è un far capire quanto sia difficile fare
la scelta che ci spetta. Il termine “crisi” deriva da “krisis” greco che deriva dal verbo “krino”
(=giudicare), ecco il perenne dubbio che ne deriva. Un’altra possibilità a questo punto è
l’assunto aristotelico “in medio stat virtus”, tutte le volte che devo valutare le cose
considero il pro e il contro. Come faccio però a parlare di pro e contro se non ho assunto
un criterio per parlarne? Lo devo in qualche modo considerare. Se guardo in profondità la
situazione mi rendo conto che rimane comunque insufficiente. L’ultima possibilità è
seguire Kant che dice di cercare un principio formale, universalizzabile da tutti, attraverso
la ragione umana, ma la ragione umana non riesce a trovare questo assoluto, perché si
trova al di fuori dell’uomo. Bisogna caprie che tra scienza e fede non esiste mai e poi mai
alcuna tensione e contrasto perché hanno due compiti diversi. Fede e scienza si devono
integrare perché si completano. Quando si fa una scelta, quindi, bisogna prendere in
considerazione il senso ultimo che do alla mia esistenza, facendo in modo che diventi un
processo quotidiano nella mia esistenza. La morale religiosa è connessa inevitabilmente
alla credenza dell’assoluto, definito in genere come Dio. Il problema morale è legato
all’obbedienza a questo Dio, nel momento in cui questo non avviene allora viene definito
peccato. Questa è l’impressione, ma non è così. Le tre religioni monoteiste (ebraismo,
cristianesimo, islamismo) sono un po’ diverse, perché il cristianesimo ha un Dio trinitario.
Queste 3 religioni monoteiste vengono definite “la religione del libro”, ma ci sono diversi
dubbi, perché il cristianesimo si identifica più in Dio che in un libro, come l’ebraismo e
l’islamismo. Se il senso ultimo si riduce a questa norma scritta da Dio, la morale religiosa
perde d’importanza, rischiamo di cadere nel fondamentalismo (termine che non nasce con
la religione islamica, ma in riferimento alla cristianità protestante negli USA che
osservavano rigorosamente quella parola scritta contro le tendenze laicizzanti e liberali. Il
problema è che non è questo il modo di vivere la morale religiosa, il rischio è quello di non
mettere in gioco la libertà dell’uomo, ecco perché qualcuno se ne distanzia. Obbedire a
Dio non è identico ad assumere consapevolmente un significato per la propria esistenza.
La religione cristiana ha la caratteristica fondamentale di essere rivolta a tutti. La morale
cristiana deve tener conto di 2 aspetti: 1) deve costruire una proposta, non un’imposizione,
che non soffochi la libertà, ma che dia un rasserenante sbocco all’umanità intera; 2)
Il peccato (da amartano) per il cristianesimo è non aver raggiunto il senso ultimo della vita,
l’obiettivo che Gesù Cristo ti insegna. Gesù Cristo dirà che il peccato più grande è
rinnegare Gesù Cristo, chi l’ha conosciuto e poi l’ha rinnegato da risorto.
10/03/2021
In sintesi, se si vive la morale cristiana come un’imposizione, non la si vive nel modo
corretto. L’attuale crisi mette al centro il proprio io e inevitabilmente questo ha
ripercussioni in tutti gli ambiti che riguardano l’uomo. Non possiamo rassegnarci davanti
ad una situazione del genere, ecco perché deve emergere con tutta la sua forza il vero
significato della credenza cristiana, con una proposta che sia capace di dialogare con il
mondo. Il credente non può non dialogare con il mondo. Basti pensare all’opera compiuta
da Papa Francesco, che è andato, nel pieno di una pandemia, in Iraq, perché reputa
importante il dialogo tra le religioniecco la proposta cristiana. Il dialogo non può
prescindere dai linguaggi attuali. Si tratta di una tecnica che deve essere integrata con altri
linguaggi (come quello dell’arte, della liturgia ecc). Ciò che deve aiutare l’uomo a vivere
bene è rendersi conto del fatto che è un IO non autoreferenziale, ma sempre in relazione
con gli altri, c’è sempre un TU e un NOI. All’epoca attuale, però, il TU e il NOI vengono
vissuti come una minaccia. Si rischia di vedere l’altro come qualcuno che rischia di
portarmi via qualcosa. Es. nella Bibbia la storia di Caino e Abele. Oltre a questo problema
antropologico, c’è un problema teologico, se io non vivo con determinati valori, posso
pensare che Dio ci sia, ma non lo vedo in maniera trascendente, ma che si confonde con
tutto il mondo (panteismo), quindi 1) posso includere Dio nel mio mondo, 2) oppure lo
considero così ALTRO che è irrilevante per il mondo. È come se io dovessi decidere se
vivere con Dio oppure senza Dio. Queste due derive non convivono con la tradizione
cristiana del Dio che si è fatto uomo, non posso quindi pensare che Dio non si giochi
nell’umanità. Dio e l’uomo sono conosciuti un unicum. Per conoscere Dio bisogna
conoscere la sua creatura, cioè l’uomo. Solo così potrò conoscere in profondità la verità
dell’uomo. La Gaudium et Spes dice che nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo, l’uomo
può capire chi è lui e a che cosa è chiamato nella sua esistenza. Ecco perché l’uomo deve
seguire un modello che è Gesù Cristo. È vero? Per la tradizione cristiana sì. L’uomo è
perfetto ed è veramente uomo quando vede Dio. È nella debolezza che Dio dimostra di
non essere così lontano dall’uomo. L’uomo non si concepisce disumano quando vede Dio.
L’uomo è veramente uomo quando soffre, piange, sopporta. Ecco perché il modello è
Gesù Cristo, perché sappiamo qual è stata la sua vita. Non si può pensare che l’uomo non
soffra. Se io vivo consapevole che l’uomo deve sopportare tutto questo, non posso avere
nemici, perché siamo tutti sulla stessa barca, perché capiamo che abbiamo bisogno l’uno
dell’altro. Vittorini diceva che non ogni uomo è uomo, perché c’è chi perseguita e chi è
perseguitato, ma il vero uomo è quello che viene perseguitato, è quello che vive le sue
sofferenze. Il vero uomo, dice, lo vedi nel momento in cui è disperato e nel momento in cui
vive la sua disperazione. Allora perché si dice che in Gesù Cristo si può parlare di nuovo
Umanesimo? Se capisco che devo vivere con la certezza che ci sarà la resurrezione,
posso riuscire a dialogare con il mondo perché non mi sentirò mai superiore a nessuno. La
verità rende umile il credente, perché sa che non è lui che possiede la verità, ma è la
verità che possiede lui. Quale verità? Di Cristo che non è opprimente, ma che libera. Uno
sarà realizzato solo nel momento in cui sarà ciò che deve essere. Sicuramente il nuovo
Umanesimo in Gesù Cristo deve essere consapevole della pluralità dell’odierna società, si
deve fare in modo di raggiungere quel bene comune e che ci si possa rendere conto di
come sia importante il raccoglimento di una figura, Gesù Cristo, che possa rendere chiara
l’umanità che stiamo vivendo. Bisogna capire che non c’è solo una radice antropologica,
ma anche metafisica perché Gesù è vero Dio e vero uomo.
