Sparta
Secondo la leggenda, Sparta fu fondata da una popolazione di stirpe dorica, si vantava di essere guidata dai
discendenti di Eracle (ercole), gli Eraclidi. Da Aristodemo sarebbero nati 2 gemelli, i primi 2 re di Sparta.
Sparta deriva dal fatto che i Dori avevano villaggi sparsi, Sparta è situata nella Laconia, lungo la valle del
fiume Eurota. Sparta, non ebbe mai bisogno di costruire mura, le sue mura erano gli scudi e le lance dei
soldati.
Atene
Atene fu fondata dagli achei e poi conquistato dagli Ioni. Il primo re di Atene sarebbe stato un egiziano,
Cecrope, cui successe l’eroe Teseo che avrebbe esteso il dominio su tutta l’Attica. Con Codro si termina il
periodo monarchico e inizia quello aristocratico.
Casus belli
Il motivo che fece scoppiare la guerra tra Sparta e Atene è il continuo crescere delle tensioni tra i 2 Atene
aveva fornito appoggio a Corcira che era colonia di Corinto, nel conflitto che la opponeva alla sua colonia
Epidamno. Ad Epidamno un colpo di Stato democratico aveva cacciato dalla città gli aristocratici, i quali,
dopo essere stati esiliati, fecero ritorno e massacrarono quelli che erano rimasti in città. I democratici di
Epidamno si rivolsero così a Corcira, loro madrepatria, perché mettesse pace tra loro e gli esiliati e facesse
cessare le violenze. Scoppiò la guerra tra le due città e lo scontro sul mare vide vittoriosi i Corciresi, cosa
che alimentò ira e risentimento nei Corinzi, i quali, nell'anno successivo allo scontro, si prepararono al
meglio al successivo conflitto. Sapendo dei preparativi dei nemici e temendo un ulteriore scontro, i
Corciresi, che non erano alleati né con Atene, né con Sparta, decisero di rivolgersi ad Atene per avere aiuto.
Saputo di questa mossa, i Corinzi si recarono ad Atene per evitare quest'alleanza. Corinto accusava ora
Atene di essersi intromessa in questioni che non la riguardavano.
Atene aveva inoltre imposto a Potideaa, città della Calcidicaa membro della lega delio-attica, ma colonia di
Corinto, di non accogliere più gli epidemiurghi, i magistrati che annualmente Corinto inviava a Potidea a
scopo di controllo e supervisione, e di abbattere le mura che congiungevano la città al mare.
Chi ha vinto?
Guerra di Troia
Nella mitologia greca, la guerra di Troia fu una sanguinosa guerra combattuta tra gli Achei e la potente città
di Troia, presumibilmente attorno al 1250 a.C. o tra il 1194 a.C. e il 1184 a.C. circa, nell'Asia minore.
Gli eventi del conflitto sono noti principalmente attraverso i poemi epici Iliade ed Odissea attribuiti ad
Omero, composti intorno al IX secolo a.C. Entrambi narrano una piccola parte del conflitto: l'Iliade i fatti
avvenuti durante l'ultimo anno di guerra, l'Odissea, oltre al viaggio di Odisseo per tornare in patria, narra la
conquista di Troia. Le altre opere del "Ciclo Troiano" sono andate perdute e sono conosciute solo tramite
testimonianze posteriori. Singoli episodi sono infatti descritti in innumerevoli testi della letteratura greca e
latina, e dipinti o scolpiti in numerose opere d'arte. Secondo l'Iliade, la guerra ebbe inizio a causa del
rapimento di Elena, regina di Sparta, ritenuta la donna più bella del mondo, per mano di Paride, figlio di
Priamo re di Troia. Menelao, marito di Elena, e il fratello Agamennone radunarono un esercito, formato dai
maggiori comandanti dei regni greci e dai loro sudditi, muovendo guerra contro Troia. Il conflitto durò dieci
anni, con gravissime perdite da entrambi gli schieramenti. Fra le vittime vi fu Achille, il più grande guerriero
greco, figlio del re Peleo e della ninfa Teti. Achille era re dei Mirmidoni, che condusse in molte battaglie
contro Troia, essendo infine ucciso da Paride che, per vendicare la morte del fratello Ettore, lo colpì con una
freccia al tallone, suo unico punto debole. Troia infine cadde grazie all'astuto Odisseo e al suo piano del
cavallo di legno, cambiando l'esito del conflitto. È ancora oggetto di studi e di controversie la questione
della veridicità storica degli avvenimenti della guerra di Troia. Alcuni studiosi pensano che vi sia un fondo di
verità dietro i poemi di Omero, altri pensano che l'antico poeta abbia voluto raggruppare in un unico
conflitto, quello fra Greci e Troiani, le vicende di guerre e assedi diversi succedutisi nel periodo della civiltà
micenea.
