Sei sulla pagina 1di 11

Affibbiare alle Orationes Antonianae il nomignolo Filippiche

in Cic. evoca un rapporto di emulatio con Demostene.

Il Brutus (45-44 a.C.) è un opera eccezionale:


C. parte dal presupposto che dal punto di vista della retorica c’è sempre stato un AVANZAMENTO,
non si tratta di un ritorno circolare in cui qualche autore raggiunge l’acme e poi si ritorna ai livelli +
bassi, ma è chiaro che x la tecnica retorica l’avanzamento corrisponde anche alla nascita di nuovi
oratori sempre + capaci.
Lo può testimoniare lui stesso:
lui stesso afferma che alla sua epoca, la tarda repubblica, i + alti esponenti della retorica, sono Ortensio
e Cicerone – laddove comunque viene esaltato l’apice della eloquenza romana con solo lui stesso,
giacché nel foro stesso Cicerone si era trovato Quinto Ortensio Òrtalo nella parte avversa e lo aveva
battuto.

Quindi se x Cicerone e Quintiliano, C. rappresenta l’apice della eloq. romana,


x Seneca ciò non sarà vero, giacché proporrà un altro genere di stile, uno stile in cui non prevalga la
concìnnitas, uno stile che predilige l’abruptum (*cioè asimmetrico e diseguale).

L’Oràtor [45-44 a.C.] (un’altro trattato riferito sempre a Marco Bruto)


composto nel longum itervallum come detto nelle Filippiche, quella lunga pausa che denota
l’immobilità di C. ma anche un lungo periodo di riflessione, maturazione di dottrina filosofica.

Lo scopo dell’Orator è consegnare a Bruto, valente successore di C., la figura ideale dell’Oratore:
che si concilia col concetto di humanitas,
un oratore che sia versato in tutte le arti liberali, trattando dell’uomo e dunque soprattutto della
filosofia.

Quello che C. vuol far prevalere nella mente dei suoi lettori e Oratori,
è il fatto che:

Non esiste un Oratore Tecnico Perfetto


esiste un oratore Perfetto xké in parte padroneggia la tecnica alla perfezione
ma anche perché imbevuto di ideali umani, filosofici
che devono essere collegati a una indiscussa moralità.

C. in realtà sembra prendere una massima Catoniana:


quando si trovò a definire l’Orator, Catone il Censore, fece una sorta di Descrizione Epigrammatica,
e lo definisce peritus dicendi (bravo a parlare) ma anche Gentiluomo (cioè un membro dell’aristocrazia,
cioè un esemplare perfetto dell’impianto sociale romano che a servizio della cittadinanza metta a
disposizione il suo dono che è gelosamente coltivato).

Nel De Oratore di C. ciò comunque era già accennato,


dove il dialogo tra due esponenti di un’epoca passata, Crasso e Antonio (peraltro parente dell’Antonio
contro cui si scaglierà), rappresenta il fiore all’occhiello dell’eloquenza romana di fine II inizio I sec.
a.C.

Nell’Orator si nota la difficoltà nel definire la Oratio Numerosa,


poco dopo la metà dell’Orator; in quanto da qui in poi, C. si preoccuperà di spiegare il concetto di
Numerus (sotto forma di spiegazione a Bruto quando il suo intento è divulgativo):
Quando veniva pronunciato in teatro qualcosa in versi, soprattutto esametri del genere epico,
alcune chiuse particolarmente memorabili davano inizio a degli applausi scroscianti:
ma questo accade anche nel foro, nel senato nel momento in cui applichiamo il ritmo alla prosa.

Nei paragrafi successivi, si denota una maniera abbastz. goffa, in cui C. cerca di applicare
TUTTO IL SUNTO DELLA TRATTATISTICA RITMICA GRECA che parte da Trasìmaco
(interessante, xké è considerato da C. nel Brutus – Il Padre della Retorica che è precedente a Platone,
Socrate).
La cosa interessante è quando scrive che La lingua Latina procede per Giambi,
un’affermazione abbastanza dissonante, xké nella prosodia latina è in realtà vero il contrario, dove
sono + frequenti sequenze difficile di sillabe lunghe.
Ciò denuncia il fatto che C. stia compilando da trattati greci e la sua trattazione va avanti x molto,
cercando di trovare un sunto di Oratio Numerosa.

