VITA:
Nasce nel 1778 a Zante (politicamente appartenente alla Repubblica Di Venezia ma
geograficamente in Grecia). Su questa origine Foscolo costruisce molta parte della sua carriera,
perché Grecia vita classica.
Appena adolescente nel 82 per motivi familiari si trasferisce a Venezia e da subito vive l’esperienza
dello sradicamento dalla Terra Natale. Vive e costruisce quindi l’immagine dell’esiliato, di colui
che si allontana lasciando un’origine.
A Venezia inizia la sua prima formazione, un punto di riferimento, che nel suo caso passa nella
frequentazione di Salotti (luoghi di ritrovo gestito da nobildonne che radunavano attorno a sé
intellettuali, artisti, che approfittavano per scambiarsi idee e opinioni). Si conoscerà con Bertola,
Pindemonte.
Successivamente, negli anni 90 inizia a frequentare l’Università di Padova facendo lezioni di
Melchiorre Cesarotti. Foscolo riconosce in lui il suo primo e vero maestro.
A Padova matura delle condizioni politiche filo-rivoluzionarie e democratiche. Questo fa si che si
esponga giovane al controllo delle autorità politiche della Rep. Di Venezia.
In parte per le sue idee e in parte perché minacciato dalla Politica, all’arrivo delle truppe francesi in
Italia nel 96 ( da Napoleone), in quel momento Foscolo si arruola tra i Francesi.
Ma proprio in questa sua fase di giovinezza giunge pesantemente l’amara delusione il Trattato di
Campoformio che lo tocca molto da vicino perché consiste in uno scambio in virtù del quale
Napoleone. Cede la Repubblica di Venezia agli austriaci e quindi agli occhi di Foscolo e di altri
intellettuali che si erano impegnati in tutto il suolo italiano per sostenere napoleone, questo è parso
come un vero e proprio tradimento.
Nonostante questo Foscolo non abbandonerà subito le sue posizioni filo-francesi, ma a causa di
questo Trattato non volendo stare sotto le autorità austriache si allontanerà da Venezia e andrà a
Milano dove vi era la dominazione francese, incontrando e conoscendo Parini (punto di riferimento
e anziano poeta oramai) e anche Vincenzo Monti.
Nel 1799 le conquiste francesi sono sotto assedio in particolare da una coalizione austriaco-russia e
perciò le Repubbliche giacobine sono in grave difficoltà. Foscolo a questo punto nonostante la
delusione per napoleone decide di rientrare nelle fila dell’esercito francese per difendere i giacobini,
anche negli anni successivi quando Napoleone rientrerà e rimarrà al potere. Sperimenta quindi in
prima persona la vita militare.
In particolare è in questo periodo (dopo il rientro di Napoleone nel ‘99) Foscolo si dedicherà al
lavoro sull’Ortis E’ e sarà molto travagliata.
-Nel 1803 verranno pubblicate in volume le poesie composte nel periodo di prima (tra cui sonetti)
pubblicate a Milano come titolo “Poesie” perché nel 1801-03 Foscolo rientra di nuovo a Milano.
Nel momento in cui Napoleone organizza l’invasione nell’Inghilterra, Foscolo segue napoleone
spostandosi fino alle coste della manica sarà un periodo molto lungo perché le truppe francesi
rimarranno per vario tempo fino al 1806 e quindi tra il 1803-06 si troverà nelle zone della Francia
nelle quali egli si dedica a molti progetti, studi, traduzioni, non escludendo mali la sua letteratura.
Di rientro dalla manica passa per Venezia nel 1806 ed è qui che a seguito di confronti con in
particolare Ippolito Pindemonte concepisce l’idea dei “sepolcri” pubblicato nel 1807.
Sono anni importanti perché è alla continua ricerca di una sua collocazione stabile anche
economicamente parlando, ma egli otterrà una cattedra di eloquenza presso l’università di pavia nel
1808. (grazie anche a Monti). Nel 1809 verrà soppresso il suo corso anche per le sue posizioni
ideologiche; rientra quindi a Milano restando sempre più insofferente verso Napoleone oramai
Imperatore.
Questa sua insofferenza la riporta nella sua tragedia in teatro “Aiace” nel 1811 in particolare nella
rappresentazione di Agamennone si coglie palesemente il riferimento polemico a Napoleone ritratto
come un tiranno.
Questo gesto di sfida verso Napoleone, lo costringe a fuggire nuovamente e si rifugia a Firenze
dove risiede tra il 1812-13. Sono anni fra i più sereni durante i quali si affaccia e lavora nelle “Le
Grazie”.
Nel frattempo in Europa però succede che Napoleone cerca di invadere la Russia nell’anno
successivo subirà la sconfitta in Lipsia.
Sapendo questo, Foscolo rientra a Milano perché cerca di avere a suo vantaggio questo
cambiamento. Pensa e spera che il declino di napoleone possa migliorare la posizione artistica di
Foscolo, soprattutto perché inizialmente si pensava che nonostante la caduta di Napoleone si
potesse tenere in piedi l’istituzione italiana. Ma accorgendosi che non sarebbe accaduto, Foscolo
segretamente collaborerà con coloro che avrebbero desiderato il rientro degli austriaci perché essi
sembravano poter garantire una maggior protezione. Ma quando gli austriaci rientrano riprendendo
possesso di Milano, Foscolo capisce che non era come pensava e venne messo ad una dura scelta.
Gli austriaci gli offrono la possibilità di dirigere un giornale a patto che venisse sottoposto allo
stretto controllo della polizia austriaca e per questo sceglierà l’esilio e lascerà l’Italia per sempre
trasferendosi prima in Svizzera (situazione pericolosa, perché cercato dalla polizia austriaca) ma
riuscirà a trovare rifugio a Zurigo. In Svizzera gli manderanno dei manoscritti lasciati in Italia
continuando nella loro sperimentazione.
Da Zurigo non sentendosi al sicuro si sposterà come ultima tappa a Londra la quale è una città di
grande espansione in quegli anni. Qui la vita sarà complicata sia dal punto di vista esistenziale
perché allontanatosi definitivamente dalla sua patria (scriverà nel 24-25 “lettera apologetica”
autodifesa) sia economicamente perché saranno sempre più impossibili da sostenere e si sposterà di
casa in casa non riuscendo a pagare il suo affitto girovagando anche sotto false identità. Questo lo
porterà ad un suo declino anche se il suo tratto di critico-saggio non verrà mai abbandonato.
