Sei sulla pagina 1di 11

Elementi di prosodia e retorica

Dispensa
LETTERATURA INGLESE DA CHAUCER ALLA RESTAURAZIONE

PROSODIA E METRICA

Benché a volte chi legge possa sentirsi a disagio quando deve fare l’analisi metrica dettagliata di una poesia,
forse temendo che il suo mistero e la sua magia si perdano se si cerca di svelarne il funzionamento – un po’
come scriveva il poeta romantico William Wordsworth, secondo il quale “we murder to dissect” – in realtà,
una più profonda comprensione dell’abilità linguistica dimostrata dallo scrittore o dalla scrittrice nel
costruire il proprio testo aiuta ad apprezzarlo di più, e la magia ne è accresciuta.
Il primo aspetto della poesia da esaminare è lo schema sonoro; esso include:
1. la rima (rhyme)
2. l’allitterazione (alliteration)
3. l’assonanza/consonanza (assonance/consonance)
4. la rima rovesciata (reverse rhyme)
5. lo schema ritmico delle consonanti (consonant patterning)
In inglese esiste un numero di suoni quasi doppio rispetto alle lettere dell’alfabeto (43 o 44 suoni, a fronte di
26 lettere); ciò accade perché non esiste una perfetta corrispondenza tra il sistema ortografico e i suoni con i
quali ci si esprime oralmente. Per es., i simboli corrispondenti a /t/ ed /h/ sono diversi da quelli che
rappresentano la loro combinazione, /θ/ (theatre) o /ð/ (there).
1. i fonemi sono le più piccole unità sonore dotate di significato
2. le sillabe sono la più piccola sequenza sonora che può fungere da unità ritmica (= accentata oppure
non accentata).
Di solito la sillaba è costituita da una vocale, spesso accompagnata da una o più consonanti che precedono o
seguono la vocale. La struttura sillabica elementare è:

(consonante) vocale (consonante) cvc

Al posto di una singola consonante, possiamo trovare gruppi consonantici, fino a tre di seguito in inglese
(per es. strain).
Quando si parla di rima si intende sempre il rapporto tra i suoni di due parole, ovvero due parole che
abbiano lo stesso suono vocalico e consonantico finale.
La rima finale (end rhyme) potrebbe essere rappresentata nel modo seguente:

cVC

La vocale e consonante (o gruppo consonantico) identiche sono indicate dalle lettere maiuscole, mentre la
consonante (o gruppo consonantico) iniziale, che è diversa, è indicata da una lettera minuscola.

1
Attività 1: Lo schema della rima nei primi quattro versi di una poesia di Edmund Spenser è già stato
enucleato. Provate a completarne lo schema per il resto dei versi

Of this world’s theatre, in which we stay, a


My love like the spectator idly sits b
Beholding me that all the pageants play, a
Disguising diversely my troubled wits. b

Sometimes I joy when glad occasion fits, b


And mask to mirth like to a comedy;
Soon after, when my joy to sorrow flits,
I wail and make my woes a tragedy.

Yet she, beholding me with constant eye,


Delights not in mirth, nor rues my smart;
But, when I laugh, she mocks, and when I cry,
She laughs, and hardens evermore her heart.

What then can move her? If nor mirth nor moan,


She is no woman, but a senseless stone.

I due versi seguenti tratti da “The Passionate Shepherd to His Love” di Christopher Marlowe includono quasi
tutti i tipi di schema sonoro riscontrabili in poesia:

Come live with me and be my love


And we will all the pleasures prove

• RIMA me - be love - prove


/mi/ - /bi/ /lʌv/ - /pruv/

La prima è una rima interna invece che finale. Per la seconda possiamo ragionevolmente supporre che i due
suoni vocalici fossero pronunciati in modo identico ai tempi di Marlowe.

• ALLITTERAZIONE me - my pleasures - prove


/mi/ - /maɪ/ /plεʒəz/ - /pruv/

Nell’allitterazione sono identici i fonemi iniziali di più parole dello stesso verso. Il secondo esempio è
un’allitterazione imperfetta, dato che il gruppo consonantico non è identico

• ASSONANZA live – with - will come - love


/lɪv/ - /wɪð / - /wɪl/ /kʌm/ - /lʌv/

L’assonanza designa le sillabe con una vocale comune.