Poi si arriva al problema di mescolare i ritmi nella prosa

MA ALLORA, QUANDO PARLIAMO DI ORATIO NUMEROSA (quindi ritmica)


QUALI SONO I PIEDI CHE VENGONO USATI DAL RETORE
X DARE UNA CERTA “MEMORABILITÀ ALLA CHIUSA”?

Sono dei ritmi opposti a quelli consueti della poesia.


Dal punto di vista metrico, ci sarà una sorta di opposizione dal punto di vista quantitativo, ai classici
metra usati dalla poesia.

L’incessante successione di dattili, spondei che caratterizzano l’esametro dattilico


non viene ben accetto nella prosa ritmica secondo C.
perché considerando l’orecchio dell’uditorio è abituato alla successione di sillabe brevi-lunghe-brevi,
si deve evitare di terminare il periodo con un dattilo seguito da un trocheo o uno spondeo
ed è lapalissiano, xhé terminando una prop. con questi due tipi di piedi tipici dell’esametro dattilico,
significa svilire il ruolo dell’oratore, dando l’idea che sia un esercizietto di scuola
(ricordando che il pubblico è molto attento a distinguere la quantità dei piedi)

Quali piedi dunque usare nella prosa?

Bisognerebbe tornare alla teoria di Zielinski [zilìnski] (che scrisse a inizio ‘900 un trattato in cui si
occupa di prosa ritmica e lo faceva soprattutto sul testo ciceroniano xké C. aveva applicato quei
concetti riferiti al Numerus nelle sue stesse orazioni)

- Zielinski pose alla base della Oratio Numerosa Latina il Cretico -u-

- che veniva reduplicato nel dicretico -u--u-

- alternativamente al dicretico poteva essere usato un Cretico + un Trocheo -u--u


(come dice lo stesso C.)
Un Trocheo che è una delle classiche chiuse dell’esametro dattilico, dove l’ultima sillaba è indifferens

- l’altra soluzione è il ditrocheo detto anche dicorèo (come detto da C.) -u-u

L’affermazione di Gino Funaioli è indicativa riguardo al gusto di C.


x le clausole metriche:
“C. applicò la composiz. ritmica
all’indole e al gusto del latino, con una naturale predilezione
nelle clausole per le sillabe lunghe, sostanzialmente basandosi sul ditrocheo, sul
cretico + spondeo, sul dicretico, sul peone primo + spondeo, sul doppio spondeo, e dando
frequente rilievo al ditrocheo o al dispondeo per via d'un cretico innanzi; le chiuse per lui
sono il rifinimento dell'armonica struttura di tutto il periodo, a essa intimamente legate,
giusta la migliore tradizione attica»

Il Peone Primo
il problema della sostituz. è un problema (dal punto di vista dei tempi nella metrica)
riguarda soprattutto la prosa.
Sappiamo che dal punto di vista delle more, una sillaba lunga equivale a due brevi;
avendo dal punto di vista quantitativo l’equivalenza completa tra un dattilo è uno spondeo.

Il Peone Primo è composto da 4 elementi sillabici -uuu


che dal punto di vista della quantità equivale al Cretico

Non è l’unica soluz. possibile, dal punto di vista logico, potremmo avere anche un
Peone Secondo u-uu

o un Peone Terzo uu-u

o un Peone Quarto uuu-

Il Peone prende il nome della quantità dalla posizione della sillaba lunga

La classica clausola Esse Videatur è un Peone Primo + un Trocheo (la soluzione preferita da C.)
Cicerone la preferisce perché se andassimo a scrivere la forma al presente e non al congiuntivo
Esse Videtur
riconosciamo che corrisponde a un Dattilo + uno Trocheo
(C. stesso dice di evitare quelle chiuse che rassomigliano troppo alla fine d’esametro, perché possono
essere scoperte dal nostro uditorio e arrivare a noia)

Mentre il dispondeo (doppio spondeo) ----


genererà un andamento finale molto solenne
(a imitazione del famosissimo esametro Enniano che viene definito olospondiaco xké costituito solo da
spondei – successione evitata da tutti i poeti successivamente, ma Ennio è un poeta sperimentatore, il
primo a Roma cimentatosi con l’esametro)

