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Pietro Dossena

«Et tout le reste est musique».1 Appunti sulla mélodie

Introduzione
Un ambito storico-geografico in cui i compositori hanno dimostrato una speciale sensibilità
per i testi poetici è quello francese, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

La forma musicale in cui questa sensibilità ha prodotto i più interessanti risultati artistici è la
mélodie.

Prima di vedere di cosa si tratta, sono necessarie alcune informazioni generali sulla metrica, la
prosodia e il rapporto testo/musica, con particolare riferimento alla lingua francese.

La metrica
Ogni testo poetico ha una precisa strutturazione metrica, che si suppone sia ben
conosciuta da chi lo intende mettere in musica.

Nelle lingue romanze (a cui appartengono l’italiano e il francese) la metrica viene detta
“metrica ritmica” e dipende da due fattori principali:

1. il numero delle sillabe metriche di ogni verso, che non sempre coincidono con quelle
grammaticali che tutti conosciamo. Le sillabe metriche vanno calcolate seguendo regole
precise (es. sineresi/dieresi all'interno della parola, sinalefe/dialefe tra parole).

2. la disposizione degli accenti, che deriva direttamente dalla suddivisione in sillabe


metriche.

Le particolarità del francese


La metrica francese ha regole proprie, che comprendono le seguenti:

• ion = dieresi (2 sillabe metriche, es. «lion»)

• ier = sineresi (1 sillaba metrica, es. «prier»)

1 Riferimento all’ultimo verso della poesia Art poétique di Paul Verlaine: «Et tout le reste est littérature».
1
vocale iniziale si elide (sinalefe)
• e muta finale davanti a
consonante iniziale si pronuncia

• la cesura tra i due emistichi dell’alessandrino (6 sillabe // 6 sillabe) è marcata con una pausa
e deve tradizionalmente coincidere con la “fine di un senso”

Es.: Paul Verlaine, Mon rêve familier (1866)


Je fais souvent ce rêve [//] étrange et pénétrant
D'une femme inconnue, et que j'aime et qui m'aime,2
Et qui n'est chaque fois ni tout à fait la même
Ni tout à fait une autre, et m'aime et me comprend.

Car elle me comprend, et mon cœur transparent


Pour elle seule, hélas! Cesse d'être un problème,
Pour elle seule, et les [!] moiteurs de mon front blême,
Elle seule les sait rafraîchir, en pleurant.

Est-elle brune, blonde ou rousse? Je l'ignore.


Son nom? Je me souviens qu'il est doux et sonore
Comme ceux des aimés que la Vie exila.

Son regard est pareil au regard des statues,


Et pour sa voix, lointaine et calme, et grave, elle a
L'inflexion des voix [!] chères qui se sont tues.

Legenda:
e pronunciata
dieresi
sinalefe
dialefe

Sonetto (2 quartine + 2 terzine) in versi alessandrini anticonformisti, poiché la cesura centrale a volte viene
spostata.

Dire un testo: la prosodia


Fin qui abbiamo visto le regole metriche relative a un testo scritto. Ma la letteratura può
essere recitata o cantata. La realizzazione parlata o cantata di un testo gli conferisce una
dimensione performativa: si parla quindi di prosodia (dal greco prosōidía, che significa
“accento, modulazione della voce”).

2 La e muta alla fine di un verso non viene conteggiata.


2
La prosodia riguarda parametri acustici della lingua che sono tipici del parlato, ma non si
notano nello scritto. I principali sono:


• intonazione (frequenza fondamentale della voce, movimenti ascendenti/discendenti, curva


melodica del discorso). Due esempi con la frase «Odio la scuola e specialmente le lezioni di
francese».
• durate (pause, allungamenti di fonemi e sillabe). Due esempi con la stessa frase: «Odio la
scuola e specialmente le lezioni di francese» (regolare, scandito); «Odio la scuola e –
specialmente – le lezioni di… francese» (irregolare, mosso).
• intensità (volume sonoro). Due esempi: «Odio la scuola e specialmente le lezioni di
francese»; «Odio la scuola (e specialmente le lezioni di francese)».

Un testo poetico racchiude in sé una struttura metrica ben definita, ma la sua realizzazione
acustica si presta a innumerevoli possibilità.

