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STORIA DELLA LETTERATURA LATINA MEDIEVALE (MODULO A)

Prof.ssa Fiaschi Silvia


Primo tassello di un curriculum che comincia così e finisce con la filologia umanistica alla
specialistica. Uno studio che riguarda il segmento della storia europea dell’UMANESIMO e del
MEDIOEVO, dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente - V secolo d.C. - alla scoperta
dell’America - XV secolo.
Il corso lavora entro il Duecento, sul Trecento si lavora la Letteratura Latina medievale e
umanistica, poi con la filologia umanistica si va oltre.
Il corso è articolato in due suddivisioni con scopo didattico, ma l’esame è unico. Anche i canali
Teams sono divisi e diversi. Si può fare la didattica in presenza come lo streaming. I canali sono
privati, basta entrare nel canale e richiedere l’accoglienza, per poi accedere. Si definisce il gruppo
e si evitano passaggi “furtivi”.
Le registrazioni si trovano sulla sezione “Stream”, ad ognuna sarà data una denominazione. È stato
indicato di evitare le pause per quanto possibile.
22/09/2020
- Strutturazione del corso

Si farà uso della sezione “File” del corso per quelli che sono i materiali da reperire. La sezione “Post” è usata
per le comunicazioni, come anche quella della pagina docente. La sezione “Stream” è usata per le
registrazioni della lezione, con i file audio-video.

Per evitare la dispersione dei materiali si potranno caricare tutte le dispense in questa sezione. Si
troveranno tutti i materiali didattici, che saranno numerati e avranno un titolo identificativo.

- Programma del corso

Vedere il programma sulla pagina docente.

Sezione “Obiettivi”. ATTENZIONE alla cartina topica! Importante l’orientamento nel tempo e nello spazio. Lo
spazio topico è EUROPEO, e quello temporale va dal V secolo d.C. al XV secolo. Dante è in un certo senso
“provinciale”, la sua diffusione è dovuta alla “Divina Commedia”, non alle opere latine. Dimensione europea
la ha Gregorio Magno. Il corso si occupa dei luoghi di cultura medievali, in quanto la dimensione del
Medioevo è straordinariamente materiale.

Il Medioevo ci fa piombare con i piedi per terra. Il cliché romantico del poeta e dello scrittore, il “tipico
poeta” è rovesciato, la dimensione è diversa, c’è sempre un’aderenza alla realtà fortissima, si sta con i piedi
per terra anche quando si parla di Dio. Ci saranno discorsi sui luoghi dello scrivere, della formazione, sulle
modalità. Ecco allora le chiavi per affrontare il periodo dal VI al XIII secolo. Ci soffermeremo sul Dante
latino, stiamo entrando nell’anno del quinto centenario (2021). Il 25 marzo è il giorno in cui si ritiene sia
stato intrapreso il viaggio spirituale di Dante.

Bisogna dare un taglio di pertinenza disciplinare. Parliamo del DANTE LATINO, che ci consente di fare una
riflessione sul terzo elemento caratterizzante del corso: la LINGUA LATINA. In questo tempo è una realtà
comune, identitaria, ma al contempo mobile, non identica. Studieremo l’idea del latino di Dante, leggeremo
il “De vulgari eloquentia”. Ci dedichiamo al latino di Dante, il latino medievale. Ci chiediamo, dobbiamo
vedere com’è che questa lingua antica continua a rappresentare per tante realtà che diventano “nazionali”
(= lat. “nascita”, che porta con sé una lingua). La lingua latina diventa una lingua DELLA COMUNICAZIONE,
di certi tipi, e rende identitaria una realtà variegata e disseminata, benché sempre diversa, diffratta e
distinta. Si individua nella dimensione linguistica un’idea di appartenenza, è il germe della nascita dell’idea
di Europa, come idea attuale oggi.

Problema della lingua europea di oggi è la DIVERSITÀ, di tutto. Ma la diversità è un germe costitutivo della
dimensione europea, e in questa si è cercato un elemento di aggregazione che è stato la LINGUA LATINA.
Non è una norma imposta dall’alto che ha a un certo momento normalizzato tutto: si è provato a fare -
Carlo Magno, la grande “Riforma carolingia”, che puntarono alla normalizzazione prima di tutto grafica,
linguistica, ma fu un’esperienza circoscritta a quell’età, dalla fine dell’VIII secolo alla metà del IX secolo. La
realtà sperimentata in seno alla lingua latina è di PLURILINGUISMO, che continuava ad alimentare germi di
lingua volgare.

Così è insita la diversità, ma anche la volontà di trovare una lingua comune, un’intesa, un atto che richiede
uno sforzo, una condivisione, un’accettazione che non tutti fanno. Dante accetta che qualcosa vada scritto
in latino, perché per norma il trattato scientifico si scrive in latino ma nel suo latino traspare la lingua
volgare. Lui pensa in volgare, e questa è la grandezza del suo latino. Un incontro costellato di peculiarità
che ci raccontano la grandezza del momento storico e la ricchezza della diversità e della pluralità che
determinano la difficoltà di studiare la disciplina perché non c’è un canone.

Dove nasce la norma, il canone? A SCUOLA. La norma insegna, si trasmette, regola, può essere duplicata,
moltiplicarla. La scuola conserva, a al tempo stesso elimina per selezione. D certo non rientra la letteratura
latina medievale, come neppure il Dante latino, perché gli autori medievali-mediolatini hanno tentato di
entrare nei curricula scolastici. Il problema, dall’idea e dall’ipotesi, era il pronunciare nomi ostici, germanici.
Cosa li rende quindi lontani, poco attrattivi? Il non conoscerli, la scarsa familiarità. Si può acquisire
conoscenza con la lettura, allora le dispense sono fondamentali, sono testi da associare ad autori che
incontreremo.

Affronteremo il corso di “Storia della Letteratura Latina Medievale” con un taglio tematico, con autori e
testi che troveremo in dispensa. Allora di fronte a una testimonianza vedremo cosa sapremo dire,
dobbiamo saper interagire con questa dimensione, bisogna saper commentare. Le dispense sono allora
parte integrante dell’esame.

Oltre ai libri da adottare da segnalare il fatto che il “Curzius” non è più in commercio. Le pagine saranno
caricate sulla sezione “File”.

- Prerequisiti del corso

La conoscenza della lingua latina non è un prerequisito essenziale.

- “Dispense” - Cartografia storica.

Cominciamo dallo spazio. La cartina rappresenta i primi regni romano-germanici alla fine del V secolo, dopo
la deposizione dell’ultimo imperatore e la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. La cartina è articolata.
Tutto ciò che è cromatico interessa l’Europa del bacino mediterraneo, dove nel concetto di “Europa
medievale” è inserito anche l’Impero Romano d’Oriente, un territorio arabo-orientale, l’Africa
settentrionale con il Regno dei Vandali. Anche l’Africa settentrionale vorrebbe essere Europa oggi. Anche in
questa sezione, in questa zona che non è colorata - angli, franchi, sassoni, alamanni (le cosiddette naziones
germaniche) - è costituita in aggregati e territori politico-amministrativi: il regno dei Visigoti, l’isola della
Spagna, gli Svevi che cominciano molto prima di Federico II. Poi il Regno di Odoacre. Il territorio italico è
quindi molto lontano dalla romanità, dalla latinità. Una dimensione territoriale che va oltre i confini
continentali attuali d’Europa. Una realtà frastagliata in termini politici, amministrativi, linguistici.
Quando uno stato (= organizzazione politico-amministrativa definita) cade? Una delle prime cose a cadere è
una di quelle che maggiormente contribuiscono alla sua stabilità, il luogo di conservazione della tradizione,
della memoria, dove si trasmettono le regole e le norme, la SCUOLA. La scuola entra in crisi, il sistema della
formazione, lo stato non ha più l’unità amministrativa centrale che la regola, la rende condivisa, che fa sì
che uno se si formava nella penisola iberica, nonostante le diversità, avesse in comune con qualcosa con
colui che si formava in altre parti.

Con la crisi della scuola, entra in crisi il SISTEMA DELLA COMUNICAZIONE. “Siamo esseri umani”, dice Dante,
i problemi linguistici se li pone perché l’uomo è un “animale sociale”, ha il dovere di parlare e comunicare,
di stare con gli altri. Non basta sapere una lingua per bene, ci sono altre dimensioni per parlare per esempio
con Dio, ma la SOCALITÀ si avvale della COMUNICAZIONE, deve avere un medium linguistico. Ognuno parla
in maniera diversa. Gli idiomi nazionali, che sono cose tardoantiche, si parlano in maniera diversa da come
si scrivono. Plauto mette nella lettura parole del gergo, del popolo.

Ciò ci fa capire che esistono dimensioni di realtà diverse, esistono varie circostanze che richiedono diversi
atteggiamenti e modi di porsi. Ecco che serve la CONSERVAZIONE, uno strumento che consenta la norma, la
conservazione della norma, la comunicazione, per percorsi aggregativi di qualche sorta. A scuola entra in
crisi con la conoscenza del latino.

- Cartina.

Questa rappresenta, con tutte queste frecce, una dimensione monocromatica. Il mezzo, il medium
linguistico, chi lo porta e dove? Va trasferito un concetto, un principio, un’idea: se la lingua latina è il mezzo
di comunicazione per percorsi di aggregazione vari, nel Medioevo continuò ad esserlo, e ciò si deve a dei
veicoli, a coloro che questo mezzo lo guidarono, e furono i MONACI.

Cosa succede a partire dalla fine del V secolo e gli inizi del VI, poi nel VII e in quelli a venire, con l’età
carolingia? In questa realtà così diffratta con tanti colori, dove si prova a escogitare una dimensione di
comunità e di appartenenza? Nella spiritualità di un percorso religioso, quello del monachesimo
occidentale. Il monachesimo è una realtà spirituale che inizia in Oriente con il II secolo d.C., con il
monachesimo eremitico si fugge dalla realtà e ci si ritira in meditazione e contemplazione. Nasce in Oriente
in età tardoantica, chi lo porta in Occidente? Qual è l’esperienza occidentale che cerca di sperimentare
questo modo di vivere? SAN BENEDETTO DA NORCIA, con la fondazione del MONASTERO DI MONTE
CASSINO, con la fondazione di una REGOLA, una norma. Allor la dimensione difratta e caotica dell’Europa
sente l’esigenza di una norma, una regola spirituale monastica, che è quella fondata da San Benedetto agli
inizi del Cinquecento.

Dante. “Paradiso”, Canto 22, Cielo di Saturno, spiriti contemplanti.

Si inizia sempre con la descrizione di un luogo, un luogo impervio, dove si è arrivati con fatica, dove si arriva
con un percorso di catarsi e miglioramento. È un monte quello di San Benedetto, dove Cassino è “nella
costa”, infilato nella costola, un corpo che è l’Appennino. È un’esperienza straordinaria rispetto a quella
orientale. Dante ci dà con le sue parole una chiave di lettura, anche se non è manualistico in questo tempo.
San Benedetto trasse dal paganesimo, dall’idolatria o da confessioni non ortodosse, è fece un’opera di
CONVERSIONE. C’è bisogno di convertire perché c’è bisogno di AGGREGARE, di stare insieme, di parlare di
qualcosa che ci accomuna.

Così do un rifermento univoco. San Benedetto mette insieme, unisce al monastero di Monte Cassino -
realtà economico-finanziaria tra le più influenti di tutto il Medioevo, i monasteri sono tra le istituzioni più
ricche in assoluto -, aggrega e crea una comunità. La dimensione CENOBITICA, il monastero benedettino
vuole unire la dimensione eremitica con quella cenobitica. È una comunità. Questo sistema di aggregazione
è efficace per nuove micro-comunità in un monastero.
Di questo si rende conto PAPA GREGORIO MAGNO, che nei “Dialogi” dedica a San Benedetto una delle più
importanti biografie. Durante il so pontificato, tra la fine del VI e gli inizi del VII secolo, promosse un’azione
missionaria. Inviò da Roma pellegrini, monaci missionari, a costituire su larga parte d’Europa insediamenti
monastici, che sulla scia spirituale del monachesimo andarono a definire le comunità.

Si comincia dalla fine, o dal nulla. Prima li manda in Inghilterra, nelle isole britanniche, in Irlanda, Scozia,
Inghilterra, quel territorio che meno di tutti gli altri aveva conosciuto i Romani. Il Vallo di Adriano era stata
l’esperienza limite, con la romanità. Non c’era identità nazionale né cultura scritta. Comincia da dove non
c’era nulla, si inizia a confessare e unificare quelle piccole realtà attraverso la costituzione nel monastero di
uno scriptorium dove si imparasse la lingua latina, dove si imparava la lingua per poter convertire, per poter
leggere le sacre scritture, la parola divina - aspetto fondamentale per la cristianizzazione. Il ritorno del
latino parte da qui.

28/09/2020
Oggi tratteremo un argomento ampio, la diffusione del monachesimo e l’opera che portò avanti il primo
grande autore della letteratura latina medievale, GREGORIO MAGNO.

 Uso di nove dispese - Inquadramento generale della storia della letteratura latina medievale - Primi
due capitoli “Manuale Chiesa”.

Ci siamo lasciati sulla cartina - dispensa 1, materiali cartografici - che raccontava la situazione della
frammentazione territoriale, politica, amministrativa, dell’Europa tra età tardoantica ed inizio dell’età
medievale, conseguenza della caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C. Una grande poliedricità
di questi ambienti, che vengono a definire a poco a poco i REGNI ROMANO BARBARICI. Si intendono quelle
realtà territoriali venutesi a creare su quei luoghi, su quelle dimensioni sulle quali era esistito fino a quel
momento l’Impero Romano d’Occidente. Si chiamano “imperi romano barbarici” proprio per questo:
“romani” perché vengono a definirsi su territori che erano stati di pertinenza romano-latina fino a quel
momento, “barbarici” perché con questa espressione siamo soliti indicare quei popoli di origine germanica
- Franchi, Alamanni, Burgundi, Ostrogoti - che vengono a insediarsi su questi territori.

Ciò ci consente di precisare una componente essenziale che abbiamo già anticipato: come componente
essenziale della stagione medievale in tutta la sua estensione e durata - il Medioevo copre come concetto
storiografico almeno dieci secoli -, la FRAMMENTAZIONE, che va a insistere anche sull’articolazione e sulla
frammentazione letteraria di questo momento storico e culturale. Per questa letteratura non abbiamo
canone né sequenza stabilita di autori, come siamo abituati ad avere attraverso la letteratura italiana: la
disarticolazione letteraria è dovuta anche a questa componente storico-politica.

È una componente che incede sul concetto stesso di PERIODIZZAZIONE: il Medioevo un concetto storico,
storiografico, quindi durante il Medioevo non si è consapevoli di essere nel medioevo. Come concetto
storiografico questo lungo periodo, che come abbiamo visto occupa spazi distanti e diversi dell’Europa, è
stato anche, dal punto di vista storiografico, organizzato e suddiviso per epoche. Questa suddivisione ha
uno scopo puramente funzionale, non ha una reale applicazione fissa, rigida nella realtà con cui i fenomeni
reali e culturali si manifestavano.

Il Medioevo è un CONCETTO STORIOGRAFICO, e come tale è stato suddiviso in periodo diversi, questo re
poterci orientare all’interno di questo. L’ALTO MEDIOEVO storiograficamente va dalla fine del V secolo-
inizio VI secolo fino all’VIII, e viene classificato anche ETÀ ROMANO-BARBARICA. È il periodo dal quel oggi
stesso partiamo, ma è una classificazione funzionale all’esigenza di dover trovare, per affrontare questo
momento storico, delle coordinate per poterci orientare in questa dimensione territoriale tanto vasta.
All’Alto Medioevo fa seguito un momento chiave di svolta, collocato tra la fine dell’VIII e tutto il IX secolo,
l’ETÀ CAROLIGIA. È l’età di restaurazione dell’impero ad opera di Carlo Magno, che vede trasformazioni
culturali, oltre che politiche-amministrative, fondamentali.

Abbiamo poi i secoli centrali del Medioevo, X e XI secolo, che vedono l’affermazione dell’Impero Germanico
da una parte, il centro del potere amministrativo si concentra in area germanica - il X secolo è l’ETÀ DEGLI
OTTONI. Quindi l’XI secolo, il secolo dell’anno 1000, che vede, assieme a un momento di grandissime
riforme di carattere religioso, spirituale, che scaturiscono anche da uno scontro fortissimo tra Impero e
Chiesa, ETÀ DELLE GRANDI RIFORME GREGORIANE, dove sempre più prende corpo l’esigenza, la voglia, la
volontà sempre più da parte dell’istituto della Chiesa di affermarsi politicamente, di affermare il proprio
potere temporale. È l’età in cui viene fuori in maniera evidente lo SCONTRO TRA PAPATO E IMPERO, che
continuerà anche nei secoli a venire e che sarà motivo di dolore per lo stesso Dante. Tanto che la
“Monarchia” dantesca è un trattato scientifico che tenta di suggerire una risposta a questo problema dello
scontro politico tra Papato e Chiesa.

XII secolo. Altra stagione importante di riforme, entriamo nel BASSO MEDIOEVO. Il Basso Medioevo arriva
storiograficamente fino all’ETÀ UMANISTICA, fino al 1492, ma sappiamo che nel 1400 le cose saranno molto
diverse. Sarà toccata tangenzialmente per l’esperienza dantesca, un momento strico che vede una grande
trasformazione di carattere sociale, economico, oltre che politico, grandi trasformazioni anche di carattere
religioso, nascono novi ordini, quali quelli minori, mendicanti, che non esistono prima. Non si può parlare di
farti prima di San Francesco.

Questa è a grandi linee la periodizzazione strica più comune e tradizionale, che ci serve come guida e
strumento di orientamento generale nello spazio e nel tempo. Torniamo dove ci siamo lasciati la volta
scorsa, alla cartina che rappresentava questa realtà straordinariamente frammentata dell’Europea
occidentale, dove si cominciò a sentire l’esigenza di AGGREGAZIONE. L’aggregazione in nome del messaggio
evangelico cristiano. Che poi andassero cristianizzati lo aveva già “deciso” Teodosio - a partire da
Costantino, che aveva posto fine alle persecuzioni cristiane che avevano caratterizzato i primi secoli di
esistenza di questa realtà, le cose cambiano, dalla persecuzione si pasa alla CRISTIANIZZAZIONE e
all’EVANGELIZZAZIONE, percorso opposto, attraverso il fenomeno del MONACHESIMO.

È un fenomeno non solo religioso, ma anche profondamente, intrinsecamente, e imprescindibilmente


legato alla TRASMISSIONE DELLA CULTURA, non solo religioso. Il monachesimo occidentale, che è figlio di
quello orientale, si caratterizza con la prima grande grossa regola di SAN BENEDETTO, per il fatto di unire le
componenti del MONASTERO e dei TERRITORI DIFFICILI E ISOLATI. Ci siamo detti che il Medioevo ci porta
sempre con i piedi per terra: il Medioevo non va immaginato come dimensione urbanistica, il Medioevo dei
primi secoli è una realtà RURALE, BOSCHIVA, non è la città che domina, ma la campagna. Sono luoghi isolati
che diventano centri propulsori del grande progresso culturale e civile di questo momento storico. La città
tornerà in ballo più tardi, in Età Carolingia.

Questi concetti ci devono guidare a grandi linee, ma la realtà Alto Medievale è una realtà rurale, quindi il
monaco va in luoghi isolati. Vedremo poi che requisiti devono avere questi luoghi, c’è la componente
dell’ermetismo, e insieme la regola del monachesimo occidentale, altra componente, quella cenobitica.
L’eremo e il cenobio: si sta insieme, e per stare insieme ci vogliono delle regole, è un principio assoluto.

Dunque il messaggio cristiano: evangelizzazione, cristianizzazione, che si dirige proprio verso quei popoli
che la latinità, che il mondo romano avevano poco conosciuto, quasi per nulla. Un esempio sono gli
Irlandesi, la cui latinità ed evangelizzazione è stata promossa proprio da Papa Gregorio Magno. Papa
Gregorio Magno che aveva mandato in Inghilterra inizialmente un monaco, AGOSTINO DI CANTERBURRY,
primo vescovo di quella città. E da lì l’azione missionaria si estesa su tutta l’ambito insulare. Cosa portò con
sé l’azione evangelizzatrice di questi monaci spediti in questi territori? Non solo un messaggio spirituale,
religioso, ma anche la CIVILTÀ, il messaggio trascendentale. Laddove arrivò la dimensione pacifica, non
sottoposta all’impero della guerra - quindi all’azione bellica -, ma un’azione che portò alla civiltà, a un
progresso civile di qualche sorta.

Il messaggio era univoco, ortodosso, quello cristiano. Non c’è bisogno di interrogarsi se sia gusto o meno
che si siano imposto su realtà anacronistiche diverse. Questo fu laddove si arrivò, ci portò anche un
progresso civile attraverso la definizione di realtà architettoniche alle quali erano legate e connesse anche
delle scuole. L’istituzione, la nascita delle fondazioni monastiche, corrispondono all’istituzione all’interno di
aree adibite alla formazione, gli SCRIPTORIA MEDIEVALI. Perché dentro un monastero bisogna leggere,
bisogna imparare il latino per leggere le sacre scritture, questo è l’obiettivo e il fine. Per arrivare a
raggiungerlo bisogna fare dei passi intermezzi. Ecco perché in un monastero anglosassone io posso anche
trovare la presenza di un manoscritto di Cicerone. Chi ci avrebbe mai pensato, che Cicerone sarebbe stato
letto là? Bisognava imparare la lingua latina per leggere le Sacre Scritture, ma per leggere bisognava prima
leggere anche altri testi della tradizione latina.

