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DEBUSSY

Claude-Achille Debussy nasce il 22 agosto del 1862 a Saint-Germain-en-Laye (Francia). E’ stato un


importantissimo compositore e pianista francese, considerato uno dei massimi protagonisti del
simbolismo musicale. Proveniente da una famiglia benestante, a soli dieci anni entra al
Conservatorio di Parigi per studiare composizione con Giraud e pianoforte con Marmontel. Pur
possedendo una solida formazione classica,  il suo ideale creativo fu sempre lontano da un
accademismo di tipo tradizionale; tuttavia dimostrò di sapersi avvalere all’occorrenza e con acume
della più ricercata tecnica.

Dopo aver conquistato, grazie alla scena lirica "L'enfant prodige", il "Prix de Rome", rimane nella
capitale italiana fino al 1887. Nella cantata "La damoiselle elue", risalente al 1888, e nei "Cinq
poemes de Baudelaire", composti nell'anno successivo, si riflettono echi di Wagner che lo
considerò il musicista più denso e rivoluzionario del suo tempo, più tardi invece rimase affascinato
dalle sonorità inusitate provenienti dall’estremo oriente, ascoltate in occasione dell’esposizione
universale del 1889, l’anno della Tour Eiffel; influenze tra loro fortemente eterogenee contribuirono
in Debussy a creare uno stile modernamente personale e caratteristico.

Al rientro da quel pionieristico  Erasmus cominciò a frequentare gli ambienti artistici legati alle
correnti dell’impressionismo e del simbolismo, come il salotto del poeta Stephane Mallarmè, oltre
alle stanze private delle più affascinanti fanciulle di Parigi, fu infatti considerato dalle donne che lo
circondarono, un uomo irresistibile. Nel 1889 Debussy iniziò una relazione con Gabrielle Dupont,
la loro storia finirà nove anni più tardi, quando il musicista si legherà a Rosalie Texier, amica di
Gabrielle con cui si sposerà nel 1899. La separazione porterà l'ex compagna di Claude a tentare il
suicidio. Tra i lavori per orchestra più importanti di Debussy di questo periodo vale la pena di
segnalare i tre "Notturni" creati nel 1899, "La mer", forma più sinfonica realizzato all'inizio del
Novecento.

Nel frattempo l'artista entra in crisi con la moglie Rosalie e Debussy rimane affascinato dalla
moglie del banchiere Sigismond Bardac Emma, che diventa oggetto del desiderio di Debussy, che
per lei scrive "L'isle joyeuse", e lascia la moglie. Anche lei, come già la Dupont, tenta di suicidarsi.
L'avvenimento, suscita scandalo nella Parigi dell'epoca, al punto che Debussy ed Emma, nel
frattempo rimasta incinta di lui, fuggono in gran segreto in Inghilterra: è il 1905.

Nel 1903 e 1904 viene pubblicato "Images pour piano" e “Estampes”, che richiamano tonalità
nuove per l'epoca, infatti Debussy inizia a associare la musica dei suoi pezzi orchestrali a
impressioni visuali che rievocano l’atmosfera della Spagna come "La soirée dans Grenade", e
dall'Oriente come "Pagodes”. Da non dimenticare, poi, una delle più celebri composizioni, la
"Children's corner suite" per pianoforte, scritta da Debussy per Chou-chou, come veniva
soprannominata la sua amata figlia: anche qui si intuiscono suggestioni orientali. In "Golliwogg's
Cake-walk", invece, non si può non scorgere un'importante influenza jazz. Nel 1912 arrivano le
"Images", l'opera più ampia, che a sua volta rappresenta un trittico, con allusioni spagnoleggianti.
Negli stessi anni, si susseguono numerosi lavori teatrali: "Le martyre de St. Sebastien", i balletti
"La boite à joujoux" e "Khamma”.
In seguito, il musicista si dedica a molti pezzi per pianoforte. L'ultimo volume degli "Etudes" è del
1915, e interpreta trame e stili vari come esercizi pianistici, includendo forma irregolari e brani
influenzati dall'opera di Stravinsky. I "Trois poemes de Mallarmé" costituiscono l'ultimo gruppo di
musiche. Debussy muore a causa di un cancro nel 1918 a Parigi nel corso della Prima Guerra
Mondiale : morte più simbolica non avrebbe potuto esserci infatti il periodo corrisponde alla fine
della Belle epoque.

STILE
 Influenze

Considerato sia in Francia che nel resto del mondo tra i principali compositori del ‘900, Claude
Debussy è stato un protagonista dell'impressionismo musicale (insieme con Maurice Ravel). Dal
punto di vista stilistico, la musica di Debussy si caratterizza per influenza internazionali
(Musorgskij, soprattutto per l'anti-accademismo, e Chopin, per la fantasia al pianoforte), e
nazionali, da Faurè a Franck, da Gounod a Massenet.

