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11/10/2019

ISTITUZIONI DI LETTERATURA ITALIANA – PROVA SCRITTA

PROF.SSA MARTELLINI

Orario di lezione: venerdì dalle 13 alle 15.

Annullamento lezione di venerdì 25 ottobre <-

Ultima lezione di corso: venerdì 6 dicembre <-

La prova scritta che dovremo affrontare consiste nell’analisi di un testo poetico; la durata della prova sarà di
due ore.

FORME METRICHE DI INTERESSE.

 SONETTO
 BALLATA
 CANZONE
 TERZA RIMA
 MADRIGALE
 POEMA IN OTTAVE
 ENDECASILLABO SCIOLTO

SVOLGIMENTO D’ESAME.

Ci si chiede di analizzare il testo poetico in base a questi tre punti: la parafrasi del testo, l’analisi metrica,
retorica, linguistica, stilistica, e un breve commento. Per quanto riguarda la parafrasi, al momento può
essere messa da parte (parafrasare = comprensione assicurata); è difficile che sia priva di errori, abbiamo
un italiano più antico, letterario e poetico.

ANALISI METRICA, RETORICA, LINGUISTICA, STILISTICA.

Analisi metrica: riconoscere una serie di elementi che costituiscono la metrica di quel testo poetico. Prima
cosa dire di che forma metrica si tratta: riconoscerla è fondamentale, ci sono delle forme metrica
abbastanza contenute, così da poterle dare nella loro interezza, ma ci sono anche forme più lunghe (es.
poema o poemetto in terza rima, ecc.) dove è necessario fare un taglio, una selezione. Si tratta di passi o
parti di quella forma, bisogna fare molta attenzione e dimostrare che si ha compresa la cosa (specificarlo!).

L’analisi metrica è il riconoscimento della STRUTTURA, attraverso il quale bisogna entrare. Bisogna prima
specificare il tipo di STROFE con cui si ha a che fare (terzina, quartina, ottava, ecc.), dopodiché si deve
riconoscere il tipo di VERSI, che sono essenzialmente l’endecasillabo e il settenario. Il tutto va collegato, per
questo è molto importante riconoscere la FORMA METRICA prima di tutto. Da ultimo si completa con il
riconoscimento del tipo di RIMA, e per essere riconosciuta vanno utilizzati due elementi: lo SCHEMA DELLE
RIME (schema di LETTERE ALFABETICHE – maiuscole per l’endecasillabo, minuscole per il settenario)) e la
DEFINIZIONE DI QUELLE RIME SCHEMATIZZATE (alternate, incatenate, incrociate, baciate, etc.)

Analisi retorica: individuare le FIGURE RETORICHE presenti nel testo, quelle ce si riesce a riconoscere, anche
se non sono tutte. Vanno individuate, gli va data una definizione e una minima spiegazione, sulla base di
determinati criteri e giustificandole. Si distinguono in figurae elocutionis – figure di elocuzione, figurae
sententiae – figure di pensiero, tropi.
Analisi linguistica: individuazione di qualche caratteristica linguistica presente nel testo. Importanti la
SINTASSI (prevalenza di paratassi o ipotassi, asindeto o polisindeto), la SEMANTICA, il LESSICO
(volgare/latino, latinismi, arcaismi, provenzalismi, etc.).

ALL’ESAME È POSSIBILE PORTARE UN DIZIONARIO! Da usare sempre in relazione a ciò che ci serve.

Analisi stilistica: individuazione di particolare peculiarità stilistiche e registri stilistici nel testo, sulla base di
quanto spiegato in precedenza (alto, medio, basso, ecc.).

BREVE COMMENTO.

Dev’essere incentrato sulla base del testo analizzato, è il commento relativo ai temi e al significato della
poesia. Si può anche commentare il testo facendo riferimento ad opere di cui fa parte, ma NON sono
richieste contestualizzazioni o spiegazioni di storia della letteratura. È richiesta una breve spiegazione della
poesia e dei suoi temi, che può aver anche un carattere riepilogativo (NON ripetitivo!) dell’analisi svolta
finora. Il commento del testo va fatto attentamente, NON bisogna esprimere un parere personale, ma
scrivere sulla base di ciò di cu si sta parlando, tenendo ben presente l’argomento.

RIPORTARE TUTTE E TRE LE PARTI DELL’ANALISI!

NON ESSERE ECCESSIVAMENTE SINTETICI, O ECCESSIVAMENTE PROLISSI!

EVITARE GLI ERRORI DI ORTOGRAFIA (IMPORTANTE “QUAL È”)!

RACCOMANDAZIONI IN RELAZIONE AL COMMENTO: NON AVVENTURARSI IN INTERPRETAZIONI


PARTICOLARI DEL TESTO SE NON LO SI CONOSCE (GIÀ NELLA PARAFRASI – INTERPRETAZIONE: MOMENTO
SUCCESSIVO)!

NON COMMETTERE ERRORI PARTICOLARMENTE GRAVI DI CONTESTUALIZZAZIONE!

ATTENZIONE NELL’USO DEI NUMERI ROMANI!

NON OMETTERE PARTI DI TESTO NELLA PARAFRASI!

NON CONFONDERE I FENOMENI DI ADEGUAMENTO DEL VERSO CON LE FIGURE RETORICHE!

MUNIRSI SEMPRE DI LIBRETTO UNIVERSITARIO ALL’ESAME + CARTA D’IDENTITÀ!

