Sei sulla pagina 1di 8

Gaetano Perusini (Udine/Trieste)

Vita pastorale in Friuli.


Premessa ad un’inchiesta etnografica

[*] In Friuli, fino al secolo XVIII, la pastorizia si presenta con tre aspetti ben
distinti: 1) pastorizia locale o vicinale - 2) pastorizia di alpeggio o monticazione -
3) pastorizia transumante.
La pastorizia locale o vicinale era legata alla vicinia, l’antico comune rurale1, con
insediamento accentrato lungo una strada o, molto più spesso, intorno ad una piaz-
za sulla quale sorge la chiesa; la vicina è costituita da un numero ristretto di fami-
glie. Le case sono circondate dagli orti e dalle braide, terreni recintati; intorno tro-
viamo la tavella, terreno coltivato senza recintazioni; più lontano i pascoli vicina-
li. Ogni mattina un guardiano stipendiato dalla vicinia attraversava il paese suo-
nando un corno; gli animali uscivano dalle stalle e lo seguivano fino ai pascoli comu-
nali percorrendo una strada, detta armentarezza, limitata da siepi affinché gli ani-
mali non entrassero nei terreni coltivati: alla sera ritorneranno nelle stalle in
paese2.
Durante l’inverno il pascolo era libero anche sui terreni coltivati non recinta-
ti; nella maggior parte della regione questa libertà andava dall’undici novembre
(S. Martino) al 24 aprile (S. Giorgio)3; in qualche paese si arrivava al 4 maggio ed
anche al 12 maggio4. Alla fine del settecento la Repubblica Veneta abolisce il libe-
ro pascolo invernale sui terreni coltivati ed autorizza la vendita dei pascoli vicinali
o la loro suddivisione fra le famiglie della vicinia5. Con questi provvedimenti inco-
mincia la decadenza della pastorizia di pianura che scompare assieme agli ultimi
pascoli venduti, o suddivisi fra i vicini, nel secolo XIX.

[*]
L’articolo, che qui si ristampa integralmente (si è intervenuti solo per correggere alcuni evidenti
refusi dell’originale), fu pubblicato una prima volta in Alpes Orientales VI. Acta Sexti Conven-
tus de ethnographia Alpium orientalium tractantis, Tusciae (Helvetia), ab 25. ad 28. V. 1970, Mün-
chen 1972, 11-17.
1
G. PERUSINI, Le condizioni di vita in un paese della pianura friulana nel secolo XVI, Ce fastu?,
XXIV-XXV (1948-49).
2
G. PERUSINI, Le condizioni di vita in un paese della pianura, op. cit.; id., Le condizioni di vita nelle
Prealpi Cividalesi nel Cinquecento, Memorie Storiche Forogiuliesi, 39 (1943-51).
3
Relazione al Senato Veneto di C. A. Donà luogotenente della Patria del Friuli. 1784, Udine 1937,
p. 31.
4
A Pantianico e Grions il 4 maggio, a Biauzzo il 12 maggio, Queste date sono riportate in: Deter-
minazioni sui diritti di pascolo 1766-67, Biblioteca Comunale, Udine, ms. 989.
5
F. LUZZATTO, L’antica legislazione del pascolo nel Veneto e nella Lombardia, Novara 1929.
286 Gaetano Perusini

La pastorizia d’alpeggio o monticazione si esercita, come indica il suo nome, sulle