11/03/2021
Qual è il compito della chiesa? La gente deve vedere cosa la chiesa in concreto deve fare
e quale sia il suo primario interesse, che è la comunicazione della fede in Gesù Cristo. Da
qui ne scaturiscono tutti gli altri, ma se manca questo, ritenendo che tutti gli uomini ne
siano destinatari (credenti e non credenti), la situazione cambia, perché la prima cosa è far
vedere la comunicazione della fede in Gesù Cristo. CHIESA deriva da
ekklesia=convocazione, letteralmente “chiamato da”. L’intermediario fondamentale senza
cui non potrebbe esistere la chiesa è Gesù Cristo. Nelle lingue indoeuropee CHIESA in
inglese si dice church, in francese église, in spagnolo iglesias, in tedesco kirke, la radice in
inglese e tedesco è CRISTO, loro fano veramente riferimento al fondamento. Questo ci fa
capire che ci sono dei nomi che ci rimandano a Cristo e che quindi il collegamento deve
essere fondamentale ed essenziale. Allora come la chiesa deve comunicare la fede in
Gesù Cristo? Dando fede a Gesù Cristo, avere fede in lui attraverso la lettura del vangelo.
Cosa significa essere discepolo di Gesù Cristo? Per capirlo devo fare un percorso
personale di conoscenza e cultura. Per esempio, oggi ci si è resi conto che è necessaria
una preparazione di un certo livello dei catechisti, sempre più gente vuole sapere, è
desiderosa di conoscere. Oggi dobbiamo capire cosa vuol dire credere in Gesù Cristo e
inevitabilmente dobbiamo far riferimento alle mancanze che ci sono. La via
dell’incarnazione e soprattutto della redenzione è proprio il modello concreto sul quale
bisogna camminare per capire che l’evangelizzazione deve partire da qui. VANGELO vuol
dire etimologicamente BUONA NOTIZIA. La metodologia che devo trovare per entrare nel
cuore delle persone non deve adeguarsi, devo portare la mia identità oggi con il linguaggio
di oggi. È l’adeguarsi che porta alla deriva. Cosa posso portare se mi adeguo e mi
conformo? Niente è più decisivo dell’annuncio di Cristo morto e risorto, è una novità
assoluta perché non esiste in nessuna religione un Dio che si fa uomo e perché MORTO e
RISORTO ancora di più. Mettersi in un cammino e abbandonarsi ad un Dio che sappiamo
che ci vuole bene. Se io metto al centro l’uomo e la sua volontà, il cristianesimo non potrà
mai essere pensato come qualcosa di negativo. Ecco che la proclamazione di Gesù morto
e risorto deve essere il mio modo di vivere che deve essere manifesto in ogni ambiente di
vita. Il cristiano deve sottolineare che senza Dio l’uomo va alla deriva, se siamo stati creati
da Dio, non può essere un optional. E proprio Dio mi ha dimostrato che per essere un vero
uomo devo saper soffrire, piangere. Ogni realtà è toccata dal vangelo, all’interno del quale
ci sono tutte le situazioni che quotidianamente viviamo.
Cerchiamo un di più verso cui ci indirizza Dio. Non è solo una vita qui, ma c’è anche un di
più, una vita eterna. La nuova evangelizzazione non può aspettare che la gente si faccia
avanti, deve anticipare le domande della gente, le devo far sorgere. Per arrivare a tutto
questo bisogna essere preparati. La fede in Cristo deve avere una rilevanza pubblica.
Quello che importa è il benessere della persona e non il ben-avere, lo devo capire in
ambito politico, finanziario, industriale ecc. Pensiamo al pluralismo religioso che stiamo
vivendo, il problema lo dobbiamo affrontare e non evitare. L’unico linguaggio comune a
tutti è quello che mette al centro l’uomo. La chiesa è chiamata indubbiamente a riflettere
su tutto questo, ad entrare all’interno di questi areopaghi.
Che cosa significa essere discepolo di Gesù Cristo in realtà? L’annuncio di Cristo è il
cuore della proposta cristiana. Non è solo una questione di vita storica, ma c’è anche una
trascendenza e una novità che l’annuncio di Gesù Cristo porta con sé. Non si può pensare
che Dio sia lontano dall’uomo perché la sua umanità si manifesta in quella di Dio.
17/03/2021
La salvezza che Gesù opera è proveniente da Dio stesso e compie l’azione dell’intera
umanità. Se questo è vero, è doveroso individuare in quali fenomeni i luoghi dentro cui è
possibile entrare per l’annuncio del Vangelo. Tutto questo è possibile attraverso il dialogo
e il confronto con ogni realtà religiosa, ma anche laica. Da questo punto di vista nasce una
questione, sollevata in un convegno nel 1985 a Loretola problematica che era sorta era
una discussione tra l’identità e la presenza. Si pensava che fossero due dimensioni
alternative, o una o l’altra. Devono andare a braccetto oppure una esclude l’altra?
Giovanni Paolo II risponde che sono fondamentali entrambe. Ci deve essere insieme da
una cultura prodotta dal cristianesimo una fede, un impegno coerente che deve renderla
efficace. Quando Giovanni XXIII proclamò il Concilio Vaticano II disse che la Chiesa
doveva aggiornarsi e non adeguarsi, quindi conformarsi alla mentalità del tempo. Il
fondamento resta Cristo (l’identità) e attraverso questo fondamento devo vivere i luoghi del
momento attualeecco perché l’identità e la presenza sono due facce della stessa
medaglia. Si può dire questo perché niente è più umano del cristianesimo. Lo si
percepisce soprattutto perché il verbo di Dio si è fatto uomo. Di fronte a questo sviluppo
scientifico e tecnologico, c’è anche la certezza degli scienziati che spesso ci si trova di
fronte a delle domande che la scienza non riesce a risolvere. Per arrivare a tutto questo è
necessario che venga fatto conoscere il vero volto di Dio, bisogna sviluppare una cultura
dal basso, partire dalla nostra esperienza umana per arrivare a conoscere sia l’uomo che
Dio. E questo è rilevante in tutte le forme pubbliche in cui agisco da cristiano. Ecco che
nasce l’etica del cristiano, capace di orientare il comportamento e la vita di ogni uomo
facendo emergere la libertà assoluta che il cristianesimo richiede. Non possiamo vivere il
cristianesimo come una serie di precetti mediante il quale uno deve seguire una via
perché obbligato senza capire che lì è giocata tutta la sua libertà. Una delle grandi
difficoltà che dobbiamo affrontare è che c’è una separazione chiara tra FEDE e VITA.
Bisogna testimoniare Gesù Cristo anche nei luoghi che non sono prettamente cristiani. La
domanda che deve sorgere spontanea è come le nostre comunità in qualche modo
possano essere segni dell’incarnazione del figlio di Dio, ma anche segni della
trascendenza di Dio che si appellano al DI PIÙ. Ecco l’importanza della testimonianza,
oltre a starti vicino, ti devo far nascere la curiosità della testimonianza che mi deve far
chiedere quel di più. Come si può fare? Con l’annuncio vero e proprio del Vangelo. Io sono
responsabile verso gli altri e questa responsabilità si percepisce attraverso la mia vita. Se
io capisco questo, il nuovo Umanesimo non può non avere come radice Gesù Cristo. La
via fondamentale per cui le cose possano funzionare è la relazione (es. moltiplicazione dei
pani e dei pesci).
La Bibbia è importante per l’agire morale perché è stata scritta in un arco di circa mille
anni quindi al suo interno ha davvero tutto il possibile, relativo a storie quotidiane di tutti i
giorni. Quindi la Bibbia è un libro ispirato perché gli autori sono stati sempre ispirati da Dio.