• CONSONANZA will – all


/wɪl/ - / ɔl/

La consonanza designa le sillabe che presentano la stessa consonante.

• RIMA ROVESCIATA with - will


/wɪð / - /wɪl/

La rima è rovesciata quando le sillabe con le stesse vocali e consonanti si presentano all’inizio (invece che
nella vocale e consonante finali).

2
• PARARIMA live - love
/lɪv/ - /lʌv/

Designa due sillabe con la stessa consonante finale ma con vocali diverse.

• RIPETIZIONE

Attività 2: Quale schema sonoro potete trovare nella prima strofa della poesia “Easter Wings” di George
Herbert (1593-1663)?

Lord, who createdst man in wealth and store,


Though foolishly he lost the same,
Decaying more and more,
Till he became
Most poore:
With thee
O let me rise
As larks, harmoniously,
And sing this day thy victories:
Then shall the fall further the flight in me.

ACCENTI E SCHEMA METRICO


Il secondo aspetto da esaminare è il metro, ovvero lo schema degli accenti, che include l’organizzazione
convenzionale del ritmo e tutti gli effetti ritmici.
In inglese nelle parole di (almeno) due sillabe, l’accento cade con più forza su una delle sillabe – la sillaba
accentata.
Le parole di (almeno) tre sillabe hanno spesso un accento principale e un accento secondario su un’altra
sillaba.
L’accento dipende comunque in parte dal contesto sonoro in cui la parola viene pronunciata. Oltre
all’accento proprio della singola parola, nel contesto della frase alcune parole sono pronunciate con enfasi
maggiore rispetto ad altre; ciò dipende in parte dall’accento intrinseco delle parole e in parte dalle
sottolineature soggettive del senso.
La poesia sfrutta gli accenti naturali della comunicazione orale per creare dei ritmi. Quando gli accenti
sono organizzati in modo da formare ritmi regolari, allora si parla di metro.

ANALISI METRICA
Per analizzare la metrica di una poesia, prima di tutto bisogna contare il numero di sillabe presenti in ciascun
verso.
Es.:

(a) For/ saints/ have/ hands/ that/ pil/grims’/ hands/ do/ touch/
Leggendo questo verso si dovrebbe percepire che alcune parole hanno un accento leggermente più forte di
altre: si tratta delle sillabe accentate:
(b) For sáints have hánds that pílgrims’ hánds do tóuch
A volte è possibile leggere un verso in modi diversi, il che rende la scansione metrica che fissa lo schema
degli accenti un po’ più flessibile di quanto normalmente si creda:
(c) For sáints have hánds that pílgrims’ hands dó touch
Leggendo il verso con il ritmo (c) il significato cambia leggermente.

3
Il verso dell’esempio è costituito da dieci sillabe con accento alternato a partire dalla prima sillaba non
accentata, seguita dalla seconda sillaba accentata e così via, per cinque volte: è il famoso pentametro
giambico (iambic pentameter), una forma metrica molto diffusa nella poesia inglese. Il primo termine
designa lo schema ritmico, il secondo termine il numero dei piedi (= unità metriche).
TIPI DI PIEDI
• GIAMBO (IAMB)
un piede giambico consta di due sillabe, una sillaba non accentata seguita da una accentata:
Ănd pálm tŏ pálm ĭs hóly pálmĕr’s kíss

• TROCHEO (TROCHEE)
un piede trocaico consta di due sillabe, una sillaba accentata seguita da una non accentata:
Wíllŏws whítĕn, áspĕns quívĕr

• ANAPESTO (ANAPAEST)
un piede anapestico consta di tre sillabe, due sillabe non accentate seguite da una accentata:
Wĭthŏut cáuse bĕ hĕ pléased, wĭthŏut cáuse bĕ hĕ cróss

• DATTILO (DACTYL)
un piede dattilico è simile all’anapesto, tranne che è all’inverso: una sillaba accentata seguita da
due sillabe non accentate:

Óne fŏr thĕ mástĕr, ănd óne fŏr thĕ dáme

• SPONDEE (SPONDEE)
un piede spondaico consta di due sillabe accentate; versi composti solo da spondei sono rari in
poesia:
ănd ă bláck-/Báck gúll bént lĭke ăn írŏn bár slówly

• PIRRICO (PYRRHIC)
un piede pirrico consta di due sillabe non accentate, come “lĭke ăn” dell’es. precedente.
TIPI DI METRO
1. dimetro (dimeter) = due piedi
2. trimetro (trimester) = tre piedi
3. tetrametro (tetrameter) = quattro piedi
4. pentametro (pentameter) = cinque piedi
5. esametro (hexameter) = sei piedi
6. eptametro (heptameter) = sette piedi
7. ottametro (octameter) = otto piedi
FORME METRICHE TRADIZIONALI
Il terzo aspetto da considerare è la varietà di forme poetiche create dall’apparato sonoro e metrico.

• DISTICI (COUPLETS)
Due versi, di solito legati dalla rima – chiamati in tal caso distici rimati (rhyming couplets).

• QUARTINE (QUATRAINS)
Strofe di quattro versi; la disposizione tipografica sulla pagina di solito sottolinea lo schema della
rima e l’organizzazione strofica.

• VERSO SCIOLTO (BLANK VERSE)


È costituito da pentametri giambici (iambic pentameters) senza la rima. È estremamente frequente
nella poesia inglese del Rinascimento, specie quella drammatica.

• SONETTO (SONNET)
È entrato in uso dalla metà del sedicesimo secolo. La forma base è di 14 versi, ciascuno di 10 sillabe,
spesso di pentametri giambici. Lo schema delle rime, che di solito indica la progressione delle idee nei versi

4
successivi, è vario. Lo schema più comune ricalca il sonetto italiano (o Petrarchesco), costituito da due
gruppi di versi, un’ottava (= octave) e una sestina (= sestet).
I sonetti organizzati in tre quartine e un distico finale rimato (Shakespearean sonnet) di solito si
chiudono con un rovesciamento o una confutazione finale delle idee precedenti; anche nello schema
Shakespeariano rimane comunque qualche traccia della partizione petrarchesca tra ottavo e nono verso
(chiamata “volta”).

• VERSO LIBERO (FREE VERSE)


Utilizza poco o nulla la rima e la metrica convenzionali. È diventato popolare nel corso del
ventesimo secolo.
Attività 3: Considerate il sonetto seguente di Michael Drayton (diciassettesimo secolo). Descrivetene
l’organizzazione prosodica (schema della rima e degli accenti). Provate a individuare la progressione nel
pensiero del poeta in relazione allo schema metrico della poesia.
1 Since there’s no help, come let us kiss and part;
2 Nay, I have done; you get no more of me;
3 And I am glad, yea, glad with all my heart
4 That thus so cleanly I myself can free;
5 Shake hands for ever, cancel all our vows,
6 And when we meet at any time again,
7 Be it not seen on either of our brows
8 That we one jot of former love retain.
9 Now at the last gasp of love’s latest breath
10 When, his pulse failing, passion speechless lies,
11 When faith is kneeling by his bed of death,
12 And innocence is closing up his eyes,
13 Now, if thou would’st, when all have given him o’er,
14 From death to life thou might’st him yet recover.
Attività 4
Sapete identificare il metro utilizzato nei versi seguenti? (a) è perfettamente regolare; (b) e (c) presentano
variazioni nel metro:
(a) Wild Nights – Wild Nights!
Were I with thee
Wild Nights should be
Our luxury!
(b) He is not here; but far away
The noise of life begins again,
And ghastly through the drizzling rain
Of the bald street breaks the blank day.
(c) Nobody heard him, the dead man,
But still he lay moaning:
I was much further out than you thought
And not waving but drowning.