Vengono a definirsi i primi libri di scuola, le antologie di testi, di autori classici, insieme a quelli cristiani, su
cui ci si forma. Ecco che l’ingresso in monastero significa, pe chi compie questo passo - passo precoce -, è
una scelta che cambia la vita. Qual era la differenza tra dentro e fuori? La realtà monastica era certamente
una realtà che assicurava la sopravvivenza: vedremo i luoghi che venivano scelti per costruire, edificare un
monastero. Prima di tutto perché queste cose non si fanno a caso. Luogo isolato, lontano dal traffico, ma in
cui esiste la possibilità prima di tutto dell’ACQUA. Quando incontreremo i racconti di qualche fondazione
monastica, uno zampillo d’acqua, una fontana non è la rievocazione di una realtà bucolica, ma è un fatto
contingente. Il CIBO, quindi luoghi che vengono adeguati alla possibilità di allevamento di qualche animale
domestico, la possibilità di produrre ortaggi, ciò che serviva al sostentamento della vita monastica.

Entrare in monastero significava stipulare un contratto a lungo termine con la vita, finché il Signore o
avrebbe voluto. Significava occasione di crescita personale, imparare a leggere e scrivere. Anche qui
bisogna riallacciarsi velocemente a una considerazione fata la volta scorsa. Fare l’ingresso in questa
tradizione letteraria vuol dire anche abbandonare tutta una serie di cliché, di stereotipi ai quali siamo
abituati dal nostro pregresso rapporto con poeti e scrittori. Chi è uno scrittore? Che mestiere fa nella vita
uno scrittore? L’esperienza che nel corso degli anni, attraverso il curriculum scolastico, si matura attraverso
la letteratura, è necessariamente un po’ astratta. Pensiamo alla poesia, alla scrittura come a un valore di
per sé assoluto, siamo ancora legati a un’idea romantica di produzione della scrittura, che non vale
assolutamente per il Medioevo.

Dante, con quell’incipit del “De vulgari eloquentia”, parla di concetto di NECESSSITÀ. C’è sempre una
necessità per cui si scrive, il poeta che scrive ghiribizzi non esiste nell’Alto Medioevo. Cosa fanno gli scrittori
alto medievali nella vita? Nei secoli dal VI all’VIII non c’è pericolo di sbagliarsi: è certo che faccia o il
monaco, o al massimo il pontefice, o il vescovo. Non si scappa, non ci sono mestieri alternativi a questo. È
una situazione molto diversa da quella che si presenterà successivamente, cioè questa sicurezza non si ha
più. Ecco cosa portano le trasformazioni: nell’età di Dante, nel Basso Medioevo, posso anche trovare un
mercante laico che scrive, anche per proprio piacere personale. Nel Basso Medioevo non solo si può
scrivere per piacere, ma si può anche leggere per piacere. È questo principio innovativo e straordinario che
fa la fortuna della “Divina Commedia” e del “Decameron” di Boccaccio, che non sarebbero esisti in questi
secoli nei quali noi ci affacciamo.

E perché uno scrittore alto medievale fa soltanto questo, non incontriamo altre realtà? Perché è all’interno
del monastero che io trovo collocato il luogo della formazione, quella che vedremo significativamente
indicare come scuola. Non ci si forma altrove. Però il luogo fondamentale preposto alla formazione è il
monastero, e dunque è una conseguenza pressoché scontata il fatto che tutti gli autori che menzioneremo
in epoca altomedievale a questa realtà si possano ricongiungere. È con l’Età Carolingia che si apriranno le
porte anche all’istruzione laica, e le cose cominceranno a cambiare, ma fino a XI secolo no.
Altra peculiarità del Medioevo è la pubblicazione. Possiamo incontrare opere o testi di grande rilievo per la
cultura e la tradizione medievale, ma che non hanno circolato in alcun modo, che magari si sono trasmesse
da un manoscritto unico, che mai si è spostato dal luogo in cui è stato prodotto. Ecco perché un autore alto
medievale scrive: certamente per soddisfare un’esigenza, ma che può essere anche esigenza di lettura della
propria realtà comunitaria, senza aspirare a niente di più. Un esempio eloquente: si farà menzione del
primo documento letterario in lingua latina, il GIURAMENTO DI STRASBURGO (843). Questi ci sono stati
trasmessi da Nitardo, storiografo latino sarà importante l’opera storica di Nitardo, che narrava lo scontro
che oppose gli ultimi successori dell’Impero Carolingio; è trasmesso da un unico manoscritto, che è stato
scoperto solo nel 1600. Un documento di così grande valore e rilevo, che però nel Medioevo non ha avuto
circolazione, non è stato conosciuto. Ecco che l’idea del perché si scrive nel Medioevo cambia molto ed è
molto diversa a seconda delle fasi storiche e dei momenti.

[DOMANDE]

[La scrittura può essere usata anche per mettere a disposizione di una comunità circoscritta una
testimonianza redatta in forma scritta. L’idea della pubblicazione, per la divulgazione e per la lettura, è
diversa, ma è un concetto fondamentale questo. Non si capisce davvero uno scrittore se non si capisce il
pubblico al quale ci si rivolge. Nell’Alto Medioevo si faceva fatica trovare un pubblico di lettori al di fuori
delle mura del monastero o dei monasteri. Il fatto che non esca questo tipo di tradizione vuole dire che non
esce da quella realtà culturale e monastica. Può accadere che tra monasteri diversi ci si scambino libri e
letture, si copre in questo senso. Ne vedremo casi in Età Carolingia, quando le fondazioni monastiche
dialogheranno in maniera evidente ed esplicita, quando si verranno a creare reti che legano sempre
rappresentanti di queste realtà culturali.]

[Quando i testi monastici vengono dati ai laici? In questo panorama diffratto del Medioevo, Gregorio
Magno è veramente il fil rouge, è un classico, che viene letto abbastanza precocemente dai laici. Il pubblico
laico comincia a entrare in contato con la lettura a patire dall’età carolingia, perché ci sono delle precise
diposizioni normative, volte da Carlo Magno, che vanno in questa direzione. Sempre però attraverso il
canale monastico o episcopale, perché anche le cattedrali soprattutto nel VII secolo diventano luogo
rilevante per la sede predisposta alla trasmissione e conservazione del sapere, sono un punto di
riferimento. La scuola laica fino al Basso Medioevo non esiste. Il Basso Medioevo vedrà la fondazione di
un’istituzione formativa fondamentale che è l’UNIVERSITÀ, che darà un contributo fondamentale a questo
tipo di processo.]

- Dispensa n.2 - Sezione “Dispensa 2”.

Che tipo di testo è stato selezionato? Una lettera di Gregorio Magno. Lavoreremo sulla traduzione. Gregorio
Magno sta parlando a un abbate, Ellito, in una di queste fondazioni monastiche di area anglosassone.
Dobbiamo tener presente che Gregorio Magno è pontefice alla fine del ‘500 e vive nella sua esperienza
biografica momenti storici fondamentali: vive il passaggio su territorio italico dalla dominazione bizantina
all’avvento dei Longobardi. Quindi passa “da un babao all’altro”, dunque è abituato a condurre una grande
azione diplomatica.

È una testimonianza straordinaria. Siamo alla fine del VI secolo, e cosa possiamo rilevare da questa lettura?
La prima cosa che colpisce, dovendo comprendere la modalità con cui viene condotta l’azione di
cristianizzazione che porta alla civiltà e a delle conseguenze culturali determinati, è che Gregorio Magno è
pacifico. Si raccomanda che se c’è un tempio pagano che sta in piedi, non va distrutto, ma va trasformato.
Bisogna distruggere gli idoli, la venerazione pagana, bisogna portare un messaggio nuovo, ma
TRASFORMANDO, non distruggendo.

L’atto stesso di portare il messaggio cristiano congiunto a un’operazione materiale, pratica, concreta:
l’istituzione di un edificio, la fondazione, il sasso, laddove c’è si mantiene. Ma quali azioni si fanno?
Benedite l’acqua, aspergetela sui templi, costruite altari, e riponetevi reliquie. Naturalmente anche il culto
e l’importanza delle reliquie rivestono un ruolo centrale nell’Alto Medioevo. Le reliquie sono le rimanenze
fisiche, anatomiche o de paramenti dei martiri. Boccaccio ironizzerà poi molto sull’attaccamento a queste
cose, ma questa materialità del Medioevo ci spiega anche l’esigenza di legare un culto all’elemento fisico di
un martire, che era appunto morto, per testimoniare Cristo. Questa era stato il primo momento di santità,
quello del MARTIRIO.

Perché questo? Perché “se la popolazione vedrà che i suoi templi non sono distrutti, deporrà l’errore”, cioè
c’è spontaneamente l’idea di aggregare attraverso un’azione spontanea, non coercitiva. Il progresso civile
segue questo tipo d percorso, mentre la coercizione non va mai in questo senso. L’adesione spontanea, poi
straordinaria. Questa capacità politica di cercare di soddisfare le usanze, le abitudini, i mores delle
popolazioni locali il giorno della consacrazione di una chiesa. Le chiese nel Medioevo venivano consacrate,
benedette: prima venivano ricostruite, poi c’era un momento liturgico che riguardava la consacrazione della
chiesa, ed era una festa. La stessa festa che celebrava il santo martire protettore della chiesa che veniva
consacrata.

Gregorio Magno dice poi di costruire delle tempio-strutture da mettere intorno alle chiese per fare e
bancarelle della festa patronale. Vanno costruite delle capanne “per celebrare devoti banchetti”. C’è un
momento di festa, di giubilo legata ad una festività, un’occasione sacra, in ci si poteva mangiare. Le
gozzoviglie, che ad oggi costituiscono un problema per a nostra salute, all’epoca non erano così frequenti. Il
momento celebrativo era veramente un movimento comunitario forte. Se sono abituati a sacrificare
animali in nome degli dei pagani, continuino a farlo in nome di Dio, perché bisogna costruire questo
percorso di cristianizzazione IN MANIERA GRADUALE. Non si può fare a balzi, lo vedremo anche da altre
testimonianze letterarie.

La capacità straordinaria di questo pontefice che fu molto di più che uno scrittore; la capacità politica di
interazione fu enorme. La capacità politica di costruire stabilendo rapporti, venendo ad accordi con realtà
diverse con le quali si trovò ad interagire. Gregorio Magno non fu solo l’uomo dei grandi accordi con le
popolazioni anglosassoni in questi termini, ma anche l’uomo dei grandi rapporti con la realtà politica con
cui si dovette interfacciar il territorio italico, vale a dire con i Longobardi. Di queste sue capacità ci darà
testimonianza Paolo Diacono in Età Carolingia.

Abbiamo detto che i monasteri, se vogliamo venire a precisare la natura di queste fondazioni e istituzioni
che vengono a crearsi, tutte queste fondazioni che attraverso l’opera condotta principalmente da Gregorio
Magno, che vanno a inserirsi anche in questi territori, sono fondazioni che appartengono all’ordine
benedettino - non ci sono alternative nell’Alto Medioevo, nei secoli successivi la risposta non sarà così
univoca e scontata, ci saranno nuovi ordini religiosi. Quindi quelle fondazioni in cui ci si rifaceva alla regola
del padre fondatore del monastero di Monte Cassino.

- Dispensa n.3

Abbiamo quattro pagine che ci riportano alla REGOLA DI SAN BENEDETTO. Le prime due ci riportano a un
estratto dalla “Regula Sancti Benedicti”. La “Regola di San Benedetto” non fu altro che la trascrizione, la
riorganizzazione di una regola precedente, la “Regula Magistri”, cui San Benedetto da Norcia dette
un’impostazione più adeguata, più chiara. La “Regola di San Benedetto” venne realizzata intono agli anni
’30 del Cinquecento. Qui ne abbiamo alcuni estratti.

Questa regola fondò, normò tutte le fondazioni monastiche Alto Medievali. Per esempio il “Capitolo 37”, “I
vecchi e i fanciulli”. Chi ci può essere in u monastero benedettino, quali categorie? Ci possono essere gli
uomini di qualsiasi età, la regola benedettina lo prevede. In particolare per i vecchi e per i bambini sono
consentite delle deroghe alle norme che regolano il mangiare cibo, che non è un fatto accessorio né
scontato.
Nella pagina successiva, al “Capitolo 39” riportato in parte, è indicata la quantità di cibo che va assunta.
Non si mangia a tutte le ore, e tutto dipende dall’“infermità dei monaci”. Di qui l’apertura mentale: la
regola monastica, come quella benedettina, è una regola che non riguarda soltanto l’ora et labora - non
norma soltanto le modalità con cui si fa l’esercizio spirituale -, ma è una regola di vita, un training peri
comportamenti umani quotidiani. C’è anche una forte economia circolare, non si butta nulla di cibo. Si
prescrive anche un uso moderato delle carni. Perché? Ci sarebbero voluti allevamenti intensivi per nutrire
tutti i monaci tutti i giorni. Tutto è legato all’esperienza di vita quotidiana.

Importante anche il “Capitolo 38”, “Il lettore della settimana”, perché questo ci riporta all’esercizio della
lettura, strettamente congiunto con quello della produzione scritta. Il lettore della settimana previsto dalla
norma benedettina, deve saper leggere. Se ne parla durante la consumazione dei pasti, atto che avviene nel
silenzio della comunità, anche attraverso l’ascolto di qualcuno a cui è assegnato il compito della lettura.
Tutto è regolato: non legge chi per primo trova un libro. importante la norma, qui come nella grammatica.
Per riorganizzarsi, per rinascere e ritirarsi su, bisogna istituire delle regole.

Da osservare la capillarità della tensione della regola, quanto emerge qui della realtà cenobitica dell’ordine
benedettino. La realtà della dimensione spirituale e benedettina non è quella eremitica. perché quando ci si
siede a tavola bisogna pensare non solo alle proprie esigenze, ma anche a quelle degli altri, e “fare in modo
che l’altro non abbia da chiedermi nulla”. È un’esortazione alla cura verso il prossimo - il prossimo era qui il
confratello del cenobio.

La lettura ha gradi e momenti diversi di rapporto con il testo, non è una lezione, non siamo nello
scriptorium, non si fanno domande. È quasi una lettura uni letica, si ascolta e basta. A regola è attenta, se
non lo fosse stata non avrebbe avuto il successo. Dice anche come e quanto pensare al corpo prima di
andare a leggere - il medioevo è una dimensione estremamente corporale. Nella lettura va effettuata la
SELEZIONE: non in ordine di anzianità - qualcuno poteva non essere in grano di leggere in maniera efficace,
come doveva essere.

Chi fu il primo grande autore a consacrare Benedetto da Norcia come santo, come modello di santità
assoluta, costruendone la prima agiografia? L’AGIOGRAFIA è quella tradizione di scritti o di testimonianze
che racconto le vite dei santi. Non si viene considerati santi e non lo si diventa per gli stessi motivi. La
tradizione agiografica medievale ha un so grande archetipo, il primo grande iniziatore sia per questa
tradizione, sia per la scelta del soggetto. Questo grande autore è ancora una volta Gregorio Magno.
Abbiamo visto, incontrato prima le lettere, adesso, nelle pagine 3-4 della “Dispensa n.3”, prendiamo un
passo da un’altra delle sue opere, di carattere propriamente agiografico. Quest’opera sono i “Dialogi”.

Sono un’importantissima opera di carattere agiografico in tre libri, strutturata in forma dialogica perché
Gregorio Magno immagina di conversare con il diacono Pietro, e racconta a Pietro le vicende costitutive del
monachesimo occidentale. Racconta la vita di tanti monaci che diventano poi figure di santità. Il secondo
libro di “Dialogi” è interamente dedicato alla figura di San Benedetto da Norcia. È appunto da qui che è
stato tratto il brao da leggere insieme. siamo al “Paragrafo 36”, “Benedetto scrive una lettere per i monaci”.

Le “gesta” sono le imprese di altri santi. È interessante notare come si usi per parlare delle imprese dei santi
il sostantivo “gesta”, termine tipico del lessico epico-militare. Esprime una notazione e contenutistica e
formale, stilistica, sulla “Regula Sancti Benedicti”. Ecco perché il monachesimo benedettino si fece
portatore di un messaggio civilizzatore forte anche in termini culturali. La regola era fondamentale e
importante per la sua “discrezione”, intesa non nell’accezione moderna dell’essere dimessi, ma nell’essere
discreta, particolare, capillare, previdente. E la previdenza è un principio fondante di ogni forma di governo
ben riuscita. La regola benedettina doveva essere fondante per la costruzione di un monastero, e “brillante
nella forma”, cioè doveva essere scritta bene, essere chiara.
San Benedetto “ha insegnato esattamente come ha vissuto”: lui per primo si è rifatto alla regola, ha
informato la propria vita a questo tipo di norma. Nella parte che segue Gregorio Magno ricorda il momento
della morte di San Benedetto, che viene colpito da una febbre violenta che si aggrava giorno dopo giorno,
ma lui riesce a sopportare straordinariamente le sofferenze. Ci sono dei fatti miracolosi connessi con la
morte, tutto secondo il canone, la tradizione delle morti dei santi.

Ecco allora la menzione della regola benedettina che Gregorio Magno fa all’interno dei suoi “Dialogi”.
Attraverso questa prima incursione nell’Alto Medioevo noi abbiamo incontrato il primo vero autore a tutti
gli effetti, collocabile nella tradizione medio-latina, vale a dire Gregorio Magno. Da un punto di vista
puramente storiografico, di solito i nomi che si fanno per iniziare il Medioevo sono quelli di Boezio e di
Cassiodoro. Uno di questi lo incontreremo domani.

Sono due personaggi che stanno ancora con un piede nella tardo-antichità, sono ancora legato a strutture
politico-amministrative imperiali, romane, e sono soprattutto legati a un tipo di formazione diversa,
differente rispetto a Gregorio Magno. Il primo vero autore della tradizione medio-latina è senza dubbio
Gregorio Magno, che vive un’esperienza straordinaria di monaco prima - si era fatto monaco presso il
monastero del Celio a Roma -, e di pontefice poi. Fu prima monaco, si era fatto monaco sul Celio a Roma.
Veniva da una famiglia benestante, avrebbe desiderato trascorrere tutta la sa esistenza da monaco, quindi
poco al centro dell’attenzione. Invece gli toccò ricoprire una carica di grande impegno, di grande onere,
quella di pontefice. Fu pontefice dal 590 al 604, quando morì, ai tempi di Agilulfo, sotto la dominazione
longobarda.

- Cartina nella dispensa cartografica “Dispensa n.1”, pagina 5

La cartina ci rappresenta la realtà longobarda con cui interagisce Gregorio Magno. I longobardi invadono
l’Italia nel 568, scacciando i bizantini. Questa parte resta colorata in rosso, e sono i territori longobardi; nel
mezzo ci restano i territori bizantini con la realtà appunto di Roma, che viene poi successivamente, in epoca
longobarda, a definirsi come realtà statale separata e distinta. I longobardi non riuscirono mai a unificare
l’Italia: ci fu sempre nel mezzo, quando più ampia, quando più stretta, questa striscia bizantina che poi andò
sempre più a coincidere con lo Stato della Chiesa nel corso del tempo, e questo determinò l’impossibilità
per i longobardi di unificare la penisola italica.

Fu proprio questa striscia di terra che ne causò la rovina, la caduta, perché poi quando arrivò Carlo Magno,
e sconfisse l’ultimo re longobardo, lo fece in ragione di accordi stretti con la chiesa. Quindi la relazione forte
che Gregorio Magno stabilì con i longobardi consentì che, attraverso di lui, la maggioranza di loro si
convertisse al cristianesimo. Quindi i longobardi da ariani che erano divennero cristiani, grazie alla
mediazione di Gregorio Magno. Ne vedremo una testimonianza di Paolo Diacono.

Gregorio Magno interagì in particolare con una donna. Le donne - mogli di governati, di re - giocarono un
ruolo fondamentale nel percorso di cristianizzazione. Hanno sempre avuto questo ruolo di mediazione, di
far ragionare questi regnanti votati alla guerra, di fronte a decisioni in mancanza di senno, di giudizi
equilibrati. La regina Teodolinda che parla al marito riesce a convincerlo, opera un’azione di mediazione.
Non sarà questo l’unico caso.

Molte sono le opere di Gregorio Magno che, a differenza di altri casi, circolano, si diffondono, sono lette per
tutto il Medioevo fino alla stagione umanistica. Circolano perché da un punto di vista anche storico
Gregorio Magno viene fuori insieme all’ordine benedettino, con Benedetto sono in qualche modo
contemporanee. Quindi le opere di Gregorio Magno diventano normative quasi quanto la regola. Due
opere di Gregorio Magno sono una i “Dialogi”, l’altra le lettere, raccolte in un corpus che prende il nome di
“Registrum epistularum”. Sono più di 800 lettere in quattordici libri, che raccontano e testimoniano di
questa azione missionaria che Gregorio porta avanti. Sono importanti come documento d’archivio, che lega
a questa altezza cronologica la nascente Curia pontificia - la Chiesa come Stato nasce nel Medioevo. Cosa
rede una realtà uno stato? La presenza di una CANCELLERIA, di un ufficio, che si occupa delle missive e della
corrispondenza.

Questo “Registrum epistularum”, quindi la corrispondenza di Gregorio Magno, è un documento oltre che
letterario-storico, anche delle relazioni diplomatiche tra Roma e le realtà territoriali d’Europa con cui si
trovò a interagire. Poi sempre Gregorio Magno va ricondotto a un’altra opera, “Regula pastoralis”, che
contiene un insieme di norme sulle modalità con ci dev’essere condotta l’azione pastorale e liturgica di chi è
preposto al governo di realtà comunitarie, tanto il vescovo quanto l’abate. Poi un corpus di opere di
carattere esegetico - “esegesi” significa “commento”, e si intende il commento scritturale ai libri della
Bibbia. Gregorio Magno commenta vari libri della Bibbia, tra cui abbiamo un’opera fondamentale, “Moralia
in Iob”, “Morali sul libro di Giobbe”, in trentacinque libri, molto ampia. È insieme ai “Dialogi” e alle lettere la
sua opera più letta, perché contribuì a definire la morale cristiana del periodo che sarebbe venuto.