alpi, dette con termine locale malghe o mont; pascoli sui quali viene portato l’e-
state il bestiame, tenuto durante l’inverno nelle stalle di paese.
I pascoli di monte (malghe) si trovano ad un’altitudine variabile fra i 600 ed i
2000 metri di altezza6. Ogni malga è costituita da una superficie a pascolo muni-
ta di un fabbricato (casere) per i pastori ed il caseificio e di ricoveri, per lo più
tettoie (lozis), per gli animali. Molte malghe sono suddivise in due o più compar-
ti, posti a differente altitudine, ognuno dei quali è provvisto di costruzioni. Uno
dei comparti, è il principale, dà il nome alla malga ed è provvisto dei migliori fab-
bricati. Si comincia l’alpeggio, o monticazione, nei comparti inferiori7, e si sale poi
gradatamente ai superiori, per ridiscendere alla fine della monticazione. In molte
malghe si tiene separato il bestiame lattifero dal bestiame asciutto, il bestiame adul-
to dal bestiame giovane. Accanto alla malga principale si trova talvolta un com-
parto secondario, senza fabbricati per il caseificio, nel quale per tutta la durata
della monticazione vive la cosiddetta sterparie cioè i bovini senza latte. Le capre
o stanno unite ai bovini, oppure fanno stazione in qualche località più dirupata
ed elevata. Gli ovini attualmente si trovano in quantità assai limitata ma nei seco-
li scorsi erano presenti in numero notevole in alcune malghe.
Nelle malghe viene monticato il bestiame di proprietà degli abitanti delle vallate
o del pedemonte, raramente quello di pianura. Normalmente si montica dal 1° giu-
gno all’8 settembre; le vecchie prescrizioni del Consiglio dell’Economia di Udine, all’ar-
ticolo 68, stabiliscono che «nei terreni, ad altitudini comprese tra i 500 ed i 1000
metri, si potrà esercitare il pascolo solo dal 1° giugno al 15 ottobre e, ad altitudini
superiori ai 1000 metri, dal 20 giugno al 18 settembre». In qualche malga «si usa
trattenere una parte del bestiame anche oltre l’8 settembre per un periodo di 20-30
giorni a seconda dell’andamento stagionale, alimentandola con foraggio secco rac-
colto d’estate sulle cime dei monti (fieno selvaggio) o con residui di pascolo. Que-
sto soggiornare oltre l’epoca normale di monticazione dicesi stare in germarie».
Le malghe sono di proprietà o comunale, o privata, o consorziale, o promiscua.
Fino al secolo scorso la proprietà delle malghe era, nella maggior parte dei casi,
suddivisa in rate o carature appartenenti a comuni o privati. Attraverso successi-
ve vendite la proprietà, un tempo frazionatissima, si è andata concentrando ed ora
tutte le malghe appaiono intestate ad uno o pochi proprietari.
Un tipico esempio di questo fenomeno di concentrazione della proprietà ci è
dato da una informazione sull’alpeggio di Losa in Carnia:
«1714, 27 maggio - Esattissima informatione della montagna di Losa situata

6
Sotto le vette del Piccolo Mangart, a. m. 2250, esiste un pascolo che è stato usufruito soltanto da
ovini.
7
Raramente, per speciali condizioni di ambiente, la monticazione incomincia con i comparti più
alti; cfr. G. B. DE GASPERI, Le casere del Friuli, in Scritti vari, Firenze 1922, p. 235.
Vita pastorale in Friuli. Premessa ad un’inchiesta etnografica 287

dentro li suoi confini nella Carnia come è stata divisa antiquamente in 80 ratte
sive portioni.
Il Rotolo et Regolo di Montear con gli animali ut intus. Primo si deve saper
che antiquamente la Monte di Losa situata dentro li suoi confini nella Cargna è
stata divisa in 80 ratte cioè al Comun di Invillino furono consegnate ratte nr. 40.
Al Comun di Villa ratte nr. 20 et al Comun d’Esemon di Sopra nr. 20 che tutte
unite fanno come sopra ratte nr. 80.
Secondo si deve saper che la regola del Montear con gli animali è questa, il
primo et secondo anno tocca al Comun d’Invillino, ma di presente le tre famiglie
Candotte di Villa sono possessorie delle 40 ratte del Comun d’Invillino mediante
loro strumento d’acquisto. Terzo anno tocca al Comun di Villa a Montear, ma di
presente Nicolò del Fabro et suoi nepoti sono possessori di ratte nr. 10 mediante
loro acquisti et di ratte nr. 7 le suddette tre famiglie Candotte et di ratte 3 tantum
sono possessori gl’heredi q. d. Antonio Polonia. Quarto anno tocca al Comun d’E-
semon di Sopra ma al presente Nicolò del Fabro et suoi nepoti sono possessori
mediante loro acquisto»8.
Attualmente le malghe vengono di solito affittate per nove anni ad un malghese
che le gestisce, cura il bestiame e paga al proprietario una somma fissa per ogni
capo monticato. Il gestore della malga è tenuto a provvedere alla manutenzione
dei fabbricati, allo spargimento del letame sui pascoli ed anche allo sradicamento
dei cespugli nei pascoli ed allo spietramento. Questi ultimi lavori sono talora com-
pensati dal proprietario. Alcune malghe di proprietà comunale sono condotte da
Consorzi fra proprietari di bestiame i quali talora gestiscono anche le «latterie socia-
li» nel paese; le spese e gli utili sono ripartiti fra i soci.
Le prenotazioni per la monticazione vengono raccolte dal malghese durante l’in-
verno e l’accompagnamento ed il ritiro del bestiame vengono fatti a cura del pro-
prietario del bestiame stesso. «Il malghese, a tutti i proprietari coi quali si è in pre-
cedenza accordato per assumere gli animali all’alpeggio, sulla malga da esso condot-
ta, da avviso del giorno in cui intende ciamà la mont cioè iniziare la monticazione»9.
Al malghese spetta un compenso per ogni capo che, per gli animali da latte, è
normalmente rappresentato da una compartecipazione al prodotto (latte) che
viene lavorato dal malghese stesso (formaggio) e che, di solito, è costituito dalla
metà produzione. Per stabilire la produzione giornaliera di ogni vacca si procede
alla pesatura del latte, per consuetudine il 25 luglio10 e questo quantitativo viene
considerato come media per tutto il periodo della monticazione. L’altra metà del
latte prodotto viene comperata dal malghese ed il proprietario delle vacche rice-

