Sei sulla pagina 1di 2

Tema tipologia A, Canto V; Francesca Delli Colli.

Minosse è la seconda figura tratta dalla mitologia classica, dopo Caronte, che Dante
incrocia nel suo percorso. Lo incontra nel secondo cerchio, dopo il limbo, prima del vero e
proprio Inferno; questa posizione non è casuale, ma ha un motivo preciso: si trova prima
dell’Inferno perché ha il compito, assegnatoli da Dio stesso, di stabilire, senza curarsi delle
anime che gli si pongono davanti, il girone in cui il peccatore sottoposto al suo freddo
giudizio sconterà la pena; si trova però dopo il limbo, poiché l’unica colpa delle anime
residenti lì è quella di non aver venerato Dio, non possono essere quindi sottoposi a un
giudizio.
Il suo compito è quindi, come narrato nella mitologia greca, di giudicare le anime dei morti.
Scelto da Zeus in persona come sentenziatore, in quanto si pensava che Minosse fosse
stato un re e legislatore equo, nella mitologia greca giudicava indistintamente le anime di
buoni e malvagi, al contrario, nell’opera dantesca, l’autore limita il suo operato,
mettendolo al giudizio dei soli dannati: ascolta la loro confessione e comunica la
destinazione del dannato, non verbalmente, ma attorcigliando la coda tante volte quanti i
gironi che l’anima avrebbe dovuto scendere.
Dante lo incontra quindi nel suo cammino, venendo ammonito da questi, che aveva avuto
una reazione quasi di sorpresa nel vedere un uomo vivo alle porte dell’Inferno, riguardo il
luogo in cui stava entrando, di facile entrata ma difficile uscita, e di chi si fidasse, mettendo
in discussione la guida di Virgilio.
A questo punto non si fa attendere la risposta, dai toni sempre pacati, di Virgilio, che
ordina al mostro di “non impedir lo suo fatale andare”, alludendo chiaramente al viaggio di
Dante, a cui attribuisce l’aggettivo “fatale”, rendendo subito chiaro il volere divino riguardo
il cammino.
A questo punto i due entrano ufficialmente nell’Inferno. Il primo fattore percepito
dall’autore è quello uditivo: le urla, mascherate dall’oscurità espressa dalla sinestesia
“d’ogne luce muto”; e in seguito, come descrive nei versi 35-36, “quivi le strida, il
compianto, il lamento; bestemmian quivi la virtù divina”, sono quindi questi i suoni che
caratterizzano la bufera infernale.
Successivamente, dopo aver acquisito la facoltà di vedere ciò che lo circonda, descrive la
pena dei peccatori carnali: questi sono travolti da una bufera eterna da cui si lasciano
trasportare, come in vita si sono fatti trasportare eccessivamente da una passione. Nel
caso dei lussuriosi, il contrappasso è per analogia, quindi la pena è equivalente al peccato
commesso in vita, mentre nel caso degli ignavi, nel canto terzo, il contrappasso è detto
“per contrasto”, quindi opposto ai peccati svolti in vita.

Potrebbero piacerti anche