[Perché è così importante il silenzio? Perché il silenzio consente l’ascolto. La parola divina è sacra. Ogni
tessera della parola divina è sacra. Di conseguenza l’atteggiamento di ossequio che s deve prestare a
questo riguardo prevede il silenzio, la sacralità connessa. Il silenzio riguarda la sacralità anche di altre
religioni, usato per asolare la parola in un momento. Perché qualsiasi messaggio della creazione va nella
dimensione di ricerca del cosmos, a partire dal caos, dal disordine all’ordine. Non esiste ordine senza
regola, la presume e la necessita. Quindi l’Alto Medioevo non è una dimensione chiacchierata, il brusio,
anche se c’erano molti rumori. Pensiamo alla “ruminatio”, la masticazione delle parole durante le letture,
anche nella dimensione del canto e della liturgia. È una dimensione acustica dell’Alto Medioevo lontana da
quella del Basso Medioevo, dove la vita si fa nella città.]

29/09/2020
Abbiamo letto di Gregorio Magno, nelle dispense 1-2-3 nella sezione “File”, brani tratto dalle sue opere più
importanti. Uno un brano tratto dal “Registrum epistularum”, una lettera che documentava la sua attività
missionaria. È il nome che si dà all’intera raccolta delle lettere, più di 800, testimonianza non solo letteraria,
ma anche di carattere storico, perché ci racconta del costituirsi, durante il suo pontificato, della
“COSTITUENDA CANCELLERIA PONTIFICIA”. Il dato è rilevante perché il Medioevo vede la nascita dello Stato
della Chiesa, che vien costituendosi proprio grazie alla costituzione di una cancelleria. Non c’è stato senza
uffici di cancelleria.

Quindi la corrispondenza intrattenuta da Gregorio Magno è un documento storico archivistico di quella


fase. Gregorio Magno è pontefice dal 1509 al 1604, opera in pieno VI secolo e muore a inizio VII. Grande
diplomatico, interagisce positivamente con le realtà che lo circondano. È in questa direzione del dialogo
pacifico che instrada anche i missionari. La lettera analizzata ieri nella “Dispensa n.2” è grande in questo
senso. La chiesa cristiana andava edificata laddove ci fossero edifici pagani stabili, non da distruggere, ma
da santificare e da trasformarne in culto. La tensione per la conservazione di ciò che c’è senza perseguire
metodi coercitivi, di imposizione. Questo perché Gregorio Magno dovette interagire con realtà politiche
mutevoli durante la sua esistenza. Si passò dalla presenza dei Goti, dei Bizantini in Italia, alla presenza dei
Longobardi.

Quindi assiste all’instaurazione del dominio longobardo in Italia, e con loro interagisce con quel metodo,
con quelle soluzioni diplomatiche che gli sono proprie, che caratterizzano tutta questa nuova definizione
anche di SANTITÀ ALTO MEDIEVALE. Gregorio Magno, oltre ad essere entrato nel novero dei padri della
Chiesa, è anche un santo. Definisce anche un nuovo modello di santità, e con la sua esperienza biografica e
con i modelli che propone.

Qual è la principale opera di Gregorio Magno di carattere agiografico? I “Dialogi”, “Dispensa n.3”, pagina 3-
4, a seguire gli estratti dalla “Regula Sancti Benedicti”, sono estratte al secondo libro, tutto dedicato a SAN
BENEDETTO. Il secondo libro è interamente dedicato a lui, nuovo prototipo di scrittura della santità, che è
entrato nella tradizione dell’AGIOGRAFIA, la scrittura relativa alla VITA DEI SANTI. Un’agiografia che
racconta la vita dei santi non è una novità, ma fino all’età alto medievale i santi erano i martiri, quelli che
erano morti testimoniando la fede, che poi erano stati perseguitati.

Nell’Alto Medioevo e dall’esperienza di Gregorio Magno questo modello di santità non vale più, per una
ragione storica: i Cristiani NON SONO PIÙ PERSEGUITATI. Ma se la cristianità non è più elemento passivo,
che subisce, deve necessariamente farsi elemento attivo. Allora la santità che ci descrive nei “Dialogi” è
SANTITÀ EROICA, tangibile. Il santo non è più quel personaggio che ha sofferto le pene dell’inferno né il
martirio come nella tradizione tardoantica. È un uomo del tempo nostro - chiunque può diventare santo -,
Gregorio Magno racconta la vita di santi che lui stesso ha conosciuto, come San Benedetto che occupa un
ruolo importante nei “Dialogi” - una santità attiva e propositiva, fisica. Un santo non è uno che sta rinchiuso
in un eremo a pregare, ma è un’atleta, una persona che si mette in gioco, che viaggia in luoghi sperduti e
lontani. È coraggioso, e DIALOGA, non si mette in contrasto con la guerra. È un DIPLOMATICO.

Nella descrizione della morte di questi santi, quando muoiono subiscono un sintagma coniato nel
Medioevo, eloquente, “morire in odore di santità”, la santità trasforma anche il corpo. Il Medioevo è un’età
materiale e corporale. L’uomo è fatto di corpo con le sue conseguenze. Non è un’età astratta. Torna nei
brani la tensione costante al CORPO, al CIBO. È una DIMENSIONE CORPORALE.

Un’espressione efficace perché un santo muore esalando aromi che fanno presagire la sua condizione,
come sarà quella di Gregorio Magno. Le morti di questi nuovi santi dell’Alto Medioevo sono morti serene, il
massimo che si può desiderare. La natura partecipe del momento, e quindi tutto si raffredda per il
dispiacere, ma poi con la primavera ritorna una circostanza serena, di ricerca di pacificazione, di strategie
diplomatiche che lui persegue nel suo percorso, un nuovo modello di santità. Sono esseri comuni, tutti
possono essere santi con un tipo di atteggiamento alla portata di tutti coloro che vivono nel nostro tempo.

Ultima considerazione relativa alla tradizione agiografica, considerazione che attiene alla storia della
medievistica nella sua interezza. Nello studio delle vite dei santi si trova la codificazione medievistica. La
MEDIEVISTICA nasce in termini odierni, nel 1600 attraverso l’opera di due congregazioni che sono
rispettivamente la società belga dei bollandisti e la società, la congregazione parigina dei padri maurini.

Hanno avuto importanza fondamentale per la nascita delle moderne discipline medievistiche. Prima i
bollandisti, poi i maurini hanno messo mano a due opere grandiose intitolate “Acta sanctorum” e “Acta
sanctorum ordinis Sancti Benedicti”, aventi lo scopo di ricostruire la biografia, le vicende esistenziali di tutti
i santi che si veneravano nei diversi giorni dell’anno. Naturalmente i giorni erano insufficienti per poterli
contemplare tutti. Ai bollandisti competono la prima opera, ai maurini la seconda, i santi dell’ordine
benedettino.

Che cosa sono? Costituiscono ancora oggi due delle principali fonti di riferimento per materiale
documentario, archivistico e letterario. Due collane che raccolgono in ordine tutta la documentazione
relativa alle vite dei santi giorno per giorno, a seconda del giorno della celebrazione. Ciò ci spiega la ragione
per cui si fa la precisazione della geografia come territorio innovativo in ambito medievale e altomedievale,
terreno fertile per le discipline medievistiche. La figura di Jean Mabillon: vanno a ricreare, indagano nelle
sedi di conservazione le fonti di riferimento, aprono la strada al reperimento del materiale documentario,
che naturalmente non si presentava dal punto di vista formale alla portata di tutti. C’erano difficoltà di
interpretazione della scrittura, nascerà la disciplina della diplomatica.

Tutto ciò avviene tra il XVII e il XVIII secolo in seno alla tradizione AGIOGRAFICA. È un elemento da tenere
presente come gancio di connessione a questo tipo di letteratura, che rincontreremo nel corso delle nostre
letture.

- “Dispensa n.4”
Questa dispensa accoglie due estratti da opere di CASSIODORO. Ci siamo detti che la scelta di iniziare le
nostre letture da Gregorio Magno è dovuta dal fatto che lui è il primo grande scrittore della mediolatinità.
Ma i manuali di storia medievale iniziano sempre con i nomi di BOEZIO e CASSIODORO. Stanno un po’ con il
piede nel Medioevo e con il piede nella tardo antichità, presto separati dai governi romano-barbarici.
Boezio (480-526) vive come funzionario alla corte di TEODORICO, ha importanti incarichi amministrativi,
ricoprì anche la carica di magister officiorum, fu tanto intimo di questo potere che ne subì anche le
conseguenze. Sospettato di congiurare contro Teodorico, venne poi imprigionato a Pavia e lì morì. Fu
proprio in carcere che compose la sua opera più famosa, la “Consolatio Philosophiae”, un prosimetro di
difficoltà straordinaria.

È un prosimetro in cinque libri molto complesso, che fu letto maggiormente nell’arco di cinque secoli. Viene
letto e commentato nelle scuole basso medievali, lo legge Dante e lo prende a modello per i suoi
prosimetri. Testo importante ma difficile, forme metriche complesse. Si trova ancora nella tardo antichità,
più che nel Medioevo. La scuola tardoantica contemplava anche la lettura diretta, la conoscenza della
tradizione greca e della filosofia. Si ricordano di costui anche i commenti alle opere aristoteliche, che
scaturivano dalla lettura diretta, cosa che non si verificherà poi per molto tempo. È più tardoantico che
medievale.

Così come Boezio ebbe una intensa attività politica anche Cassiodoro. Cassiodoro che era nato a Squillace,
Calabria, aveva avuto un’intesa attività politica e amministrativa, era stato impiegato nella cancelleria dei
Goti, aveva fatto da mediatore tra Goti e Romani. Espressione più alta di questa sia attività amministrativa
di segretariato sono le “Variae”, una delle fonti documentarie, letterarie e storiche più importanti per
l’epoca di riferimento. Le “Variae” sono una raccolta di lettere in dodici libri, che riuniscono la
corrispondenza intrattenuta dallo stesso Cassiodoro con personaggi, personalità e istituzioni dello stesso
genere, corrispondenza che aveva intrattenuto in nome dei regnanti, delle figure per cui lavorava. Sono
lettere che scrive “nella persona di”. La scrive Cassiodoro in nome di altri.

Questo brano è molto rilevante, riguarda una considerazione che abbiamo condotto in occasione della
prima lezione. Si è detto circa questi primi secoli del Medioevo che viene a cadere, oltre la struttura del
sistema politico amministrativo romano, la scuola, l’istruzione. C’è un problema nella perdita di un
REFERENTE CENTRALIZZATO. Cassiodoro ebbe un ruolo importantissimo nell’elaborazione di un pensiero
pedagogico ampio e strutturato riguardo la formazione, che tornerà anche in un altro estratto.

Nel 535 Cassiodoro aveva tentato con un pontefice, Agapito, di fondare una SCUOLA ROMANO-CRISTIANA
a Ravenna, ma il progetto non era andato in porto. Si cercava di unire queste due realtà che necessitavano
una nuova definizione, una nuova codificazione. Un progetto di formazione che unisca tradizione
tardoantica ed educazione cristiana.

LETTERA DI CASSIODORO, “Lettera di Atalarico al Senato”.

Modernità della richiesta. Sta denunciano la supremazia degli indirizzi giuridici rispetto a quelli grammaticali
e retorici nella formazione. Le altre nazioni hanno le armi, la realtà è quella dei popoli germanici, mentre i
romani, che non ci sono più, l’eloquenza. hanno conservato come unico grande patrimonio quello delle
ARTI LIBERALI, l’eloquenza. Una metafora di ambito bellico. Chiede al Senato, che dà grande rilievo agli sudi
giuridici normativi - definizione norma giuridica fondamentale, prima fatta da Carlo Magno, con la
normatizzazione da lui provveduta; importante Giustiniano -, servono le lettere, le competenze. di base,
che servono a formare i giuristi. È una lotta sindacale ante-litteram, hanno pagato gli istrioni rispetto ai
grammatici, ma anche gli attori. Leggere queste cose databili al VI secolo a.C. da una parte ci conforta,
dall’altra distrugge.

Cassiodoro ci aiuta con questo estratto, per riflettere sulla decadenza degli studi e della scuola, denunciata
anche da altri scrittori, tra la fine dell’età antica e l’inizio del Medioevo. Ma è proprio a partire da questa
realtà che è percepita in maniera molto chiara dai protagonisti di quel tempo, che si pensano formule
nuove, nuove realtà fisiche dove tutto questo può accadere. È la risposta dei monasteri insulari nel Regno
unito. Quando le cose sono molto complicate, la soluzione è farle a pezzi.

Allora la formula rinnovata dell’istruzione monastica alto medievale non fu una risposta alla portata di tutti,
ma fu efficace. La riflessione pedagogica di Cassiodoro viene a definirsi in maniera formalizzata in una delle
sue ultime opere e la più importante. Quest’opera son le “Istitutiones”.

Le “Istitutiones” sono le basi, una grande opera quasi enciclopedica della formazione in due libri, scritta
quando alla fine della sua esistenza abbandona le cariche pubbliche, ritorna nelle terre calabresi e fonda
una comunità monastica, quella di VIVARIUM. Si può dire che le mura di questo edificio siano le istitutiones,
e il piccolo gruppo di manoscritti. Non si trova più nulla di Vivarium.

Aveva tentato di costruire una scuola pubblica, il suo pensiero pedagogico viene qui formulato una guida su
ciò che si deve sapere, sulle discipline da conoscere per la formazione di un religioso. Il curriculum
formativo di un monaco, di un monastero altomedievale. Sottolinea nell’opera l’importanza delle LETTURE
DIFFERENZIATE, che contemplino non solo autori cristiani, ma anche pagani, per l’apprendimento delle
lettere. Siccome il Medioevo è un’epoca materiale, bisogna sapere il latino attraverso leggendo nel libro. Il
libro è fatto dai monaci. Ciò che oggi pensiamo essere un atto quasi svincolato da qualsiasi forma di fatica,
ci si procura l’oggetto, se devo leggere, bisogna sapere anche scrivere. Ecco perché scuola e scriptorium
sono la stessa cosa nel Medioevo, il lavoro del copista.

Non è detto che il copista capisca subito ciò che ha davanti, ma comincia a far queste operazioni “pro
remedio animi”, per redimere l’anima dal peccato. Operazione per l’espiazione delle colpe, faticosa. Ci si
allontana sempre più dalla materialità delle cose oggi, positivo per aspetti ecologici, ma per altri è
preoccupante per la formazione dei giovani. Si perde il contatto con la materialità della cultura che ha
sempre avuto un ruolo fondamentale. Ci aiuta a comprendere il peso metafisico del lavoro. Anche la
scrittura doveva essere talmente faticosa da essere considerata espiazione delle colpe. Un momento
fondamentale, intrinseco in questo.

CASIODORO, brano tratto dalle “Istitutiones”.

Trascrivere è come ripetere tante tante volte la parola di Dio. La trascrizione è una pratica ermeneutica che
aiuta moltissimo, un procedimento di conoscenza ancora valido. Il famoso copiato serve ancora a
memorizzare. Quando si fa qualcosa ci si tira fuori dai problemi, dall’ozio. È un modo di controllare l’attività
di monaci, con le loro virtù e debolezze. La scrittura è un viaggio, il Medioevo fu un vero e proprio tesauro
di viaggi, reali e imaginari. Si viaggiava moltissimo con la mente. L’atto di trasmissione come atto di
evangelizzazione: “quando quel testo che è copiato sarà letto, lo sentiranno altri e verranno verso di te”.

Il calamo era una cannuccia tagliata che si inzuppava nell’inchiostro. La canna della lancia che trafisse il
costato di Cristo è vendicata dalla canna che scrive le parole del copista. Questa attività è detta manuale, e
più di una volta troveremo elaborazioni poetiche che tratteranno proprio dello scrivere.

Uno dei primi modelli è “L’indovinello veronese”, descrizione di un particolare tipo di poesia, metafora del
copista. Questa cosa è moto rilevante, attività connessa all’altro grande simbolo dell’età medievale che è il
libro. I trascrittori devono però essere preparati, si citano una serie di tardo antichi. Ci si raccomanda di
questo perché già all’epoca di Cassiodoro hanno la prevalenza, invalgono altri tipi di pronuncia.

L’atto della scrittura è conservativo rispetto a quella dell’oralità. Il livello della scrittura è più conservatore,
ma a volte la forza dell’abitudine irrompe anche nella scrittura. Il richiamo all’ortografia documenta il fatto
che queste regole non si rispettavano più. Nel monastero di Vivarium c’erano opere di carattere
grammaticale, normativo, ortografico. Erano gli strumenti necessari a tutto il resto.
Descrive poi “l’arte delle lettere illuminate”, la MIANTURA, l’arte di corredare il testo scritto con elementi
pittorici. E il manoscritto medievale è caratterizzato anche da questo. Dunque la scrittura, la costruzione di
un libo come atto quasi sacro, di devozione e di preghiera, che viene esaltato, celebrato da Cassiodoro in
quest’opera indirizzata a monaci per la circostanza specifica di Vivarium.

È un invito alla preparazione, alla selezione di monaci che abbiano una loro preparazione culturale che
consente loro di ripetere in maniera corretta, la adornino di immagini che la distinguano. In questa dispensa
Cassiodorea troviamo la rappresentazione della fine del mondo antico e dell’inizio del mondo nuovo, quello
dell’alto medioevo. Un mondo che ricomincia dal monastero, nella sua portata culturale più significativa.

Due precisazioni. Prima, di carattere bibliografico: abbiamo menzionato a proposito degli studi medievisti
gli “Acta sanctorium”, menzioniamo anche una collezione di testi medievali, da cui è estratto questo brano,
siglata “MGH”, “Monumenta Germaniae Historica”, cioè “Monumenti storici della Germania”, la più grande
collezione di testi latini relativi al territorio germanico medievale, che include documentazione ascrivibile
all’Italia, per tanto tempo sotto l’egida germanica. Una delle collezioni più importanti, divisa in tante
categorie, che comincia ad essere realizzata nel corso dell’Ottocento entro quell’istituto di straordinaria
importanza che è l’omonima “Monumeta Germaniae Historica”, in area tedesca.

Sono tre delle più importanti collezioni di medievistica, che ci raccontano la storia di queste discipline tra
Settecento e Ottocento. I “Monumenta Germaniae Historica” sono tutti disponibili online, dimensione utile
per ricerche e approfondimenti.

Seconda precisazione: riguardo le fondazioni monastiche, riprendiamo la cartina dei monasteri. Quella della
cristianizzazione. Abbiamo citato le fondazioni irlandesi e anglosassoni, poi Vivarium. Le fondazioni
monastiche altomedievali i dividono in tre categorie: 1. FONDAZIONI CONTINENTALI - che nascono
direttamente su continente europeo, come Monte Cassino e Vivarium -, 2. FONDAZIONI INSULARI - le
fondazioni monastiche istituite, realizzate in ambiente insulare, nelle isole britanniche e in Irlanda a seguito
dell’operazione di evangelizzazione proposta da Gregorio Magno -, 3. FONDAZIONI INSULARI SU
CONTINENTE.

Gli Irlandesi, anglosassoni, che si sono con gran fatica imparati il latino, sono tornati a insegnarcelo. Il
nostro latino ce lo hanno insegnato gli inglesi. Anche la lingua inglese è piena di latinismi. Allora il terzo
punto si caratterizza di quelle fondazioni realizzate da un monaco di origine insulare che fa il procedimento
contrario, torna su continente. Esempio più celebre è questo rimbalzo dall’Irlanda all’Italia, a Bobbio, e lo fa
COLOMBIANO.

05/10/2020
Tratteremo ancora una delle tematiche principali che vedono la nostra riflessione sui secoli alti del
Medioevo, e quindi il grande processo culturale e civile degli ordini monastici, in particolar modo della
“Regola benedettina”. La volta scorsa ci siamo lasciati su una triplice definizione che riguardava proprio le
fondazioni monastiche.

- Immagine cartografica

Familiarità con la dislocazione fisica, geografica e spaziale, sempre più familiare e presente - obiettivo
fondamentale del corso è l’orientamento nel tempo e nello spazio. Il Medioevo è stato un’epoca
straordinariamente materiale e tangibile. È stata una stagione che ha inciso fortemente sull’aspetto fisico,
urbanistico, toponomastico di molti territori d’Europa, anche in quello italiano e marchigiano.

Vediamo dove doveva essere collocato presumibilmente Vivario, fondazione monastica istituita da
Cassiodoro - uno degli ultimi rappresentati del rapporto tra potere imperiale e cultura -, quell’esperienza
monastica realizzata in Calabria. Abbiamo citato Montecassino e Vivario, ma bisognerebbe dare precedenza
a Vivario, perché benché fosse contemporanea all’esperienza benedettina, non era ancora aderente a
quella regola. Ricordiamo che questa, il monastero di Vivario, è stata una chimera, non c’è più parvenza
fisica. Mentre se si va in Lazio, è possibile visitare Monte Cassino. Di Vivario non è rimasto più nulla, anzi ci
sono state importanti ricerche di carattere archeologico per cercare di capire dove Cassiodoro avesse
ubicato quella realtà architettonica.

Cassiodoro, nella sua opera fondamentale che riguardava la struttura di questo luogo di spiritualità, ma
anche di cultura, ossia le “Istitutiones”, che sono appunto l’opera monumentale che colloca, che edifica.
Sono le vere mura, le fondamenta che ancora oggi possiamo leggere quell’esperienza monastica, che
materialmente non c’è più ma di cui resta il ricordo. Ricordiamo la lettura dell’elogio ai copisti, trascrittori
dei libri, grandi protagonisti dell’esperienza medievale. Il libro ha un gande ruolo epistemologico, nella
mentalità medievale e nell’esperienza grandiosa ma pur sempre circoscritta della produzione dantesca e
della sua riflessione.

Le “Variae” sono la raccolta di lettere, ne abbiamo menzionate due. Raccontano Cassiodoro prima della
conversione all’esperienza monastica, lettere scritte in qualità di funzionario. Sono testimonianza della sua
esperienza politica, e dello sforzo che profuse e promosse un progetto di riforma culturale - istituzione a
Ravenna di una scuola, che facesse dialogare esperienza pagana ed esperienza cristiana.