ANALISI METRICA.

Come si riconosce una forma metrica? Bisogna basarsi sul tipo di strofe che ci sono dentro, sulla loro
sequenza/distribuzione, dal tipo di versi e dal tipo di rime. A meno che la forma metrica non sia
immediatamente chiara e riconoscibile, poi si entra nel merito della confusione: bisogna iniziare a fare
l’analisi più interna.

Il tipo di strofa si riconosce dal numero di versi che contiene: distico – 2 versi, terzina – 3 versi, quartina – 4
versi {…}, strofa libera. Anche la sequenza è importante, sulla base di questa si riconosce la forma metrica.
Come riconoscere il tipo di versi? Innanzitutto bisogna tener presente la metrica ACCENTUATIVA italiana: la
distribuzione dei versi, l numero di sillabe che compongono il verso, e la rima. Non è richiesta la descrizione
ritmica e l’accentuazione, soltanto di che tipo di accentuazione si tratta e la rima. Il numero delle sillabe e
del verso è importante, esiste la legge metrica dell’ISOSILLABISMO – la misura del verso e la sua
denominazione sono date dal numero di sillabe che lo costituiscono (a uguale verso uguale numero di
sillabe). A questo va abbinato l’ACCENTO, va individuata la sede sillabica occupata dall’ULTIMO ACCENTO
TONICO del verso. Questo perché vedere dove si trova DETERMINA IL TIPO di verso. Se l’ultimo accento sta
sulla PENULTIMA SILLABA – PIANO, sull’ULTIMA – TRONCO, sulla TERZULTIMA – SDRUCCIOLO. Questo ci
serve perché succede che in questo modo viene meno la legge teorica dell’isosillabismo; l’accento può
influire sul numero delle sillabe, bisogna quindi assicurarsi della FISSITÀ DELLA SEDE dell’ultimo accento,
cosa che ci permette di riconoscere ugualmente il tipo di verso che abbiamo sotto (fenomeni di sinalefe,
dialefe, etc.).

 Esempio: “Il cinque maggio”, A. Manzoni

Oltre alla divisione in sillabe, bisogna anche andare a vedere dove si trova l’ULTIMO ACCENTO TONICO di
ogni verso, così da capire se si tratta di un verso piano, tronco, sdrucciolo. L’accento cambia a seconda della
SEDE in cui si trova, e ciò influisce sul conteggio finale delle sillabe. Per la fissità dell’ultima sede si riconosce
l’entità del verso (es. settenario, senario, etc.).

FENOMENI DI ADEGUAMENTO ALLA MISURA DEL VERSO – PT.1

 SINERESI – considerare due vocali successive come un’unica sillaba;


 DIERESI – considerare due vocali successive come separate;
 AFERESI – caduta della vocale o di un’intera sillana iniziale della parola (segno grafico
dell’apostrofo);
 SINCOPE – caduta di una vocale o di un’intera sillaba all’interno della parola (segno grafico
dell’apostrofo);
 APOLCOPE – caduta della vocale o della sillaba finale della parola (segno grafico dell’apostrofo o
no);
 PROTESI – aggiunta di una vocale o di una sillaba all’inizio di una parola (es. “ignudo” = nudo);
 EPENTESI – aggiunta di una vocale o di una sillaba all’interno della parola;
 EPITESI – aggiunta di una vocale o di una sillaba alla fine della parola;

18/10/2019

ISTITUZIONI DI LETTERATURA ITALIANA

FENOMENI DI ADEGUAMENTO ALLA MISURA DEL VERSO – PT.2

Tra due parole successive:

 ELISIONE – caduta della vocale finale della prima parola (segno grafico dell’apostrofo) e formazione
di un’unica sillaba, es. “debb’io”;
 SINALEFE – fusione in un’unica sillaba della vocale finale della prima parola e della vocale iniziale
della parola successiva, es. “onde aure”;
 DIALEFE o IATO – le due vocali restano divise e formano due sillabe separate;

Gli studiosi hanno individuato i casi dove più si può definire il fenomeno sinalefe o iato; le cose vanno
complicandosi; il riferimento dev’essere la LEGGE DELL’ISOSILLABISMO.

Es.

“Là ove” (prima sillaba accentata)

“O anima” (prima parola monosillabo)

“Io non Ene..a, // io non Paolo sono” (nella parola “Enea” c’è una dieresi, e anche l’incontro di “Enea” con
l’”io” successivo, che vien ea cadere con la cesura <- IATO; la CESURA è la pausa principale che sta
all’interno di un verso, può essere collocata in quinta o settima sede)

Nella stessa parolatra due parole successive e tra due versi successivi:
 ENJAMBEMENT (o INARCATURA, o ACCAVALLAMENTO): la continuazione del senso di una frase da
un verso a quello successivo; ha valore più stilistico (la coincidenza tra sintassi e verso viene
spezzata) e indirettamente metrico (dovuto alla lettura che travalica la compiutezza de verso) – uno
degli elementi principali di cui tenere conto è che in una poesia la sintassi non è regolare, la sintassi
della poesia si avvale di una serie di espedienti retorici, per cui la sintassi può non coincidere con lo
spazio del verso. L’enjambement è una spezzatura particolarmente forte, marcata (molto marcata è
la spezzatura di un sintagma, come ad es. sostantivo-aggettivo);
es. “Segue egli la vittoria, e la trafitta
vergine minacciando incalza e preme {…}”

PARAFRASI.