Continuerà a ricevere notizie sull’Italia nei quali suoi manoscritti scriverà le proprie idee e pensieri.
L’ultimo periodo della sua vita lo passa in un sobborgo londinese e morirà malato e solo nel 1827.
SRADICAMENTO, ESILIO, IRREQUIETUDINE, LA NON ACCETTAZIONE DELLA
REALTA’ modernitàvita all’insegna della contraddizione e/dissonanza (da lui stesso
utilizzata). Foscolo amava parlare di se-stesso e parlando dell’Ortis dirà che sarà un personaggio
dissonante.
CARRIERA LETTERARIA:
I sonetti (modello di riferimento petrarchesco e quello di Alfieri che insieme a Parini
costituisce il binomio di riferimento) PETRARCA SONETTO ALFIERI LE RIME E AUTOBIOGRAFIA
Qui si trova il filo conduttore del contrasto con una realtà circostante, il senso di irrequietezza, il
sentirsi vittima e l’esilio, quindi la nostalgia della perdita della sua origine.
Questi sonetti (scritti tra 1799-02) fanno parte di una raccolta poetica che Foscolo pubblica nel
1803 a Milano per l’editore De Stefanis. Questa raccolta sorprende per la sua esiguità, è composta
da soli 12 sonetti e dalle 2 famosi Odi , quest’ultime prevalgono rispetto ai sonetti.
Sonetti “ A la sera” “ A Zacinto “ “ In morte del fratello Giovanni”.
Questa piccola raccolta di sonetti è costruita secondo un ordine studiato, non cronologico ma
tipografico.
1)[Da Foscolo, Le poesie, introduzione, note e commenti di M Turchi milano garzanti 1993]
Alla sera(1802-03) è un proemio per ciò che incontreremo dopo
Forse perchè della fatal quiëte
Tu sei l'imago a me sì cara vieni Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
O Sera! E quando ti corteggian liete Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Le nubi estive e i zeffiri sereni, Questo reo tempo, e van con lui le torme
E quando dal nevoso aere inquiëte Delle cure onde meco egli si strugge;
Tenebre e lunghe all'universo meni E mentre io guardo la tua pace, dorme
Sempre scendi invocata, e le secrete Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge
Vie del mio cor soavemente tieni.
-Nel primo verso si inizia con la proiezione verso la morte(intesa anche come pace del dolore)(la
fatal quiete)
-Rapporto col tempo corrente aggettivo tempo: “reo” connotazione negativa, un tempo
colpevole.
-Vanno via insieme al tempo, le torme delle cure (affanni, dolori). Questi distruggono sia il suo “io”
che il tempo.
-Tenebre inquiete trasposizione tra soggetto e natura
-Nulla eterno fa con la mente un percorso che conduce alla morte, visione laica, lontana da
proiezione ultraterrena)
-Nel verso conclusivo un tratto autobiografico (spirito guerriero) un’attitudine conflittuale,
agonistica che lo porta in una condizione non pacificata, l’unica soluzione per essere felici è la pace
definitiva (la morte), la quale è anche momento di riflessione e meditazione.
2)
Non son chi fui, peri’ di noi gran parte
Non son chi fui; perì di noi gran parte:
Questo che avanza è sol languore e pianto. Che se pur sorge di morir consiglio,
E secco è il mirto, e son le foglie sparte A mia fiera ragion chiudon le porte
Del lauro, speme al giovenil mio canto. Furor di gloria, e carità di figlio.
Perchè dal dì ch'empia licenza e Marte Tal di me schiavo, e d'altri, e della sorte,
Vestivan me del lor sanguineo manto, Conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,
Cieca è la mente e guasto il core, ed arte E so invocare e non darmi la morte.
L’umana strage, arte è in me fatta, e vanto.
6)
Meritamente, però ch’io potrei (1799-800)
Meritamente, però ch'io potei
Abbandonarti, or grido alle frementi Sperai che il tempo, e i duri casi, e queste
Onde che batton l'alpi, e i pianti miei Rupi ch'io varco anelando, e le eterne
Sperdono sordi del Tirreno i venti. Ov'io qual fiera dormo atre foreste,
Sperai, poichè mi han tratto uomini e Dei Sarien ristoro al mio cor sanguinente;
In lungo esilio fra spergiure genti Ahi, vôta speme! Amor fra l'ombre inferne
Dal bel paese ove or meni sì rei, Seguirammi immortale, onnipotente.
Me sospirando, i tuoi giorni fiorenti,
9)
A Zacinto (1802-803)
Nè più mai toccherò le sacre sponde
Ove il mio corpo fanciulletto giacque, Cantò fatali, ed il diverso esiglio
Zacinto mia, che te specchi nell'onde Per cui bello di fama e di sventura
Del greco mar da cui vergine nacque Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Venere, e fea quelle isole feconde Tu non altro che il canto avrai del figlio,
Col suo primo sorriso, onde non tacque O materna mia terra; a noi prescrisse
Le tue limpide nubi e le tue fronde Il fato illacrimata sepoltura.
L'inclito verso di colui che l'acque
10)
In morte di mio fratello Giovanni (1802)
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
Di gente in gente, me vedrai seduto Sento gli avversi numi, e le secrete
Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo Cure che al viver tuo furon tempesta,
Il fior de' tuoi gentili anni caduto. E prego anch'io nel tuo porto quiete.
La Madre or sol suo dì tardo traendo Questo di tanta speme oggi mi resta!
Parla di me col tuo cenere muto, Straniere genti, almen le ossa rendete
Ma io deluse a voi le palme tendo Allora al petto della madre mesta.
E sol da lunge i miei tetti saluto.
-Anche lui come il fratello è sofferente, vorrebbe trovare quiete nella morte ma ancora non lo fa
-Figura materna: l’unico colloquio che può avere con sua madre è tramite le ceneri del fratello, solo
da lontano può avere un contatto con il suo tetto.
