Strano destino, invero, è quello della cantata L’enfant prodigue di Claude Achille Debussy. Scritta per
vincere in Prix de Rome, in uno stile adatto all’impresa, ottenne comunque un buon successo anche di
pubblico e la sua fortuna fu costante nel tempo. Tanto è vero che l’editore Durand chiese a Debussy di
organizzarne una orchestrazione (orchestrazione, appunto, più che ri-orchestrazione, come sovente si
dice) a fronte di adattamenti vari che si erano succeduti nei primi anni del Novecento. Così, nel 1908,
Debussy decide di metter mano all’opera, forse con un po’ di ritrosia e di sussiego nei confronti di
questo spettrale “illustre redivivo”, visto che si farà ampiamente aiutare dall’amico direttore d’orchestra
André Caplet. Il 18 giugno il compositore fa sapere a Jacques Durand che ha visto Caplet proprio per
questa ragione: “J’ai vu Caplet qui veut bien m’aider un peu à revernir l’Enfant Prodigue; cela ira donc
assez vite et nous serons débarrassés de cet illustre revenant.”
Durand pubblicherà dunque il 27 novembre questa nuova versione dell’opera. Ad essa faranno da
contorno una trentina di edizioni, dal canto e piano, all’orchestrazione completa, passando per il
pianoforte a quattro mani, e per il violino (con piano o orchestra), per la piccola orchestra, con o senza
piano, ma soprattutto sezioni della Cantata, a partire dalla famosa e apprezzatissima Aria di Lia, già in
auge da più di un ventennio e dallo strumentalmente raffinato Corteggio e aria di danza.
Sì, perché la Cantata, su testo di Édouard Guinand, fu composta nel 1884 a Parigi e lì eseguita,
all’Académie des Beaux Arts, il 27 giugno di quell’anno nella versione per voci e pianoforte e presto
pubblicata, con dedica a Guiraud, da Durand in ottobre (altre pagine, per canto e pianoforte, Nuits
d’étoiles, Beau soir, Fleurs de blés, Mandoline, erano già apparse in precedenza).
Si diceva: scritta per vincere il Prix de Rome, e infatti con questa composizione Debussy lo vinse. Si
trattò di una lucida “marcia di avvicinamento”: Debussy entra nella classe di armonia di Émile Durand
per farvi una figura di anarchico (« élève très bien doué pour l'harmonie, mais d'une étourderie
désespérante »). Rimprovererà sempre a questo insegnamento di essere libresco e di indirizzarsi alla
carta, non allo strumento; Louis Laloy riporta certo affermazioni di Claude Debussy quando si esprime
in questi termini: “Sappiamo le regole del gioco: una succesione di note è data, che si tratti di canto o di
basso, a seconda che di ponga all’acuto o al grave. Vanno aggiunti degli accordi, secondo certe regole
arbitrarie quanto quelle del bridge, turbate da una o due licenze, nulla più. Non v’è, per ciascuno di
questi rebus, che una sola soluzione, che nel gergo conservatoriale si chiama l’armonia dell’autore”.
Ora, Claude Debussy non scopre mai l’armonia dell’autore; non conosce che la propria, e osa
rispondere al professore che lo rimprovera, di non capire: “No, non capisco la vostra armonia, capisco
quella ho messo io”. Non ci si può meravigliare, allora, se Debussy non ottiene alcun riconoscimento in
armonia teorica. Tutto in altro modo vanno però le cose nella classe di accompagnamento. Il corso era
tenuto da un’ottima persona, Auguste Bazille. La materia presentava per Debussy il grande vantaggio di
far appello alle doti improvvisative, di favorire il gusto, di mettere in luce le doti inventive: tanto basta
per fargli ottenere, nel 1880, un secondo premio di accompagnamento. Si tratta adesso di ottenere il
prix de Rome, cui prepara la classe di composizione di Guiraud, autore forse caduto troppo facilmente
nell’oblio. Musicista appassionato, dal gusto sicuro e dotato della necessaria perspicacia per discernere
le qualità dei propri studenti ai fini della preparazione del concorso, dimostrò attenzione e rispetto per
Debussy e per le sue idee, quantunque originali. Gli consiglia però di dissimularle fino all’uscita dal
Conservatoire. Sotto la sua guida Debussy mette in musica la commedia di Banville Diane au Bois, e si
mette al lavoro per l’ottenimento del Prix de Rome. Nel 1882 supera la prova di contrappunto e fuga,
nel 1883 ottiene il secondo Grand Prix (con la cantata Le Gladiateur) e, infine, nel 1884, vince il “sacre
grand prix de Rome”. Nello specifico gli anni che vanno dal 1882 al 1884 sono ricchi di attività e di
accadimenti. L'8 gennaio del 1882 compone la melodia Fantoches (P. Verlaine) (medita), prima versione
del n. 2 di Fêtes galantes, e il 12 aprile Les lilas (Th. de Banville). Il 12 maggio, a Parigi (Salons Flaxland)
primo concerto pubblico come compositore: Madame Vasnier (e vedremo che significa questo) canta
Les roses e Fête galante (Th. De Banville), il violinista Maurice Thieberg un Nocturne et scherzo per violino e
pianoforte che forse è la trascrizione di un brano dallo stesso titolo (inedito) per violoncello e
pianoforte. Sempre in maggio Debussy partecipa all'esame preliminare per il «Prix de Rome», con la
cantata Printemps (Comte de Ségur) per coro femm. e orch. (ed. post. 1928), ma non supera la prova. In
giugno compone Flots, palmes, sables (A. Renaud) e l'Intermezzo (inedito), frammento di una suite per
violoncello e orchestra ispirato a una poesia di Heine. In luglio ottiene il II attestato di merito per
contrappunto e fuga, ed è nuovamente al servizio della signora von Meek: in agosto a Mosca, poi a
Plesceyvo presso Podolsk dove compone En sourdine (P. Verlaine) (ed. post. 1944) prima versione del n.