Debussy si avvicina molto all'opera di Wagner, soprattutto per la concezione dell'apertura del
discorso musicale: essa in Wagner si concretizza nella melodia infinita connessa all'armonia tonale
mentre in Debussy si traduce in accostamenti di piccole immagini istantanee che si rinnovano
continuamente tra loro indipendenti in virtù di un linguaggio armonico autonomo, costituito da
espedienti extra-tonali, come per esempio la scala esatonale.
In altre parole, lo stile del compositore francese ondeggia in maniera eclettica tra Romanticismo e
Impressionismo e Simbolismo, per una musica non pomposa, stringata, che mira alla brevità
aforistica. Da non sottovalutare, poi, la ricerca dell'innovazione - da parte di Debussy -
nell'esotismo, e la preferenza per un colore timbrico sulla linea melodica, con sonorità luminose e
una scrittura ritmica molto complessa, il cui andamento fluttuoso sembra reinventare il modo di
approcciarsi al pianoforte.
 Il brano musicale come un dipinto

Debussy, nelle sue opere capovolge l’idea del brano musicale, visto come un racconto in cui si
presentano i personaggi e le loro peripezie. Infatti contrappone a quest’idea strutturalmente
dinamica, un concetto di staticità temporale: il brano musicale non necessariamente deve essere
visto come un racconto, derivante dagli intrecci tra materiali musicali, ma anche come un quadro in
cui ogni particolare può essere ammirato indipendentemente dal tutto. Così come possiamo
contemplare, in un intero dipinto, un singolo agglomerato cromatico o un prezioso dettaglio, così in
un’opera sonora possiamo godere di un inciso minuto, di un accordo isolato nella sua essenza
sonora, senza necessariamente metterlo in relazione consequenziale e diretta con gli altri elementi
circostanti. Ed ecco allora capovolgersi anche l’idea di gerarchia funzionale delle armonie in base
alla quale ad una dissonanza deve seguire una consonanza equilibratrice, cioè ad una tensione segue
la sua risoluzione; con Debussy ogni singolo ente sonoro può assumere una sfumatura indipendente
dalla sua funzionalità abituale, un significato assoluto e pertanto unico a seconda anche del suo
semplice colore percepibile che diviene parametro creativo al pari di armonia, melodia e ritmica.

In tale concezione senz’altro si possono avvertire le suggestioni dell’impressionismo pittorico e del


simbolismo letterario dell’epoca. Per il pittore impressionista l’oggetto da ritrarre, pur essendo
sempre uguale a se stesso, può essere sempre infinitamente diverso a seconda del momento e del
luogo di osservazione. Per il simbolismo invece una singola parola può essere tanto più poetica
quanto suscettibile d’interpretazioni diverse, tanto più carica di simbologie e significati quanto più
vaga. Il poeta non dove descrivere la realtà, ma cogliere e trasmettere le impressioni più astratte e
indefinite, suggerire emozioni e stati d’animo, penetrare l’intima essenza delle cose, evocare
corrispondenze misteriose, attraverso anche i semplici suoni delle parole, tra concetti lontanissimi.

Applicazioni di queste idee possono trovarsi ad esempio nei Preludi: Debussy isola melodie ed


accordi lasciandoli sospesi o reiterandoli fino a spersonalizzarli ed a renderli indipendenti dal
contesto; così mettere insieme varie dissonanze, separandole da una risoluzione, invece di
aumentare la tensione percettiva, paradossalmente, la stempera, fa scomparire la dissonanza per
rivelare l’esclusiva essenza vibratoria caricando al contempo gli oggetti sonori di significazioni che
vanno ben oltre la norma.

CARATTERISTICHE DELL’ARMONIA DI DEBUSSY (dispensa)


1. Scala slendro e scala per toni interi

Nella musica extraeuropea di Giava e Bali si conoscono due sistemi musicali caratterizzati da due
diverse suddivisioni dell’ottava: pelog e slendro. Centro dell’orchestra indonesiana sono i
metallofoni. La funzione di ogni strumento è in rapporto diretto con la durata del suono che emette
e a seconda della diversa suddivisione dell’ottava questi strumenti appartengono al sistema pelog o
sledro.

 Il pelog consta di un insieme di sette suoni, due dei quali però non vengono quasi mai
adoperati. Gli intervalli che costituiscono la scala sono di tre tipi diversi: il semitono, il tono
intero, la terza maggiore. I pezzi intonati nel sistema pelog rimandano al nostro modo frigio.

