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LETTERATURA ITALIANA – LUCA F.

PRIMA LEZIONE - 1/10/2019 [Il proff presenta il corso, poi: ]

Foscolo , soprattutto quello maturo, dal 1803 al 1807, propone una modalità di rapporto col classico in cui il letterato moderno cerca
di diventare antico. Questa è la prima differenza sostanziale, quella del classico che viene verso il moderno( neoclassicismo) e del
moderno verso il classico ( rinascimento)+ cesura storica del 600 ( Barocco). Il 700 si legge come antitesi al Barocco sul piano della
poesia, letteratura MA non della forma mentis, del resto pensiamo a ciò che succede dalla fine del 400 e 500 dal punto di vista
epistemologico( cioè la visione del mondo): 1) la scoperta che la terra non è piatta ma rotonda 2) 1492 scoperta dell'America
3)scoperte di Copernico e Galileo: la terra non è al centro dell'universo. Sole è al centro.

SECONDA LEZIONE - 3 OTTOBRE

Il meccanismo che si definirà (SCIOLTO o LIBERO), verrà “introdotto” da Giacomo Leopardi ( prima di arrivare alla poesia ermetica,
o comunque della poesia del Decadentismo,tra la fine dell’800 e i primi del 900 ). Le costanti della METRICA VOLGARE da Dante
fino al testo che abbiamo davanti ( IL DONO, ode di Parini(1729-1799) ), è costituito dal principio secondo il quale la metrica volgare
si basa su una combinazione sistemica di elementi legati al RITMO ( quindi alla ACCENTUAZIONE) ( il ritmo nella metrica volgare è
più importante della sillabazione) e elementi legati a processi legati di SILLABAZIONE. ( ritmo e sillabazione -> i 2 parametri) 1)Per
quanto riguarda la sillabazione → c’è da ricordare la sillabazione A-MAGGIORE è determinato dall’ “ ISOCROMISMO SILLABICO”
-> cioè a prescindere dal fatto che una sillaba sia costituita da 1 vocale o 3 , 4 fonemi ( esempio: “Nel mezzo del cammin di nostra
vita” -> “Nel”: ha tre fonemi ; “mez” ne ha tre, “zo” 2, del ne ha 3, ecc.) queste sillabe hanno la stessa durata → ISO : stessa -
CROMISMO:durata. 2)Per quanto riguarda il ritmo e accenti, il discorso della metrica italiana si connette al concetto e distinzione tra
SILLABA TONICA ( portatrice di accento) e SILLABA ATONA. A livello del sistema versale in quanto tale, quello volgare delle origini
(200-300 - 400 e parte del 500) concepisce un modello versale che NON può prescindere dalla presenza della RIMA.

Cos’è la Rima? RIMA→ è l’identità di suono tra 2 parole poste alla fine del verso ; è un meccanismo poetico, dal momento che
stabilisce rapporti di complicità tra parole, sulla base di un principio armonico ( e non principio logico.) Le parole funzionano come
cose → è il gioco del Lego →la poesia è questo: è il combinare elementi, che vengono associati attraverso un meccanismo che i
bambini,pazzi e i poeti ( come spiega Freud ) solo loro sanno fare → creando associazioni semantiche, sulla base di elementi NON
logici, ma dettati da meccanismi tipicamente poetici. → E’ il principio ritmico associativo, costruito su un principio paradigmatico.
Quindi: elementi comuni a due parole, poste alla fine del verso . PIU’ PRECISAMENTE -> Si definisce RIMA PERFETTA →quella
che considera queste parti terminali, a partire dall’ultima vocale tonica del verso. (Esempio: “ Nel mezzo del cammin di nostra vita” ,
che rima al terzo verso con “SMARRITA” → VITA e SMARRITA → 1° e 3° verso del primo canto dell’Inferno → la rima è –ITA →
l’ultima vocale tonica è I → Da lì in avanti quella è la rima.) E si definisce PERFETTA, anche quella rima che tiene insieme tra loro
vocali che nel timbro nostro in sede tonica non sono più 5 ma 7. ( Esempio: Pèsca-Pésca / Bòtte – Botte). [RIMA SICILIANA ].

FUNZIONI DELLA RIMA: - Poetica (per eccellenza) - Segnaletico -> la rima si trova alla fine del verso - Strofica : ci danno il modo
con cui i singoli versi si accorpano tra loro. Dante ci direbbe → danno la melodia delle singole parti della strofa → motivo di piacere
è il principio della ripetizione → cit. FREUD Ricordiamo che il concetto di Rima → nel senso “tutto il verso” -> ( Petrarca,
Tasso,Dante)-> Ciò vale fino alla prima metà del 500. POI dalla seconda metà del 500( periodo in cui si ha la ricezione della Poetica
di Aristotele, dal pdv dall’assorbimento del peso dei classici,della costruzione del genere ) si ha il verso sciolto (sciolto dal legame,
dal vincolo della rima) . → La modalità NON rimata è tipica CLASSICA. Nel 500 → idea di concepire i versi sciolti da rime, in
particolare gli ENDECASILLABI → quel verso italiano, è visto più apparentabile all’esametro greco- latino. [ “ Gli strumenti della
poesia” , P. Beltran].

Cos’è l’ ENDECASILLABO? Non dire che “è un verso di 11 sillabe”, MA -> È quel verso che sulla base ritmica, ha SEMPRE l’ultima
vocale tonica sulla 10° sillaba (o sede), in chiave isosillabica. (detto in altro modo : l’ Endecasillabo ha l’accento obbligatorio ->
ultimo accento tonico sulla 10° sillaba .)

[ANISOSILLABISMO → NON identità sintattica (letteratura del 200) VS ISOSILLABISMO → la nostra situazione -> cioè identità
sillabica, e cioè : se hanno l’ultimo accento tonico nella stessa sillaba.]

Il verso può avere uscite diverse → può succedere che dopo la 10° sede / sillaba ci siano 0 sillabe, o 1 o 2.

- 10-0 ENDECASILLABO TRONCO; 10 -1 PIANO; 10 -2 SDRUCCIOLO - ENDECASILLABO PIANO → forma standard ;( il proff lo
chiama GRADO ZERO); molto usuale nelle parole italiane. Penultima sillaba tonica e ultima atona. ( vita-smarrita del 1 verso
dell’inferno). Perché allora “ENDECASILLABO”, che in greco significa 11 ? Perché la maggior parte dei versi e quindi endecasillabi,
sono parole piane.
[ OSSITONO (parole accentate sull’ultima sillaba.)– PAROSSITONO(parola accentata sulla penultima sillaba) –
PROPAROSSITONO (parola che ha l’accento tonico sulla terzultima sillaba, cioè sdrucciola (per es., anima).)]

L’idea di avere tronchi e sdruccioli è una idea marcata → il poeta lo sa! Ciò vale per Dante e NON per PARINI. Parini infatti, vuole
mescolare versi tronchi, piani e sdruccioli. Perché ? Ricordiamo che i testi che leggiamo appartengono al periodo dell’Arcadia
( fenomeno letterario), dell’Illuminismo ( fenomeno epistemologico e filosofico), che si sviluppano in contrasto al Barocco (e i suoi
eccessi retorici)→ voglio una idea di versificazione che guarda al concetto di armonia come elemento fondamentale e perciò ->
alternanza di troncamenti, e situazioni standard, produce un moto che è cantabile, armonico, veicola una argomentazione che tende
a presentarsi come maggiormente perspicua, rispetto alle astruserie dei poeti barocchi.

Accento obbligatorio dell’endecasillabo MA Altri accenti necessari per identificarlo. Nella sua costruzione canonica,l’endecasillabo
prevede due/3 schemi: - SCHEMA 1) Accenti su 4,7 o 8ava e 10ima → accento che si definisce A-MINORE - SCHEMA 2) Accenti di
6° e 10ima → definito A-MAIORE - POI →SCHEMA DI : 4° , 6° e 10 ima → definito INDIFFERENZIATO ( perché ha gli accenti su
entrambe sedi forti ( 4 a e sesta).ENDECASILLABO CANONICO QUINDI ha la 10ima sillaba accentata + almeno o 4° o 6°.

DANTE → l’endecasillabo si definisce come VERSO IMPARISILLABO → la terminologia è forviante perché VORREBBE dire i
verbi imparisillabi sono quelli che hanno un numero dispari di sillabe e INVECE no!dobbiamo definire i versi sulla base del ritmo
quindi -> l’endecasillabo come tutti i versi imparisillabi appartiene a una categoria che presenta ritmizzazione variabile ( come
abbiamo dimostrato con gli schemi teorici -> 4,7 , 10 è diverso da 6,10 ) QUINDI -> i versi imparisillabi hanno la ritmizzazione
variabile -> e nella nostra tradizione lirica, questi versi sono: l’endecasillabo, il settenario e il quinario. Settenario → ha l’accento
obbligatorio sulla 6° sillaba e può avere accenti variabili o sulla 1° o 2° o 3° o 4°. Quinario → ha l’accento obbligatoriamente sulla
quarta sillaba e accenti alternativi su prima o seconda.

Parliamo di SILLABAZIONE → il verso è una catena fono sintattica NON disgiunta ma unica, unita. La catena ha scansione interna:
Se vediamo

Le consonanti: - Quando due consonanti vicine, se sono uguali, si dividono - CQ, CC, QQ -> si considerano doppi - H è muta, è
come se non ci fosse - S impura ( S + consonante) si attacca alla sillaba che segue ( NOSTRA -> NO-STRA) - L, M, N, R seguite da
consonante, prevedono la distinzione per cui L,M,R,N appartengono alla 1° sillaba (ALBERO, ANTICO, ARTICO,AMPIO)

Le vocali :

 SINERESI fenomeno opposto alla dieresi, è un artificio della lingua poetica che consiste nella contrazione di due sillabe in
una all'interno di una parola. [ tua, mio , parea]
 SINALEFE consiste nella fusione di due vocali contigue, appartenenti a parole diverse che vanno a formare un’unica
sillaba metrica. [ "Solo e pensoso i più…"]
 DIERESI è un artificio della lingua poetica che consente di dividere in due sillabe un nesso vocalico che normalmente ne
costituisce una sola, cioè due vocali che normalmente costituiscono dittongo formano invece uno iato. La dieresi si indica
graficamente ponendo il segno diacritico. [vï/ag/gio]
 DIALEFE è una figura metrica che consiste nel tenere distinte, nel computo delle sillabe, due vocali, di cui una alla fine di
una parola e una all’inizio della successiva (la dialefe è dunque il contrario della sinalefe). Si applica spesso in presenza di
monosillabi o di sillabe fortemente accentate. [ co/là/ un/an/gel]

PARINI ( 1729 – 1799)

IL DONO → ode che risente della temperie dell’Arcadia per la ricerca musicale e cantabile rispetto alla scelta,per
esempio ,dell’uscita del verso. Quali sono i versi che ci appaiono dinanzi? Come essi si vanno a strutturare tra loro?Se
vediamo il primo verso, → ALLòBROGO → la potenziale rima dovrebbe essere -OBROGO MA non troviamo rima, e nel
v.2 “Affanni” → la rima è -anni → questa rima si riscontra nel 4 verso → tir-ANNI . Ci sono versi irrelati ( che non
hanno corrispondenze e versi che hanno rime) Dal pdv della lunghezza , graficamente e metricamente parlando →ci
sono 2 versi più lunghi → v. 6 e v. 12 Infatti -> ARMò e “Può” → parola tronca, e quindi → ultima sede tonica coincide
con l’ultima sede del verso- > E infatti la rima è –O. Gli altri versi, che precedono il 6° e il 12°, sono di lunghezza
dissimile graficamente, MA in realtà sono apparentabili per omogeneità ritmica. Ciò che li distingue è l’uscita delle
rispettive parole finali. Da qui -> l’allungamento di alcuni e le contrazioni di altri.
o v.1 “Que – ste – cheil [SINALEFE]– fe – roAl[SINALEFE]– lo – bro –go”: accento sulla 6°; è un verso di 8
sillabe con ultimo accento tonico sulla sesta; è un VERSO SETTENARIO SDRUCCIOLO (ed è irrelato perché
non rima con nessun altro verso dell’ode), perché abbiamo 2 atone dopo la sesta tonica, con accento
secondario di 4 sillaba -> “fero Allobrogo”.

Allobrogo → è un latinismo pieno. E’ una popolazione, di cui ne parla Livio,che occupava la zona tra il Piemonte e la
Francia ( durante gli anni di invasione romana dell’Italia settentrionale), ed è una perifrasi che vale come antonomasia,
per indicare uno scrittore contemporaneo di Parini, cioè VITTORIO ALFIERI. Alfieri nella sezione della sua autobiografia,
nella “Vita” 3.1 ( 3° parte, 1 capitolo) definirà se stesso → BARBARO ALLOBROGO -> che è una variante della
definizione di Parini che gli aveva attributo.

Il motivo dello scritto “Il dono” è IL DONO, che fa la marchesa Paola Castiglioni ( aristocratica lombarda) a Parini, tra la
fine del 89 e l’inizio degli anni 90, della edizione delle tragedie che Alfieri ha appena pubblicato a Parigi (1789) , del suo
teatro tragico. [1789 →è anche l’anno della RIVOLUZIONE FRANCESE]

o v.2 “ No – te – piè – ne – d’aff-fan – ni” → verso settenario piano, la 6 °sede è seguita da una sola atona. (3° e
6° sede). D’ →è una elisione ( doveva essere “DI”) che dal punto di vista metrico non conta ma dal punto di
vista fono-sintattico è diverso , conta (qui sono scelte di stile).
o v.3→ “IN CI SE COL TER RI BI LE”→ 8 sillabe, 6° accentata , è un settenario sdrucciolo -> è un verso irrelato
come il 3° ( versi sdruccioli) [e E il 2° e 4° verso → in rima tra loro. ]
o v.4 → “O DIA[SINERESI] TOR DE [APOCOPE : DE sta per DEI]TI RAN NI” → settenario piano, con rima 2° e
4°, accento di terza. [ODIATOR -> forma apocopata]

PAROLE USATE → fero Allobrogo, affanni, terribile , odiator, tiranni, → sono metricamente le portatrici degli accenti
tonici. E LE SCELTE NON SONO CASUALI. → Serve anche a potenziare il significato delle parole.

o v.5 → “PU GNA LEON [-EO SINALEFE]DE MEL Pò ME NE” → settenario sdrucciolo; -GN → va insieme ;
Melpòmene → è una delle Muse:Musa della poesia tragica.

versi 1,3,5 → sono 3 versi irrelati MA dal punto di vista semantico sono legati: 1 → Alfieri ; 3 → “terribile” è l’aggettivo
che qualifica il genere tragico -> il teatro tragico fa “PIETà E PAURA” (Aristotele) ; 5 → il nome della Musa

o v.6 → “LUI[SINERESI] FRA GL’I TA LI SPIR TIU[SINALEFE ] NI COAR[SINALEFE] Mò” → è un endecasillabo


A-MAIORE con l’accento sulla sesta (SPìR) e “armò” , dove però è presente anche un forte accento sulla prima
sede -> LUI. Quindi =1°, 6° e 10° sede. Il sesto verso crea effetto di CHIUSURA, di terminazione, dando lo
schema della prima stanza : una sestina con 5 versi settenari, di cui sdruccioli ( quelli nelle sedi dispari) e piani
e rimati ( quelle delle sedi pari) con ultimo verso endecasillabo, a uscita tronca.Il nome FERO ALLOBROGO
( al primo verso)→ è ribadito dal pronome indiretto LUI(→ SINERESI). Così si chiude l’anello e c’è il richiamo
ad Alfieri.
 GL’I -> elisione
 SPIRTI -> forma sincopata di SPIRITI

Dal 7 all’11 → schema che replica la prima stanza e ciò si verificherà ANCHE nelle altre stanze. E non ci sono
SINGOLE sestine ma ci sono coppie di sestine(con stesso endecasillabo finale con stessa rima per coppie) creando un
effetto la doppia stasi che lega i gruppi a 6+6, per 5 blocchi. E infatti:

o v. 7 -> settenario sdrucciolo -> molte sinalefe


o v.8 -> settenario piano
o v.9 -> settenario sdrucciolo ->[ con GRA-ZI-A -> due vocali contigue contano per due sillabe distinte]
o v.10 -> [il 4 verso della 2 stanza rima con il v.2 della seconda stanza.] [ 1° e 3° sono sdruccioli]
o v.11 -> è settenario sdrucciolo che chiude con l’endecasillabo finale:
o v.12 → tronco endecasillabo

Le parole sdrucciole sono: ANIMO, GRAZIA, SORRIDENDOMI → sono parole che introducono un altro campo
semantico. Grazia, il sorriso, l’animo -> costituiscono un contraltare rispetto alla presenza di Alfieri. “Grazia” → vale per
la stessa dedicataria dell’ode, che viene ringraziata in quanto donatrice dell’edizione . C’è quindi una antitesi e
interscambio tra FUNZIONE ALFIERI - E - FUNZIONE PAOLA CASTIGLIONI -> Alfieri è rappresentante del momento
tragico e Paola come rappresentante del momento eroico.

