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CANTO PRIMO – PARADISO

I vv. 37-42 indicano il momento cronologico dell’azione, ripresa dopo che era rimasta interrotta con
la fine della seconda cantica. In maniera più precisa la spiegazione dei versi può essere così
sintetizzata: il sole ( la lucerna del mondo) sorge per i mortali da diversi punti dell’orizzonte ( foci),
ma da quel punto (quella) in cui quattro croci si intersecano formando tre croci, esso esce congiunto
con una migliore costellazione (stella) procedendo con un corso migliore, e plasma e impronta
meglio la materia del mondo con l’efficacia della sua virtù informativa. Tutta la perifrasi vorrà
sicuramente intendere l’equinozio primaverile quando il sole si trova nella costellazione di Ariete,
posizione giudicata assai favorevole, e perciò una precisa indicazione temporale. Secondo la più
probabile interpretazione si può intendere che i tre cerchi fittizi siano precisamente l’Equatore,
l’Eclittica e il Coluro equinoziale. Il miglior corso di cui si parla è da intendere come la primavera,
quando la natura si ridesta dal torpore invernale.
I vv. 43-45 possono essere spiegati come segue: tale foce ( cioè il punto dell’orizzonte) aveva fatto
di là ( nel Purgatorio) mattino e di qua (sulla terra abitata) sera e quell’emisfero ( dove si erge il
monte del Purgatorio) era quasi tutto illuminato e l’atra parte buia, oscura . Si tratta sicuramente
dell’indicazione dell’ora precisa della ripresa del viaggio: possiamo con certezza affermare che si
tratta del mezzogiorno ( d’altra parte in Pg. XXXIII Dante fa capire che è l’ora di mezzogiorno).
vv. 46-49 in quel preciso momento si volge a guardare Beatrice e la vede intenta a fissare da sinistra
il sole, come l’aquila che non distoglie mai lo sguardo dal sole. Si tratta di una similitudine che ben
si adatta a Beatrice che fissa il sole nel suo massimo splendore, quello di mezzogiorno.
vv.50-54 con i termini della fisica moderna il paragone dantesco vuol significare che il raggio di
riflessione ( secondo) suole uscire, nascere, dal raggio d’incidenza (primo) e risalire in su (suso). In
tal maniera Dante paragona il fenomeno fisico del raggio incidente e riflesso all’atto di Beatrice di
guardare nel sole che, giunto attraverso gli occhi nella facoltà immaginativa del poeta, genera un
atto simile in lui. Con la seconda similitudine si vuole sottolineare affettuosamente il desiderio del
pellegrino, lontano dalla patria, che vuole tornare a casa. In tal modo dall’atto di Beatrice si genera
l’azione di Dante che fissa gli occhi nel sole al di là delle possibilità umane.
vv. 55-66 Questi versi così sono interpretati: nel Paradiso terrestre molto è lecito che alle nostre
facoltà, ai sensi umani non è lecito, grazie al luogo creato da Dio come dimora dell’uomo.
L’espressione è da intendere nel senso che l’uomo uscito perfetto dalle mani del creatore, possedeva
le proprie facoltà sensibili in grado assai maggiore di quanto non fossero in lui dopo il peccato e la
cacciata dall’Eden. Dante, purificato, si trova nelle stesse condizioni di Adamo prima del peccato.
Proseguendo nella narrazione Dante sottolinea il fatto che non riesce a resistere a lungo la vista del
sole, ma non così poco da poter scorgere lo splendore immenso del sole, quasi che fosse un ferro
incandescente che sprizza faville tutto intorno: sembrava che la luce del sole si fosse raddoppiata,
probabilmente perché il poeta e Beatrice si avvicinavano alla sfera del fuoco. Beatrice invece
rimane con gli occhi fissi nei cieli rotanti, contrariamente al poeta che nel frattempo ha distolto gli
occhi dal sole e li ha nuovamente diretti verso la sua compagna.
vv. 67-81 Dante nel guardare Beatrice ( aspetto ha qui un significato attivo) penetra talmente
dentro da paragonarsi a Glauco , mitico pescatore della Beozia di cui parla Ovidio, che avendo
notato che i pesci da lui pescati, assaggiando un’erba, riprendevano vigore e balzavano nuovamente
in acqua, volle anch’egli assaggiare di quella erba essendo così trasformato in una divinità marina.
In tal maniera Dante introduce il concetto della trasumanazione che non può essere spiegato per
mezzo delle parole profane. Basti l’esempio mitologico, poiché le parole sono insufficienti a
spiegare il fenomeno; a chi sarà chiamato alla beatitudine eterna la Grazia divina gli darà modo di
farne esperienza diretta. Con i vv. 73-75 Dante probabilmente vuole sottolineare che nella ascesa al
paradiso il suo corpo è quasi come quello degli spiriti beati dopo la resurrezione della carne, materia
senza peso. Esplode a questo punto una straordinaria luminosità, dovuta certamente al passaggio
attraverso la sfera del fuoco e paragonata ad una intensa pioggia o ad un fiume straripante.: tale
suggestione viene descritta dal poeta come un movimento rotatorio dei cieli che attrae l’attenzione
del poeta con quella armonia che lo stesso Dio regola e distingue.
vv. 82 -93 la novità della dolce armonia e della grande luminosità suscita in Dante il desiderio di
conoscerne le ragioni, poiché crede di essere ancora sulla terra. Beatrice che legge il dubbio nella
mente del poeta, turbato dallo stupore della novità, senza esserne interrogata, gli spiega che essi
stanno velocemente salendo verso il cielo. Ricorre ad una similitudine: il fulmine allontanandosi
dalla sua sede naturale, che è la sfera del fuoco, cadendo sulla terra non è mai sceso così
velocemente come Dante ora sale verso il proprio sito.
vv. 94 – 142 sorge in Dante un nuovo dubbio: come mai egli, corpo pesante, possa trascendere
questi corpi lievi. Già si era acquietato riguardo lo stupore provato precedentemente, ma adesso è
investito dalla nuova perplessità; perciò ne chiede ragione a Beatrice, la quale gli spiega che tutte le
cose create sono ordinate e dirette ad un proprio fine, per raggiungere il quale una forza speciale,
l’istinto, dà loro l’impulso: tale impulso interessa il fuoco, gli animali che hanno una vita sensitiva,
la terra che tende ad essere compatta nel centro, le intelligenze angeliche. Il fine dell’uomo è Dio da
cui la creatura però può, ingannata dai beni fallaci, deviare volontariamente.

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