 Nello slendro la scala è divisa in cinque parti quasi uguali: due intervalli sono un po’ più
grandi degli altri tre. In ogni orchestra i due intervalli maggiori sono inseriti in punti
differenti della scala, ma in modo da susseguirsi direttamente uno dopo l’altro. Il nostro
orecchio, con un aggiustamento involontario, sente gli intervalli del sistema come fossero 2
maggiori e minori, quindi sente la scala come fosse pentatonica anemitonica (anche questa
divide l’ottava in cinque parti). Poiché in ogni orchestra gli intervalli maggiori si trovano in
punti diversi della scala, una stessa composizione in stile slendro suonerebbe in modo
sempre differente, l’effetto sarebbe quello di pezzi impostati ciascuno su una diversa scala
pentatonica. Il pentatonismo slendro appare alle nostre orecchie come un sistema privo di
suono fondamentale di riferimento univoco, perché ognuno lo imposta su un suono diverso,
perciò ogni suono della scala può assolvere la funzione di fondamentale.

Debussy ebbe l’occasione di sentire un’orchestra gamelan all’Esposizione universale di Parigi del
1889: e ciò suscitò in lui una forte impressione che si riflettè nelle composizioni successive come
Pagodes (brano per pianoforte), La mer (opera per orchestra).

La scala per toni interi è un’altra possibilità di trasferire nel sistema musicale europeo il fascino
della musica giavanese. Questa si avvicina al sistema slendro poiché nonostante divida l’ottava in
sei suoni anziché in cinque, essa è tale che le parti siano tutte uguali tra loro, quasi come il sistema
slendro. Anche la mancanza di un suono fondamentale di riferimento, gioca a favore della sua
somiglianza sul piano uditivo allo slendro.
Le composizioni di Debussy basate sulla scala per toni interi e quella pentatonica hanno molte cose
in comune:

o Ogni suono della scala è libero di combinarsi con qualunque altro, senza che ciò dia
luogo ad effetti sonori tali da doversi considerare dissonanze, implicanti a loro volta
obblighi di risoluzione;
o In questo universo sonoro non ci sono suoni fondamentali e il clima assomiglia a quello
della tonalità sospesa;
o Non esiste alcuna gerarchia tra melodia e accompagnamento: più eventi sonori si
verificano contemporaneamente e sono tra di loro equiparati.

2. Trame sonore

Nell’aspetto compositivo di certe opere di Debussy non emerge nessun evento innalzato a
protagonista (come una melodia in Mozart) e nessun evento con ruolo di accompagnamento di
qualcosa di più importante.

In una melodia classi l’intervallo che si instaura fra un suono della melodia e la fondamentale
dell’intervallo stesso, conferisce a quel suono un colore caratteristico, un certo valore sonoro. In
Debussy invece le voci superiori non sono sistemate ad un’altezza o ad un’altra a seconda del
rapporto voluto con una ipotetica fondamentale: semplicemente esse si trovano ad una qualche
altezza. Questa è un’ altra caratteristica dello slendro: la mancanza di una vera e propria
fondamentale, l’annullamento della distinzione tra più importante e meno importante.

Le melodie classiche, sorrette da certi percorsi armonici, avevano un chiaro punto di origine ed una
altrettanto meta finale. Anche nella trama sonora di Debussy può emergere un certo evento, ma in
tal caso tutti o la maggior parte dei suoni coinvolti appaiono come gli elementi costitutivi di un
flusso sonoro che si muove con un andamento privo di una meta precisa, tanto che alla fine
quell’evento melodico risulta praticamente impercettibile, nel senso che esso non giunge ad una
conclusione vera e propria , ma viene piuttosto come riassorbito nella trama sonora al cui interno
pare quasi estinguersi.

3. Ripieni sonori

La tecnica debussiana del trattamento accordale è stata denominata “ripieno” e ha solo in parte
qualcosa in comune con il ripieno organistico.

 Ripieno vero e proprio

Consiste nella trasposizione esattamente parallela di un accordo; è un caso assai raro incontrarlo un
questa forma nella musica di Debussy.

 Ripieno tonale
Debussy scrive molto spesso successioni parallele di accordi costituiti da suoni appartenenti ad una
sola tonalità. Il trasporto degli accordi non è esatto come nel ripieno vero e proprio. Questo tipo di
ripieno compare ad esempio nella Cathèdrale engloutie, Brouillards.

 Ripieno atonale

Triadi maggiori e minori si scambiano reciprocamente in modo tale che i suoni di un accordo
vengono quasi sempre evitati in quello successivo. Di norma ciò si ottiene con spostamenti paralleli
di un intervallo di seconda delle triadi costituenti il ripieno, ma può avvenire anche con spostamenti
di terza che porta all’accostamento diretto di accordi tonalmente molto distanti tra loro. (Esempio:
General Lavine – dal II libro di Preludi).