1 di Fêtes galantes (completato 1891); quindi al principio d'ottobre è a Vienna, a metà mese a Parigi,
all'inizio di novembre di nuovo a Vienna, dove compone Mandoline (P. Verlaine); il servizio con la von
Meek termina intorno al 20 novembre.
Nel corso dell'anno è accompagnatore della società corale La Concordia, dove Gounod lo prende sotto la
sua protezione. Muore la zia Clémentine a Suresnes. Scrive Divertiment per pianoforte 4 mani
(attualmente non reperibile). L’anno seguente, 1883, il 31 marzo compone Coquetterie posthume (Th.
Gautier); fra il 5 e l'11 maggio Invocation (A. de Lamartine) cantata per coro maschile e orchestra con la
quale partecipa alle prove preliminari per il «Prix de Rome», ottenendo il quarto posto; fra il 19 maggio
e il 13 giugno compone la cantata Le Gladiateur (E. Moreau), per 3 voci e orchestra, che il 23 giugno
viene eseguita all'Académie des Beaux-Arts per il «Prix de Rome»; egli ottiene il I Secondo Grand Prix.
Nei primi mesi dell’anno 1884 compone Romance (P. Bourget) diversa dalla precedente (vedi 1883),
Apparition (S. Mallarmé) (ed. post. 1926), La romance d'Ariel (P. Bourget), Regret (P. Bourget). Fra il 10 e
16 maggio compone Le Printemps (J. Barbier) per 4 voci e orchestra, con il quale partecipa all'esame di
ammissione del «Prix de Rome», ottenendo il quarto posto. Subito dopo si occupa di L'Enfant prodigue
che, come sappiamo, gli fa ottenere il I Grand Prix. Non tutti i giurati apprezzeranno la composizione,
soprattutto i musicisti, ma grazie ai “pittori” e alle forti pressioni esercitate da Charles Gounod,
Debussy aveva ricevuto ventidue voti su vent’otto. Curioso che una reazione simile questo brano
l’avesse quanto Debussy la eseguì per i suoi compagni a Villa Medici: alcuni la apprezzarono, ma non i
musicisti. Anche questo contribuirà al clima di sospetto con il quale Debussy vedrà sempre L'Enfant
prodigue.
Partì per Roma il 27 gennaio 1885, dovendo passare i regolamentari tre anni a Villa Medici; ma il
soggiorno romano non gli fu gradito, né l’ambiente dell’Accademia di Francia gli fu propizio. Da Roma
invierà all’Istituto l'ode sinfonica Zuleima (O. Boyer) tratta da Heine, la suite Le Printemps (1887; riveduta
dall’autore nel 1913), e il poema lirico La Damoiselle élue (1887-88) da D. G. Rossetti. Del secondo si
vide rifiutare l’esecuzione per la “tendance prononcée, trop prononcée même, à la recherche de
l’étrange”, come scrisse la commissione, e l’autore, intransigente, preferì rinunziare all’esecuzione del
terzo envoi, che fu presentato al pubblico soltanto nel 1909, mentre Le Printemps doveva attendere sino al
1913 (un altro lavoro in parte compiuto a Roma, una Fantaisie per pianoforte e orchestra, rimase
sconosciuto, per volontà dell’autore, sino a due anni dopo la morte di lui). Già nell’aprile 1885 trascorre
alcune settimane clandestinamente a Parigi. Riprende poi la composizione di Diane au bois, ma in luglio è
nuovamente a Parigi, in agosto è ospite del conte Primoli nella sua villa di Fiumicino, e prosegue
attivamente Diane au bois. Medita continuamente il ritorno a Parigi, ma resta tuttavia a Roma, dove nel
novembre conosce Liszt. Dietro suo suggerimento, nella Chiesa di Santa Maria dell'Anima ascolta
musiche di Palestrina e Orlando di Lasso: sono forse l'unico evento romano accolto con entusiasmo.