Le scelte del compositore


Un compositore di musica vocale si trova di fronte a un ampio ventaglio di possibilità di ordine
metrico/prosodico: può scegliere di rispettare il più possibile la metrica del testo, oppure di
discostarsi da quella in modi più o meno evidenti.

Un’attenzione speciale va riservata ai rapporti tra l’accentuazione verbale e il metro


musicale: una sillaba accentata in battere “funziona”, una non accentata si fa notare. Es.:
Umberto Tozzi, Ti amo… o Ti amò?

Nella musica pop e rock ci sono innumerevoli esempi di scardinamento della metrica testuale:
• alcuni volontari e smaliziati (es. Elio e le Storie Tese, Tapparella, da 3:25, «parti-colare» e
«tuttiii»)
• altri più ingenui, a volte involontariamente comici. Spesso la “frizione” tra musica e metrica
verbale è il risultato dell’adattamento forzato di un testo a una musica molto squadrata e
regolare.

La mélodie
Quanto più un testo presenta una strutturazione metrica fluida, ricca e articolata, tanto più è
auspicabile che la musica che lo riveste sia duttile dal punto di vista metrico e prosodico.

Questo è ciò che è accaduto nella musica d’arte per voce e pianoforte che si è sviluppata
in Francia tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento: la mélodie.

mélodie = evoluzione della romance, caratterizzata da una grande raffinatezza sia


letteraria (testi poetici di qualità) che musicale (varietà e ricercatezza espressiva,
adattamento alle sfumature del testo).

3
Origini della mélodie: la romance
Nella seconda metà del Settecento si diffuse la romance, tipicamente strofica, con melodia
disadorna, accompagnamento subordinato, di carattere lirico-sentimentale (es.: J.-J.
Rousseau, intermezzo pastorale Le devin du village, 1752).

Tra il Settecento e l’Ottocento Parigi divenne famosa


per i suoi salons: ritrovi in case private, spesso
organizzati da donne colte e piacenti, aristocratiche o
alto-borghesi, dette salonnières (es.: Mme de Staël).
Ai salons più di moda venivano invitati scrittori, artisti
e filosofi; vi si praticava l’arte della conversazione, si
discutevano i temi più svariati e si fruiva di opere
artistiche, letterarie e musicali.

Nella prima metà dell’Ottocento la romance divenne il genere musicale principe dei salons
(autori: Auber, Morel, Romagnesi, …). Le romances non avevano grandi ambizioni artistiche:
piuttosto schematiche, conquistavano il pubblico grazie alla faciloneria sentimentale e alle
abili esecuzioni di compositori e cantanti (spesso coincidenti nella stessa persona).

Nascita della mélodie


Nel 1830 Hector Berlioz, compositore romantico per
eccellenza, pubblicò Neuf mélodies (poi rinominate Irlande) per
voci e pianoforte che, oltre a introdurre la definizione mélodie,
mostravano importanti segni di personalizzazione stilistica. Si
veda soprattutto la n. 9, Elégie en prose, declamatoria e
durchkomponiert.

Ma furono soprattutto i brani vocali in francese di Louis


Niedermeyer, insieme ai Lieder di Franz Schubert pubblicati in
traduzione, a convincere i compositori francesi più impegnati
delle immense potenzialità artistiche della melodia per voce e
pianoforte.

Così venne gradualmente superata la romance: i compositori più in vista dell’epoca, Gounod,
Massenet e Saint-Saëns, si dedicarono anche alla composizione di mélodies.

Una mélodie romantica: Gounod


Charles Gounod, Sérénade (seconda versione, 1857, testo di Victor Hugo): stile romantico,
con melodia che prevale sul testo; ripetizioni testuali come pretesto per dispiegare doti
vocali ed espressive tramite scale, arpeggi e abbellimenti. Ecco la prima strofa:

4
Quand tu chantes, bercée

Le soir entre mes bras,

Entends-tu ma pensée

Qui te répond tout bas?

Ton doux chant me rappelle

Les plus beaux de mes jours.

Chantez, ma belle,

Chantez toujours!