 Ripieno modulante

In Debussy l’armonizzazione giocata ad imitazione del ripieno non può mai venire fraintesa con un
automatismo sonoro. Spesso infatti la maggior parte dei passaggi assume carattere modulante (come
avviene in Minestrels – dal I libro dei Preludi).

 Ripieno come cornice

Solo le parti esterne si muovono parallelamente, perciò gli accordi sono “incorniciati” dalle ottave
parallele che sembrano avere un ricordo dell’armonia funzionale. (Esempi: Les sons et les parfums
– dal I libro dei Preludi, la Suite Children’s Corner e ampi passi nella Butterfly di Puccini).

 Ripieno “slendro”

Gli accordi sono ricavati dalla scala tetrafonica(si tratta di un pentatonismo limitato a quattro suoni)
e perciò lo spazio tetrafonico che ne risulta è quello entro cui si muovono le voci. (Esempio: “La
fille aux cheveux de lin”- dal I libro di Preludi).

 Polifonia di ripieni

Spesso due ripieni diversi vengono contrapposti contrappuntisticamente. (Esempio: La terrasse des
audiences – dal II libro dei Preludi).

4. Armonia e struttura compositiva come unità d’invenzione

Nell’opera di Debussy, armonia, struttura compositiva e forma stanno fra loro in un tipo di rapporto
prima sconosciuto. Gli accordi non armonizzano più i singoli suoni della melodia, ma al contrario
un solo accordo può venir posto alla base di intere melodie. Cioè una base accordale figurata si
dispiega in ornamenti melodici, per cui i suoni dell’accordo sono per lo più i suoni principali delle
figure melodiche. Le figure melodiche possono talvolta differenziarsi grazie all’inserimento di
suoni estranei all’accordo stesso.

Ogni accordo, o spazio sonoro, ha già in sé una qualche struttura compositiva e un proprio colore
orchestrale. Perciò al mutare dei colori e del corso degli aventi mutano gli accordi , e mutano di
solito meno frequentemente che nella musica del passato, cosicché il loro ricordo si conservi più a
lungo. Un determinato accordo, una determinata struttura compositiva e un determinato timbro
orchestrale vengono quindi inventati contemporaneamente e non uno dopo l’altro, e costituiscono
un unicum, una unità di invenzione.

ARMONIA E FORMA IN DEBUSSY:ALCUNI SPUNTI INTERPRETATIVI


(dispensa)
Fra le varie componenti delle soluzioni armoniche debussyane, un ruolo molto significativo è dato
dall'intuizione estemporanea che non è gestibile secondo schemi ripetitivi e quindi difficile da
classificare in modo analitico. La natura sfuggente di questo aspetto armonico si riflette anche sulla
sfera formale ed è per questo che l'indagine analitica mira a dare delle definizioni a grandi linee di
condotta.

Gerarchia e gravitazione
Il sistema tonale tradizionale gravita sull'interazione fra le varie funzioni armoniche. Il flusso
armonico, tra tonica e dominante, è il centro di gravitazione, che si impone come tale in virtù del
rapporto con gli altri gradi nel contesto della circolazione accordale. È una gerarchia con relazioni
funzionali fra entità sovraordinate e subordinate. La tonalità debussyana riserva ancora alla tonica e
soprattutto alla dominante il ruolo di centri gravitazionali privilegiati ed elimina le tensioni fra i
gradi. Il movimento armonico attorno a questi centri attrattivi viene dato da accordi di volta o di
passaggio difficilmente identificabili tramite la nomenclatura tradizionale, o da altri tipi con la
finalità di arricchire l'accordo principale. I campi armonici autosufficienti che si vengono a creare
costituiscono le unità compositive alle quali sono limitati i nuovi rapporti gerarchici.

I centri dominantici e gli accordi di nona


I processi di arricchimento armonico riguardano in primis l'area dominantica (o dominante)
attraverso l'uso dell'accordo di nona. La nona di dominante, maggiore o minore, a differenza
dell'epoca classico-romantica, è promossa a entità indipendente, che non necessita di risoluzione e
che spesso appare come un indispensabile tratto dell'area dominantica. In particolare Debussy e
l'ultimo Skrjabin ne colgono anche le potenzialità espansive verso formazioni extra-tonali. Vi sono
degli esempi debussyani che illustrano alcune modalità di utilizzo e di arricchimento della nona di
dominante:

1. Oscillazione semitonale di alcune note della nona minore di dominante preferibilmente la


quinta o anche la settima. Nell'aggregazione risultante coesistono due armonie di settima di
dominante distanziata da un tritono.
2. Sovrapposizione di none di dominante minori che si trovano fra loro a distanza di una terza
minore o di un suo multiplo (tritono, sesta maggiore). Questi accordi hanno un'affinità
reciproca in virtù delle quattro note su cinque in comune cosa che li rende facilmente
collegabili; basta spostare la fondamentale di una terza minore o sesta maggiore.
3. Incorporamento nell'accordo di un'appoggiatura a una delle sue note; spesso viene utilizzata
l'appoggiatura diatonica discendente alla quinta. Si crea così un accordo di nona con una nota
aggiunta, che si trova una quinta giusta al di sopra della nona stessa.
4. Lo stesso tipo di estensione può applicarsi anche alle nove secondarie cioè non dominantiche.