Se così è, allora è vero che quanto c’è scritto aiuta gli uomini a vivere meglio.
18/03/2021
La Bibbia ha un autore umano (gli uomini) e uno divino (Dio), non ci sono altri testi che
possano vantare questa caratteristica. L’analisi narrativa permette di conoscere sempre
più in profondità l’approccio degli autori biblici. La caratteristica della Bibbia è anche il fatto
che è una parola scritta, si passa quindi dall’orale allo scritto, e il fatto che sia scritta
significa che è un punto di perenne riferimento e una garanzia di stabilità. Se è vero che la
parola scritta è stabile e quella orale è viva, ha sia questo vantaggio, ma anche questo
limite, perché se lo scritto è fermo ha necessità di essere vissuto, di essere parola.
Bisogna viverlo continuamente nella vita quotidiana per riacquistare la sua forza. Dio si è
servito degli uomini, rispettando la loro intelligenza e libertà, per cooperare nella scrittura
del testo, è stato ispirato da loro. Il DEI VERBUM dice che le Sacre Scritture hanno Dio
come autore e come tali sono state consegnate alla Chiesa. L’iniziativa è di Dio e
attraverso gli uomini sono state scritte le cose che noi leggiamo nella Bibbia. Le scritture
sono pienamente di Dio e pienamente dell’uomo. Quando un autore si mette a scrivere
ricerca i materiali che li servono, giudica se sono veri o falsi, adatti o meno (entra in gioco
l’intelletto dell’autore) e formula una decisionese mettersi a scrivere oppure no, entra in
gioco la sua volontàentra in gioco poi la facoltà esecutiva, si mette a scrivere. Queste
operazioni sono state accompagnate passo dopo passo da Dio. La Bibbia non è stata
scritta da un autore, ma si è formata attraverso una storia di riletture ecc. Dio ha avuto
l’ispirazione finale di metterli insieme. Quando un uomo e una donna si rivolgono alla
Bibbia lo fanno perché ci si sente chiamati a farlo. La Bibbia non ha una definizione
filosofica esaustiva di uomo. L’uomo trova il senso della sua esistenza rispondendo alla
chiamata di Dio. Il concilio alla domanda “Che cos’è l’uomo?” propone una risposta che è
una messa in praticala GAUDIUM ET SPES risponde che l’uomo è stato creato a
immagine di Dio, capace di conoscere e amare il proprio creatore. È come se si dicesse
che, nell’Antico Testamento, disobbedire a Dio porta verso la morte, mentre, nel Nuovo,
aderire alla chiamata di Gesù è avere la vitasembra che dicano la stessa cosa, ma
aderire alla chiamata di Gesù è molto di più. Ogni persona vuole vivere, assaporare e
gustare la vita in tutta la sua pienezza, non si accontenta solo di non morire. Non è l’uomo
che va alla ricerca di Dio, è Dio che va alla ricerca dell’uomo. È Dio che si rivela e l’uomo
risponde ad una chiamata previa. Quindi la Bibbia non è un racconto semplicemente
religioso. Qual è questa chiamata di Dio? Questa chiamata è molto imprevedibile. Non
possiamo ridurre la morale cristiana ad una semplice serie di precetti di comportamenti. In
ogni misura decidiamo di noi stessi, mostriamo chi siamo. Il comandamento deve
permettere a me di essere quello che devo essere. Ecco perché non bisogna leggere la
Bibbia con delle precomprensioni. E non vale solo per la Bibbia. La Sacra Scrittura è un
testo che dà spunti all’uomo per capire come cercare la felicità, anche dell’altro. L’antidoto
all’egoismo è essere felici per l’altro, per il bene fatto ad un altro.
24/03/2021
Sono davvero 10 queste parole? La prima sezione è formata dai versetti 6-10Adonai
parla a tutto il popolo dell’idolatria da evitare. Vedi foglio.
La prima volta che Mosè va a ritirare le due tavole, dopo 40 giorni e 40 notti, scende dal
Monte Sinai e le spezza perché vede il popolo che sta idolatrando il vitello d’oro, che il
popolo d’Israele si costruisce per poter dire che il Dio li ha liberati. Sono però caduti
nell’idolatria perché volevano farsi a immagine di Dio. Nonostante questo Adonai li
perdona e gli dona la vera libertà. Trasforma questa ira in passione per il suo popolo
(gelosia). Il signore le riscrive con il dito suo su altre due tavole di pietra. Oggi c’è il vitello
d’oro, potrebbe essere il simbolo del sistema economico, dove è stato messo al primo
posto il profitto, il denaro.
Nelle 10 parole non c’è una precisazione da parte di Adonai sul culto che bisogna dare a
lui, si parla solo di non. Ci si potrebbe chiedere: è possibile che per questo Dio è
sufficiente rinunciare agli altri dei per rendergli culto? Queste 10 parole non iniziano con
un ordine, ma con un’affermazione di una libertà verso coloro a cui è rivolta la legge. La
libertà di Israele ha qualche legame nascosto con il rifiuto degli idoli?
Il signore dice che grazie a quella legge si può essere liberi.
Il libro dell’Esodo comincia con il dramma verso un gruppo di Israeliti. Il nome di Israele
viene ripreso dal patriarca Giacobbe, figlio di Isacco. Giacobbe verrà chiamato Israele. Il
nome è stato cambiato perché quando Giacobbe nasce da Isacco ha un fratello, Esaù, il
primogenito che deve avere tutti i vantaggi da parte del padre. Con l’aiuto della madre,
Giacobbe riuscirà a rubare la primogenitura ad Esaù e diventerà il discendente
primogenito. Il nome Giacobbe significa “colui che è furbo, che ti sorprende”, nome
abbastanza scomodo per un patriarca. Ecco perché Israele, che significa “potenza di Dio”.
I romani per fare un dispetto agli Israeliti hanno mandato via gli ebrei e hanno cambiato il
nome di Gerusalemme con Elia Capitolina e di Israele con Palestina (che centra con i
filistei perché la lettera P in ebraico si può leggere anche F). “Ebreo” deriva da un verbo
AVAR che significa “attraversare, passare”. Il libro dell’Esodo ci parla di questo popolo
schiavizzato dall’Egitto e dal faraone perché capisce che questi ebrei possono essere una
minaccia per lui e per il suo popolo. Utilizza delle misure come fargli fare dei lavori pesanti,
ma siccome non riuscivano a piegare il popolo di Israele comincia l’oppressione, vengono
picchiati. Viene detto a tutte le levatrici di sopprimere tutti i figli maschi degli ebrei, ma loro
non lo fanno e ci pensa il faraone che dà la caccia a tutti i bambini ebrei e li getta nel
fiume. Ecco perché la terra d’Egitto viene definita CASA DI SCHIAVI. Nonostante sia
soggetto ad una possibile lenta estinzione, il signore sente il grido del popolo di Israele
decide di salvarlo e toglierlo dal paese d’Egitto. Si rivolge a Mosè che lotta con un soldato
del faraone e lo uccide, ma scappa nella Penisola del Sinai perché teme che qualcuno
l’abbia visto. Qui ecco che davanti al roveto ardente (che brucia ma non consuma) sente
la voce di Adonai che si rivolge a Mosè chiedendogli di liberare il suo popolo. Quando il
faraone decide di lasciare il popolo, cerca di andarselo a riprendereMosè alza la mano,
si aprono le acque, il popolo d’Israele passa, gli egiziani nopotrebbe far riferimento alla
bassa e all’alta marea.