Alla fine dell’inverno (marzo 1886) nuovo breve soggiorno clandestino a Parigi; quindi pensa a un'opera
tratta da Salammbô di Flaubert, e riprende Zuleima. Studia il Tristano di Wagner. Fino a ottobre o
novembre prosegue Diane au bois (ne restano frammenti inediti per soprano, tenore e pianoforte). A fine
anno invia all'Académie Zuleima, che viene eseguita e giudicata molto sfavorevolmente il 31 dicembre.
Nel gennaio-febbraio del 1887 completa Printemps, suite sinfonica per orchestra e coro senza parole,
destinata al secondo invio del Prix de Rome: viene giudicata severamente. I primi giorni di febbraio
Debussy lascia definitivamente Roma, in anticipo sui termini del Prix de Rome, e vive a Parigi coi
genitori, al 27 di rue de Berlin.
Naturale che l’esperienza legata al Prix de Rome sia ritenuta scomoda anche musicalmente da Debussy:
ha dovuto piegarsi al “teatrino” accademico per poter vincere il premio (ma La Chronique des arts et de la
curiosité del 12 luglio 1884 riporta che, solo dopo cinque ore e mezzo di “camera di consiglio”, il 28
giugno l’Académie des beaux-arts ha conferito “le grand prix de Rome” a Debussy), si è piegato ad un
linguaggio normalizzato, ha forse anche mosso una serie di importanti personaggi (Léon Vallas parlerà
di “sapienti intrallazzi” di Massenet che dovranno assicurare il successo di questo lavoro sia presso la
giuria che, dopo, presso il grande pubblico; Georges Léon scriverà che Debussy ricevette la sua
consacrazione, prima di partire per Roma, dal più illustre dei suoi giudici, Charles Gounod che, dopo
aver sostenuto la sua candidatura e permesso che il premio gli fosse assegnato, gli si avvicinò dicendogli
“Toi, mon petit, tu as du genie”), ha subito critiche aspre quando, da Roma ha inviato a Parigi sue
composizioni che svelavano modi compositivi ritenuti anarchici dall’establishment musicale (“è
desiderabile che egli stia in guardia contro quel vago impressionismo che è uno dei maggiori nemici
della verità nelle opere artistiche”). E’ dunque comprensibile l’atteggiamento di distacco, se non di
disprezzo che l’autore avrà nei confronti de L’enfant prodigue, atteggiamento lungamente “condiviso”
dalla critica. Ma non dal pubblico: delle varie versioni ed edizioni, del successo crescente, in parte s’è
detto. André Caplet, tra l’altro, dirigerà varie volte la “sua” versione orchestrale ufficiale anche negli
Stati Uniti, tra New York e Boston. Malgrado tutto, dunque, la Cantata, o meglio la Scena Lirica, godrà
di una inaspettata (per Debussy, se non altro) fortuna almeno fino alla nascita dell’agiografia
debussiana. Nascita precoce: azzarderei con il Pelléas et Mélisande, se anche un foglio non specialistico,
come Le Populaire de Paris, Journal Socialiste du Soir, già nel dicembre del 1919 scrive: “Ce n’est pas bien
servir Claude Debussy que de porter sur le théàtre L’enfant prodigue …qui valut a Debussy le premier
grand prix de Rome, est une cantate remarquable; mais ce n’est et ce n’eût dû etre toujours qu une
cantate. Le très grand musicien de Pelléas, des Nocturnes, de La Mer, du Quatuor á cordes, etc., etc., ne s’y
révèle guere. Ici c’est l’orchestre qui s’affirme le mieux; et ce qui s’y montre le plus originalement
realisé: les danses décèle l’influence de Borodine: La mélodie la déclamation sont à l’ordinaire, dans la
manière du Massenet de Marie-Magdeleine; et Meyerbeer n’eût pas désapprouvé le chœr final.”. Pierre
Boulez marcherà poi indelebilmente, negli anni ’60 del Novecento, l’inizio della “musica moderna” e
del linguaggio musicale peculiare di Debussy con il Prélude à l'après-midi d'un faune (1894), condannando
per molto tempo all’oblio o alla tolleranza “a denti stretti” i lavori precedenti gli anni ’90. Solo
recentemente ci siamo resi conto che il linguaggio compositivo vocale debussiano durante e prima del
periodo romano si presenta come già assolutamente peculiare e degno di essere ascoltato e analizzato.