Fraseggio e armonia

Il fraseggio debussyano possiamo definirlo come fraseggio binario o bipartito o dimèrico, cioè
composto da due elementi A e B organizzati nei seguenti due membri: A - B !! A(') - B'
dove gli antecedenti A possono essere identici, oppure il secondo può essere una variante del primo,
mentre il secondo conseguente B' è sempre una variazione armonica del primo B usata come
transizione a una sezione successiva o una nuova coppia di membri. La variazione può non
coinvolgere solo l'aspetto armonico, dato che A e B non sono solo semplici armonie ma soggetti
tematici con una propria identità melodica e ritmica.

Traslazioni
L'assenza di connessioni armoniche, il senso di sospensione e la concatenazione per accordi
paralleli vengono definiti nella loro totalità come traslazioni. Questi moti paralleli che possiamo
definire di traslazione sottintendono delle relazioni più sottili, ossia che possono venire a formarsi
delle successioni in cui siano delle note in comune.

Campi scalari
Le armonie pentatoniche e esatonali rivestono in Debussy diversi ruoli.
A. Le armonie esatonali e pentatoniche sono chiamate in causa per evocare immagini
impressionistiche o atmosfere esotiche, come quelle suggestioni dell'estremo Oriente
importanti per il giovane Debussy. Si tratta di quei casi in cui tali armonie caratterizzano in
modo esclusivo lunghe sezioni di un brano se non quasi tutto il brano.
B. L'armonia esatonale, su una sola scala o su entrambe in alternanza, viene utilizzata per stacchi
formali, segmenti di transizione con velata connotazione dubitativa, posta fra episodi dal
carattere più espositivo ed affermativo di ambito tonale più definito.
C. Passi transitori dalla durata relativamente limitata in cui si vuol far avvertire un senso di
instabilità e incertezza direzionale del flusso armonico; sono spesso animati da armonie
esatonali non pure, bensì contaminate con triadi, quadrati o none, o cangianti attraverso
movimenti cromatici che le spostano rapidamente e continuamente da una scala e l'altra.

Esempi di schemi formali


I campi armonici finora descritti rappresentano dati fondamentali per la definizione delle opere
debussyane, ma non è possibile individuare schemi strutturali standard applicabili a più contesti.
L'unico tratto che può dirsi pressoché onnipresente è la ripresa. Si può pressocché dare uno schema
A-B-A per rendere più o meno l'idea di ciò che può accadere fra i due A: esposizioni di svariati
elementi, ripetizioni variate, trasposte, e spesso un segmento divisorio centrale caratterizzato da una
materiale appositamente pensato, mai ripetuta altrove.

ASPETTI TECNICI E SVILUPPO STORICO DEL SISTEMA ESACORDALE DA


DEBUSSY IN POI (dispensa)

La successione melodica dei sei toni si rileva tra la fine del '700 e l'inizio della seconda metà
dell''800. Solamente con Debussy la scala esacordale o esatonale si pone alla base di un vero e
proprio sistema e si inserisce in un preciso contesto armonico e contrappuntistico.

Il sistema esacordale è caratteristico per :


- la sua staticità
- la mancanza di spinta attrattiva fra i propri elementi accordarli e melodici
- la completa assenza di zone dissonanti cioè di "tensione"

Alla base del sistema esiste un unico tipo di scala: sei suoni a distanza di tono l'uno dall'altro. Tale
scala costituisce un sistema a "trasposizioni limitate". Ad esempio, partendo dal suono
fondamentale Do (scala tipo A) l'unico trasporto può avvenire soltanto a distanza di semitono
superiore o inferiore (scala tipo B), dal modello originale. Quindi qualsiasi altra scala esacordale fa
riferimento alla scala di tipo A o B, anche se i suoni saranno enunciati diversamente o anche con
definizioni enarmoniche.

Lo studio del sistema esacordale si riferisce alle tre dimensioni fondamentali: melodia, armonia,
contrappunto:

La melodia si muove per grado o per salto, Per intervalli di 2ª e 3ª maggiori, di 4ª, 5ª e 6ª eccedenti,
con i loro rivolti e corrispondenti enarmonici. Tutti gli intervalli sono consonanti e non si trovano in
condizione di risolvere in una determinata direzione.