TERZA LEZIONE- 4 OTTOBRE

“Il dono” -> è quindi una ODE, che si sviluppa attraverso sestine strutturate da 5versi settenari e 1 endecasillabo, a
coppie ( quindi 6+6). Presenza della rima comune tra i 2 endecasillabi finali, per dare l’effetto di chiusura. Lo schema
articola l’uscita dei versi secondo il diagramma definito col proff : abbiamo uscite tronche, piane e sdrucciole, costruite
secondo le modalità dell’andamento della lirica arcadica del 700 ,che usa il tronco in sede finale e privilegia lo sdrucciolo
come verso di connessione. Abbiamo parlato di vocali. Ci sono anche le SEMI-VOCALI: L’ultima sede dell’ultimo verso
→ Può → la base del verbo di Può viene da “POTES” e in origine non ci sono due vocali POI → fenomeno di
dittongazione . RIMA PERFETTA tra v.6 e v.12 e la rima è –O.

VEDIAMO L’ASPETTO SEMANTICO → Le parole in posizione finale dei versi sdruccioli della prima stanza :
“Allobrogo”, “terribile” e “Melpomene”, pur non essendo in rima tra loro dal p.d.v. fonico, tuttavia stavano insieme perché:

 1)“ALLOBROGO” -> era riferito ad Alfieri e → nel sintagma “FERO ALLOBROGO” c’è il nesso “FERO AL” ,
quindi ALFERO-AL, che quindi sta per ALFIERI -> all’interno del sintagma è nascosto il nome del poeta a cui
quell’epiteto fa riferimento; è una forma antonomastica che è ulteriormente resa “cazzuta” dall’anagramma.
 2) “TERRIBILE”-> come termine caratteristico della musa tragica , e stiamo parlando del più grande
tragediografo del 700, di cui parleremo la settimana prossima.
 3)”MELPOMENE” -> trisillaba, sdrucciola -> richiamo alla Musa della tragedia.

MA, ci sono altre parole della sestina che hanno un’importanza semantica:

1. ”Affanni” e “tiranni” -> in rima -> le tragedie di Alfieri, non possono esistere se non all’insegna di un conflitto:
(Secondo Aristotele ) il meccanismo tragico si fonda sui conflitti. E Alfieri non è solo il più grande tragediografo
del 700 ma è un poeta che propone come chiave della maggior parte delle sue opere, un conflitto aperto tra un
eroe di libertà e un tiranno, prendendo spunto dalla storia , soprattutto quella del tempo antico → antica Roma
e antica Grecia. Quindi -> eroe di libertà VS tiranno → Alfieri ha scritto trattati significativi da questo punto di
vista -> “ Del principe e delle lettere” o “ Tirannide” sono testi che stabiliscono la inconciliabilità tra chi governa e
il poeta, all’insegna di un motivo di scontro( che è un scontro anche di ceti sociali,nel 700). → Ecco perché il
riferimento alla RIVOLUZIONE FRANCESE ( 89) -> a Parigi, pubblicare la raccolta delle proprie tragedie , in cui
si parla di eroe di libertà e il tiranno, nell’anno dello scoppio della rivoluzione, è una mossa provocatoria.
Alfieri VS Parini → Parini è povero VS Alfieri è nobile e -> l’idea del conflitto col tiranno non è POLITICO ma
IDEALE : non è sociale ma SOGGETTIVO. Quella che A. cerca è una libertà personale e non collettiva. Non a
caso saluterà con il “Parigi sbastigliato” , il momento del luglio 1789, ma presto, di fronte a quella che chiamerà
TIRANNIDE DEL POPOLO, prenderà le distanze con il “Misogallo”( cioè odiatore dei francesi), rispetto alle
dinamiche del 1792 e 1793. Dunque-> finché si tratta di abbattere i monarchi Alfieri ci sta , ma quando si tratta
di sostituire le classi aristocratiche con la borghesia o la POPULàS, non ci sta più. Quindi -> quando parliamo di
MOSSA PROVOCATORIA di Alfieri, si parla dell’anno dello scoppio della rivoluzione E NON GLI ANNI
SUCCESSIVI. Noi però stiamo trattando del periodo che va dal 89 al 91(quindi stiamo parlando di un periodo
che va prima del momento in cui Alfieri si allontana dall’idea di adesione al processo in atto):
CONTESTO STORICO
o 89 ( anno di uscita della raccolta Alfieriana)
o 90 ( anno della scrittura dell’ode di Parini)
o 91 (pubblicazione dell’ode medesima).

2. INOLTRE, ci sono parole come: INCISE, ODIATOR DE TIRANNI, PUGNALEPUGNALE è parola chiave, non
a caso posposta,attraverso un iperbato e una scomposizione non ordinata della frase . ODIATOR DE TIRANNI
-> epiteto che ribadisce la poetica di Alfieri TUTTE QUESTE PAROLE-CHIAVI HANNO L’ACCENTO TONICO,
compaiono su basi dispari, all’interno dei versi sdruccioli, MA hanno anche una prevalenza in base dispari, sia
per quanto riguarda le parole utilizzate che sono trisillabe ( pugnale, odiator, incise, pugnale…) e anche per
quanto riguarda la scansione degli accenti, privilegiano sedi dispari. Allitterazioni -> “r” e “t” -> fonemi che
rendono il passo armonico, particolarmente difficile ; poi ci sono anastrofi + iperbole fortissimo → IL TUTTO
CREA UNA VOLUTA DIMENSIONE URTICANTE,CONTORTA,DISARMONICA, PER DARE IL SENSO DI Ciò
CHE IL TESTO DICE -> SI PARLA DI POETICA TRAGICA DI ALFIERI.

SECONDA STANZA:

v.8 → GIUN GON SO A VIE BEL LE → ECCEZIONE DEL TERMINE “Soave” -> viene dal latino “ Suavis” è bisillabo,
ma in questo caso VIENE LETTO TRISILLABO e non BISILLABO, perché -> le vocali A,E,O, seguite da vocale tonica
(che è accentata), preferibilmente nella metrica italiana, sono casi dieretici, cioè vanno letti con IATO tra vocali. Perché
NON C’è DIERESI NEL TESTO ( cioè i 2 puntini) ? Perché la dieresi si comincia a notare graficamente a partire dal testo di Ugo
Foscolo “I Sepolcri”, aprile 1807. v.8 -> è un settenario piano + sineresi tra “i” (soavi) e “e” (belle).

Le due sestine sono accoppiate ma all’insegna dell’ ANTITESI, che il poeta gioca sulla base dei 2 destinatari della lirica:
Alfieri ( implicito); autore dell’opera donata ; un uomo;Marte VS Paola Castiglioni ( esplicito);la donatrice; una donna;
Venere. [chiave oppositiva]

La seconda stanza si propone in una chiave alternativa alla prima. → e infatti ci sono parole appartenenti a un campo
semantico alternativo a quello che abbiamo definito “tragico / marziale”, in particolare: “GRAZIA” ( riferito a Paola),
“SORRIDENDOMI”(che attiva campi semantici legati alla dimensione erotica), “ANIMO” (-> da “anemos” -> il vento).

Anche “COME oh COME” ( al v.7) -> la GEMINATIO , cioè la reduplicazione a contatto, è una mossa che serve ad
abbassare il tono.

Nella seconda stanza è privilegiata la base 2 → (e infatti la geminatio al concetto di accoppiamento) su base 2 ci sono
le parole- chiavi , “belle” , “labbra”, che sono parole che qualunque lettore di tradizione stilnovista richiamerà alla
rappresentazione della bellezza femminile. Anche il ritmo → non più base dispari ma BASE PARI.

QUINDI -> opposizione tra: FORTE ENDECASILLABO A-MAIORE che chiude la prima stanza VS l’ultimo che è A-
MINORE ( in opposizione all’altro)( v. 12 “ E dalle … può” ->LUCI -> si carica del peso semantico (e non il verbo) -> le
luci → sono per METONIMIA, gli occhi della donna.)

La lirica è strutturata sulla volontà di creare un FENOMENO DI ANTITESI, che oppone:

ALFIERI vs PAOLA

Il campo maschile e marziale, attivato dalla funzione Alfieri il campo femminile e erotico, attivato funzione Paola.

E’ interessante notare che un’aristocratica, Paola Castiglioni, si faccia carico di regalare a un uomo di 4° stato (pur
diventato importante a Milano nella seconda metà del 700, ma in questa data già caduto in disgrazia rispetto ai rapporti
con gli Asburgo-Lorena che governano la Lombardia ) una raccolta di tragedie ( scritte da un aristocratico) negli anni
della rivoluzione francese. → E’ un po’ come se questo testo sotto traccia volesse opporre attraverso l’antitesi UOMO-
DONNA ; MARTE-VENERE, anche i due momenti significativi che la rivoluzione francese scompagina e definisce: cioè a
un secolo famoso dal punto di vista edonistico e l’ultima parte di esso, improntata di più sulla dimensione marziale.
→cioè la società aristocratica prima e dopo la rivoluzione -> e Parini dal suo punto di vista gioca con la valorizzazione
della antitesi. → Alla fine del testo dice che la fruizione delle opere di Alfieri, è resa più gradevole dall’immagine della
donna → quindi creare un tentativo di sintesi tra il momento che la rivoluzione mette in crisi e il momento che la
rivoluzione introduce e segna, cioè il passaggio da società aristocratica a società borghese.

Ricordiamo che Parini è rimasto celebre x aver pubblicato “IL GIORNO”, che è un poemetto allegorico, didascalico, costruito
secondo un meccanismo per cui il poeta che dice IO ( che è alterego dell’autore, perché si presenta come un precettore d’amabil
rito, quindi un maestro , aio) racconta la giornata – tipo di un giovane rampollo della aristocrazia, il quale si connota per la sua
dimensione parassitaria e Parini ironizza su questa costruzione narrativa , MA NON ALLO SCOPO DI COSTRUIRE UNA PRESA IN
GIRO MA, SIA IL DESTINATARIO DELL’OPERA, SIA LA CLASSE ARISTOCRATICA, cioè i rampolli ( gli stessi omologhi del
protagonista) che dovrebbero specchiarsi negli atteggiamenti di lui, dovrebbero pensare di cambiare i loro atteggiamenti. Il Parini
cerca una riconciliazione tra PRIMA e TERZA classe.

FORTE ENDECASILLABO A-MAIORE che chiude la prima stanza l’ultimo che è A-MINORE ( in opposizione all’altro)( v.
12 “ E dalle … può” ->LUCI -> si carica del peso semantico (e non il verbo) -> le luci → sono per METONIMIA, gli occhi
della donna.)

La prima parte, “Mattino”, pubblicato nel 1763 e “Mezzodì” nel 65 e -> gli anni 63-65 si collocano dopo gli anni
dell’Encyclopedie, in cui si tenta una riconciliazione tra PRIMA CLASSE E TERZA CLASSE → si parla di utopia di
riforme dal pdv borghese o dispotismo illuminato dal pdv degli aristocratici. → l’esito della riv. Francese è una facciata->
alla fine NON c’è riconciliazione ma SCONTRO ( e infatti si usa la GHIGLIOTTINA). Ne “Il Giorno “ però Parini ragiona
come se questa possibilità di riconciliazione può essere possibile vs → Nel testo “Il dono”, invece, la dinamica anche
personale e ideologica dell’autore è cambiata, e qui c’è un gioco sottile e indiretto, attraverso cui la funzione Alfieri
disegna il discrimine ormai avvenuto tra il momento antecedente e quello conseguente al 14 luglio 1789.

o v. 13 -> “ Me- per- l’ur- toe –per - l’im -pe - to” → verso settenario sdrucciolo ( perché finisce con 2 sillabe
atone) -> “toe” sinalefe ; accenti su 3 e 6 [ c’è una FORTISSIMA ANASTROFE globale -> il soggetto in tutta la
stanza è “TUA DOLCE IMMAGINE” ]
o v.14 -> settenario piano ( perché finisce con 1 sillaba atona) -> accenti su 3 e 6
o v.15 -> settenario sdrucciolo ; INARCATURA SINTATTICA( che è l’enjambement per il professore)
o v.16 -> settenario piano ; sinalefe ( si-e) ; sinalefe ( gli –or)
o v.17 -> settenario sdrucciolo; 3 e 6; APOCOPE -> “gran” ( sta per GRANDI) ;ANASTROFE E IPERBATO ( dei
gran orrendi precipizi) INSIEME PER DARE L’ANTITESI.
o v.18 -> endecasillabo tronco ( “camminando va”) , a- minore , con accenti su 4-8-10 sillaba ; COTURNO -> è il
tipico sandalo che indossavano gli attori tragici, quindi riferimento al tema marziale, quindi riferimento ad Alfieri.
[ORA, RIPASSIAMO DA MARZIALE A EROTICO; DA ALFIERI A PAOLA:]
o v.19 -> settenario sdrucciolo , sineresi ( tua) ; sinalefe ( ce- in)
o v.20 -> settenario piano
o v.21 -> settenario sdrucciolo ; sinalefe DO-AM ; inversione -> GRATA
o v.22 -> settenario piano
o v.23 –> settenario sdrucciolo ; e-in : sinalefe ; va-ec : sinalefe
o v.24 -> endecasillabo tronco ( voluttà) ( “acuta voluttà mista al terrore” ->voluttà : donatrice VS terrore : Alfieri
→ ANTITESI ); re-a : sinalefe

[ALTRO BLOCCO:] ( qui si concentra sulla funzione della donna):

o v.25 -> settenario sdrucciolo ; sia : sineresi ; che –a : sinalefe + inarcatura


o v.26 -> settenario piano
o v.27 -> settenario sdrucciolo ; di-e-in : sinalefe ( che prende tre vocali)
o v.28 -> settenario piano
o v.29 -> settenario sdrucciolo
o v.30 -> endecasillabo tronco ; lo-in: sinalefe ; gno-al : sinalefe , A-MAIORE ; almo : latinismo pieno.

PARAFRASI DA INTERNET
Queste note piene di affanni, che il fiero Allobrogo (= Vittorio Alfieri) incise con il suo terribile pugnale odiatore dei tiranni di cui
Melpomene (= musa della tragedia) armò lui, unico fra gli spiriti italiani; (Alfieri è chiamato il fiero Allobrogo in ricordo degli antichi
popoli che si erano stanziati in Savoia e nel Delfinato.
Era una popolazione molto fiera ed amante della libertà, sfumatura che i versi non avrebbero avuto se avesse chiamato l’Alfieri con
l’appellativo di “piemontese”, come in realtà era)
Oh, come a questo animo pervengono soavi e belle tali note, ora che la Grazia (=Paola Castiglioni) in persona me le offrì con le sue
stesse mani, inviandomi un sorriso dalle labbra e dagli occhi con i quali a tutto tale potere!
Io, a causa dell’urto e dell’impeto di affetti tremendi, io, per l’intrecciarsi casuale e cupo delle vicende e a causa dei precipizi di
sangue in cui sono travolte le figure gigantesche dei tiranni, su cui il coturro se ne va camminando (Il coturro era la calzatura usata
nella tragedia antica, dalla suola molto alta per fare risaltare la persona), seguo la tua dolce immagine, o amabile portatrice di doni,
diffondendo la fragranza dell’ambrosia lungo il cammino infelice della vita (l’ambrosia era il segnale che indicava la presenza di una
divinità); eccitando in me un intenso desiderio di contemplare la bellezza misto a terrore:
sia quando alla mia fervida mente viene rappresenta la tua figura nell’atto in cui tu, con variata e fine conversazione, quasi
dissimulando, riveli, divinamente, il tuo ingegno, e la cultura che adornò e nutrì il tuo eletto ingegno sia quando unisci alle parole
un’arguzia spontanea e ti compiaci, con parole lievi e garbate, di punzecchiare e dilettare il tuo interlocutore, che si è guardato male
dalle insidie chela natura predispose con le tue grazie.
Caro è il dolore, e lo spavento diventa gradevole, quando si ammira dipinto su di una tela, il giovane ucciso dal feroce cinghiale, con
il corpo rigato dl sangue che scorre lentamente (il Parini si riferisce all’episodio mitologico in cui Adone, amato da Venere, fu ucciso
da un feroce cinghiale durante una battuta di caccia)
Ma se sopra il suo corpo si vede china la dea dell’amore (= Venere), cingendolo con le sue rosee braccia, si odono cori per il
tumultuoso agitarsi di sensazioni piacevoli!
Certamente una sensazione più piacevole, e tuttavia simile a questa, mi fa immaginare il tuo aspetto sereno, mentre indugio tra le
torbide scene (dell’Alfieri) e si intrecciano con le visioni di morte le bellezze per le quali tu sei unica.
Senz’altro sarò invidiato per i miei nuovi piaceri da coloro che leggeranno i volumi severi (il poeta si riferisce alla materia aspra delle
tragedie dell’Alfieri). Che farese una fortuna propizia (= amico genio) non ha concesso loro una portatrice di doni altrettanto amabile?