-Morte come ultima navigazione di una vita tempestosa, si arriva al porto e si trova una grandissima
quiete.
-Quando ciò accadrà, rivolgendosi ai stranieri perché morirà lontano, infatti lui dice che verrà
esiliato anche nella morte. (A differenza Ortis deciderà di morire nella sua terra)
12)
A se stesso (1799)
Che stai? già il secol l'orma ultima lascia;
Dove del tempo son le leggi rotte Figlio infelice, e disperato amante,
Precipita, portando entro la notte E senza patria, a tutti aspro e a te stesso,
Quattro tuoi lustri, e obblio freddo li fascia. Giovine d'anni e rugoso in sembiante,
Che se vita è l'error, l'ira, e l'ambascia, Che stai? breve è la vita, e lunga è l'arte;
Troppo hai del viver tuo l'ore prodotte; A chi altamente oprar non è concesso
Or meglio vivi, e con fatiche dotte Fama tentino almen libere carte.
A chi diratti antico esempj lascia.
-Autoritratto
-Inizia con un interrogativo
-il secolo sta lasciando la sua ultima impronta, sta per concludersi, sta per “precipitare”
-“il tempo porta via con sé i tuoi 20 anni”
-versi 7-8 invita se stesso di vivere meglio. Una vita migliore deve consistere a dedicarsi agli
studi e alla letteratura e lasciare esempi a chi verrà dopo di lui
-1 terzina una serie di autodefinizioni: figlio infelice, disperato amante, senza patria, a tutti
aspro e a se stesso, giovine d’anni ma rugoso sembiante
-Finisce con lo stesso interrogativo
-chi non ha la possibilità di agire, tenti almeno di scrivere per avere fama (illusione di fama
letteraria)
Jacopo Ortis
-Foscolo 20enne dirige la prima versione dell’Ortis a Bologna nel 1798. Accade che Foscolo stava
consegnando i materiali all’editore Mazzini ma ha dovuto interrompere perché ha dovuto entrare a
far parte delle truppe francesi. Ma l’editore affida i materiali approvati già dall’autore e quelli
incompleti a Angelo…. per concludere il lavoro. E difatti, nel 1799 verrà pubblicato all’insaputa di
Foscolo “Vera storia di diamanti infelici- O Sia ultime lettere di Jacopo Ortis”. In questo Ortis del
‘99, il personaggio Odoardo intesse con Jacopo un rapporto meno conflittuale dell’Ortis rivisto e
corretto.
-Nel 1802 Foscolo pubblicherà il testo a Milano. Questo Ortis è da considerarsi la prima edizione.
Un’edizione dal valore storico importantissimo e con un aspetto vicinissimo all’ultima versione del
romanzo.
-Durante la prima fase del suo esilio (in Svizzera nel 1815) riprende le carte dell’Ortis e lo pubblica
in Svizzera nel 1816 con varianti stilistico-linguistiche e con alcune aggiunte: lettera famosa,
contenuto politico e carattere antinapoleonico/ un paratesto (testo di accompagnamento al testo
proprio) intitolato “notizia bibliografica intorno alle lettere di Jacopo Ortis”, pubblicata sotto altro
nome. [Foscolo era in fuga dalla polizia Austriaca e per questo il romanzo esce con falso luogo e
falsa data: Londra 1814]
-Nel 1817 (a Londra) troviamo l’ultima edizione pubblicata presso un editore inglese Murray
all’interno di una rivista, alla quale Foscolo inizia a collaborare. Ultima edizione: suddivisa in 2
parti di romanzo.
-In questo romanzo ci sono diversi piani narrativi: il protagonista, il destinatario nonché editore
fittizio Lorenzo Alderani, il quale sarà ad un certo punto anche un personaggio che agisce nel
racconto (si incontrano). Ci saranno anche altre narrazioni, storie di altri personaggi raccontate da
Jacopo.
-La forma della narrazione epistolare è tipicamente settecentesca. Il capostipite settecentesco è
Samuel Richardson “la Pamela” (trionfo virtù) e “la Clarissa” (sventura virtù) , due romanzi
epistolari di vera importanza.
Altri importantissimi punti di riferimento:-romanzo di Rousseau “La novella Eloisa” (1771
relazione amorosa proibita come tra Jacopo e Teresa, tema dell’attentato alle norme morali vigenti:
borghese-nobildonna/ la figura di Saint-Treux)
-Werther di Goethe (1774 triangolo amoroso, vari elementi narrativi: viaggi, suicidio
protagonista. Anche differenze come Guglielmo il destinatario è esterno ai fatti narrati, mentre
Lorenzo interagisce)
-Foscolo rimarca molto l’originalità dell’Ortis. [Vi è una lettera del 1808 ad un lettorato prussiano
Bartholdy nella quale Foscolo sostiene di aver letto Werther dopo aver oramai già scritto l’Ortis.]
2 LETTERA: 13 Ottobre
-si capisce che Lorenzo ha risposto con l’intento di convincere nuovamente Jacopo ad abbandonare
i Colli Euganei “Ti scongiuro, non ribattere”
-“Ma dove cercherò asilo?” da nessuna parte potrei stare al sicuro . (In chiave politica ed
esistenziale).
-Nuovi conquistatori: i francesi
-Elemento anti-ecclesiastico: come i papi si sono serviti delle crociate
-“Ahi, sovente disperando….”: è già un annuncio del destino di Jacopo si suiciderà con la lama
del coltello. Tipico del tragico, sentimento del pre-annuncio
-Malavventurato: non sarà l’eroe fortunato la cui vita è già all’insegna al punto della morte.
3 LETTERA: 16 Ottobre [L’uomo virtuoso è destinato alla catastrofe]
-“Io vivo tranquillo, per quanto si può”: rasserenazione /controtendenza
-“Non vedo persona….”:Solitudine-isolamento-vagabondaggio
-“Penso e mi rodo”: Il pensiero sulla propria condizione agisce sull’infelicità di Jacopo.
