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Nozioni elementari di metrica e prosodia italiana

La mia sera
(….)
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.
(….)
Giovanni Pascoli (1855-1912)

Il testo è composto in versi. Il verso è ognuna delle righe da cui è composta una poesia. Ma un
verso non è soltanto una riga breve, che va a capo prima della fine del foglio. Come puoi notare,
Pascoli ha infatti composto il testo secondo un preciso schema. Questo schema riguarda:

il numero dei versi raggruppati insieme (un gruppo di versi si chiama strofa);
le rime che essi fanno tra loro;
la lunghezza di ogni verso e il loro ritmo.

La lunghezza dei versi


La lunghezza di un verso si misura in sillabe. Se conti le sillabe della poesia di Pascoli, noterai
che i versi sono tutti di 9 sillabe, tranne l'ultimo che è di 6 (e che costituisce quindi una variante).
A dire il vero in qualche verso avrai contato più di 9 sillabe: ad esempio i primi quattro versi
sono formati da 10 sillabe.
Ma in poesia non dobbiamo contare le sillabe pensando le parole separate le une dalle altre come
nella grammatica.
Per distinguere i versi della poesia italiana e sentire il ritmo che li caratterizza, dobbiamo contare
le sillabe come se le parole fossero tutte unite tra di loro.

Sidèvonoaprìrelestélle

C'è una regola della poesia (che chiamiamo fusione metrica, o sinalefe) secondo la quale la
vocale finale di una parola si fonde con la vocale iniziale della parola che segue, formando così
una sillaba sola:

Si - dè - vo - no a - prì - re - le - stél - le
1 2 3 4 5 6 7 8 9
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II ritmo dei versi


Leggendo a voce alta i versi precedenti, si tende a prendere una cadenza un po' di cantilena.
Come mai avviene ciò? Tu sai che in ogni parola vi sono sillabe toniche (su cui poggiamo la
voce) e sillabe àtone (sulle quali non la poggiamo). Nella poesia La mia sera gli accenti tonici si
trovano sempre nella stessa posizione all'interno di ogni verso: più precisamente sulla 2, sulla 5 e
sulla 8 sillaba (in grassetto). Dato che questo vale per tutti i versi della poesia, eccone spiegata la
forte cadenza.

Il verso poetico si riconosce per le seguenti caratteristiche:


è l'unità di misura della poesia, la sua componente essenziale;
è composto da un numero determinato di sillabe (spesso 7, 9 o 11);
sviluppa (almeno in parte) un concetto o un'immagine;
ha un ritmo, dato dalla particolare disposizione delle sillabe toniche.

I versi più comuni sono l'endecasillabo e il settenario. Questi versi, liberamente combinati senza
schema fisso di rima (versi sciolti), sono utilizzati dai librettisti per i recitativi melodrammatici.

Ah, ah! Che bella vita!


Faticar poco, divertirsi assai,
e in tasca aver sempre qualche dobblone,
gran frutto della mia reputazione

(C. Sterbini Il Barbiere di Siviglia )

Sono molto usati anche il quinario, il senario, l'ottonario e il novenario.

I versi
I versi della poesia italiana si dividono in parisillabi (numero pari di sillabe, 2, 4, 6,…) e
imparisillabi (numero dispari di sillabe, 3, 5, 7….).
I testi seguenti, presi tutti da libretti d’opera italiani, ti offrono esempi dei versi più utilizzati:
questi sono quinari (versi di 5 sillabe metriche):

La donna è mobile
qual piuma al vento
muta d’accento
e di pensier
(F.M. Piave Rigoletto)
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questi sono senari (versi di 6 sillabe metriche):

Divorzio! Divorzio!
Che letto! Che sposa!
Peggiore consorzio
di questo non v’ha!
(M. Accursi Don Pasquale)

questi sono invece settenari (versi di 7 sillabe metriche):