25/03/2021
Il passaggio del Mar Rosso descritto in Esodo 14 ci descrive un popolo che è sceso in
Egitto, è vissuto con i padri, col passare del tempo questa terra diventa pericolosamente
stretta per loro e rischia di soffocarli. Dopo le contrazioni, gli Israeliti escono da quel
paese, passando attraverso un canale stretto e umido, e, giunti all’altra riva del mare al
sorgere del giorno, il popolo comincia a fare i passi in una nuova avventura, certamente
rischiosa, ma in un luogo ampiamente aperto, in cui dovrà poi trovare la sua strada.
Passare da uno spazio stretto e chiuso ad uno aperto ricorda la nascita di un bambino. Si
tratta di un verbo ebraico che indica anche la nascita dalle viscere. A questo punto il
popolo non sarà più oggetto del faraone, ma soggetto della propria storia, della propria
nascita verso la libertà. Il racconto dell’Esodo è un racconto di quello che ci accade
continuamente, perché vivere vuol dire nascere continuamente. La morte è il luogo in cui
l’uomo può essere libero ed essere soggetto della propria vita. Fin dalla nascita, una morte
si impone al bambino. Ognuno di noi, quindi, si è trovato fra due morti, quella certa nel
grembo materno (se avessimo continuato a vivere lì) e quella temuta che è il salto nel
vuoto. Israele entra nel Mare piuttosto che rimanere nelle braccia del faraone. Uscito dal
grembo materno, ogni bambino entra nel grembo familiare. Con il passare del tempo si
possono rivelare dei legami che possono imprigionare il bambino. Relazioni che rischiano
di evitare che sboccino future relazioni. Israele lascia l’Egitto perché capisce che quelle
fatiche lo incatenano. La seconda nascita è il vivere nuovamente, bisogna desiderare di
vivere se stessi. Ogni uomo per essere libero deve rischiare il deserto, fare il salto nel
vuoto, perché la vita è più forte. Adonai è colui che ha permesso al popolo di Israele di
nascere a vita nuova e diventare libero. Il nome JAVÉ deriva del verbo ebraico che vuol
dire “essere”, è colui che sarà sempre con il popolo e gli permette di essere chi deve
essere. Con queste premesse, non è pensabile che le dieci parole siano per limitare
l’uomo, danno un contenuto a quel TU e a quel DIO.
Quando gli ebrei leggono JAVÉ leggono ADONAI, perché il tetragramma sacro per loro è
impronunciabile perché JAVÉ è il nome che ha dato Dio stesso di se stesso a Mosè.
Israele chiamerà Gesù JAVÉ perché lo avrà reso libero. Con le dieci parole lo scopo non è
quello di ridurre un popolo in schiavitù. Adonai fa nascere questo popolo donandolo a se
stesso. Queste dieci parole sono per la libertà dell’uomo, ma quando si parla di libertà si
deve parlare di responsabilità. La libertà è un dono e, come ogni dono, richiede un
impegno, una responsabilità. Queste dieci parole invitano il popolo di Israele a stringere
un’alleanza con Dio.
LE DIECI PAROLE
PRIMA PAROLA (vv. 6-10): sappiamo che si tratta di un’auto presentazione, in cui viene
riassunto l’evento dell’Esodo, per cui Dio si presenta come colui che ha agito nella storia
del popolo di Israele. Questa presentazione sottolinea l’idea più rivoluzionaria della storia
umana, il popolo ebraico ha sempre sostenuto che quel Dio che l’ha liberato è il Dio di tutti
i popoliecco perché poi gli ebrei arriveranno al monoteismo, prima del quale c’era stato il
monolatrismo, in cui Israele adorava solo il Dio Adonai e non venerava nessun altro Dio,
ma questo non significava che non esistessero altri dei. In questa autodefinizione divina va
sottolineata la libertà sovrana, c’è un TU (“Io sono il Signore tuo Dio”)c’è un Dio che mi
precede e che dice che è un MIO Dio. Per Israele la pretesa esclusiva di Adonai è quella
di non tollerare altri dei al di fuori di lui. Chi si lascia determinare da altre potenze non può
perseguire nella storia della liberazione. “Non farai per te un’immagine… Non ti prostrerai
per loro”non ti puoi sottomettere a qualcosa di inferiore a Dio, nel mondo creato l’uomo
non deve inginocchiarsi a niente e nessuno.
Dio si presenta come il Dio geloso, nella tradizione ebraica non indica la gelosia come la
intendiamo noi, ma come un’emozione forte, un Dio appassionato, che fa di tutto per
l’altro, è una partecipazione al destino dell’altro. Dio lega Israele al suo cuore. Questa
“minaccia” chiama in causa la responsabilità, ecco perché si parla di terza/quarta
generazione, perché gli effetti saranno risentiti anche da loro. L’accento principale non è
sulle generazioni, ma sul fatto che la bontà del Signore dura fino a mille generazioni, non
c’è confronto. Questa frase non può che essere definita come un’incredibile dichiarazione
d’amore da parte di Adonai. Cfr Vitello d’oro.
SECONDA PAROLA (vv. 11-16): nel versetto 11 capiamo che c’è di più dietro. Nella
tradizione cristiana il “non nominare il nome di Dio invano” significa “non bestemmiare”,
bestemmiare significava chiamare in causa Dio, associandolo ad una parola ingiuriosa,
che potesse essere offensivo e quindi ferirlo (dal greco blasfemeo=creare un danno).
L’interpretazione del comandamento biblico va oltre, c’è forse anche il significato di “non
giurare il falso”, questo trasformerebbe il Dio da un garante del vero ad un essere
menzognero. Il giuramento del falso minaccia l’ordine reale. È come se si giurasse a nome
di Dio. Il collegamento è con la dignità dell’uomo, che è a immagine e somiglianza di Dio,
è colui che ne porta il nome e deve essere rappresentante di Dio e lavorare per il bene del
mondo. Verso il cammino per la Terra Promessa il popolo d’Israele non solo aveva fatto il
vitello d’oro, ma non si era fidato del Signore quando era andato in avanscoperta nella
Terra Promessa.
14/04/2021
TERZA PAROLA (vv. 12-16): molto più lunga rispetto alle altre. Qui c’è scritto cosa
bisogna fare, offre la possibilità di trovare un senso all’uomo. Per quanto riguarda il
predicato verbale significa “riposare”, per quanto riguarda la forma sostantivata “riposo”il
sabato. Ci viene chiesto di custodire il giorno del sabato. Anche se il sabato è stato una
grandissima conquista, il fatto di riposarsi dal lavoro ha un altro senso, non è solo il
riposarsi, ma far comprendere all’uomo che è oltre e altro dal lavoro. L’uomo non è solo
potere di fare le cose, ma è molto di più, deve avere uno spazio per capire qual è il suo
senso. L’uomo non è solo soggetto di potere, ma è soprattutto soggetto di gratuità e di
grazia. Il riposo del sabato ricorda al popolo di Israele che lui stesso è stato schiavo del
popolo d’Egitto. Adonai ricorda ad ogni uomo che lui lo ha liberato e quindi tutte le creature
devono prendere questo riposo, anche schiavo e schiava, bue ed asinosegno chiaro
della presenza di Dio. Per quanto riguarda il libro dell’Esodo viene fornita un’altra
motivazione per cui bisogna conservare il sabatol’essere umano deve partecipare al
compimento della creazione. Non c’è contraddizione tra Esodo e Deuteronomio, perché
creazione=liberazione. Per la Bibbia creare significa “liberare il mondo dal caos”.