8
Biblioteca Comunale, Udine, ms. 1536/II°.
9
Prescrizioni del Consiglio dell’Economia di Udine.
10
Nelle malghe delle Prealpi Carniche (Maniago - Spilimbergo) la pesatura si fa il giorno di S. Pie-
tro (29 giugno) cfr. D. TONIZZO, I pascoli alpini nei distretti di Spilimbergo e Maniago, Udine 1903.
288 Gaetano Perusini

ve, in corrispettivo, una cifra in contanti, oppure una certa quantità di formaggio.
Qualora una vacca perda il latte dopo il giorno della pesatura, il proprietario è
tenuto a pagare al malghese il latte mancante. Per la vacca che il giorno della pesa-
tura dia meno di mezzo litro di latte (vacie tore) il proprietario è obbligato a cor-
rispondere un compenso preventivamente fissato.
Nella valle di Raccolana si usa un sistema di conteggio assai complicato: «Si
suppone che ad ogni chilogrammo di latte, pesato una decina di giorni dopo la
monticazione, corrispondano 12 chilogrammi e mezzo circa di formaggio per 100
giorni di alpeggio. Per le frazioni di chilogrammo e per minor numero di giorna-
te si fa un calcolo proporzionale. A monticazione finita al proprietario spetta un
compenso pari a metà del formaggio così calcolato, meno due chilogrammi e mezzo
sostituiti da un equivalente in ricotta fresca, meno ancora un quinto del totale per
le spese di salatura, conservazione e calo fino al giorno della consegna (29 novem-
bre)11. Per l’alpeggio degli animali non lattiferi i malghesi percepiscono una cifra
fissa in contanti per ogni capo. Il malghese non è responsabile per danni al bestia-
me derivanti da caso fortuito o di forza maggiore; deve però avvertire il proprie-
tario immediatamente e conservare la pelle. È responsabile, invece, per cattiva custo-
dia e trascuratezza sua o dei suoi dipendenti12.
Nell’alta valle del Fella (Valcanale) le malghe sono intavolate nei libri fondiari
(Catasto teresiano) ad un Consorzio vicinale (Nachbarschaft) costituito dai proprietari
di un gruppo di antiche case, oppure ad un comune od anche congiuntamente a
questi due enti. Le malghe sono costituite da terreni intavolati ai Consorzi vicina-
li od ai comuni e da terreni demaniali soggetti a servitù di pascolo. Non sempre
i terreni sono in un unico corpo; spesso, specialmente per i beni demaniali gra-
vati da servitù, sono frastagliati o frazionati in appezzamenti circondati da bosco.
Il diritto di comproprietà di ciascun vicino su queste malghe è intavolato nei libri
fondiari unitamente alla casa di abitazione sita in paese, e da essa non può essere
disgiunto. In alcuni consorzi ogni vicino ha diritto di concorrere all’alpeggio con
una quota fissa di bestiame, in altri con una cifra proporzionale e variabile a secon-
da del carico stabilito ciascun anno per la malga. Qualche vicino, pressato da neces-
sità economiche, ha venduto all’amministrazione demaniale i suoi diritti di pasco-
lo sui beni demaniali e gli resta quindi solamente l’uso dei beni vicinali.
Su alcune malghe esistono fabbricati di proprietà consorziale o comunale; su
qualche altra si trovano piccole costruzioni di proprietà privata di singoli vicini
che fanno monticare il proprio bestiame separatamente. Le malghe sono ammini-
strate dai vicini riuniti in enti consorziali i quali vi monticano il proprio bestiame.