-“Mandami qualche libro”: continuo della sua volontà della carriera letteraria
-Lauretta è una di quegli esempi di narrazione di secondo grado. Sarà una vicenda
sfortunatissima in cui Lauretta era vicina quasi sposa di Jacopo e che viene presentata come un’altra
“vittima” compiangono lo stesso dolore
-Tristi: i malvagi - la società
4 LETTERA: 18 Ottobre rapporto con la tradizione
-Michele (servitore di Jacopo spostatosi con lui nei Colli Euganei)
-Il Plutarco: il libro che gli ha mandato Lorenzo. Plutarco, scrittore greco, è un autore
importantissimo della nostra cultura. È il Plutarco delle vite parallele, gli illustri della società
rappresentati come esempi di virtù. Scelta quindi non casuale perché indica uno sguardo verso la
tradizione antica e la ricerca di un punto di riferimento dell’antico.
-“Temo per altro…..”: subentra in controtendenza la sfiducia dell’umana razza, per questo, prendere
in mano un testo come quello di Plutarco viene assai complicato. Tutta la virtù che decade, e lui si
sente per questo abbastanza tradito dalla tradizione, poiché nella sua modernità non ritrova più ciò
che lui aveva studiato e seguito dall’antichità. (può davvero questo libro essere da esempio? Qual è
il ruolo che si deve porre l’intellettuale?)
5 LETTERA: 23 Ottobre
Qui Jacopo si autodefinisce fuggiasco. Troviamo un Jacopo che legge ai contadini le vite di Licurgo
(mitico legislatore di Sparta, colui che ha lasciato il segno sui costumi e sulla morale severa degli
spartani) e Timoleone (famoso tirannicida, politico greco, è storicamente esistito. Titolo di una
tragedia di Alfieri), si pone nei panni di un intellettuale.
-Essi: i contadini della parrocchia.
-Finora non sembra apparire la disillusione di Jacopo ma…
-Piacere di ascoltare la storia è una nostra volontà di illuderci e di sentirci in continuità con la
storia, ricollegarsi al passato.
-Sembra scommettere che la letteratura possa avere un ruolo nella società, ma nonostante questo
insinua che si tratta ancor e solamente di disillusione.
--Nella parte conclusiva entrano in scena due personaggi decisivi il Signor T (già conosciuto da
Lorenzo) e Odoardo.
Jacopo racconta di aver avuto un incontro con il S.T e dice somma onestà e ingegno erano doti
temute in passato ma ora non possedute impunemente.
-Signor T e Odoardo, nelle note bibliografiche sembrano NON essere persone malvage, al quanto
pensava Jacopo
-Attitudini positive verso il Signor T cortese, liberale, parla col cuore.
-Verso Odoardo invece pensa Sarà anche un bravo giovine ma la sua faccia non dice nulla.
6 LETTERA: 24 Ottobre scopriamo un aspetto di Jacopo mai visto prima: aspetto impulsivo,
passionale, violento e incapace di autocontrollarsi.
-Esplode quindi di fronte a un contadino
-Vita del contadino molto disagiata
-Questa lettera rovescia completamente l’atteggiamento della lettera precedentebipolarità
7 LETTERA: 26 Ottobre vi è l’ultimo personaggioTeresa
- Divina fanciulla: in atto una sacralizzazione della figura femminile, tendenza a caratterizzare i
termini che ricordano quelli della Donna-Angelo
-Ma in realtà il suo porsi con Teresa si tinge con sfumature ben diverse, che puntano in direzioni
della sensualità e dell’illegittimità.
-Prima visione di Teresa: non è un incontro insignificante, non passa inosservato.
-Il bello-la bellezzaelemento salvifico. La sua bellezza può trovare consolazione ai suoi dolori,
ma è anche al tempo stesso ciò che lo porterà alla morte.
8 LETTERA: 28 Ottobre
-Getta un’ombra sulla sua stessa caratura di uomo onesto (“Non posso fidarmi di me”). Sa quali
saranno le sue conseguenze nonostante tutto
-Riferimento agli antichi romani i ladroni del mondo. frecciata polemica antinapoleonica.
9 LETTERA: 1 Novembre Ci fornisce da più vicino la figura di Odoardo (una figura sempre più
antitesi-opposizione rispetto a Jacopo)
- Si sente come un malato che dorme, in questo momento non soffre ma sa che il dolore è solo
momentaneamente sospeso.
-L’unica possibilità di rasserenamento sta nell’illusione.
-A guastare questa consolatrice illusione di rapporto con la famiglia di Teresa è il personaggio di
Odoardo
-“Buono, esatto, paziente” terminologia crudelmente ironico.
-Ritrae Odoardo come un tipico uomo di mediocrità, incapace di grandi sentimenti e pensieri, un
calcolatore, senza vita interiore.
-Odoardo (antitesi di Jacopo) si vanta di avere una ricca e scelta biblioteca. Jacopo invece era
sempre molto distaccato dalla letteratura
-“Addio Plutarco…” ha provato a leggerlo ma adesso lui si vuole dedicare più alla vita che alla
lettura.[dopo l’incontro con Teresa]. Quindi tutto ciò che Plutarco significa non fa più per lui.
10 LETTERA: 12 Novembre figura paterna
-Lui cerca di recuperare l’operato del padre e di portarlo a compimento (“Albero piantato”). Perciò
si mette in sintonia con il passato.
-Questo senso di continuità si proietta verso la vecchiaia serena e felice “io vi vagheggiava nel
lontano avvenire” incontrerà i vecchi contadini e staranno insieme. In vecchiaia potrà raccogliere
il risultato ereditato dal padre e che lui ha continuato a fare.
-Previsione della morte diversaal momento della sua sepoltura potrà rivolgere un saluto alla sua
tomba. Aspetto conciliante, armonioso.
-Conclusione: “oh, illusioni” lui sa bene che non ha posto dove poter mettere le sue radici.
11 LETTERA: 20 Novembre celebre lettera in cui racconta la visita alla casa di Petrarca
all’Arquà.(Petrarca ha vissuto in questa località, nei pressi dei Colli Euganei)
-Pellegrinaggio: termine usato da Jacopo
-Scenario iniziale all’insegna dell’armonia che si contrappone ad un clima di temporale, animo in
tempesta nel momento in cui lui scrive la lettera.