CAOS=spalancamentoabisso (primo capitolo Bibbia). caos è l’opposto di
kosmos=ordine, come se il mondo ci è stato dato già ordinato. Anche nel Vangelo ci sono i
Farisei che dicono che di sabato non si possono nemmeno guarire le persone. Non è
l’uomo fatto per il sabato, ma il sabato fatto per l’uomo. Per forza di cose dobbiamo imitare
ciò che Dio ha fatto per l’uomo. Se il sabato è stato fatto perché tutti si riposassero, come
faccio a non guarire dalla malattia qualcuno nel giorno di sabato.
QUARTA PAROLA (v. 16): suolo si dice “adamah”ricorda Adamderiva dal suolo. La
radice da cui derivano significa colore ROSSO. La quarta parola è importante perché per
alcuni è l’ultima della prima tavola data sul monte Sinai (relativa al rapporto uomo-Dio, la
seconda tavola relativa al rapporto uomo-uomo). Onorare il padre e la madre è anche un
onere. Si hanno delle responsabilità. L’assistenza agli anziani è il vero rapporto di rispetto.
In questo senso Gesù critica aspramente chi all’epoca utilizzavano i soldi come sacrificio
del tempio. Chi disprezza i genitori in qualche modo rinnega se stesso.
15/04/2021
QUINTA PAROLA: non uccidere.
SESTA PAROLA (v.21): non commetterai adulterio, sta ad indicare il divieto di non
alterare l’umano. Adulterator nel medioevo significava “falsificatore di monete”quindi gli
adulteri violano le regole di ogni buona condotta perché falsificano le regole.
Adulterare=alterare. Storia di Davidenon bisogna approfittarsi del più debole. Chi guarda
una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei, nel suo cuorevedi storia
di Davide. Come mi comporto con la mia famiglia così mi comporterò con gli altri. Ci deve
essere sempre un impegno a preservare amore e fedeltà.
SETTIMA PAROLA: non ruberai. Il termine ebraico ha l’accezione sia di non rubare che di
non sequestrare. Questo divieto di rubare riguarda anche il rapimento. Storia di Giuseppe
e i suoi fratelliGiuseppe viene preso dai suoi fratelli e venduto a mercanti che andavano
in Egitto per farlo schiavopoi lui diventerà braccio destro del faraone. Erano invidiosi
perché lui interpretava i sogni e sembrava fosse il preferito del padre. È un reato degno di
morte colui che uccide un fratello, ma anche lo vende. La seconda tavola del Decalogo
assicura i diritti fondamentali del cittadino libero.
OTTAVA PAROLA: non dire falsa testimonianza. La parola data deve essere una parola
vera; senza la parola vera la comunità non può esistere. La parola data per la Bibbia
chiede responsabilità. A me è stato donato ed io sono responsabile della parola data.
Poiché nel diritto processuale dell’epoca gli indizi avevano un ruolo solo marginale,
l’importanza decisiva era legata alla testimonianzaecco perché si doveva negare la falsa
testimonianza. Daniele 13 racconta la storia di Susanna.
NONA E DECIMA PAROLA: possono essere messe insieme perché riguardano aspetti
della vita dell’uomonon desidererai la moglie del tuo prossimo, la casa del suo prossimo
e ogni cosa che è per il tuo prossimo. Ancora il desiderio. Queste due parole regolano il
desiderio, verso la donna, gli oggetti e i valori.
21/04/2021
Il discorso della montagna. Al centro del cristianesimo non c’è un programma, non è
un’idea filosofica, al centro del cristianesimo c’è una persona viva, cioè Gesù Cristo, per
cui il percorso che porta ad essere realmente cristiani è seguito da chi si è battezzato nel
nome di Gesù e decide che il percorso si può realizzare perché aderiscono alla persona di
Gesùecco perché si dice SEQUELA e IMITATIO. Si può camminare insieme attraverso
la Chiesa. La vita di ogni donna e ogni uomo ubbidisce all’esigenza che per poter mostrare
di essere un credente di Cristo deve rendere visibile il regno di Dio annunciato da Gesù
stesso. Attraverso Gesù noi possiamo finalmente vedere il padre. Se Gesù è la
manifestazione di Dio nel mondo, è allo stesso tempo il prototipo e il modello a cui bisogna
guardare. L’antropologia cristiana dice che ogni uomo è predestinato a diventare FIGLIO
NEL FIGLIO attraverso lo spirito santomi realizzo come uomo nel momento in cui seguo
il modello che è Gesù Cristo.
Matteo dice che tutta la folla fu smarrita perché incredibilmente Gesù insegnava come uno
che aveva autorità.
In greco autorità si dice EXOUSIA (EK+OUSIA)“essere da”l’autorità che viene da
qualcun altro.
Ciò che emerge dal discorso della montagna è un intreccio tra l’incondizionata
benevolenza di Dio e l’esigenza etica. Per poter fruire della benevolenza di Dio c’è
bisogno di comportarsi in un certo modo. Se voglio avere la benevolenza di Dio, so che
devo comportarmi in un certo modostesso concetto delle Dieci Parole. Il discorso che
Gesù fa deve essere messo in pratica. I Vangeli parlano sia dei fatti che dei detti di Gesù.
Che dono è quello che si trasforma in obbligo?
Il discorso della montagna ci fa vedere un Gesù misericordioso. Per far capire a qualcuno
che ha sbagliato, è anche necessaria la misericordia.
22/04/2021
Il discorso della montagna richiede, quindi un’interazione tra benevolenza divina ed
esigenza etica.
Tutte le 9 beatitudini hanno una caratteristicavengono chiamate MACARISMI perché
iniziano con makarios che in greco classico significa BEATO, anche se la felicità in greco
si dice EUDAIMONc’è la radice di demone + particella eu=benevolo. Il makairos biblico
potrebbe essere più vicini ad euloghemenos=eu+radice di lego=direbene detto. Il suo
antecedente ebraico è ashré (beatitudine, felicità), dal sostantivo hosher (colui che è
felice, colui che è benedetto). Tuttavia si percepisce anche nelle traduzioni delle diverse
lingue, che rendono approssimativamente il termine makairos. Nell’Antico Testamento ha
un significato, ci sono due aspetti fondamentali che nella tradizione ebraica fanno da
sfondo: la gioia per la consapevolezza di appartenere alla storia della salvezza che ha in
Dio la sua riuscita (il beato è colui che gioisce perché fa parte della storia della salvezza
promessa da Dio. Manterrà questa promessa, quindi di che cosa si deve preoccupare?).