Il piano di Zeus
Zeus si era accorto che la Terra era troppo popolata. Inizialmente voleva distruggere l'umanità con fulmini e
inondazioni, poi su consiglio di Momo, il dio degli scherzi, o di Temi, decise invece di favorire il matrimonio
di Teti e Peleo, gettando così il seme della guerra di Troia, che avrebbe portato alla fine del regno degli eroi.
C'è anche chi sostiene che Zeus vedesse in molti guerrieri dei potenziali usurpatori del trono di capo degli
olimpi. Come racconta la mitologia greca, Zeus era diventato re degli dei detronizzando Crono, il quale a
sua volta aveva preso il posto di suo padre Urano. Memore di quanto possa essere crudele la propria
progenie, Zeus, che aveva avuto molti figli dalle sue tante relazioni con donne mortali, ne aveva timore: e
più in generale temeva l'intera categoria dei semidei.
Il rapimento di Elena
La più bella donna del mondo era Elena, una delle figlie di Tindaro, re di Lacedemone. Sua madre era Leda
che fu sedotta o stuprata da Zeus sotto forma di cigno. Leda partorì così quattro gemelli, due maschi e due
femmine. Castore e Clitennestra erano figli di Tindaro, Elena e Polluce di Zeus. Secondo una tradizione
Odisseo propose di fare un sorteggio o secondo un'altra, più accreditata, era il padre a scegliere il marito
per la sposa. Furono inoltre costretti tutti i pretendenti a giurare di difendere il matrimonio di Elena,
qualunque marito fosse scelto. I giovani giurarono sacrificando i resti di un cavallo. Di certo non mancarono
i borbottii di alcuni. infermando la datazione. Fu scelto come marito Menelao. Quest'ultimo non si era
presentato come pretendente alla reggia ma aveva mandato il fratello Agamennone in suo nome. Aveva
promesso un'ecatombe di 100 buoi ad Afrodite se avesse avuto in moglie Elena ma, non appena seppe di
essere lui il prescelto, dimenticò la promessa fatta, causando l'ira della dea. Agamennone e Menelao
vivevano in quel periodo alla corte di Tindaro perché esiliati da Micene, loro terra natia, dallo zio Tieste e
dal cugino Egisto, dopo la morte del padre Atreo, ucciso dallo stesso Tieste. Menelao ereditò dunque il
trono di Sparta da Tindaro poiché i suoi unici figli maschi, Castore e Polluce, erano stati assunti fra le
divinità. Agamennone sposò in seguito Clitemnestra, sorella di Elena, e scacciò Egisto e Tieste da Micene,
riprendendosi così il trono del padre. Durante una missione diplomatica Paride si recò a Sparta e si
innamorò della bella Elena. Enea, nobile figlio di Afrodite e Anchise, re dei Dardani, accompagnava Paride.
