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Introduzione
Un ambito storico-geografico in cui i compositori hanno dimostrato una speciale sensibilità
per i testi poetici è quello francese, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
La forma musicale in cui questa sensibilità ha prodotto i più interessanti risultati artistici è la
mélodie.
Prima di vedere di cosa si tratta, sono necessarie alcune informazioni generali sulla metrica, la
prosodia e il rapporto testo/musica, con particolare riferimento alla lingua francese.
La metrica
Ogni testo poetico ha una precisa strutturazione metrica, che si suppone sia ben
conosciuta da chi lo intende mettere in musica.
Nelle lingue romanze (a cui appartengono l’italiano e il francese) la metrica viene detta
“metrica ritmica” e dipende da due fattori principali:
1. il numero delle sillabe metriche di ogni verso, che non sempre coincidono con quelle
grammaticali che tutti conosciamo. Le sillabe metriche vanno calcolate seguendo regole
precise (es. sineresi/dieresi all'interno della parola, sinalefe/dialefe tra parole).
1 Riferimento all’ultimo verso della poesia Art poétique di Paul Verlaine: «Et tout le reste est littérature».
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vocale iniziale si elide (sinalefe)
• e muta finale davanti a
consonante iniziale si pronuncia
• la cesura tra i due emistichi dell’alessandrino (6 sillabe // 6 sillabe) è marcata con una pausa
e deve tradizionalmente coincidere con la “fine di un senso”
Legenda:
e pronunciata
dieresi
sinalefe
dialefe
Sonetto (2 quartine + 2 terzine) in versi alessandrini anticonformisti, poiché la cesura centrale a volte viene
spostata.
Un testo poetico racchiude in sé una struttura metrica ben definita, ma la sua realizzazione
acustica si presta a innumerevoli possibilità.
Nella musica pop e rock ci sono innumerevoli esempi di scardinamento della metrica testuale:
• alcuni volontari e smaliziati (es. Elio e le Storie Tese, Tapparella, da 3:25, «parti-colare» e
«tuttiii»)
• altri più ingenui, a volte involontariamente comici. Spesso la “frizione” tra musica e metrica
verbale è il risultato dell’adattamento forzato di un testo a una musica molto squadrata e
regolare.
La mélodie
Quanto più un testo presenta una strutturazione metrica fluida, ricca e articolata, tanto più è
auspicabile che la musica che lo riveste sia duttile dal punto di vista metrico e prosodico.
Questo è ciò che è accaduto nella musica d’arte per voce e pianoforte che si è sviluppata
in Francia tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento: la mélodie.
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Origini della mélodie: la romance
Nella seconda metà del Settecento si diffuse la romance, tipicamente strofica, con melodia
disadorna, accompagnamento subordinato, di carattere lirico-sentimentale (es.: J.-J.
Rousseau, intermezzo pastorale Le devin du village, 1752).
Nella prima metà dell’Ottocento la romance divenne il genere musicale principe dei salons
(autori: Auber, Morel, Romagnesi, …). Le romances non avevano grandi ambizioni artistiche:
piuttosto schematiche, conquistavano il pubblico grazie alla faciloneria sentimentale e alle
abili esecuzioni di compositori e cantanti (spesso coincidenti nella stessa persona).
Così venne gradualmente superata la romance: i compositori più in vista dell’epoca, Gounod,
Massenet e Saint-Saëns, si dedicarono anche alla composizione di mélodies.
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Quand tu chantes, bercée
Le soir entre mes bras,
Entends-tu ma pensée
Qui te répond tout bas?
Ton doux chant me rappelle
Les plus beaux de mes jours.
Chantez, ma belle,
Chantez toujours!
Innovazioni letterarie
Victor Hugo e Charles Baudelaire furono tra i primi poeti a mettere in discussione la metrica
tradizionale: al centro dell’attenzione c’era il verso alessandrino, la cui suddivisione in 6+6
sillabe metriche suonava sempre più rigida e inadatta alla varietà delle necessità espressive.
Già nel 1827, nel dramma Cromwell, Hugo inserisce alessandrini con la cesura spostata,
mentre nelle Fleurs du mal (1857) si trovano cesure “invisibili".
Questa crisi metrica condusse alla comparsa del verso “libero” negli anni ’70 (Arthur
Rimbaud, Illuminations, 1872-75; Qu’est-ce pour nous, mon cœur, 1872, al verso 2 esempio
di alessandrino anti-metrico) e culminò con la pubblicazione di Alcools di Guillaume
Apollinaire nel 1913.
Si cercherebbero invano, nelle nove strofe della poesia, delle indicazioni di poetica precise e
univoche. A Verlaine, poeta del non detto e dell’indefinito, non si addice il dogmatismo: i
precetti di una poetica dello sfumato non possono che essere, a loro volta, sfumati. Il poeta ci
parla della centralità della musica, di ciò che è «vago e solubile nell’aria», dell’amore per la
mescolanza di preciso e indeciso. Niente colori, solo sfumature; niente «aglio di bassa
cucina» o enfasi retorica, ma immagini sospese, appena accennate. Verlaine introduce an-
che una vena ironica, alleggerendo i toni e giocando con i paradossi: critica la vacuità della
rima... in una poesia in rima. Ma è proprio in dettagli come questo che si attua la sua
rivoluzione silenziosa: la rima non va abolita; solo resa più discreta. La struttura metrica del
poema dimostra che una nuova arte poetica è possibile: i versi sono animati da una
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respirazione fluida, che riflette la variabilità ritmica del parlato sublimandolo con grande
eleganza.