= trasposizione dall’italiano, che parte con il dare ordine alla lingua (parafrasi molto importante per il
superamento della prova!!). la trasposizione è da un italiano antico (piano diacronico, cronologico, diverso
da quello attuale) e poetico (dimensione del contesto letterario, codice linguistico speciale della letteratura
e della poesia). Non bisogna riproporre un altro testo poetico! Bisogna fare una trasposizione della sintassi
e del lessico in una sintassi regolare e in un lessico più attuale. È importante per il recuperamento della
prova (troppi errori denotano l’incomprensione del testo, quindi il fatto che non si è ancora pronti a
comprendere un testo e a decodificarlo). Si tollerano errori tali da dimostrare che comunque una
comprensione del testo si è fatta. Si richiede una PARAFRASI LETTERALE! Non in terza persona, ma bisogna
entrare direttamente nel testo poetico, NON RIASSUNTIVA (non si può spiegare solo il senso <-
interpretazione). Bisogna distinguere il PIANO LETTERALE e quello INTERPRETATIVO. Non bisogna andare a
intuito!

1. Parte SINATTICA: Ricostruire la costruzione sintattica delle frasi: ricostruirla all’interno di farse
complessa (insieme di frasi messe tutte raggruppate; individuare rapporti di coordinazione – stesso
piano della principale, e di subordinazione – rapporti di subordinazione); ricostruirla all’interno di
ciascuna di queste frasi (recuperare verbo, soggetto, complemento diretto/oggetto e complementi
indiretti);
2. Parte LESSICALE: Sostituire le parole poetiche con quelle più attuali (es. “romito” = solitario);

TRILOGIA DEL SECOLO, THE CENTURY TRILOGY, DI KEN FOLLETT.

PER LA PROVA SCRITTA CI VEDIAMO VENERDÌ 8, CON LA PROF.SSA MELOSI IL 30 (CI POTREBBERO ESSERE
VARIAZIONI). <- ??

SONETTO.

Pagine 25-27 del libro. Sono informazioni per riconoscere la forma metrica, ma utili anche per il commento.
La tesi più diffusa sull’origine del sonetto è quella che si era già elaborata da Bembo nel 500, quella che
ritiene che il sonetto abbia un’origine tutta ITALIANA, contro chi credeva nell’origine OCCITANICA, della
Francia Meridionale. È nato in SICILIA, nella prima metà del XIII secolo, come DISTACCO DI UNA STANZA (=
strofa) DI CANZONE – forma metrica molto più antica e dei livelli più alti della lirica. Padre del sonetto è
GIACOMO DA LENTINI, poeta siciliano più antico che ne abbia fatto uso.

Sono 14 VERSI ENDECASILLABI, suddivisi in 2 QUARTINE – primi otto versi, e 2 TERZINE – successivi 6. C’è
una articolare frequenza di alcuni tipi di rime, le più frequenti PER LE QUARTINE sono la rima ALTERNATA
(ABAB) e INCROCIATA (ABBA), le più frequenti PER LE TERZINE sono la rima REPLICATA (CDE CDE),
ALTERNATA (CDC DCD), INVERTITA (CDE EDC).

Es. componimento “Io voglio del ver la mia donna laudare”, Guido Guinizzelli – pag. 37-38.

ANALISI METRICA.
1. Identificazione tipologia componimento.
2. Divisione in strofe – attenzione alle rime.
3. Individuazione fenomeni: apocopi, elisioni, etc.
4. Conteggio sillabe.

I VERSI VANNO INDICATI CON I NUMERI ARABI!

PARAFRASI.

1. Lettura – utile a riconoscere pause (segni punteggiatura: pause e rapporti sintattici) e stabilire
rapporti sintattici.
2. Cercare di individuare intanto il LIVELLO LETTERALE.

“stella diana” = stella del giorno da inserire nella PARAFRASI.

“Io voglio laudare la mia donna secondo verità

(io voglio) paragonare a lei la rosa e il giglio

Appare e splende (ordine logico delle azioni) più della stella diana

E paragono a lei ciò che è bello (aggettivo -> predicato nominale) lassù.

Paragono (stesso modulo, un verbo che indica il paragone) una verde campagna e l’aria

Tutti i colori dei fiori, il giallo e il vermiglio

oro e azzurro (oro e lapislazzuli = figura retorica -> pietre preziose, passaggio voluto dei cromatismi, dai
clori della natura ai colori delle gemme <- preziosità natura), ricchi gioielli da offrire (in dono):

Amore stesso diventa migliore/migliora per lei/per mezzo di lei/grazie a lei.

(Lei) passa per strada ornata e così (anticipa la consecutiva introdotta dal che) gentile

Che abbassa l’orgoglio a (colui al quale) dona salute (-> SALVEZZA)

E lo rende della nostra fede/religione (anche) se non è credente;

E una persona che non ne sia degna non le si (riflessivo) può avvicinare (a lei);

Alcuni elementi si possono precisare meglio nel corso dell’analisi.

08/11/2019

ISTITUZIONI DI LETTERATURA ITALIANA – PROVA SCRITTA

ANALISI METRICA – FENOMENI.