Il dispondeo corrisponde alla categoria del ditrocheo


con una sostituz. irrazionale alla seconda sillaba (lasciando perdere l’ultima che è indifferens)
Cicerone è riuscito in maniera davvero molto fuorviante,
a far passare come migliore tradizione attica quello che in realtà è un suo completo, particolare,
peculiare gusto della prosa ritmica:
cioè questi metra (cretico, dicretico, cretico+trocheo) dall’affermazione di Funaioli, pare fossero dei
metra molto impiegati dalla prosa attica di V sec a.C. - cosa che non è vera.
Lo dice lo stesso C.
che nel mondo greco assistiamo a un’ambivalenza di metra, avendo +kealtro dei Peoni, soluzioni
giambiche interpellate da coriambi, da bacchèi, e così via.
Coriambo che è anch’esso una sostituz. irrazionale del Peone Primo, xké ci si potrebbe trovare in
situazioni dove si ha questo genere di clausola:
-uu- -u-
coriambo + cretico
Una successione che possiamo tranquillamente far risalire a quella che Zielinski denomina come
CATEGORIA DEL DICRETICO

Ma potremmo anche avere una sostituz. irrazionale del cretico con un molosso
---
Molosso + CRETICO
rientra così nella Categoria del Dicretico.

Questi sono i piedi che Cicerone utilizza.


e che descrive nell’Oràtor dal cap. 63 al 66

Facendo degli esempi d’autore, non solo di se stesso ma anche da Crasso, dall’Oratoria Precedente
(quindi quest’opera è importante dal punto di vista dei frammenti di retorica repubblicana)

ACHTSILBENMETHODE
(àchzìlben metòde)
Il metodo delle otto sillabe

Ciò che propone Zielinski

Nel caso di un forte segno di interpunzione, si va ad analizzare le 8 sillabe


e da queste ricavare una delle tre casistiche.

[ Le Clausole (le chiuse) che andremo a considerare nella Filippica IV sono le


Clausole metriche che occorrono prima di un forte segno di interpunzione (un punto) ]

Questo metodo è, per così dire “artigianale”


ponendosi problemi di sinalefe, sulle aferesi, sulle varianti (dal punto di vista filologico)

Si prenda ad esempio, la prima clausola della F.


...spem recuperandae.
Dove Carosi segnala tre tentativi di correggere questo testo che è corrotto
La trad. rappresentata dal Codice V (Vaticano) un po’ isolato rispetto agli altri, quelli detti ‘della
Vulgata’, i codici decurtati = Codici D la stramaggioranza della trad. del testo delle Filippiche;
così che la lezione è bipartita
da una parte spem recuperandae (codice V) dall’altra spem recuperandae libertatis (codice D)

Spem Recuperandae = non considerata soddisfacente


dal punto di vista delle clausole metriche:
andando a considerare solo Recuperandae o si ha uuu-x* ovvero un ditrocheo risolto
andando poi a considerare spem i avremmo un Peone Primo + un Trocheo -uuu-x.

*x = indifferens

Per i Codici D ciò non avviene xké, tale soluzione è considerata sciatta,
cioè troppo prevedibile per un’orazione simile, che dovrebbe avere un inizio un po’ roboante,
di conseguenza la variante

spem recuperandae libertatis

in libertatis c’è un dispondeo - - - -


una clausola rara ma bella perché solenne

Questo è un chiaro paradigma della scivolosità di questi argomenti

Perché sì, bisogna tener conto delle clausole metriche,


ma preferire una lezione forse + banale rispetto ad una + difficile xké ha una clausola metrica +
preziosa,
questo restituisce un testo che in realtà non era così.

Quindi perché bisogna escludere ‘libertatis’?


Perché libertatis è un richiamo di princeps vestrae libertatis defendendae
che viene subito dopo.
(quindi, siccome la trad. dei codici Decurtati risale a quel filone della trad. toccata dai grammatici
latini, uno di loro come qualche commentatore tardo antico ha avvertito “la sciattezza”
di quel spem recuperandae così vuoto e ha preferito integrare,
prendendolo da poco + sotto
quel libertatis)

Addirittura quello di Shackleton Bailey è un intervento molto + invasivo:


“spem libertatis recuperandae”

In CONCLUSIONE,
anche se spem recuperandae presenta una clausola sciatta va bene così com’è,
anche perché presentata da uno dei rami + autorevoli della trad. del testo delle Filippiche ed è per
questo che va preservata