5
LINGUAGGIO FIGURATO

Per illustrare che cosa si intenda per “linguaggio figurato”, si consideri un passo famosissimo dell’orazione
funebre di Marco Antonio nel Julius Caesar di Shakespeare:
Friends, Romans and Countrymen, lend me your ears

Certamente non interpretiamo le parole in corsivo alla lettera, ma come una richiesta metaforica di attenzione
e di certo ne apprezziamo la maggiore efficacia espressiva rispetto a una variante letterale del tipo listen to
me for a moment.
Sebbene mai utilizzato tanto consapevolmente quanto lo è nei testi letterari, l’uso del linguaggio
figurato non si limita affatto ad essi bensì tutto il linguaggio ne è saturo. Per richiamare il termine usato dal
Formalista russo Viktor Sklovsky che scriveva negli anni ’20 del secolo scorso, il linguaggio figurato ha la
capacità di “defamiliarizzare” il mondo; benché non sia corretto generalizzare, i testi letterari sono spesso
caratterizzati dalla presenza cospicua delle cosiddette figure retoriche (o tropi) – che rappresentano
deviazioni dal linguaggio ‘quotidiano’ o ‘letterale’.

• SIMILITUDINE (SIMILE)
È la figura che correla esplicitamente due elementi diversi (persone, oggetti, sentimenti, ecc.) attraverso l’uso
di parole come as, like, such, ecc., o di aggettivi/verbi/avverbi che indicano rassomiglianza o comparazione.
L’espressione comune as cold as ice è una similitudine in cui il concetto astratto del freddo è espresso
attraverso il confronto con una materia concreta. Considerate i seguenti versi dalla poesia “The Rose” del
poeta preromantico scozzese Robert Burns:
O, my love’s like a red, red rose,
That’s newly sprung in June:
O, my love’s like the melody
That’s sweetly played in tune.
Per esprimere i propri sentimenti amorosi il poeta invita i/le lettori/lettrici ad associare le qualità della sua
amata con alcune proprietà della rosa. Tra queste proprietà ci sono la bellezza, la freschezza, il profumo, la
preziosità e la caducità. Tenendo conto del contesto erotico, è meno probabile che i parassiti e le spine,
elementi altrettanto comuni delle rose, siano inclusi tra le proprietà appropriate del confronto; da ciò
comprendiamo che anche la decodifica di semplici similitudini comporta un processo selettivo di
interpretazione più o meno ‘ardito’.

• METAFORA (METAPHOR)
È il termine più generale per indicare le figure retoriche di somiglianza; come per la similitudine, tramite
questo processo si possono correlare gli attributi di una cosa/persona con qualcos’altro. La differenza con la
similitudine in senso stretto è di natura formale, in quanto nella metafora non compaiono termini espliciti di
confronto. Poiché non è segnalata esplicitamente e può coinvolgere quasi tutte le parti del discorso, la
metafora spesso risulta più difficile da identificare ma si presta ad un utilizzo variato, intricato e sottile.

• COLLOCAZIONE (COLLOCATION)
Per identificare la metafora potrebbe essere utile fare riferimento al meccanismo della occorrenza abituale di
certe parole l’una insieme all’altra. Per esempio, la parola green si trova spesso accostata a parole di carattere
‘ecologico’, green politics, village green. L’espressione green with envy è una metafora in quanto la parola
green è ‘trasportata’ dall’area linguistica nella quale è collocata di solito ad un nuovo contesto. Un effetto di
questo fenomeno è che la parola ‘ricollocata’ continuerà a ricordarci le altre parole e i contesti ai quali è di
solito associata.

• METAFORA INTESA COME TRASPORTO


L’idea del ‘trasferimento’ in effetti è implicita nell’etimologia della parola, che deriva dal latino metaphora,
a sua volta dal greco metaphorá (metá = attraverso, dall’altra parte + pherein = trasportare). La definizione
che ne dà Aristotele nella Poetica, “trasferimento a una cosa di un nome proprio di un’altra o dal genere alla
specie o dalla specie al genere o dalla specie alla specie o per analogia”, attira l’attenzione sul trasporto di un
concetto dal contesto o area semantica dove normalmente compare verso usi più insoliti. Il critico letterario

6
di Cambridge I. A. Richards attribuisce al termine metafora un senso simile a quello proposto da
Aristotele:
A Metaphor is a shift, a carrying over of a word from its normal use to a new one. In a sense metaphor,
the shift of the word, is occasioned and justified by a similarity or analogy between the object it is
usually applied to and the new object.
Practical Criticism (1929)

• VEICOLO, TENORE E BASE COMUNE (VEHICLE, TENOR AND GROUND)


Allo stesso critico I. A. Richards si deve una terminologia tutt’ora in uso per descrivere il funzionamento
delle metafore. Il termine tenore si riferisce all’argomento della metafora. Il termine veicolo indica la cosa o
persona ‘trasportata’ ai fini del paragone. La base comune sono le proprietà condivise dai due
concetti/oggetti.

