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LETTERATURA INGLESE DA CHAUCER ALLA RESTAURAZIONE
PROSODIA E METRICA
Benché a volte chi legge possa sentirsi a disagio quando deve fare l’analisi metrica dettagliata di una poesia,
forse temendo che il suo mistero e la sua magia si perdano se si cerca di svelarne il funzionamento – un po’
come scriveva il poeta romantico William Wordsworth, secondo il quale “we murder to dissect” – in realtà,
una più profonda comprensione dell’abilità linguistica dimostrata dallo scrittore o dalla scrittrice nel
costruire il proprio testo aiuta ad apprezzarlo di più, e la magia ne è accresciuta.
Il primo aspetto della poesia da esaminare è lo schema sonoro; esso include:
1. la rima (rhyme)
2. l’allitterazione (alliteration)
3. l’assonanza/consonanza (assonance/consonance)
4. la rima rovesciata (reverse rhyme)
5. lo schema ritmico delle consonanti (consonant patterning)
In inglese esiste un numero di suoni quasi doppio rispetto alle lettere dell’alfabeto (43 o 44 suoni, a fronte di
26 lettere); ciò accade perché non esiste una perfetta corrispondenza tra il sistema ortografico e i suoni con i
quali ci si esprime oralmente. Per es., i simboli corrispondenti a /t/ ed /h/ sono diversi da quelli che
rappresentano la loro combinazione, /θ/ (theatre) o /ð/ (there).
1. i fonemi sono le più piccole unità sonore dotate di significato
2. le sillabe sono la più piccola sequenza sonora che può fungere da unità ritmica (= accentata oppure
non accentata).
Di solito la sillaba è costituita da una vocale, spesso accompagnata da una o più consonanti che precedono o
seguono la vocale. La struttura sillabica elementare è:
Al posto di una singola consonante, possiamo trovare gruppi consonantici, fino a tre di seguito in inglese
(per es. strain).
Quando si parla di rima si intende sempre il rapporto tra i suoni di due parole, ovvero due parole che
abbiano lo stesso suono vocalico e consonantico finale.
La rima finale (end rhyme) potrebbe essere rappresentata nel modo seguente:
cVC
La vocale e consonante (o gruppo consonantico) identiche sono indicate dalle lettere maiuscole, mentre la
consonante (o gruppo consonantico) iniziale, che è diversa, è indicata da una lettera minuscola.
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Attività 1: Lo schema della rima nei primi quattro versi di una poesia di Edmund Spenser è già stato
enucleato. Provate a completarne lo schema per il resto dei versi
I due versi seguenti tratti da “The Passionate Shepherd to His Love” di Christopher Marlowe includono quasi
tutti i tipi di schema sonoro riscontrabili in poesia:
La prima è una rima interna invece che finale. Per la seconda possiamo ragionevolmente supporre che i due
suoni vocalici fossero pronunciati in modo identico ai tempi di Marlowe.
Nell’allitterazione sono identici i fonemi iniziali di più parole dello stesso verso. Il secondo esempio è
un’allitterazione imperfetta, dato che il gruppo consonantico non è identico
La rima è rovesciata quando le sillabe con le stesse vocali e consonanti si presentano all’inizio (invece che
nella vocale e consonante finali).
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• PARARIMA live - love
/lɪv/ - /lʌv/
Designa due sillabe con la stessa consonante finale ma con vocali diverse.
• RIPETIZIONE
Attività 2: Quale schema sonoro potete trovare nella prima strofa della poesia “Easter Wings” di George
Herbert (1593-1663)?
ANALISI METRICA
Per analizzare la metrica di una poesia, prima di tutto bisogna contare il numero di sillabe presenti in ciascun
verso.
Es.:
(a) For/ saints/ have/ hands/ that/ pil/grims’/ hands/ do/ touch/
Leggendo questo verso si dovrebbe percepire che alcune parole hanno un accento leggermente più forte di
altre: si tratta delle sillabe accentate:
(b) For sáints have hánds that pílgrims’ hánds do tóuch
A volte è possibile leggere un verso in modi diversi, il che rende la scansione metrica che fissa lo schema
degli accenti un po’ più flessibile di quanto normalmente si creda:
(c) For sáints have hánds that pílgrims’ hands dó touch
Leggendo il verso con il ritmo (c) il significato cambia leggermente.