Ci sono stai altri studi dopo Zielinski


- il cui metodo rimaneva piuttosto arbitrario, arrivando ad avere 128 combinazioni possibili nella
considerazione delle 8 sillabe finali prima di una inerpunz. forte.
Si capisce bene che tale numero di combinazioni è difficilmente gestibile -

● Lennart Håkanson (òkansson)


ha fatto una razionalizzazione degna di nota:

con una semplicità disarmante divide le 128 possibili combinazioni in 19 gruppi


caratterizzati a loro volta da 4 tipologie:
1. Cretico + Trocheo
2. Dicretico
3. Ditrocheo
4. Ipodòcmio

● L’Auceps Sillabarum
Il progetto di due studiosi americani (Keeline – Kirby) [Kìilain-K’rbi]
Hanno sottoposto il corpus intero dei prosatori latini a un’analisi quantitativa fatta attraverso strumenti
computazionali
(ricavando tabelle molto interessanti:
Le clausole ritmiche o artistiche (come loro le definiscono)
- Cretico + Trocheo
- Dicretico (o Molosso + Cretico)
- Ipodocmio -u-ux
- Spondiaco
- Eroico
(dattilo + trocheo o spondeo)

Individuano tantissime clausole


25 soluzioni (dove alcune sono speculari)
Dal punto di vista metodologico, i due studiosi sono stati sì razionali ma ragionando solo per
computazione non per ingegno “umano”

(cercano di andare oltre Hakanson ma con ingenuità,


xké i 19 gruppi secondo la critica, risolvono tutta la casistica in maniera + razionale)
Le loro tabelle restano comunque interessanti
testimoniando dal punto di vista cronologico quanto il problema della clausola ritmica nel mondo
latino, sia andato (nel periodo di Cic. soprattutto) verso un rafforzamento sostanziale della loro
presenza
Da Catone a Cesare
Il Cretico + Trocheo dal 12,67% del totale delle clausole considerate,
si arriva a Cesare con il 20,97%
Le percentuale delle clausole aritmiche (o non artistiche) diminuiscono in maniera sostanziale.
La “Retorica de regnum”, un testo anonimo, x la sua percentuale di clausole ritmiche è già in linea
come manuale scolastico x i futuri oratori, cioè in linea con le statistiche di quello che sarà il periodo
imperiale.
(tanto che pongono questo testo quasi contemporaneo al II sec. d.C.)

GUARDIAMO LA FILIPPICA IV
103 clausole (di cui 7 escluse)
Cretico + Trocheo 33,3 %
Dicretico 30,21%
Ditrocheo 28%
Tutte sullo stesso piano

E un solo caso di clausola ipodocmiaca


una sola spondaica
una sola Eroica

Un totale di clausole artistiche del 93,75%

Un dato sintomatico della Filippica IV

Perché se consideriamo tutto il corpus delle Filippiche,


si nota che la IV (come la III) è una tra le prime orazioni con + clausole metriche
(ciò perché sono delle Orazioni artistiche x eccellenza, sicuramente studiate e riviste da Cicerone,
dovendo avere dal punto di vista fonico un effetto di risonanza incredibile)

Una concentrazione di artisticità che è singolare nel periodo finale della vita di Cic.

LE CLAUSOLE NELLA FILIPPICA IV


(I Paragrafo)

… spem recuperandae (già discussa)

… defendendae fui. - - - - u x . DICRETICO (ad essere precisi è un Molosso + Cretico)

… facere non possem. PEONE QUARTO (avendo la sostituz. razionale di un Cretico con il primo
elemento longum costituito da due brevi) + TROCHEO
iudicatus Antonius. Un classico DICRETICO

Antonius di suo, costituisce un Cretico già bell’e fatto (cioè chiusa di un cretico iniziale An (-) , e un
cretico puro -tonius (- u -) ) e Cic. non si lascia sfuggire questa opportunità.
Tanto che ricorrerà ad Antonius in clausola, tantissime volte.

MA ANCHE IL PERIODO STESSO – Nam est hostis...iudicatus Antonius – È UNO DEI +


ARTISTICI
Dal punto di vista stilistico notiamo Nam est hostis… appellatus,
EST è un iperbato fortissimo con APPELLATUS e ancora + forte con ANTONIUS
La Separazione tra ‘est’ ed ‘Antonius’ indica una grandissima ricercatessa nella dispositio dei termini:
c’era non solo qualcosa di artistico nella struttura chiastica (nondum verbo appellatus, sed re iam
iudicatus = a parole è stato chiamato tale, ma nei fatti è stato già giudicato), ma anche una rima interna
tra appellatus e iudicatus.
(Dall’Orator)

Cicerone fa riferimento a Incisi e a Membri, traduzione adoperata da Cicerone di termini greci della
retorica greca.
Cola e Còmmata in Membra e Incisa.