Durante il loro soggiorno a Sparta, Menelao dovette recarsi a Creta per i funerali di Catreo, il nonno
materno. Paride, sotto influsso di Afrodite, riuscì a sedurre Elena e a partire con lei verso Troia, nonostante i
rimproveri di Enea, portando con sé il ricco tesoro di Menelao. Era, ancora adirata con Paride, mandò
contro di lui una tempesta, costringendolo a sbarcare in Egitto, ma alla fine Elena giunse a Troia. La nave
arrivò poi a Sidone, dove Paride, timoroso di essere catturato da Menelao, passò diverso tempo prima di
tornare in patria.
Odisseo e Achille
Odisseo, qualche tempo prima, si era sposato con Penelope da cui aveva avuto un figlio, Telemaco. Per
evitare la guerra si finse pazzo e cominciò a seminare sale per i campi e la spiaggia. Palamede, il re di
Nauplia, mandato ad Itaca per convincerlo, prese Telemaco e lo posizionò nel solco su cui sarebbe dovuto
passare Odisseo che, non volendo uccidere il figlio, girò da un'altra parte, rivelando però così di essere
ancora sano di mente. Achille invece era stato nascosto dalla madre a Sciro, mascherato con abiti femminili
per non farlo riconoscere agli araldi mandati da Agamennone. Egli si era già unito in matrimonio con
Deidamia, figlia del re, e da quest’unione era nato Neottolemo, detto anche Pirro. Aiace Telamonio, cugino
di Achille, il suo vecchio precettore Fenice e soprattutto Odisseo, travestiti da mercanti, si recò nella reggia
di Sciro per scovare il giovane figlio di Peleo. Vi sono due tradizioni sul riconoscimento dell'eroe. Secondo la
prima, Odisseo suonò un corno, segno di un attacco nemico, e Achille, anziché fuggire come fecero le figlie
del re, afferrò una lancia per affrontare i nemici e fu riconosciuto. Nella seconda tradizione, la più famosa,
Odisseo portava con sé un cesto con degli ornamenti femminili e una spada bellissima. Achille non osservò i
gioielli ma guardò la stupenda arma e per questo fu scoperto e condotto al campo acheo. Secondo
Pausania, Achille non si nascose a Sciro perché l'isola fu poi conquistata durante la guerra di Troia dall'eroe
stesso. Le forze achee si radunarono dunque nel porto di Aulide, in Beozia. Tutti i pretendenti spedirono i
propri eserciti eccetto re Cinira di Cipro, che invece di spedire le cinquanta navi promesse, spedì ad
Agamennone delle corazze, di cui soltanto una vera, mentre le altre erano di fango. Idomeneo, re di Creta,
invece era disposto a schierare l'esercito cretese solo a patto che avesse potuto condurre con sé un vice
comandante, il nipote Merione. L'ultimo comandante ad arrivare fu Achille, che allora aveva soltanto
quindici anni.
Filottete era amico di Eracle e poiché accese per lui la pira funebre, incarico che tutti avevano rifiutato,
ricevette dall'eroe l'arco e le invincibili frecce intinte nel sangue dell'Idra di Lerna. Lui navigò verso Troia con
sette navi ma durante una sosta, in cui i suoi uomini si fermarono nell'isola Crise per fare rifornimenti fu
morso da un serpente. La ferita divenne infetta, emanando un cattivo odore, e Odisseo dunque avvisò
Agamennone dello spiacevole accaduto costringendo l'Atride, ad abbandonare l'eroe sull'isola di Lemno,
rimanendo così esiliato per dieci lunghi anni. Medonte, fratellastro di Aiace Oileo, prese il controllo degli
uomini di Filottete. Sbarcati a Tenedo, isola di fronte al lido di Troia, l'attaccarono ma la città si difese,
guidata dal suo regnante Tenete, figlio di Apollo. Achille depredò Tenedo e tentò di catturare Emitea,
sorella di Tenete che, disperata, chiese agli dei di poter essere inghiottita dalla terra: dopo la tragica fine
della giovane, le cui preghiere furono esaudite, Achille mosse contro il sovrano, nonostante Teti avesse
ordinato al figlio di non uccidere Tenete per non incorrere nell'ira del dio ma Tenete era già caduto sotto la
spada del Pelide. Da quel giorno, Apollo tentò in tutti i modi di uccidere Achille e, infatti, sarà proprio Apollo
a dirigere la freccia di Paride nel suo tallone. Da Tenedo fu poi spedita una delegazione a Priamo, formata
da Menelao, Odisseo e Palamede per chiedere nuovamente la restituzione di Elena ma anche questa volta
le loro proposte furono rifiutate.