-Mentre lui e Teresa mostrano di essere rapiti dallo spettacolo della natura (sintonia) dall’altra parte
Odoardo pare lontano e indifferente da questo tipo di sensibilità. “Pareva che andava a tentone
dalle tenebre” per questo Teresa lascia la compagnia di Odoardo e si appoggiò al braccio di
Jacopo
-Teresa si è collegata con la natura è in stretta sintonia.
-Conversazione tra Jacopo e Teresa: Teresa dice di non essere felice, anche Jacopo si ritiene
vittima di pregiudizi e interessi. Per Teresa invece è maggiormente incentrata nell’ambito del
matrimonio.
Poco più avanti sarà lei a rivelare a Jacopo che la madre di Teresa (moglie del S.T) si era
allontanata dalla famiglia perché non voleva che la figlia fosse destinata ad un uomo che non ama.
[Nucleo familiare destabilizzato che rischia di essere disintegrato]
-Considerazioni Jacopo sul S.T Jacopo sa che il Signor T sta compiendo degli errori che poi
pagherà amaramente ma sa che non è un uomo malvagio. Anche lui vive una storia d’amore
insofferente. Ma c’è una differenza: Jacopo dice che se si trovasse nella situazione del S.T lui si
sparerebbe, preferirebbe morire.
-Continuò a proseguire il suo pellegrinaggio ad Arquà.
-Descrizione casa Petrarca: luogo abbandonato, trascurato.
-Fa riferimento a Tasso: simbolo di eccellenza di personaggio escluso.
-Si preannuncia un passaggio importante: Odoardo verso il tribunale
-Conclusione”Buona notte”: quando Odoardo porterà con sé la sua felicità (Teresa), rileggeremo
queste memorie sdraiati sulla salita guardando la solitudine. [Dimensione verso il futurouna
possibile ricerca di rasserenarsi].
12 LETTERA: 22 Novembre
-Odoardo si è allontanato e il S.T lo ha accompagnato e ha chiesto a Jacopo di occuparsi di Teresa
-Jacopo racconta di come lui si senta un po' un ladro davanti al giudice quando parla col padre di
Teresa
-Odoardo = indifferenza
-Prende le distanze dai saggi includendo Lorenzo e si domanda come possano mai definirsi uomini
tali come lo stesso Jacopo: un uomo di cuore
13 LETTERA: 27 Novembre
-Odoardo è partito e dice che se ne andrà (Jacopo) quando tornerà il padre di Teresa (anche se non è
vero).
VA A FERRARA
LETTERA: 20 Luglio Ferrara
-Nella seconda parte “Padre crudele” vi è un’inquietudine sempre più difficilmente indomabile.
-A causa della scelta del S.T attorno il letto nuziale della coppia ci sarà un sentimento di sofferenza.
-Prevede amari conseguenze e pentimenti per il S.T
-“Vittima sacrificata” Teresa sull’altare.
-“Ma io son pure omicida” sulla scia del culmine di furore incontrollato, annuncia di star
meditando di vendicare Teresa e ammette di avere colpa di tradimento e di omicidio che potrebbe
compiere.
-“Or mia dire sovente…”alternanza di stati d’animo. Parte di star facendo una cosa giusta e poi si
pente.
-“Si, divorerò…ma ringrazierò chi mi rapì dal precipizio…” ma forse in fin dei conti devo essere
grato a quella mano invisibile che lo ha trattenuto a cadere nella rovina di se stesso e Teresa.
-“Un seduttore” è colpevole di aver pensato di sedurre Teresa?
-“Forse non sono un omicida…” il furore amoroso da il via ad un’ulteriore questione che
attanaglia la coscienza di Jacopo che lo collega ad un personaggio della modernità.
-Si sveglia con il terrore addosso, pieno di rimorsi, con mani sporche di sangue (molto
Shaksperiana)
LETTERE A Milano: piene di complicazioni che segnano un ulteriore presa di coscienza da parte di
Jacopo dell’inevitabilità del suicidio
LETTERA: 4 Dicembre:
-La più importante scritta a Milano
-Inizia con una dichiarazione alla quale oramai si è abituati: ci dice che gli uomini sono feroci gli
uni contro gli altri. All’interno della società vige un rapporto di forza e di gerarchia molto evidente.
Dice questo per rivendicare il fatto che non vorrà mai diventare un sottomesso degli austriaci o di
chi comanda.
Sulla scia di questo discorso Jacopo si sofferma su un personaggio importante racconta infatti di
aver incontrato un poeta molto anziano “Giuseppe Parini” che diviene personaggio dentro il
romanzo. Parini rappresenta agli occhi di Jacopo il poeta da cui imparare e il saggio a cui rivolgersi.
Rappresenta l’esempio di colui che no ha mai voluto piegarsi alle ingerenze del potere politico e che
è stato sempre a difesa della propria libertà intellettuale. Con Parini c’è stato un discorso sulla
miseria della patria di quegli anni; parla delle sue disgrazie in amore e
il passo più interessante è quando Parini impartisce al giovane Jacopo una lezione molto amara:
“allora io trovai….” Parini spiega quale prezzo dovrebbe pagare se volesse fino in fondo seguire
la strada dell’impegno politico. E’ il prezzo dello sporcarsi le mani, vivere col dolore e con il male e
scendere a compromessi.
-Inoltre Parini gli dice “la fama degli eroi…”coloro che salutiamo come eroi, i loro meriti vanno
spartiti: una parte va al loro coraggio, una parte alla sorte e l’altra ai loro diritti: non è quindi tutto e
solo merito loro.
-“Non ti sarà dato di essere giusto impunemente” se vuoi essere giusto pagherai cara questa
scelta, se invece vuoi davvero impegnarti dovrai macchiarti di delitti.
-“Ma poniamo che tu…”mettiamo caso che tu avessi superato tutti gli ostacoli, sarai davvero
risposto e avrai il coraggio di avviare una guerra civile in Italia bruciando le case? Avrai il coraggio
di uccidere chi non la pensa come te? Avrai tutto questo coraggio??