Membra e incisa sono termini interessanti, non portati avanti dalla riflessione grammaticale latina.

Peraltro il Periodo lo diciamo facendo un prestito dalla lingua greca


il Perì-(attorno) -odos(strada) = una strada che corre attorno

Interessante anche perché la traduzione di Cicerone del termine greco Perìodos è problematica:
a volte userà il prefisso Circum + il verbo Eo, non essendo pienamente soddisfatto
ricorrerà anche ad Ambitus xké in fondo è un composto del verbo ‘eo’.

In QUANTE MANIERE POSSONO VARIARE


I PERIODI E LE CLAUSOLE?

Quello che Cicerone afferma è:


che un ritmo naturale nel latino e nel greco esiste
questo ritmo viene dato dalla successione continua di sillabe brevi che accelera il discorso
e la quantità di sillabe lunghe che rallenta non solo la pronuncia ma anche il ritmo

DANDO IN FONDO l’idea di una sorta di ritmo naturale


ma anche il senso dell’artisticità di questo ritmo.

BASTANO I RITMI A RENDERE L’ ORATIO NUMEROSA?

Assolutamente No.
Perché dove non arriva il suono della natura
interviene l’uomo con l’ars, la tecnica

Cicerone dice:
“Le espressioni concitate richiedono più rapidità,
le espressioni dei fatti più calma”

IL PERIODO SI CHIUDE IN MOLTI MODI

1) Il Dicorèo. Quello seguito specialmente dagli oratori asiatici


[Da ricordare che per Cicerone: il Corèo equivale al Trocheo - u]

Ma Cicerone introduce il concetto di variatio.


Giacché, va bene il ritmo naturale della lingua, va bene utilizzare la tecnica,
però la tecnica deve essere comunque variata.
Terminare il periodo ogni volta con una clausola metrica costituita da un Dicoreo, non basta!
Perché l’orecchio è affaticato da una clausola che metricamente è scontata
(cioè alla lunga stanca)

Per questo l’oratore


deve organizzare le sue chiuse così da realizzare un’armonia ritmica
che prevederà la variazione.

Seguiranno le Clausole che raccomanda Cicerone


(quelle che Funaioli che ha saputo elencare in maniera molto elegante)
2) Cretico - u -
e il suo equivalente dal punto di vista della quantità prosodica
3) Peone (I o IV)
“che ha un numero uguale di tempi, ma è +lungo di una sillaba.
Che gli antichi giudicano un’ottima clausola.”
Per “antichi” si riferisce ad Aristotele, a Isocrate, Platone.
Ma aggiungerà anche che il Peone I o IV
“genera un ritmo troppo languido o forse troppo concitato”
Quindi qualcosa che non fa fissare l’attenzione nel pubblico
(dunque piedi che userà ma sempre insieme al Trocheo
es. esse videatur --- Peone I + Trocheo)
Trocheo che rafforza e rende memorabile la fine del periodo.

4) Spondeo
“Che non dev’essere del tutto bandito,
avendo un’andatura grave e non priva di dignità.”

La successione di quattro sillabe lunghe (dispondeo)

Importante ciò che aggiunge Cicerone


“Quando io nomino questi piedi nelle clausole
non parlo dell’ultimo piede, aggiungo perlomeno il penultimo o spesso anche il terzultimo”

Nulla impedisce all’oratore


di anticipare nella clausola metrica
l’utilizzo di un altro piede

Spesso e volentieri la Clausola Finale


È PRECEDUTA DA UN CRETICO

Quanto detto in precedenza per la Oratio Numerosa


che è sconveniente, da evitare la chiusura con un dattilo,
Cicerone dice
possiamo chiudere il periodo con un dattilo
MA A RISCHIO E PERICOLO DELL’ORATORE
Ciò è permesso perché anzitutto è memorabilissimo
ma usandolo con le dovute cautele
e lesinare il suo utilizzo
(altrimenti si dà l’idea di essere dei poeti e non degli oratori)

Potrebbero piacerti anche