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Il verso dell’esempio è costituito da dieci sillabe con accento alternato a partire dalla prima sillaba non
accentata, seguita dalla seconda sillaba accentata e così via, per cinque volte: è il famoso pentametro
giambico (iambic pentameter), una forma metrica molto diffusa nella poesia inglese. Il primo termine
designa lo schema ritmico, il secondo termine il numero dei piedi (= unità metriche).
TIPI DI PIEDI
• GIAMBO (IAMB)
un piede giambico consta di due sillabe, una sillaba non accentata seguita da una accentata:
Ănd pálm tŏ pálm ĭs hóly pálmĕr’s kíss
• TROCHEO (TROCHEE)
un piede trocaico consta di due sillabe, una sillaba accentata seguita da una non accentata:
Wíllŏws whítĕn, áspĕns quívĕr
• ANAPESTO (ANAPAEST)
un piede anapestico consta di tre sillabe, due sillabe non accentate seguite da una accentata:
Wĭthŏut cáuse bĕ hĕ pléased, wĭthŏut cáuse bĕ hĕ cróss
• DATTILO (DACTYL)
un piede dattilico è simile all’anapesto, tranne che è all’inverso: una sillaba accentata seguita da
due sillabe non accentate:
• SPONDEE (SPONDEE)
un piede spondaico consta di due sillabe accentate; versi composti solo da spondei sono rari in
poesia:
ănd ă bláck-/Báck gúll bént lĭke ăn írŏn bár slówly
• PIRRICO (PYRRHIC)
un piede pirrico consta di due sillabe non accentate, come “lĭke ăn” dell’es. precedente.
TIPI DI METRO
1. dimetro (dimeter) = due piedi
2. trimetro (trimester) = tre piedi
3. tetrametro (tetrameter) = quattro piedi
4. pentametro (pentameter) = cinque piedi
5. esametro (hexameter) = sei piedi
6. eptametro (heptameter) = sette piedi
7. ottametro (octameter) = otto piedi
FORME METRICHE TRADIZIONALI
Il terzo aspetto da considerare è la varietà di forme poetiche create dall’apparato sonoro e metrico.
• DISTICI (COUPLETS)
Due versi, di solito legati dalla rima – chiamati in tal caso distici rimati (rhyming couplets).
• QUARTINE (QUATRAINS)
Strofe di quattro versi; la disposizione tipografica sulla pagina di solito sottolinea lo schema della
rima e l’organizzazione strofica.
• SONETTO (SONNET)
È entrato in uso dalla metà del sedicesimo secolo. La forma base è di 14 versi, ciascuno di 10 sillabe,
spesso di pentametri giambici. Lo schema delle rime, che di solito indica la progressione delle idee nei versi
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successivi, è vario. Lo schema più comune ricalca il sonetto italiano (o Petrarchesco), costituito da due
gruppi di versi, un’ottava (= octave) e una sestina (= sestet).
I sonetti organizzati in tre quartine e un distico finale rimato (Shakespearean sonnet) di solito si
chiudono con un rovesciamento o una confutazione finale delle idee precedenti; anche nello schema
Shakespeariano rimane comunque qualche traccia della partizione petrarchesca tra ottavo e nono verso
(chiamata “volta”).
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LINGUAGGIO FIGURATO
Per illustrare che cosa si intenda per “linguaggio figurato”, si consideri un passo famosissimo dell’orazione
funebre di Marco Antonio nel Julius Caesar di Shakespeare:
Friends, Romans and Countrymen, lend me your ears
Certamente non interpretiamo le parole in corsivo alla lettera, ma come una richiesta metaforica di attenzione
e di certo ne apprezziamo la maggiore efficacia espressiva rispetto a una variante letterale del tipo listen to
me for a moment.
Sebbene mai utilizzato tanto consapevolmente quanto lo è nei testi letterari, l’uso del linguaggio
figurato non si limita affatto ad essi bensì tutto il linguaggio ne è saturo. Per richiamare il termine usato dal
Formalista russo Viktor Sklovsky che scriveva negli anni ’20 del secolo scorso, il linguaggio figurato ha la
capacità di “defamiliarizzare” il mondo; benché non sia corretto generalizzare, i testi letterari sono spesso
caratterizzati dalla presenza cospicua delle cosiddette figure retoriche (o tropi) – che rappresentano
deviazioni dal linguaggio ‘quotidiano’ o ‘letterale’.