Innovazioni letterarie
Victor Hugo e Charles Baudelaire furono tra i primi poeti a mettere in discussione la metrica
tradizionale: al centro dell’attenzione c’era il verso alessandrino, la cui suddivisione in 6+6
sillabe metriche suonava sempre più rigida e inadatta alla varietà delle necessità espressive.
Già nel 1827, nel dramma Cromwell, Hugo inserisce alessandrini con la cesura spostata,
mentre nelle Fleurs du mal (1857) si trovano cesure “invisibili".

Questa crisi metrica condusse alla comparsa del verso “libero” negli anni ’70 (Arthur
Rimbaud, Illuminations, 1872-75; Qu’est-ce pour nous, mon cœur, 1872, al verso 2 esempio
di alessandrino anti-metrico) e culminò con la pubblicazione di Alcools di Guillaume
Apollinaire nel 1913.

Un esponente di primo piano, in questo processo di affrancamento dalla tradizione, è Paul


Verlaine (1844-1896), di cui possiamo rileggere Mon rêve familier.

Verlaine e la nuova arte poetica


Verlaine è forse stato il poeta francese più musicale. Il suo Art poétique (1874), testo
fondante del Simbolismo, contiene infatti questa dichiarazione programmatica:

De la musique avant toute chose,



Et pour cela préfère l'Impair

Plus vague et plus soluble dans l'air,

Sans rien en lui qui pèse ou qui pose.
[…]

Si cercherebbero invano, nelle nove strofe della poesia, delle indicazioni di poetica precise e
univoche. A Verlaine, poeta del non detto e dell’indefinito, non si addice il dogmatismo: i
precetti di una poetica dello sfumato non possono che essere, a loro volta, sfumati. Il poeta ci
parla della centralità della musica, di ciò che è «vago e solubile nell’aria», dell’amore per la
mescolanza di preciso e indeciso. Niente colori, solo sfumature; niente «aglio di bassa
cucina» o enfasi retorica, ma immagini sospese, appena accennate. Verlaine introduce an-
che una vena ironica, alleggerendo i toni e giocando con i paradossi: critica la vacuità della
rima... in una poesia in rima. Ma è proprio in dettagli come questo che si attua la sua
rivoluzione silenziosa: la rima non va abolita; solo resa più discreta. La struttura metrica del
poema dimostra che una nuova arte poetica è possibile: i versi sono animati da una
5
respirazione fluida, che riflette la variabilità ritmica del parlato sublimandolo con grande
eleganza.

«La ragione prima dell’impressione melodica che danno i versi verlainiani risiede proprio
nell’alleggerimento, nel dematerializzarsi del loro significato» (Luciano Erba).

La nuova mélodie
Ultimi decenni del secolo:

poeti  innovazioni metriche (ed espressive)

musicisti  adattamento a

Le innovazioni di poeti come Verlaine esercitarono un’attrazione straordinaria sui compositori


delle nuove generazioni. La mélodie di fine secolo divenne musica d’arte nelle mani di
Gabriel Fauré, Henri Duparc e Claude Debussy (1862-1918). La musica vocale di questi
autori costituisce un vertice dell'interazione tra musica e poesia in lingua francese.

irregolarità e asimmetrie
metriche della musica esigenza di naturalezza
romantica europea espressiva

attenzione ricercatezza
estrema alla armonica e
ritmica fluida e flessibile prosodia formale

poesia sempre più musicale mélodie d’arte


e libera da schematismi

6
Pietro Dossena

DOSSIER
Claude Debussy, Clair de lune (da Fêtes galantes,
1er recueil 1891-92)

Paul Verlaine, Fêtes galantes (1869)


Nel 1869 Verlaine pubblicò una raccolta di
22 poesie intitolata Fêtes galantes. Il
riferimento era alle cosiddette “feste
galanti” rappresentate, nella pittura
francese del Settecento, da artisti come
Antoine Watteau (1684-1721). I dipinti di
Watteau mostrano i piaceri di una società
elegante e frivola: feste all’aperto, in cui
giovani elegantemente vestiti — a volte
mascherati da personaggi della Commedia
dell’arte — si dedicano al gioco, alla
conversazione, al corteggiamento, alla
musica. Un secolo più tardi, Verlaine evoca
questo mondo raffinato e vi infonde una
dimensione misteriosa e malinconica: nell’ultima, desolata poesia della serie, Colloque
sentimental, il parco della festa galante è «solitaire et glacé». Verlaine affermò che nelle sue
Fêtes galantes si possono trovare «quelques tons savoureux d’aigreur veloutée et de câline
méchanceté» («toni gustosi di asprezza vellutata e tenera malignità»).