-“Uomini schiavi, tiranni e ciechi” quadro negativo dell’umanità. (ad es. il contadino si era
comportato da tiranno e successivamente come schiavo)
-La vita, la storia e la politica sono sempre compromessi con forza e violenza, e la storia di Jacopo
è la storia di chi arriva a sapere questa amarissima verità e ne paga le conseguenze perché è una
consapevolezza disperata e disperante; ma dall’altra parte rimane ancora vivo l’amore per la vita
-Parini è come se fosse uno Jacopo sopravvissuto e rivenuto grande, sa già cosa gli aspetta in futuro.
E’ come se fosse lo Jacopo del futuro.
Jacopo decide di lasciare l’Italia e andrà verso la Francia (anche se non lo farà davvero).
Verso il confine scriverà una lettera (in Liguria): 15 Febbraio
-Durante questo viaggio verso la Francia, Jacopo incontra un fuoriuscito come lui dalla Repubblica
di Venezia, un altro alter-ego importante perché racconta le sue disgrazie a partire dal Trattato di
Campoformio e ad un certo punto se ne esce con delle considerazioni che sono molto alla Jacopo.
-“Nel corso…. racconta di essere stato tradito da amici che sembravano essere fiduciosi
“I libri mi insegnavano ad amare gli uomini e la virtù” i libri lo incoraggiavano, ma i libri, gli
uomini e la virtù lo hanno tradito; questo è anche radicato in Jacopo
-L’amico è molto colto ma tutto ciò che ha imparato gli si ritorce contro, e tutto ciò che gli è intorno
è come se fosse tutto un disinganno. (come Jacopo)
-Questo incontro si intona molto con l’insegnamento di Parini. Tutto ciò avrà degli effetti su
Jacopo, è un continuo progresso che porterà Jacopo a trarre delle conclusioni:
LETTERA: 19-20 Febbraio Da Ventimiglia
-Lettera centrale
-E’ come se arrivato al confine della Francia, stava per abbandonare l’Italia, per sempre Teresa e la
propria patria, Jacopo si ferma e fa un bilancio complessivo sullo sfondo di un paesaggio alpestre e
solitario che facilita riflessione, ma anche un paesaggio inospitale.
-Jacopo riprende il tema della promessa tradita, del fatto che tutte le aspettative della gioventù sono
inattuabili e arriva a delle affermazioni molto forti fino a rifiutare la propria appartenenza a
qualunque tipo di contesto sociale e questo perché
“Ogni uomini è nemico della società e degli altri uomini” e quindi predicare onestà e virtù è
mettere in difficoltà chi ci crede davvero ma aiuta chi vuole esercitare violenza e prepotenza.
-“Ma i debiti i quali tu hai verso la società…” idea del debito: ciò che la società ci lascia nel
momento in cui ci presentiamo al mondo. e pensa se lui dovrà per forza pagare questi deboli anche
se non li ha mai cercati
-“Oh amico mio, ciascun individuo è nemico della società perché la società è nemica degli
individui” la realizzazione di sé, implica la sventura degli altri. (Thomas Hobbes “Il
leviatano” idea dell’egoismo dell’uomo. L’uomo è nella società solo per amor proprio e non per
il prossimo”.)
-“Gli uomini possono pretendere che io sia figliuolo alla mia famiglia…” gli altri possono pure
pensare che io faccia parte della società, ma lui rivendica la sua individualità di soggetto che non
vuole più aderire ai beni e doveri comuni.
-Se la prende con i filosofi che hanno diffuso l’idea delle umani virtù, l’onestà per natura e la
reciproca benevolenza questi filosofi fanno un favore ai furbi e agli astuti. Qui ha in mente un
bersaglio ben preciso: il Rosseau del “discorso sull’origine della disuguaglianza tra gli uomini”
dove Rosseau sostiene che l’’uomo per natura nasce predisposto all’onestà e alla compassione per
gli altri individui e solo quando si riunisce in società diviene malvagio, qui questa idea viene
completamente rovesciata perché secondo Jacopo aveva ragione Hobbes che invece aveva detto che
l’uomo è per natura egoista e non lo diventa solo quando entra nella società.
-Chi sceglie per ingenuità la strada della virtù, che cerca di amare per essere amato, diverrà sempre
e comunque la vittima e si pentiranno troppo tardi di aver creduto nella virtù.
-“Quante volte tutti questi momenti della ragione…perché sperava di vivere…” dall’altra parte
però il suo cuore e la parte irrazionale di sé non riescono ad accettarle perché nonostante tutto
sperava di poter vivere al di fuori di queste. È come se ci fosse una scissione dentro di lui : la
ragione che lo porta a terribili conclusioni che lo spingono a non trovare più un senso alla sua vita,
dall’altra il cuore che lo tiene ancora attaccato alla vita nutrendo speranze. Lui continua a vivere
attraverso sole illusioni sapendo consapevolmente che esse siano illusioni.
-“A che vivo?” si domanda qual è il suo scopo di vivere, si chiede in cosa possa essere utile. Non
trova differenza tra la vita che sta facendo e la vita dopo la morte.
“La mia morte sarebbe per me la mia meta” la morte come soluzione sensata e ragionevole
-Ciò che lo tiene in vita è: Teresa ancora non sposata che potrebbe diventare ancora sua e la amerà
finchè non si sposerà
-“Ah, si io vivo ancora” è sempre presente uno spirito di speranza
-“Dove io cerco aiuto?” sa che non potrà trovare aiuto da nessuna parte.
-“Il sole negro” sole oscurato è (anche nel vangelo) si presente quando Cristo muore
Nel nuovo paragrafo i toni si fanno meno concitati…
-Jacopo ci descrive il luogo in cui si trova, solitario e privo di presenze. Dall’alto della sua
posizione è come se pensasse di osservare gli uomini dall’alto e inizia di nuovo una serie di
riflessioni che partono dalla situazione dell’Italia fino ad arrivare ad una
visione filosofica il dolore e la sventura dipendono dall’ordine universale delle cose, non è
casuale ma è già scritta nelle cose stesse.
-“I tuoi confini, oh Italia son questi” ma questi confini non ti proteggono dal desiderio di
conquista delle altre nazioni. Sono ogni giorno superati dal continuo desiderio delle altre nazioni. Vi
è una forte disunione tra gli italiani (era divisa in frammenti politici e questo la porta ad essere più
esposta a conquiste straniere)
-“Così grido” dalle riflessioni sull’Italia passa subito ad una visione più ampia.