• SIMILITUDINE (SIMILE)
È la figura che correla esplicitamente due elementi diversi (persone, oggetti, sentimenti, ecc.) attraverso l’uso
di parole come as, like, such, ecc., o di aggettivi/verbi/avverbi che indicano rassomiglianza o comparazione.
L’espressione comune as cold as ice è una similitudine in cui il concetto astratto del freddo è espresso
attraverso il confronto con una materia concreta. Considerate i seguenti versi dalla poesia “The Rose” del
poeta preromantico scozzese Robert Burns:
O, my love’s like a red, red rose,
That’s newly sprung in June:
O, my love’s like the melody
That’s sweetly played in tune.
Per esprimere i propri sentimenti amorosi il poeta invita i/le lettori/lettrici ad associare le qualità della sua
amata con alcune proprietà della rosa. Tra queste proprietà ci sono la bellezza, la freschezza, il profumo, la
preziosità e la caducità. Tenendo conto del contesto erotico, è meno probabile che i parassiti e le spine,
elementi altrettanto comuni delle rose, siano inclusi tra le proprietà appropriate del confronto; da ciò
comprendiamo che anche la decodifica di semplici similitudini comporta un processo selettivo di
interpretazione più o meno ‘ardito’.
• METAFORA (METAPHOR)
È il termine più generale per indicare le figure retoriche di somiglianza; come per la similitudine, tramite
questo processo si possono correlare gli attributi di una cosa/persona con qualcos’altro. La differenza con la
similitudine in senso stretto è di natura formale, in quanto nella metafora non compaiono termini espliciti di
confronto. Poiché non è segnalata esplicitamente e può coinvolgere quasi tutte le parti del discorso, la
metafora spesso risulta più difficile da identificare ma si presta ad un utilizzo variato, intricato e sottile.
• COLLOCAZIONE (COLLOCATION)
Per identificare la metafora potrebbe essere utile fare riferimento al meccanismo della occorrenza abituale di
certe parole l’una insieme all’altra. Per esempio, la parola green si trova spesso accostata a parole di carattere
‘ecologico’, green politics, village green. L’espressione green with envy è una metafora in quanto la parola
green è ‘trasportata’ dall’area linguistica nella quale è collocata di solito ad un nuovo contesto. Un effetto di
questo fenomeno è che la parola ‘ricollocata’ continuerà a ricordarci le altre parole e i contesti ai quali è di
solito associata.
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di Cambridge I. A. Richards attribuisce al termine metafora un senso simile a quello proposto da
Aristotele:
A Metaphor is a shift, a carrying over of a word from its normal use to a new one. In a sense metaphor,
the shift of the word, is occasioned and justified by a similarity or analogy between the object it is
usually applied to and the new object.
Practical Criticism (1929)
• SIMILITUDINE O METAFORA?
Secondo la concezione tradizionale la similitudine e la metafora sarebbero due figure sostanzialmente
diverse, dato che la similitudine stabilisce paragoni espliciti tra due concetti/oggetti mentre la metafora
valorizza una o alcune caratteristiche condivise da due concetti/oggetti molto diversi. In questa concezione, il
piacere estetico della metafora deriverebbe dalla scoperta delle somiglianze al di là delle differenze, mentre
nella similitudine il piacere estetico deriverebbe dall’affermazione di somiglianze inconfutabili. Una tesi
diversa sostiene che non ci sarebbero differenze così categoriche tra similitudine e metafora, fatta eccezione
per le ovvie differenze linguistico-formali.
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The yellow fog that rubs its back upon the window-panes,
The yellow smoke that rubs its muzzle on the window-panes,
Licked its tongue into the corners of the evening,
Lingered upon the pools that stand in drains,
Let fall upon its back the soot that falls from chimneys,
Slipped by the terrace, made a sudden leap,
And seeing it was a soft October night,
Curled once about the house, and fell asleep.