• SIMILITUDINE O METAFORA?
Secondo la concezione tradizionale la similitudine e la metafora sarebbero due figure sostanzialmente
diverse, dato che la similitudine stabilisce paragoni espliciti tra due concetti/oggetti mentre la metafora
valorizza una o alcune caratteristiche condivise da due concetti/oggetti molto diversi. In questa concezione, il
piacere estetico della metafora deriverebbe dalla scoperta delle somiglianze al di là delle differenze, mentre
nella similitudine il piacere estetico deriverebbe dall’affermazione di somiglianze inconfutabili. Una tesi
diversa sostiene che non ci sarebbero differenze così categoriche tra similitudine e metafora, fatta eccezione
per le ovvie differenze linguistico-formali.

• METAFORE ESPLICITE E METAFORE IMPLICITE (EXPLICIT VS. EMBEDDED METAPHORS)


Le metafore esplicite sono naturalmente più facili da identificare in quanto il più delle volte assumono la
forma X è Y. Negli esempi che seguono, il tenore (l’argomento della metafora) e il veicolo (la cosa o
persona introdotta ai fini del paragone) sono evidenziati in grassetto; entrambi sono nomi. In ciascuna
espressione il tenore viene prima:
You are my knight in shining armour
You are my sunshine
You are a pain in the neck
He is the apple of her eye
She was my worst nightmare
The house will be paradise
That pudding was an absolute dream
You’re a brick!
In tutti gli esempi riportati qualcosa o qualcuno viene paragonato a qualcosa/qualcun’altro attraverso una
costruzione che utilizza la parte appropriata del verbo to be. È possibile usare anche altri verbi e/o parti del
discorso, purché la persona/cosa messe a confronto e la persona/cosa a cui sono paragonate siano esplicitate:
The children made pigs of themselves
My angel of a father said he would help
Le metafore implicite sono invece molto più elusive. A volte il tenore e/o il veicolo non sono esplicitati.
Considerate:
The cash machine ate my card
In questo esempio the cash machine è il tenore, la cosa riguardo alla quale si utilizza il paragone, il
veicolo (la cosa o persona a cui è paragonata) non è esplicitato, mentre è esplicitata la base comune
(l’attributo che veicolo e tenore hanno in comune) attraverso il verbo ate.

• METAFORA ESTESA (EXTENDED METAPHOR)


La metafora è estesa quando il paragone si espande su molteplici livelli che ne costituiscono le basi
comuni. “The Love Song of J. Alfred Prufrock” di T. S. Eliot utilizza una metafora estesa per descrivere la
nebbia, che viene paragonata alle varie azioni di un gatto:

7
The yellow fog that rubs its back upon the window-panes,
The yellow smoke that rubs its muzzle on the window-panes,
Licked its tongue into the corners of the evening,
Lingered upon the pools that stand in drains,
Let fall upon its back the soot that falls from chimneys,
Slipped by the terrace, made a sudden leap,
And seeing it was a soft October night,
Curled once about the house, and fell asleep.

• LA METAFORA MISTA (MIXED METAPHOR)


Questa figura si riferisce ai casi in cui la metafora cambia i propri termini di paragone nel bel mezzo di una
descrizione, tanto da produrre una sorta di incongruità; in genere è poco apprezzata in quanto supposta
manifestazione di una mancanza di controllo della lingua o di consapevolezza delle sue risorse. Un esempio
sarebbe la frase a bottle neck is strangling the traffic flow.