“Guardandomi intorno..” orgoglioso italiano ma se si guarda intorno non vede un’Italia come
desidera
-“Ma poi dico:…” in realtà le colpe e le mancanze dell’unione italiana dipendono ad una legge
più generale: visione filosofica è tutto già scritto, soprattutto il dolore. Funzionano con una
“legge del bilanciamento”: l’universo funziona in continuo gioco di bilanciamento tra forze
contrastanti.
Questa legge vale anche per gli individui (il sottomesso e il dominatore che si può rovesciare) e per
il rapporto tra le Nazioni le Nazioni come corpo collettivo funzionano inevitabilmente e
sistematicamente in un modo che possono esistere solo esercitando il predominio su altre nazioni o
subendo il predominio da altre nazioni:
Fa esempi: babilonesi, greci, romani, colonizzazione dell’America: sottomessi agli Europei ma
prima o poi gli Americani saranno coloro che avranno il sopravvento.
-“La terra è in realtà una foresta di belve…”l’uomo è un feroce con tutti. L’uomo si ostina a
chiamare virtù ciò che realtà non esiste o che serve solo a consolidare il potere a chi già lo tiene o a
continuare a sottomettere chi era sottomesso.
-Chiama in causa anche la religione: qual è il suo ruolo? “Poiché l’umana schiatta, non trova ne
felicità ne giustizia…” dice che sono gli uomini ad aver creato le divinità, per ricompensare
l’assenza di giustizia sulla terra. Son stati creati gli Dei i quali rispondono sempre e comunque
all’esigenze di chi sta al potere. (PRESA DI DISTANZA DAI VALORI DELL’ILLUMINISMO)
difatti poco dopo: “Oh natura!....” qui Jacopo si rivolge a colei che ritiene responsabile delle
caratteristiche fondamentali degli uomini. Se la natura ha deciso irrepugnabilmente che gli uomini
non possono sottrarsi a queste leggi, perché ha dato anche il dono della ragione? Fatto si che se ne
rendessero conto? La ragione è ciò che rende consapevoli di essere sciagurati e infelici. Perciò per
Jacopo è inutile la fuga o lo spostamento continuo, non darà mai una sensazione trovata di serenità,
perché in ogni dove gli uomini son tutti uguali, non troverà mai uno scenario differente.
Questo matura la decisione di non varcare quel confine, matura anche la consapevolezza di suicidio nella sua terra
natale.
[Nelle lettere successive ci sarà un ritorno ai Colli Euganei contrassegnate dall’ormai idea del
suicidio. Ci sarà sempre uno Jacopo più disposto alla fine della sua vita anche perché nel frattempo
verrà a sapere che Teresa è sposa di Odoardo.] riferimento sonetto “A Zacinto”
LETTERA: 13 Marzo Dai Colli Euganei
-In quest’ultima parte del romanzo gli interventi di Lorenzo aumenteranno perché si fa più
frammentaria e disordinata la scrittura di Jacopo
-Una volta rientrato ai Colli Euganei, Jacopo deve liberarsi di un peso: il segreto dell’omicidio al
quale ha fatto riferimento una volta ma del quale ancora non sappiamo nessun dettaglio. Il giorno
dopo quindi, in un’altra lettera:
LETTERA: 14 Marzo
-“Partenza” addio dalla vita
-In questa lettera Jacopo confessa a Lorenzo il segreto: Jacopo ha sempre in mente un cadavere.
Ricorda quando Jacopo era stato visto in più di un’occasione cavalcare come un forsennato in preda
al dolore e questo ritorna adesso. “Il cavallo divorava la via..” spinto da un desiderio di auto-
annullamento.
-Vide una persona, riprende le briglie ma mentre cercava di trattenere il cavallo, quest’ultimo si
lancia ancor più ferocemente. Fino a quando non prese in pieno quell’uomo visto e ucciderlo
-Fu quindi un omicidio quasi involontario. Jacopo anche se involontariamente è implicato nel male
della vita e dell’esistenza, non è immune dal male.
-Da questo episodio trae un ragionamento sulla natura e sugli uomini: gli uomini son nati per
distruggersi gli uni con gli altri.
-Torna a questo punto a parlare della sua scelta di suicidio e si rivolge alla natura indicandola come
ingannatrice dell’uomo perché lo spinge a vivere solo ed unicamente per mantenere l’esistenza
universale al costo di mantenere l’esistenza individuale dell’uomo.
LETTERA: A mezzanotte
-In questa lettera troviamo questo appellarsi alla natura già vista nella conclusione della lettera da
Ventimiglia.
-“Ho già sentito tutta la tua bellezza…” Dice che era solito un tempo considerare la natura “Bella e
benefica”, ora però dopo tutti i suoi ragionamenti filosofici la ritiene una “divoratrice dei suoi stessi
figli”. Gli spirava il senso di vivere fino a quando ha avuto la sensazione di una natura bella e
benefica, successivamente però ha completamente cambiato visione.
Qui Jacopo sta aggiungendo ulteriori motivazioni per il suo suicidio.
-“Io non credo di ribellarmi da te fuggendo alla vita…”: se compie quest’atto non va contro le sue
leggi perché la morte fa parte di essa, della natura: “vivere” e “morire”. Non ha importanza per
quanto si vive e in che modo si muove
-Dialogo con la natura (ottica Leopardiana): lui si immagina che la natura gli dica che ella lo ha
messo al mondo con la possibilità di poter diventare felice, di avere una bellissima esistenza e per
istinto lei gli diede l’amor della vita e l’orrore della morte. Ma se il pieno dolore vince su tutto, non
può che avere altra soluzione che anticipare i tempi per arrivare alla meta della fine della sua strada.
Non ha più nessun obbligo di esistenza se l’amor di vita che ella gli aveva un tempo dato, ora è stata
sopraffatta dal dolore.
LETTERA: Senza data ma sarà scritta (pensa Lorenzo) il 19 Marzo:
“Parmi o Teresa mi sfugge” si rende conto che Teresa oramai si mostra molto trattenuta nei suoi
confronti.