QUARTA LEZIONE – 8 OTTOBRE 2019

1789-> Rivoluzione francese 1791-> anno della edizione delle ODI di Parini che contiene al 21° posto IL DONO; 1791 ->
è ANCHE l’anno in cui il re di Francia,Luigi 16°/Luigi Capeto, costretto a occupare la residenza di Tuileries ( perché non
può più risiedere a Versailles) → Nella notte tra il 20 e la mattina del 22 giugno 1791, tenta di fuggire da Parigi, per
raggiungere il Nord Ovest della Francia, dove lo aspetterà una guarnigione di dragoni che gli dovrebbero consentire di
espatriare, per poter poi costruire un esercito, ritornare in Francia e abbattere i rivoluzionari. Questa fuga fallisce però →
il re ( travestito da borghese) fu riconosciuto dal mastro di posta di Varenne. → QUINDI : FRATTURA NETTA TRA
SOVRANO E POPOLO → il re viene smascherato dal mastro di posta e tenuto prigioniero in una drogheria. 1793 →
Luigi Capeto verrà decapitato → è la stessa sorte di James I Stuart ( 1648) C’è quindi il passaggio da ANCIEN RéGIME
a “MONDO NUOVO” → questo è anche il titolo del film che abbiamo visto in classe, un film di Ettore Scala. Nel film
abbiamo visto 3 punti di vista : quello del 4° stato ( popolo) ;quello della borghesia intellettuale ; del sarto del re e della
prima dama di compagnia di M. Antonietta ( quindi il p.d.v. di chi appartiene al mondo che sta crollando). Vediamo negli
ultimi momenti del film la fine di un sistema, ciò che poteva rappresentare il sovrano dell’Ancien régime. →M.Antonietta
si inchina a un manichino che porta i vestiti del re. INOLTRE non dimentichiamo ( come abbiamo detto prima) che il
sovrano non appare con i vestiti sfarzosi ma con quelli di un borghese, PER SFUGGIRE DAI BORGHESI. [ Anche
M.Antonietta( che non è francese ma austriaca) verrà uccisa]. C’è una tensione che attraversa tutto il 700, a partire dal
1750 -> ENCICLOPéDIE di Diderot e D’Alambert , quando la borghesia rivendica il proprio ruolo MA Aristocrazia e
Clero, detenevano il potere. Anni 60 – i primi degli anni 70 -> momento in cui SEMBRA che le iniziative promosse dai
borghesi e dell’Illuminismo ( con l’uso della ragione) possano trovare un riscontro dal punto di vista di una
compensazione tra PRIMO STATO ( aristocrazia) e TERZO STATO (borghesia) per una conciliazione.
BIOGRAFIA PARINI

1729 -> Parini nasce a Brianza, poco lontano da Milano. ( 1799 muore) Parini è un piccolo borghese; la sua infanzia
nasce all’insegna della sopravvivenza. Una zia gli può lasciare la rendita MA solo se egli prende i voti ecclesiastici →
Parini allora diventa abàte . Parini frequenta MILANO , quella degli Asburgo- Lorena. → qui → Accademia dei
trasformisti, Accademia di Arcadia … dove la letteratura è fatta di cose e non di parole → questo è il motto del “Caffè” ,
periodico dei fratelli ( Alessandro e Pietro) Verri ( Milano). Quindi → c’è l’idea che i testi, anche scritti in versi, possano
trattare di fatti politici, possano contribuire al miglioramento della qualità di vita … TUTTO Ciò è ILLUMINISMO e Parini
ne è un interprete.

o ANNI 60-70 Parini è un precettore -> CARLO IMBONATI ( amante della madre di Manzoni, Giulia Beccaria) è
suo allievo. 1769 → P. diventa direttore della GAZZETTA DI MILANO 1773 → Docente di BELLE LETTERE e
1776 → di BELLE ARTI.
o ANNI80 La situazione cambia ( rispetto agli anni 60-70) ai primi degli anni 80 →E tra l’85 e 86, si sfalda
completamente → “La caduta” , è una ode di Parini→ parla di uno spunto di autobiografico :P. aveva una
distrofia muscolare, e racconta un episodio in cui P. cade, un bimbo lo deride, ma viene aiutato ( fisicamente)
da un uomo che però ( moralmente) lo infama dal punto di vista morale -> “ Tu che sei un intellettuale così di
alto livello, perché ti sei ridotto così? La colpa è che tu ti sei approcciato a una letteratura d’impegno che non è
buona, perché non hai i beni materiali , proprietà , soldi. Devi fare solo il leccapiedi ai potenti, non più il poeta
civile/impegnato” → Parini allora ribadisce la fedeltà alla propria idea di letteratura.

“IL GIORNO” → la prima parte viene pubblicata nel 1763( quando comincia il tentativo di conciliare aristocrazia e
popolo) e tratta della giornata – tipo di un giovane aristocratico lombardo, di cui l’Io si finge di essere il precettore.
Vengono pubblicate solo le prime due parti → MATTINO (1763) e MEZZOGIORNO ( 1765) ma era prevista LA SERA
(che doveva contenere VESPRO e NOTTE) ( di cui abbiamo solo i manoscritti). Scritto per il ceto aristocratico -> è il
lettore ideale, che dovrebbe specchiarsi nel giovane, nei suoi comportamenti e dovrebbe distaccarsene / prendere le
distanze. P. è convinto di avere un ruolo, quello di educatore ( ANNI 60) MA anni 80 cambia tutto → e non viene
pubblicata LA SERA.

Il proff ci ha dato la fotocopia con due versioni della prima parte del MATTINO:

1. La versione del 1763 -Pubblicata da Parini; - di 64 versi, di cui i primi 30 costituivano una sorta di proemio
2. La versione del 1801 -Pubblicata postuma; - i primi 30 versi della versione del 63 nella versione del 1801
non ci sono.

IL GIORNO:

1)Mattino : pubb. Nel 1763

2) Mezzogiorno ( pubb. Nel 1765) [ il periodo che va da 63 a 65 si colloca negli anni della ENCYCLOPEDIE, in cui si
tenta una riconciliazione tra prima e terza classe]

3) Sera ( che non fu mai pubblicata

Poi il poeta decise di scindere la Sera in VESPRO e NOTTE e decise di unire: MATTINO, MEZZOGIRONO,VESPRO E
NOTTE. L’edizione completa fu pubblicata nel 1801, 2 anni dopo la morte di Parini.

E’ un poemetto didascalico( poemetto -> non POEMA, perché non parla di argomenti come guerra o avventura ( cit.
Iliade e Odissea, poemi) ( didascalico -> cioè funzione di insegnare, educare → P. vuole fare da àio/maestro a un
giovane milanese). Il testo si caratterizza di:
PLACCATURA CLASSICA ( con richiami alla mitologia) ; IRONIA( la sperequazione tra riferimenti mitologici e la
condizione del protagonista, sui quali si appunta il sarcasmo)

FORMA: endecasillabo sciolto, a norma di una adesione alla forma latina dell’esametro. → NO SCHEMI, NO
STRUTTRA, NO TAGLI -> Discorso filato VS le sestine che abbiamo visto nella poesia delle lezioni precedenti. Il
destinatario/lettore ideale → non può essere ILLETTERATO ma deve appartenere a classi alte ( che conosco il latino, la
retorica, la mitologia), allo scopo di EMENDARE Sé STESSE.

Primo blocco narrativo:

o 7 endecasillabi sciolti ( cioè NO RIMA) -> Giovin signore, ascolta me, Precettore d’amabil rito -> c’è un FORTE
ipèrbato, in cui il verbo e complemento oggetto sono posposti di 6 versi : tutto ciò che c’è in mezzo è una
apposizione, riferita al giovane aristocratico ( → è protagonista del poemetto). “ o a te scenda il sangue…” →
O che tu sia il prodotto filogenetico attraverso il sangue di una schiatta purissima in cui i lombi ( lombi →
metonimia per indicare gli attribuiti maschili) abbiano generato di fatto una filiera inconcussa di avi e
discendenti di nobili, o che la tua signorilità /nobiltà sia invece emendata dalle adunate ricchezze in terra e in
mare di un genitore frugale ( tirchio) ( cioè → o che tu non sia un nobile di sangue, ma la tua nobiltà sia stata
emendata/derivata da tuo padre che ha acquistato il titolo attraverso i commerci ), ascolta me Precettor
d’amabil rito”. [ Esistevano le nobiltà di spada e di toga quindi una nobiltà per tradizione/famiglia e quella che lo
diventa attraverso meccanismi di acquisto.QUINDI nei primi versi c’è differenza tra un NOBILE “NOBILE” e uno
colui che si è arricchito ma non è nobile ( “ZENGR SAJUT”) → distacco → ironia.

Secondo blocco narrativo:

o v. 8 al v. 15 → DEFINISCONO I “LOCI ARE” → cioè gli elementi che indicano l’argomento/ contenuto del
testo.
o V. 11 → IO TI INSEGNERò [-> è posposto, è anastrofe ( dal latino)] come ingannare questi noiosi e lenti giorni
di vita, cui accompagna lungo tedio e fastidio insoffribile → PARAFRASI : Io, precettor d’amabil rito, ti
insegnerò / ti farò guida su come cercare di ingannare, di trascorrere i giorni della tua vita, noiosi e lenti
( TEDIUM : noia -> è di fatto la dimensione del quotidiano del nobile) a cui accompagna lungo tedio ( epiteto) e
fastidio insoffribile ( posposto).
o v.13 → Apprenderai , al mattino,mezzogiorno e sera, quali devono essere le tue CURE ( → in latino :
PREOCCUPAZIONI o DOLORI 1)La versione del 1763 -Pubblicata da Parini; - di 64 versi, di cui i primi 30
costituivano una sorta di proemio. 2) La versione del 1801 -Pubblicata postuma; - i primi 30 versi della versione
del 63 nella versione del 1801 non ci sono. ANNI 80
o v. 14-15 → “ se in mezzo … resta” → sottolinea la dimensione inutile e di trascorrere il giorno con noia, in cui ,
SE in mezzo alle preoccupazioni tu hai modo di ascoltarmi.

Altro blocco narrativo:

o Dal v. 16 al v. 33→ il testo si focalizza su PRINCIPIO effettivo della narrazione → l’intero processo narrativo
viene realizzato attraverso un rincàro delle premesse ironiche definite all’inizio, all’insegna di una
giustapposizione ironica,tra i comportamenti del giovin signore e attitudini/ comportamenti del popolo, svolto da
CONTADINO e ARTIGIANO.
o v. 16-17 → “ Già hai visitate devotamente l’are sacre a Venere e al giocatore Merc. Nelle Gallie e Albione” →
accostamento provocatorio tra comportamenti del giovane e mitologia ( dicotomia tra bassezza dei
comportamenti del giovane e elevate retorica dei riferimenti mitologici); questi versi spiegano come il giovane
ha trascorso le ore prima dell’alba -> il bordello e il gioco → “Are sacre a Venere” : è una perifrasi mitologica
per indicare il bordello/sesso; “ Are sacre a Mercurio” : richiama il gioco. Gallie → Francia ; Albione →
Inghilterra. E porti impressi i segni del tuo zelo → cioè porti stampati in faccia le occhiaie e rughe , segno di
eccessi di Venere e Mercurio. Ora è tempo di posa → ora è tempo di rilassarti ( dopo che ti sei
DEVOTAMENTE prestato ai templi sacri delle tue divinità).
o v. 20 → Si parla di un aristocratico e l’aristocrazia è una classe MILITARE, che dal medioevo nasce / ha la
funzione di garantire la difesa militare del feudo ; Il giovin signore NON è adepto del dio che rappresenta a
livello mitologico il tema della guerra, il tema marziale, cioè Marte. → Marte ti chiama inutilmente “ che è ben
folle quegli che a rischio de la vita si merca onor” → [“si merca” → DANTISMO-> acquista ] è ben cretino colui
che cerca di acquistare onore mettendo a repentaglio la vita. → IRONIA: è ciò che dovrebbe fare l’aristocratico,
la classe nasce con quella funzione ma si ribalta tutto qui.
o v. 23 → Tu per natura schifi il sangue (IRONIA)
o v. 24 → PALLàDE : dea degli studi → né (-> disgiuntiva) i mesti ( “tristi”) studi ( IPERBATO) della dea P.
( quindi tutto ciò che appartiene al campo della saggezza) ti sono meno odiosi
o v.25 -→ “avverso ad essi ti feron troppo i queruli ricinti ove l’arti migliori, e le scienze” → modificate in
mostruosità e in spettri orrendi e vani, fanno echeggiare le capaci volte di giovanili strida. →qui, con una mossa
perifrastica articolata si rappresenta , quasi si trattasse un girone dantesco , la modalità con cui all’epoca
venivano impartite le lezioni dai maestri ai ragazzi→ qui la critica è ambivalente: 1) è sia nei confronti del giovin
signore, che rifugge dall’acculturamento , 2) ma anche dalle modalità con cui attraverso la frusta ( sferza) si
insegnava al giovin. Quèruli recinti → cioè gabbie piangenti/sofferenti , dove le arti e le scienze, trasformate in
mostruosità e spettri, fanno risuonare continuamente le urla degli studenti, tartassati dai maestri.
o v. 30 → Or primamente odi quali al mattino soavi cure debba guidar a te con facil mano→ Parini racconta le
attitudini confacenti alla prima parte della giornata.

Ora passiamo alla lettura della versione del 1801( Dal verso 33, versione 1801 ) → Ci si focalizza sul mattino di tutti
gli altri membri della società, all’insegna dell’ANTITESI: giovin signore ( parassita ) e corpi sociali attivi. Poi ci
saranno altre antitesi → dimensione notturna ( associata al giovin signore) e dimensione diurna ( ai borghesi).
Ulteriore associazione → La dimensione notturna richiama il mondo dei morti/inferi tramite la mitologia : riferimento
a Morfèo, Cimmèri, Plutone, al sonno.

MITO DI DON GIOVANNI, nel libro “ Invenzione del moderni” → Qualcosa della figurazione del “Giovin signore” di
Parini debba anche al mito di una figura della narrativa moderna → VAMPIRO , legata tipicamente all’800, ma di cui già
nel 700 si comincia a parlare → le radici del tema del morto che rinasce per succhiare il sangue dei vivi ha tradizioni che
affondano nella dimensione antropologica, che risale ai primordi delle civiltà europee e non solo Il testo di Bram Stoker,
“DRACULA”, è del 1897 , tema del vampiro, quando il tema ai tempi era già stato sviluppato abbondantemente. Il primo
testo è del 1816 -> “FRANKENSTEIN” di M. Shelley che si lega a quella produzione letteraria tipica del romanzo gotico.
Ma già nel 51 ci sono pubblicazioni che si focalizzano sul tema. Dracula → romanzo epistolare( lettere )→ Vlad, il
vampiro, il conte, si eclissa, scompare, all’alba.

v. 1 “Sorge al mattino…” → Il mattino , compagno dell’alba, spunta prima del sole che poi appare ingrandito
sull’immagine dell’orizzonte a rendere felici gli animali,le piante,i campi, le onde→ struttura per POLISINDETO → 4
membri → notiamo la serenità anche dal punto di v. della struttura sintattica di questo inizio VS rispetto al contorcimento
anastrofico iperbatico strutturale, volutamente difficile, anche sul piano della resa, dei versi precedenti → l’effetto era
volutamente cacofonico . Qui invece dimensione piana → anche la metrica, armonia oppongono il momento naturale
quello degli uomini comuni, attivi, fattivi VS dimensione immorale,parassitaria.

In quel momento, quando albeggia, “il buon villano” → NO IRONIA, SENZA”GRANDEUR”, semplicemente un sintagma:
IL BUON CONTADINO/VILLANO.