Il libro è allora elemento fondamentale della formazione. È il libro che conserva. Cosa vuole dire
“trascrivere”? Perché l’elogio del lavoro dei copisti, tra tutti i lavori manuali? Cassiodoro ripeteva che
lavorare teneva lontano dai peccati, e laddove si trascriveva, si ricopiava la parola di Dio, le Sacre Scritture,
non si fa che ripetere il nome di Dio. Un’azione pia, devota, di preghiera. Alla chiusura del passaggio
Cassiodoro menziona dei nomi, laddove esortava a prestare attenzione all’ortografia, citando nomi di
grammatici tardo-antichi - metteva là le fondamenta della grammatica che ci dà la norma, la regola dello
spirito, della vita, del pensiero. C’è tanto bisogno di norma, che è la cosa spingerà lo stesso Dante a cercarla
nel “De vulgari eloquentia”. Si parlava già ampiamente in volgare al tempo di Dante, ma il fatto che si cerchi
la norma vuole dire ce ne sia un bisogno straordinario, che va al di là dell’aspetto puramente grammaticale
e linguistico. È un aspetto che trascende la semplice esperienza contingente della trascrizione e della
lettura.

Bisogna prestare attenzione, ma c’è sempre un fine ulteriore. Nella prospettiva di Cassiodoro, l’osservanza
delle regole grammaticali, il fatto che chi stava in monastero dovesse essere istruito, garantiva la
conservazione della tradizione. Si trascrive il libro, per cui l’atto di trascrizione di per sé è un passaggio di
mano, di carità straordinaria. L’atto di scrivere presuppone che io abbia davanti - dietro, dietro di me, prima
di me - qualcosa, che io nel presente lo stia riproducendo al fine di consegnare a qualcuno, ai posteri. Un
atto di congiunzione, di carità, laddove sempre noi dovremmo - in base al metodo che siamo chiamati a
mettere in gioco -, dovremmo sempre storicizzare. Quel gesto cambia nel corso del tempo.

La prospettiva che ha davanti a sé un monaco che compie quest’azione all’interno del suo monastero è
molto diversa da quella che avranno Dante, Manzoni, un poeta decadentista qualsiasi. Dobbiamo sempre
storicizzare. Ma lo stesso atto di trascrizione è un ATTO DI PIETAS. Sembra un’azione meccanica, ma invece
ne viene sempre qualcosa, l’elogio dei copisti. Quindi l’aspetto della istituzione di un monastero che va di
pari passo con istituzione di una scuola, ed è questo che interessa l’ambito della nostra disciplina e l’ambito
di interesse verso Dante.

Integra quindi questa cartina, la precedente, perché colloca visivamente anche dove si sarebbe dovuta
trovare la località di Vivario. Ne fa vedere anche altre, in territorio anglo, e ripete molte altre località che
vediamo già nella precedente. Ci siamo lasciati la volta scorsa dando tre diverse definizioni di esperienza
monastica. Si possono distinguere le fondazioni monastiche alto medievali in: FONDAZIONI CONTINENTALI -
quelle che nascono su continenti europei -, FONDAZIONI INSULARI - istituite sulle Isole britanniche, a
seguito dell’azione evangelizzatrice promossa in prima istanza, in maniera marcata, dall’esperienza
pontificia di Gregorio Magno, che si colloca dal 590 al 604, anno della morte -, e le FONDAZONI INSULARI
SU CONTINENTE - rappresentate dalle frecce viola, che partono principalmente dall’IRLANDA. Una terra
straordinaria, percepirà un’esperienza diversa rispetto alla Gran Bretagna, rispetto soprattutto all’uso degli
spazi e alla costruzione della comunità.

FONDAZIONI INSULARI SU CONTINENTE. Si definiscono quelle realtà monistiche costituitesi a partire dalla
fine del V, ma soprattutto nel corso del VII e VIII secolo, su continente europeo. Sono opere di monaci che
dalle isole ritornano sul continente. Questo processo ci dà anzitutto la misura del grado di evoluzione che
l’esperienza monastica aveva conosciuto in terre così lontane, così sperdute, così analfabete in origine.
Quanto è stata forte, in termini di positività, l’esperienza delle isole se si ha già la possibilità di esportarla, di
portarla sul continente. Questo è indice chiarissimo, concreto del successo di quell’azione promossa da
Gregorio Magno. E questo fenomeno è indicativo della portata dell’evento anche in termini culturali.

Perché sono state precisate queste diverse categorie di istituzioni monastiche? Non solo per un vezzo
nomenclatorio o per sadismo nozionistico, ma perché questo è molto importante in termini culturali e
letterari. Si è detto che la fondazione monastica alto medievale va di pari passo con la fondazione di uno
“scriptorium”, “biblioteca” ma anche “scuola”. Poi nel corso dei tempi si creeranno nei monasteri spazi
appositi, ma l’elemento di congiunzione è quello di leggere, scrivere, imparare, sono le coordinate tutt’ora
fondamentali. Si è detto che nelle isole britanniche non si era incontrata la ROMANIZZAZIONE. Ecco perché
scrivere e leggere significa appunto scrivere e leggere in latino. Ricordiamoci che il parlare è poi un’altra
dimensione, che ha traiettorie diverse. I problemi di Dante saranno proprio nel far convergere queste
dimensioni. La parola scritta nell’Alto Medioevo è una parola scritta in lingua latina, lingua che dev’essere
appresa.

Nelle isole britanniche non c’era una tradizione di romanità. Siamo lontani da una dimensione strutturata
forte, e allora si è dovuto cominciare dal grado zero, quindi dalla GRAMMATICA, dalla LINGUA, dalle
LETTURE. Con che cosa? Abbiamo parlato della trascrizione con Cassiodoro. Ma prima della trascrizione, e
ancor prima della lettura, bisogna conoscere e avere imparato il latino. Dove? Sugli AUTORI CASSICI, i
cosiddetti SCRITTORI PAGANI. Il Medioevo non ha quindi demonizzato gli autori pagani - ci saranno
tendenze di carattere politico.

Il curriculum scolastico formativo basato sulle ARTI DEL TRIVIO - grammatica, retorica, dialettica - e DEL
QUADRIVIO - aritmetica, geometria, astronomia e musica -, così com’era stato già formalizzato nella scuola
tardo-antica, così come Cappella lo aveva teorizzato in età tardo-antica, torna ad essere riproposto nelle
isole britanniche. Siamo di fronte a una sorta di TRANSLATIO: la grandiosa struttura della scuola tardo-
antica così com’era stata elaborata nella tradizione latino romana nel continente, viene riformulata in
questo territorio.

Ecco perché un po’ scherzosamente e in maniera semplificativa va detto che abbiamo imparato il latino
dagli inglesi, dagli angli e dagli irlandesi. Perché senza questo passaggio di mano molto della tradizione
classica non si sarebbe conservato. Quindi ci fu questo fenomeno della fondazione insulare su continente,
non solo sotto l’aspetto delle ripercussioni architettoniche, ma soprattutto delle ripercussioni culturali. Se io
promuovo un’esperienza positiva, la riprendono quindi tutte le fondazioni insulari su continente saranno
caratterizzate proprio da una particolare attenzione per la conservazione della grammatica, della retorica,
dei classici. Questo non significa che a Montecassino io queste cose non le trovi, ma che non era l’epoca
alto medievale una cifra istintiva. L’attenzione alle strutture formative di base in termini di lingua e di
cultura - della tradizione latina - sono strettamente legate all’esperienza britannica insulare e irlandese, e
come tali verranno riprodotte su continente, su quelle fondazioni istituite tra VII e VIII secolo d.C. su
continenti ad opera di missionari provenienti da quelle aree dove si erano formati. Un risultato
straordinario.
Ecco una proiezione per ribadire la ragione, per precisare questo aspetto. Il ministero della cultura di Carlo
Magno, Alcuino, veniva da York. Se un personaggio non qualunque come Carlo Magno, che si conquisterà
tutto tanto da ricostruire un impero, dando alla cultura un ruolo politico, ammnistrativo, economico
centrale, va a prendersi come ministro un monaco, ci sarà un motivo. È la solidità, l’affidabilità di questo
tipo di formazione.

Allora torniamo a questa freccia viola, che dall’Irlanda fa su continente almeno tre tappe: in Francia Luxeuil,
una tappa in Svizzera a San Gallo, e una in Italia, a Bobbio, in provincia di Piacenza. Sono tre delle più
importanti fondazioni insulari su continente dell’Alto Medioevo dovute a SAN COLOMBANO - che compiono
questo straordinario processo di propaganda culturale e spirituale. San Colombano si festeggia il 23 di
novembre. Dall’Irlanda si costruisce una grande azione di fondazione di istituzioni monastiche tutte
aderenti all’ordine benedettino. Fino al IX secolo la situazione è tale, poi si farà sempre più variegata, ci
saranno sempre più ordini monastici. Tutto è semplice e univoco.

- Dispensa n.7

Ci porta a conoscere un rammento di quella che è la biografia di San Colombano scritta da un monaco di
Bobbio. Riguarda la vita di San Colombano, per cui ci possiamo ricollegare ancora alla tradizione letteraria
agiografica e all’importanza dell’agiografia. È una della più importanti biografie alto medievali redatte da
questo monaco di Bobbio che si chiama Giona. Quindi la “Dispensa n.7” contiene estratti dalla “Vita
Columbani” composta nel VI secolo da GIONA DI BOBBIO, un monaco di uno di quei monasteri fondati dallo
stesso Colombano.

La fondazione del monastero di Bobbio è collocata nel primo decennio del VII secolo, ma ci ricordiamo che
siamo nemmeno un secolo dopo San Benedetto, e c’è già un’azione di rimbalzo. Fu un monastero di
straordinario rilievo proprio per la portata e il peso del livello culturale del suo “scriptorium”, fortemente
connotato e seno della conservazione e della trascrizione, e per chi lo frequentava di autori della tradizione
classica latina. Quindi un cenobio straordinariamente ricco, che conobbe nei primi secoli della sua esistenza
un fervore culturale straordinario, che sarebbe tornato in auge molti secoli dopo questo.

Fra le varie liriche di Leopardi ve ne sono altre più noiose. Ce n’è una indirizzata a un abate, Angelo Mai,
perché aveva scoperto un frammento del “De republica” di Cicerone in un palinsesto. Lo avevo scoperto in
un manoscritto palinsesto. Chi aveva compito l’azione di sostituire la scriptio inferior, dove c’era la scrittura
del “Somnium Scipionis”, aveva compiuto un’azione che era legata all’interesse. Questo manoscritto che
stava e sta tutt’ora alla Biblioteca Apostolica Vaticana, da dove proveniva? Dove si era per la prima volta
trascritta quella pergamena, dove era stato scritto quel frammento? A Bobbio. Quindi ecco percorsi che
trascendono notevolmente e considerevolmente i tempi, le cesure o le taccionate cronologiche, che noi
dobbiamo abituarci a superare. Questo per dire quanto è stata importante l’esperienza monastica, e per
dire nell’ottica dei nostri interessi e delle ragioni che ci tengono qui c’è anche questo. Dobbiamo essere
grati all’ambiente di Bobbio, e quindi al monachesimo irlandese per questo atto di carità. Questo
frammento di Cicerone ce lo hanno messo in mano gli irlandesi. Queto per rendere la grandezza
dell’ambiente che ora ci troviamo a esaminare e a ripercorrere.

Giona di Bobbio fu un monaco. Proveniva dalla Val di Susa è noto anche come Giona di Susa. Entra a Bobbio
molto giovane, poco dopo l’anno di morte di Colombano, che si colloca nel 615. Per un bambino nato nella
Val di Susa cosa poteva essere, quale solitudine e livello di isolamento poteva rappresentare, cosa poteva
significare nel Medioevo stare dentro e fuori da un monastero. Paradossalmente siamo portati a ritenere il
monastero come luogo di solitudine, di reclusione e di isolamento dalla città. In parte lo era, era in parte
anche la cosa opposta, era uno dei luoghi di maggiore aggregazione e socialità, benché circoscritta e
limitata. La solitudine stava più fuori che dentro. Allora dalla Val di Susa arriva lì e scrive.
“Vita di San Colombano abate e dei suoi discepoli”. Siamo di fronte a uno dei più importanti scritti
agiografici del Medioevo. Siamo nella tradizione alto medievale inaugurata da Gregorio Magno, che aveva
proposto la prima grande raccolta di biografie di santi nei “Dialogi”. C’erano state prima delle importanti
agiografie.

I “DIALOGI” SONO COMPOSTI DA 4 LIBRI.

Ecco la corporeità: i santi emanano profumo. Il modello di santità è un modello esemplare, che va seguito.
Ritorna nel testo il termine “gesta”, che abbiamo già incontrato nell’utilizzo di Gregorio Magno e che deriva
da una tradizione pagana che indicava le cose militari, della guerra, mente qui si va a raccontare azioni che
vanno nella direzione della pace. Allora Giona di Bobbio cita i suoi modelli, si vede leggendo la tradizione
agiografica. Fa riferimento alla tradizione patristica alla quale lui si appoggia. Che significa questa sequenza
di autori tardo-antichi, padri della chiesa? Che cosa significa? È una citazione formale, retorica, o è qualcosa
di diverso? Ci dice che questo ragazzo, che veniva dalla Val di Susa, quando entrò in monastero ebbe modo
di leggere.

Anche se stiamo in traduzione, a che livello di elaborazione retorica siamo? Quindi questo ci dice anche il
livello, il grado, la ragione per cui dobbiamo fermarci e riflettere su questi episodi della storia e della cultura
dell’Occidente. Allora comincia con la storia, la nascita. Con la nascita ci sono tanti presagi. Allora vediamo
le categorie tradizionali che guidano alla scrittura della vita di un santo. I modi in cui si diventa santi
cambiano nel tempo: ora il Papa si sta dando da fare per il processo di canonizzazione, di beatificazione, un
tempo non era così. I modi in cui si diventa santi nel tempo cambiano. Fino a prova contraria il santo vive
nella storia.

Nell’agiografia di un santo la madre porta in grembo presagi di qualcosa di grandioso. Colombano nacque
nell’Ibernia, l’Irlanda, isola all’estremità dell’Oceano - per quella che è la concezione della terra emersa al
tempo -. C’è quasi della poesia. L’isola è abitata dagli “Scoti” (= gli Irlandesi), quasi più docili alla
conversione al Cristianesimo rispetto agli angli. Si possono cogliere delle connessioni straordinarie a questo
aspetto della religione, che trasuda nelle canzoni sul rapporto tra le due Irlande. Un qualcosa che quindi
non rimane depositato da una parte, ma continua ad avere delle ripercussioni. Il problema religioso per
quanto riguarda l’Irlanda rispetto alle altre isole britanniche.

Giona fa riferimento alla nascita di Colombano come inaugurale di nuova vita, come se non ci fosse vita
prima della conversione. C’è un grado di elaborazione retorica incredibile, dovuta forse alla lettura
precedente di classici, probabilmente di Virgilio. Cambia allora tutto. La madre va allora a chiedere
consulenza ai saggi, per l‘incredibile segno.

“L’arrivo in Italia”. Tappa finale di un grande percorso, da Luxeuil a San Gallo, fino a Bobbio. Nel 612 siamo
dentro l’Italia longobarda, con cui era già dovuto venire a patti Gregorio Magno, e ora Colombano. Anche
nella rappresentazione di questo popolo troviamo degli interessanti elementi politici, per cui il re Agilulfo
accoglie Colombano, senza cacciarlo. I longobardi non è che non fossero cristiani - non tutti i germanici
erano pagani -, erano cristiani e seguivano la confessione ariana - una delle più grandi eresie orientali poi
trasportate in Occidete, che continuerà a riverberarsi nel luteranesimo. I longobardi erano ariani, non
credevano nel dogma acattolico secondo cui lo Spirto Santo discende dal Padre e anche dal Figlio - non
crede nel dogma trinitario nella sua completezza. Vengono convertiti al cattolicesimo, al cristianesimo
cattolico, attraverso l’opera di Gregorio Magno e poi di altri a seguire.

“miracoli” è il termine con cui si traduce correttamente il latino “virtutes”. Nel latino medievale il termine
“virtus” può voler dire proprio “miracolo” in questo contesto, tratto ancora una volta dal lessico militare.
“vir” è proprio legato a questo concetto. Un monastero che sarebbe dovuto diventare un cenobio stava in
un luogo ubertoso, con un edificio preesistente, di ci si usano gli elementi architettonici. Qui rievoca un
episodio della Seconda Guerra Punica, quindi sta rievocando Tito Livio. Ciò vuole dire che Giona aveva letto
Livio, per cui lui era stato orgoglioso di dire che quel monastero si trova sullo stesso varco che è stato
calpestato nel 213 a.C. da Annibale, dove lui era stato sconfitto, la BATTAGLIA SUL TREBBIA. Ciò allora vuol
dire che sta citando Livio, che è presente, letto e copiato nella biblioteca di Bobbio. Era uno egli autori della
tradizione latina che più di tutti si è perso, data la vastità della sua opera storica.

Colombano ricostruisce dalla basilica “semi diroccata”, si ricostruisce ciò che c’è già. Ed ecco nell’opera di
restaurazione un miracolo. A noi che vogliamo leggere al di là della rappresentazione del miracolo, vediamo
una SANITITÀ PARTECIPATIVA delle operazioni più difficili, Colombiano partecipa all’edificazione. Cosa
determina per questo luogo? Qual è stato il miracolo della fondazione del monastero in un luogo impervio?
Nasce l’INFRASTRUTTURA, un’azione di bonificazione e di restaurazione del territorio: da quel momento in
poi si arrivava con più facilità a Bobbio rispetto a prima; il sentiero appenninico si era trasformato in una
strada. Quanti aspetti di rilievo e interesse riserva il testo alto medievale di un monaco. Ci sono tanti
elementi da scorgere come testimonianze e come modalità di approccio. Giona scrive questa agiografia per
il suo monastero e per quelli di Luxeuil e di San Gallo, si tratta di un’agiografia che deve servire a tutti quei
contesti legati alla biografia di Colombano e come tradizione agiografica per chi volesse seguire le sue
orme.

- File multimediale - Secondo link

Epilogo multimediale che parte sempre dalla costruzione dell’edificio architettonico e della regola
benedettina, perché tutto parte da San Benedetto, dalla sua esperienza così straordinaria da superare
ambienti e luoghi. Abbiamo detto che la fondazione importante di San Benedetto fu Montecassino. Ma non
fu il primo: secondo il racconto di Gregorio Magno, nel II libro dei “Dialogi”, il primo fu quello di SANTA
SCOLASTICA, intitolato alla sorella - benché ospitasse solo uomini -, a Subiaco, vicino Roma, nel Lazio. Da
qui poi San Benedetto andò a fondare Montecassino. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, MiBACT,
ha avviato un progetto, “Una biblioteca un libro”. Va in sedi di conservazione importanti e fa delle riprese,
dei piccoli vide su oggetti di rilievo.

Una delle prime sedi dove il MiBACT ha lavorato è stata la sede di Montecassino. Vedremo due spezzoni: il
primo riguardo l’Abazia di Montecassino, una presentazione generale del complesso monastico e della
biblioteca. Poi ne andremo a vederne uno più specifico riguardo il manoscritto più antico della “Regola di
San Benedetto” conservato a Montecassino. Montecassino viene distrutta quattro volte: questo è l’ultimo
colpo sferrato dalle forze alleate nel 1944. Questo fermo immagine contrasta in maniera inesprimibile
rispetto a quel percorso di pace, di riutilizzo e di trasformazione che stiamo conducendo. Il fermo immagine
rappresenta l’atrocità dei percorsi moderni. La biblioteca si salva grazie a dei tedeschi che ne portano via
dei volumi.

L’altro video è quello che riguarda il manoscritto più antico della “Regola di San Benedetto” a
Montecassino. Il “Codice 175” - X secolo - ha una scrittura detta BENEVENTANA, che è espressione di quella
poliedricità anche grafica che rappresentò l’età carolina. Oltre che tante nazioni, tanti regni, tanti popoli,
c’erano anche tante grafie diverse. Abbiamo visto cosa significa miniatura: in quell’elogio dei copisti di
Vivario Cassiodoro esaltava nella chiusura di quel breve estratto coloro che disegnano, accompagnano la
scrittura anche con l’immagine, come le miniature, benché questo testimone ci porti in una stagione
diversa rispetto all’Alto Medioevo nell’epoca della fondazione. Riverbera la “Regola benedettina”, e ci porta
questo messaggio di pace che è forse il più importante e significativo, che porta un messaggio di
edificazione. Anche qui la forza culturale, civilizzatrice di quel messaggio, oltre a quella spirituale.

06/10/2020
- Indicazioni partiche/organizzative: la LEZIONE SEMINARIALE CON TAVONI avrà luogo martedì
10/11. Faremo la prima parte della lezione un po’ più breve, e la seconda parte un po’ più lunga.
Sarà una LEZIONE DIBATTITO.
- Leggere post sul canale Teams. Inserire domande riflettute, pensate, sul canale, da proporre a
Tavoni. Modalità efficace, possono riguardare anche l’attualità delle riflessioni dantesche.
- Link ai video della Lezione del 05/10.

Il “Codice 175”. La scrittura particolare, beneventana, rientra tra quelle scritture peculiari dell’ambiente
cassinese, dura tantissimo, oltre la riforma carolina, era diversa in ogni regno romano-barbarico. Il
panorama grafico alto medievale era diffratto. L’età carolingia portò una normalizzazione, ma Mone
Cassino continuò a fare eccezione, non divenne area annessa all’impero, ma continuò nei secoli successivi,
e continuano a scrivere a modo loro.

- Ascolto incipit “Regola di San Benedetto” - Miniatura di accompagnamento visivo-artistico, adorno


delle pagine. Il libro medievale è in più di un’occasione un’opera d’arte, non solo un manufatto
unico.

Questo imperativo “Ascolta” si ricollega al ruolo del silenzio in ambito medievale: ci sono più orecchie con
cui praticare l’esercizio dell’ASCOLTO. Anche questo era fondamentale, quanto la lettura durante i pasti. La
partica del testo che avviene sia attraverso l’esercizio della trascrizione e della copiatura, sia attraverso la
lettura mediata o diretta. Oralità e scrittura si sovrappongono per definire la trasmissione.

