Identità di suono della parte finale di parole a
partire dalla vocale tonica compresa Il termine rima deriva attraverso il fr. ant. risme, rime e il prov. rim / rima dal lat. rhythmus Rhythmus: nella poesia lat. mediev. le forme che non rispettano più la metrica quantitativa La rima ha funzione demarcativa: favorisce la percezione della divisione in versi. L’anisosillabismo è possibile perché la scansione in versi è assicurata dalla rima Funzione strutturante: schema delle rime rima baciata (AA BB CC) forma strofica del distico. Se la stessa rima è continuata in tutta una strofa si dice monorima (es: quartina monorima di alessandrini) rima alternata (ABAB CDCD). La rima alternata per 8 versi (ABABABAB) dà luogo all’ottava siciliana. Se gli ultimi due versi sono a rima baciata (ABABABCC) si ha un’ottava toscana (forma dell’ottava rima). Se i versi a rima alternata sono 4 (ABABCC) lo schema si dice sestina (forma della sesta rima) rima incrociata (ABBA CDDC). Due quartine a rima incrociata con le stesse rime (ABBA ABBA) formano la prima parte di uno dei due tipi di sonetto rima incatenata (ABA BCB): schema della terza rima o terzina dantesca rima perfetta: identità di tutte le vocali e consonanti dall’ultima vocale tonica del verso rima imperfetta: assonanza = identità delle sole vocali consonanza = identità delle sole consonanti (non usata in rima) L’assonanza al posto della rima è frequente nella lauda, nel serventese, nei cantari Nella tradizione it. è perfetta la rima di è chiusa con è aperta e con iè (véde: piède; vérde: pèrde) e di ó chiusa con ò aperta e con uò (amóre: cuòre; córto: pòrto) Nella metrica romanza invece (es. fr. e prov.) non rimano Spiegazione: nella poesia lat. mediev. e lunga (> é) rima con e breve (> è / iè), o lunga (> ó) rima con o breve (ò / uò). Nella pronuncia scolastica mediev. Tutte le vocali toniche del latino suonano aperte. Inoltre nel modello di poesia siciliana non c’è opposizione e/o aperte/chiuse rima siciliana di i con é e di u con ó (es: desse:venisse: tremesse, Inf., I, 44:46:48) La rima siciliana risale alla toscanizzazione della poesia siciliana. Rime perfette in siciliano come taciri: diri (cfr. Stefano Protonotaro, Pir meu cori alligrari, in PD, I, p. 129, vv. 7-8) sono diventate tacere: dire. rima piana: la più comune rima tronca: rara fino al ‘500 anche se il sonetto in rime tronche è un genere contemplato nella Summa di Antonio da Tempo. Es. nella ballata e nello strambotto. rima sdrucciola: più frequente nel ‘300 con Fazio degli Uberti. Il sonetto in rime sdrucciole è contemplato da Antonio da Tempo. Usata nella poesia bucolica in terza rima per dare sapore popolareggiante. Dal ‘500-’600 nell’ode-canzonetta. rima ricca: identità di uno o più suoni precedenti l’ultima vocale tonica (sentero: altero, Rvf, 1, 13: 14) rima equivoca: identità di suono delle parole in rima (cfr. Rvf 18) Rima identica: una parola rima con se stessa (nella Commedia Dante fa rimare Cristo solo con se stesso) rima in tmesi: divisione di parola (soprattutto avverbi) in fine di verso (usata nella lingua antica) così quelle caròle differente- / mente danzando, de la sua ricchezza / mi facieno stimar, veloci e lente (Par. XXIV, 16-18) rima ipermetra: usata da Pascoli e poi nel ‘900 o quella che illumina tacita / tombe profonde – con visi / scarniti di vecchi; tenaci / di vergini bionde sorrisi (La poesia, in Canti di Castelvecchio, 65-69) La sillaba in più riguarda la rima, non il verso, che non è ipermetro; Pascoli la conta nel verso successivo (che diventa un novenario) rima al mezzo (divide il verso in emistichi) e rima interna Cfr. canzone Donna me prega di Cavalcanti: Donna me prega, – per ch’eo voglio dire / d’un accidente – che sovente – è fero / ed è sì altero – ch’è chiamato amore: / sì chi lo nega – possa ’l ver sentire! (vv. 1-4) rima irrelata: rima (o meglio terminazione) di un verso che, all’interno di uno schema rimico (per es. canzone o ballata), non rima con altri