questo tipo di gioia non può essere paragonato allo stoicismo greco, che fa in modo che
l’uomo si possa rifugiare nel segreto e che diventi imperturbabile alle assenze della
passione. Secondo lo stoicismo si può essere felice con l’apatheia (senza piacere,
desiderio, paura e dolore, i 4 elementi che formano le passioni). Senza passioni non si può
vivere, ma c’è anche gente che ha paura di essere felice e che confonde questo con la
felicità; il secondo aspetto che fa da sfondo nella tradizione ebraica è il fatto che l’uomo è
felice quando è a contatto con la Torà (i primi 5 libri della Bibbia ebraica, che per noi sono
il Pentateuco). Il primo salmo inizia proprio così: “Beato l’uomo che nella legge del Signore
(Torà) trova la sua gioia”. Quindi, benedizione e felicità sono doni di Dio, ecco perché
seguire gli insegnamenti di Dio non fa altro che portarci verso la gioia. Makários può quindi
significare entrambe le cose. Ci sono però delle beatitudini che sembrano legate a
condizioni di carenza o all’essere umano in bisogno, in necessità (i poveri, gli affamati, i
perseguitati), altre a condizioni positive dell’uomo. Emerge innanzitutto il fatto che secondo
Matteo le beatitudini sono legate certamente al regno di Dio. In tutte si percepisce questa
vicinanza al regno di Dio, ma da chi è portato questo regno? Da Gesù, quindi la felicità è
portata dall’intervento di Dio nella storia, che permette l’incarnazione del proprio figlio nel
mondo che tutti viviamo. Qui dobbiamo capire che queste beatitudini sono rivolte a tutti,
con un occhio di riguardo a chi è più bisognoso e povero, dove per povero non si intende
solo la povertà socio-economica. L’intervento definitivo di Dio nella storia è questo con
l’incarnazione di Gesù”Il verbo si fece carne e venne ad abitare (skenoo=skené=tenda,
Gesù è colui che ha posto le tende in mezzo agli uomini, collegamento con Antico
Testamento, gli ebrei erano nomadi e per arrivare nella Terra Promessa si muovevano con
le tende) in mezzo a noi”.
Il primo macarismo prende in considerazione i poveri in spirito. Tra i poveri vediamo tutta
una categoria, tra cui poi i poveri verranno pronunciati piano paino da Gesù. Il povero, dal
termine greco, è colui che cade, che sta ranicchiato. Gli ptoki sono coloro che si
considerano umili, l’umile è colui che non fa altro che dare tutto a Dio, colui che si attende
tutto da Dio e si consegna totalmente nelle sue mani. Il povero è colui che non avanza
pretese, ma si libera nelle mani di Dio. Questi poveri sono poveri in relazione allo spirito
(pneuma). Di quale spirito si sta parlando? Per la tradizione ebraica lo spirito è il vento
(ruah), che durante la creazione ci viene messo all’interno delle nostre narici. Questo
spirito che abbiamo dentro ci trasforma completamente. I poveri di spirito vedono la loro
situazione reale di debolezza nella prospettiva di un regno di Dio che già si è fatto vicino e
già è in noi (lo dice anche nel Vangelo). Il povero in spirito è anche colui che non si fa
riempire il cuore da troppe cose che non hanno senso.
Nella seconda beatitudine ci sono gli afflitti, coloro che continuamente tristi (greco), in
ebraico sono coloro che sono continuamente in lutto. Gli afflitti vivono nell’afflizione, ma
sono consapevoli che ci sarà una salvezza divina con il tempo (“perché saranno
consolati”). L’escatologia cristiana (da escaton=ultimo), gli ultimi tempi, sarà quando Gesù
Cristo scenderà con i suoi angeli e risorgerà i vivi e i morti, se io credo in Gesù e lo credo,
sono già nella vita eterna, perché credo che Gesù abbia sconfitto la morte e che per me ci
sarà una vita eterna. Si può cominciare a vivere il regno di Dio già nella vita terrena. La
Pasqua è importante perché celebra il passaggio dalla morte alla vita, perché Gesù ha
sconfitto la morte. In nessun altro caso Dio si è incarnato nella vita terrena, solo nella
nostra religione, per far capire all’uomo che la morte non è l’ultima parola, perché l’ultima
parola spetta a Dio.
Terza beatitudine: aspetto tipico, teologicamente parlando nel Vangelo di Matteo (?),
perché il termine “miti” indica l’essere gentile, mite, benevolo. Già nella classicità greca,
chi era gentile aveva un posto d’onore, perché la gentilezza era una virtù sociale
importante. La terra di cui parla Gesù è la Terra Promessa, che inizia qua e ora, senza
dover attendere il tempo escatologico. Le persone arroganti poi utilizzano la violenza nei
confronti degli altri. Il mite è colui che sta in silenzio davanti al Signore, che spera in lui.
Nel vangelo di Matteo Gesù dice “Siate come me, perché io sono mite e umile di cuore”.
Qui entra in gioco la giustizia. Quando sono giusto con gli altri? Quando mostro di non
essere superiore a te. Uno gentile non può che essere giusto.
L’eredità diventa un simbolo escatologico perché già quello che io vedo oggi è un segno
che mi ripresenta quello che io saròin questo caso, la terra di cui parla Matteo è un
simbolo di ciò che avverrà nel regno dei cieli.
28/04/2021
Quarta beatitudine: per la prima volta viene introdotto il concetto di giustizia, uno dei più
importanti in relazione alla vita di Gesù stesso. È emerso il collegamento tra l’etica e la
conoscenza e la verità di Dio. All’inizio del capitolo 3 del vangelo di Matteo siamo di fronte
al battesimo di Gesù, lui dalla Galilea si reca al Giordano, dove avviene il battesimo di
conversione da parte di Giovanni, ma ad un certo punto anche Gesù va a farsi battezzare,
nonostante lui non abbia bisogno di conversione. Giovanni voleva impedirglielo. Gesù gli
risponde “Lascia fare per ora perché conviene che adempiamo ogni giustizia”, allora
Giovanni lo lascia fare. Gesù si fa battezzare come ogni uomo, ecco da dove parte il
concetto di giustizia. Non è però a giustizia di cui parla San Paolo. Dimostro la giustizia nei
confronti delle persone che vivono con me. È così che si rivela la giustizia di Dio. Si
realizza attraverso la pratica della misericordia, la sottolineatura particolare della giustizia
divina. A livello di tradizione biblica Dio è giusto perché mantiene fede alle promesse e
siccome la promessa di Dio è che tutti gli uomini si salvino, da uomo mi domando ma se
Dio è giusto perché mantiene fede alle promesse, perché io non mi devo comportare
rettamente con gli altri uomini? Come Dio usa misericordia nei confronti dell’uomo, l’uomo
deve usarla nei confronti degli altri uomini.
Sesta beatitudine: la purezza di cuore è uno dei punti più importanti dell’etica di
Israelevuol dire che non ci può essere una purezza esteriore, non ci può essere un
comportamento di facciata. In ebraico il cuore è il centro vitale della persona. Il puro di
cuore è colui che ha la coscienza pura. La crisi è l’incapacità di giudizio. Se la crisi dura
poco è un punto di partenza, se dura tanto allora è un problema. Il puro di cuore non è
colui che gioca di doppiezza, quello che pensa fa, ecco perché potrà vedere Dio. Chi vede
Gesù vede il Padre, perché Gesù mostra il volto di Dio.
29/04/2021
Ottava beatitudine: c’è continuamente una progressione tra le Beatitudini. Questa riprende
la prima e la quarta, la differenza sta sul fatto della persecuzione, in più il perfetto greco
indica un’azione passata che continua nel presentesi parla di una persecuzione che
continuamente ci sarà, perché chi pratica la giustizia sarà perseguitato. Questa beatitudine
non fa altro che creare un ponte verso l’ultima beatitudine. Se prima ci poteva essere una
scusa per la giustizia, oggi no, perché Dio, attraverso suo figlio, si incarna e diventa
visibile.