La “Regola di San Benedetto” è allora punto di riferimento di ogni grande fondazione monastica alto
medievale. Abbiamo parlato di Bobbio e San Colombano. Bobbio come punto di arrivo. Colombano nel suo
rientro dall’Irlanda fonda tre sedi. In suo nome verrà poi istituita una fondazione di cui rimangono delle
parti. I monasteri citati sono fondati da Colombano, fondazioni insulari su continente. Perché è importante
definire la natura del monastero? Ne abbiamo parlato nelle lezioni precedenti. La “Dispensa n.7” di ieri ci
ha dato la misura del grado di elaborazione formale che aveva portato. La stagione del monachesimo
irlandese fu di straordinario progresso civile, che poté presto essere trasportato sul continente.

- Cartine - Altri luoghi, località sulle isole britanniche in Inghilterra.

Viaggio dalle isole al continente, e viceversa. Oggi torniamo sulle isole, in particolare sulle località che
insistono, Wearmouth e Jarrow, tra Inghilterra e Scozia, esattamente sul Vallo di Adriano. I monasteri, dove
operò nel VII secolo uno dei più grandi maestri anglosassoni del Medioevo, che come tale Dante stesso
ricorda nel X canto del Paradiso, tra i vari maestri presenti e assenti, BEDA IL VENERABILE. Fu appunto
abate, monaco presso queste due fondazioni monastiche, ove lui condusse tutta la sua esistenza,
spostandosi pochissimo. Con Beda siamo sempre dentro l’età barbarica, più nel VII secolo.

Beda fu uno dei personaggi di maggior cultura di quell’ambiente e contesto. Personaggio che all’interno
delle fondazioni dove operò senza spostarsi mai, continuò a conservare memoria di quell’azione
pragmatica, politica, diplomatica e spirituale che al popolo sassone aveva dato un’IDENTITÀ, l’azione di
Gregorio Magno.

Conserva anche una memoria straordinaria dell’azione compiuta da Gregorio Magno, e di tutti i vantaggi
determinati. Intrattiene una fitta corrispondenza con l’ambiente della Curia Pontificia, sempre più definito,
ci offre in alcune delle sue opere alcune delle testimonianze più interessanti di descrizioni di luoghi dove lui
non è mai stato - es. Roma, che descrive perché gli riferisce ciò che raccontano. Un Medioevo immaginario
non solo come viaggio di fantasia, ma sempre di ASCOLTO, come principio educativo che può tornare utile.
Non solo il sistema culturale nel gesto di carità nella trasmissione del testo, ma anche registrare e
trasmettere ciò che si ascolta, senza perdere.

Beda lo collochiamo nel VII secolo in Northumbria, in Inghilterra, diviso per tutta la sua vita tra i monasteri
di Jarrow e Wearmouth. Venne educato molto giovane dall’abate Cleofrido.

- “Dispensa n.6”, ultima pagina, il “Curriculum dell’autore alla fine dell’opera”.


Oggetto materiale dove ci soffermiamo oggi. Si tratta di brani diversi tratti dalla stessa opera, la più
importante, “Historia ecclesiastica gentis Anglorum”, “Storia ecclesiastica della gente/nazione degli angli”. Il
titolo merita qualche osservazione: intanto un contrasto di numero tra la prima parte e la seconda;
“Historia ecclesiastica gentis” sono termini singolari, “Angli” è plurale. questo perché il territorio
anglosassone - un territorio sempre sottoposto a invasioni in successione di popolazioni di origini diverse,
avvicendamento frequente e dinamico - questo significa PLURALITÀ e mancanza di unità, di nazionalità -
concetto di identità di nascita. Quindi un sistema di referenti comuni, nel quale tutti si possono identificare.

Allora c’è l’esigenza di STARE INSIEME, intorno a una STORIA, un’operazione non banale né comune. Si può
fare storia quando si comincia a definirsi come identità. La novità più significativa del Medioevo in termini
statali è la NASCITA DELLO STATO DELLA CHIESA. Quando questa realtà comincia a prendere forza, comincia
la necessità di scrivere una storia, quando si comincia ad avere percezioni di sé stessi, un elemento unitario
intono cui la comunità può aggregarsi.

Di teorie nazionali del Medioevo ne troveremo tante. Ma in nessuna si troverà l’aggettivo “ecclesiastica”.
Vuol dire che nella percezione di Beda c’è la consapevolezza che se non ci fosse stato quel termine da cui
“ecclesiastica” scaturisce, “ecclesia”, “chiesa”, la gente degli Angli non avrebbe avuto una storia, ciò vuole
dire e ci spinge a riflettere il titolo. Se non ci fosse stata la chiesa, non ci sarebbe stata la storia. Un
elemento di coordinamento, di accentramento, di aggregazione di realtà tanto diverse e differenti. La
chiesa di Roma, dei missionari mandati in queste terre da Gregorio Magno un secolo prima. Non a caso
Gregorio Magno sarà protagonista di queste pagine selezionate, lo ripassiamo attraverso Beda.

Beda è un MONACO, e nell’ultima pagina della dispensa ci dice di essere nato e rimasto in Northumbria, già
a sette anni la sua educazione è stata affidata a un abate, prima Benedetto e poi Cleofrido. È sempre vissuto
lì, ha sempre avuto caro “imparare a insegnare e scrivere”. Ciò ci dice anche le funzioni che un monaco
poteva svolgere all’interno di un monastero.

Assegue l’elenco delle opere che ha scritto Beda, il grosso corpus della produzione di Beda fu di tipo
ESEGETICO, di commento ai libri della Sacra Scrittura. Tra questi compare la “Storia ecclesiastica della gente
degli Angli”, in cinque libri. Scrive anche opere di carattere grammaticale, votato alla promozione
dell’ambiente nel quale è nato, cresciuto e morto.

La dichiarazione della propria identità “Io sono” nell’opera è normale? È normale l’elencazione del suo
corpus di opere? L’affermazione della propria persona e di quello che ha fatto è comune nella mentalità
alto medievale. Questo perché tutto si fa per opera di DIO. Quindi il vero artefice delle cose del mondo è
Dio, di qui la rinuncia di sé stesso a partire dal proprio nome, primo dono che riceviamo quando veniamo
dati alla luce. Quindi nell’abnegazione di sé stessi in ragione del fatto che tutto ciò che si fa in monastero si
fa in nome di Dio. Ciò determina l’anonimato imperversante di molta produzione alto medievale, che non
conosciamo, se non spesso per attribuzioni erronee. A volte si attribuisce a un’autorità indiscussa
rinnegando sé stessi.

Qui il fatto è dovuto alla natura storiografica dell’opera, monumento costitutivo dell’identità nazionale.
Bisogna sapere chi l’ha fatta, chi ha provveduto alle fondamenta di questo. È prerogativa di tutte le STORIE
NAZIONALI. È una caratteristica strana nell’Alto Medioevo, ma propria del genere storiografico, che non si
trova altrove.

Perché fa l’elenco delle sue opere? Pensiamo al contesto, e al perché si scrive e si legge. Chi è il referente di
questo passaggio, a chi vuol far conoscere sé stesso e la sua produzione? I destinatari diretti di questa
elencazione e di quest’opera sono i suoi confratelli. Non pensa alla posterità, queste sono proiezioni
moderne del processo culturale - diverso per Dante. C’è sempre il bisogno di istituire qualcosa, il bisogno di
istituire un’identità. Lo fa quindi per i monaci, e questo lungo elenco di opere di Beda che funzione ha? È un
CATALOGO, un elenco quasi catalografico delle sue opere, fornisce garanzie sulla sua opera, in quanto
autentiche redatte da una figura riconosciuta nel sistema comunitario di quei monasteri. Se è un catalogo,
tutte le opere stanno nella biblioteca. Questo è quasi uno scaffale dello scriptorium di Jarrow, dove ci
stavano tutte le opere di Beda. Chi fosse venuto dopo, sempre nel monastero, avrebbe nel tempo potuto
garantire la conservazione della memoria storica culturale di quel luogo, andando a verificare se negli
scaffali dello scriptorium c’erano tutte le opere di Beda. Doveva essere uno straordinario monastero dove ci
dovevano essere anche altre cose di varia natura.

- Passaggi dell’”Historia ecclesiastica gentis Anglorum”

Buona parte riguarda San Gregorio Magno con la sua opera evangelizzatrice, di cui l’“Historia” di Beda è
anche una fonte di citazioni indirette. Circa il “Registrum epistularum” di Papa Gregorio, molte di queste
lettere sono qui riportate. Questo è un elemento di grande rilievo che ci dimostra che Beda aveva le lettere
di Gregorio Magno in forma di missiva autentica, una corrispondenza con la sede pontificia, testimonianza
storica-archivistica.

Fa la biografia di San Gregorio Magno. Ripercorre la storia della sua vita, racconta di come fosse felice
prima di doversi sorbire il peso della funzione pontificale. Tutto ciò non è che riassunto, sintesi dei
“Dialogi”.

Paragrafo 4. Parla dei “Moralia in Iob”. Ci ricorda anche che l’opera era iniziata a Costantinopoli, da
apocrisario papale, e la concluse a Roma, da pontefice. Parla anche del “Liber pastoralis”, delle omelie sui
Vangeli, sul libro di Ezechiele. Che significato ha questo elenco di opere di Gregorio Magno, oltre ad esserci
utile perché si tratta di una fonte di poco posteriore? Vuol dire che avevano queste opere nel monastero,
non vi è un monastero benedettino alto medievale senza.

Passaggio 11. L’“Ibernia”, ossia l’Irlanda, e l’isola di Britannia. L’idea etimologica legata al nome di “Angli”,
visti e sentiti come “angelo”, nome con cui è pronunciato il nome di Dio in ambito ebraico.

- Libro “Codex Amiatinus”

È un manoscritto antichissimo dell’epoca VII-VIII secolo, oggi conservato a Firenze alla biblioteca Medicea
Laurenziana. Si chiama “Amiatino” perché è stato a lungo conservato in un monastero benedettino a sud
della Toscana, monastero benedettino di San Salvatore a Monte Amiata. È il più antico manoscritto della
vulgata gerolimiana - la prima traduzione latina della Bibbia fatta da San Girolamo.

È una Bibbia, il manoscritto più antico che possediamo della vulgata. È stato fatto a Jarrow. Abbiamo la
miniatura di un libro della Scrittura, che vorrebbe raccontare il profeta Ezra che scrive, ma in realtà
racconta di un monaco che scrive. Cosa colpisce dietro? Abbiamo un “armadium”, un “armadio”, con i
codici colorati - i libri medievali sono molto colorati, uno scriptorium medievale doveva essere molto
colorato -, disposti in orizzontale, posizione assunta del Cinquecento in poi, quando sono uscite le officine
tipografiche e manunziane. L’officina tipografica rispetto allo scriptorium deve guadagnare. Bisogna
guadagnare per anche in termini di spazio. Allora i libri vengono messi così, perché il libro stampato
comincia a essere rilegato in una maniera più stabile rispetto al manoscritto. Il manoscritto, se sdraiato, si
deteriora meno. L’elemento che si vede subito è la parte superiore, piuttosto che la costola. I tratti sono
orientaleggianti, un Antico Testamento che non si colloca in Occidente, l’immagine doveva essere vicina al
monastero.

- Video fatto dalla “British Library”

È fatto dalla “British Library” perché è stato riportato à per un’esposizione, i libri viaggiano. Lo ascoltiamo
per capire concretamente il livello di ricchezza culturale di quel conteso. Il manoscritto è molto più antico
della “Regola benedettina”, vediamo quanto pesa.
Chi l’ha studiato ha fatto conto che sono state usate le pelli di 500 bestie. Sotto Cleofrido viene fatto il
manoscritto, che poi fa un viaggio dalla Northumbria a Roma. La scrittura è diversa da quella beneventana
di Monte Cassino. È un dono che viene inviato in Italia come dono, confezionato e spedito in Italia per il
cenobio del venerabile San Salvatore. Allora sugelliamo la nostra lezione, un grande monaco, un grande
monastero, un grande libro.

12/10/2020
Ci siamo fermati la volta scorsa sul VII secolo e abbiamo incontrato un rande atre di orgine e di espeienza
biografica ngloassopne che fu BEDA IL VENERABILE, che ci ha portato a conoscere un tipo di letteratura
nuova per l’Alto Medioevo, la STORIOGRAFIA. La sua opera più imrota era appuntoHistoria cclesiastica
gentis Anglorum”. Abbiamo precisato le ragioni dell’aggettivo “ecclesistica”,e il fatto che l’opera di Beda si
clloca in una specifica tradzione letteraria, le soriografie altomedioevali che rigaurdao la costuzione della
storia identitara deppoli omano-barbarici, le nationes ch vengono a definirsi nei primi coli ell’età medievale
quelal di Beda p aun dele stroigraie nazonali altoemdioevali, acanto osiamo citare anche, in ordine.

Nel VI secolo abbaimo visto con CM i Longobardi in Itliaa, citiamo l’“Historia Langobarorum” di Paolo
Diacono. Ci trovaimo orami in et carolingia è l’ultima di queste stroiofragie nazionali in tremini cronologici.
La menzinaismo perché chiude questa tradizione. è uan stria che racconta di un ppolo eramnico qando rmai
non eseiste più, sconfittodai Franchi soto la cui egida Diacon si era ritirato. È la sroia di un popolo sconfitto
e morto, composta da n personaggio ce viev al tempo alla cortedi CM.

Altra pra soriogarica ch epò essere collata nel VI secolo è qella cherigaurda l’area visigotic, quella spagnola.
La redasse il più gande autore altoedioevale, ISIDORO DI SIVIGLIA. A lui si deve la stesura di uan “Historia
Visigotorum”. Il titolo sarebbe anche più lungo, ma racconta della neuova realtà politica-amministartiva che
prese corpo nella pensiola iberica nei rpimi secoli dell’Alto Medioevo, ci cui sicuranete Isidoro fu il più
grande dei rappresentanti. Isidoro di Siviglia che noi non incotrermeo di persona nella selesione di letture
che faremo, inconraimao alre figure. La mezione è necessaria non soo nell’ottica di questa categoria
letteraria, la stroiografia altomedievale, ma anche nell’ottico del’altra grade tradizone letteraria,
l’ENCICLOPEDIA. Con Isidoro e la sa rande opera, intitolata “Etymologe sive origines”, che è la grande opera
enciclopedica che si deve a Isidoro Vescovo di Siviglia.

Un’opera enciclopedica che è uan sorta di grande biblioteca rapprsentata da un libro, un’opera
monumentale cui rifaremo accenn, ci richiameremo quando incontreremo un altro enciclopedista dell’età
caraolingia, Rabano Mauro. Isidoro di Sivilglia fu un grande intellettuale, con queste due opere e la sua
vasta produzioen grammaticale e esegetica del gardo di elevatezza ragginto dalla Spagna tra il VI e VII
secolo, prima che la Spagna visigotica incorresse nelle mire espansionisiche deli Arabi, e quindi lasciasse
spazio all’avventodell’ulteriore nuova dimensioen politica, cultrae e linguistica che inssiterà sulla pensiola
ibera per molti scoli.

Ricordiamo che della agna C riusciràa conquistare solo uan porizone limitata, la “manica di Spagna”. Paolo
Diacono, poi Isidoro di Siviglia, e venendo al secolo di partenza, il VI secoo, GREGORIO DI TOURS. Gregorio
di Tours – ci troviamo in area gallica, in area francese -, Gregorio fu vescovo di Tours, sale al soglio
episcopale nel 573, è contemoraneo di GM. Queta città, quaseta loalità che ci fa cambiare prospettiva:
finora abbiamo avuto un prospettiva monastica, ealtiva alle isole,a località impervie. Ciò che abiamo
incontarto finoa ci ha portato in dmensioni isolate da contesti urbani – a eccezione di Roma. Con Gregorio
di Tours, con la città di Tours, la prospettiva cambia, perché siamo in un centro urbano importante, di area
francese, in un contesto episcopale. Vedremo ciò che tipo di conseguenze ha.

Quando vive Greorio di Tours, quandometet mano ala sua produzione, in rancia regan uan dinastia, la
ppolazione roamano barbarica dei MERAVINGI, nella Gallia merovingica. È la dinata che precede il regno
franco di CM. È anche la dinastia costitutiva dell’ambiente, dela realtà politico-amministrativa con cui
Gregorio di Tours ineragisce. L’attivit letteraria di Gregorio si concentra nel periodo dell’episcopato, dopo la
nomina episcopale, nomina che detenne fino all’anno della morte, circa nel 594 (573-594 – Sta tutto dentro
il VI secolo). La sua produzione è consistente e considervole, consta di testi di carattere agiografico, in
particolar modo uan grande racolta di scritti agiografici dedicata ai martiri, “In gloria matirum”, dove
occupa uno spazio rilevante la sezione dedicata a SAN MARTINO di tours. Lo abbiamo menzionato quale
fgura rapresenattiva della nuova agiografia. La rpiam vita di Martino di Tours la scrive SULPICIO SEVERO, in
età atrdoantica. Ma poi la biogarfia di San Martino, questo nuovo santo con virtù nuove, riguarderà molt
rifaciemnti di cero il lavoro di rcaolta di dati di Gregorio di Tors sull’opera di raccolta dei martiri è
importante.

Ci sarà poi un autore diarea racese conteporeanea a Gregorio, c metterà in versi la vta di San Martio,
VENANZIO FORTUNATO. Venanzio Fortunato certamnete completa il quadro, la letetratura del VI secolodi
area francese, e lo competa ance nel snso di un tipi di produzione incontartaa poco finoa che cade nel VI
secolo, la POESIA. Venanzio Fortunato fa eccezone rispetto alla produzione CHE ABBIAMO INCONTRATO, in
prevalenza prosastica, afferente a generi diversi. L’abbiamo incontrata percè la stragrande maggiornaza di
iò che è scritto soprattutto nel VI secolo è in prosa, e non in versi. In questo senso Fortunato fa eccezione,
ed è imprante perché completa il rpim secolo della stagione medievale, lo possiamo collocare nellarea
merovingica al fianco di Gregorio di Tours. I due si incontrarono ance letterariamnete, fortuato mise in versi
la biografia di San Martino.

Come er tuti i grandi autori del Medioevo, anche er GDT fva mezionata la produione esegetica, i commenti
strtturali, e soprattutto la sua grande storiografia, l’“Historia Francorum”. Per l’ennisa volta ci conferma
lassenza di quell’aggettivo, “ecclesiastica”, che caratterizza solo la storia di Beda. Eppure l’eleemnto della
cristinaità merge in tutte le opere storiorafche molto spesso. Questa assenza che scosa ci spinge a rilevare?
Vuo dreche per queste altre realt ollegate a opere storigrafiche già susssiteva, anche se non ci fose ststa
l’azioen della Chiesa, un’IDENTITÀ NAIZONALE FORE, doe la Chiesa si inserisce in modo differente.

- “Dispensa n. 8” - “Gregorio di Tours”

L’“Historia Francorum” racconta la storia della nascita e costtuzione della dinstia dei Merovingi. A
questopera Gregoiro lavora fino alla sua morte, dopo l’elezioen al soglio vescovile. La storia, coem tutte le
opere striografiche, comincia, per precsare un aspetto strtturale fisso, “ab origine mundi”, dalla creazione.
Quindi tutte le storiogrfaie altomedievali, sulla base di uan tradizone cronachistica storiogarfica,
cominciano così. Non comincerà così la storia di Paolo Diacono. Si comincia dalla storia dell’origine del
mondo, si raccontano e vicende della Gallia fino a quelle di San Martino, protagonista importante anche di
quest’opera storiografica - è un portagonsta della storia di questo popolo e di questa gente -, e poi s
sviluppa a narrazione dei fatti della dinastia dei Meravingi e del loro primo fondatore, il capostipite.

Abbiamo una praefatio, ci sono vari elementi incipitali prima dell’incipit. Abbiamo la “Preafatio prima”,
importante perché fa subito luce su una problematica di più ampio respiro, che va oltre aspetti storici e
storiografici. Le prefazione dell’“Historia Francorum” comincia con due verbi, “decedente” e “pereunte”,
con taglio negativo, comincia con una DENUNCIA sulle condiizoni clturali che insistevano in uan grande città
della Gallia, territorio assolutamnete romanizzato. Una garnde diffrenza tra questa osservazioen e quello
che possiamo cogliere da Giona di Bobbio, dal ivelo clturale che abbimo potut apprezzare in altri momenti.
Questo i conerma che nell’Alto Medioevo il grande motoredella conservazione culturale erano i
MONASTERI. Molto meno le città, dove non è che non c’era più nessuno, c’erano delle realtà molto diverse.
Questa storia de Franchi inizia con una denuncia della morte delle arti liberali, che si appredono attravsero
il curriculum scolastico.

Si parla di “feretas” - in latino sarebbe stato “feritas” -, la “ferocia” delle popolazioni barbare. A Bobbio non
si sarebbe mai trovata questa parola scritta in questo modo. Da ciò ricavo che il latino si è TRASFORMATO,
EVOLUTO. Il concetto di evoluzione non implica sempre il passaggio in meglio. Il latino del medoevo è allora
una linga in trasformaizone, cqui si è ellaontanata dal modello classico. Allora Gregorio di Tours utilizzava il
latino del suo tempo: va colta la portata storica di questa nuova grafia, non più classica. È un dato storico:
perché “feretas” invece di “feritas”? Perché probabilemnete il termine è influenzato dalla PRONUNCIA. Un
latino scrito che fa vedereelementi delel atrasformizoen che fa vedere elemnti dell’uso orale di quesat linga
che peerssit. È uan lingau pevalentemete scritta ma è anche an lingua d’uso per molto tempo. Dante, se
non foses statao così, non averbbe potuto chiamrala “locutio secundaria”, è uan locutio”, ua lingua. ecco
alora l’uso del latino per la PRODUZIONE ORALE DELLA PAROLA, che determina conseguenza apprezzate. Di
questo Gregorio si ende conto, ed è l’aspteto che va rilevato.