Vecchia zimarra, senti:


io resto al pian, tu ascendere
il sacro monte or devi
le mie grazie ricevi.
(L.Illica, G. Giacosa La Bohème)

questi sono ottonari (versi di 8 sillabe metriche):

Mi par d’esser con la testa


in un’orrida fucina
dove cresce e mai non resta
delle incudini sonore
l’importuno strepitar.
(C. Sterbini, Il Barbiere di Siviglia)

questo è invece un novenario (9 sillabe metriche):

Oh Dio…già si abbassa la fiamma,


che vano, che fragile dramma!
Già scricchiola, increspasi, muor.
(L.Illica, G. Giacosa La Bohème)

Questi sono decasillabi (versi di 10 sillabe metriche)

Va pensiero sull’ali dorate;


va, ti posa sui clivi, sui colli,
ove olezzano tepide e molli
l’aure dolci del suolo natal!
(T. Solera Nabucco)
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questi sono endecasillabi (versi di 11 sillabe metriche):

Deh, vieni alla finestra o mio tesoro!


Deh, vieni a consolare il pianto mio,
se neghi a me di dar qualche ristoro,
davanti agl’occhi tuoi morir vogl’io.
(L. Da Ponte Don Giovanni)

Come si può notare alcuni dei versi mancano nel conteggio di una sillaba. E’ il caso di “e di
pensier”dal Rigoletto che è senza dubbio formato da quattro sillabe anche se l’abbiamo definito
quinario. La stessa cosa vale per il il senario di Don Pasquale “Di questo non v’ha”.
Questi sono versi tronchi (hanno l'accento sull'ultima sillaba); dato che normalmente le
parole italiane sono piane, si considera standard il verso piano e nel verso tronco (come in
questo caso) si conta una sillaba in più.

Invece il verso quinario, da Rigoletto “La donna è mobile”, è formato non da cinque ma da sei
sillabe, così come “Io resto al pian tu ascendere”,da La Bohème, è un settenario ma è costituito
da otto sillabe. Questo è il caso opposto: nei versi sdruccioli (con l'ultimo accento tonico sulla
terzultima sillaba) si conta una sillaba in meno, sempre per uniformità con il più comune verso
piano.

La rima

La rima è l'identità del suono di due parole, a partire dalla vocale tonica (quella su cui posa la
voce). E’quindi una ripetizione di suono, come un'eco o un ritornello.
Se due parole finiscono in modo simile ma non identico si ha invece l'assonanza (amore/morte)
o la consonanza (passo/essi)

La rima si usa per vari motivi:

per l'effetto melodico prodotto dalla ripetizione del suono: ecco perché la rima è usata nelle
canzoni, sia tradizionali sia moderne, e nelle arie di opere liriche;

perché aiuta l'apprendimento a memoria: ecco perché si usa anche nei proverbi («Rosso di se-
ra, bel tempo si spera»), nelle filastrocche («Stella stellina, la notte si avvicina…») o nei detti
tradizionali ( «trenta dì conta novembre, con april, giugno e settembre...»);

perché è il più chiaro indizio che siamo di fronte a una poesìa, è una specie di suo “segno di ri-
conoscimento”.
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I poeti non hanno sempre usato la rima, non quelli antichi, greci e romani, ad esempio; la rima è
stata usata però dai poeti dal Medioevo in poi. Solo nel Novecento la rima è, per così dire,
"passata di moda": oggi la troviamo ancora, ma non in tutte le poesie, come succedeva invece
fino a cent'anni fa.

Quando leggi una poesia in lingua italiana e senza rima, i casi sono due: o è una poesia moderna,
o è una poesia tradotta da qualche lingua straniera. Infatti è molto difficile (per non dire
impossibile) tradurre una poesia da una lingua a un'altra mantenendo le rime e gli effetti musicali
del testo originale.