“Allora il BUON villano sorge dal CARO letto in cui la FEDEL moglio”.. → in posizione forte inarcatura sintattica c’è
CARO LETTO → in cui tutti vi dormono → questo è un topos → topos della famiglia contadina modesta, buona, che
ama la famiglia. INOLTRE vediamo che : buono, caro, fedele . Portando sulla schiena i sacri arnesi → gli strumenti di
lavoro, indicati come SACRI → non c’è ironia,COME INVECE IN “SACRE ARE A VENERE” Cerere ( dea latina delle
messi) Pale( divinità che presiede al culto degli animali→ Parini è uno degli intellettuali favorevoli alla FISIOCRAZIA →
lo sviluppo dell’agricoltura determina la ricchezza del paese) → riferimenti mitologici; quindi : da una parte, l’aratro e
presenza degli animali dall’altra.

v. 10 - 13“Muove seguendo i lenti bovi e scuote lungo il piccolo sentiero dai rami curvi la rugiada( la guazza) del mattino
che al parodi gemme la nascente luce del giorno rifrange”→ c’è qualche piccola inversione ma il quadro è sereno →
immagine della guazza,umido,sole →topos del LOCUS AMENUS→ paesaggio arcadico bucolico → una dimensione di
perfetta integrazione tra uomo, natura e animali , compartecipi di un gesto quotidiano, sacro e funzionale come il
coltivare e l’allevare.

v.14 “ALLORA” -> anafora -> lo ritroviamo al verso 5. → vuole mettere in simmetria il tempo di uscita del contadino con
quello dell’artigiano→ la campagna e città -> vissute non in termini oppositivi ma complementari. Per il “giovin signore”
viene usato il verbo ERGERSI ( che implica un gesto NON naturale ma artefatto) vs SORGERE ( atto naturale), usato
per il fabbro , il villan, il mattino. “Sonante officina” → enjambement/ inarcatura sintattica. Rimette mano ai lavori ( OPRE
-> opere -> sincope) che aveva lasciato incompiuti . Quali lavori ?

v. 16. 17 → 1)O assicura di approntare una chiave di serrature complesse e serrature complesse ad aprirsi, i bauli
dell’inquieto ricco. Qui vediamo prospettiva antitetica tra : Chi accumula ( parassitariamente) VS chi produce. 2) Oppure
incidere gioielli e vasi Quindi attività che fa l’artigiano per la classe aristocratica.

v.21 → A questo punto la narrazione è volutamente spezzata da una domanda retorica con raffigurazione
volontariamente sarcastica : “TU INORRIDISCI E I TUOI CAPELLI SONO RITTI IN TESTA COME UN ISTRICE ,AL
SUONO DI QUESTI MIEI VERSI? “ → per segnare la distanza del mattino del contadino da quella dell’aristocratico.
Si,signore, quello che ho raccontato non è il tuo mattino.

v. 24 – non te ne andasti a posare come nei tuguri suoi il vulgo vile entro a rigide coltri → tu non sei seduto al
crepuscolo di fronte a un tavolo povero (“parca”) e non te ne sei andato ( “gire” ) ieri a riposare come “il vulgo vile”
( allitterazione ) nei tuguri suoi entro rigide coltre. → prima il mondo del popolo è rappresentato in modo positivo MA
nell’ottica dell’aristocratico i contadini sono merdaioli che vivono e si addormentano sul letto duro, magari fatto di paglia.

v.29 →A voi, celeste prole, (voi che appartenete alla nobiltà celeste) ( ripetizione di VOI → IRONIA) a voi concilio almo
( “almo” che dona la vita) di semi dei, Giove benigno concesse altro (→ a voi Giove ha concesso ben altro)

v31 – 32 → e con altre arti e altre leggi a me guidarvi è d’uopo per una strada diversa. DA QUI, RITORNA INDIETRO
→dove Parini insisterà sulla dimensione notturna/ vampiresca del giovin signore.

LEZIONE 10 OTTOBRE ( ero assente: hanno completato lettura,analisi e parafrasi del testo)

Da internet:

Giovin Signore[Giovin Signore: il poemetto si apre con un’allocuzione al protagonista de Il Giorno, cioè al “giovin signore” simbolo
della dissipatezza e dell’assenza di valori della classe aristocratica settecentesca. L’intento è chiaramente ironico, in quanto ribalta
la classica invocazione alle Muse che apriva i poemi mitologici.], sia che il tuo sangue purissimo e divino discenda da una stirpe
di nobili antenati [Si veda come qui( “Giovin signore, o a te scenda per lungo di magnanimi lombi, o….”) l’iperbato spezzi la sintassi
regolare della frase: è una scelta tipica dello stile classicheggiante di Parini.],sia che i titoli comprati e le ricchezze accumulate
dal padre parsimonioso[ GENITOR FRUGALE: Parini allude al fatto che il “giovin signore” possa anche essere figlio di un uomo di
condizione mediocre, che si è arricchito in pochi decenni (v. 6: “pochi lustri”) ed ha quindi scalato le gerarchie sociali. Anche in
questo caso, il poeta prende ironicamente di mira la superficialiità della condizione di vita del suo protagonista, basata solo sui
privilegi di casta o sul potere del denaro.] in pochi anni per terra o per mare correggano in te la mancanza di sangue nobile,ascolta
me, Precettore di amabili maniere.    Ora io ti insegnerò come trascorrere questi noiosi e lenti giorni della vita, che sono
accompagnati da così lunga monotonia e insopportabile fastidio. Apprenderai quali debbano essere le tue preoccupazioni al mattino,
quali al pomeriggio, quali alla sera,se nel tuo oziare ti resta tempo di tendere le orecchie ai miei versi.    Già hai visitato
attentamente gli altari consacrati al piacere amoroso e al gioco d’azzardo in Francia e in Inghilterra[Qui Parini utilizza l’universo
mitologico a fini sarcastici: Venere e Mercurio stanno ad indicare rispettivamente le case di piacere e i locali d’azzardo che il “giovin
signore” ha “devotamente” (v. 18) visitato nei suoi viaggi in Francia o in Inghilterra.], e ancora porti impressi i segni del tuo impegno:
ora è tempo di riposo. Invano Marte ti invita alla carriera militare; perché è ben folle colui che si guadagna l’onore mettendo a rischio
la vita,e naturalmente a te disgusta il sangue. [Il “giovin signore” insomma rifiuta la prospettiva della carriera militare, simboleggiata
dal dio della guerra, Marte. Egli preferisce infatti gli agi e i piaceri della sua esistenza improduttiva.]Né i tristi studi della dea Atena ti
sono meno odiosi: te li resero troppo avversi le lacrimose aule dove le arti più eccelse e le scienze, tramutate in mostri
ed evanescenti, orridi fantasmi fanno eccheggiare sempre le ampie volte di urla di giovani[Qui la polemica pariniana si scaglia contro
il sistema scolastico dell’epoca, antiquato e fondato solo su metodi repressivi e violenti, che causano le “giovanili strida” (v. 30) degli
alunni e trasformano le materie più alte e nobili in “mostri e [...] vane orride larve” ]. Ora per prima cosa ascolta in quali piacevoli
abitudini il Mattino ti debba guidare con mano gradevole. Sorge il Mattino in compagnia dell’Alba prima del Sole, che in seguito
compare enorme sull’estremo orizzonte e porta beatitudine agli animali, alle piante, ai campi e alle onde. Allora il buon contadino si
alza dal caro letto che la moglie fedele e i suoi figli hanno intiepidito[ intiepidìr: è una forma apocopata (cioè troncata) di
“intiepidirono”, ] durante la notte; poi, portando in spalla i sacri attrezzi [sacri arnesi: gli attrezzi da lavoro sono sacri sia perché
hanno origine divina (sono infatti doni di Cerere e Pale), sia perché vengono nobilitati dal lavoro umano.]che per
prime scoprirono Cerere e Pale[Cerere era la dea della terra e della fertilità, mentre Pale era la protrettrice del bestiame e degli
allevamenti.], si dirige verso i campi spingendo avanti il bue che procede lentamente, e lungo il piccolo sentiero scuote dai rami
ricurvi la rugiada che, come fosse una pietra preziosa, riflette i raggi del sole nascente [SOLE: EMBLEMA DI POSITIVITA’][ ciclo
lavorativo del contadino è congruente, simmetrico a quello del sole ]. Allora si alza l’artigiano,e riapre la rumorosa officina, e torna
ai lavori [opre: il latinismo, da opus, operis, è sintomatico dello stile classicheggiante e sostenuto di questo passo, che contribuisce,
per antitesi, al tono ironico di tutta l’introduzione del Mattino.]non terminati il giorno prima, sia se deve fare chiavi complesse da
eseguire e serrature ferrate che assicurino i forzieri del ricco tormentato, sia se vuole intagliare gioielli e recipienti d’argento e d’oro,
ornamento per una novella sposa o per una tavola. [l’ambientazione rurale e la descrizione del modesto mondo contadino]Ma
come? Tu inorridisci e drizzi sul capo i capelli come un istrice pungente, al suono delle mie parole? Ah non è questo, Signore, il tuo
mattino. [ E’ L’ANTITESTI TRA DIMENSIONE NATURALE E INNATURALE] Tu col sole calante al tramonto non ti sei seduto a
consumare una povera cena, e non andasti [gisti: “andasti”, forma dotta dal verbo latino eo, is…ire.]a coricarti su uno scomodo
giaciglio[male agiate: si tratta di una litote, con cui si spiega che il letto del contadino non è affatto comodo come quello del
nobile.] alla luce del fioco crepuscolo, come è costretto a fare l’umile popolo. A voi, prole di origine divina, a voi, adunanza di
Semidei in terra, altro concesse il benigno Giove: e con principi e regole diverse è meglio che vi conduca per una strada differente[In
questo passo, la figura retorica dell’iperbole serve a sottolineare sarcasticamente il distacco tra la vita de “l’umile vulgo” (v. 60) e
le occupazioni frivole e mondane del “giovin signore”, paragonato ad un figlio degli dei.].    Hai protratto [producesti: latinismo per
“protraesti”, dal verbo latino produco, producis, produxi, productum, producere , “condurre avanti, spingere”.]la notte fino a tardi tra le
feste, i melodrammi teatrali, i patetici giochi d’azzardo [Parini allude al gioco d’azzardo]; e infine, stanco, in una carrozza dorata
[AUREO COCCHIO: latinismo], con il frastuono di calde e veloci ruote e lo scalpiccio di cavalli assai veloci, hai turbato per lungo
tratto la serena aura della notte; e hai diradato le tenebre con grandi torce, così come quando Plutone[Pluto: similitudine mitologica
che si riferisce al ratto di Proserpina da parte di Plutone.]fece rimbombare la terra di Sicilia da una costa all’altra con il suo carro,
innanzi a cui splendevano le fiaccole ( lucerne) delle Furie con capelli di serpenti [ANCHE IN DANTE]. Così tornasti a casa; ma qui
ti attendeva con nuovi impegni [novi studi: latinismo ironico per “occupazioni”.]la tavola, che era ricoperta da cibi saporiti e vini
inebrianti dei colli francesi o di Spagna, o di Toscana, o il Tokai ungherese [ Ognarese bottiglia: il Tokaj ungherese è un vino molto
pregiato.]a cui (BROMIO,uno dei nomi di )Bacco concedette una corona di verde ( èllere -> ) edera, e disse: “Siediti, regina delle
mense”[ È una parodia dell’investitura regale; in questo caso è il dio Bacco a conferire la corona di edera alla bottiglia di Tokaj, per
sottolinearne la qualità e il pregio. L’uso di un immaginario mitologico a fine ironico ]. Infine il Sonno in persona ti rassettò i morbidi
materassi, dove, dopo che ti fosti coricato, il servo fedele chiuse le tende di seta: e a te dolcemente ha chiuso gli occhi il gallo che di
solito apre quelli degli altri. Perciò è giusto che Morfeo non svegli i tuoi stanchi sensi dal sonno profondo prima che il sole già alto
tenti di entrare tra gli spiragli delle imposte dorate e (prima che) i raggi del sole, che ti pende sul capo, illuminino appena la parete.
Ora qui devono avere inizio le leggiadre occupazioni della tua giornata e da qui io devo salpare con la mia nave (sineddoche=
iniziare il canto) e coi miei precetti devo educarti cantando ad alte imprese. [il risveglio] I gentili valletti udirono già come vicino lo
squillo del campanello[ metalli:menotimia per campanello] che da lontano la tua mano agitò grazie al propagarsi del suono
(mediante un congegno di fili); e accorsero[osservàro : fecero in modo] prontamente a spalancare le imposte che proteggono dalla
luce e preoccupati fecero attenzione perché il sole (pers. Febo) non osasse ferirti direttamente agli occhi. Alzati ora un poco e così
appoggiati ai cuscini i quali disposti l’uno sull’altro a scalare ti fanno da morbido sostegno alle spalle ( omero). Poi con l’indice destro
scorrendo piano piano sugli occhi dilegua quindi quel che rimane del sonno ( CIMMERIA NEBBIA: il terpore degli occhi ancora
insonnoliti) e inarcando appena le labbra, dolce a vedersi, sbadiglia silenziosamente. Oh se ti vedesse in un atto così gentile il duro
capitano che in battaglia dilatando smodatamente le labbra grida lacerando robusti orecchi, con cui impone vari movimenti alle
truppe; se in quel momento ti vedesse, certamente avrebbe più vergogna di sé che Minerva ( dea della saggezza) il giorno
che,suonando il flauto, vide riflesso nell’acqua il brutto aspetto delle guance gonfie. [scelta della bevanda] Ma già vedo entrare di
nuovo il tuo valletto ben pettinato; egli ti chiede quale oggi tra le bevande solite ti piaccia di più bere nella preziosa tazza: preziose
merci sono tazze e bevande, scegli quella che più desideri. Se oggi ti è utile/ se oggi per te è giovale dare allo stomaco ristori caldi
così che esso si riscaldi in modo regolato (temprato) nella giusta misura (con legge) e ti favorisca la digestione, scegli il bruno
cioccolato (= cacao) con cui ti rendono omaggio gli abitanti del Guatemala e delle Antille che hanno i capelli avvolti da barbare
penne. [Elemento esotico (= Cacao, Caffè) fanno il giro del mondo per giungere al giovin signore. Il caffè è considerato la bevanda
degli dei].

11 OTTOBRE – SESTA LEZIONE [sono arrivata in ritardo]


[…]Roccocò -> stile di quel periodo sotto l’Ancien Regime.

[FOTO-> Hamilton: “La morte di Lucrezia o Il giuramento di Bruto” ] -> l’idea degli occhi al cielo richiama ai santi; richiama la
tradizione manierista. [ il quadro ha ispirato David]

[FOTO -> Jack Louis David ( 1748- 1825) : “ IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI”] -> vediamo invece la prospettiva orizzontale,
dimensione scabra di questa opera : è l’opera d’arte che segna dal punto di vista cronologico la nascita del Neoclassicismo in
pittura. Jack Louis David ( 1748- 1825) : “ IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI” ( 1784- 1785) . Il pittore è francese, ma in quel momento
era a Roma ( -> che nella seconda metà del 700 è luogo privilegiato per gli sviluppi di idee del Neoclassicismo).

[Il proff ci fa sentire l’analisi dell’opera “ Il giuramento degli Orazi” da You Tube]

[Honor] -> “ Il coraggio…sono messi a contrasto la tenerezza femminile..” -> il proff cita solamente questo passo, non spiega.

[Dalle lezioni sul Neoclassicismo in arte del proff Frassineti all’università, Frassineti riprende un passo dal libro di Robert R. ] -> “ un
simile contrasto era già stato suggerito… “ ( pag. 8 del pdf : lezioni 4-6 ( 8,10 e 11 ottobre) ) ( vedi cosa ha messo in grassetto il
proff -> N.B.)