Nona beatitudine: ripresa sintetica di quello che è stato detto fino ad ora, ma ci sono
differenzeverbi tutti al futuro. A ogni domanda provocatoria Gesù non ha mai risposto
come volevano che rispondesse. Lui ha dimostrato che al centro bisogna mettere l’uomo,
che non significa mettere al centro i suoi desideri (non tutti i desideri umani sono positivi e
sani), significa mettere al centro il suo bene, che spesso passa attraverso dei NO e non
dei SI. Chairostesso verbo che abbiamo nell’annuncio dell’Arcangelo Gabriele nei
confronti di Maria. Gesù dice in Matteo 5,17 “Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno
compimento alla legge”. Compiere significa “mettere in pratica”. La posizione di Gesù nei
confronti della legge è di colui che cerca di dimostrare il vero senso della Tora, rivela
l’intenzione originaria di Dio, risale all’origine della legge perché sta dalla parte della fonte
della legge. Solo Gesù è l’interprete autorizzato, può portare a compimento ciò che i
profeti avevano predicato.
AMORE
La carità occupa un posto centrale. L’alleanza esige la risposta dell’uomo stesso, ovvero
un amore nei confronti di Dio e dei fratelli (uomini e donne dell’intero pianeta). La
conversione di un cristiano si basa proprio sull’aspetto della carità (l’amore per ogni cosa
che fa). Nell’Antico Testamento amore si dice ahava, che deriva dal verbo ahav. È un
amore che coinvolge l’intero uomo. In greco si dice agapeche fa riferimento all’amore
per Dio, all’amore incondizionato e gratuito che non chiede niente in cambio. In greco
c’erano tre termini per indicare l’amore: erao (desiderio), fileo (amore dell’amicizia, della
complicità), agapao (amore divino che vive di gratuità)un rapporto di coppia può
funzionare se ha tutti e 3 gli elementi.
Come si ama Dio si deve amare il prossimo altrimenti l’amore nei confronti di Dio non ha
senso. Gesù fa opera di unità, mette insieme questi due aspetti (che erano presenti
nell’Antico Testamento ma in due libri diversi). Bisogna porre al centro l’amore come
criterio fondamentale. L’amore per Dio e per il prossimo sono due facce della stessa
medaglia. Giovanni sottolinea che se Dio ci ha amato così, dobbiamo amarci gli uni gli
altri. Questo comandamento mette in evidenza come l’amore di Dio debba incarnarsi
nell’amore per un fratello in maniera incondizionata e totale.
Matteo 5, 43-48.
DEUS CARITAS EST. Dio ha esperienza con Padre, Figlio e Spirito Santo che si amano
tra di loro.
Il comandamento dell’amore si deve incarnare negli altri comandamenti. Deve essere il
principio che anima tutti gli altri comandamenti. Se manca l’amore, gli altri comandamenti
mancano di senso e diventano solamente dei precetti da seguire, in cui l’uomo non è
coinvolto. Il principio che mi spinge nei comandamenti è l’amore. È una sorgente dall’altro
che fa capire che bisogna amareuna parola incarnata, cioè il figlio di Dio fatto uomo. Il
tempo di speranza, di attesa verso Dio, lo vivo attraverso la carità.
05/05/2021
Le virtù del vivere (teologali) sono tre: fede, speranza e carità. Socrate diceva “conosci te
stesso”indicava che non bisogna apparire, oggi purtroppo è frainteso e viene utilizzato
per dire “tu con la tua forza puoi tutto”. Ha senso parlare di virtù, nonostante nell’epoca
mass mediale sia difficile avere punti di riferimento. Non dobbiamo aver paura di perdere
l’immagine che ci creiamo, dobbiamo costruire la vera immagine dell’uomo. Il discorso
sulle virtù va ripreso perché è un discorso sull’uomo e sulla sua crescita umana e sociale.
La rivelazione biblica dimostra come davvero la conversione possa portare ad una crescita
armoniosa dell’uomo. Le virtù teologali (che sono di Dio, diverso da teologico=ciò che dice
l’uomo su Dio) trovano spazio all’interno della storia dell’uomo che è una storia di salvezza
e la storia è il luogo della rivelazione. La prima virtù umana e non teologale che il cristiano
deve metter in pratica è la SINCERITÀ, rendersi conto che la rivelazione di Dio avviene
nella storia attraverso la reincarnazione di Gesù. Proprio perché la storia umana è
intessuta di luci e ombre è necessario avere una chiave per decifrarlaper il cristiano la
chiave non può che essere la memoria di Gesù. Il credente cristiano è il primo che si
rende conto che i problemi non sono svaniti, è il primo consapevole che il progetto di Dio
nella vita quotidiana sia combattuto. L’ultima parola è sempre di speranza. Se io voglio la
resurrezione devo passare per la morte. Per il cristiano la chiave è la vita di Gesù, che ha
vissuto tutte le condizioni che abbiamo vissuto noi. La speranza è fondamentale. La storia
di Gesù ci dice chiaramente che il male esiste e continua però c’è la libertà, la speranza.
Una cosa è certa: non sono i piani che vanno inseguiti. Il cristiano non deve omologarsi
alla logica del momento, le sue virtù hanno il compito di mirare alla vigilanza, di vivere
nell’attesa ed essere speranzosi per essere uomini realizzati (teleioi). Se vogliamo
riempire il nostro tempo, dobbiamo riempirlo di carità. Spesso purtroppo accade che ci
riconosciamo in coloro che dicono che è impossibile farlo.
La prima virtù è la FEDEnell’Antico Testamento ci sono due termini per designarlo:
aman (roccia solida, da cui deriva il nostro amen), batah (che significa avere fiducia). Le
immagini sono la roccia che non si sbriciola e le braccia del padre che danno sicurezza,
quindi affidarsi, avere fede significa abbracciarsi a Dio. Spesso la Bibbia dice proprio che
Dio è verità perché la sua parola è fedele, perché mantiene fede alle sue promesse. In
greco fede si dice pistis che oltre a significare CREDERE vuol dire anche CONFIDARE IN
QUALCUNO. La fede si può dimostrare con l’ascolto, con l’accoglienza. Per il Nuovo
Testamento la fede è un atteggiamento fondamentale, completo di un uomo di fronte a Dio
che è il suo salvatore. Non emerge solo nella Bibbia la fede dell’uomo nei confronti di Dio,
ma soprattutto la fede di Dio nei confronti dell’uomo. Dio si fida dell’uomo. Queste due
situazioni di fede si congiungono. Risponderò positivamente all’appello di Dio. “Perché
avete paura? Non avete ancora fede?”. La fede è quando nella difficoltà più grande
continuo a rimanere in attesa della fede assoluta. L’incredulità non è solamente chi non
accoglie la storia di Gesù, ma sta nel fatto che io credo solo quando mi fa comodo. Al
primo posto come criterio non le scorciatoie. L’incredulità non fa fare il passo in più.
06/05/2021
La fede non è una deduzione necessaria di una ricerca, non è costringente, è gratuita. La
seconda virtù teologale è la speranza. La speranza evangelica non è l’esperienza
mondana, perché quest’ultima aveva il fondamento nell’esperienza dell’uomo (fondamento
debole perché l’uomo nasce, vive e muore). Per capire la speranza cristiana bisogna
guardare alla speranza che ha avuto Gesù. Anche qui c’è chi ha accolto la sua venuta e
chi l’ha rifiutata. Antropologicamente se manca la speranza ci sono due rischi clamorosi: il
rischio della rassegnazione e la tentazione di sostituire le vie proposte dal Vangelo con
quelle scorciatoie dateci dagli uomini (quindi spesso si confonde il regno di Dio con quello
degli uomini).