11
DE GASPERI, Le casere, op. cit.
12
Nel 1936 l’Unione Provinciale degli Agricoltori ha pubblicato un Regolamento per l’alpeggio del
bestiame, rinnovazione, con qualche modifica, di quanto stabilito fra la «Cattedra Ambulante di
Agricoltura» di Udine e la «Società Provinciale Allevatori».
Vita pastorale in Friuli. Premessa ad un’inchiesta etnografica 289

Vengono assunti pastori salariati oppure le malghe vengono affidate a malghesi che
le gestiscono provvedendo alla custodia del bestiame; in ogni caso i vicini devo-
no pagare una cifra per ogni capo monticato.
Nel comune di Camporosso, anche dei beni di proprietà privata sono sogget-
ti a servitù di pascolo. In questa zona la monticazione si effettua in tre fasi. Nella
prima, che ha inizio il 15 maggio e dura fino alla fine del mese, il bestiame viene
condotto su di un pascolo demaniale soggetto a servitù. Nella seconda, che dura
fino all’otto settembre, il bestiame viene diviso in tre gruppi: il primo costituito
da vitelli, ed il secondo, formato da buoi, vengono inviati su due distinti pascoli
demaniali, il terzo gruppo, formato da vacche da latte, da vitelli e da pecore, si
trasferisce su di una malga di proprietà consorziale. L’otto settembre tutto il
bestiame discende su prati di fondo valle di proprietà privata, sui quali, in questo
periodo, è già finita la fienagione, e vi rimane sino al primo di ottobre, per fare
infine ritorno alle proprie stalle; per qualche tempo ancora viene riunito ogni mat-
tina da tre pastori che lo conducono al pascolo sui prati e sui terreni di proprietà
privata coltivati durante l’estate e posti intorno al paese13.
Nelle Prealpi Giulie i prati alpini, oltre che con malghe del solito tipo carnico,
vengono, o venivano, sfruttati anche in una forma particolare. I proprietari di bestia-
me possedevano delle costruzioni assai primitive per abitazione e per ricovero del
bestiame, di solito vacche da latte; il bestiame minuto rimaneva all’aperto. Que-
ste costruzioni erano per lo più raggruppate e formavano veri e propri villaggi esti-
vi, nei quali si trasferiva tutta la popolazione di un paese, a differenza di quanto
avviene in Carnia dove, nelle malghe, abita solo il personale addetto al bestiame.
Nei villaggi estivi delle Prealpi Giulie esistevano costruzioni comuni per la lavo-
razione del latte e per la cucina. Troviamo anche, più vicino ai paesi, dei gruppi
di costruzioni nelle quali viene pure trasferito il bestiame dei singoli proprietari
per la stagione estiva ma chi lo cura ritorna ogni sera in paese. Il pascolo, nei vil-
laggi estivi, veniva praticato da ciascun proprietario di bestiame indipendentemente
su fondi di sua proprietà, spesso limitati da muretti (Monte Mataiur), ma il latte
era lavorato in comune. A Resia, invece, esiste un villaggio estivo nel quale il latte
viene lavorato da ciascun proprietario per conto suo; il bestiame tuttavia, duran-
te il giorno, viene affidato ad un pastore che lo fa pascolare su fondi comunali14.
La pastorizia transumante ovina è esercitata da pastori che d’inverno scendono in
pianura dai pascoli alpini passando da un paese all’altro. Fino alla caduta della Repub-
blica Veneta pagavano, dove sostavano, un diritto di mena o posta delle pecore che
veniva riscosso o dal giurisdicente o dalla vicinia. Attualmente questo tipo di pasto-
rizia è assai ridotto: piccoli greggi di pecore dalle montagne, specialmente del bellu-