Verlaine e Debussy
Evitare gli eccessi retorici, ricercare la delicatezza dell’espressione, preferire l’allusione alla
solida enunciazione, rivoluzionare la propria disciplina senza far rumore: queste caratteristiche
sono applicabili non solo a Verlaine, ma anche a un compositore che non a caso si è rivolto
alla sua poesia in numerose occasioni: Claude Debussy. Verlaine scriveva versi prendendo
come modello la musica, Debussy evocava musicalmente un mondo fatto di immagini,
luoghi, personaggi, storie.

Debussy e la prosodia
La prosodia musicale debussyana si è imposta come modello del canto in francese.

7
In una nota dell’aprile 1902 intitolata Perché ho scritto Pelléas (l’opera Pelléas et Mélisande)
Debussy scrive: «i personaggi del dramma cercano di cantare come persone naturali
[«personnes naturelles»], e non in una lingua arbitraria fatta di tradizioni antiquate».3

Nelle opere vocali di Debussy la ricerca del naturale si accompagna al rifiuto del prosaico
— inteso come banale, volgare, privo di poesia. Non ci si attenda, quindi, una prosodia del
tutto allineata al parlato quotidiano.4 È lo stesso Debussy a chiarire il suo pensiero in un altro
passaggio della nota del 1902 sopra citata: «Volevo dare alla musica una libertà che essa
contiene forse più di tutte le altre arti, poiché non si limita a una riproduzione più o meno
esatta della natura, ma si allarga alle corrispondenze misteriose tra la Natura e
l’Immaginazione».

Clair de lune (da Fêtes galantes)


Votre âme est un paysage choisi
 Il vostro spirito è un paesaggio incantevole,
Que vont charmant masques et bergamasques
 ammirato da maschere che suonano il liuto
Jouant du luth et dansant et quasi
 e danzano bergamasche, quasi
Tristes sous leurs déguisements fantasques.
 tristi nei loro travestimenti fantastici.

  
Tout en chantant sur le mode mineur
 Pur cantando l’amore trionfante e la fortuna propizia,
L'amour vainqueur et la vie opportune
 esse non hanno l’aria di credere in una felicità
Ils n'ont pas l'air de croire à leur bonheur
 cantata nel modo minore,
Et leur chanson se mêle au clair de lune,
 e la loro canzone si fonde con il chiaro di luna,

  
Au calme clair de lune triste et beau,5
 con il sereno chiaro di luna triste e bello,
Qui fait rêver les oiseaux dans les arbres
 che fa sognare sugli alberi gli uccelli,
Et sangloter d'extase les jets d'eau,
 e singhiozzare in estasi le fontane,
Les grands jets d'eau sveltes parmi les marbres. le grandi fontane che sgorgano svelte fra le rocce.

(trad. it. di Pierpaolo Rosati)


Si tratta della prima poesia della raccolta di Verlaine. È in versi decasillabi, la cui tradizionale
scansione in 4 + 6 sillabe viene infranta in varie occasioni.6

Questa poesia è stata messa in musica da vari compositori. Si ascolti la pregevole versione di
Fauré, del 1887.

3Traduzione di Anna Battaglia (Claude Debussy, Monsieur Croche. Tutti gli scritti, a cura di François
Lesure, ed. it. a cura di Enzo Restagno, Milano: Il Saggiatore, 2018).
4 Per esempio, Debussy preserva l’articolazione della e muta di fine parola.
5 La prima versione della poesia (1867) recitava «Au calme clair de lune de Watteau».
6 Soprattutto ai versi 1 e 4 (cfr. https://www.fabula.org/colloques/document858.php: «Le dérèglement
métrique initial serait ainsi l'indice que l'on aborde une poésie démarquée de la veine lyrique
traditionnelle, et des procédés de composition bien définis qui lui sont attachés»).
8
Debussy compose due mélodies sul Clair de lune di Verlaine. La prima risale al 1882; la
seconda, composta nel 1891, appartiene alla raccolta di mélodies intitolata Fêtes galantes,
che presenta la strutturazione seguente:

1er recueil (1891-92): 2ème recueil (1904):

1. En sourdine 1. Les Ingénus


2. Fantoches 2. Le Faune
3. Clair de lune 3. Colloque sentimental


Nel 1889 Debussy visitò l’Esposizione Universale a Parigi, che esercitò un’enorme influenza
su di lui. Fu in quell’occasione che potè ascoltare per la prima volta il gamelan giavanese. La
trascrizione di Louis Benedictus di una Danse javanaise udita all’Esposizione venne ripresa da
Debussy all’inizio del Clair de lune del 1891, che ora ci apprestiamo ad analizzare.