Si tratta di un sonetto (spesso inganno grafico, a volte non c’è la divisione tra strofe e bisogna contare i
versi), e per la misura del verso avevamo ricapitolato i fenomeni di adeguamento della scrittura. Ci sono
fenomeni già utilizzati dal poeta, alcuni che vanno considerati (es. sinalefe e sineresi). Importante
individuare le apocopi (es. ‘ver’), etc. Bisogna anche individuare il numero di versi e la loro tipologia
(endecasillabi, a volte anche dodecasillabo).
 Monosillabo alla francese -> v.1 “vogli” (per evitare il dodecasillabo)
 Apocopi -> v.1 “ver”; v.6 “color’, fior’”; v.8 “Amor”; v.11 “fé”; v.12 “om”; v.13 “ancor, maggior”;
v.14 “om, mal, pensar”
 Elisioni -> v.4 “ch’è”; v.5 “river’, l’are”; v.10 “ch’abassa”; v.13 “c’ha”; v.14 “null’om”
 Aferesi -> v.11 “’l”
 Dieresi -> v.3 “diana”
 Sincope -> v.8 “medesmo”
 Sinalefi -> v.2 “rosa e”; v.3 “splende e”; v.4 “bello a”; v.5 “rasembro e”; v.6 “giano e”; v.7 “oro ed,
azzurro e”; v.8 “medesmo Amor”; v.9 “via adorna, adorna e”
 Sineresi -> v.7 “gioi”

ANALISI LINGUISTICA – FENOMENI.

 L’assenza della vocale finale in “vogli” (v.1) e “gioi” (v.7) -> caratteristica linguistica di tipo
settentrionale
 Gli scempiamenti -> v.2 “asembrarli”; v.5 “rasembro”; v.8 “rafina”; v.10 “abassa”; v.12 “appresare”
 Raddoppiamento fonosintattico (assimilazione fonetica nell’incontro di due parole) -> v.12 “no.elle”
(< “non le”)
 Gallicismi -> v.5 “river’” (“rivera”); v.6 “giano”
 Francesismo -> v.14 “null’om”

 L’influenza della pronuncia bolognese dell’autore -> toscano “-iglio” > bolognese “-eglio” ->
regolarità della rima “giglio:somiglio:vermiglio:meglio” (vv.2,4,6,8)
 Notazioni lessicali:
 Uso di verbi indicanti comparazione e confronto: “asembrare” (v.2), “somigliare” (v.4),
“rasembrare” (v.5)
 Uso di aggettivi e sostantivi di tipo cromatico: v.2 “la rosa, lo giglio”; v.5 “verde”; vv.6-7 “tutti color’
di fior’ (multicromatismo), giano, vermiglio, oro, azzurro”
 Notazioni semantiche
 Polisemia di “salute” (v.10)

ANALISI RETORICA – FENOMENI.

 v.3 “splende e pare” -> endiadi (“appare luminosa”)


 v.7 “azzurro” -> metonimia (“lapislazzulo”)
 v.8 “Amor” -> personificazione (il dio Amore)
 v.1 “voglio laudare” -> iperbato
 v.1 “la mia donna laudare” -> anastrofe
 v.7 “oro ed azzurro e ricchi gioi” -> polisindeto
 Iterazione della congiunzione “e” dovuta agli accoppiamenti di parole:
vv.1-2 “laudare ed asembrarli, la rosa e lo giglio”
v.3 “splende e pare”
v.5 “rivera e l’are”
v.6 “giano e vermiglio”
v.9 “adorna e sì gentile”

Si tratta di cose che possono essere scritte nell’analisi linguistica, ma già individuabili nella parafrasi.

COMMENTO.
Temi per un commento:

 Chi era Guido Guinizzelli, quando e dove è vissuto, qual è stato il suo stile poetico
(CONTESTUALIZZAZIONE STORICA)
 La lode della donna
 Le lodi della donna rispecchiano la verità e non sono, quindi, esagerazioni
 Le lodi della donna sono costruite attraverso il paragone con gli elementi della natura e del creato
(la lode sviluppata attraverso analogie secondo il modello del “Cantico dei cantici”)
 “la rosa e il giglio”: due fiori che evocano due colori (rosa-rosso e bianco), i quali a loro volta
rappresentano la bellezza della donna
 “diana”: aggettivo che deriva da dì = mattutino -> nome della stella che appare la mattina in oriente
prima del sorgere del Sole, cioè Venere (chiamata anche, nelle sue apparizioni mattutine, Lucifero)
 La donna è paragonabile alle bellezze del cielo, il che evoca il cielo divino, l’eternità celeste
 Ulteriori cromatismi del paragone tra donna ed elementi naturali: il verde della campagna, il
multicromatismo dei fiori, il giallo, il rosso vivo (o purpureo), l’oro e l’azzurro delle pietre preziose

DANTE ALIGHIERI – “A ciascun’alma presa e gentil core”, pag. 39.

ABBA

ABBA

<- rima INCROCIATA

CDC

CDC

<- rima INCATENATA

PARAFRASI.

“In nome del loro signore, cioè Amore, rivolgo il mio saluto a ciascun’anima catturata (dall’amore) e a
ciascun cuore gentile, al cospetto dei quali (oppure: davanti ai quali) giunge questa poesia, affinché mi
risponda scrivendo secondo il suo parere.