• LA METAFORA MORTA (DEAD METAPHOR)


La metafora morta si è naturalizzata a tal punto da non essere più percepita come tale dalla maggior parte
dei/lle parlanti. Espressioni come the foot of a bed, the foot of a page, a table leg, the arm of a chair sono
state così assorbite dall’uso quotidiano della lingua che se ne sono dimenticate le origini metaforiche. In certi
casi il significato di alcune parole si è ampliato fino ad includerne gli usi metaforici, come ad esempio la
parola clear.
Sebbene si tenda a considerare le metafore morte non poetiche, è sempre possibile vivificarle di
nuovo. Ciò può accadere attraverso un’operazione poetica intenzionale, oppure attraverso scelte linguistiche
motivate politicamente.

• METAFORA ARDITA, CONCETTO (CONCEIT)


Si riferisce ad un tipo di metafora particolarmente insolita ed intellettualmente ardita; il/la poeta attinge a
tutti i campi della conoscenza (storia, geografia, astronomia, alchimia, matematica, ecc.) al fine di stabilire
paragoni inusuali. Essa può essere breve, ma di norma fornisce lo schema concettuale dell’intero
componimento; ad esempio, nella poesia “A Lecture Upon the Shadow”, il poeta metafisico John Donne
paragona le mutevoli vicissitudini dello stato amoroso all’ombra cangiante proiettata dai due amanti.
Laddove nella metafora poetica convenzionale l’intenzione del/la poeta è quella di descrivere A (il tenore),
mentre B (il veicolo) serve solo a chiarire il significato di A, il concetto (o metafora ardita) amplifica la
relazione tra A e B.

• ALLEGORIA (ALLEGORY)
Dal greco allegoria (= allos, altro + agoreuein, parlare), questa figura si riferisce alla descrizione di una cosa
dietro la finzione della descrizione di un’altra cosa a cui sia allusivamente simile. Il poeta romantico Samuel
Coleridge definisce l’allegoria l’uso di una serie di agenti e immagini congegnati in maniera tale da formare
un tutto omogeneo atto ad esprimere un significato morale mascherato.
L’allegoria era la forma poetica più ampiamente praticata durante il Medioevo; esempi illustri ne sono
The Roman de la Rose o The House of Fame di Geoffrey Chaucer e il poema-visione di John Langland Piers
Plowman; ma forse l’esempio più famoso di allegoria della letteratura inglese è The Pilgrim’s Progress di
John Bunyan (1678) che descrive attraverso la finzione del viaggio le disavventure dell’anima umana.

• PROSOPOPEA (PROSOPOPOEIA)
Include una serie di figure retoriche simili attraverso le quali
(1) eventi passati possono essere descritti come se stessero accadendo in quel preciso momento (rientra in
questa categoria l’uso del presente storico);
(2) oggetti inanimati possono essere rappresentati come se avessero vita e sentimenti;
(3) un personaggio morto può venir presentato come se fosse vivo, oppure una persona assente come se fosse
presente e in grado di parlare.

• ANTROPOMORFISMO (ANTHROPOMORPHISM)
È il termine generico utilizzato per descrivere ciò che non è umano come se lo fosse L’altro termine
utilizzato per descrivere questo fenomeno è personificazione. L’antropomorfismo è impiegato piuttosto di
frequente nei libri per bambini. I cartoni animati, ad esempio, sono spesso antropomorfici.

8
Considerate l’uso di questa figura nel verso iniziale di un sonetto di Philip Sidney, da Astrophil and
Stella:
With how sad steps, O Moon, thou climb’st the skies

• APOSTROFE (APOSTROPHE)
È simile alla personificazione; con essa, il/la poeta si rivolge ad una figura assente, ovvero a un’astrazione
personificata.

• «FALLACIA PATETICA» (“PATHETIC FALLACY”)


L’espressione fu coniata dallo scrittore e critico vittoriano John Ruskin: si tratta di una forma di metafora che
attribuisce all’ambiente circostante reazioni umane, rappresentando il mondo come uno specchio che riflette
le emozioni umane. Questa figura retorica fu particolarmente utilizzata nell’ultimo scorcio del diciottesimo
secolo e durante tutto il diciannovesimo secolo, quando la bellezza e la potenza della natura divennero un
tema letterario ricorrente. L’effetto può essere molto efficace, suscitando la sensazione che il mondo
circostante echeggi i sentimenti del/la poeta o del/la narratore/narratrice; allo stesso tempo, però – come
riconobbe Ruskin – rivela un’attitudine esageratamente antropocentrica e come tale «fallace».