Debussy, peraltro, mostrerà sovente grande disprezzo per il Prix e per l’opera che glielo fece vincere.
Sull’Istituzione farà intervenire il suo alter ego M. Croche (1903), mentre ha sostenuto che aveva, per
scrivere la sua cantata, sistematicamente parodiato lo stile e la maniera di Massenet. Ma questa è
polemica, esagerazione dovuta all’ironia. Resta difficile pensare che, comunque, L’enfant prodigue gli
possa esser stato del tutto “étrangère”.
Del resto, anche limitandosi ad una visione corrente della figura di Debussy, il grande merito del testo
di Guinand consiste nell’interrompersi, talvolta. Ciò permetterebbe a Debussy di “fare un po’ di vera
musica”, come afferma nel 1922, dalle pagine de La Revue de Bourgogne, Robert Jardillier, curiosa figura di
politico e musicologo. L’impianto dell’opera è sicuramente convenzionale, ma in più punti emerge
comunque la prepotente personalità del musicista francese. Il preludio è ricco di colori, il corteggio ha
del capriccioso, con interessanti soluzioni ritmiche, poi una danza lenta, forse - strumentalmente - il
tributo maggiore pagato alla “scolasticità”. Il pezzo è un esercizio sereno, venato di pallido
romanticismo, ove si adombrano elementi poi più autonomamente sviluppati. Tre personaggi costruiti
convenzionalmente: il padre, la madre e il figliol prodigo. Un Preludio, poi un recitativo e aria della
madre, Lia, che piange ognora il figlio che non ha più (“L’année en vain chasse l’année”), un recitativo
del padre, che esprime il suo scontento (“Eh bien, encore des pleures?”), un’aria di danza, per distrarli,
un’aria del figlio che rientra all’ovile (“Ces airs joyeux, ces chants de fête”), un intervento della madre (“
Je m’enfuis…De mes pleurs je ne suis plus maîtresse!”), un duo madre e figlio (“Rouvre les yeux à la
lumière”). Ecco che giunge il padre, che esegue una “romance” (“Mon fils est revenu”); tutti e tre
insieme, nel finale, rendono lode alla divinità (“Mon cœur renaît à l’espérance”). Ce ne sarebbe a
sufficienza per imprigionare nel genere anche una “testa calda” come Debussy. L’autore si impegna in
un “dribbling” estetico: l’aria di Lia (brano che resterà per decenni nel repertorio cameristico delle
soprano francesi), scritta sulle caratteristiche vocali di Rose Caron [che ne sarà la prima interprete nel
1884, insieme al tenore Ernest Van Dyck (Azaël) e al baritono Émile-Alexandre Taskin (Siméon)], è
davvero Massenet, magari un Massenet “energizzato”, ma pur sempre Massenet (anche se il vecchio
maestro considererà sempre Debussy “un vero enigma”), con qualche nuance di Delibes, così amato dal
buon Bazille. Nel declamato Debussy riesce a render tutto più sincero e più discreto, quando Lia invidia
le altre madri, ma il contorno è teatrale (una Scena Lirica, appunto, più che una vera e propria Cantata,
tale da giustificare anche messe in scena, come quella al Théàtre de verdure du Jardin de Tuileries nel
1913). Sicuramente il cammino percorso negli anni romani, ma soprattutto la possibilità di sentirsi
svincolato da pressanti necessità accademiche sfocerà in una cantata La damoiselle élue terminata quando
l'insofferente pensionante di Villa Medici aveva già abbandonato Roma, che da più parti è considerata
come la manifestazione compiuta dello stile debussiano. Ma è pur vero che buona parte della critica
novecentesca ha trattato L'enfant prodigue in modo troppo sbrigativo, “come un'opera ancora
impersonale di un esordiente” se non addirittura come un saggio di un allievo di conservatorio. Ed è
pur vero che quella che noi ascoltiamo è la versione del 1908, che risente dell’orchestrazione e dei
rimaneggiamenti Caplet-Debussy realizzati in un momento del tutto diverso dal Figliol prodigo originale,
con motivazioni ben diverse e con una collocazione sociale e musicale del nostro compositore affatto
differente rispetto agli anni del Conservatoire e di Villa Medici. Quinte vuote, un’armonia
tendenzialmente rarefatta e l’utilizzazione frequente di settime in successione sono certo elementi che
fanno intravedere l’autore di domani, ma è l’atteggiamento pudico con cui Debussy si relaziona al testo,
invero un poco magniloquente di Eduard Guinand, il patetismo misurato, a rivelarci lo spirito
debussiano. Già altri ha rilevato che sta nel giusto Edward Lockspeiser (nel suo ancor oggi
fondamentale studio) nell’osservare che Debussy è andato diritto al cuore della parabola con una