«La ragione prima dell’impressione melodica che danno i versi verlainiani risiede proprio
nell’alleggerimento, nel dematerializzarsi del loro significato» (Luciano Erba).
La nuova mélodie
Ultimi decenni del secolo:
musicisti adattamento a
irregolarità e asimmetrie
metriche della musica esigenza di naturalezza
romantica europea espressiva
attenzione ricercatezza
estrema alla armonica e
ritmica fluida e flessibile prosodia formale
6
Pietro Dossena
DOSSIER
Claude Debussy, Clair de lune (da Fêtes galantes,
1er recueil 1891-92)
Verlaine e Debussy
Evitare gli eccessi retorici, ricercare la delicatezza dell’espressione, preferire l’allusione alla
solida enunciazione, rivoluzionare la propria disciplina senza far rumore: queste caratteristiche
sono applicabili non solo a Verlaine, ma anche a un compositore che non a caso si è rivolto
alla sua poesia in numerose occasioni: Claude Debussy. Verlaine scriveva versi prendendo
come modello la musica, Debussy evocava musicalmente un mondo fatto di immagini,
luoghi, personaggi, storie.
Debussy e la prosodia
La prosodia musicale debussyana si è imposta come modello del canto in francese.
7
In una nota dell’aprile 1902 intitolata Perché ho scritto Pelléas (l’opera Pelléas et Mélisande)
Debussy scrive: «i personaggi del dramma cercano di cantare come persone naturali
[«personnes naturelles»], e non in una lingua arbitraria fatta di tradizioni antiquate».3
Nelle opere vocali di Debussy la ricerca del naturale si accompagna al rifiuto del prosaico
— inteso come banale, volgare, privo di poesia. Non ci si attenda, quindi, una prosodia del
tutto allineata al parlato quotidiano.4 È lo stesso Debussy a chiarire il suo pensiero in un altro
passaggio della nota del 1902 sopra citata: «Volevo dare alla musica una libertà che essa
contiene forse più di tutte le altre arti, poiché non si limita a una riproduzione più o meno
esatta della natura, ma si allarga alle corrispondenze misteriose tra la Natura e
l’Immaginazione».
Si tratta della prima poesia della raccolta di Verlaine. È in versi decasillabi, la cui tradizionale
scansione in 4 + 6 sillabe viene infranta in varie occasioni.6
Questa poesia è stata messa in musica da vari compositori. Si ascolti la pregevole versione di
Fauré, del 1887.
3Traduzione di Anna Battaglia (Claude Debussy, Monsieur Croche. Tutti gli scritti, a cura di François
Lesure, ed. it. a cura di Enzo Restagno, Milano: Il Saggiatore, 2018).
4 Per esempio, Debussy preserva l’articolazione della e muta di fine parola.
5 La prima versione della poesia (1867) recitava «Au calme clair de lune de Watteau».
6 Soprattutto ai versi 1 e 4 (cfr. https://www.fabula.org/colloques/document858.php: «Le dérèglement
métrique initial serait ainsi l'indice que l'on aborde une poésie démarquée de la veine lyrique
traditionnelle, et des procédés de composition bien définis qui lui sont attachés»).
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Debussy compose due mélodies sul Clair de lune di Verlaine. La prima risale al 1882; la
seconda, composta nel 1891, appartiene alla raccolta di mélodies intitolata Fêtes galantes,
che presenta la strutturazione seguente:
Nel 1889 Debussy visitò l’Esposizione Universale a Parigi, che esercitò un’enorme influenza
su di lui. Fu in quell’occasione che potè ascoltare per la prima volta il gamelan giavanese. La
trascrizione di Louis Benedictus di una Danse javanaise udita all’Esposizione venne ripresa da
Debussy all’inizio del Clair de lune del 1891, che ora ci apprestiamo ad analizzare.
«Si possono fabbricare scale diverse… I ritmi sono soffocanti. Ritmo non è uguale a
Battuta… Le tonalità relative: un’assurdità! La musica non è né maggiore né minore. Terze
minori e maggiori andrebbero combinate, in modo da rendere la modulazione più flessibile. Il
modo è ciò che si sceglie sul momento… Accordi incompleti, che galleggiano. Bisogna
sommergere la tonalità [«Il faut noyer le ton»]… La teoria non esiste: è sufficiente ascoltare. Il
piacere è la regola».