• IRONIA (IRONY)
Si riferisce all’effetto prodotto dall’impiego di una parola in modo tale che il significato letterale non si
attagli al contesto in cui è utilizzata, con il risultato che tale senso risulta spesso del tutto inficiato:
For Brutus is an honourable man;
So are they all, all honourable men.

• METONIMIA (METONYMY)
Come la metafora, la metonimia è una risorsa importante nell’uso figurato del linguaggio. Il termine
metonimia deriva dalla parola greca metōnymía, composta da metá, attraverso, oltre, e ònoma, nome, che
significa “scambio del nome”. In questo caso, la base comune per la sostituzione non è la somiglianza, come
nel caso della metafora, ma l’associazione oppure la contiguità: il nome di un referente viene sostituito con
il nome di un suo attributo, oppure si applica ad entità correlate sotto il profilo semantico, oppure correlate
per prossimità spaziale, o per qualsiasi altro rapporto (un esempio familiare per illustrare la struttura e
funzione della metonimia è dato dai biglietti di San Valentino. Il nome ‘Valentino’ è quello di uno dei due
santi la cui festa cade il 14 febbraio e che è stato trasferito agli oggetti associati con quella data).
Tale associazione può assumere molte forme, oltre a quella ovvia della prossimità fisica. Si può dire che
il kettle is boiling quando in effetti intendiamo l’acqua in esso contenuta. Altri esempi di metonimia entrati
nell’uso comune sono the press, intendendo i giornali per via della pressa con cui venivano stampati; the
crown per descrivere il monarca, in riferimento al tipico copricapo; cardigan per descrivere un capo di
abbigliamento di lana (Lord Cardigan fu il primo personaggio famoso ad indossarlo), wellingtons per riferirsi
agli stivali di gomma, ovviamente perché indossati dal Duca di Wellington; burgundy descrive il colore
bordeaux, per via del colore del vino Borgogna che si produce in quella regione della Francia (la metonimia
in realtà è doppia in questo caso). La citazione shakespeariana da cui siamo partiti, lend me your ears, è una
metonimia, perché ears allude al processo dell’ascoltare.

• SINEDDOCHE (SYNECDOCHE)
Di solito viene compresa tra i tipi di metonimia perché si basa sull’uso di un nome connesso con l’oggetto o
il concetto del quale sostituisce il nome proprio; per esempio, il nome di una parte di un oggetto viene
utilizzato per intendere l’oggetto nella sua interezza. La sineddoche può assumere forme diverse:
1. il genere al posto della specie (weapon al posto di sword; arms al posto di rifles);
2. la specie al posto del genere (“Is the reward of Virtue bread?” – bread si riferisce non solo ai generi
alimentari, ma a tutte le necessità della vita);
3. la parte al posto del tutto (sail al posto di ship; hands al posto di helpers);
4. il materiale al posto dell’oggetto prodotto (steel al posto di sword; gold al posto di money).

9
• GIOCHI DI PAROLE (PUNS)
È il termine generale per tutte quelle figure retoriche che giocano sulle parole:
1. ANTANACLASI (ANTANACLASIS) – la ripetizione di una parola in due accezioni diverse:
Learn a craft so that when you grow older you will not have to earn your living by craft.
Come, Madam, come, all rest my powers defie, Until I labour, I in labour lie. (Donne)
2. PARONOMASIA – l’uso di parole simili nel suono ma diverse nel significato:
It was a foul act to steal my fowl.
3. SILLESSI (SYLLEPSIS) - l’uso di una parola che va interpretata diversamente in relazione ad altre
parole di cui essa controlla, ovvero modifica il significato:
Here thou, great Anna! whom three realms obey
Dost sometimes counsel take -- and sometimes tea.
Or stain her honour, or her new brocade.
Or lose her heart, or necklace, at a ball.
• ANTIMERIA (ANTHIMERIA)
Si riferisce alla sostituzione di una parte del discorso al posto di un’altra, ad esempio un sostantivo utilizzato
con funzione di verbo ecc.:
all that roam the wood,
or wing the sky

• PERIFRASI (PERIPHRASIS), OR ANTONOMASIA


Si riferisce alla sostituzione di una parola o espressione descrittive al posto di un nome proprio, ovvero un
nome proprio al posto di una qualità associata a quel nome:
And let your Comment be the Mantuan Muse [i.e., Virgil].
She was a very Penelope for virtue.