{…}

15/11/2019

ISTITUZIONI DI LETTERATURA ITALIANA – PROVA SCRITTA

 Genere letterario – LA CANZONE

Una delle strutture metriche maggiori della lirica italiana, tra le più versatili insieme al sonetto, codificata
già da Dante nel “De vulgari eloquentia”. Dal nome ‘canzone’ e dalla tradizione dei trovatori provenzali e
francesi si rivela il legame anticamente esistente con il canto: i poeti francesi componevano sia le parole sia
la musica, ma questo legame andò perduto fin dalle origini della poesia italiana, cioè dai poeti della scuola
siciliana. Restano tre varianti di questa forma metrica: 1. Canzone antica o classica o petrarchesca; 2.
Canzone pindarica; 3. Canzone libera.

Struttura:
La canzone è costituita da un numero variabile di stanze (ricorda: stanza = strofa). Le stanze sono tra loro
uguali per numero, disposizione e qualità di versi e per lo schema di rime (il che però non significa che le
rime di una stanza si ripetano uguali nella stanza successiva). I versi sono in genere o tutti endecasillabi o
endecasillabi alternati a settenari (possono esserci anche forme più variabili).

La stanza è divisa in due parti:

la fronte -> formata sempre da due piedi (raramente da tre)


la sirma -> formata da una o due volte

Attenzione! -> la sirma nella canzone classica-petrarchesca può anche esser indivisa (quindi senza divisione
in volte).

Tra fronte e sirma può esserci un verso chiamato diesi, che rima con l’ultimo della fronte.

Alla fine della sirma può esserci un distico a rima baciata.

Al termine della serie di stanze, quindi a chiusura dell’intera canzone, c’è generalmente un congedo o
commiato che può essere metricamente uguale a un’intera stanza, oppure alla sirma, oppure all’ultima
parte della sirma.

“CHIARE, FRESCE ET DOLCI ACQUE”, F. PETRARCA (pagg.92-93)

I STNZA, 13 vv.

Sillabe:

Settenario

Settenario

Endecasillabo

Settenario

Settenario

Endecasillabo

Settenario

Settenario

Settenario

Settenario

Endecasillabo

Settenario

Endecasillabo

Rime:

a – 1° piede della fronte

b
C

a – 2° piede della fronte

c - diesi

d – sirma

f – distico a rima baciata

Divisione poesia:

I stanza -> abC abC c deeD fF

II stanza -> abc abC c deeD fF

III stanza -> abc abC e deeD fF

IV stanza -> abc abC e deeD fF

V stanza -> abc abC e deeD fF

Congedo -> AbB

NB: Tra le varie stanze c’è corrispondenza nel tipo e nella disposizione dei versi, nel tipo e nella disposizione
di rima, nella struttura interna alla stanza, ma le rime non si ripetono uguali di stanza in stanza.

Le rime sono, però, indicate ripetendo le stesse lettere, differenziate per numero di stanza, per sopperire
all’insufficienza della sequenza alfabetica -> quindi, indicare ad esempio I stanza, rima a e IV stanza, rima a
significa riferirsi a due rime diverse.

Gioco di rispondenze:

I st.

 Inversione di vocali a/b


 Assonanza d/f
 Rima ricca: vv. 2/5
 Rima paronomastica: vv. 9/10

II st.

 Consonanza + inversione di vocali: e/f


 Assonanza: b/f
 Rima equivoca: vv. 21/24
 Allitterazione p-o-r: tutto il v. 24

Allitterazione: ripetizione di vocali, consonanti o sillabe omofone.


Assonanza: ripetizione di sillabe omofone o in clausola al verso (tanto da poter esser considerata una rima
imperfetta, perché coincide solo in parte e non totalmente). A volte si può anche intendere uguaglianza
delle sole vocali, diversamente dalla consonanza che significa uguaglianza tra le sole consonanti.

Paronomasia: accostamento di parole che hanno suono simile, ma significato diverso.

Rima ricca: quando l’identità fonica si estende a ritroso prima della sillaba tonica, di uno o più suoni (per es.
stagione : cagione, in Inf. I, 41, 43 sentero : altero, in Canz. XIII, 13, 14).

Rima equivoca: quando rimano tar loro due o più parole foneticamente identiche (omofone), ma diverse
per significato e per appartenenza grammaticale.

Rime etimologiche: o rime derivative, tra rimanti collegati da un rapporto, reale o anche apparente, di
derivazione.

III st.

 Parziale consonanza: a/b, C7d


 Condivisione della tonica: a/b, C/d, C/d/f
 Rime etimologiche: vv. 28/31, 35/36
 Tendenza alla rima ricca: vv. 34/37
 Allitterazione: vv. 33/34

IV st.

 Inversione delle vocali: C/d


 Assonanza: d/f
 Rima ricca e paronomastica: vv. 40/43

Genere letterario – IL MADRIGALE

È componimento aulico di argomento amoroso, legato alla musica polifonica.

Struttura:

Due o tre strofe di tre endecasillabi ciascuna, con varie rime. Una coppia di endecasillabi a rima baciata
(questa coppia di versi può presentarsi talora raddoppiata, con rima alterna, o essere sostituita da un solo
oppure può talora essere assente).

Diffusione:

Consacrato da Petrarca, è stato molto utilizzato nel Cinquecento (Torquato Tasso) e nel Seicento (il
madrigale barocco, anche di argomento religioso e filosofico): agli endecasillabi possono alternarsi i
settenari e le rime possono essere meno variabili. Cadde in disuso dal Settecento in poi, riducendosi a
componimento galante e brevissimo. Torna utile alle soglie del Novecento con Carducci e d’Annunzio.