L'accordalità nel sistema esacordale è come una struttura di suoni sovrapposti in ordine di terze,
ma possiede un limitato numero di accordi:
- La triade
- La settima
- La nona
- L'undicesima: l'accordo di 11ª(risulta da una sovrapposizione di due triadi eccedenti)
rappresenta l'armonia-sintesi del sistema e ne delimita lo spazio sonoro.
Tutti gli accordi sono consonanti, liberi da costrizioni attrattive e realizzabili allo stato
fondamentale o rivoltato.

Il contrappunto esacordale: a due o più parti, si muove dalle forme più semplici come l'organum
medievale (disegni/movimenti paralleli), alle più complesse elaborazioni polifoniche.

Tutto si articola entro un giro uniforme e chiuso. Il sistema esacordale è limitato. Qualche varietà si
ottiene facendo uso del "doppio sistema" ossia un continuo alternarsi di accordi e movimenti
melodici appartenenti alla scala di tipo A con altri appartenenti alla scala di tipo B. Ciò comporta la
perdita del suo carattere distintivo atonale e conduce a procedimenti cromatici, aprendo la
possibilità che sconfini nel sistema tonale.

Ogni accordo esacordale trova una corrispondenza nel campo opposto ad esempio:
La triade Do, Mi, Sol# vista sotto l'aspetto cromatico è la triade eccedente di Do. La stessa triade
vista sotto l'aspetto enarmonico quindi Do, Mi, Lab è la triade eccedente di La bemolle. Quindi
otteniamo un accordo della stessa natura del precedente ma di appartenenza tonale diversa.

La stessa triade sotto l'aspetto melodico risulta ancora diversa e molte sono le interpretazioni
possibili per esempio il Sol# dell'accordo presentato prima può apparire in funzione melodica di
appoggiatura del La.

Gli accordi di quattro suoni corrispondono alla settima di dominante con la quinta alzata. (Do-mi-
sol#-si b).
Gli accordi di cinque suoni corrispondono alla nona di dominante con la quinta alzata. (do-mi-sol#-
si b- re).
Gli accordi di sei suoni corrispondono alla nonna di dominante con quinta alzata e abbassata. (do-
mi-sol#-sib-re-sol b).
Se consideriamo una nona di sei suoni, in base alle sue possibili trasformazioni enarmoniche
avremo sei tonalità diverse dell'accordo dato, in quanto, a turno, ogni suono diventa fondamentale
di un nuovo accordo. Inoltre l'accordo può avere anche moltissime risoluzioni.

L' esacordalità in Debussy


Debussy è un asistematico e un eclettico. L'esacordalità è una delle più tipiche componenti del
linguaggio sonoro debussyano, indispensabile per la realizzazione del clima adatto a certi "paesaggi
spirituali" e necessaria a dare colore a certi atteggiamenti armonici dell'impressionismo. Non esiste
però una composizione debussyana interamente esacordale. In Debussy, la melodia esacordale
viene messo in luce da linee (contrappunto) che non hanno reale autonomia e da un contesto
armonico più o meno espresso. Così pure la polifonia sembra provenire da un "moto interno" e
risulta dallo "scavare" nel tessuto accordare. Melodia, armonia e contrappunto hanno però in
Debussy definizioni e manifestazioni sempre nuove e varie.
- In Voiles la melodia iniziale per terza (e quarte) parallele (una specie di organum dolce) è come
sospesa in aria, libera da qualsiasi sottofondo o sostegno : le due linee sovrapposte espongono la
serie completa dei sei suoni.
- In Feux d'artifice la serie esacordale viene distribuita in eleganti arpeggi esprimendo il totale
armonico del sistema.
- In Cloches è presente una polifonia piena di movimento.
- In Jardins sous la pluie il moto pendolare dal sistema A a quello B costituisce una zona di
colore più acceso.

Debussy ha trovato un' evasione dalle costrizioni del sistema per mezzo dell'inserimento di armonie
assolutamente tonali (quasi sempre settime e none di dominante) nel processo lineare esacordale.
- In Tombeau de Naiades la serie di none ascendenti per tono permette di percepire le terze in
levare delle due parti più acute in funzione di note di passaggio.

In altri casi Debussy fa proseguire gli accordi a distanza di tono senza che la linea conducente porti
a completamento l'intera serie esacordale. Nel contesto armonico sono presenti anche quei suoni
che non risultano espressi nella pura linearità melodica.
- In Pellèas , una serie di cinque accordi di nona, impostati nell'ambito della scala discendente di
tipo A, porta nella linea superiore i suoni che andranno a completare l'esacordo. Ancora, una
serie discendente di quattro accordi di settima è costituita da un pedale di Fa#. In questo caso il
suono più grave e i due più acuti di ogni accordo esprimono nel loro complesso un completo
esacordo di tipo A, prendere il suono "centrale" di ogni accordo delinea soltanto un frammento
dell'esacordo di tipo B. Questo è il "primo modulo" una lunga progressione di settima che
comporta una graduale discesa delle armonie dalla zona acuta con la grave. L'ostinato del Fa# si
moltiplica in ottave lungo tutta l'estensione verticale e si contrappone al continuo cedimento
degli accordi.