Lo scenario che ci prsenta Gregorio di tours in mezzo a uan città dell’alto medioevo è uno scenario di
GUERRA, l’argoemnto della storia di Gregoiro è la guerra, che poi culminerò in uan situaizone di pace, ma
non subito. Non c’è tregua tra i regnanti, nelle Chiese impugante dagli eretici e tutelate dai cattolici. Ci sarà
dietro a confessione dell’arianesimo. Vengono tutealte dalla Chiesa cattolica romana, come sancito nel
Concilio niceno. La storia di Gregorio di Tours inizia con il “Credo”, la foruma confessioanle cattolica, che
Gregorio recita all’inizo del’opera per fugare ogni possibil equivoco sul fatto che lui non solo è cristnao, ma
è cristinao catolico, e anche la sua pealo è. Vedermo l’imortnaza di uesto concetto rispetto allo sviluppo
politico di istituzioni nella strttura mentale d’Occidente.

Quindi la fede in Cristo è a volte più fervente, in latri si affievolisce. Anchele chiese vengno depredate dai
perfidi, e vengono arricchite dai devoti ancora “a perfides”, testimoniannza dell’evoluzione delal lingua
latian, della traformaizon del altino all’età di gregorio di Tours. Una costrzuioen che è errata dal punto di
vista sinatttico - “a/ab” + ablatvo -, ma lascia anche la forma “perfides”. Non è neppure possibile trovare
nessuno in grado di metetre qualcosa in stile prosaico o metrico. Né si ritrova un retore che possa
promulgare per iscritto ciò che succede.

Quindi un disastro in ua città alto medievale. Ecco csa significa la crisi de sistema scolastico nei centri che
fino a quel moemnto erno sttai deputati a tal fine, a quello scopo. E lui lo denuncia, denuncia il fatto di non
avre otuto trovarenessuno in grdo di istruirlo, di formarlo , di fornirgli qelle cmpeteze atte a scrivere la stria,
a porre mano a opere di questo genere, di questo tenore. Dunque mancano dalle città i maestri. Cerca
allora di scrivere, anche se non ha potuto forarsi in maniera adeguata, fa uno sforzo. Dice che il “retore
filosofante”, colui che scrive, lo capscono in pochi; mentre coli che “loquentem rusticum”, “parla in maniera
pi semplice”, lo comprendono in molti.

La SEMPLICITÀ: noi abbiamo questa ealt alto medeivale che se da un lat, nell’ambeinete dei moansteri,
soprattutto in quella inslae, c’è ua forte conservazioen dell’arte della grammatica, altrove questo aspetto
viene meno. Però proprio a partire dalla realtà urbana dell’episcopato, partirà la spienta verao la
semplifcazione, verso uan maggir intelleggibilità del discorso, sempre pronunciata in laino ma un LATINO
VEICOLARE. Un laino che si abbassid i rado, ala dimensioen nomrtaicapi complessa e meno comprensibile,
alla dimensioen COMUNICATIVA, che va sempre più a intersecarsi con l straordinario niverso linguistic delal
stagioen che ci sta alle spalle, le lingue volgari.

Qui si congeda, e comincia “ab ispo mundi principio” dall’origine. A corollario di questo vediamo l’inizio del
I Libro, inizia “in Christi nomen”. Precisa l’argoemnto fondamnetale della sua opera, di guerra, di martiri, di
chiese con eretici. Anche in queta strttura sinattica emerge l’influenza di uan SINTASSI VOLGARE. Precisa la
sua fede, usa “ligerit” invece di “legerit”, affinché chi leggerà non dubitiche sia cattolico. Ma ancora uan
volta, rpiam di compiere l’atto di fede, di porfessare il cerdo, ribadisce ciò che ha detto prima: si scusa se
dovessee andar fuori dal computo delle lettere, qindi si scusa anticipatamente se compirà errori, in quanto
della gramatica non è pienamente istruito, non ha vauto formazione. Procede allora con il “credo”, che dà
avvio alla sua opera.

Gergorio di Tours scrve così ma no inavvertitamnete. Si rende conto che ciò che scrive non è latino. In area
insulare si ealizzasubito uan DIGLOSSIA: la lingua dell’uso è diversa da quella delal cultura, del altin,c he è
immediatamnete acuisito nella sua forma più pura. Si mpra da quel momento lì. L’area galica è aun deel
aree i cui pria di tutte le altre, per quel che rigaurda la “Romania”, il bacino delle lingue romanze, ci si rende
conto che sta succedendo qualcosa, che c’è una divergenza. È questa uan dele ragioni per ui la riforma di
CM partirà da Tours. Partirà qi la ricerac della normativa, ma apret da quando si ha la percezione, si ha
consapevoleza che c’è bidogno di tornaea uan norma. La percezione dell’alterità è precoce nell’area
merovingica della Gallia, è qui che avremo l’affermazione della prima lingua romanza, il FRANCESE.

Dove c’è più inconsapevolezza? In ITALIA, che comincia a sviluppare una lingua nazionale: i primi documenti
che si sganciano dal latino e si possono annoverare come volgari sono i “Placiti cassinesi”, ormai nel X
secolo. Il Italia la percezione dell’alterità è molto minore. Su territorio italiano si sente di pù la familiarità
con la laingua che resta dentr la laingua d’uso,si incorre più facilmente negli errori. Questa è uan dinesmica
che si ripresenta molte volte, in fenemnt diversi. Qui Gregorio di tours è consapevole che sta sbagliando e ce
lo dice all’inizio e lo ribadisce prima del “credo”, è consapevole che le cose hanno preso un’altra strada.

L’errore di per sé non è una cosa sempre negativa, può servire anche al progresso, al miglioramento di certe
situazioni, indicava che certe forme non si capivano più. Se l’intento era l’esigena della comunicazione, va
trovato un comproesso. Alloar la città dienta stremnto strategico dell’uso dela lingua latian a aserviz dela
comunità. E il Concilio di Tours riguarda prorio le indicazioni che CM dette per l’uso dela lingua nella
predicazione. Con l’impero carolingio la comnicazion, come in tutti i sistemi politici, diventa fondamnetale.
Altra area variegata sul piano linguistico è quella VISIGOTICA. Quante lingue romanze si apprsatno sulla
penisola iberica? È un aspetto tutt’oggi irrisolto.

- “Dispensa n. 8” - Ultima pagina

Lasciamo la parte introduttiva dell’“Historia Francorum” e veniamo a un degli episodi più noti dell’opera,
maa cneh più rievanti per lo svilpo della menatlità e delpensiero politico occidentale,c he ci porta dentro
uno degli epsiodi più significatici dell’incontr della cristianità cattolica con il popolo ranco. Questi si
incontarno non tanto in tremini evangelici, ma cattolici, rituali. È l’episodio della COMVERSIONE DI
CLODOVEO. È il capostipite dela disntia dei Merovingi, questa dinastia germaica che si converte al
cattolicesimo.

È un episodio di straordinari rlievo anche simblico. C porta anche in questo caso ad osservae come la
conversioen avviene per via di mediazioni, e che grande ruolo in termine di mediazioen politica hanno el
moglie dei sovrani. È uan realt frequente nella stroiografia altomedeivale, la troveremo anche in paolo
Diacono, per il ruolo di Teodolinda nell conversioen dei Longobardi, nei suoi rapporti con Gregorio Magno.
Le donne che hanno ruolo di mediatrici rilevante.

La storia di Gregorio di Tours racconta di guerra: ci ritroviamo in contesto bellico. L’esercito di Clodoveo ha
subito molte sconfitte, sta per soccombere. La moglie del re, Clotilde, si converte prima del re - le donne
stanno sempre avanti -. È u episodio che diventerà simbolico dell’ingresso del popolo franco nella storia
della chiesa. Non è un’adesione spontanea, la conversione non è un atto proveniente da un moto interiore,
è una NECESSITÀ, un’azione di comodo. Con che lucidità si racconta la conversione di un re alla fede
cattolica. È un racconto che racchiude in sé un SIMBOLO di grande rilievo.

Clodoveo, per esseer battezzato, compie un ato fisico nonsecondario, si INCHINA, si INGINOCCHIA. Questa
è la rappresentazioen iconografica de battesimo di Clodoveo, che influenzerà in maniera definitiva il
percorso storico-politico del domncio francese fino a Napoleone Bonaparte. Un episodio simbolico –
simbolo coem sintesi di realtà - che sancisce la chiesa che tocca il re, nasce al tradizione del RE UNTO,
SANTO, CARISMATICO, perché unto” dalla chiesa, pecrh il re si è genoflesso. Ecco il CRISMA: CM si fa
incoronare re, coeanche Napoleone Bonaparte.
Questa situazioen regolerà a lungo gli equilibri reali e non dei rapport tra lo sttao e la chiesa, l’impero e la
chiesa, perché nel corso el tempo poi non tuti i regnanti, gli imperatori, accetterano questa situazione. E la
storia dei arrporti tra lo stao e la chiesa, l’impero e la chiesa, il potre imperiale e qello spirituale, si
gocheranno su questa siatuzioen. Nel’età degli Ottoni si tenetrà di ribalatre questa situazione, quando nel X
secolo sarà l’imperatore a voler nominare i vescovi, e nell’XI secolo verranno fuori le riforme di Gregorio VII.
Intorno a questo coless equilibrio nsce questo. È un episodio simbolico importatissimo, rcaconatto conla
lucidità e con la freddezza diuna consversioen determiant solo da circostanze utiliritaristcihe. Per il re l
poetre militare è fondamentale, il poetre è dato da Dio, l’atto di sttomissione è conseqenziale.

Il gesto del battesimo, che porta con sé il contatto con le mani, la trasmissione di un carisma, di una virtù -
Medioevo come epoca materiale. Così il re francese avrà poi modo di compiere miracoli - Marc Locke, “I re
taumaturghi” -, la conversione di Clodoveo diventa un elemento simbolico, intorno a quale si realizzeranno
molte altre espressioni della realtà sociale, storica, culturale di tutto l’Occidente europeo. Queste due
figure vengono quindi per la prima vola stigmatizzate nei loro rapporti, ma non nascono alla pari. Di questo
gioco di forze si determinano le dinamiche successive. È sulla base di questo che CM costruisce la
rappresentazione del suo potere imperiale, non solo “romano” ma anche “sacro”, perché consacrato.

13/10/2020
{…}

A patire da questa pagina letteraia apriamo la nostra sntetica riflessioen sul latino nel Medioevo.
Innanzitutto lil latino è an dimensioen linguitica ce in qualch emdo contribisce a definire l’iea di nità
svrannazionale europea. Ma nei fatti fu uan realà linguistica variegata.

Di persé non è corretto parlare di latino nel Medioevo, ma sarebbe più corretto paralre di latini convivono
forme diverse i espreneza di questa lingua riconducibili a teorica unità, ma che poi si frammentano nella
dversità delle varie aree europee che abbimo visto caratterizzae questa stagione. Dunque un lteriore
elemnto di diversità, caratter dominante del moemnto storico, diversità che riescono a cnvivere.

Le diveristà egionali del altino el Medioev dipendono a tanti fattori. Dipendono in pirmo luog dale modalità
con cui le divere nationes erano venue i contato con la matarice romana, la tradizione romana,e quanto
lungo e dratouro nella storia era stta queso contato, quante popolazioni divrese si erano avvicendate dop o
già prima la cauta dell’ImperoRomano D’Occedte. Le diverse modalità cn ci si vine a conttao con la linagua.
E le diverse modalità con cui si ha la pecezioen di sentirel’allontanamento. Ieri osservavamo le forme
eronee e stigmatizzate nel testo di GDT.

Lui si rendeva conrto di sbagliare, perché vive nell’aea settentrionale di Francia, dove noi assistereo a uan
prima grande spinta di ritrno all’uniformit in epoca carolingia. Quando entriamo in età medeivale asistiamo
nei primi secoli anche a uan grande diffeenziazione,a seconda delle aree regionali. A un certo punto, in età
carolinga abbiamo uan spnta forte verso al uniformazzione, la riorganizzazioen, la nora – concettod i eola
importantissim. L’età carolingia ari u momento storico di forte ricercad regole e unifrmità. Ercè si pare da
l^? perché ilrpimo re ch batte veso u ritorno al pursm, a un ritorno casicheggiante sarà l’area rancese tra
VIII E ix SECOLO, perché lì s cominaciò a sentire l’alterità della lnga parlata e quelle scritte.

{…} l’area insulare ha immediatamene la percezione dela norma rispeto a quello che nn è normato. Il latino
normato è quelloc he si impara da zero a scuola. La pensieola italica, le due deformazioni continaurono a
mantener più a lungo la ‘assonanza con il latino, per cui {...}. chi più vicino aera stat alla tradzione latin
domriv sulgi allori, e nonsi acorgeva che e cose suggivanodi mano. Se ne accorgeva chi aveva na prospettiva
diversa, coem succede nella ricognizione e cluzioen ei problemi. È uestala ragioen per cui il volgare italiano
arrievrà più tardi di altri. Sono più avanti nelleisole che nelcontinete. Ma nel conente la distanza rispeto al
atino formalizzato si percepisce preso in Francia, che sar lugoo di aunspienta riformatrice deernanate per i
scolia venire.

Ciò di cui staimo palando è un SPERSTRATO LINGUISTICO. Qllo del latino. Nella maggipr arte dei casi che
periene priam di tutto ala poduzione sritta – non ossiamo aprlaredi storia culturale del Medioevo snza
arlare di letteratura laia, per molti seoli unica lingua di manifestazione letteraria-, ma il latino nel Medioevo
non è morto. La faranno morire i riceratori di un purismo normato. Ci sono ancora per al temo molti settori
dell’oralità n cui questa vien eusata. La liturgia, e leggi, la lettura, la scuola, la formaizone - le trasformzioni
che dientro esta parola, nel corso del Medioev, vnno colte. I passa dalmonastero nel’Alto Medioevo alla
scuoal catedratica nei secoli più vcini all’età caroligia, in concomitanza con un rogressivo ritorno ai percorsi
clturali dalla campagna ala città. Qesto l’età caolinga loriporatrà in auge.

SCUOLA: Monastero -> Sede episcopale -> Cattedrale -> Università nel Basso Medioevo, conseguenza di un
ritono in auge della città. Ecco che anche Lunivesit. À FARà AMPIO RICORSO ALLA LINGUA LATINA, NON
SOLO PERr quanto rigaud ala produzioen scritta, ma anche pr l’oalità – e discussioni accademiche erano i
lingua laina. A Parigi abbbimao il Quartiere Latino, che insiste intorno alla Srbona, legata alle dispute
accademice.

{…} La SCOLASTICA segna a partire dal XII secolo un nuva stagioen delal storia evolutiva dela lingua latia e
del so utilizzo è una lingua sovrannazionale – nel basso Medoevo la sovrannazionalità e la mobilità è forte,
seviva uno stumento linguistico adatto a questa situazione -, è un latio piegato alle necessità si uan
discusioen artcolata, fiosoficamnete sostanziata. Un latino sottomesso alle necessità: s uò denominare
“latino” uan qualsiasi rappresentazione logica. È uan stagioen nella quale vengono fuoi motli neologimoi, al
sintassi diveien complessa, articolata, è il latino di Dante, proto all’uos e disponibile, che si po' plasmare
come si vuole. Tutt’latro che struemnto di sottomissione, ma che va appreso per poi poter essere utilizzato.
È un ercorso invertito rispetto a quello dell’evoluzioen della lingua, cheporta Dante a formulare uella teoria
che rutorveremo nel DVE second ci la locutio secndaria del altino era artificiale, percè sotomessa al’artificio,
inventata dai grammatices positre, mai esseta che sraebbe potta servire a noi.

Un lingau dipsonibile alle applicazoni, alla manoipolazione, al’artificailità. E ci è delegatoalla dimensioen di


uso orale dela lingua il latino nel Medioevo è dimensioen ingusitica vaiegata, per c è più opportuano arlare
di ltini che di laino. Sono varietà diveres per c il latino non è lingua morta, ma di uso e affidata all’oralità.
Riecheggia, trisuona, è uan voce che trona nelle orecchei di uesat stagioen culturale.

Uleriore osservazione che va fata e constribisce a definire la varietà dl altn e la sua mutevolezza, è
ilCONFINE e L’OSMOSI costanti he si verificano con l’incontrocon le alte lingue volgari, e non solo quelle
romanze, con il GRECO BIZANTINO. Quindi uan realtà linguistica ce cofnina con molte altre ealà
compresenti, ce fino a un cero perod saranno lontane dala dmensione letteraria, non verrano elevate
al’elaborazionletteraria. Da un certo moemnto in poi, nel Basso Medioevo, sì.

Qauli realt cuturali hanno il rpimato nel pasaggi dalla lingua d’uso a quella etteraria? Le lingue germanich,
abbiamo conoscenza di poemi in antico tedesco, irlandese, ec. , oltre le garndi prove d opere romanze nei
secoli bassi del Medoevo. Il rpimo testo lettaerio in lingua italiana è quello di SAN FRANCESCO, siamo nel
XIII secolo. È tardi rispetto ad altri percorsi.

Due sono le componenti fondamntalidel altino nel medoevo: l latino tardo antico e quello volgare. La BASE
LINGUISTICA DI RIFERIEMTNO, che non è il latino classico, ma quelo TARDO ANTICO. Il latino tardo antico è
qella produzioen in lingua laina scritta ache da padri della Chiesa, con uan forte componente che deriva da
altino CRISTIANO. Con tutte le conseguneze che esso porta. Latino cristiano che porta nella linga uan serie
di neologismi derivanti dal eco, dall’ebraico, perché legati alla tradizioni anche scritturale. Novità anche
morfologiche e lngstiche, ma anche novità sematiche. Parole che già erano ateste, di cui abbaimo
semantizzazioen nuova.
Arole classiche risemantizzate – la radizioen cristiama dveta componenteimprescndibile per ente nel
sistema di comunicazione e di epresione leteraria. La base del altino del medioevo è il latino tardantico n
foret influenza patristica. La seconda grande componenet ce ne detrmina lo svilupp e l’interesse, e la
vivacità, è il LATINO codsiddetto “VOLGARE”, dove si utiliza uesto aggettivo non a caso, sia per una ragione
didattica, si aperchè c’è uneffettiva ragione.

Conq esat eserssioen intediamo uan lingau dell’oralità, parlat, che i dintingue da quella scritta, iù
frmalizzata e normata. La scriura sempre più si avcina all’oraltà, avendo sempre più spazi di scrittura,
benché siamo in un lemento storico dve si verifica il cotrario. Il latinoè detto “vlgare” percè si parla di
definizione storiografica, per intedere la dimensioendi produzionerale della lingua rispeto a quella scrita. Il
latino volgare essitena già in età arcaica, anche i romani avevano uan distinzione. Qesta differenza è
sempre esstta, ma con l pasar del empo la forbice si apre sempre di iù la linaga scirtta normata si allontaba
sempre di più dalla lingua dell’uso orale. La forbice è smepre più dilatata, no dei suoi elemnti prederàla sua
strada per linee volgari.

È ua definzione arificile. Pe cla cui giustificazione ispgna ricorrere a testimonianze scritte. Il latno volgare ha
uan dimensioen linguistica rifratta. Dobbiamo ricostruire ua lingua parlat sulal base della rifrazione che di
qesta abbamo in testimonianze scritte. È ua cotraddzion in termine, per cui si ricorre all’etichetta “so
called”. Potrebbe esserc in coso uan normalzzazione che ha sravolto a sua realtà storica. Èun prblema
scientifico, che ricorda i limit diindagine.

Di manifestazioni, testimoninaze rifratte ne conerviamo uan buoan qantità già dall’età tardoantica, ma non
solo. Dve si ritovano questi elementi. I dobbamo ecrcare in trdaizini minori, di nicchia, più popolari. Fonti
perla conoscenza del latino volgare sono testi on tradizoni paticolar, soprattutto scientifiic, di emdicina,
graffiti trovat nelle catacombe paleocristiane. Entr quest settori possiamo ravare spie di queste forme, che
octsituisco l’anelldi coniunzioen tail latino e el linegue romanze, le lingue neolatine. Si percepise quel
processo d erivazione storica che da Date non sipercepiva più. Leoluion storica di uan lingua che continaua
a manetnree la veste atina, ma si fa sempre più vicna all’uso parlatp.

Assistiamo al LATINO VEICOLARE. Prima di passare efinitivamnete a idiomi alterntaivi, in motli ambti e
contesti s usaillatino veicolare smeplificato e più comprendsibile e nq anto tale pù comunicativo. È a questo
cncettoc he ci riferivamo ieri, aundo commentando le parti conclusive dea preazioen di GDT all’“Histoira ?”,
diendi che in motli comprendono il rstico piuttost ch i discorsi saccenti. Di qui la testimoninaza di un impego
della tradzione che cercò di rendere più vinca la linga all’uso dela comunicazione. è un direzien ch ear stat
già ratccita da SANT’AGOSTINO, i qae avea intrdotto nell’uso “ossum” invece di “oss” - paroe
morfologicamenet trasformate,”oss” poteva essere confuso con “os, oris”. Enrerà nel latinovolgare anche il
termine “bucca” per indivcare la “bocca”. Oppure i sostantivi latini più difficili, il nominativo che veien
normto il “-us”, la normalizzaioen dele coniugazioni verbali, checomportano la contrazioen dal latinoale
forme di lingue omanze. La lingau evlvendosi a verso al semplificazione, l’ottimizzazioen. È un percorso
economic di entrata e di uscita, un bilancio, per rendere la lingua più prticabile e atta ala comunicazione.

- “Dispensa n.9”

La prima pagina è il documento a colonne numerate fino a 227, rappresentate l’“Appendix Probi”. È uno dei
docmenti più rilveant per l’argoemnto rattato. È un fascicolo, un gruppo di fogli. Il fascicolo è l’unit minima
di un libro, manoscritto o a stampa. L‘unità minima di un libro NON È LA PAGINA, la uNa unità costitutiva è
il fascicolo. Lae pagine sciole costituiscono ununità archivistica. Il libro moderno è fatto come
aggregazioend i fascicoli, e non dipagine sciole.