Le campagne di Achille
Gli Achei assediarono Troia per nove anni. Questa parte della guerra è di cui sono conservate il minor
numero di fonti, poiché i testi letterari preferiscono parlare principalmente degli avvenimenti dell'ultimo
anno. Per giustificare questa penuria di fonti c'è stato chi ha elaborato teorie sull'effettiva durata della
guerra. Tra queste, vi è un aspetto, della più ampia teoria di Felice Vinci, su Omero nel Baltico, secondo cui
la guerra sarebbe durata un solo anno e di conseguenza l'Iliade narrerebbe la guerra nella sua interezza.
Dopo lo sbarco iniziale, l’esercito fu raggruppato di nuovo per intero soltanto nel decimo anno, secondo
Tucidide a causa di una mancanza economica che costrinse i Greci a compiere scorrerie nelle città alleate di
Troia ed esaurire i profitti agricoli delle regioni della Tracia. Troia non fu mai assediata completamente in
questi nove anni poiché riusciva ancora ad avere rapporti con i popoli interni dell'Asia minore, essendo
giunti rinforzi fino alla fine dello scontro. Gli Achei controllavano semplicemente lo stretto dei Dardanelli, i
Troiani invece comunicavano attraverso il punto più corto ad Abido e Sesto, potendo così contattare i
propri alleati in Europa. Achille era senza dubbio il più attivo fra gli Achei, secondo Omero conquistò undici
città e dodici isole, secondo Apollodoro invece fece scorrerie nelle terre di Enea, in Troade, derubandolo dei
suoi armenti conquistando inoltre Lirnesso, Pedaso e diverse città del circondario. Uccise anche Troilo,
giovane figlio di Priamo, quando questi aveva diciannove anni confermando un oracolo che aveva predetto
che se il ragazzo avesse raggiunto il ventesimo anno di vita, la città non sarebbe crollata. Secondo
Apollodoro, dalla divisione del bottino di queste città, Achille ottenne Briseide di Lirnesso mentre
Agamennone ottenne Criseide, di Tebe. Achille catturò Licaone, figlio di Priamo mentre stava potando gli
alberi nel frutteto del padre, ordinando poi a Patroclo di venderlo a Lemno, dove fu comprato da Eezione,
re di Cilicia e suocero di Ettore, che lo rimandò a Troia. Fu ucciso da Achille più tardi, dopo la morte di
Patroclo. In seguito Achille marciò contro il regno di Cilicia, uccidendo Eezione e tutti i suoi figli maschi, ad
eccezione di Pode, il più giovane, che si era trasferito a Troia presso Ettore e Andromaca. Pode morì poco
prima di Ettore, ucciso in battaglia da Menelao.
Nel campo dei Greci si diffuse un'epidemia: era il castigo decretato da Apollo come punizione ai Greci per
aver sottratto Criseide al padre Crise, sacerdote del dio. Su consiglio di Calcante, Agamennone accettò di
restituire Criseide al padre ma pretese in cambio Briseide, schiava preferita di Achille, sottraendola all'eroe.