L' esacordalità dopo Debussy


La finestra aperta da Debussy sul paesaggio dei sei suoni ha attirato molti musicisti di svariate
tendenze.
- Ravel, nel terzo tempo della sua Sonatina per pianoforte, presenta un'esacordalità incompleta
data una serie di cinque triadi maggiori disposte in ordine discendente di tono affidata alla mano
sinistra, alla quale viene contrapposto un elemento tematico dato alla mano destra, che si
sovrappone al colore esacordale della zona inferiore, con un proprio originale colore modale.
- Poulenc, nel quarto tempo della Sonata per due pianoforti, affida al secondo pianoforte
l'esecuzione con la mano sinistra di una completa scala esacordale (tipo A) che attraversa
l'accordo di Do maggiore sul quale insiste il primo pianoforte. La mano destra nel secondo
pianoforte è combattuta fra l'esecuzione di un accordo di Do maggiore e di un accordo di natura
esacordale. Le note Do e Mi rappresentano il terreno comune sul quale coesiste la presenza dei
due sistemi (tonale e esacordale) sovrapposti.

Nei paesi di lingua tedesca, di grandi tradizioni tonali o legati alle tendenze cromatiche wagneriane,
l'esacordalità pura non ha trovato grande credito. Si trova comunque nelle composizioni degli autori
della "Scuola viennese" qualche esempio di "doppia esacordalità", ma quale viene valutata con due
diverse interpretazioni ( doppia esacordalità = cromatismo ed enarmonia tonali).
- Schoenberg, nel Pellèas, espone su doppia fila una serie di triadi eccedenti che procedono per
moto divergente, avvertibili come alternanze di accordi esacordali del tipo A con altri di tipo B:
alternanze che mettono in evidenza l'aspetto cromatico e il clima drammatico.
- Berg, nella Sonata per pianoforte op.1, alterna accordi appartenenti ai due gruppi esacordali.

In Italia il sistema esacordale è stato accolto da parecchi musicisti cominciando da quelli della
"giovane scuola".

- Puccini, sempre attento a cogliere ogni suggerimento ha visto in alcuni aspetti dell'esacordalità i
motivi più adatti per caratterizzare situazioni, personaggi e ambienti del suo teatro. In Madame
Butterfly, il frammento esacordale del secondo atto sottolinea una mortificante delusione della
protagonista. In Fanciulla del West, l'esacordalità conferisce una fantasiosa tinta di esotismo in
molte scene. Nel primo atto, la salita per toni di sei triadi eccedenti (che prepara una ripresa
tematica) si apre in divergenza rispetto alla discesa per salti del basso. All'inizio del secondo
atto, una strana linea esacordale che definisce un buffo personaggio è sostenuta da un definito
contesto armonico. Sempre nel secondo atto, una linea discendente melodica per toni (un po'
fiorita) trova il suo completamento e la sua interpretazione armonica negli accordi di nona che
l'accompagnano. All'inizio del terzo atto, una linea vocale (recitativo "aperto") si eleva da
un'atmosfera tragica. Un doppio pedale (di La e di Mi bemolle nel registro grave) incupisce il
senso di misteriosa suspense che sovrasta la situazione scenica.
- Mascagni ha trovato nel sistema esacordale un prezioso aggancio per i propri simbolismi.
L'orientalismo che informa le pagine dell' Iris si risolve in una personale interpretazione del
sistema esacordale. Nel terzo atto dell'Iris, tre linee si muovono in modo convergente
proponendo una discesa per gradi delle due parti superiori disposte a terze parallele lungo un
esacordo, mentre la parte grave sale per moto contrario muovendosi per terze maggiori (o quarte
diminuite). Più avanti, si trova un altro esempio di esacordalità orizzontale condotta per
divergenza di parti: le due superiori salgono per gradi sempre a terze, mentre quella inferiore
scende per gradi. La risoluzione avviene sull'accordo di Sol bemolle maggiore in zona tonale.
- Pizzetti, nel Fra Gherardo, presenta in qualche pagina una polifonia strumentale di tipo
esacordale nella prevalenza modale della composizione. Nel primo atto di Fra Gherardo, un
breve episodio si delinea nell'ambito di un unico ampio accordo esacordale; un caratteristico
inciso melodico (che passa dialogando fra le parti e assume varie figurazioni ritmiche) lascia
l'ambito modale immergersi nella melanconia atmosfera dell'esacordalità, come il turbamento
crescendo nell'animo travagliato di Gherardo.
- Zandonai, nel primo atto della Francesca da Rimini, contrappone accordi e linee provocando
una continua alternanza fra armonie esacordali di tipo B e A, determinando un clima di tensione
sonora che esprime il conflitto sentimentale che opprime lo spirito di Francesca al momento
dell'incontro con Paolo. Nel secondo atto tutto si muove secondo un piano di alternanze fra
esacordi di tipo B e A, nel quale si trova il doppio sistema che mette a confronto i procedimenti
cromatici delle parti acute con i movimenti di terza minore delle parti gravi. La tumultuosa
successione degli accordi si presta ad esprimere il grido di Francesca atterrita di fronte allo
sciagurato ferimento di Malatestino. Nei Cavalieri di Ekebù la diabolica risata di Sintram viene
lanciata con suoni rapidi intorno all'asse esacordale.
- Strawinsky nella Symphonie de psaumes utilizza una "retta" esacordale per tagliare la
diatonicità che delinea un celebre modulo.
- Bartòk dedica nel quinto volume del Mikrokosmos, un esercizio al mondo dell'esacordo
impostato a modo di canone a specchio verticale.
- Gershwin, nella Rhapsody in blue, una delle fondamentali composizioni delle repertorio semi-
leggero americano, prospetta un caratteristico procedimento "per divergenze" che dispone
movimenti cromatici a guida di successioni accordali di pura marca esacordale.
In molta musica leggera, jazzistica cadute accordarli in successione di toni implicano l'uso di brevi
serie di triadi, di settime o di none, che procedono in parallelismi ascendenti o discendenti.
- Duke Ellington, in Rhapsody I la serie delle quarte e seste raddoppiate in ottava scende
gradualmente lungo una linea esacordale.