L’ “Appendix Probi” è allora un piccolissimo fascicolo di fogli manoscritti. Si chiama così perché sta in
appendice, in calce, cioè in fondo ad un altro manoscritto contenente nella prima parte un’opera di
carattere grammaticale che era stata erroneamente attribuita a un grammatico tardo antico di nome
Probo. È una denominazione storiografica, di comodo, un’etichetta.

Cosa contiene il fascicolo? Contiene una lista di 227 lemmi, voci, un elenco di 27 voci latine nella loro
formulazione classica in prima posizione, seguite dalle forme rigettate. Possiamo definirla “errata corrige”.
Quindi un elenco di “errata corrige”: in prima posizione è data la forma giusta, corretta secondo le norme
del latino classico, e accanto la forma rigettata. Si tratta di una lista di lemmi a carattere normativo, con
intento di correggere. La norma quindi, la consuetudine era rappresentata dalle forme rigettate, laddove si
colgono appunto le derivazioni. Interessante la lettura di questa lista di nomi che molto ci documenta, non
solo la trasformazione morfologica, ma anche quella sociologica.

Ciò vuol dire che ciò che succedeva andava più verso la forma rigettata. A chi poteva servire l’“errata
corrige”? Ai copisti, quindi serviva per la tradizione scritta. C’è una percezione, ci si accorge che nella
scrittura sta intervenendo la pratica dell’oralità riversata nella scrittura.

L’“Appendix Probi” è materialmente databile al VI-VII secolo. Le posizioni sono state diverse, ma lì è stato
inserito. Ma il so contenuto non è di quel periodo: chi l’ha copiata trascrive verosimilmente qualcosa di
esistete. Quindi nel VI-VII secolo abbiamo una trascrizione. A quando poteva risalire questa lista di lemmi? È
una lista probabilmente tardo antica. È importante comprenderlo perché i fenomeni sono complessi, ma
anche perché ciò vuol dire che la situazione fotografata nella parte rigettata preesisteva nel Medioevo.
Dove è stata trascritta l’appendice? Oggi si trova alla Biblioteca Nazionale di Napoli. Ultimo punto, post che
non si sa né chi l’abbia trascritta né quando, ma un’ipotesi: in qale tipo di contesto può essere stata
trascritta la lista? Un monastero. Si cerca di preservare un purismo linguistico, prima c’è un’opera
grammaticale. Un monastero insulare su continente. BOBBIO.

19/10/2020
Ripartimao dal punto in cui ci siamo lasciati. La volta scrosa abbiamo parato dell’ “Appendix probi”,
fasciscolo importnatissimo che ci dcumenta nel latino del meioevo la mobilit della lingua latiannel so
perorso evolutivo, già erceppibile in epoca tradoantica. L’AP è al copia medievale di un piccolo glossario un
“errata corige”, di epoca precedente. Ciò signifcica che quei probelmi si eano già manifestati rpia ella
rascriione del afscismolo, a Bobbio, una istituzione monastica insulare iralnedse, che più di ogni altra
andava nel drezione ella conservatività, del purismo linguisico.

A chi l’AP era rivolta? Per quale tip di processo d trasmissione della lingua latina? Era collegata alla linga
scritta, perché tutte le altre interferenze che venivano rigettate riguardavano l’uso dela lingua latina orale,
imrporaen componente della dimensione cultrale medioevale. La produzioen de latinp in lingua scrita
determinò u procediemtno esataente contrio a quello invece processato alla categoria delle “appendices
probi”: il altino volgare continaunva ad anadre verso la semplificazione, piuttosoc he verso la
normalizazione.

La normaizzaioen riguardò sempre di più la liangua scrita, piuttosto che la lingau orae, doe invece si doveva
fare i conti con altri tipi di esigenze, quali al principio la COMPRENSIOEN, la COMUNICAZIONE. questa
esigenze così importante che riguarderà la produzioen oale della lingua latina, sempre più vicina alle altre
diemnsioni lingistiche che insitono nel medioevo, le lingue volgai.

È necessario roseguire ell’analisi della “Dispensa n.9”. La seconda agian cntien u estratto che va stto i titolo
di “Concilio di Tours (813)”. Tours ci fa venire in mente Gregorio di Tours e l’“Historia Francorum”,e ci fa
anche pensare circa il latino del Medioevo il fattoc hebin uan città coem quella non c’era un tessuto
scolasico forte cme ci poeva essere in altri ambienti monatsici di tradizoni inslare o insulare su continee. No
è u cas che si vada a Tours co questo concili, nell’813.
Simao ormai in età caolingia avnazata con l Concilio di Tours voluto da CM, che sarebbe morto l’anno
successivo. Un conclio che irava a quel grande perocrso di normaizzzaoen, di ricerca di norma e
unificazione, princplae perogativa della politica di CM. La normalizzzaieon deve prevede la possibilit di far
convergere su linee di indirizzo aunitario unanimemente condivise processi di caratere sociale, religioso,
ulturale. La ricerca della normaiizzazieon è prerogativa fondamnetale dell’impero di CM, che invetì tuti gl
apetotti di questo meotno storic, dalla poltica, alla ultura, alla scrittura, all’amministrazione, alla liturgia.
Prima dell’età caolingia vi erano dverse liturgie. È uan concezioen de tempo diversa. È un insiemdi prtiche
con cui si svolge la celebrazione eucraistica, e a cui segue la celebrazione dell’anno liturgico, che inizia ala
fine di novembre, cn l’avvento Per lungo periodo si è intersecata con la vita delle persone, ma anche fino a
pochi decenni fa.

Di liturie nel Medioevo ne esistevano più di una. Soto questo punt di vista, CM mpose uan normalizaione, si
andò verso la LITURGIA ROMANA dappertutto. Parte fondamentale deal liturgia è, in tremi i di
comunicazione, non slo la comprensione ella parola divina pronunciata in celebazioni legate a questo empo
e a questa dimensione, cioè la quaotidianità del crstinao, di quasi tutti nell’Euroa occidentale. Pae
importante delle celebrazioni erano le OMELIE, le prediche, cioè il comento alla letture liturgichee alla
parola di Dio, pronunciate dal vescovo. Naturalmenet questo era un moemnto chaive dei rapprti tra la
gerachi ecclesiastica e le comunità dei fedeli, moemnto di uscita dal dentro al fuori. Di ricerca e di rapporto
con la comunità, che insietva al d fuori degli edifici preposti alla conservazione.

Ecco che cosa si stabilisce in occasioen di questo Conclio di Tours. Tours che dventa luogocentrale in epoca
calingia, grazie all’operato di ALCUINO DI YORK, il quale si rese conto che a Tours bisoganva ripartire da
zero. Alcuino era di formaizone anglosassone, e Tours in età carolinga giocherà un ruol cenrale nel proceso
di riforme e di rtorno a quella dimensioen di conservazione della tradzione che eni secoi percedenti, in et
merovingica, gli era sfuggio di mnao, così coem Gegoiro di Tours aveva denunciato. Adesso torne in auge
Tours e il suo scrittorio. La percezioen di quella situazioe denunciata da Gregorio di Tours è molto chiara
agli intelletuali di prima età carolingia, tra cui Alcuino. Diventa importante nonslo coem centro politico, ma
anche di formzone culturale.

Si tratta di un docuemnto fondamnetale. La parte iniziale è un’indicazioen daa ai vescovi ch opeano nelle
città, non soo a Tours. Si invita a stabilire regole precise, s sottolinea l’importanza che ha l’azione omliteica
de vescovo anche per la cultura della popolazione, che insiste intrno a queste realtà, e poi si dà uan
precisazioen specifica al Capitolo 17. Insistono i tremini regola”, “capitolo”, ecc. “Ciascun vescovo de Sacro
Romano Impero deve avere delle omelie che contengano degli avvertimenti/ammonizioni, con i quali i
suddit vengano istruiti.” È già un docuemnto importate di aperura: tra fuori e dentro a Bobbio c’era una
gran differenza. In età carolingia la proiezioen va sempre più verso le’estreno, con conseguenze in tremini
positivi per la possbiltà di uan codviiosne di un percorso di cresa culturale per class socialic he altrmenti non
avrebbero potuto accerdervi, e anche per le conseguenze che il contato con l’estreno avrebe portato nella
dimensione spirituale degli ambienti reliigosi, che sraebbe andata depuaperandosi di molto. Altrimenti non
ci sarebb statp il bisogno di tante riforme religiose, ce avrebe portato ala formazioen d tante nuove figure
eligiose.

Queste ammonizione dovevano essere precetti dogmatici, “{…} per quel che possono capire. Per otere
trasmette i precett della fede cattolice, tenere sott controllo anche il COMPORTAMENTO SOCIALE. Affinchè
questa azioen di controllo e di educazione delle masse che partceipavano ala celebrazioen liturgica e alle
omelie, sempre legate auna celebraizone liturgica, ma poteva esere anche un altro tipo di funzione. In
tutto ciò si raccomanda “in rusticam romanam linguam” - “in lingua volgare”, verosimilmente romanza -,
così che la trasmissione dei precessti sia in mnaiera aperta, chiara. Un latino veicolato, che non ha nienete
più a che vedere oni percorso di noralizzazioe cui un documento coe l’AP ci rimanda.latrenativa importante
è quella tedesca, in quanto Franchi sono polpolazioen germanica,c he si appoggia per uan serie di
procediemti culturali alla dimesione gallica, alla tradzioen neolatina. Ma s traat di una popolazioen barbara.
Si tratat di un docuemnto di capitle importanza non slo er la letteratura latina medievale, a anche per la
storia dele lngue occidenatli, si stabilisce che sda questo moetnoin poi si deve predicare in lingua volgare.
Questo ambito della predicazion, del discorso, sarà uno dei canali privilegiati per o sviluppo di lingue
volgari: la predica, e da lì le novelle, e la grande realzioen che hanno con queso tipo di attvità. L’ambt di
predicaizone e il commento all’omelia, che nasce da questa prescriione normativa, che avrà le conseguenza
de casonel corso della storia. Allora il Conilio di Tours sancisce il progress entro la partica liturgica delle
lingue volgari, di questa “lingua romanam rusticam”, uan forma di neolatino romano rustioc, colloquaile,
volgare, nonché di quello protogermaic tedesco.

Almeno in due alre ciroctsnaze assiseremo nel percrso cronologico condotto ad applicazioni di questo
concetto, contestualmente a tenativi di restaurazioen di latino classico, durante l’età carlingia. Assistaio ala
conviveza di due rocessi in opposizone tra sé: la restaurazioen formal, ortografica, linguistica grammaticale
del latino classico, ua delel ragioni per cui letà carolingia veien desiganat anche coe RINASCITA
CAROLINGIA. Al ontemosi assiste anahc ella’affermaizone, al trionfo di tutte queste alte forme lingistiche,
che daranno luogo a formlaizzzaioni di tipoletterario, sempre più rilevantie importanti. La priam grande
letteratura romanza nasce infatti in area francese. La convergenza di questi due percors contrastivi tra sé
diventa terreno fertile per la realizzzaioen di processi culturali di straordinario riliveo su dimensioei
linguitiche divrese, diferenti ra sé.

Una prima applicazioen pratica di quest prncipio norma, ci porta a cpaire cosa volesse davver dire “rsticam
romanam linguam”. Abbaimo parlato dell’importnaza di un latino veicolato, rigettato nell’AP. Ultimo
documento della “Dispensa n.9” è un estratt dalle “Glossae di Reichensu”. Le GDR sono anche queste un
manoscritto costituito di uan raccolta di glosse, di lemmi. Mentre lAP era un fascicolo in fondo a un ibro, le
GDR sono proprio un libro. Le “Glossae” si chiamnao così perchè sno un grosso manoscritto. Si chiamnao
“Glossae di Reichenau” perché i consevano nel moanstero di Reichenau, ch si trova su un isolaetta sul algo
di costanza,a confine tra Svizzera e Germania, di fornte a Sangallo, tappa precedente dee fondazioni
irlandes su continente ad opera di Colombano. Èua fondioe monastica bnedettina di epoca carolngia, che in
qell’età raggiunse in massimo splendore. Non risulta che i manscritto sia stato reliazzzato a Raichenau, ma
altrove.

È quindi un librio, uan specie di “vocabolario”, di lessico e non un fasciscolo coem l’AP. Tornaimo alla
“Dispensa n.9”, alle “Glossae di Reichenau”. Sono gosse di carattere soprattutto biblioco, cioè dano
indicaizoni su come termini che ricorrono nell Sacra Scrittura o in testi esegetici debbano eseere tradoti,
veicolati, in occasioen delle omelie. Allora sono ua straordinaria testimonianza diele modalità di aplicazione
di queto era stato sancito nel Conclio di Tours. Siamo a fine IX secolo. Si va verso la normalizazioen o la
semplificazione? Verso la semplificazione. Questo docuemnt, questo estratto che chide la Dispensa n. 9”, è
contarrio al documenot ch la apre, al processo perpetrato nell’AP.

Questo perché l’AP cercava la normalizzazione, era indicazione per i copisti, che dovevano ricordarsi che
quando scrivevano non stavano parlando qui invece le indicazioni vengono date per usare il latino i fora
orale pecommentare. Era una raccolt di lemmi e di voci di tradizoni biblice,c he poteva essere utilzzato da
vescovi e da coloro ch erano preosti alal tradzioni litrgica per farsi capire e questo è veramnete un
laboratorio di idoelogia liguistica, si rvano le molecole nascenti dele lingue romanze nella lro grande
articolazioen, che non vede come refrente soltant il altino.

- Analisi delle “Glossae di Reichenau” - Registrazione dal minuto 00:44:58 al minuto 00:59:10.

Questo ci fa capire quanta storia, non solo linguistica, ma anche sociale e culturale, c’è dietro le nostre
parole. Quindi l’esercizio che va praticato ci consente di crescere nel sistema e nell’uso della lingua. quindi
tutti quei termini sono latino veicolare, che poi passerà il testimone alle lingue volgari. Le lingue volgari,
come quelle romanze, attingono anche però ai grandi contatti con la tradizione germanica, molte delle quali
rimandano alla sfera militare. Anche su questa dimensione quindi le trasformazioni rispetto al latino, i
debiti verso le lingue germaniche, le espressioni, le spiegazioni. Questo è il primo approdo simbolico a cui
arriviamo circa la nostra importante riflessione sul latino del Medioevo, estremamente ricco e vitale, pieno
di indicazioni e di aperture.

Entrati nell’età carolingia, va introdotto questo percorso, che ci potremo dietro in altre successive
circostanze. Abbiamo una sintesi per fare un quadro generale, che in molte circostanze ribadirà cose che ci
siamo già detti, per capire dove abbiamo messo i piedi e la testa finora. Lavorando dal VI secolo in poi
abbiamo riflettuto su una dimensione storica che ha visto la fine dell’Impero Romano d’Occidente, mentre
quello d’Oriente continuerà ad esistere. Per esempio la dinastia Trace continua a esistere anche quando
cade l‘Impero d’Occidente. La dinastia Isaurica arresta gli Arabi a Costantinopoli, ed è quella che sussiste
qundo ci sarà Carlo Magno in Occidente. Quasi ttti gli impertori ebbero probelmi con l’impertore bizantino,
che quasi mai riconbbe la reatà politco-istituzionale dell’Impero Romano d’Occidenete. Si tratat di uan
reatà piccola, di cui affroniamo poche cose.

Abbaimo lavorato sul VI seclo, gi ani della RESTAURATIO IMPERII di Giustiniano. Di che si tratat? Giustinaino
è l’impertore d’Orente, che cercavadi fare la stessa perazioen di ricostruzioen dell’Impero roamno, ma con
matrice bizantina. Si dovette scontrare con iGoti, che si erano untato isturati in Ialia, con la guerra Greco-
Gotica. La gerra Visigotica, la Spagna, siamo negli anni in ci opeano Boezio, Cassiodoro. Qeste due figure
contnauno ad vereuan gamba nella trdazione precedente. Saranno gli ultimi gradi intelettuali a possee in
modo consapevole la lingua greca. Vivarium doveva avere molti manoscritti anche greci, forte del farto che
la Calabria era territorio bizantino.

Importanitissima fu la condificione delle “Leggi Digesto”, la “Pramatica Sanzione”, che inserisce nel 554
l’Italia nel dominio imperaile. Importante questa vicenda pu circoscritta nel tempo perché sul territorio
goverao dai bizantini in Italia, questo territorio diventerà porgressivamnete lo Stato della Chiesa. Quella
realtà imperaile, insistete su territorio italiaco, rappresenterà per sempre uan cesura. L’età di Giustiniano è
la grade stagioen delal rinascenza di RAVENNA. A Ravenna Cassiodoro aveva pensato di istituire uan scuoal
pubblica.

Quando arrivano, e siamo già neli anni di GM, che assiste al passaggio di testimone. La domeinsaion
bizantna in Itali è breve, tra 568 e 569 arrivano i Longobardi, che stanno per oltre due secoli
(“Italia=Langobardia” nelle “Glossae”). Erano ariani in parte idolatri,e arrivano facielmente perché i
bizantini in Italai non erano mai visti di buon occhio,e avevao determnato un imoverientoculturale di
grande gravità. Gli emissari bizantini in Italia non avevano avuto grande presa sul territorio.

Come si organizzano? I centri culturali si spostato. Avendo ramenatto Giustiniano, èimportante ricordare
l’importanza delle riforme sclstiche e dell’istruzione, eperchè avesse pesato a Ravenna. Circa i Longobardi, il
centro di elbaorazione politica e culturale diventerà PAVIA. Si spanono poi in Toscana, e nei ducati di
Spoleto e Benevento. Gl unici territori che rimaero di proprietà dell’Imero furono Esarcato e Pentapoli, città
costienre che ci riguradno da vicino. Anche il Ducato Romano, il Ducato Napoletano, Calabria e Sicilia.
Quindi uan grande spaccatura territoriale.

- Cartina “Italia bizantina e longobarda”.

La situazione a Oriente e le conquiste di Giustiniano sono sintetizzati nella cartina a pag. 5 della “Dispensa
n.1”. Pavia diventa centro politico e culturale. Paolo Diacono, un longobardo, aveva studiato a Pavia, e
scriverà l’“Historia Langobardorum”. Pavia è una realtà urbana. La zona a Sud dell’Italia NON sarà persa da
CM: questa zona qua non entra nelle conquiste di CM, per togliere loro l’indipendenza ci vorranno i
Normanni, ma fino ad allora fanno storia a sé. Storia raccontata con la scrittura beneventana, quel
particolarismo grafico che precede CM, che però resta, e rimane quasi fino al 1500. È una storia di
conservazione e di conservativismo, che determinerà arretratezza, ma anche grande conservazione.
Quando poi ne vedremo un altro di manoscritto di Monte Cassino, troviamo di nuovo la beneventana,
perché qui territori non entrano mai nell’egida di CM. Monte Cassino sta nel Ducato di Benevento, ed è
quindi una realtà monastica che insiste su territorio di dominazione longobarda.

In mezzo a tutto questo c’è anche l’Islam, quindi quello che succede è o spostamneto verso l’Europa e la
conquista della pensiola ierica. L’unic cosa che C riucirà a sottrarre aigli rabi è la cosiddeta “Marca di
Spagna”, il resto è dominaizone araba. E ancra le conquiste degli Ommayadi.

Le notizie sui Longobardi derivano dalla “Historia Langobardorum” di PD, cioè alla fine. Per due secoli non
abbaimo alcuno scritto, a arte l’Editto di Rotari. Sppiamoc he cerano i longobardi soprattutto dalla
toponomastica. Improae nella storia dei Longobardi la figura della regina TEODOLINDA, cone la quale GM
metterà in atto il porcesso di cnversione die Longobardi al cattolicesimo. L’Editto di Rotari del 643 è
importante, Rotari emna ala prima tradizone scrita. La tradzioen dele popoazione barbare è molto più
legate all’orlaità che alla scritura; questo editto è la rpiam legge scrita di un popolo germanico.

Abbiamo già detto che l’integrazione tra Longobardi e Romani viene ad opera di GM. L’integrazioen de
Longobardi va di pari pass con la cristinaizzaioene dei popoli anglosassoni,c he G mette in campo
contemporaneamnete.il rpoblema dei Longobardi è la spaccatura in Italia, la cseura che i Longobardi
cercano di unificare con tutta la prmaparet della penisoa ciò sigificò vire ad accordie compomessi con lo
Stato dela Chiesa.

Dopo uan serie di conflitti, una prima fase, nel 728, la DONAZIONE DI SUTRI, che Liutprando concede a
Gregorio II, e diventa primo atsselo del PATRIMUNIUM SANCTI PETRI. Sutri, area di possesso ancra bizatino,
contesa, i Longobardi la donano a Gregorio II, rpimo atsello dello Stato della Cgiesa ciò sancisce la
capitolazione dei Longobardi, in quanto la Chiesa a poco a poco si impadronisce dei territori bizantini
circostanti. Di fronte a ulterri enativi espansionistici dei Longobardi, la chiesa chiama in soccorso PIPINO IL
BREVE, re dei Franchi, ce conede alla Chiesa il passaggio di posesso di tutti quei territori ex giustinianei in
dono. Allora lo Stato della Chiesa è un’invezione concreta del Medioevo, rinasce.

Perché la Chiesa chiama i Franchi? Perché erano stati una delle poche popolazioni barbariche a fare un
processo di sublimazione, il salto del passaggio dell’arianesimo, passando dall’idolatria al cristianesimo, con
l’episodio simbolico del BATTESIMO DI CLODOVEO, che verrà rivissuto, rinnovato da CM. Pipino il Breve era
figlio di Carlo Martello, che aveva fermato l’avanzata degli Arabi a Poitiers, ed era stato unto, cioè
consacrato in occasione della battaglia di Ponthion, processo iniziato da Clodoveo. Da lì aveva promesso la
donazione dei territori bizantini i Longobardi. Si rinnova questa tradizione del forte legame dei Franchi con
la Chiesa, situazione che continua a sussistere anche nella visione contemporanea, faticando a farsi
recepire come stato laico.