[Antonio Pinelli, proff di Frassineti] -> “David usa un linguaggio secco ed energico, coinciso, che procede per contrasti netti
alternando i pieni ai vuoti…”

Notiamo che il quadro(IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI) ( esposto al Louvre di Parigi) è oggettivamente costruito non soltanto
tramite tutte l vie di fuga della prospettiva, ma anche il punto focale di tutto il disegno/ ciò che va a calamitare , è esattamente il
punto, quello del braccio sinistro che tiene in mano le tre spade, su cui convergono gli occhi dei tre Orazi e del padre.  questa
volta, NON GUARDANO ASTRATTAMENTE IN CIELO, come ad evocare “ la collera degli Dei” MA -> guardano plasticamente su
quello ch è l’oggetto che sarà quello della vendetta. E’ un giuramento di guerra,morte,vendetta, nei confronti del tiranno. In questo
tipo di prospettiva e rappresentazione diventa interessante valutare lo scarto tra ( non soltanto l’opzione sul tema del giuramento
realizzata da David rispetto al precedente di Hamilton, ma tener conto dello scarto tra ) David e i suoi antecedenti  Abbiamo
parlato del racconto fatto da LIVIO ( primo capitolo, cap. 24,25,26) : Livio non si concentra su QUESTO momento della storia MA
sulla FINE  quando, dopo lo scontro tra i 3 campioni di Albalonga ( Curiazi) e quelli di Roma ( Orazi), l’Orazio ( a cui sono stati
uccisi i fratelli) scappa/ fugge e obbliga i suoi avversarti a sdipanarsi, per affrontarli separatamente e ucciderli uno dopo l’altro. Nella
prospettiva della “vox popoli” / il popolo, Orazio non ha trionfato ma è fuggito! Quindi, la prima notizia che arriva alla sorella di Orazio
( che è sposa a uno dei Curiazi) è quella che suo marito è ancora vivo.E il padre maledice il destino. Quando però arriva la NOTIZIA
EFFETTIVA che non si è trattato di una fuga ma di una strategia per sconfiggere gli avversari separatamente, e l’Orazio superstite,
ritorna a Roma in trionfo, la sorella lo maledice per avergli ucciso il marito. A quel punto, Orazio uccide la sorella. QUINDI -> in nome
della morale romana, viene tentato un processo al salvatore della patria ( Orazio) che si è macchiato di un delitto.  SU QUESTO
LIVIO SI CONCENTRA.Se dobbiamo trovare un precedente, che ha ispirato la scelta di David, è PIERRE CORNEILLE (1606-1684)(
uno dei più grandi tragediografi francesi del 600), che nel suo “Horace” ( tragedia del 1640) insiste sull’opposizione tra la prospettiva
femminile e quella maschile. Ovviamente qui non si parla del giuramento ma rispetto al finale della storia, ci si concentra sulla
dimensione mediana. QUI , l’autore sceglie L’INIZIO. Ciò esalta ancora di può la differenza/opposizione , e perciò la deliberata
poetica, così fortemente marziale del dipinto. Si parla di “EXEMPLUS VIRTUTIS” ( esempio della virtù, coraggio), che , ripeto, non è
così tanto presente nelle fonti antiche o mediane. Cioè: Corneille può dare impulso alla contrapposizione tra i due blocchi ( Maschile
e Femminile), ma la scelta del momento, su cui concentrare l’azione, è tutta a carico dell’artista, il quale ha colto nel senso del
giuramento -> sono gli anni in cui si cominciano a costruire le prime carte, che fondano le repubbliche ( La carta della costituzione
Americana -> 4 luglio 1776; arriveremo alle dichiarazioni dell’uomo e del cittadino nella rivoluzione francese). E’ l’idea della
fondazione di un giuramento, che è il patto con cui non ci si batte più per il re, come sudditi, MA ci si batte per la libertà, come
cittadini, in anticipo, ovviamente rispetto alla rivoluzione, MA intuendo che i tempi sono maturi, per proporre un tema che la
tradizione non prevede.

Gli storici dell’arte valorizzano l’aspetto della ESTREMA SECCHEZZA: potremmo parlare di “economia di mezzi”. C’è semplicità -> “
NOBILE SEMPLICITà E QUIETE GRANDEZZA” cit. Winkelman -> sono i parametri del Neoclassicismo nella prospettiva greca. E’
un binomio che si può applicare al dipinto + LA DIMENSIONE TEATRALE.  Non è solo, in David, un problema di separatezza tra
parte SX e DX, ma a differenza del quadro precedente ( dove tutte le figure sono rappresentate in una distanza, un piano, che
stabilisce un punto comune, non è orizzontale ) prevede una dimensione scenica in cui l’effetto è quello di mettere in primo piano il
gruppo maschile e in secondo piano quello femminile, creando un effetto di TEATRALIZZAZIONE, giocato anche dalla presenza
degli sfondi. [ frontalità della pittura VS scultura/bassorilievi BI-DIMENSIONALITà, si mette in rilievo]. Le tre arcate ci danno senso
di inquadramento, spazio,profondità, creando un effetto scenico. Questa è una proposta che potrebbe essere la trasposizione ( non
di una pittura bi-dimensionale ma) di quella che potrebbe essere una fotografia scattata al teatro. Questa dimensione teatrale è
importante: ricordiamo che durante la rivoluzione francese, i cittadini saliranno sui gradini ( DIMENSIONE ESPOSTA) e
discuteranno. Sono FISICAMENTE presenti. E quindi, anche la retorica della rivoluzione francese tende
all’ECCESSO/TETARALIZZAZIONE/DRAMMATIZZAZIONE. -> aspetti nati con la nascita della società borghese.

Il testo ( IL BRUTO) di Vittorio Alfieri ( tragediografo), è un testo MIMETICO ( non è nato per essere letto, ma recitato)(LA MIMESI:
vede i personaggi in scena) .Quando leggiamo il testo dobbiamo tener presente il quadro di David ( RIPROPOSIZIONE DEL TEMA
CLASSICO).

VITTORIO ALFIERI

Nato nel 1749 [David è nato nel 1748) ad Asti,Piemonte( ma è più Francia che Italia, da l pdv culturale, linguistico); è un
personaggio estremamente particolare! E’ UN NOBILE -> N.B. ( ricordiamo che ci troviamo in un secolo che vede BORGHESIA vs
ARISTOCRAZIA) ( Ricordiamo anche che : Alfieri,Leopardi e Manzoni -> NOBILI/CONTI vs Parini,Foscolo,Monti -> BORGHESI). Le
tragedie di Alfieri ( come dice nella sua “Autobiografia” (testo più moderno che l’autore ha scritto) ( a partire dal 1790 e ripresa poco
prima di morire nel 1803) (è stata costruita per erigere/innalzare un monumento a sé stesso in vita ( -> il cui modello è Petrarca) ),
l’autore data la sua conversione estetica all’anno 1775, quando il “brutto anatroccolo si trasformò in cigno”: Quando un dissipatore
( dal pdv sessuale e intellettuale) ha trovato una misura, imitando il mito di Ulisse ( non facendosi legare al palo della nave, ma
LEGANDO-SI alla sedia. Questo passaggio effettuato AUTO-COSTRINGENDO SE’ STESSO! E contro tutte le premesse da cui era
partito.(Promesse culturali e linguistiche -> l’adesione alla tradizione letteraria nazionale, cioè toscana ( italiana) rivendicata come
successo perché Alfieri ricorda di non essere nato italiano: il Piemonte all’epoca è culturalmente FRANCIA. ) Alfieri parla di sé come
ANNI DI INEDUCAZIONE -> per ribadire che tutto ciò che ha fatto/scritto, sono frutto di una costrizione che lui ha imposto a sé
stesso per uscire dalla “larva” in cui si trovava. Da questo pdv, Alfieri rivendica la sua SPIEMONTETIZZAZIONE ( un suo termine)
che si realizza attraverso un processo di fuoriuscita dal Piemonte ( all’epoca quando i nobili uscivano/andavano all’estero, dovevano
chiedere il permesso al sovrano) che è culturale, politico -> E’ IL RIFIUTO DI VIVERE SOTTO UN SOVRANO CHE VITTORIO
PERCEPISCE COME TIRANNO. Nel 1778 ( anno che precede di 5 anni la pubblicazione delle sue Tragedie ( edizione Senese
dell’83) ) Alfieri scrive un trattato dal titolo DEL PRINCIPE E DELLE LETTERE in cui Alfieri fissa la TOTALE
inadeguatezza/inconciliabilità tra intellettuale e monarca/tiranno/principe/Ancien Regime.  MA -> Alfieri RESTA
ARISTOCRATICO! Alfieri cerca NON una prospettiva di libertà e affrancamento collettivo, MA la cerca a livello individuale,personale.
Non è libertario ma libertino ( termine tipo del 700, che non significa solo “di facili costumi ma -> aspira a una dimensione
autonoma). Poi -> sarà l’epoca successiva ( e Foscolo in questo avrà un ruolo determinante) a creare in colui che era stato
l’avversario dei tiranni, ma l’avversario soggettivo/singolo di QUALUNQUE oppressione, l’emblema di un teatro pre- rivoluzionario, di
un teatro che opponeva gli eroi di libertà VS tiranni. L’intenzione di Alfieri non era quella di un nuovo mondo governato dai Borghesi.
Pretendeva solo di affrancare se stesso da qualunque vincolo/ limite -> e per lui il limite era il tiranno. Ciò è importante per capire
che molta della ricezione Alfieriana , in senso rivoluzionario, deriva NON da Alfieri a dalla stagione successiva . Non è un caso che
dopo l’ anno della rivoluzione , Alfieri pubblica “ IL PARIGI SBASTIGLIATO” ( poemetto) in cui elogia la caduta del simbolo della
tirannia francese -> LA PRIGIONE DELLA BASTIGLIA ( luogo in cui si entra e non si esce). Poi-> quando i rivoluzionari
uccideranno le teste degli aristocratici, Aliferi scrive il “Misogallo” in cui critica la nuova e peggiore tirànnide -> quella del
POPOLAZZO/POPULAS che ucciderà l’aristocrazia.

Alfieri poteva conoscere l’antecedente di David? Da un pdv cronologico SI -> il quadro fu esposto nel 1785 a Roma da un pittore
francese che stava a Roma, MA poiché Alfieri ha CAZZIMMA, non cita MAI le sue vere fonti. [la tragedia del primo atto è -> ideata
nel marzo 86, estesa in prosa nel novembre 86, verseggiata nell’87 e pubblicata nell’88].E’ interessante notare che “Del principe e
delle lettere” ( che è 6/7 anni precedente alla raffigurazione di David) noi leggiamo queste parole: ( vedi pdf pag. 11) “Un principe
non darà …”  Alfieri che scrive queste parole nel ___, PARE EVIDENTE che ha presente il quadro di David. E dice : IL
PRINCIPE E IL PITTORE. Quindi -> il soggetto è un soggetto duro a digerire e tuttavia, ne collocherà il quadro nella sua reggia.
Riprende a leggere: “ Ma…” -> Livio dice : “Io giuro che non sarà più tollerabile che alcun altro re possa regnare a Roma” . La
distinzione è funzionale a marcare la differenza tra un pittore ( qualificabile all’insegna dello stile roccocò) rispetto a quello di uno
scrittore, che ha già di per sé una connotazione URTICANTE perché la parola è più forte dell’immagine. Questo è il principio -> cioè
la parola, la dimensione teatrale/performativa è ciò che crea l’effetto di violenza, scontro, rispetto al tiranno. [ IL DIPINTO E’
DIPINTO, QUESTE INVECE SONO COSE DETTE, CHE VOGLIONO DARE UN PUGNO NELLO STOMACO]. [78 vs 85-
85]Pensando di prendere Alfieri come modello, rispetto a Hamilton, è arrivato qualcuno che ha formato questo linguaggio, ancora
manierista, assimilabile con la sensibilità di un tiranno/rappresentante dell’Ancien Regime, in qualcosa che invece non ammette più
discussioni, perché qui si vuole creare il pugno nello stomaco.Alfieri-> 6/7 anni prima del dipinto di David -> NON Più tema di
Lucrezia e Bruto MA è la trasposizione del tema del giuramento presente nell’antecedente di Hamilton.Il precedente di David ->
spunto da cui Alfieri parte per il suo “Bruto” -> lo si può dire ma non è confermato da Alfieri stesso. Il primo atto, ( come in tutti i testi)
ha valore modellizzante : definisce il contesto ( CHI, DOVE, QUANDO…). E nella fine del primo atto ( caratterizzato da dialoghi) sarà
proprio il tema del giuramento a costituire un nocciolo significativo su cui si concentra l’attenzione dell’autore. Sono 5 atti ( come
nella tradizione antica).

- SINTESI INTRECCIO: Sesto ( figlio di Tarquinio il superbo) ha ucciso la moglie. Bruto e C. ragionano sul da farsi.
- DEDICA -> che è l’avan-testo, si trova all’inizio del testo -> dedica a G.Washington, indicato come CHIARISSIMO E
LIBERO UOMO -> N.B.( non più una costituzione che il monarca domina al popolo ma il popolo costituisce le basi su cui
costruire una idea comune di società. ); N.B. ( la data, 31 dicembre 1788-> l’anno ( 88) è l’anno in cui si ratifica la
COSTITUZIONE AMERICANA ( la guerra fu vinta nell’83) e nell’ Aprile del 1789, George W. Diventa PRIMO
PRESIDENTE ( egli contribuì alla vittoria contro l’Inghilterra di Re Giorgio) Nel testo però, egli viene indicato come
GENERALE perché ci troviamo in una fase precedente a questa.
- “Il solo […]Roma -> processo di trasposizione dell’antico nel moderno. L’associazione è chiara: Bruto ha abbattuto dei
tarquini e quindi, ha posto fine alla monarchia di Roma, come voi avete posto fine alla tirannia dell’Inghilterra sugli USA.
- “A voi […] perciò” -> egregio ( ex-gregis) ( latinismo) fuori dal gregge; sintassi astrusa
- “Né […] gloria” -> potrà a voi sembrare di adulazione, perché non conoscendo voi direttamente, e vivendo separati
dall’Oceano Atlantico, nessuna cosa abbiamo in comune, tranne che l’amore della gloria  capiamo che l’associazione è
volta a lodare tanto il lodatore quanto l’autore della lode.
- “Felice […] eterna” L’amore della patria va dimostrato coi fatti.
- “Io […] non libero” -> ribadisce che è nato in un paese come il Piemonte nella 2 metà del 49 del 700.
- “ avendo […[ Lari” -> ricorda la sua SPIEMONTETIZZAZIONE
- “toccata” -> una vera e non una patria di tiranni
- “in questo… tutto” -> DOPPIA LITOTE.
- “mescolare”-> ( latinismo) il vostro nome al mio.
- “VITTORIO ALFIERI” -> alla fine della dedica -> il nome di Alfieri, evoca qualcosa; in esso è scritto il presagio (“NOMEN
OMEN”) ->

GEORGE WASHINGTON VITTORIO ALFIERI


È il generale vittorioso È il tragediografo che ha in sé il nome che richiama il
trionfo.

 PRIMO ATTO: Le tragedie Alfieriane sono costruite su un numero ristretto di personaggi, per rendere all’osso in modo
scabro, asciutto -> l’effetto è funzionale a polarizzare lo scontro tra le parti in causa ( come ci dice Aristotele, non ci può
essere tragedia senza uno scontro ; la tragedia deve essere caratterizzata da un protagonista e antagonista).
Nel primo atto -> siamo nell’Antica Roma ; in scena compaiono Bruto ( l’amico di Collatino) e Collatino( marito di
Lucrezia) . L’inizio è legato a prospettive PERFORMATIVE -> le didascalie sono ridotte all’osso ( ex: SCENA, IL FORO DI
ROMA ( p. 15 del pdf) ) . Si tratta di una versificazione fondata sull’uso dell’ENDECASILLABO SCIOLTO. E’ come se
potessimo davvero vedere agire i personaggi. Si comincia in MEDIAS RES -> l’azione è già cominciata. C’è una morte,
non rappresentata, ma è la premessa. E’ la morte di Lucrezia, e alla fine dell’atto Lucrezia verrà fatta sfilare sullo sfondo
della scena. Collatino parla e interroga -> quando il sipario si apre dobbiamo immaginare che l’azione è già cominciata,
quindi c’è MOVIMENTO.