musica dall'accento umanamente vero e pacato, ad onta del fatto che comunque la composizione ebbe
una gestazione minima, di tre settimane. Il finale, quasi uno “sberleffo sonoro”, ricalca, probabilmente
con ironia tutta debussiana, gli stilemi del passato (siamo nel 1908, non nel 1884: ricordiamolo). Nel
1906 Debussy mette mano alla partitura ricomponendo il quarto e il quinto movimento, per esempio,
orchestrando il Recit at air de Lia e il Cortège, ma non è comunque particolarmente soddisfatto del lavoro,
verso il quale continua a nutrire riserve. Un’esecuzione di questi due brani orchestrali avviene
comunque alla Salle Gaveau il 12 dicembre del 1907. A metà luglio dello stesso anno, dopo che il
direttore inglese Henry Wood esprime il desiderio di dirigere l’intera Cantata, Debussy si risolve a
rimettere (o far rimettere) mano all’orchestrazione dell’intero brano, che per lui continua a “puzzare” di
“esami”, di “conservatorio” e di “tedio”, ed ecco, allora, l’edizione Drand del 1908. Ne L'enfant prodigue
egli utilizza dei motivi ricorrenti (che si tratti di ricordi di leitmotive o di idées fixes poco importa in questa
sede) associati ai tre personaggi, e una recente esposizione alla musica russa, insieme ai ricordi di
Delibes e della sua Lakmé, spiegano gli elementi esotici nella partitura, giustificati dalla ambientazione
medio-orientale: il modalismo melodico e il pentatoniscismo nella “Aria di danza”, così come l’uso del
tambour de Basque e dei piatti ne sono chiara testimonianza. Le sue idee armoniche e contrappuntistiche
sono evidenti e sicure e se poi la partitura rivela un'orchestrazione esperta, questo è senz’altro
assegnabile alla revisione chiesta dall’editore Durand dopo la istituzionalizzazione di Debussy a far data
dal 1902. Ma L'enfant prodigue è certo figlio del suo tempo (1884) in termini di idee musicali di base: a
iniziare dal motivo di arabesco frigio, di ambientazione del Preludio e dalla melodia lirica del corno che
qualcuno ha voluto vedere come elemento che simboleggia il legame tra la madre e il figlio. Come Le
Printemps (“L’aimable printemps”) composto solo un mese prima, la cantata inizia con un ostinato di
quinte vuote e mostra un materiale motivico simile: tra l’altro una linea discendente che troviamo
all’inizio de L’enfant (m. 31) e che ascoltiamo alla fine della sezione B de Le Printemps (m. 72); anche una
delle melodie della partitura del 1887 di Printemps presenta affinità con il Preludio de L’enfant (mm. 19-
26), a dimostrazione del fatto che si tratta di elementi melodici che Debussy pensa e ripensa
indipendentemente dalle necessità vincolanti del Prix.
Negli anni a cavallo del secolo, tra il ritorno dall’Italia e il 1902, Debussy si tiene a distanza dalle
istituzioni musicali e dall’establishment, ampiamente ripagato delle stessa moneta dall’accademico mondo
musicale parigino. Questa estraneità così ben coltivata lo porta ad essere particolarmente ricettivo nei
confronti di esperienze eteronome: dell’influenza giavanese ed estremo orientale tout- court (sia in
termini modali e, in senso lato, timbrico-ritmici che drammaturgici) ben oltre i confini dell’esotismo
orientalista, e giovi ricordare che, nel corso dell’Esposizione universale Debussy ha l’occasione di
ascoltare altri “orienti”, magari meno esotici, certo destinati ad esercitare un peso non indifferente nella
Parigi degli anni a venire: le musiche spagnole e quelle russe (per l’occasione queste ultime dirette da
Rimskij-Korsakov); ma è dello stesso periodo il viaggio a Solesmes per entrare in contatto con la
reinvenzione del gregoriano da parte degli studiosi benedettini e le puntate wagneriane a Bayreuth. In
contemporanea (1889-91), ecco lo studio delle partiture musorgskiane, il Boris, tra tutte. Il tutto poi si
innesta in una sorta di “rispetto critico” della tradizione musicale, dal contrappunto bachiano in avanti,
portato conservatoriale ma non solo; contributi notevoli all’orizzonte musicale debussiano saranno pure
le suggestioni ricavate dalle frequentazioni letterarie in termini di arcaismo e di recupero dell’eredità
tastieristica settecentesca francese. È con questo bagaglio che già dal 1889 si delinea l’idea di un lavoro
teatrale che parrebbe tuttaffatto differente dal pur ammirato modello wagneriano: un progetto, quello
del Pelléas et Mélisande, realizzato solo nel 1902 dopo che nel 1893, per i buoni uffici di Louÿs, ottenne il
diritto di musicare il dramma di Maeterlinck.