Scoppiò dunque un litigio tra Achille ed Agamennone: Achille decise di non combattere più e rimanere
fermo nella propria tenda. Teti, madre di Achille, salì all'Olimpo per supplicare Zeus di rendere giustizia al
figlio: il dio acconsentì, subendo i rimproveri di Era, subito placati da Efesto. Zeus inviò il Sogno ingannatore
ad Agamennone. Nelle sembianze di Nestore fece credere al re che fosse arrivato il giorno fatale di Troia. Al
risveglio Agamennone convocò i duci achei e li istruì sul suo piano. Voleva far credere all'esercito di voler
tornare in patria: i soldati però accettarono esultanti dalla proposta di tornare e si apprestarono a lasciare
la costa quando Odisseo, ispirato da Atena, li convinse a rinnovare la battaglia contro Troia. I due
schieramenti si affrontarono ancora: alla vista di Menelao, Paride fuggì tra i suoi, ma Ettore lo rimproverò
per la sua codardia. Paride decise di affrontare a duello Menelao: le sorti del duello sarebbero state decisive
per la guerra. Dopo aver sacrificato agli dei, i contendenti si scontrarono: Menelao era sul punto di uccidere
il nemico quando Afrodite lo salvò e lo riportò a Troia. Agamennone decretò la vittoria per il fratello. Gli dei
erano radunati attorno a Zeus che avrebbe voluto salvare Troia, fu Era, però, a convincere gli altri dei a
chiedere la continuazione della guerra. Zeus allora inviò Atena tra i Troiani; lei invitò Pandaro a scagliare
una freccia contro Menelao. La freccia ferì l'Atride e la battaglia si rianimò. Pandaro ferì Diomede con una
freccia, ma questo, aiutato da Atena, riuscì a uccidere il troiano; stava per uccidere anche Enea quando
intervenne Afrodite che salvò il figlio e venne a sua volta ferita da Diomede. Intanto i Troiani, guidati da
Ares, erano passati al contrattacco. Diomede, sempre con l'aiuto di Atena, si scontrò con Ares e lo ferì. Le
sorti della battaglia volgevano di nuovo a favore dei Greci. Ettore chiese di poter affrontare un campione
greco. Dopo alcune discussioni ecco apparire il gigantesco Aiace Telamonio. Il duello finì con una tregua,
voluta da due ambasciatori, per ordine di Zeus. Il giorno dopo i combattimenti ripresero. I Greci, incalzati da
Ettore, furono spinti sempre più verso il proprio accampamento. Col tramonto del sole Ettore e i suoi
uomini posero un accampamento proprio in mezzo al campo di battaglia, spingendo così sempre più i Greci
verso il mare. Quella stessa notte, tuttavia, Diomede riuscì a entrare nella tenda in cui dormiva Reso, il
giovane re dei Traci alleato dei Troiani, e lo sgozzò con la spada. Al mattino ricominciò la battaglia. Ettore e
gli altri comandanti si scagliarono contro il muro di cinta che proteggeva le navi. I Greci spaventati
cominciavano a fuggire, soltanto i comandanti più eroici, come i due Aiaci o Idomeneo, incitavano ancora le
truppe a difendersi. I Troiani, guidati da Ettore, e i lici, guidati da Sarpedonte, riuscirono perfino a far
breccia nel muro di cinta greco e ad entrare all'interno dell'accampamento. Con una torcia in mano, Ettore
riuscì perfino a incendiare una delle navi greche. Patroclo, fedele compagno di Achille, vedendo la battaglia
infuriare all'interno del campo greco, supplicò l'amico di concedergli di brandire le sue armi e condurre i
Mirmidoni al fianco degli altri Achei. Achille accettò, ma raccomandò a Patroclo di limitarsi a cacciare i
nemici dal campo greco, senza andare oltre. L’'arrivo dei Mirmidoni guidati da Patroclo, che essi credevano
Achille, li mise in fuga. Patroclo li incalzò fin sotto le mura: gli si oppose Sarpedonte, il comandante dei lici,
che era figlio di Zeus. Il re degli dei, nonostante avesse a suo tempo desiderato la morte di tutti i semidei,