-“Dove […] anco” -> Dove mi spingi forzatamente o Bruto? Restituiscimi alla fine il mio pugnale che gronda ancora del
sangue amato ( è il sangue della moglie) ( vedi : DOVE , DEH, DOVE -> a scopo performativo; enfatizza. E’ una
reiterazione ( ripetizione) ) .
- “ Entro il mio petto …” -> i puntini sospensivi sono tipici Alfieriani. Dobbiamo immaginare che il gesto( in chiave
eccessiva) (mia moglie si è data alla morte perché stuprata, violentata, e io non posso non fare altrettanto ( per la
disperazione della perdita e perché anche io sono in qualche modo contaminato da questo disonore).
La risposta di Bruto, che è il personaggio eponimo, cioè il protagonista :
“ Prima…” -> Prima, questo ferro, ormai sacro, verrà immerso al petto di qualche altro. (Abbiamo il verbo che ci introduce,
è la costante di tutto l’atto ->) IO LO GIURO.( all’insegna della riproposizione teatrale del tema pittorico che abbiamo
definito )(è la contrapposizione tra la disperazione VS la vendetta)
-“Agli occhi…” -> Agli occhi intanto di tutta Roma, in questa piazza, è opportuno che il tuo immenso dolore scoppi intero e
il mio giusto furore. ( il tuo dolore immenso e il furor mio -> costruzione chiastica, funzionale a creare effetti urticanti anche
sul piano della sintassi) ( quindi da una parte ci sarà il marito reso vedovo, addolorato e dall’altra, l’amico incazzato. )
-“Ah!no…” -> No, io desidero soltanto nascondermi ( non teatralizzazione della propria pena MA dimensione nascosta).
Ogni sollievo ( che è posposto, al verso 11)vano rispetto alla mia feroce condizione personale ( si insiste : la disperazione
è talmente forte che nulla può giovare) soltanto il ferro ( e vediamo che si ribadisce il tema del pugnale) ( ricordiamo che il
quadro di David si focalizza sulla mano che regge le tre spade) ( il ferro -> metonimia -> identifica quel mezzo. E’ IL
TERZO PROTAGONISTA DELLA SCENA) può porre fine al mio piangere.
-“ Ampia…” -> Ampia vendetta, o Collatino, ti sarà fora( latinismo ) pure di sollievo. E tu l’avrai , TE LO GIURO. O casto
sangue di innocente o forte donna romana, alto principio a Roma oggi sarai -> è una trasposizione del “mito cristologico “
cioè la morte di una donna ,il sangue sparso da una donna, sarà quello su cui si costruirà il mondo nuovo. Non quindi il
sacrificio del figlio di Dio, ma di una Donna eroica, pura, amante del marito, la cui morte rappresenta il momento di
passaggio DALLA CONDIZIONE DI TIRANNIA A CONDIZIONE DI LIBERTà. Qui si evoca il valore simbolico della morte,
che non diventa più soltanto una questione privata , non più un fatto personale MA un atto di violenza , fatto a una singola
figura ,che è specchio di un atto di violenza su una intera società -> non è un caso che il tema della vendetta globale ,
adeschi ( con inganno) la situazione difficile di Collatino:
-“Deh!... “ -> tanto potessi sperare ancora, prima di morire una vendetta operata DA TUTTI.
-“Sperare?” -> La risposta di Bruto: Soltanto sperarne? Si, ne è certo. Il giorno ( e qui Alfieri rispetta le tre unità di
spazio,tempo e luogo) ( cioè le tragedie durano preferibilmente 24 ore ) ormai sta per arrivare: l’alto mio disegno antico
oggi può avere corpo e vita. -> qui Bruto, che si è finto nella tradizione del mito/ della storia, si è finto pazzo, per poter
convivere con la tirannia dei Tarquini, è come se l’avesse fatto allo scopo di trovare il punto per far crollare l’intero istituto
tirannico. Ecco perché parla di un “DISEGNO ANTICO “ (v.22) a cui la morte di Lucrezia -> goccia che fa traboccare il
vaso.
-“Tu,d’infelice …” -> Tu, d’infelice offeso sposo, puoi trasformare da sposo infelice e offeso a cittadino vendicatore. ->
L’USO DEL TERMINE CITTADINO ( non siamo ancora all’89) ( termine riferito a Livio,Plutarco, che raccontavano le gesta
di Roma).
Tu stesso benedirai il sangue innocente e se allora vorrai versare il tuo, sarà almeno non buttato via inutilmente per la vera
patria -> sintagma utilizzato nella dedica. Cioè -> vuoi morire?Fallo per un nobile ideale, NON per una ragione di
disperazione personale.
-“Patria,sì…” -> Bruto (posposto ) che oggi vuole creare con te o morire con te a tanta impresa -> o Roma o
morte( EPIFONEMA).
Di fronte al nome della patria, è come se si eclissasse la funzione Lucrezia , è come se la dimensione collettiva
cominciasse a prevalere su quella personale/familiare.
Il nome della patria è un nome sacrosanto. Solo per la patria vera potrei sopravvivere alla sventura.
Il sacrificio degli Orazi è in nome di un principio che va oltre la dimensione familiare/personale, che invece le donne
incarnano. TUTTO SACRIFICO PER LA PATRIA, ANCHE GLI AFFETTI PERSONALE.
-“Deh!vivi…” -> Adoprati . Sono ispirato da Dio , ardir mi presta un Dio ( NOTIAMO LA STRUTTURA CHIASTICA) che in
cor mi grida : “ A Collatino e a Bruto, spetta il dar vita e libertade a Roma” .
-“Degna di Bruto…”-> Si, la tua virtuosa speranza ( SPEME) è degna di Bruto e io sarei un vile se tradissi questa
speranza.
-“O …. Essa” -> O la patria avrà una nuova vita ( DISGIUNTIVA) generata dalla sottrazione di essa dalla tirannide dei
Tarquini, o noi , cadremo con essa.
-“Liberi o no..omai.” -> Qui stanno parlando la stessa lingua.
-“stringo” -> IL GIURAMENTO, quello che io ho fatto, nell’estrarre il ferro dal cuore ancora palpitante di Lucrezia e che sto
ancora stringendo in questa mano.
-“Pel….”-> per il grande dolore, tu sordo , ma l’hai ascoltato quel giuramento ? e qui, ascolterai rinnovarlo forte attraverso
le mie labbra, di fronte a tutta Roma. E proprio sul corpo estinto della tua consorte.-> Passaggio da prospettiva privata a
quella pubblica. Non sarà più un giuramento di vendetta familiare ( occhio per occhio, dente per dente) ma tra un gesto
collettivo che libererà l’intera repubblica.
-“già … -> già il foro col sol nascente , si va riempiendo di cittadini che sono privi di parole che una delle donne più caste è
stata violentata .
-“già corso … catastrofe” -> il grido di Valerio ( che insieme a Bruto e Collatino -> videro Lucrezia moribonda)
-“ben altro … casta. Nel loro furor, quanto nel mio, mi affido” -> Sono certo della mia rabbia, ma pure della loro.
-“oppressa.”-> Ma tu devi essere qualcosa che va OLTRE l’umanità . Potrai certo allontanare la vista dallo spettacolo
crudele del corpo di tua moglie , ciò è concesso alla tua pensa MA devi RESTARE, devi essere presente. Il tuo dolore
immenso e silenzioso, più che le mie parole accese, saranno funzionali a destare una compassionevole rabbia
( OSSIMORO) ( FURORE PIETOSO)nella plebe oppressa.  Nella plebe oppressa abbiamo la trasmigrazione della ferità
personale in una chiave universale.

15 ottobre -7° LEZIONE

Prima parte ) Primo atto del Bruto 1 di Alfieri

Noi siamo partiti dall'analisi e commento del testo nelle due versioni( originale e postuma) di Parini ( Il Mattino) per evidenziare uno
dei temi/ caratteristiche delle poetiche del secondo 700 : cioè rapporto/il processo dialettico che si instaura tra le classi sociali e in
particolare tra aristocrazia( che ancora detiene il potere nel 18 secolo) e borghesia. Ci troviamo nel periodo dell Ancien( VECCHIO)
regime, un periodo che sta per essere superato dal "NUOVO" che avrà come "punto di sfogo" la Rivoluzione francese.

Le premesse di questa istanza dialettica promossa dal terzo stato nei confronti del primo registra quella che potremmo dire una
Gradualità. Il proff ( nelle ultime lezioni) ha preso in esame quel testo per dimostrare come negli anni 60-70 si veda un tentativo (che
però sarà utopia/ che però fallirà) che i borghesi funzionano come "buona coscienza" della "cattiva coscienza" degli aristocratici.
Quindi: letteratura NON di intrattenimento, NON di occasione, ma letteratura UTILE, un ruolo che l'intellettuale rivendica come
sociale. È medium di un processo di auto- censura/ auto-rivalutazione della classe aristocratica.

Il giorno-> satira nei confronti della prima classe, siamo in Lombardia 1763. Non è fine a se stessa, ma essendo che il lettore ideale
del testo è un aristocratico, a cui l'intellettuale borghese ( cioè Parini) si rivolge, quel testo dovrebbe funzionare come specchio, su
cui ci si dovrebbe riflettere ( mito di Minerva interno al testo) : meccanismo letterario META LETTERARIO, in cui tutti guardano nel
testo stesso. È l'utopia delle riforme, è il dispotismo illuminato. È un periodo che dura 20anni ( anni 60-70) e la storia si carica di
mostrare quanto sia funzionale, se è vero che la borghesia voglia dimostrare i difetti agli aristocratici. Non cercando di fare il
lavaggio delle teste ma SEGARLE.

Poi, il proff ci ha fatto vedere attraverso il film, il momento significativo nella storia moderna, rappresentato dal 20-21 giugno 1791, in
cui la dignità del re, ciò che ha rappresentato ( ex: Luigi 14º), viene messa in crisi.

Visti i due momenti ( il tentativo e poi crisi), per periodizzare ciò che è la prospettiva di lettura circa la temperie neoclassica, che
tende NON a una dilatazione ma un RENGISTRIMENTO sul piano cronologico ( come dice HONOR), dovendo scegliere una data,
un MANIFESTO, della temperie culturale del Neoclassicismo, al proff è sembrato inevitabile, decidere di proporre il capolavoro di
David (1784-1785). Il paragone che il proff ha fatto con il dipinto di Hamilton, quello relativo alla morte di Lucrezia o al giuramento di
Bruto, voleva in qualche modo segnalarci anche sul piano iconografico, la distanza, a livello di stile, il messaggio, che distingue una
modalità di trattamento del classico, in data 1763. (Le fonti: Tito Livio "Ab urbe condita").Quanto diverge la dimensione retorica, del
messaggio e stile che viene riproposta tra QUESTA prospettiva , che risente dei condizionamenti della temperie del roccocò ( quindi
del 700 edonista, del 700 occasionale, del 700 di una pittura per aristocratici, pittura concepita e funzionale a un mercato che è
quello della prima classe ) ( ricordiamo le parole di Alfieri tratte dal principe delle lettere, che ha presente QUESTO dipinto, quando
osserva la potenzialità del poeta rispetto all'artista, come ESEMPIO del concetto di libertà, che si focalizza sull uso PAROLA e non
immagine, una parola che è urticante rispetto alla immagine più tranquillizzante) qui, il testo,invece, non presenta solo un fatto, ma
è come se il fatto parlasse, come se sostituisse alla dimensione della immagine,quella del gesto/ teatrale.

Non è a caso che leggendo Honor + You tube + Rosenbur : ciò che viene evidenziato è l'aspetto teatrale in cui i protagonisti maschili
spiccano in una prospettiva che potrebbe essere quella di una fotografia scattata dallo spettatore a teatro, in cui la rappresentazione
abbia come argomento il giuramento degli Orazi. Qui, appunto, abbiamo visto una serie di elementi, che ci davano sul piano della
tavola di contrasto , la differenza tra la retorica di Hamilton e quella di David, all'insegna anche di un anacronismo. David non ha
intuito ciò che avvenne 4 anni dopo, MA I TEMPI X UNA RAPPRESENTAZIONE MAGGIORMENTE EROICA, PLASTICA, ERANO
PRONTI.( Negli USA invece ( vs Europa) stava già accadendo qualcosa).

Quindi -> tema della patria ( vs quello della famiglia) poneva maggiore valore all' interesse collettivo. -> perciò: contrapposizione tra
gruppo maschile e gruppo femminile ( dal pdv del messaggio).

Quindi: Il passaggio si trattava di proporre un testo che dal pdv della forma e dei contenuti potesse essere la trasposizione scritta di
questo messaggio iconografico . E il proff ha scelto Alfieri, xké c'è un collegamento diretto al testo del "Dono" ( della prima edizione
di Kel ( ???? ) dell' 89).Alfieri inteso come prototipo del teatro rivoluzionario PRIMA DELLA RIVOLUZIONE. "Del princ. e delle
lettere" è anch'esso pubblicato in QUELLA occasione. MA Alfieri non è un Rivoluzionario in senso democratico, ma è anti-tirannico
sul piano individuale. Xké cmq è un aristocratico! Saranno poi i borghesi,a leggere il teatro di Alfieri un teatro funzionale a veicolare
i contenuti politici della rivoluzione francese dalla parte dei borghesi . Foscolo in primis . [Opzione alfieriana non è paragonabile a
quella di Robespierre o Danton o Marat.] Rimane il fatto che questo testo, concepito negli ultimi anni 80 e pubblicata nell' 89, è il
prototipo letterario di ciò che QUEL dipinto vuole dire. L'episodio è ovviamente un altro (Sempre tratto da Livio)!Ovviamente nesso
con Hamilton -> Plot : La morte di Lucrezia -> anche questo legato alla Nascita e fondazione della Repubblica con cacciata
dell'ultimo dei 7 re di Roma ( Tarquinio il Sup.) E --> Bruto e Collatino saranno i primi due consoli della Repubblica (509 A.C. ). Non
a caso Alfieri si può permettere di dedicare il testo a G.Washington, perché lui vede una assimilazione tra l'operazione svolta dagli
americani ( liberati dagli inglesi) rispetto ai consoli rispetto alla tirannide di Tarquinio.

Volontà di attivazione del background stilistico retorico storico legato alla classicità latina, nel segno di una insistenza anche legata
ad aspetti materiali ( ex: PUGNALE) ruotano al tema del sacrificio personale VS interesse collettivo. Perciò: suicidio e vendetta.

Il tema del giuramento, di un patto siglato da borghese/romani antichi che vogliono essere lo specchio di ciò che sta DAVVERO
succedendo in Francia in quegli stessi mesi rappresenta.Sia il giuramento di David e anche il Bruto di Alfieri si concentrano sulla
dimensione personale VS Collettiva + il giuramento. [Nel 509 Repubblica a Roma VS caduta dell'antico regime + rivoluzione
francese. ][Vittorio e la contessa d'Albaní, vittime dell'anno degli orrori e rischiano di morire].

VERSI ENDECASILLABI; TESTO MIMETICOE NON DIEGETICO (narrativo)

fia nella plebe oppressa...


anche se sono due emistichi, sono separati,
COLLATINO: Oh Bruto! il Dio MA contano per UN verso endecasillabo.

[…]

che parla in te, giá il mio dolore in alta

feroce ira cangiò. Gli estremi detti

di Lucrezia magnanima mi vanno

ripercotendo in piú terribil suono

l'orecchio e il core. Esser poss'io men forte

al vendicarla, che all'uccidersi ella?

Nel sangue solo dei Tarquinj infami

lavar poss'io la macchia anco del nome,

cui comune ho con essi.

BRUTO: Ah! nasco io pure

dell'impuro tirannico lor sangue:

ma, il vedrá Roma, ch'io di lei son figlio,

non della suora de' Tarquinj: e quanto

di non romano sangue entro mie vene

trascorre ancor, tutto cangiarlo io giuro,

per la patria versandolo. - Ma, cresce


giá del popolo folla: eccone stuolo

venir ver noi: di favellare è il tempo.

SCENA SECONDA

BRUTO Romani, a me: Romani, assai gran cose

narrar vi deggio; a me venite.

POPOLO O Bruto,

e fia pur ver, quel che si udí?...

BRUTO Mirate:

questo è il pugnal, caldo, fumante ancora

dell'innocente sangue di pudica

Romana donna, di sua man svenata.

Ecco il marito suo; piange egli, e tace,

e freme. Ei vive ancor, ma di vendetta

vive soltanto, infin che a brani ei vegga


lacerato da voi quel Sesto infame,

violator, sacrilego, tiranno.

E vivo io pur; ma fino al dí soltanto,

che dei Tarquinj tutti appien disgombra

Roma libera io vegga.

[INIZIO SECONDA PARTE DI LEZIONE]

POPOLO Oh non piú intesa

dolorosa catastrofe!...

BRUTO Voi tutti,

carchi di pianto e di stupor le ciglia,

su l'infelice sposo immoti io veggo!

Romani, sí miratelo; scolpita

mirate in lui, padri, e fratelli, e sposi,

la infamia vostra. A tal ridotto, ei darsi

morte or non debbe; e invendicato pure

viver non può... Ma intempestivo, e vano

lo stupor cessi, e il pianto. - In me, Romani,

volgete in me pien di ferocia il guardo:

dagli occhi miei di libertade ardenti

favilla alcuna, che di lei v'infiammi

forse (o ch'io spero) scintillar farovvi.

Giunio Bruto son io; quei, che gran tempo

stolto credeste, perch'io tal m'infinsi:

e tal m'infinsi, infra i tiranni ognora

servo vivendo, per sottrarre a un tratto

la patria, e me, dai lor feroci artigli.

Il giorno al fin, l'ora assegnata all'alto

disegno mio dai Numi, eccola, è giunta.

Giá di servi (che il foste) uomini farvi,

sta in voi, da questo punto. Io, per me, chieggo


sol di morir per voi; pur ch'io primiero

libero muoja, e cittadino in Roma.

POPOLO Oh! che udiam noi? Qual maestá, qual forza

hanno i suoi detti!... Oh ciel! ma inermi siamo;

come affrontare i rei tiranni armati?...

BRUTO Inermi voi? che dite? E che? voi dunque

sí mal voi stessi conoscete? In petto

stava a voi giá l'odio verace e giusto

contro agli empj Tarquinj: or or l'acerbo

ultimo orribil doloroso esemplo

della lor cruda illimitata possa,

tratto verravvi innanzi agli occhi. Al vostro

alto furor fia sprone, e scorta, e capo

oggi il furor di Collatino, e il mio.