“Torna a spaventarmi…” la verità è che Tutti siamo nemici.
-Se si fosse capace di leggere i pensieri di chi ci parla, si vedrebbe che quella persona davanti è
come se avesse una spada che rotea per difendere ciò che è suo e per rapire l’altrui
-“Tento la punta di questo pugnale” Jacopo fuori controllo che alterna il desiderio del suicidio a
quello dell’omicidio. Basta solo che se lo pianti nel cuore e tutto sarà finito. Ritorna a pensare al
rapimento illegittimo di Odoardo (anche se in realtà non è cosi). Si immagina come se il pugnalo lo
rivolgesse contro Odoardo. (ricordo Shakespeare).
-Nonostante le sue fantasie pericolose, le sue mani sono immacolate, ancora non ha compiuto quel
delitto ma ha ancora questa tentazione. Perciò potrà non cadere in questo pericolo, togliendosi la
vita dato che è ancora in tempo di farlo.
[Nelle lettere successive ci sarà uno Jacopo sempre più impegnato nella sistemazione e nella
preparazione del suicidio, egli sistema le sue carte, alcune le brucia e vive isolato questi ultimi
giorni, senza cercare rapporti col mondo esterno dedicandosi ad alcune letture ben definite.
- Si fa consegnare una Bibbia (non indica una conversione religiosa) lui legge alcune parti in
particolare “Il libro di Giobbe” e “L’ecclesiaste” due libri del Vecchio Testamento che son libri
all’insegna del male del vivere, in cui si dipinge la condizione umana all’insegna del dolore e della
sofferenza, si intonano alla sua stessa posizione.
- Riprende anche Plutarco, come voler dare un ultimo saluto a quella sua lettura già iniziata
precedentemente. Legge in partciolare la vita di un personaggio greco “Micia” che è uno sconfitto,
un personaggio che prova a sconfiggere i tiranni ma soccombe e muore e probabilmente Jacopo si
rispecchia in quest’uomo: l’insegna del fallimento e della morte.
- Inoltre, sappiamo grazie ai commenti di Lorenzo, che Jacopo aveva anche riportato su un suo
volume di Tacito, un passo interessante preso dai pensieri di Pascal. (“Io non so né perché venni al
mondo..” sono parole di Pascal nelle quali Jacopo si riconosce perfettamente e fa passare come
proprie. Un passo tutto incentrato sulla riflessione sulla condizione dell’uomo, sull’insensatezza
della vita umana, sull’impossibilità di trovare un motivo della propria comparsa al mondo. L’uomo
come atomo gettato nell’esistenza senza una spiegazione plausibile sul perché. Non vi è via
d’uscita. ) ]
In questi ultimi giorni Jacopo scriverà una lunga lettera d’addio a Teresa che riprende e interrompe
diverse volte. In questa lettera da una parte Jacopo insiste sulla nobiltà e sulla santità dell’amore
provato per Teresa, dall’altra insiste sull’innocenza e sulla virtù della donna e sul rischio che
possano essere contaminate e interrotte.
LETTERA: Mercoledi ore 5
-Dice a Teresa che sente di dover fare ancora alcune cose: salutare Lorenzo e sua madre dopodichè
potrà morire. Poi Lorenzo farà vedere al S.T le lettere di Teresa scritte a Jacopo e quelle di Jacopo
scritte a lei, questo per far capire al S.T la nostra autenticità e il nostro sentimento vero.
-Spiega che Teresa deve stare attenta perché la sua innocenza e virtù potranno essere corrotte: “La
tua bellezza, la tua gioventù saranno sprone a contaminare…” potrebbe cadere in tentazione di
contaminarsi l’innocenza.
Questo perché precisa che lui non lo ha mai fatto, l’ha sempre rispettata come cosa sacra.
Nelle pagine successive Jacopo va a Venezia a salutare la madre che coglie nell’atteggiamento e
nelle parole del figlio, un preannuncio di una disgrazia imminente; e nella stessa Venezia incontra
anche il suo amico Lorenzo. Questo, nell’ultima parte sarà proprio un personaggio del libro.
Quando rientra ai Colli Euganei scrive una lettera indirizzata a Lorenzo anche se ancora la lettera a
Teresa non l’aveva terminata:
LETTERA: Venerdi ore 1
-Dice di esser dominato dalle passioni. Confessa fino a che punto potrebbe esser pericoloso per
Teresa:
“Prima che io decretassi la mia morte…” racconta che aveva scritto a Teresa(mai fatta leggere)
che lui se ne andava ad aspettarla in un altro mondo, e che non tardasse a raggiungerla. Pensando
quindi di indurre anch’ella al suicidio e seguirlo nell’aldilà.
E’ come se ci fossero due piani in queste due ultime lettere: all’amico confessa i suoi segreti
(l’omicidio, la morte di Teresa) quindi si mette a nudo fino in fondo. A Teresa invece lui vuole
mantenere intatta la sua fisionomia di uomo puro di ogni delitto e lontano dal vizio.
Ritorna A Teresa
-Immagina di trovarsi al cospetto di Dio dopo la morte: per proclamarsi puro agli occhi di Dio. Dice
che mostrerà le sue mani pure di sangue e di puro cuore.
-Dice di essere stato quasi corrotto dal mondo, che i vizi lo hanno per brevi istanti contaminato ma
mai vinto vuole rivendicare la sua innocenza.
-“Ho visitato le mie montagne…”dice di aver fatto le ultime sue visite necessarie per poter porre
fine alla sua vita.
- “T’amai dunque…è fra poco tutto è apparecchiato….” idea di morte come annullamento privo
di prosecuzione nell’aldilà, saranno separati dal nulla. Il cosmo come qualcosa di incomprensibile
-“Ma io muoio incontaminato e padrone di me stesso” Le ultime parole scritte a Teresa sono
sempre su una linea di rimozione del delitto e della colpa che avrebbe probabilmente compiuto se
avesse accettato di continuare a vivere.
Muore incontaminato ma fra i fogli sul tavolo vicino a cui si è suicidato vi è una parola
“espiazione” muore incontaminato ma è come se sentisse sempre una necessita di espiare le sue
colpe.