Principali tipi di rima

rima baciata, cioè rima in versi consecutivi (schema AA BB, ecc.);

Questa è la tua canzone, Marinella,


che sei volata in cielo su una stella

e come tutte le più belle cose


vivesti solo un giorno, come le rose.
(F. De André, La canzone di Marinella)

rima alternata (schema ABAB);

Chi non sa ridur la moglie


con le buone alla ragion
dovrà vincere le sue voglie
colla frusta e col baston
(A. Boito Falstaff)

rima incrociata o chiusa (schema ABBA);

Erriam sotto la luna


scegliendo fior da fiore
ogni corolla in core
porta la sua fortuna
(A. Boito Falstaff)
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rima incatenata1, detta anche terza rima (schema ABA BCB CDC, ecc..).

Possente spirto, e formidabil nume,


senza cui far passaggio a l'altra riva
alma da corpo sciolta in van presume,

non viv' io, no, che poi di vita è priva


mia cara sposa, il cor non è più meco
e senza cor com' esser può ch'io viva?

A lei volt' ho il cammin per l'aer cieco,


a l'inferno non già. ch'ovunque stassi
tanta bellezza, il paradiso ha seco.

(A.Striggio Orfeo)

Le strofe

Ogni gruppo di versi in cui si suddivide una poesia è chiamato strofa. Questo raggruppamento
non è casuale, ma affronta e sviluppa un certo tema: un'azione o i sentimenti dei personaggi nel
melodramma, un aspetto del paesaggio o lo stato d'animo del poeta nella poesia pura.

Le strofe più comuni sono le seguenti:

il dìstico = strofa di due versi di uguale lunghezza a rima baciata; ad esempio:

Poiché fare gran chiacchere non soglio


La sposa non mi piace e non la voglio!
(G. Bertati Il matrimonio segreto)

la terzina = gruppo di tre versi;

Son regina e sono amante


E l’impero io sola voglio
Del mio soglio e del mio cor

Darmi legge invan pretende

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Tutta la Divina Commedia di Dante Alighieri (1265-1321) è in terzine di endecasillabi a rima incatenata.
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Chi l’arbitrio a me contende


della gloria e dell’amor
(P. Metastasio Didone abbandonata)

la quartina = gruppo di quattro versi spesso a rima alternata (ABAB) o incrociata (ABBA)

Dal labbro il canto estasïato vola 2


Pe’ silenzi notturni e va lontano
E alfin ritrova un altro labbro umano
Che gli risponde con la sua parola
(A. Boito Falstaff)

la sestina = strofa di sei versi spesso con rima incrociata o alternata nei primi quattro versi e
baciata negli ultimi due (ABBACC- ABABCC) o con altri schemi rimici come nell’esempio
sotto riportato.

Bella figlia dell’amore


Schiavo son de’ vezzi tuoi
Con un detto sol tu puoi
Le mie pene consolar
Vieni e senti del mio petto
Il frequente palpitar
(F. M. Piave, Rigoletto)

l'ottava = strofa di otto endecasillabi, per lo più con sei rime alternate e due baciate (ABA-
BABCC); è la strofa tipica dei poemi cavallereschi.

Non morì già; ché sue virtuti accolse


tutte in quel punto, e in guardia al cor le mise,
e premendo il suo affanno, a dar si volse
vita con I'acqua a chi col ferro uccise.
Mentre egli il suon de'sacri detti sciolse,
colei di gioia trosmutossi, e rise;
e in atto di morir lieto e vivace,
dir parea: - S'apre il ciel; io vado in pace -. (T. Tasso Il combattimento di Tancredi e Clorinda)

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Il segno formato da due piccoli punti sopra la vocale i della parola estasiato si chiama dieresi e indica che le due
vocali devono essere pronunciate separatamente ed appartenere a due sillabe diverse. La parola diventa quindi di 5
sillabe anziché di 4 sillabe come sarebbe invece nel linguaggio corrente (e-sta-si-a-to invece di e-sta-sia-to).

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