Il sistema esacordale è stata una delle componenti decisive nel processo di trasformazione e di
dissolvimento del sistema tonale. L'esacordalità infine è stata anche assorbita nell'ambito della
dodecafonia in quanto il doppio sistema esacordale presenta un totale di 12 suoni.

LE PLUS QUE LENT

La plus que lente, L. 121 è un valzer per pianoforte solo scritto da Claude Debussy nel 1910, poco
dopo la sua pubblicazione del Préludes, Book I. Il pezzo ha debuttato al New Carlton Hotel di
Parigi, dove è stato trascritto da Debussy per archi ed eseguito dal famoso violinista 'gitano', Léoni.
Con La plus que lente giungiamo nella piena maturità debussyana. Forse l’opera è ispirata da una
piccola scultura conservata sul caminetto della sua abitazione parigina, tuttavia, altri indicano varie
fonti di ispirazione, citando la somiglianza tra questo valzer e il precedente lavoro di Debussy,
Ballade.

Nonostante il titolo, “La plus que lente” non doveva essere eseguita lentamente infatti nell'opera c’è
l’indicazione "Molto rubato con morbidezza", che indica l'incoraggiamento di Debussy ad un tempo
flessibile. L’aggettivo "lente" del titolo si riferisce al genere valse lente che Debussy ha tentato di
emulare. Il valzer lento - valse lente - è comunissimo nella musica di consumo degli anni a cavallo
tra i due secoli. Massenet aveva scritto nel 1901 un valzer per pianoforte lentissimo (Valse très
lente) e Debussy scrive nel 1910 il valzer più che lento ("La plus que lente"). Le intenzioni
caricaturali di Debussy sono evidenti, oltre che nel titolo, anche nella didascalia
generale Lent (Molto rubato con morbidezza), e poi nella musica ansimante, esitante e sospirosa
infatti questa deliziosa pagina, con le sue movenze, con la sua sinuosa linea melodica sostenuta da
morbide e allusive armonie, rappresenta una geniale e irriverente rivisitazione del valzer lento.
Potrebbe persino darsi, visto l'uso spesso eccentrico dell'italiano in Debussy, che il con
morbidezza fosse una traduzione approssimativa di avec morbidité, e che quindi significasse con
morbosità (il che sarebbe in carattere). L'ironia non esclude però, l'immedesimazione affettiva, e
la Plus que lente è un po' musica da caffè-concerto, un po' musica da cabaret, e un pochino,
anche, musique des familles. La composizione è in forma di rondò. Addirittura alcuni musicologi la
associano, con i suoi ritmi sincopati, l'elasticità della linea melodica e gli accordi nella mano
sinistra, verso un genere improvvisativo che si avvicina al jazz. Si nota facilmente che il terzo tema
annuncia il mondo delle Valses nobles et sentimentales di Ravel, di un anno posteriori.

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