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Societât Società Sot la Nape
Filologjiche Filologìca An LXX | Avrîl-Jugn 2018 - n° 2 Societât Filologjiche Furlane Sede di Tumieç
Furlane Friulana Palaç Mantica Cjase Gortani
Par cure di | A cura di: Vie Manin, 18 Vie R. Del Din, 6
Pier Carlo Begotti, Vittorina Carlon, Roberto Zambon 33100 Udin 33028 Tumieç (UD)
Telefon: (+39) 0432 501598 Vicepresidente pe Cjargne / Val Cjanâl:
Diretôr responsabil | Direttore responsabile: Fax: (+39) 0432 511766 Giuliana Pugnetti
Giuseppe Bergamini
E-mail: info@filologicafriulana.it
Editôr e Proprietari | Direzion e Aministrazion: President: Federico Vicario
Editore e Proprietario | Direzione e Amministrazione: Vicepresident pal Friûl Centrâl: Carlo Venuti
Societât Filologjiche Furlane – Udin
SOCIETÂT FILOLOGJICHE FURLANE Società Filologica Friulana – Udine
“GRAZIADIO ISAIA ASCOLI” Sede di Gurize Biblioteche
Autorizazion dal Tribunâl di Udin | Autorizzazione Vie Bellini, 3 Sede di Palaç Mantica
SOCIETÀ FILOLOGICA FRIULANA del Tribunale di Udine: 22.05.1982 n. 12/82
34170 Gurize Vie Manin, 18
“GRAZIADIO ISAIA ASCOLI”
In cuviertine:
La Societât Filologjiche e je ancje su Facebook Oltre le crode
Nell’enorme e invalicabile muro
solo l’occhio della balconela
guarda e ci svela
l’intimo segreto di un giardino
in una primavera inoltrata.
(testo e foto di Vittorio Janna Tavan)
Daûr di cuviertine:
Protetti dal Crep de San Tomè, culla della prima presenza umana nel
territorio, e lambiti dalle acque del torrente Artugna, i tre paesi del
Comun de Buduoia - il capoluogo con le frazioni di Dardàc e di Santa
Lùthia - si adagiano su una foglia di betulla (bedoi-a), da cui deriva
il toponimo Budoia (disegno di Guido Benedetto)
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Roberto De March/ lsaluto del Sindaco
Si/via Pettarin, Giovanni Tasca, San Tome di Dardago: le piu antiche testimonianze 27
Paola \//'sentini di frequentazione nel territorio
\/ittorina Car/on,
La costituzione delle latterie sociali
Roberto Zambon
el 2003 una indagine sulla microtopono- terrapieni, molto simile alle strutture di dife-
mastica dei siti fortificati lungo l°area della sa passiva che ancora si usavano per allestire
pedemontana pordenonesel ci costrinse a un assedio, ricordava una struttura militare
riconsiderare l°eloquente toponimo Cjastelat2 abbandonata, proprio come veniva ricordato
presente a Dardago. Nonostante il toponimo dal toponimo Cjastelat attribuito al vertice del
fosse ben chiaro nel suo descrivere una strut- colle.
tura militare degradata, le molte pubblicazioni In seguito le privatizzazioni delle terre pubbli-
sull°argomento non avevano mai testimoniato che del versante portarono alla frantumazio-
una effettiva presenza militare sul colle3. L°am- ne dell°unità paesaggistica. Lungo le linee dei
biente un tempo prativo si era lentamente frazionamenti catastali dell°800, furono depo-
riempito di vegetazione e rovi al punto che sitati i sassi dello spietramento dei prati e len-
per riuscire a leggerlo si dovettero mobilitare tamente il luogo assunse un carattere diverso,
per tre giorni un certo numero di volontari. tanto che le azioni spontanee dell°espansione
Le cose erano del tutto cambiate da quando della vegetazione sugli ex prati avevano di fatto
Iacopo di Porcia era stato accompagnato per occultato i segni dell°opera fortificata, renden-
studio e piacere sulle pendici dei monti polce- do incomprensibile il significato toponomasti-
nighesi forse per ammirare i fenomeni natu- co di Cjastelat.
rali. Il ritrovamento della struttura fortificata ha
Nel XVI secolo il colle, che era una proprietà comportato una serie di operazioni finalizzate
pubblica, era del tutto glabro e la modellazio- a riattivare la memoria collettiva e identitaria
ne degli aggeri era ancora riconoscibile. Per nei confronti di un luogo abbandonato seppu-
l°intellettuale friulano quel sistema di fossati e re prossimo al paese di Dardago.