“NOVA ANGELETTA SOVRA L’ARE ACCORTA”, F. PETRARCA (pag. 115)

Sillabe:

Endecasillabi mescolati a settenari.

Rime:
ABC

ABC

= Replicata

DD = distico a rima baciata

Rispondenze interne:

Le rime B e C sono accomunate dalla stessa vocale tonica -i-. Le rime A e D sono accumunate dalla stessa
vocale tonica -o-. Al vv. 1 e 4 (accorta : scorta) -> si tratta di una rima ricca = quando l’identità fonica si
estende a ritroso prima della tonica, di uno o due suoni (in questo caso di uno: -c- prima di -ò-).

Parafrasi:

I–

“Un’angioletta mai vista prima, abile al volo,

scese dal cielo sulla fresca riva,

dove io passavo solo, per caso”

“angeletta” = diminutivo di angela (equivalente a angela > angioletta) = piccola figura angelica;

“accorta sovra l’ale” = abile al volo (quindi abile a catturare e a non lasciarsi catturare);

II –

Poiché mi vide senza compagnia e senza scorta armata,

tese tra l’erba di cui è verde il terreno

un laccio che ordiva con la seta.

Allora fui catturato e non fu per me un dispiacere,

tanto dolce era la luce che usciva dai suoi occhi.

Ambientazione naturale idillico-campestre: la fresca riva di un fiume, il terreno erboso -> tipica figura
femminile: la pastorella o l’angioletta -> rovesciamento con effetto parodico dei canoni del genere
‘pastorella’: la figura femminile, generalmente preda dell’agguato amoroso, è sostituita dalla figura
dell’uomo solo e indifeso, catturato dalla donna -> cfr. Amore e la metafora della caccia.

22/11/2019

ISTITUZIONI DI LETTERATURA ITALIANA – PROVA SCRITTA

6/11 - il giorno dell’ultima lezione ci sarà una prova di analisi, portare il dizionario.

Genere letterario – LA BALLATA

Forma metrica che deve la sua struttura all’antico legame con il canto e la danza: il ritornello o ripresa era
cantato dal coro che danzava, mentre le singole stanze erano cantate dal solista. Può essere costituita da
versi settenari, ottonari, novenari, endecasillabi, dove la codificazione è definita si trovano endecasillabi e
settenari.
Struttura: all’inizio c’è la ripresa, costituita da un numero variabile di versi. Segue la stanza, suddivisa in:
due mutazioni, una volta, e nella volta ci sono delle corrispondenze di rima: il primo verso rima con l’ultimo
verso delle mutazioni, l’ultimo verso rima con l’ultimo verso della ripresa.

“ECCO SPARIR LE STELLE E SPIRAR L’AURA”, T. TASSO (pag. 68 – privo di commento)

È un componimento noto di Torquato Tasso, uno dei maggiori lirici del 500. Affrontò tanti generi letterari e
una valanga di rime, di stampo petrarchistico. È un modulo frequente in Tasso, dove lui più volte si mette
alla prova.

Versi: endecasillabi e settenari (vv. 2-12).

Rime:

X – ballata grande

y (ripresa di quattro versi)

<- primi quattro versi: ripresa;

A – nel v.5 la rima è ripresa al v.9 e al v.14

Le mutazioni vanno dal verso 5 al verso 10, poi abbiamo la ripresa al verso 11, due rime in mezzo e “Laura”
che riprende “restaura”.

Parafrasi:

vv. 1-6 - “Ecco sparire le stelle e soffiare il vento, e oscillare le fronde dei piccoli alberi al mormorio delle
onde che il suo soffio dolcissimo rinvigorisce; e [ecco] cantare dolcemente i graziosi uccelli tra i rami
frondosi; {…}”

Sparir/spirar = anagramma (stesse consonanti, stesse vocali invertite, stessa forma verbale con …)

Tremolare = movimento oscillatorio provocato dal vento, ma dal quale si produce anche il suono (fruscio
delle foglie)

Spirto = … (…), forma sincopata di “spirito”, c’è una sincope; forma antica e letteraria che significa soffio,
alito, respiro: in questo contesto di chi? C’è un significato riferito a chiunque, può esser un respiro umano o
un alito di vento (si sta descrivendo uno scenario naturale in un momento cronologico circoscritto); allora lo
“spirto” si ripropone sottoforma di sostantivo, è lo spirito/alito da ricondurre al vento

Spirar/tremolar/mormorio/cantar = elementi uditivi, che accompagnano quelli visivi; è un PASSAGGIO


SONORO, che si sente, il vento crea un fruscio delle foglie, che è il significato proprio del verbo “tremolare”,
anche le onde producono un suono che è un mormorio, il vento attraversa tutti gli elementi paesaggistici

Dolcissimo/soavemente = la dolcezza

Lo “sparire” delle stelle e lo “spirare” del vento sono due movimenti che avvengono in contemporanea, c’è
una corrispondenza di verbi. Ci sono le stesse vocali e quasi le stesse consonanti che occupano diverse sedi,
e la stessa forma verbale, entrambi sono infinti. La scena è nella leggiadria, c’è il suono soave degli uccelli; il
“vago”, con significato di “vagante”, potrebbe anche dare un’ulteriore notazione di movimento.