• ALLEGORIA (ALLEGORY)
Dal greco allegoria (= allos, altro + agoreuein, parlare), questa figura si riferisce alla descrizione di una cosa
dietro la finzione della descrizione di un’altra cosa a cui sia allusivamente simile. Il poeta romantico Samuel
Coleridge definisce l’allegoria l’uso di una serie di agenti e immagini congegnati in maniera tale da formare
un tutto omogeneo atto ad esprimere un significato morale mascherato.
L’allegoria era la forma poetica più ampiamente praticata durante il Medioevo; esempi illustri ne sono
The Roman de la Rose o The House of Fame di Geoffrey Chaucer e il poema-visione di John Langland Piers
Plowman; ma forse l’esempio più famoso di allegoria della letteratura inglese è The Pilgrim’s Progress di
John Bunyan (1678) che descrive attraverso la finzione del viaggio le disavventure dell’anima umana.
• PROSOPOPEA (PROSOPOPOEIA)
Include una serie di figure retoriche simili attraverso le quali
(1) eventi passati possono essere descritti come se stessero accadendo in quel preciso momento (rientra in
questa categoria l’uso del presente storico);
(2) oggetti inanimati possono essere rappresentati come se avessero vita e sentimenti;
(3) un personaggio morto può venir presentato come se fosse vivo, oppure una persona assente come se fosse
presente e in grado di parlare.
• ANTROPOMORFISMO (ANTHROPOMORPHISM)
È il termine generico utilizzato per descrivere ciò che non è umano come se lo fosse L’altro termine
utilizzato per descrivere questo fenomeno è personificazione. L’antropomorfismo è impiegato piuttosto di
frequente nei libri per bambini. I cartoni animati, ad esempio, sono spesso antropomorfici.
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Considerate l’uso di questa figura nel verso iniziale di un sonetto di Philip Sidney, da Astrophil and
Stella:
With how sad steps, O Moon, thou climb’st the skies
• APOSTROFE (APOSTROPHE)
È simile alla personificazione; con essa, il/la poeta si rivolge ad una figura assente, ovvero a un’astrazione
personificata.
• IRONIA (IRONY)
Si riferisce all’effetto prodotto dall’impiego di una parola in modo tale che il significato letterale non si
attagli al contesto in cui è utilizzata, con il risultato che tale senso risulta spesso del tutto inficiato:
For Brutus is an honourable man;
So are they all, all honourable men.
• METONIMIA (METONYMY)
Come la metafora, la metonimia è una risorsa importante nell’uso figurato del linguaggio. Il termine
metonimia deriva dalla parola greca metōnymía, composta da metá, attraverso, oltre, e ònoma, nome, che
significa “scambio del nome”. In questo caso, la base comune per la sostituzione non è la somiglianza, come
nel caso della metafora, ma l’associazione oppure la contiguità: il nome di un referente viene sostituito con
il nome di un suo attributo, oppure si applica ad entità correlate sotto il profilo semantico, oppure correlate
per prossimità spaziale, o per qualsiasi altro rapporto (un esempio familiare per illustrare la struttura e
funzione della metonimia è dato dai biglietti di San Valentino. Il nome ‘Valentino’ è quello di uno dei due
santi la cui festa cade il 14 febbraio e che è stato trasferito agli oggetti associati con quella data).
Tale associazione può assumere molte forme, oltre a quella ovvia della prossimità fisica. Si può dire che
il kettle is boiling quando in effetti intendiamo l’acqua in esso contenuta. Altri esempi di metonimia entrati
nell’uso comune sono the press, intendendo i giornali per via della pressa con cui venivano stampati; the
crown per descrivere il monarca, in riferimento al tipico copricapo; cardigan per descrivere un capo di
abbigliamento di lana (Lord Cardigan fu il primo personaggio famoso ad indossarlo), wellingtons per riferirsi
agli stivali di gomma, ovviamente perché indossati dal Duca di Wellington; burgundy descrive il colore
bordeaux, per via del colore del vino Borgogna che si produce in quella regione della Francia (la metonimia
in realtà è doppia in questo caso). La citazione shakespeariana da cui siamo partiti, lend me your ears, è una
metonimia, perché ears allude al processo dell’ascoltare.