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V’è chi a scritto (un Apache come Emile Viullermoz, già nel 1911) che “sans Massenet, Debussy
n’aurait pas écrit L’enfant prodigue; sans L’enfant prodigue le jeune prix de Rome n’eut point élu la
Damoiselle qui devai, après l’initiation du Faune d’un voluptueux après-midi, s'abandonner à la féerie
des Nocturnes et nouer des Rondes de Printemps. Sans Debussy, Ravel ne se fut point attardé aux
parcs verlainiens où l’on danse des pavanes en l’honneur des infantes défuntes et où l’on s’extasie sur la
fantasie des jeux d’eau avant de découvrir le Miroir qui lui révêla son véritable visage, de se lancer à la
poursuite de Gaspard de la Nuit de devenir le rapsode de l’Espagne”. È Debussy, un Debussy non
ancora “normalizzato”, dunque eretico, ad esser considerato il mentore (poi il rivale per eccellenza) di
Ravel; ma già nei primi lavori egli propone una personalità musicale ben delineata che non manca di
suscitare un crescente interesse e gradimento (si veda, a titolo d’esempio, la Pavane pour une enfante défunte
per pianoforte, orchestrata in seguito). Dunque, quando dal 1901 al 1905 si presenta, per ben quattro
volte, al Prix de Rome e per quattro volte ne viene escluso, è un compositore già formato e affermato che
la giuria umilia (assegnando il secondo posto alla cantata Myrrha, non ammettendo nei due anni seguenti
le cantate Alcyone e Alyssa e escludendolo alle eliminatorie nel 1905); di qui uno scandalo che coinvolse
anche il direttore del Conservatorio, Dubois, che si dimise, mentre fu chiamato alla carica il maestro di
Ravel, Fauré. Da un lato la musica di Ravel è oggetto di notevoli consensi, dall’altro egli non ottiene,
nell’immediato, riconoscimenti tributati ad un personaggio apparentemente più scomodo, quale era
stato Debussy fino al successo del Pelléas. Ravel fu visto troppo a lungo ed erroneamente quale epigono
di Debussy, del pianismo debussiano, mentre è semmai vero che la composizione ritenuta più vicina a
quel modello, Jeux d’eau è datata 1901 quindi è ben anteriore al 1910, anno dei Préludes, culmine della
maturazione dello stile tastieristico di Debussy. Non rivalità comunque, ma reciproca stima e
considerazione segnarono scambievolmente il rapporto professionale tra i due: nel 1902 Ravel assiste
alle quattordici rappresentazioni del Pelléas e Debussy ne commenta molto positivamente il Quatuor à
cordes appena concluso. Ed è altrettanto vero che Ravel si allontanò prestissimo dall’ingombrante
influenza debussiana, liquidando con essa ogni rapporto con il simbolismo, l’impressionismo
coloristicamente inteso e, più latamente, con il Romanticismo; ma lo fece senza animosità, senza caricar
di polemica i suoi atteggiamenti, così come sarà una costante della propria attività artistica. Ravel
modernista, onnivoro e “cinico”, è forse il primo anti- romantico a pieno titolo; e non pare un caso che
collabori, in futuro, con Stravinskij. Sembrerebbe quasi paradossale: un Debussy polemico e bohémien
vien poi accettato, il suo stile ipostatizzato e preso a modello, un Ravel riservato e mai barricadero
ottiene apprezzamenti e successo precoci, ma non viene mai “istituzionalizzato”: ad entrambi verrà in
verità assegnata la Legion d’onore, ma Ravel si rifiuta di pagare i diritti di cancelleria connessi e vien
radiato. Queste son però altre storie, e riguardano Debussy oltre Debussy. E oltre L’enfant prodigue.
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Personaggi
Lia, madre di Azael (soprano)
Azael, giovane galileo (tenore)
Siméon, marito di Lia (baritono)
Organico: 3 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, grancassa, piatti,
tamburo, 2 arpe, archi
Composizione: 1884
Prima esecuzione: Parigi, Académie de Beaux Arts, 27 Giugno 1884
Edizione: Durand, Parigi, 1884 (spartito) e 1908 (partitura)
Dedica: Ernest Guiraud
L'enfant prodigue
Cantata per soli, coro e orchestra, L 61
LIA
(Recitativo)
L'année envain chasse l'année! I giorni invano scacciano i giorni.
A chaque saison ramenée, Tornano le stagioni e il loro alterno gioco
Leurs jeux et leurs ébats m'attristent mi rattrista.
malgré moi: Contro il mio desiderio, la mia ferita si
Ils rouvrent ma blessure et mon chagrin riapre
s'accroît.. e la mia pena si accresce...
Je viens chercher la grève solitaire... Scendo alla riva solitaria...