Analisi
Osservazioni sull’armonia:
(N.B.: i colori e le sottolineature fungono da legenda per la tabella analitica che segue):
1. tonalità sfumata tramite l’utilizzo di scale modali, della scala pentatonica e della scala
esatonale
2. dialogo a distanza con Wagner, “padre” da “uccidere”: cromatismi (ma senza gli estremi
wagneriani) e Tristan-Akkord (equivalente enarmonico di una settima semidiminuita,
accordalità ambigua che Debussy utilizza frequentemente in contesti armonici non
funzionali)
3. grande attenzione alla fluidità del moto delle parti (note comuni, cromatismi)
4. concatenazioni armoniche tra fondamentali a distanza di terza (spesso uno dei due
accordi è un accordo di settima)
5. concatenazioni armoniche per caduta di quinte
7 La discussione venne ascoltata e riportata per iscritto da Maurice Emmanuel. Una traduzione inglese
si trova al link seguente: https://books.google.it/books?
id=CY85AAAAIAAJ&lpg=PA57&ots=ElHrgJU66y&dq=conversation%20debussy%20guiraud%20locks
peiser&hl=fr&pg=PA205#v=onepage&q&f=false
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W: ritmo puntato e nota di volta ribattuta
batt. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
ascende La#7
strofa Quartina 1
11 12 13 14 15 16 17 18 19 20
Y (cfr.
Y X (cfr. batt. 5-6) X X + W’ X W
batt. 8)
re7(#5), sol# con Mi7(b5)
Re(add6)
sol (#5)
accordo di volta
Re#
do#ø7, con
cromatico (scala
mi#ø7
Fa#7(b9)
sol#ø7 sol#ø7
digression esatonale)
b c d c d
Quartina 2
10
21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
Y (Debussy associa spesso l’acqua a figure
W+X W Y + W’
oscillanti)
Do#, Si
Sib = La#
scala sol#
armonie
l’accordo precedente)
armonie (mi#ø7)
parallele
(v, v7)
I / V del III (I)
(IVM,
(V del v)
IIIM)
Sezione B
9 valori più dilatati («calme clair de 10 melodia 11 climax melodico 12 lenta discesa di registro, con
lune») e discesa di registro ascendente/ con crescendo lungo indugiare sull’ultima parola
discendente ripetuta annullato dal pp «marbres»
e f e f
Quartina 3
31 32
Y + W’
sol#
(mi#ø7)
(I)
Sezione B (cont.)
conclusione pf
In piena sintonia con Verlaine, Debussy rifugge l’evidenza priva di ambiguità, la volgarità,
gli eccessi retorici e il lirismo esacerbato. Ricerca piuttosto l’incertezza, l’allusione
raffinata, il suggerimento, la delicatezza, la sfumatura. Questo avviene a diversi livelli:
- retorico: non c’è un unico e chiaro climax retorico-espressivo. Ci sono vari punti
culminanti, ma nessuno è decisivo. Quello che sembrerebbe più evidente (batt. 26, con
crescendo e salita di registro sulle parole «sangloter d’extase») è immediatamente annullato
dalla dinamica pp sul culmine melodico.
- rappresentativo: non è data alcuna associazione univoca tra motivi melodici (o contesti
armonici) e specifici contenuti del testo poetico. I madrigalismi e le più evidenti associazioni
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testo/musica sono pochi: «tristes» (batt. 11), «vainqueur» e «opportune» (batt. 15-16),
ironicamente «bonheur» (batt. 17-18). Le chiavi di lettura poetico-espressive vanno cercate
in dettagli raffinati e poco appariscenti, come l’indugiare melodico sull’ultima parola
«marbres» (batt. 29-30) e l’enigmatica chiusura pianistica.
- formale: anche se è possibile individuare tre sezioni principali, corrispondenti alle tre
quartine del testo poetico, la presenza di motivi e texture ricorrenti trasversalmente nelle
varie sezioni rende questo tipo di suddivisione formale più sfumata. Nella Sezione A
compaiono tutti e tre i motivi principali: W (che contraddistingue l’introduzione pianistica), X
(associato inizialmente all’entrata della voce) e Y (con il quale si conclude la sezione). La
Sezione A’ riprende l’incipit vocale sul motivo X e continua proponendo un’alternanza/
sovrapposizione di W e X. La Sezione B inizia senza cesure, continuando ad alternare/
sovrapporre W e X. Un importante elemento di discontinuità musicale è la presenza del
lungo pedale di fa# alle batt. 21-25. È solo nella seconda parte della Sezione B (ultimi due
versi della poesia) che ritorna Y, che occupa la scena fino alla fine del brano, quando vi si
sovrappone una reminiscenza variata di W, sulla scala dorica (cfr. la deliberata somiglianza
armonica con l’inizio di En sourdine, brano d’apertura di Fêtes galantes).
- armonico: «In un'accezione elementare, il suo pensiero armonico è funzionale, poiché ogni
accordalità produce implicazioni a cui [Debussy] risponde, anche se non nel modo o nel
momento che ci aspettiamo» (Roger Nichols).8
8«In the most elementary sense his harmonic thinking is functional, in that each harmonic step sets
up implications that he answers, even if not in the way or at the place we expect» (citazione tratta dal
Grove 1980).
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