Prima di procedere, è opportuno citare (adattando e traducendo liberamente) alcune


considerazioni sulla composizione musicale che Debussy espresse nel corso di un’infervorata
discussione con il suo insegnante di composizione Ernest Guiraud nel 1889:7

«Si possono fabbricare scale diverse… I ritmi sono soffocanti. Ritmo non è uguale a
Battuta… Le tonalità relative: un’assurdità! La musica non è né maggiore né minore. Terze
minori e maggiori andrebbero combinate, in modo da rendere la modulazione più flessibile. Il
modo è ciò che si sceglie sul momento… Accordi incompleti, che galleggiano. Bisogna
sommergere la tonalità [«Il faut noyer le ton»]… La teoria non esiste: è sufficiente ascoltare. Il
piacere è la regola».

Analisi
Osservazioni sull’armonia:
(N.B.: i colori e le sottolineature fungono da legenda per la tabella analitica che segue):

1. tonalità sfumata tramite l’utilizzo di scale modali, della scala pentatonica e della scala
esatonale
2. dialogo a distanza con Wagner, “padre” da “uccidere”: cromatismi (ma senza gli estremi
wagneriani) e Tristan-Akkord (equivalente enarmonico di una settima semidiminuita,
accordalità ambigua che Debussy utilizza frequentemente in contesti armonici non
funzionali)
3. grande attenzione alla fluidità del moto delle parti (note comuni, cromatismi)
4. concatenazioni armoniche tra fondamentali a distanza di terza (spesso uno dei due
accordi è un accordo di settima)
5. concatenazioni armoniche per caduta di quinte

7 La discussione venne ascoltata e riportata per iscritto da Maurice Emmanuel. Una traduzione inglese
si trova al link seguente: https://books.google.it/books?
id=CY85AAAAIAAJ&lpg=PA57&ots=ElHrgJU66y&dq=conversation%20debussy%20guiraud%20locks
peiser&hl=fr&pg=PA205#v=onepage&q&f=false
9
W: ritmo puntato e nota di volta ribattuta

X: ritmo di barcarola (semiminima - croma) e bicordi sincopati

Y: movimento oscillatorio in semicrome

batt. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

motivo/texture Y (re# pedale


W scala/arpeggio X W’ + X Y armonico acuto) +
pianistica W
do#9,
sol# con miø7 sol# con
MiM7,
accordo di volta cromatis
armonia Fa#13,
cromatico
mi Sib7 =
Re#7, Si

ascende La#7

N.B.: alcuni gradi sol#

re# pentatonica pf raddoppia nti e


armonici sono (II9 del
voce
discende (V7 del
puramente (V7, I) III, IV7
nti
V)
orientativi del III,
V13 del
(I grado) (I)
III, III)
forma Sezione A
1 prosodia 2 «vont» 3 danza

verso
naturale prolungato, cesura —> enjambement
rima introduzione pf a b a

strofa Quartina 1

11 12 13 14 15 16 17 18 19 20
Y (cfr.
Y X (cfr. batt. 5-6) X X + W’ X W
batt. 8)
re7(#5), sol# con Mi7(b5)
Re(add6)
sol (#5)
accordo di volta
Re#
do#ø7, con
cromatico (scala
mi#ø7
Fa#7(b9)
sol#ø7 sol#ø7

digression esatonale)

2 note accordo Do9 fiorito con #11


e
comuni
(VII65 del (II43 del di volta
(VII43 del (4a lidia)
armonica sol# pedale

V del III) iii, V9 del V di Re)