13
C. SELVI, I vicinati di pascolo e legnatico nella Val Canale, in «Agricoltura Friulana», XI (1933)
id., I pascoli alpini nella Val Canale, in «Agricoltura Friulana», XII (1934).
14
DE GASPERI, Le casere, op. cit.
290 Gaetano Perusini

nese, durante l’inverno, scendono nella pianura friulana. Questo tipo di pastorizia è
in continuo declino e, probabilmente, a lungo andare, finirà con lo scomparire.
Visti quali sono i tipi di vita pastorale esistenti attualmente, e nei secoli scor-
si, in Friuli, possiamo precisare che nel caso della pastorizia vicinale non si può
parlare di vita pastorale nel vero senso della parola; la popolazione è dedita prin-
cipalmente all’agricoltura anche se il reddito del bestiame è ovviamente di gran-
de importanza per il bilancio familiare.
Nella pastorizia d’alpeggio troviamo dei gruppi di persone specializzate che,
durante il periodo estivo, dedicano la loro attività al bestiame ed alla lavorazione
del latte e quindi possiamo parlare di vita pastorale in senso stretto. Per la tran-
sumanza il caso è ancora più chiaro: i pastori dedicano tutto l’anno la loro atti-
vità esclusivamente alla pastorizia.

Attualmente in Friuli la pastorizia vicinale di pianura è completamente scom-


parsa. La pastorizia di alpeggio è in rapidissima decadenza: molte malghe sono state
abbandonate. Sarà quindi necessario fare delle inchieste precise sulle malghe delle
varie parti della regione per raccogliere e documentare una tradizione in via di
rapida scomparsa e passare poi ad un confronto con i sistemi in uso nelle altre
zone delle Alpi e nel resto d’Italia e d’Europa. Le inchieste dovranno compren-
dere non solo lo studio delle tecniche in uso nelle malghe ma anche raccogliere
superstizioni, leggende, credenze, notizie sull’alimentazione e consuetudini giuri-
diche dei pastori; prendere cioè in considerazione il complesso della vita pastora-
le nel suo insieme. Queste inchieste, che sono già in corso, si spera possano darvi
un quadro sufficientemente ampio della vita pastorale friu lana con le variazioni
che essa presenta nelle varie zone quali appaiono già da queste premesse: friula-
na (Carnia), slovena (Val Natisone), tedesca e slovena (Val Canale). Le inchieste
saranno condotte a termine con mezzi messi a disposizione dal Comitato Nazio-
nale delle Ricerche ed i risultati verranno riportati su carte per l’Atlante Etnogra-
fico Friulano in corso di elaborazione.
Vita pastorale in Friuli. Premessa ad un’inchiesta etnografica 291