1
La stessa ricerca mi fece scoprire anche un a struttura con caratteri simili a Tramonti di Sopra: M. BACCICHET, “Cortem unam,
videlicet, que vocatur Lunas” e “Castri Tramontis”: proposte per la storia delllinsediamento a Tramonti nel Medioevo, in Cultura in
Friuli III, a cura di M. VERNIER e G. ZANELLO, Udine, Società Filologica Friulana, 2017, pp. 249-255. Vedi anche ID, Comunità di
villaggio e insediamento nelle Alpi ƒriulane: la Val Meduna, Udine, Forum, 2017, pp. 27-28.
2 Si tratta di un toponimo diffuso e ricco di riscontri nel definire una struttura fortificata in rovina. Vedi il caso di Cjastelat
Feleteit a Illegio, oppure quello di Ampezzo: S. GELICHI, E. P1Uzz1, A. CIANCIOSI, Ampezzo (UD). Cjastelat. I campagna 2009,
«Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia››, 4 (2009), pp. 209-210. Sui toponimi spia in
Friuli vedi A. MESSINA, La diflusione del toponimo “Motta” nella pianura friulana, «Ricerche religiose del Friuli e dell°Istria››, I
(19s1),pp.129-141.
3 Persino Miotti non riconobbe in questo toponimo un indizio della presenza castellana: T. MIOTTI, Feudi e giurisdizioni del
Friuli Occidentale. Castelli del Friuli, 4, Udine, Del Bianco, 1980.
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La planimetria mostra il microrilievo e l'insediamento del
villaggio in riva al torrente.
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Elaborazione del tratto finale della valle dell'Artugna dove a valle emergono i colli del Cjastelat (Budoia) e S. Angelo (Aviano).
ll confine ha un'origine altomedievale_
ai settori orientali delle rive dell°Artugna, dimo-
strando come la dimensione spaziale dell°eco-
nomia della comunità si fosse consolidata in pe-
riodo precedente al confine militare e politico.
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I rilievi e le ricostruzioni tridimensionali sono state realizzate dal prof Giuseppe Marino.
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tratta di una struttura sicuramente protosigno-
rile che però non ha alcun riscontro documen-
tario che permetta di datarla temporalmente.
Per certo la struttura fortificata non ebbe lunga
vita e soprattutto non aveva alcun rapporto con il
villaggio di Dardago che sembrerebbe essere più
vecchio. A differenza di quello che finì per acca-
Veduta da Nord della struttura nella ricostruzione tridimen-
sionale del rilievo.
dere a Polcenigo e a Castel d°Aviano, qui non si
creò alcun borgo attorno al presidio militare.
Nella tradizione bassomedievale i castelli ten-
dono ad attrarre a sé gli abitanti, che si sentono
così più protetti dal vicino presidio. A Darda-
go, invece, fortezza e villaggi sembrano non
dialogare tra loro, dimostrando una ininfluen-
za di rapporti che non può che essere spiegata
con la breve vita della struttura fortificata.
L°arcaica forma dell°architettura di terra e le-
gno, mai evoluta verso strutture in muratura,
e l°isolamento nel quale è rimasta per secoli la
fortezza permettevano di intuire un dato, poi
Veduta da Nord-Ovest con l'evidenziazione delle due aree confermato dalle due trincee di scavo archeo-
difese da fossati e aggeri. 5
logico esplorate da Luca Villa : la struttura era
stata costruita e poco dopo abbandonataó.
Questo è un carattere estremamente interessan-
te nel panorama della costruzione del paesaggio
medievale friulano. Infatti, i pochi ritrovamenti
archeologici sembrerebbero confermare7 che
l°architettura va ricondotta al X secolo.
A Dardago la situazione è del tutto opposta a
quella che Sauro Gelichi descrive per l°Emilia
Romagna dove, a fronte di un°abbondante serie
di citazioni di castelli in terra, non esistono ma-
Veduta da 0vest. nufatti conservatis. A Dardago, invece, abbia-
5 Per questi processi di concentrazione insediativa rimane fondamentale la consultazione di: A. A. SETTIA, Castelli e villaggi
nelliltalia padana. Popolamento, potere e sicurezza dal IX al XIII secolo, Napoli, Liguori, 1984.
6 È interessante notare la differenza che intercorre tra questo esempio e le strutture più complesse come il castello della Motta
di Povoletto: F. P1UzzI, Da Castellum Sabornianum a castello della Motta (Povoletto, UD): le ragioni di una variazione terminolo-
gica, in Fortificazioni di terra in Italia. Motte, tumuli, tumbe, recinti. Atti del Convegno, Scarlino, 14-15 aprile 2011, «Archeologia
Medievale», XL, 2013, pp. 167-172.
7 D. CALAON, Tecniche edilizie, materiali da costruzione e societa in laguna tra VI eXI secolo. Leggere gli spolia nel contesto arche-
ologico, in Pietre di Venezia. Spolia in se spolia in re, Atti del convegno internazionale, Venezia 17-18 ottobre 2013, Roma, l°Erma
di Bretschneider, 2015, pp. 87-90.