Douleur involontaire! Efforts superflus! Non vorrei più soffrire, ma è una lotta
Lia pleure toujours l'enfant qu'elle n'a vana!
plus! Lia piange sempre il suo figlio perduto!
(Aria)
SIMEONE
(Recitativo)
Eh bien! encor des pleurs? Ebbene, ancora lagrime?
Encor seule restée en ces lieux? Ancora sola qui?
Ils accourant l'ivresse et l'amour dans Ecco, essi vengono, gli occhi colmi
les yeux, d'amore e d'ebbrezza!
Leurs coeurs sont pleins de joie... I cuori colmi di gioia.
Femme, plus de sanglots! Donna, non più pianti!
Il ne faut pas qu'on voie Non si veda più qui un solo volto triste,
Un seul visage triste, una fronte pensosa.
un seul front soucieux.
(Recitativo)
Ces airs joyeux, ces chants de fête, Questa aria serena, questi canti di festa
Que le vent du matin m'apporte par che il vento del mattino mi porta a tratti,
instants, mi fasciano il cuore, mi risuonano nella
Serrent mon coeur, troublent ma tête.... mente!
Ils sont heureux! Come sono felici!
Ici, sous les rameaux flottants, Qui, sotto i rami ondeggianti,
Je les suivais dans leur gaieté si io li seguivo nella loro tenera allegria,
tendre: li udivo scambiarsi parole colme di
Ils échangeaient des mots pleins de dolcezza.
douceur.... Erano mio fratello e mia sorella,
C'était mon frère! Et puis ma soeur!... ed io trattenevo il respiro per poterli
Je retenais mon souffle, afin de les ascoltare.
entendre... Come sono felici!
Ils sont heureux!...
(Aria)
O temps à jamais effacé, O tempo per sempre perduto!
Où comme eux j'avais l'âme pure; Quando anche io avevo l'animo puro.
Où cette sereine nature Quando questa serena natura
Fortifiait mon corps lassé; fortificava il mio corpo stanco.
Où près d'une mère, ravie Quando, vicino a mia madre
De presser mon front sur son coeur, che lieta mi stringeva al cuore,
Je ne connaissais de la vie io non conoscevo della vita
Que l'innocence et le bonheur! che innocenza e felicità.
Ah! par quelle arrière folie Per quale amara follia,
Mon âme surprise assaillie, l'anima mia tormentata ed incerta,
M'a-t-elle donc contraint a fuir ces mi ha costretto a lasciare questi luoghi?
lieux? In questa lunga notte,
Durant la nuit entière, sulle rocce o nella polvere,
Sur le roc ou dans la poussière, ho percorso lentamente
J'ai franchi lentement il sentiero infido.
les sentiers périlleux... 0 tempo per sempre perduto,
O temps à jamais effacé, quando, con l'animo puro
Où comme eux j'avais l'âme pure; e vicino a mia madre
Où près d'une mère, ravie che lieta mi stringeva al cuore,
De presser mon front sur son coeur, io non conoscevo della vita
Je. ne connaissais de la vie che innocenza e felicità.
Que l'innocence et le bonheur! Io ti rivedo, mia casa piena dì incanti,
Je te revois, charmant asile, ove, ora tutto è per me solo ricordo.
Où pour moi tout est souvenir: Ecco il sedile di pietra e la riva tranquilla
Voici le banc de pierre et la rive ove mia madre amava tenermi presso a
tranquille sé.
Où ma mère avec moi, jadis, aimait Ora io mi siedo qui, privo di forza e di
venir. coraggio.
Mais je m'assieds sans force et sans I miei piedi sanguinano; il pianto mi
courage, bagna il viso.
Les pieds sanglants; des pleurs Giunto alla mèta, io mi sento morire.
inondent mon visage. Non entrerò mai più nel piccolo villaggio.
Ici je vais mourir en revoyant le port, Signore, o Signore merito la mia sorte!
Et je n'entrerai pas dans cet humble
village...
Seigneur, Seigneur! J'ai mérité mon
sort.
LIA
(Recitativo)
Je m'en fuis... de mes pleurs je ne suis Io fuggo..., non riesco più a celare il mio
plus maîtresse. pianto.
Ah! que la joie est triste aux coeurs Fa male la gioia ai cuori che soffrono.
malheureux! Più piena è la loro allegrezza, più grande
Plus vif est leur plaisir, plus grande est è la mia miseria.
ma détresse! I ricordi mi fanno troppo male!
O souvenir trop douloureux! Azaele, Azaele, perché mi hai
Azaël, Azaël! Pourquoi m'as tu quittée? abbandonata?