Upomoné è la perseveranza, la sopportazione, la virtù della pietra che nonostante venga
calpestata non si lascia modificare. Abbandono totale della certezza della presenza del
padre. Nonostante tutto mi remi contro io ho la certezza che Dio padre è presentecosì si
va avanti e si ha pazienza.
La carità: la carità di Gesù è una realtà piena. La carità deve essere visibile.
“Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato”ripreso da un salmo, è il grido giusto che si
ha di fronte alla morte. L’unico momento in cui Dio piange è con Lazzaro, eppure sapeva
di resuscitarloallora perché piange? Perché davanti alla morte questa è la reazione di
ogni uomola rabbia, perché è successo a lui?
Ogni uomo è un soggetto etico, in qualche modo è rapportato all’interno di una società, si
costruisce le sue relazioni. AGERE SEQUITOR ESSEl’agire segue l’essere. In ogni
scelta mi imbarco sto decidendo di me stesso. Anche la scelta più piccola dice chi sono.
13/05/2021
San Tommaso dice che Dio fa conoscere la sua legge attraverso due vie, la rivelazione
soprannaturale e la ragione umana (o legge naturale, che si può trovare con le capacità
naturali, della ragione, si può conoscere la legge di Dio attraverso la forza della
ragionedistrutto il castello di sabbia che mette in opposizione legge e ragione). La
ragione, secondo San Tommaso, è la luce infusa da Dio in ogni uomo per scoprire la
leggepotrebbe essere lo Spirito Santo che permette di capire (Abbà Pater). Nonostante
siamo finiti e fragili, abbiamo il desiderio di eternità che è inspiegabile.
Apprendere non è comprendere.
QUESTIONI DI AFFETTIVITÀ
La bioetical’impressione è che le leggi siano accomodanti e non vogliano andare in
profondità del senso. L’uomo è relazione, scopre chi deve essere anche attraverso le
relazioni. Fuori dalle relazioni la persona rischia di ammalarsi. Plotino diceva che non
dobbiamo mai smettere di scolpire la nostra statua interiore.
19/05/2021
La via opportuna non significa non avere problemi, ma è il modo diverso con cui si
affrontano che permette di andare avanti. È la relazione con l’altro che fa sviluppare
meglio i propri talenti, carismi, doni. Il passo successivo si riferisce a come io vivo la
relazione d’amore nei confronti dell’altro. Ci sono studi in cui è chiaro che sulla base di
come ho vissuto le relazioni primordiali (in famiglia) è inevitabile che vivrò la relazione con
il mio partner. Se ci sono stati problemi in famiglia, la relazione con il partner rischia di
risentirne in qualche modo. La relazione primordiale è una relazione con la madre che
spesso rischia di bloccare la libertà del figlio o della figlia non volendo. La negatività della
madre inconsciamente arriverà anche al figlio. Questo può portare ad un malessere
spirituale. Questi aspetti non rimangono tali, posso avere un passato del genere ma non
dovrò vivere sempre cosìentra in gioco la responsabilità dell’uomo e della donna. Non
possiamo pensare di essere frutto di un caso. Spesso noi giochiamo sul carattere come se
fosse un alibi. Uno si rende conto di per sé che si tratta di una situazione di comodo che
dà l’impressione che non si voglia migliorare e cambiare perché si ha sempre la paura di
lasciare il certo per un qualcosa che diventa incerta. Lo si dice anche per una questione di
esperienze personali. La paura di essere felici perché abituati a vivere in un certo modo
(cherofobia). Questo è un ostacolo che va superato. Abbiamo paura del salto nel vuoto,
ma spesso è il salto nel vuoto che ci salva. Accettare Dio significa sminuire l’uomo perché
non si sente più libero. Devo fare il passo in avanti e cercare chi mi ama, solo a quel punto
potrò dire cosa significa amare. Il pensiero di amare in maniera incondizionata e
gratuitamente non è umanoio amo se sono reciprocamente corrisposto. Se io però
questo amore non lo ricevo non so di che sto parlando. L’amore incondizionato è un
amore divino, inspiegabile umanamente. Partendo da questo amore ricevuto,
incondizionato, posso cambiare la mia vita e capire che non può esistere solo un
atteggiamento retributivo (dare solo in base a quello che ricevo e prendere in
considerazione solo l’ultima carta vincente, il perdonopuò davvero permettere ad un
uomo di risalire, per-donoupergrande, super, è il dono più grande e inaspettato per chi
lo riceve, libera). Fa parte anche il perdono dell’Amore nei confronti del prossimo. Un Dio
Amore che passa attraverso l’incarnazione ha mostrato che non poteva essere
diversamente.
20/05/2021
Premesse per parlare della bioetica: dire che la vita è per l’uomo è un dato di fatto. La vita
non è una scelta, l’uomo si trova nella vita senza averla scelta e tuttavia la vita la viviamo
come se fosse qualcosa di ovvio e scontato. Giustamente se dovessimo pensare ad un
paragone potremmo dire che la vita è paragonabile alla terra: ce l’abbiamo sotto i piedi, è
una base di appoggio essenziale, nel momento in cui dovesse tremare l’uomo non può
rimediare a questo. Esistono dei giorni in cui l’ovvietà non c’è più perché non possiamo
fare finta di nientel’esperienza ci mostra la nostra fragilità che genera angoscia. La
vulnerabilità della vita nel suo significato biologico spaventa. È la velocita con la quale si
perde il proprio carattere che spaventa, non tanto la morte in sé.
L’uomo biblico ha una forza in più: la speranza in un Dio creatore.
Oggi la signoria di cui parla il salmista viene fraintesa.
Oggi la terra è sfruttata per l’interesse egoistico dell’uomo. La responsabilità è di chi
agisce nella maniera sbagliata. Bisogna avere il giusto rapporto nei confronti della
creazione. “La vita è riscattata dalla sua fragilità…”. Se io penso di essere qui per un caso
non do un senso a ciò che vivo e alla creazione. Se do un senso alla creazione, se stringo
il patto col creatore, farò in modo che questa terra sia la mia casa. È un ragionamento
molto semplice. Il libro della Genesi quando dice “dominate le creature e assoggettate la
terra” si riferisce a questo. Non è inteso nel senso di mettere i piedi in testa, ma calpestare
nel senso di diventare di tuo possesso. Assoggettare significa invece pascolare.
Oggi ci chiediamo “che cosa è la vita”interrogativo più urgente e tragico. La minaccia più
consistente appare oggi il fatto che la vita non abbia più un senso, come se ci fosse un
difetto di senso. Noi dobbiamo scontrarci con questa realtà perché lo richiede l’uomo.
Ricerca di senso, di felicità, di compimento e di veritàcosì si può riassumere la vita
dell’uomo. Se manca la ricerca di senso diventa un problema.
La signoria: grazie alla tecnica e alla scienza oggi posso dominare quando voglio. Il
signore della terra è l’homo faber. Il sapere scientifico non potrà mai provvedere al senso
della vita. Le scienze matematiche, chimiche ecc sono scienze parziali perché non si
occupano del senso di significato, ma di un esperimento oggettivo. Ma la scienza non va
messa sotto processo. È l’uso della scienza che taluni fanno che rischia di considerare la
terra un arsenale di materiale, di considerare la vita solo una condizione biologica.
Bisogna mettere insieme la sapienza etica (il sapersi comportare) e le scoperte
scientifiche. Ecco che ritorna l’ethosproposta di Van Potter.