Liberi farvi è il pensier vostro; e inermi

voi vi tenete? e riputate armati

i tiranni? qual forza hanno, qual'armi?

Romana forza, armi romane. Or, quale

qual fia il Roman, che pria morir non voglia,

pria che in Roma o nel campo arme vestirsi

per gli oppressor di Roma? - Al campo è giunto,

tutto asperso del sangue della figlia,

Lucrezio omai, per mio consiglio; in questo

punto istesso giá visto e udito l'hanno

gli assediator d'Ardéa nemica: e al certo,

in vederlo, in udirlo, o l'armi han volte

ne' rei tiranni, o abbandonate almeno

lor empie insegne, a noi difender ratti

volano giá. Voi, cittadini, ad altri

ceder forse l'onor dell'armi prime


contra i tiranni, assentirestel voi?

POPOLO Oh, di qual giusto alto furor tu infiammi

i nostri petti! - E che temiam, se tutti

vogliam lo stesso?

[ da questo momento in poi ho copiato il testo IN PROSA e non IN VERSI, per questioni di spazio]

COLLATINO Il nobil vostro sdegno l'impaziente fremer vostro, a vita me richiamano appieno. Io, nulla dirvi posso,... che il pianto... la
voce... mi toglie... Ma, per me parli il mio romano brando; lo snudo io primo; e la guaína a terra io ne scaglio per sempre. Ai re nel
petto giuro immergerti, o brando, o a me nel petto. Primi a seguirmi, o voi, mariti e padri... Ma, qual spettacol veggio!... 1

POPOLO Oh vista atroce! Della svenata donna, ecco nel foro...

BRUTO Sí, Romani; affissate, (ove pur forza sia tanta in voi) nella svenata donna gli occhi affissate. Il muto egregio corpo, la
generosa orribil piaga, il puro sacro suo sangue, ah! tutto grida a noi: «Oggi, o tornarvi in libertade, o morti cader dovrete. Altro non
resta».

POPOLO Ah! tutti liberi, sí, sarem noi tutti, o morti.

BRUTO Bruto udite voi dunque. - In su l'esangue alta innocente donna, il ferro stesso, cui trasse ei giá dal morente suo fianco,
innalza or Bruto; e a Roma tutta ei giura ciò ch'ei giurò giá pria sul moribondo suo corpo stesso. - Infin che spada io cingo, finché
respiro io l'aure, in Roma il piede mai non porrá Tarquinjo nullo; io 'l giuro: né di re mai l'abbominevol nome null'uom piú avrá, né la
possanza. - I Numi lo inceneriscan qui, s'alto e verace non è di Bruto il cuore. - Io giuro inoltre, di far liberi, uguali, e cittadini, quanti
son or gli abitatori in Roma; io cittadino, e nulla piú: le leggi sole avran regno, e obbedirolle io primo.

POPOLO Le leggi, sí; le sole leggi; ad una voce noi tutti anco il giuriamo. E peggio ne avvenga a noi, che a Collatin, se siamo
spergiuri mai.

BRUTO Veri romani accenti questi son, questi. Al sol concorde e intero vostro voler, tirannide e tiranni, tutto cessò. Nulla, per ora, è
d'uopo, che chiuder lor della cittá le porte; poiché fortuna a noi propizia esclusi gli ebbe da Roma pria.

POPOLO Ma intanto, voi consoli e padri ne sarete a un tempo. Il senno voi, noi presteremvi il braccio, il ferro, il core...

BRUTO Al vostro augusto e sacro cospetto, noi d'ogni alta causa sempre deliberar vogliamo: esser non puovvi nulla di ascoso a un
popol re. Ma, è giusto, che d'ogni cosa a parte entrin pur anco e il senato, e i patrizj. Al nuovo grido non son qui accorsi tutti: assai
(pur troppo!) il ferreo scettro ha infuso in lor terrore: or di bell'opre alla sublime gara gli appellerete voi. Qui dunque, in breve, plebe e
patrizj aduneremci: e data fia stabil base a libertá per noi.

POPOLO Il primo dí che vivrem noi, fia questo.

[Ciò che abbiamo letto è una trasposizione del messaggio proposto dal quadro di David. ]

Proff legge da una raccolta di saggi di uno dei massimi critici letterari del 2° 900 francese -> R. Barthes, che su concentra sulle
scritture politiche nella rivoluzione francese:

1
Nel fondo della scena si vede il corpo di Lucrezia portato e seguito da una gran moltitudine.
R. BARTHES, Scritture politiche, in Il grado zero della scrittura. Seguito da Nuovi saggi critici, Torino, Einaudi, 1982, pp. 17-18 (ed.
orig. Le degré zéro de lécriture suivi de Nouveaux essais critiques, Paris, Éditions du Seuil, 1953 e 1972).

«Ciò che ha formato identità….>>

“non era altro che la misura della realtà” -> cioè si crea una modalità rappresentativa che sia specchio di un tempo che è un tempo
percepito NON ordinario MA straordinario.

“Quella scrittura, che ha in sé tutti i segni dell’ inflazione fu una scrittura esatta: mai linguaggio fu più inverosimile e meno impostore.
“ INFLAZIONE: ECCESSI // IVEROSIMILE: IPERBOLICO // MENO IMPOSTORE: voleva rendere il senso dell’iperbole che era
vissuta nel quotidiano

“Questa enfasi non era soltanto la forma modellata sul dramma; ne era anche la coscienza.” -> cioè la convinzione di essere romani
antichi reincarnati. Leggiamo Livio/Plutarco, con l’idea di essere protagonisti delle opere degli storici greci e latini; come se fossero i
protagonisti delle opere delle tragedie degli antichi.

“Sì, sono Guadet. Boia fa il tuo dovere. Porta la mia testa ai tiranni della patria. Li ha fatti sempre impallidire: mozzata, li farà
impallidire ancor più” -> questa è una battuta di un rivoluzionario detta prima di morire, che pare un protagonista di una tragedia.

“La scrittura rivoluzionaria fu in qualche modo l’entelechìa [i.e. il principio vitale] della leggenda rivoluzionaria: essa intimidiva e
imponeva una consacrazione civica del sangue” -> nel senso di una dimensione storica e nella percezione particolare e nuova. La
rivoluzione francese rappresenta una svolta storica paragonabile all’accesso dal Paleolitico al Neolitico. E’ per questo che deve
essere marcata, anche attraverso l’uso dei codici.

17 OTTOBRE – 8° lezione Parte 1

QUALE E’ LA PERCEZIONE DEGLI UOMINI DEL 700 CHE HANNO DELL’ANTICO?/DEL 2° 700 NEI CONFRONTI
DELL’ANTICO?

Honor  nel suo libro vedremo opere considerate come MANIFESTI del Neoclassicismo : l’autore ci dà 3 esempi per le 3 arti
figurative -> Per la PITTURA – Per la SCULTURA – Per la ARCHITETTURA

“Giuramento degli Orazi” “Il monumento funebre al Papa Clemente 14°” (un esempio che non ci riguarda)

(DAVID) (CANOVA)

[il tema del SEPOLCRO -> è una prolessi rispetto a ciò che saranno le ultime lezioni del corso]

Per capire la novità imposta da Canova scultore, è importante avere presente alcuni modelli dell’età precedente  più che roccocò (
1° 700) , il proff sceglie 2 opere ( monumenti funebri) dell’artista che in scultura ( in antitesi al Neoclassicismo) ha rappresentato gli
eccessi negativi, le stravaganze, le dimensioni meravigliose MA false, che il Barocco letterario rappresenta, rispetto ai teorici del
Neoclassicismo in letteratura  GIANLORENZO BERNINI.

Bernini fu uno dei massimi scultori/artisti dell’età barocca/del 17° secolo. ; è un napoletano, nato nel 1598 e morto nel 1680.

1) Monumento funebre di papa Alessandro VII, 1672-1678, Basilica di San Pietro (Roma)  fu una delle ultime sculture del
Nernini, realizzato tra il 72 e il 78( negli ultimi 10 anni della sua vita) e che si trova a San Pietro, in Vaticano. Come
vediamo, la rappresentazione vede 4 figure allegoriche:
-in primo piano : a SX , la carità che tiene in braccio un bimbo ; a DX , la che posa un piede sul globo
-in secondo piano: a SX, la giustizia che tiene in mano la sua testa; a DX, la prudenza.
Notiamo l’effetto scenografico in cui la scultura è iscritta. Inoltre l’autore gioca sulla giustapposizione dei colori. Il Papa si
trova in posizione superiore con un gesto benedicente. Ma ciò che spicca è lo scheletro, nascosto in quel drappo rosso. Lo
scheletro è immagine topica della “vanitas vantati”( tema legato alla stagione della controriforma) , cioè della dimensione
effimera delle cose. Lo scheletro tiene in mano una clessidra( altro simbolo della vanitas vantati). Il drappo è come se
fosse in movimento.SI TEATRALIZZA LA MORTE. Questo monumento è considerato tra gli esempi più spettacolari del
Barocco. Il monumento contiene tutti gli elementi del Barocco( anche letterario), ma in chiave iperbolica, stupefacente, per
creare stupefazione agli occhi di chi guarda. Questa “iperbole Berniniana” ( cioè questo monumento a Papa Al.
7°)dell’ultima stagione della sua esperienza di vita, ha un suo precedente:
2) Monumento funebre di papa Urbano VIII, 1628-1647, Basilica di San Pietro (Roma)  con gli stessi elementi del
monumento precedente, MA in una prospettiva NON così iperbolica.Il monumento, commissionato dal Papa nel 1623 allo
scultore, completato nel 1626, è presente nella basilica di San Pietro, anch’esso.Anche qui, troviamo la presenza delle
figure allegoriche di Carità e Giustizia, che si appoggiano sul sacèllo ( arco funebre). Il papa è sul trono, con un
atteggiamento più maestoso di quello di Clemente 7°( ???? forse il proff ha sbagliato nome? ) .Al centro, intenta a scrivere
l’epitaffio del pontefice, c’è la morte/ lo scheletro, che di nuovo, in una posizione inferiore, rappresenta un effetto da
generare nei confronti dello spettatore, MA non teatralizzata dalla presenza del drappo.Ancora una volta, si tratta di
un’opera che mette insieme elementi plùrimi (colori diversi, marmi, legno…), che si pone in una dimensione fortemente
teatralizzata, e che, ancora una volta, mira a una prospettiva della dimensione “retorica”/esposta/meravigliosa, del tema.

Antonio Canova (1757-1822), Monumento funebre al Papa Clemente 14°, 1783-1787, Chiesa dei SS. Apostoli (Roma).

Per il suo monumento funerario, degli stessi anni ( 83-87-89) del “Giuramento degli Orazi” , propone questa composizione, che si
trova a Roma nella basilica dei Santi Apostoli. Per capire la differenza tra questo e gli altri due monumenti analizzati prima, è
doveroso leggere il commento fatto nel 1787 ( quando l’opera (Monumento funebre di papa Clemente XIV ) fu scoperta) da uno dei
teorici italiani del Neoclassicismo -> FRANCESCO MILIZIA.Egli scrisse una lettera, presente in uno scritto (“Storia della scultura dal
suo risorgimento in Italia sino al secolo XIX per servire di continuazione alle opere di Winkelmann e di D’Agincourt” ) , di uno dei
massimi teorici dell’800 della scultura del Neoclassicismo e amico di Canova  FRANCESCO LEOPOLDO CICOGNARA,
presidente della “Accademia delle arti” a Venezia, grazie a Napoleone, e uno dei più grandi studiosi della scultura del 1° 800.
Questa “Storia”, divisa in 3 tomi ( 1816-1818) si propone ( in continuità a Winkelman per la teorizzazione del 2° 700 per quanto
riguarda i temi relativi alla storia dell’arte) di cominciare dal Risorgimento fino all’età contemporanea e BERNINI è l’esempio dello
scultore che ha messo in crisi i grandi modelli proposti da Raffaello , Michelangelo e Leonardo ( il Risorgimento è messo in crisi dal
Barocco) ( quindi Bernini è criticato da Cicognara). E nel libro 7°, si parla della stagione di Canova.

Proff legge-> “In questa Chiesa [ …] Papa Ganganelli”  Papa Ganganelli è Papa Clemente 14°.

“ […] proteggere” ->fino a qui, descrizione oggettiva. D’ora in poi, COMMENTI, valutazione .

“La composizione […] antica.!” -> vediamo cosa significa ANTICO :

“Il [… ] questo” -> il tema è connesso alla dimensione cristiana, tuttavia viene attribuita una positività in nome del richiamo al VERO
STILE, cioè LO STILE DEGLI ANTICHI -> che non è quello degli antichi martiri cristiani MA antichi greci e romani.

“…In ventisei anni ch’io sono in questa Urbe dell’orbe non ho veduto mai il popolo di Quirino applaudir così generalmente niuna opera tanto come questa. Gli artisti
più intelligenti e galantuomini la giudicano fra tutte le sculture moderne la più vicina all’antico. Fin gli stessi ex-Gesuiti lodano e benedicono Papa Ganganelli di
marmo. E certamente questo è un miracolo di quel Papa, il quale sarà più glorioso per questo monumento che per la soppressione de Gesuiti. È questa unopera
perfetta, e per tale viene dimostrata dalle censure che ne fanno i Michelangiolisti, i Berninisti, i Borroministi, i quali hanno per difetti le più belle bellezza, giungendo
fino a dire che i panneggiamenti, le forme, le espressioni, sono allantica. Dio abbia pietà di loro!

H.HONOUR, Neoclassicismo, pp. 25-26  Winkelman:“nobile semplicità e calma grandiosità” ( nell’originale tedesco edle Einfalt
und stille Grösse ) caratteristiche dell’arte NEOCLASSICA.

KARL PHILIPP MORITZ (1756-1793)  altro teorico tedesco, pubblica un articolo : “ Einfachheit und Klarheit” (Semplicità e
chiarezza) , nel 1792, in cui c’è la spiegazione del paradosso: un secolo che guarda all’eccellenza del moderno come il 700, MA
individua in un preciso momento della storia, riletto in una prospettiva a parte SUBIECTI, questa idea di perfezione/ordine. Non è la
certificazione storica di ciò che l’antichità a livello artistico ha prodotto, MA ciò che colpisce e interessa la dimensione razionale,
ordinata del pensiero 700esco. Dunque esiste una corrispondenza di origine razionalistica tra piacere estetico e il ragionare.
L’immagine dell’antichità come modello converge con la rivendicazione della ragione che vuole tanto chiaro lineare il pensiero,
quanto semplici le forme della rappresentazione artistica ed inerenti al concetto. Dunque l’antichità diventa un momento particolare
di quel tipo di prospettiva dell’antichità, come età dell’oro della ragione, in cui ragione e storia si congiungono in una concezione per
cui l’antichità e la ragione sono presenti insieme nella storia. Dunque basterà ribaltare il processo storico e tornare all’insediamento
dell’antichità per essere fedele alla ____________ . E’ il concetto di antichità come futuro. Dunque l’antichità è un modello, un valore
che deve essere realizzato nel mondo di domani. Ecco che è il modello per cui da una parte  il monumento di un papa viene
riproposto in una chiave e vuole imitare le sculture ateniesi e romani ; e dall’altra  gli elementi fondativi del concetto di “società” in
senso “borghese” ( mi riferisco al GIURAMENTO DEGLI ORAZI) pretende di leggere quell’esempio di virtù, scegliendolo nella sobria
e scabra rappresentazione che il dipinto di David ci propone.  L’idea è quella di riportare l’antico nel moderno MA NON TUTTO
L’ANTICO, ma quell’antico che è rispettoso delle dimensioni che il 700 razionalista applica al concetto di arte e al concetto di
letteratura, che il sintagma “NOBILE SEMPLICITA’ E QUIETA GRANDEZZA” di Winkelman sintetizza.

WINKELMAN (1717-1768) published in 1755 “Pensieri sull'imitazione dell'arte greca in pittura e scultura”, in Dresda. This work
can be comparised to the “Encyclopédie” . E’ il testo fondativo di una modalità di guardare all’antico secondo un pdv tipicamente
razionalista.  la bellezza consiste nell’armonia delle parti. Il buongusto 700 esco razionale ( e non solo estetizzante) guarda a una
prospettiva dell’antico in opposition to the Barocco e Roccocò; dunque sarà una composizione razionale e “graziosa” ( nel senso di
ordinata, simmetrica, chiara), non perché rallegrerà il piacere estetico ma il piacere intellettuale.  è una prospettiva RAZIONALE!

Nel 59 Winkelman dirà che la grazia è il piacere secondo ragione.

Dunque il compito dell’artista è restituire al mondo una civiltà della grazia secondo ragione, fatta di pensiero, NON di frivolezze, NON
sensuale ( as Barocco).La bellezza è sì percepita dai sensi, ma la mente la riconosce come tale e la comprende.

