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La tendenza romana di distribuire le terre tra pochi sfruttando l'allora nuova figura del
"colono", ossia un lavoratore legato al mondo dell'agricoltura che veniva costretto a
"prestare" la propria terra ad un padrone in cambio della sua protezione e di un piccolo
appezzamento lavorabile da egli, resistette fino al Medioevo. I proprietari terrieri erano
pertanto ricchi signori dell'epoca. Si diffuse inoltre il sistema curtense. Il nome curtense
deriva dal latino curtis, ovvero "corte". Le "curtis" fungevano da dimora ed allo stesso
tempo costituivano un ambiente lavorativo: erano, infatti, divise in due parti. La parte
domìnica costituita dalle terre gestite dal signore dove lavoravano i cosiddetti servi
prebendari, chiamati così poiché ricevevano la "prebenda" ossia il vitto e l'alloggio. L'altra
parte era quella massarìcia, suddivisa in "mansi", ossia appezzamenti dati in concessione a
contadini liberi oppure servi dotati di una casa. Nacque così la servitù della gleba: nel caso
in cui, infatti, il proprietario avesse deciso di vendere la "curtis" tutti gli schiavi sarebbero
passati al nuovo proprietario terriero.