Sur quelle rive désertée, Forse, su di un lido deserto,
Peut-être loin de nous, lontano da noi,
Ces fils que j'amais entre tous egli, il mio prediletto,
Souffre-t-il seul et faible, en implorant soffre debole e solo, e mi chiama...
sa mère... Ma che vedo? Un povero viandante è
Que vois-je? Un pauvre voyageur caduto sulla strada,
Par la fatigue ou la misère, forse per la stanchezza e la fame.
Au détour de la route étendu sur la Lo soccorrerò.
terre... Disperato nella sua sventura,
Secouronsle! forse lontano dal focolare di suo padre...
Dans son malheur, loin du foyer de son Mio figlio? Senza vita? Questo pallore dì
père, morte...
Peut-être il se désespère... No, no, è impossibile.
Mon fi'ls? Inanimé? cette pâleur de Signore, la tua mano terribile,
mort? non può avermelo reso, per togliermelo
Non! Non! c'est impossible! ancora!
Seigneur, ton bras terrible Riapri gli occhi alla luce,
Ne me l'a pas rendu pour le reprendre o mio figlio adorato!
encor? Riconosci la mia voce, ascolta la mia
Rouvre les yeux à la lumière, preghiera.
O mon fils adoré! Azaele! Azaele!
Reconnais ma voix, entends ma
prière...
Azaël!
AZAELE
Dans mon sein un rayon est entré: Un raggio riscalda il mio petto.
Un voile moins épais obscurcit ma Si dirada il velo sulle mie palpebre.
paupière. Chi mi chiama?
Qui m'appelle?
LIA
C'est moi, ta mère! Sono io. Tua madre!
AZAELE
LIA
AZAELE
Heures fortunées! Après des années, Ore di gioia! Dopo tanti anni,
Trem'blant et confus, je songe au tremante e confuso, io posso sognare il
retour. ritorno.
LIA E AZAELE
(Duetto)
Azaele
Heures fortunées! Après des années, Ore di gioia! Dopo tanti anni,
Tremblant et confus, je songe au tremante e confuso io posso sognare il
retour: ritorno.
Et plein d'allégresse, Ora, colma di gioia mi stringi al tuo cuore,
Ton coeur qui me presse come in altri tempi e mi rendi il tuo
Ainsi qu'autre fois me rend son amour! amore.
Lia
Heures fortunées! Après des années, Ore di gioia. Dopo tanti anni!
Dans le désespoir, j'attend ton retour: Disperata attesi il tuo ritorno.
Et plein d'allégresse, Ora colma di gioia ti stringo al mio cuore
Mon coeur qui te presse come in altri tempi e ti rendo il mio
Ainsi qu'autre fois te rend son amour! amore.
AZAELE
LIA
AZAELE
Pour te bénir, ma vie hélas! sera trop Per benedirti, la mia vita sarà troppo
brève. breve.
Je m'humilie à tes genoux. Io mi umilio ai tuoi ginocchi.
LIA
Bannis tes souvenirs, ainsi qu'on Scaccia i tuoi tristi ricordi, come si
chasse un rêve. Reprends ta place scaccia un incubo. Riprendi il tuo posto
parmi nous! fra noi.
LIA E AZAELE
(Duetto)
AZAELE
(Recitativo)
LIA
C'est ton père!... il vient vers ce rivage E' tuo padre. Egli avanza, lungo la riva,
Entouré des siens... circondato dai suoi.
(ai servi)
C'est Azael, le fils de votre maitre; E' Azaele, il figliuolo del nostro signore,
Mourant de faim, sanglant et nu... morente di fame, sanguinante, nudo...
(a Simeone)
SIMEONE
LIA
Il attend son arrêt, courbé dans la Egli attende la sua sorte, curvato nella
poussière... polvere.
Sa prière monte humblement vers toi... La sua preghiera sale umilmente a te!
SIMEONE
Ne garde pas un front sévère Non guardar più con volto severo
A' qui t'implore à deux genoux... chi ti implora in ginocchio.
Pardonne au fils! songe à la mère.. Perdona a nostro figlio, pensa a sua
Le bonheur revient parmi nous! madre.
La gioia ritorni fra noi.
SIMEONE
(Aria)
Plus de vains soucis, plus de noir Non più affanni non più pene.
chagrin, Che tutto sia gioia!
Que tout soit en joie! Le ciel nous Una grazia inattesa il cielo oggi ci dona.
envoie Colui che la mia vecchiaia piangeva
Un bienfait à peiné rêvé! senza speranza,
Celui que sans cesse pleurait ma il figliuol prodigo, è ritornato.
vieillesse, Riempite le anfore,
L'enfant prodigue est retrouvé! uccidete il vitello grasso,
Remplissez l'amphore, poiché prima di morire
Tuez le veau gras! io ti rivedo, o figlio mio!
Puisque avant de mourir Vieni fra ile mie braccia!
Je te revois encore,
Viens mon fils, dans mes bras!
AZAELE