Quindi , abbiamo una definizione della sublimità della grazia, che può prendere declinazioni o come quelle della malinconia ( ex: il
carro del monumento funebre) oppure quella della sobria virilità in chiave di declinazione non solo estetica ma anche politico.
Perché? Il principio “ciò che è bello è razionale” implica che “ ciò che è bello è anche ideale”. Quindi -> il passaggio dalla
prospettiva estetica a quella ideologica è estremamente breve. Da qui il rifiuto del Barocco è Roccocò. Le scoperte di
Ercolano/Pompei tra il 38 e il 48 del 700, saranno lette in chiave ambivalente. Al museo nazionale di Napoli , c’è una raccolta di tutti i
falli /peni maschili, che venivano rappresentati nelle case, perché simbolo di fertilità. Il 700, di fronte a quelle manifestazioni,
reagisce con disgusto e immoralità. In particolare -> OMERO -> rappresentava un problema -> perché gli Dei agiscono secondo
moralità e principi che non sono condizionati da aspetti etici, ANZI. -> POLEMICA OMERICA -> da qui, il problema di razionalizzare
Omero, sentito come TROPPO PRIMITIVO. Quindi -> l’inevitabile problema di tutte le esperienze antiche e letterarie che non si
adeguano a quel modello di antichità, ma secondo il pdv razionale, ordinato, morale del 700.

[Seconda parte]

H.HONOUR, Neoclassicismo, pp. 38-39 e 45-47: -> PAGINE IN MERITO AL RAPPORTO POLEMICO NEI CONFRONTI DELLA
MITOLOGIA CLASSICA.

Ricezione dell’antico in chiave razionale e morale -> Winkelman ci spiega perché. -> Egli, guarda alla Grecia come modello per lui
privilegiato. La Grecia di Atene è simmetrica alla Roma Repubblicana di cui abbiamo parlato negli Orazi. La sinergia è tra momento
estetico,momento politico e momento storico. C’è una unione di questi tre momenti. Per quanto riguarda la Grecia, si arriva a citare
da una parte, la bellezza del clima e insieme, la libertà dei costumi e delle istituzioni pubbliche  la bellezza e la libertà nella storia.
QUINDI-> arte -> veniva considerata come il motore della cultura, del benessere morale e estetico dei cittadini. Dunque -> l’artista,
che è ANCHE legislatore, è il rappresentante dei valori positivi che la società fa propri e che l’arte rende ineguagliabili. Sia l’arte
plastica ( scultura e architettura) e l’altro tipo di arte.

Quindi -> 2 declinazioni dello stesso modello ->

ARTE COME IDEALISMO ESTETICO ELLENIZZANTE DI ARTE “SPARTANA” -> SOPRATTUTTO APPLICATA ALL’EPOCA
WINKELMAN -> ARTE COME RAZIONALITA’ E ESTICITA’. PRE-RIVOLUZIONARIA E RIVOLUZIONARIA. ( Non si può dire
ESPLICITAMENTE che il Neoclassicismo coincide con gli interessi
della borghesia, ma i due fenomeni sono collegati).

Visione di Winkelman -> dimensione UNICA fatta di ESTETICITA’ E LIBERTA’ -> e questo è anche ALFIERI ( lui dice infatti che non
ci può essere artista libero se c’è un tiranno).

QUINDI -> gli esempi di Canova e David -> sono le due espressioni delle modalità di cui stavamo parlando adesso, così come Alfieri
( e il suo “Bruto”) è la declinazione in chiave letteraria della dimensione spartana, proposta dal dipinto di David.

Un equivalente in rapporto alla dimensione riferita al mondo greco, alla perfezione razionale dell’età greca in letteratura è LA
LETTERA SCRITTA DA MELCHIORRE CESAROTTI .

Melchiorre Cesarotti ( 1730-1808) -> maestro di Foscolo, professore di greco a Padova e il traduttore di uno dei poeti del 2° 700 più
fortunati su scala europea -> JAMES MACPHERSON ( 1736-1796) ->destinatario della lettera; il quale tra il 1761 e il 1765 pubblicva
una serie di poemi, noti con il nome di “POEMS OF OSSIAN” (Ossian è un bardo/poeta scozzede del 3° secolo d.C. ) i quali
vengono presentati come una scoperta di un poema antico qando in realtà si tratta di un falso storico. L’autore è Macpherson
stesso!!! Che però spaccia quei componimenti, come antichi, anche se sono I SUOI COMPONIMENTI!!!! Si genera quindi un
MISUNDERSTANDING! -> I lettori del 700 vedono in questo bardo del 3 secolo d.C. un modello di antichità che loro sentono
GIUSTO!, un modello razionale,morale ; ben diverso dagli eroi della mitologia omerica ( che è per quelli del 700 : immorale e NON
razionale). -> SI SCAMBIA UN FALSO PER UN ANTICO! -> Ossian sembra essere PIU’ rappresentativo di OMERO! Ossian però
NON è un poeta del 3° secolo ma è UNA FUNZIONE DI UN AUTORE MODERNO!! -> PARADOSSO! -> che però rivela come il 700
guarda all’antico -> non lo guarda “così come è” MA lo guarda per ritrovarne i principi, valori che il 700 stesso illuminista vuole,
sintetizzati in: RAZIONALITA’ e MORALITA’.

1763 -> Anno in cui viene mandata la lettera ( da Cesarotti a Macpherson) -> è una lettera in cui Cesarotti, loda Macph. come uno
dei geni della modernità, per aver “SCOPERTO” ( ma in realtà sappiamo che ha COMPOSTO) un testo antico -> Cesarotti è
convinto che i poemi di Ossian siano ANTICHI, appunto. La lettera è in francese, benché Macph. fosse inglese, ma il francese è la
lingua di comunicazione.

Cesarotti mette in contrapposizione L’ANTICHITA’ DI OSSIAN vs ANTICHITA’ DI OMERO.

Cesarotti, l’abate di Padova scrive nella primavera del 63 al letterato ingles, in cui si dice che Cesarotti sia interessato a tradurre in
italiano i versi di Ossian(Macph.) perché colpito dalla bellezza di questo “ANTICO” ( NON E’ COSì) bardo.

TRADUZIONE DA FRANCESE A ITALIANO  "Permettez, Monsieur, qu’avec toute l’Italie…”  “Permettetemi signore,che
insieme a tutta l’Italia io vi faccio le mie felicitazioni per la felice scoperta che avete fatto di un nuovo mondo poetico, e su quei preziosi tesori di cui
voi avete arricchito la migliore letteratura. Voi avete diritto a una grande riconoscenza dalla vostra patria e il pubblico deve tenere conto dei vostri
viaggi e delle vostre fatiche. E’ ben altra cosa ciò che avete fatt, farci pervenire una sterile pianta o qualche medaglia arrugginita. Io quasi non
riesco a riprendermi dal mio rapimento . Il vostro Ossian mi ha entusiasmato. Morven è divenuto il mio Parnaso e la Lora, la mia fonte di
Ipocrene.Io scelgo sempre i vostri eroi: io mi intrattengo con questi inimitabili personaggi del canto. Io me ne vado in giro con loro e le vostre
montagne coperte di abeti, folti e di nebbie, il vostro cielo tempestoso, i vostri torrenti che muggiscono, i vostri deserti sterili, le vostre praterie ,
abbellite di cardi, TUTTO QUESTO SPETTACOLO grande e silenzioso e mesto, per me ha più bellezze dell’isola di Calipso e dei giardini di
Alcinous. Si è discusso a lungo e forse con una più asprezza che atteggiamento trasparente, sulla superiorità della poesia antica e moderna. Io
credo che Ossian darà partita vinta alla prima senza che i partigiani degli antichi greci ci guadagnano particolarmente. Bisogna considerare come
la poesia della natura e del sentimento sia superiore a quella di riflessione e spirito dei moderni. MA se ciò dimostra la superiorità della poesia
antica, dobbiamo sentire i difetti degli antichi poeti meglio di tutti gli altri critici. Lo scozzese ci ha mostrato un Omero che non sonnecchia, che non
è mai grossolano, ma sempre grande, semplice, rapido, simmetrico. Ma non compete a me fare l’elogio a Ossian, a colui che può essere
considerato come modello. Vorrei dirvi, piuttosto, che anche io ho pensato di tradurre queste poesie in italiano,in versi bianchi.Non che io mi vanti
di accostarmi alle bellezze inimitabili di questo grand genio, ma io spero che attraverso la mia traduzione io potrò completare lo spirito del mio
moderno e di appropriarmi delle sue modalità. Ma dobbiamo dirci tutto, signore. Sapete bene, che questo Poeta ha suscitato terribili querele/ litigi.
L’antichità di Ossian registra un diverso numero di lettori increduli soprattutto tra i sapienti. Si disputa, si fa il processo contro le forme e si prendono
gioco di me ( che cado nella trappola) che giudico l’Ossian antico. In verità non sarà un affare semplice, imporre questa verità a quei signori Essi
sono […] Ce ne sono altri che non agiscono così semplicemente. Dicono che questo Ossian è un barbaro, il suo nome non ha radice di tipo greco
o latino, non conosce la mitologia, non ha letto la Poetica di Aristotele e osa fare dei pomei omerici; e ciò che è peggio lo fa senza le macchine ( lo
strumento mitologico) e senza allegorie. Ecco l’ultima provocazione. Ma lo si esalta, lo si osa mettere in parallelo a Omero, e la comparazione non
torna molto a favore del poeta greco. Come concludere allora?Non c’è altro da ipotizzare che questa opera sia stata forgiata da un moderno.
Sapete bene signore che è stato dimostrato che i moderni non faranno mai qualcosa che sia valido, almeno di non recuperare gli antichi. Bisogna
far vedere loro le bellezze straordinarie di queste poesie. I detrattori saranno in diritto di non dirmi niente e diranno come unica risposta : è
moderno. Fra questa gentaglia testarda, ci sono persone di buon senso a cui tutto questo”cicalare” è indifferente; che d’altronde non sarebbero
infastiditi di dover attribuire al nostro secolo questa eccellente produzione, e che troverebbero più forza di spirito di un moderno che avesse voluto
trasformarsi in Ossian, piuttosto che in Ossian stesso. Riconosco in questa poesia la grandezza e una semplicità che porta la più impronta della
natura. Io vi trovo : una finezza di disegno, un ordine[ … ]”.

Abbiamo visto come un poeta e una finzione moderna vengano considerati il PROTOTIPO di ciò che l’antico dovrebbe produrre. Il monumento di Canova x Cl. 14° è
al paro degli Orazi dipinti da David.
24 ottobre 9 lezione Prima parte lezione

GIOSUE’ CARDUCCI -> nel 1869, nella introduzione a una delle edizioni di Monti, “Versioni poetiche con giunta di cose rare o
inedite”, scrive :

«Nella storia letteraria del gran secolo che corse per l’Italia dal 1750 al 1850, quando sarà scritta con serena oggettività e senza
preoccupazioni di parte, Vincenzo Monti riprenderà il luogo che gli spetta, come a principe dell’arte di un’intera e ingegnosissima
generazione, come a prosecutore ed allargatore dell’antica tradizione italiana».

Il proff Frassineti invece dice, nel 2011 : “…”

E cita questi due libri, presenti nella bibliografia del suo libro:

G. BARBARISI, Vincenzo Monti e la cultura neoclassica, in Storia della Letteratura Italiana, a c. di EMILIO CECCHI e NATALINO SAPEGNO, VII (L’Ottocento),
Milano, Garzanti 1969, pp. 3-95, ora rist. con testi integrativi inediti, Milano, RCS 2005, pp. 3-135 (da cui si cita).

ENRICO MATTIODA, La letteratura nel neoclassicismo. Vincenzo Monti, in Storia della letteratura italiana, dir. da ENRICO MALATO, VII (Il primo Ottocento), Roma,
Salerno Editrice 1998, pp. 324-70.

Accademia Edu + Google Scholar

Insieme a Ugo Foscolo,Monti -> è il maggior rappresentante di quella temperie culturale -> NEOCLASSICISMO.

Proff legge dal suo libro questa pagina e seguente:“ “Nessuno autore moderno ha così liberamente imitato come il Monti, nessuno ha così francamente
dichiarato il proprio debito e la propria riconoscenza […]; così che lungi dall’accusarlo di plagio, siamo piuttosto gradevolmente sorpresi per il nuovo aspetto che egli
conferisce a bellezze già familiari a ciascun lettore.” Spetta a questa pagina dell’Essay on the Present Literature of Italy (1818) di Ugo Foscolo, qui riportata nella più
fedele versione all’originale, il primo riconoscimento del ruolo giocato da Monti quale ingegnoso mediatore formale della grande tradizione letteraria, da Virgilio a
Dante, da Orazio a Petrarca, da Omero (ma tramite il filtro del latino) al barbaro Shakespeare, letto in lingua francese. Con sette anni d’anticipo sulla stampa del
Sermone sulla mitologia, in cui l’ormai anziano campione avrebbe eternato con ben altra profondità ed eloquenza le ragioni della propria inesausta devozione agli
antichi, il suo più agguerrito competitore poneva così le premesse per un’interpretazione destinata a produrre una larga eco dai classicisti ai romantici, benché su toni
progressivamente eterogenei sino alla marcata dissonanza: dal “poeta dell’orecchio”, abile saccheggiatore dei latini e dei greci, di leopardiana memoria, al ritratto in
nero schizzato da Francesco De Sanctis l’intervallo tuttavia non è breve. Ci corre, per intendersi, proprio il drastico mutamento assiologico attorno alla ricezione della
mitologia, che la sensibilità del commentatore ottocentesco non esita a liquidare fra le categorie del superato come repertorio di reminiscenze esornative, cumulo di
meri nomi e di epiteti convenzionali. Da allora sino alla metà degli anni Cinquanta del Novecento la critica si è mantenuta unanime nel rilevare la peculiarità di una
fucina poetica alimentata pressoché senza sosta dalla suggestione allegorico letteraria del mito. Nello specifico, Monti è stato quindi definito ora come il «ravvivatore
del sentimento classico nella sua migliore espressione», o meglio come «il più illustre paganizzatore del secolo XVIII», ovvero come «un grande intermediario della
poesia», o ancora come «poeta [della] letteratura», come «poeta […] fermo e inesorabile […], sempre relegato nel mondo dei miti», oppure come «poeta di affetti
estetici, e non di affetti umani […], poeta canoro della bellezza, musico dei miti dell’immaginazione» .Attorno al valore da attribuire a un impiego tanto sistematico
della favola, si sono invece consociati il pregiudizio biografistico e quello militante, latenti del resto nella delicata calibratura dell’estratto foscoliano citato in esergo:
identificato nel poeta romagnolo l’epigono della civiltà cortigiana del Rinascimento, l’ultimo degli artisti d’Arcadia, si è discusso allora di mitologia come decorazione,
erudizione e riempitivo, oppure di mitologia come rifiuto della realtà, fuga dalla vita e dalla storia. Più spregiudicata e aperta la posizione di Treves (vedi il primo
capitolo), nel provvedere a decifrare la formidabile restaurazione della classicità sostenuta dal “traduttor de’ traduttor” in prospettiva allegorico-modernista, secondo
cui il mito cessa d’incarnare «un concetto meramente praticistico-culinario»3 per trasformarsi in strumento simbolico di azione sulla realtà: l’ideale schilleriano – e
winckelmanniano – dell’estetica come principio di educazione, dell’antichità come futuro. “.

QUINDI  La critica ha parlato di un neoclassicismo di Monti, a carattere più esornativo per la maggior parte, quindi più
riconducibile a una dimensione più di Roccocò ; E INVECE ALTRI, vi hanno notato categorie etiche e politiche che abbiamo
discusso in sede introduttiva.

Il problema che il proff ci pone oggi, è quello delle PREMESSE: la formazione culturale di Monti. Ciò ci servirà a capire la distanza
anagrafica ( VINCENZO MONTI (1754) vs UGO FOSCOLO( 1778) )( quindi problema generazionale) ma anche un problema
culturale.  SIAMO SICURI CHE MONTI NASCE COME POETA NEOCLASSICO? Poteva un autore nato nel 1754, incrociare una
temperie culturale che nasce nel 1785, o comunque anni 80 ( NEOCLASSICISMO)? La risposta è semplice : NO!Monti si era già
formato nel frattempo ! Quindi non è strano che si ragioni di una adesione di Monti al Neoclassicismo in età matura, E SOLO E
SOLTANTO IN ETA’ MATURA. [Ciò è diverso dalla situazione di Foscolo, il quale nell’85 ha 5 anni.] E allora  è importante vedere
quale è il processo formativo di Monti negli anni in cui si forma  e gli anni in cui si forma sono gli anni della scuola superiore, delle
prime esperienze.

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