8 In Emilia Romagna “nonostante che le fonti scritte ne parlino ad abundantiam, fortificazioni in legno e terra, comuni e talora
prevalenti in certi periodi, non sono affatto conosciute nella nostra regione°§ S. GELICHI, Castelli vescovili ed episcopifortificati in Emilia-
Romagna: il castello di Gotefredo presso Cittanova e il castrum S. Cassiani a Imola, «Archeologia Medievale», XVI, 1989, pp. 171-190.
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mo una struttura perfettamente conservata, ma a_
9 D. BALESTRACCI, I materiali da costruzione nel castello medievale, «Archeologia Medievale», XVI, 1989, pp. 227-242.
10 Vedi le considerazioni di Piuzzi che però non conosceva all”epoca questa struttura. P PIUZZI, Identificazione delle strutture
protofeudali del Friuli (IX-XII secolo), in F. PIUzz1 (a cura di), Liincastellamento del Nord-Est italiano (IX-XII secolo). Stato della
ricerca e prospettive d°indagine, Udine, Gremese, 2000, pp.21-26: ID., Contributi per lo studio dell'incastellamento nel Nord-Est
italiano. Le strutture protofeudali alla luce di recenti dati archeologici (IX-XII secolo), in Atti del II Congresso Nazionale di Arche-
ologia Medievale, Brescia 28 settembre 1 ottobre 2000, Firenze, All'insegna del Giglio, pp. 132-143.
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riconoscere le diverse fasi dell°insediamento“.
Quello che sembra evidente è la deriva di ab-
bandono che pervade tutto il versante, sia
nelle componenti dell°originario particellare
medievale che in quelle del moderno siste-
ma dei frazionamenti delle terre pubbliche di
metà Ottocento. In quel frangente l°aumento
della pressione demografica aveva convinto gli
amministratori locali a cedere il patrimonio
pubblico più vicino agli insediamenti abitati.
La privatizzazione dei comunali più vicini al
paese sembrava una idea corretta in una socie-
Luca Villa e gli archeologi alle prese con il settore artificiale
tà agricola complessa, ma i cambiamenti degli
del muro collassato.
stili di vita e la trasformazione della società di
villaggio, da contadina a postindustriale, han-
sivo”. Si tratta, quindi di un”opera costruita in no provocato profondi e progressivi abban-
età protofeudale e che, a differenza dei molti siti doni. Gli oggetti archeologici, che rimangono
archeologici che testimoniano una continuità sul versante in forma fossile, non sono certo
nell°insediamento, non ha avuto la fortuna di in grado di promuovere da soli un recupero
progredire la sua esistenza ed è rimasta un fossile economico di queste terre abbandonate, ma la
nel territorio fino al suo recente riconoscimento. loro riconoscibilità può contribuire a disper-
Per l°insediamento rurale di Longiarezze la si- dere l°amnesia territoriale che ha progressiva-
tuazione è del tutto diversa. mente avvolto la zona, escludendola da ogni
Il modello storico tipologico è quello dei villaggi iniziativa di progettualità economica.
abbandonati, un modello che ha avuto impor- Oggi l°esigenza di gestire il patrimonio di terre
tanti approfondimenti della ricerca in ambito incolte del versante, impostando una politica di
anglosassone e francese. In Friuli ci si è concen- nuova colonizzazione dei settori alpestri più vi-
trati quasi esclusivamente sui temi delle struttu- cini all°abitato, ci deve indurre a costruire nuovi
re fortificate abbandonate, rinunciando ai temi rapporti di vicinato che permettano di invertire
della ricerca sulle sedi umane più modeste. la tendenza allo sviluppo selvatico dell°ambiente.
Recentemente abbiamo cercato di definire i Questo processo ha creato una progressiva sem-
motivi che hanno portato a riconoscere, nella plificazione del carattere ecologico dei luoghi.
serie di stalle abbandonate sul terrazzo a mon- Rilanciare una agricoltura estensiva e soprat-
te di Dardago, i segni di una colonizzazione tutto pratiche localizzate di pascolo permette-
bassomedievale collassata all°inizio dell°età rebbe uno sviluppo più complesso del caratte-
moderna (XV sec.). Anche in questo caso l°e- re ambientale del versante. Il maggiore valore
voluzione da colturale a naturale del paesag- di una agricoltura “delicata” si legherebbe bene
gio del versante ha provocato un progressivo al recupero dei manufatti storici nel tentativo
occultamento delle tracce archeologiche per- di costruire una narrazione diretta a riconqui-
cepibili sul territorio. Qui è mancata fino ad stare il valore identitario del paesaggio pede-
oggi una estesa campagna di scavi capace di montano.
11 Non mi dilungherò su Longiarezze rimandando al recente e completo studio: M. BACCICHET, Archeologia del paesaggio.
L°insediamento medievale di Longiarezze a Budoia, Udine, Forum, 2013.