NB: “Ecco mormorar l’onde”, madrigale di T. Tasso – ritorno di tutti gli elementi e il riferimento alla donna;

Vv. 6-10 - “{…} e già l’aurora appare ad oriente e orna le campagne delle sue perle e rende i monti dorati, e
dispiegando i bei capelli al vento si fa specchio luminoso del vasto mare. {…}”

Rugiadosa…imperla = che cosparge di rugiada…la rugiada si diffonde in tante piccole gocce che sono come
perle

v. 9 = l’aurora assume già un carattere antropomorfico, comincia l’identificazione con la figura femminile

specchio…ampio = l’aurora è lo specchio sul quale il mare si riflette, dalla luce all’aurora il mare trae la
fisionomia della propria immagine; lo specchio amplifica la vastità della luce e la vastità spaziale (il mare)

Vv. 11-14 - “{…} O bell’Aurora, al cui arrivo tutte le cose sono più care (gradevoli, amabili -> quadro
positivo), più liete, più ridenti (dotate di una grazia e di una vivacità che suscitano piacere e serenità) e più
gioiose, il cento è il tuo Messaggero, e tu [sei Messaggera] di Laura.”

Aurora = la maiuscola indica la completa personificazione, analogamente alla dea del mito

Care…liete…ridenti…gioiose = ben quattro aggettivi per indicare l’amabilità, la piacevolezza, la gioia,


intensificati dalle quattro iterazioni si più

Messaggiera = ad annunciare l’aurora e a fare da suo intermediario è il vento, sempre presente nei versi
precedenti; l’Aurora è a sua volta messaggera della donna amata (corrispondenza nel senhal “Laura/l’aura”)

Genere letterario – LA TERZA RIMA

Metro nuovo nella lirica italiana, presente per la prima volta nella “Divina Commedia” di Dante -> poema in
terzine dantesche: successione di terzine di endecasillabi. Si ritiene che abbia avuto origine dal sirventese
della poesia provenzale: servent = componimento creato da un poeta al servizio di un signore. L’argomento
è la celebrazione delle imprese del signore, il racconto di episodi della sa vita, l’invettiva contro i suoi
avversari (argomenti di attualità).

Dal sirventese provenzale deriva il sirventese italiano, usato per il racconto di fatti dell’attualità e per
l’invettiva, con un linguaggio più umile di quello della lirica elevata e uno stile più narrativo: metro = tre
endecasillabi monorimi + un quinario che contiene la rima della strofa successiva -> AAAb BBBc CCCd.

(Manca una slide)

La caratteristica principale della terzina è costituita quindi proprio dal collegamento tra le strofe ottenuto
tramite la rima all’interno della costruzione ad incastro -> rima incatenata (il secondo verso della terzina
anticipa la rima della terzina successiva: ritmo dinamico rispetto al sirventese monotono).
“TRIUMPHUS CUPIDINIS, I, IV, vv. 1-42”, F. PERARCA (pagg. 109-111)

Versi:

Tutti endecasillabi, rima incatenata che porta alla suddivisione in terzine.

Rime:

Petrarca descrive le visioni dei “Trionfi”.

Parafrasi:

Slide

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29/11/2019

ISTITUZIONI DI LETTERATURA ITALIANA – PROVA SCRITTA

Venerdì 6 dicembre – lezione di tre ore (13-16). Sono stati caricati i powerpoint.

Genere letterario – L’OTTAVA

È una strofa di otto versi endecasillabi: i primi sei legati da rima alternata (ABABAB) e gli ultimi due legati da
rima baciata (CC). Le ottave in successione costituiscono la sequenza metrica della poesia narrativa e in
particolare del genere epico-cavalleresco ed eroico tra Quattrocento (“Morgante” di Luigi Pulci, “Orlando
innamorato” di Matteo Maria Boiardo) e Cinquecento (“Orlando furioso” di Ludovico Ariosto e
“Gerusalemme liberata” di Torquato Tasso). Il primo autore nel quale sia attestato l’uso letterario
dell’ottava è Boccaccio, nei suoi poemetti romanzeschi (“Filostrato”), epici (“Teseida”), eziologici (“Ninfale
fiesolano”).

Testo: “Gerusalemme liberata, VI, 79-105”, Torquato Tasso (pagg.137-142).

Parafrasi:

“Spesso Erminia era solita trattenersi a lungo in compagnia della guerriera (Clorinda). Con lei la vide il sole
al tramonto, con lei la vide (“seco” – unione preposizione e pronome personale, è un “se” di terza persona,
va riferito a Clorinda + ripetitività, frase iterata, c’è una forte anafora che interessa tutta la proposizione,
manca solo l’indicazione temporale -> assiduità compagnia delle due amiche) la nuova aurora: e quando le
luci del giorno sono spente, talora un unico letto le accolse entrambe: e l’una fanciulla/vergine non avrebbe
nascosto all’altra nessun altro pensiero all’infuori di quello amoroso. {…}”

C’è molto pathos, le figure rimandano al mondo cavalleresco; è uno stile spezzato, lo stile proprio di Tasso.
C’è una ricchezza di corrispondenza interne, mai casuali.

“{…} Erminia le tiene segreto solamente questo e se talora si lamenta, udita da lei (da Clorinda), attribuisce i
sentimenti del cuore infelice ad un’altra causa e fa intendere (“dare a veder che” – precisione richiesta da
parafrasi, lei lascia intendere di attribuire al pianto altri motivi) di piangere a causa della sua sorte. Ora in
una tanto profonda amicizia (amicizia di grande confidenza) Erminia può recarsi sempre alla compagna
senza alcun divieto (permessa la libera frequentazione), né mai stanza si chiude al suo giungere (quando lei,
Erminia, giunge), che ci sia Clorinda (dentro, nella stanza), oppure che sia in consiglio o in guerra. {…}”
Si racconta tutta la storia, tutte le fasi della vicenda. C’è tutta una giustificazione perché ciò che dice Erminia
accada.