Bibliografia

J. FACEN, Proposta di un regolamento sanitario per le monticazioni degli animali domestici in «Rivista
Friulana», II (1860), nr. 26.
G. B. LUPIERI, Sul bisogno di un regolamento sanitario relativo al bestiame che passa la estate ai pasco-
li in alpe, in «Rivista Friulana», III (1861), nr. 20.
L. GORTANI, Boschi e pascoli carnici, in «Patria del Friuli», 1902, 5 dicembre.
D. TONIZZO, I pascoli alpini nei distretti di Spilimbergo e Maniago, Udine 1903.
G. SARTORI . E. TOSI, Un’ispezione alle malghe dell’Alto Friuli (Carnia e Canal del Ferro), in «Bullet-
tino dell’Associazione Agraria Friulana», V (1905), p. 140.
E. MARCHETTANO, Miglioriamo le nostre malghe, in «L’amico del Contadino», 1907.
G. BUBBA, Una malga nell’alta Carnia, in «Bullettino dell’Associazione Agraria Friulana», 53° (1908),
p. 296.
E. MARCHETTANO, I pascoli alpini della Carnia e del Canal del Ferro, in «Bullettino dell’Associazione
Agraria Friulana», 53° (1908), p. 387, 401, 488; 54° (1909) p. 232, 300, 404, 448; 55° (1910), p.
26, 233, 327, 515, 585; 56° (1911), p. 207, 292, 398, 422.
A. BARBACETTO, La questione delle capre in relazione ai vincoli forestali, Tolmezzo 1911.
F. MUSONI, Influenza del carsismo sulla vita pastorale nel bacino medio del Natisone, in «Mondo Sot-
terraneo», IX (1913), nr. 6.
O. MARINELLI, A proposito di un tipo slavo di casere in Friuli, in «Rivista Geografica Italiana», XXII
(1915), nr. 9-10.
G. B. DE GASPERI, Le casere del Friuli, in «Memorie Geografiche», 26° (1914) e in «Bullettino del-
l’Asspciazione Agraria Friulanan», 61° (1916), p. 125; ristampato con aggiunte in G. B. DE GASPE-
RI, Scritti vari, Firenze 1922, p. 315.
E. MARCHETTANO, I patti di monticazione sulle Alpi Carniche, in «Italia Agricola», 1923, nr. 4.
E. MARCHETTANO, Il miglioramento delle malghe nel Friuli Redento, Udine, 1924.
P. D. BEORCHIA NIGRIS, I boschi ed i pascoli di comune godimento in Carnia, in «Ce fastu?», VII (1931),
nr. 8-10, p. 99.
P. RIVA, Il distretto di Tarcento, S. Daniele del Friuli 1932, p. 34: «Pascolo e alpeggio».
S. SOMMA, In argomento di capre e boschi in Carnia, in «Agricoltura friulana», X (1932), 6 agosto.
E. MARCHETTANO, Pascoli alpini friulani, in «Agricoltura friulana», XI (1933), nr. 38.
C. SELVI, I vicinati consorziali di pascolo e legnatico nella Valcanale, in «Agricoltura friulana», XI (1933).
C. SELVI, I pascoli alpini nella Val Canale, in «Agricoltura friulana», XII (1934).
M. MURATORI, L’alpeggio come fattore determinante di miglioramento zootecnico, Udine 1934.
G. LAZZARO, Le malghe della Carnia, in «Italia Agricola», 1935, nr. 2.
M. GORTANI, G. PITTONI, Montagna friulana, in «Lo spopolamento montano in Italia», vol. IV: «Le
Alpi Venete», Roma 1938.
E. BONETTI, Alcune considerazioni antropogeografiche sulla Val Degano, Udine 1951.
S. BRAIDOT, La lavorazione del latte in malga, in «Consigli ai malghesi», Tolmezzo 1951.
A. CUCAGNA, Note antropogeografiche sulla conca di Sauris, Trieste 1951.
E. BONETTI, L’insediamento umano nell’Alta Valle del Tagliamento, Trieste 1953.
E. BONETTI, La Valle del Chiarsò d’Incarojo, Trieste 1954.
E. NOACCO, Regime giuridico dei boschi e pascoli della Carnia, Udine 1959.
P. CECCONI, L’alpeggio elemento determinante dell’attività montana, in «Terra Friulana», 1960, 6 nov.
R. AMATI, Il problema dell’alpeggio in Carnia, in «Bollettino Ufficiale della Camera di Commercio di
Udine», 1961, dic.
P. DRI, Alpeggio, in «Agricoltura friulana», 1961, nr. 4-5.
A. MORETTI, Il miglioramento dei prati di montagna, in «Consigli agli agricoltori di montagna», Tol-
mezzo 1967.
G. FALESCHINI, L’alpeggio in Carnia, Udine, 1970.
292 Gaetano Perusini

Riassunto

Nell’esemplare contributo di Gaetano Perusini, risalente al 1972, che qui si ripubblica, si esaminano con
un’esposizione sintetica, ma esaustiva, gli aspetti principali delle modalità di pastorizia praticate in Friu-
li a partire dalle documentazioni più antiche.

Summary
In the exemplary contribution of Gaetano Perusini, dating back to 1972 and here reprinted, the author
thoroughly and synthetically examines the principal and formal aspects of sheep farming in Friuli
beginning with the earliest known documents.

Potrebbero piacerti anche