• ALLUSIONE (ALLUSION)
Indica il riferimento a personaggi ed eventi mitologici, leggendari, o storici; ma poiché la poesia attinge a
tutte le qualità della parola, l’associazione del suono e del significato costituisce una parte essenziale
dell’allusione, evocando implicitamente un vasto mondo di esperienze.

• LITOTE
Si riferisce all’uso deliberato di espressioni attenuate, non allo scopo di ingannare ma per aumentare
l’efficacia retorica di quanto viene affermato:

Last week I saw a woman flayed, and you will hardly believe how much it altered her person for
the worse.

• EUFEMISMO (EUPHEMISM)
Si riferisce alla sostituzione di una parola o espressione meno spiacevoli al posto di espressioni più sincere
ma più offensive.

Discord fell on the music of his soul; the sweet sounds and wandering lights departed from him; yet
he wore no more a lovely face, although he was broken-hearted. (E. B. Browning, “On Cowper’s
Madness”)

• DOMANDA RETORICA / EROTEA (RHETORICAL QUESTION)


Si riferisce a quel tipo di domande formulate non con il fine di ottenere una risposta ma per affermare o
negare qualcosa indirettamente:

All this dread order break -- for whom? for thee?


When Nature deviates, and can Man do less?
Shall he alone, whom rational we call;
Be pleas’d with nothing, if not bless’d with all? (A. Pope, “An Essay on Man”)

10
• IPERBOLE (HYPERBOLE)
Si riferisce all’uso di termini esagerati per dare maggiore enfasi a un concetto/immagine o intensificare un
effetto:

And open those eyes that must eclipse the day.

• PARADOSSO (PARADOX)
La parola deriva dal greco “parádoxos”, che significa “contrario alle aspettative”, e si riferisce ad
affermazioni apparentemente assurde o contraddittorie e però vere, se considerate da un certo punto di vista.
La funzione del paradosso è quella di condurre il/la lettore/lettrice a riconsiderare la scena ovvero l’idea
presentate da una prospettiva nuova/inattesa:

Take me to you, imprison me, for I


Except you enthral me, never shall be free.
Nor ever chaste, except you ravish me (J. Donne, “Batter my heart”)

• ANTITESI (ANTITHESIS)
Si riferisce alla scelta, oppure alla disposizione delle parole, per sottolineare un contrasto o produrre un
effetto di bilanciamento:

Fools rush in where angels fear to tread. (F. Bacon, “Of Studies”)

• OSSIMORO (OXYMORON)
Dal greco oxumoros (= acuto-ottuso: oxus, acuto + moros, ottuso), si riferisce all’accoppiamento di due
termini che di norma sono contraddittori o addirittura antitetici:

Here’s much to do with hate, but more with love:


Why then, O brawling love! O loving hate!
O any thing! of nothing first create,
O heavy lightness! Serious vanity
Mis-shapen chaos of well-seeming forms!
Feather of lead, bright smoke, cold fire, sick health!

• CLIMAX
Si riferisce all’organizzazione di una serie di idee, ovvero di espressioni in ordine ascendente di importanza o
di enfasi, con l’ultimo termine della sequenza a fungere da culmine.

• ANTICLIMAX
Si riferisce all’organizzazione di parole o espressioni in ordine discendente di importanza; ovvero a una
discesa brusca dal sublime al ridicolo. Laddove l’anticlimax è involontario si designa anche con il termine di
bathos:

So passed the strong heroic soul away.


And when they buried him the little port
Had seldom seen a costlier funeral (A. Tennyson, “Enoch Arden”)

11

Potrebbero piacerti anche