• SINEDDOCHE (SYNECDOCHE)
Di solito viene compresa tra i tipi di metonimia perché si basa sull’uso di un nome connesso con l’oggetto o
il concetto del quale sostituisce il nome proprio; per esempio, il nome di una parte di un oggetto viene
utilizzato per intendere l’oggetto nella sua interezza. La sineddoche può assumere forme diverse:
1. il genere al posto della specie (weapon al posto di sword; arms al posto di rifles);
2. la specie al posto del genere (“Is the reward of Virtue bread?” – bread si riferisce non solo ai generi
alimentari, ma a tutte le necessità della vita);
3. la parte al posto del tutto (sail al posto di ship; hands al posto di helpers);
4. il materiale al posto dell’oggetto prodotto (steel al posto di sword; gold al posto di money).
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• GIOCHI DI PAROLE (PUNS)
È il termine generale per tutte quelle figure retoriche che giocano sulle parole:
1. ANTANACLASI (ANTANACLASIS) – la ripetizione di una parola in due accezioni diverse:
Learn a craft so that when you grow older you will not have to earn your living by craft.
Come, Madam, come, all rest my powers defie, Until I labour, I in labour lie. (Donne)
2. PARONOMASIA – l’uso di parole simili nel suono ma diverse nel significato:
It was a foul act to steal my fowl.
3. SILLESSI (SYLLEPSIS) - l’uso di una parola che va interpretata diversamente in relazione ad altre
parole di cui essa controlla, ovvero modifica il significato:
Here thou, great Anna! whom three realms obey
Dost sometimes counsel take -- and sometimes tea.
Or stain her honour, or her new brocade.
Or lose her heart, or necklace, at a ball.
• ANTIMERIA (ANTHIMERIA)
Si riferisce alla sostituzione di una parte del discorso al posto di un’altra, ad esempio un sostantivo utilizzato
con funzione di verbo ecc.:
all that roam the wood,
or wing the sky
• ALLUSIONE (ALLUSION)
Indica il riferimento a personaggi ed eventi mitologici, leggendari, o storici; ma poiché la poesia attinge a
tutte le qualità della parola, l’associazione del suono e del significato costituisce una parte essenziale
dell’allusione, evocando implicitamente un vasto mondo di esperienze.
• LITOTE
Si riferisce all’uso deliberato di espressioni attenuate, non allo scopo di ingannare ma per aumentare
l’efficacia retorica di quanto viene affermato:
Last week I saw a woman flayed, and you will hardly believe how much it altered her person for
the worse.
• EUFEMISMO (EUPHEMISM)
Si riferisce alla sostituzione di una parola o espressione meno spiacevoli al posto di espressioni più sincere
ma più offensive.
Discord fell on the music of his soul; the sweet sounds and wandering lights departed from him; yet
he wore no more a lovely face, although he was broken-hearted. (E. B. Browning, “On Cowper’s
Madness”)
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• IPERBOLE (HYPERBOLE)
Si riferisce all’uso di termini esagerati per dare maggiore enfasi a un concetto/immagine o intensificare un
effetto:
• PARADOSSO (PARADOX)
La parola deriva dal greco “parádoxos”, che significa “contrario alle aspettative”, e si riferisce ad
affermazioni apparentemente assurde o contraddittorie e però vere, se considerate da un certo punto di vista.
La funzione del paradosso è quella di condurre il/la lettore/lettrice a riconsiderare la scena ovvero l’idea
presentate da una prospettiva nuova/inattesa:
• ANTITESI (ANTITHESIS)
Si riferisce alla scelta, oppure alla disposizione delle parole, per sottolineare un contrasto o produrre un
effetto di bilanciamento:
Fools rush in where angels fear to tread. (F. Bacon, “Of Studies”)
• OSSIMORO (OXYMORON)
Dal greco oxumoros (= acuto-ottuso: oxus, acuto + moros, ottuso), si riferisce all’accoppiamento di due
termini che di norma sono contraddittori o addirittura antitetici:
• CLIMAX
Si riferisce all’organizzazione di una serie di idee, ovvero di espressioni in ordine ascendente di importanza o
di enfasi, con l’ultimo termine della sequenza a fungere da culmine.
• ANTICLIMAX
Si riferisce all’organizzazione di parole o espressioni in ordine discendente di importanza; ovvero a una
discesa brusca dal sublime al ridicolo. Laddove l’anticlimax è involontario si designa anche con il termine di
bathos:
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