V-I alterati, pf melodia batt. 5-6

(V) iii) (rel. M del


due scale
iii)
esatonali (I)
Sezione A (cont.) Sezione A’
4 «tristes», poi rapido 5 riprende prosodia 6 ascesa di registro, 7 ripiegamento, 8 stesso ritmo del
e colloquiale (ma naturale, «mode cantabilità appoggiatura verso precedente,
«fantasques» mineur» non malinconica «lune» prolungato
prolungato), cesura enfatizzato «bonheur»

b c d c d

Quartina 2

10
21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
Y (Debussy associa spesso l’acqua a figure
W+X W Y + W’
oscillanti)

Do#, Si

Sib = La#
scala sol#

sol# (con re nota di con do


sol#
volta che forma accordo re#, re#7
scala
Fa#13 con Mi#7 accordo di volta dorica

sol#ø7) su pedale fa# di volta


sol#
cromatico

(nota comune con scala sol# dorica


dorica

armonie
l’accordo precedente)
armonie (mi#ø7)

(V13 del III) parallele

parallele
(v, v7)
I / V del III (I)
(IVM,
(V del v)
IIIM)

Sezione B
9 valori più dilatati («calme clair de 10 melodia 11 climax melodico 12 lenta discesa di registro, con
lune») e discesa di registro ascendente/ con crescendo lungo indugiare sull’ultima parola
discendente ripetuta annullato dal pp «marbres»

e f e f

Quartina 3

31 32
Y + W’

sol#

scala sol# dorica

(mi#ø7)

(I)

Sezione B (cont.)

conclusione pf

In piena sintonia con Verlaine, Debussy rifugge l’evidenza priva di ambiguità, la volgarità,
gli eccessi retorici e il lirismo esacerbato. Ricerca piuttosto l’incertezza, l’allusione
raffinata, il suggerimento, la delicatezza, la sfumatura. Questo avviene a diversi livelli:

- retorico: non c’è un unico e chiaro climax retorico-espressivo. Ci sono vari punti
culminanti, ma nessuno è decisivo. Quello che sembrerebbe più evidente (batt. 26, con
crescendo e salita di registro sulle parole «sangloter d’extase») è immediatamente annullato
dalla dinamica pp sul culmine melodico.
- rappresentativo: non è data alcuna associazione univoca tra motivi melodici (o contesti
armonici) e specifici contenuti del testo poetico. I madrigalismi e le più evidenti associazioni
11
testo/musica sono pochi: «tristes» (batt. 11), «vainqueur» e «opportune» (batt. 15-16),
ironicamente «bonheur» (batt. 17-18). Le chiavi di lettura poetico-espressive vanno cercate
in dettagli raffinati e poco appariscenti, come l’indugiare melodico sull’ultima parola
«marbres» (batt. 29-30) e l’enigmatica chiusura pianistica.
- formale: anche se è possibile individuare tre sezioni principali, corrispondenti alle tre
quartine del testo poetico, la presenza di motivi e texture ricorrenti trasversalmente nelle
varie sezioni rende questo tipo di suddivisione formale più sfumata. Nella Sezione A
compaiono tutti e tre i motivi principali: W (che contraddistingue l’introduzione pianistica), X
(associato inizialmente all’entrata della voce) e Y (con il quale si conclude la sezione). La
Sezione A’ riprende l’incipit vocale sul motivo X e continua proponendo un’alternanza/
sovrapposizione di W e X. La Sezione B inizia senza cesure, continuando ad alternare/
sovrapporre W e X. Un importante elemento di discontinuità musicale è la presenza del
lungo pedale di fa# alle batt. 21-25. È solo nella seconda parte della Sezione B (ultimi due
versi della poesia) che ritorna Y, che occupa la scena fino alla fine del brano, quando vi si
sovrappone una reminiscenza variata di W, sulla scala dorica (cfr. la deliberata somiglianza
armonica con l’inizio di En sourdine, brano d’apertura di Fêtes galantes).
- armonico: «In un'accezione elementare, il suo pensiero armonico è funzionale, poiché ogni
accordalità produce implicazioni a cui [Debussy] risponde, anche se non nel modo o nel
momento che ci aspettiamo» (Roger Nichols).8

8«In the most elementary sense his harmonic thinking is functional, in that each harmonic step sets
up implications that he answers, even if not in the way or at the place we expect» (citazione tratta dal
Grove 1980).
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