“{…} Vi entrò un giorno che lei (Clorinda) si trovava altrove e si fermò pensosa, meditando continuamente
dentro di sé i modi e gli artifici (i sotterfugi) della sua desiderata e nascosta partenza. Mentre divide e
separa nei vari pensieri il suo incerto animo che non ha pace, vede le armi e le armature di Clorinda sospese
in alto: allora sospira. {…}”

“{…} E dice sospirando tra sé: O quanto è beata la fortissima fanciulla! (spezzatura forte, pathos nel
soliloquio) Quanto io la invidio! E non le invidio la fama guerriera o l’onore femminile della bellezza. A lei il
lungo mantello non rallenta i passi (lunghi abiti che determinano il suo status -> ciò che Erminia invidia a
Clorinda è la differenza di posizione sociale), né invidiosa stanza rinchiude il suo valore (convenzione sociale
del tempo, Clorinda non vive chiusa in casa, non vede rinchiuso il valore della sua persona), ma indossa le
armi e se desidera uscire da qui (dalla cella), se ne va e non la trattiene paura o vergogna (di assumere un
comportamento che non è consentito o consueto per una donna). {…}”

C’è un soliloquio di Erminia, che nella sua stanza parla e guarda le armi di Clorinda.

“{…} Ah perché a me la natura e il cielo non fecero altrettanto forti il corpo e l’animo (sede dei sentimenti –
“petto” è figura retorica), affinché (in questo caso finale, a volte “onde” è reso anche come relativa) potessi
anch’io mutare la gonna e il velo (due simboli della donna) nella corazza e nell’elmetto (due simboli della
guerriera)? (Lei si vede nella sua fantasia) Poiché non l’arsura o il gelo, non la tempesta o la pioggia
frenerebbero la mia passione ardente (passione amorosa + impeto della sua personalità) al punto da
(consecutiva, che ha nel “sì” l’anticipo nella frase reggente) non essere armata in campo sotto al sole o alla
luce notturna (della luna e degli astri), in compagnia o sola. {…}”

In qualunque condizione, se Erminia potesse cambiare le sue vesti, nulla la tratterrebbe dall’uscire armata.

Genere letterario – L’ENDECASILLABO SCIOLTO

Si tratta di versi sciolti (o versi liberi), cioè ersi che non sono legati tra di loro da alcuna rima. L’assenza di un
preciso schema di rime non esclude l’uso di rime a distanza o comunque poste in una qualche forma di
corrispondenza. L’endecasillabo è il verso sciolto più utilizzato, perché permette maggiore varietà ritmica
ed evita la monotonia. L’uso dei versi sciolti si afferma in particolare nel Settecento e nell’Ottocento, in
autori come Parini, Leopardi, Foscolo, Manzoni e per generi letterari tipici dell’Ottocento come la novella
sentimentale e la poesia satirica. Nel Novecento il verso libero sta alla base di tutta la poesia.

L’uso del verso libero nei secoli precedenti è presente: in alcuni poemi didascalici medievali; nel
Cinquecento in componimenti scritti ad imitazione dei classici (presso i quali non c’era la rima) e nei
volgarizzamenti di poemi epici antichi. Nel Seicento nella poesia a carattere epico-lirico (accoppiamento di
endecasillabi sciolti e settenari sciolti).

Endecasillabi sciolti in successione costituiscono la sequenza metrica del poema, del poemetto (cfr. i testi di
Parini, tratti da “Il Mattino” e “Il Mezzogiorno”), del carme (cfr. il testo di Foscolo, tratto da “Dei Sepolcri”).

 Lettura e analisi di Giuseppe Parini, “Il Mezzogiorno, vv. 772-807”, pagg. 155-156.

Analisi metrica: “È un testo in endecasillabi sciolti – non c’è il vincolo della rima - tratto da un pometto di
Parini.”. Si passa poi all’analisi retorica.

Non è di facile parafrasi. C’è una cristica satirica feroce, da cui emerge anche dell’ironia. Parini costruisce un
contrasto, adotta uno stile eroico, molto pomposo e difficile, tutto l’eroismo si usa per parlare invece di uno
stile di vita, quello del giovin signore (rappresenta il ceto nobile, l’aristocrazia parassitaria della Rivoluzione
Francese), che è in realtà vacua. Per farla passare come importante deve usare uno stile elevatissimo, e il
contrasto genera l’ironia. C’erano i cicisbei, che avevano intrighi amorosi con donne sposate, e tutta la
corte sapeva. Le occupazioni del giovane nobile sono descritte con minuzia, come se si trattasse di impegni
che richiedono una fatica enorme. Non si tratta di un amore vero, ma di un sollazzo, declama un gioco
segreto. La donna è definita nel suo ruolo, come sposata e impegnata. Ma in realtà la fedeltà è solo
apparente, la società ha sviluppato nei suoi contrasti tutta la sua sostanza, che in realtà non c’è. La Fama
sparge ai quattro venti, rivela completamente il grande amore. L’elevata costruzione stilistica viene
abbassata dalla realtà descritta.

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