compreso il suo, di colpo cambiò idea e forse l'avrebbe salvato se non fosse intervenuta Era ricordandogli
come tutto fosse ormai già fissato: Sarpedonte inevitabilmente cadde sotto i colpi di Patroclo, Zeus poté
solo limitarsi a trasportare il corpo in Licia, terra nativa dell'eroe. Era però giunta anche l'ora di Patroclo:
Apollo con un gran colpo lo stordì, il giovane troiano Euforbo lo ferì con la lancia, ma non era abbastanza
forte per ucciderlo: fu Ettore che diede il colpo finale. Morendo, Patroclo predisse l'uccisione di Ettore
ormai prossima, il quale si impadronì delle armi del morto. Euforbo cercò invece di impossessarsi del
cadavere, ma venne ucciso da Menelao. Vedendo arrivare la salma del fedele amico, Achille si rinchiuse nel
proprio furore, decise di raccordarsi con Agamennone e di tornare a combattere, con le nuove armi forgiate
da Efesto. Ripieno di ira si scagliò contro i Troiani: alcuni morirono eroicamente, altri invece tentarono di
fuggire, chi correndo verso le mura, chi gettandosi nel fiume Scamandro. Achille non ebbe pietà per
nessuno e uccise un gran numero di nemici, anche chi spaventato lo supplicava. Ettore rimase davanti alle
Porte Scee, bloccato dal suo destino; a nulla valevano i disperati richiami dei genitori. Il duello iniziò, le
lance volarono senza successo, e nel corpo a corpo Achille trafisse Ettore nel solo punto scoperto, tra il collo
e la spalla. Achille, accecato dall'odio, forò i piedi del cadavere e lo legò sul proprio cocchio, trascinandolo
attorno alle mura di Troia e facendone orribile scempio.
La morte di Achille
Poco dopo la morte di Ettore, Pentesilea, regina delle Amazzoni, venne a Troia col suo esercito di donne
guerriere. Pentesilea, figlia di Ortrera e di Ares aveva ucciso accidentalmente la sorella Ippolita. Venne
purificata per questa azione da Priamo e in cambio lottò per lui e uccise molti Greci, incluso Macaone e,
secondo un'altra versione, anche Achille, che venne poi riesumato per ordine di Teti. Pentesilea venne poi
uccisa da Achille che, dopo averla uccisa, si innamorò della sua bellezza. Tersite, un soldato semplice, derise
Achille per questo suo amore e scanalò fuori gli occhi di Pentesilea. Achille uccise Tersite e, in seguito a una
disputa, navigò verso Lesbo per farsi purificare. Nel viaggio fu accompagnato da Odisseo, e i due
sacrificarono ad Apollo, Artemide e Latona. Mentre Achille faceva ritorno a Troia, Memnone, re d'Etiopia e
di Persia, figlio di Titone ed Eos, arrivò col suo esercito ad aiutare Priamo, suo zio. Egli non veniva
direttamente dall'Etiopia ma da Susa, dopo aver conquistato tutte le popolazioni fra Troia e la Persia.
Condusse così in Troade un esercito formato da etiopi, persiani, assiri e indiani. Indossava una corazza
forgiata da Efesto, proprio come Achille. Nella battaglia che ne seguì, Memnone uccise Antiloco che si fece
colpire per salvare il padre Nestore. Achille affrontò Memnone a duello mentre Zeus pesava il fato dei due
eroi, valutazione che portò alla vittoria di Achille, il quale uccise così il grande nemico. Il Pelide inseguì poi i
Troiani fino in città. Gli dei, vedendo come Achille aveva già sterminato gran parte dei loro figli, decisero
che questa volta era il suo turno. Venne ucciso infatti da una freccia lanciata da Paride e guidata da Apollo.
Subito dopo, mentre esultava dalla vittoria, Paride fu ucciso da una freccia di Filottete, la stessa freccia di
Eracle intrisa di sangue di Idra. Achille era infatti invincibile sul campo di battaglia. Le sue ossa furono
mescolate a quelle di Patroclo e furono tenuti giochi in suo onore. Dopo la morte, come Aiace, visse
nell'isola di Leuco dove sposò l'anima di Elena.