Desiderio sarà l’ultimo re longobardo. Con l’arrivo di CM, i Longobardi saranno cacciati e CM diverrà “Rex
Francorum et Langobardorum” nel 774. E Dante sta dalla parte di CM, ponendo in una forte e stringente
associazione. L’età carolingia, è importante, non comincia con l’Ottocento, ma già sullo scorcio dell’VIII
secolo, tra l’ultimo ventennio dell’VIII secolo e tutto il IX secolo.

20/10/2020
Martedì prossimo - Tesi di laurea dalle 14.30 -> LEZIONE esclusivamente ONLINE.

Cominciamo con un iaggi di andata e uno di ritono. Ieri siamo approdati al MONDO CAROLINGIO, negli
ultimi decenni dell’VIII secoo. Con l’età aolognia torniamo sul continente, dobbaimo lasciare le isole
brittaiche, l’Iralnda, dove ci siamo ossi a inizio percorso. Le lascamo solo idealmente, perché è propri s
questo retaggiodi traizone ed esperienza nova, fortem noeramta e regolata tanto da poetre seser espoata
in termini di distema cultural, qlla dimensione poè tornare ul continete. Da un punto di vist geografico, l’et
carlingia sta tutta nel cuore dell’Europa, tra la Francai e la Germania.s iamo nell’Euroopa cntineetale, che si
sviulpperà sull’esperieza granzie all’esperineza ch quell’ambiente insulare aveva elaboato. Di questa traccai
noi conservimao emoria con Aquino di York. Ma sientrmeo l’esperinza in otli altri modi, in Ibernia Iralnada e
nela parte settenrtioanle dele isole (cozia). Avermo molti “Scoti”. Questo percè c’è un persocrso di
passaggio, di trasmigrazone di ditema clturale, di vaori, di ricerca dela norma edel pursmo dela lingua latina
che rivivrà nell’età carolingia, per cui si arla di RINASCITA CAROLINGIA.

- Dispensa n.5: Navigatio Sancti Brendani

Siamo andat per mare slle isole, ora con un viaggio per mare arrviamo sul conteinente. Facciamo rifeeimtno
all’ultima delle dispende diquesto rpimo gruppo, in particolre la “Dispensa n.5: Navigatio Sancti Brendani”.
È un testo intersesante, uno deirpimi h ci acconta non sl dicome sia stat rivistta la tradzione ODEPORICA,
quella dei viaggi, ello seciifico i viaggi per mare, ma è anche uno dei piùantichi testi a parlarci del viaggio di
Brendano verso il Paradiso. Allora qesto Medioevo di viaggi escperte è sintetizzato nel tti.

Brendano fu un monaco iralndese. Qeindi questo viaggio che racconta el viaggio compiuto da unmonaco, e
delle modalità con cui l monachesimo iralnedese, si espanse, si manifestò, prese copro. Si tratat d un testo
pervenuto anonimo, molto significativo. Le vicende qi arate sono però sicuramnete riaselnti all’alto
medioevo, alla ricerac di questo paradiso terrestre che una delel isole potva conservare. Un viaggio
realmente avvenuto, probabilemnte tra i V e il VI secolo, siamo ai primoridi del passaggio all’età
medioevale, e ai primordi ella storia del monachesimo occidenatle.

Brandano va ricstruito slla base di tante fonti diverse. Su monaco, da collocare in questo segmento
cronologico. Ma questo racconto quando venne confenzionao come tsto scrtto? Le testimoninanze che noi
abbaimo risalgono alla fie del IX e poi al X secolo. I manoscriti più antichiche abbimo sono tardi. Questa
situazione si verifica seso, anche nella rasmsssione dele opere medievali. Le vicende di San Brendano i
collocano strocamnete al processo di cristinaizzazioen a parteire da San Patrizio. È un test letterario che ci
prta ali primoridi dela storia leteraria latina medievale. Ma non abbaimo scriti coevi: l’opera fconfezonata in
età tarda caolinga. La discreanza ra la collocazioen dell’opera e la sua trasmissioen avveien spesso, lo
vedremo ance con le opere di Dante. Questo aspetto ci dà il dato metodologico, la modalitàdi approccio da
avree verso questi sistemi letterari. È lastoria dell’inizio del medioevo latino, confezionata n forma letteraria
sul continente.

L’età carolingia è allora età del trionfo dell’esperienza culturale e letteraria delle isole ealizzata dnei rpimi
secoli. Questo con tutti gli spsteti linguistici el testo latino, latino dell’epoca dei manoscritti, non quello del
V-VI secolo in Irlanda. È ineressante questo testo, ch ala fine del IX seclo in poi ebe sccesso srepitoso, du
tramandato in 300 manoscritti e fu poi vogarzzato, ivenat stroa vvincente. Era molto attrattiva, il viaggiondi
avventura. Altro aspetto interessante è che stabilisce una spa di saldatra tra a mdalità tradizonale di far
letteratura in lingualatina con tradizoni locali, poplari, folkloristiche, tipicamnete IRLANDESI.

Nela tradizone iralndese esistevano già recisi generi letterari, cioè in lingua iralnedes, nella trdaizone
celtica. Esistevano i rcaconti di iaggio, e ce n’erano di due tiplogie: la rpiam erano gli “IMMRAMA”, i secondi
gli “ECHTRAI”. I primi rccontavano viaggi per mare alla scoperat di sole, i secodi erano soprattutto raconti
per mae dove speso nnsi arrivaa in un posto preciso. Si innesta la cultura mediolatina su un altr tessuto
culturale, preesistente, che ha pecise caratterstiche. E se ne arricchisce. Ci ci ricorda che non hanno fatto
tutto i ltini, e nemeno lo hanno fattda soli.

Ciò ci riorda dicme le leteratua lmedioainasi sia arrichita di ardzioni popolai e folkloristiche in Iralnad. E allra
andiamo aveder come si realiza la navigazione di Sn Brendano. La voglia di nadre nel luogo vien equand
qualcuno la raccota: allora è imorante la commisiotione oralità-scrittura, qanclosa che ricorre molto anche
in Beda – l aeicezioen di ciò che avveen perché racconatto. San Bendnao era famosoper i duoi miracoli,
abate di circa tre mila monaci.
È il racconto di un altro monaco che ha iù fatto questo viaggioe scoppia apiangere, San Barindo. Partì da
solo. Si para d un monachesio che per frammenti, in mnaiera capillare esplode e si espnade in ttte le isole
dell’Iralnad. Il padr eliigoso lo va a trovare. Ua similiudne quasi dantesca: i monaci sono paragonati alle api.
Questo eprchè il monachesimo insulare ebe cartteri architettonici peculiari. Il monachesimo irlnede si
costituiva di agglomeati di piccole celle che stavano tutte insieme, celle autonome, specie di igloo che stnno
tutte viine, ognuna da sé. Ognuna delle celle è un edifixio persposto a uan detreminata fnzione, ma sono
tutti architettonicamnete e fisicamnete indipendenti. C’è un intreessante spaccatto architettonico e
materiale.

I due vengono avvolti da un sistema id nebbie, normale i detreminati ambienti. “Terra Promessa” - C’è
sempre l’idea di positività connesa cn il luogo in ci viene raggiunto l’apice. Ripartono, arrivano all’“Isola
delle Delizie”. Quindi il racconto di Barindo non è ancora la fine del vaggio. Sta tornando nel monstaero, si è
fermato per strada per raccontare a Brendano il fatto. Èuna rappresentazione mimetica viva del racconto.
Alora Brendano prende la decisione di partire e d sperimentare la stessa vicenda, la stessa avventura. Ci
sono diverse descrizoni, animali mairini, la limpidezza dell’acqua. Uan dimensioen avventurosa, ormai
trasformata secondo i codice lettarrio, ma sdi tardrinario intresese, che di daà a misura delle linee di
endenza raggnte nel cuore dell’espreinza lettaerria carolinga la prosuzione el testo. Queste tematiche
sembrano allora moltovicine all’idea più comune e vlgata del Mdioveo.

Corrispondo al vero, ma rimandano soprattutto a tradizini folkloristiche, con ci la letteratura più alta quella
in lingu latina, pian piano dsiintrseca, e si arrichisce. La tradizione odeforica ha tante testimonienza in lingua
latian: èuna linga arte, che silacia palsamre da linge meuove, msse nella paret contientale, nel’età carolinga.
Anche in questo contsto di aventra ci soospie mportanti diq aule fose la formaione del monachesimo
primigenio sulle isole britanniche, qesti erano i monasteri irlandesi.

Prendiamo uan pillolina informativa: diamo uan serie di riferiemtni cronologci e cartogrfaici del perido
dell’ETÀ CAROLINGIA. Rcordiamo qualche datad du Carlo Mgno, che muore nel 814, anno successico al 13 –
Concilio di Tour. La base fondativa dell’impero arolingi scaurisce dala conquista dei territori longobard, che
insiton sull’italia settenrtionale che al sud non arriva. Prima di diventare imeratore,C è rex francorum et
langobardorum dal 774; con cui si va avnti con la tradizone dei E UNTI, la tradizone di connesioen ta potere
politico e carismi spirituali che o abbandoner più la onarchia francese da Clodert. Anche Pipino, adre di CM
ra sttao Unto. Gia dal 774 è famoso. Nessuno dopo Romuo Augusolosi era dato questo titolo.

Titolo che nonsarebbe ma stato ccettato da l’unicoimperatore che si riteneva tale, l’IMPERATORE DI
COSTNTINOPOLI. La maggior partedelle notizie di CM engono a due fonti: gi “Annalis regni Francorum”, un
sistema annalistico fondamnetale, e la “Vita Caroli” di Eginardo - Eginardo che fu un intllettuale dela
seconda età carolinga, che operò dopo la mrte di carlo magno, la sua è uan vita postuma -; è la biografia più
crposa e nutrita.

- Catina - Impero di Carlo Magno - Pag. 7 Dispensa n.1

Esstensioen dell’Impero di Calo magno, esteso ma non più di tato. I era l’impero bizantino e le varie realtà
arabe, gli Emirtai, molo più stesi. C’erano la zona bianca deiDcanti di Bnevento e Spoleto. Questo è
l’Imperodi Carlo Magno entro l’814, m le ose coì durano poco. Dopo il Trattato di Verdan, negli anni ’40
dell’Otocento, l’Impero di CM viene fatto a pezzi, a fette (Pag. 9). Si para di un’esperienza circostrutta nel
tempo, così coem la confezionò CM, molto vcircoscritta. Non dra moto più di un seclo, da quanod è Rex
Frnacorum et Langobardorum, la fine della dinastia carolingia è nel 887, con Carlo il Grosso.

Qindi l’ETÀ CAROLINGIA va dal 774 (ultimo venetnnio dell’VIII secolo) a ttto il IX. Poi le cose cambiano,
l’Impero si sposterà dala Francia verso la Germaina. È un’epoca rofiqua dal punto di vista culturalel’età di
Ludovico Il Pio (814-840), figlio di CM, morto lui comincino i porblemi. Si verificano anche fatti imrtinti però:
drante questo perido di lotteper la successione ra i tre figli di Ludovio il Pio, che noi arrivaimo al Trattato d
Verdun (843), a seguito del quale l’impero cambia.

L’impeo di C è dviso din tre regni diversi. Il rattao di Verdun è laconseguenza di uan fatto stroico importante
per la stoari adelle lingue, i GIURAMENIT DI STRASBURGO. I giuramenitsono il patto che si scambiarno Carlo
Il Calvo e Ldovco Il Germanico, che si accordaron per prstarsi aiuto reciproco contro Lotario (840-843).
Sconfigono Lotario. Quest storia di uerra fratricida è raccontaa da uno storico, NITARDO, checi rcacnte de
“Giuramenti di Strasburgo” nella storia.

Sono un domunemnto importante perché riportano il giurament che non solo Cralo il calvo e Ludovico il
germanico sifanno reciprocamnete, ma che fecer anche i lor etrciti. Il giuramneot fu pronunciato in tre
lingue: il latino, il tedesco - Carlo il Calvo lo ponunciò per farsi capire dall’esercto dell’altro - e il francese -
viceversa Ludovico il Germanico -. Ed è questo l’atto di nascita della PRIMA LINGUA ROMANZA attestata in
forma scritta, l’ANTICO FRANCESE. Abbiamo una sintesi. Ciò c ricorda n’latra peculiartà dela stroia della
letteartura latian medievale: questo passagio non fu mai letto da nessuno, perché fu trasmesso slo da un
manoscritt che venne scperto nel 1600. F scoperto in epoca moderna.

- Cartina – Pag. 9 della “Dispensa n.1”

Ua cerat arretratezza culturale caratterixzza l’area setentrionale del’Irtalia sotto il regno di Lotario. L’impero
di C è vasto d lingue, popi e culture varegato. Perqeto si va alla rcare della norme. È uno sttao centralizzato,
che tenta usi costruire unsietem adi rifereimtni che vadano a convergere nel palatium,see cenrae dela core
di CM, all’inizio itinerenate, pi si sabilì ad AQUISGRANA enl 794. Importante l’apertura a procesi culturali e
di aculturamento a personaggi LAICI, colaboratori capaci, effficeinti, forma culturalmente. La scuoal
carolinga seve a crearea la CLASSE DIRIEGNET DEI COLLABORATORI, che possono ance arrivare da sedi
periferiche.

Coe si gestisce l’amministrazioendi questanova realtà? Atraveso le NORME. Quallea che abbiamo leto ieri
del Concilio di Tour era normativa: nelmoemnto dell’Omelia, questi vano educati; si facevano i placiti, el
assemblee generali del regno; la formalizzzaione, l’esecutivo, la parte deliberativa di ciò che veinca stablito
era nei “Capitolari”- testo normativo, decreto attuativo -. Quanto veniva deliveratoe quindi doveva
essereapllcato era registrato nei “Capitolari” con le disposizioni.

Uan politica di forte controllo; accenramento vuol dire anche controllo. Vescovi abati nominati
dll’imperatore, all’lato clero erano dati incarchi pubblici importanti. Veien fuori la figurda del chierico, che
può entrare nella scuoal monastica, ma rimene poi nello stadio di “cllericus”, non ompie gli stdi progressivi
per diventare monaco. La gestione delal liebrà dazione attrvero i PRIVILEGI, il sistema feudale bastao dul
PRIVILEGIUM – la legge di un privato.

È molto importante per i nostro percorso. Coem il sistema culturale entr tutti gli effeti in prima linea
nell’azione politica. La cultura ell’etè caroingia non sta a sé, troverà caanali per astrarsi dal disietma
dmeinante, ma ci sta accanto, risponde a uan esigenza politica alta. Possiamo inziiare con il “Capitolare de
Scolis” del 789, nota anche cow “Armonitio generalis”, idirizzata ai vescovi in sinodo ad Aquisgrana, sotto
Carlo Magno. La genstione dell’istruzione è data ai VESCOVI, al clero, NON ai monaci - qui il passaggio dala
campagna alla città, l’importanza sempre maggiore di nuve alre istituzioni formative, quali per esempio le
scuoe catedrattiche, qelle che nelle cttà potevano garantire capillarità del sistema.

Qesto è un estratt che ci d il teore dela capillarità con cui l’intrevento centralizzato si muoveva.
Conseguenza è il “Capitolare di Olona”. Siamo nell’825, età di Ludovico il Pio. Siamo in una zona
meridionale. Si sente la necessit che auanto più possiible la ealtà sociel si aggreghi intorno a un percors
formativo. C’è uan grande paretura al sociale, er cui veneo poi ceracte sluzioni parziali. L’azioe di distribuire
inmnaiera più capilare istituti peposti aa formazone in più cità, dove si potevano aggregare persone
provenienti da lughi limitrofi, in modo che non ci fosereo scusani. Da l’leenco dicove si poteva andare a
studiare: luoghi di aggregazione di realtà territoriali differenti. Molti capisaldidell’età carlinga riguardano la
diffusione die sistemi di istruzione.

La scuola, se veien reolata a livello centralizzato, porta a: unità culturale europea; l’apertura alla
dimensione laica, e non solo quella ecclesiastica; l’importanza della diffusione di norme - esperienza
monastica irlandese feconda qui; l’area germanica finoramai menzinata entra nel sistema del grande
progresso culturale della lingua latina; necessit d darela norma alla restaurazione del latino; riforma grafica
di età carolingia -> fine particolarismi grafici precedentemnete sussistenti. Si assiste anche alla fmraione
delelingue volgari, si fdividono le due ealtà in mnaiera sempre più netta. I “Giurmenti di Strasburgo” sono
rpova inconfutabile ed eidente.

26/10/2020
Considerazioni sull’età carolingia, dove ora c addentraimo. Riprendiamo dal punto da cui ci eravamo
lasciati, prma di entarre nella lettura di etsti nuovi, che oggi occupano o spazio delle “Dispense n. 10/18”. Ci
siamo lasciati su considerazioni relativa ealle caratteristiche più evidenti della cultira edella civiltà del’età
carolingia.

Con un rileievp particolarmente signficatico per ‘ingresso ela area germanica neipercorsc h inconterremo
da ora in avant, in maniera sempre più evidente e con uan predominanzia semapre maggiore, anche in
concomitanza che la sede di quello che rimarrà il Sacr romano Impero di C si spoterà sepre più nella
Germania. Con l’eà degi Ottoni l esede del SRM non sarà più l’area rancese, ma quella tedesca, e questa è
uan carattreistia che rmarrà alla dimensione imperiale fino all’età asburgica, in un cotesto storico diverso.
Abbiamo visto il “Captolare d Olona”, l’importanza dei capitolari e della valoizzazioen di nuove istsituzioni
preposte ala formaizone, le SCUOLA CATEDRATTICHE, che presnoo più frza in età carolingia. Ciò non
significa la fine dei monaster, ma l’esistenza di due randi realtà preposte alla formaioni, due istituzioni di tip
scolatiico.

Alra grande novità, che vine uori in età carolinga, è l’APERTURA ALLA DIMENEISONE ALICA dela formaizone.
Quind sempre più spess anch laic iniziarono ad evere accesso a pesrocrsi di fomrzioni. L’ambeinte della
corte carolingia consentì in misura minore rispetto ai grandi percorsi culturali e formativi, perogativa ancora
n mano a ecclesiastici, figure espressioen del clero, e uomini, ma di tanto in tanto compaiono anche FIGURE
FEMMINILI. Questo non solo per sotoljnaere l’APERTURA DI EERE, ma anche l’apertura insenso più ampio
ell’età carolingia.

Un’apertura chea evav ei precisi OBIETTIVI POLIICI di regolarizzazioen e di normalizzazone de tesuto sociale
così basse e esteso nella qual la nauova realtà olitc.istituzionale di C avrebe divuto interagire. Dentro
questo fine si possono riconoscere linee di siulppo significative in tal senso.

- Cartina

Principali centri di studio in età carolingia tra VIII e IX secolo. In giallo alcune località, sede monastiche e
vescovili, tra le più importati. Tra le vaie abbaimo Luxeuill, San Gallo e Bobbio. San Gallo si trova sul lago i
Cstana in vizera, ma proprio di fornte si trova il MONASTERO DI REICHENAU, a proproito delle “Glosse di
Reichenau”. San Gallo eisteva prima dell’età carolingia, che però fu per molti monastei momento di
rifomrmae di organizazioen intrena. Molti altriebber uncontrbuto signficativo nella diffusone del
monachesimo benedettino. Raichenau fu un’importante fondazione di epoca carolingia, ma insiem a questo
possiamo menzionare in area gemaica la più importante fondazioe monastica di età carolinga, importante
anche per le conseguenze cturali straordinarie che avrebbe riservato, il MAONSTERO DI FULDA, in cui
avrebbero operato i più importai intellettali di queta stagione, e in primo luogo RABANO MAURO.
In giallo anche TOURS, che noi colleghiamo a tenate cose (Gregorio di Tours e la denuncia del fatto che non
c’è più la possibilit di trovar un maestro di grammatica in quella città – pesiam condizione dele arti liberali i
quella ealtà allafine del VI secolo; Concilio di Tours del 1813 – imprtanza disposto concliare nei confornti di
uso orale lingua). ci si sposta lì in ragione della degenarzione che abeva raggiunto la conserazioendela
radizione letteraria clasica, si avvertì il divario. Scerca di intervenire di ricominaciar en ercosro nov di
restaurazione. Proprio lì avrebbe operato con precise direttive in trmini di ritorno alla norma, alla
grammatica, agli aspetti più consrvtaivi della tradzione scritta della letteratyra, ALQUINO DI YORK, che
rascorse gli utltimi anni della sua vita nel monstere di Sa Martino di Turs, entro culturale importante.

Oltre a queste località,c he sno eidenziate in giallo, la cosa su cui va richiamta l’attenione è la densità con
cui i centr di studio ell’età carolinga vanno ad cupare l’area continentale-cetrale dell’Europa mesievale. L
densità è concentrata in Germnaia, piuttosto che in Italia – sostamento in periferia. Il flcro dela rinascita
caorligia fu l’EUROPA CONTNETATLE, uwlla che nsisteva rala Francia centro-settrnrtinale e la Germania
centro-occidentale.

L’età caroligia dura un secolo, tra gli utlimi decenni dell’VIII secolo e gli tlimi del IX. Quindi sura poco, ma è
un moemtnostrico-culturale di rilievo. Quali sono le rpinciapli instituzioni? Certamente l’ACADEMIA
PALATINA, intorno ala figura del sovrano e oi impertaore, entro la realtà di AQUISGRANA, cominiò a
prendere corpo ua’ambienet di CORTE, che si riconoscevain una precsia instituzione culturae. Sono
intellettauli di cui CM e i suoi uccesosi amaorono circondarsi. Chipartecipava aquesto entourage culturae?
Usto tipo di realtà non si sarebbe pouta rovare nellalt medioevo. I personaggi ella corte, gi intellettali, le
dnne. La’cademia Platina fu luogo di elabrazione culturale eletteraria. Nn si arivava per imparare la
grammatica latina – realtà scolastiche preessitenti -, eraun mbietnte di PERFEZIONAMENTO CULTURALE,
dove ci si potea cimentari in competizioni e agoni.

C’era anche la SCHOLA PLATAINA, aprtenete ai gioavni che avveano terminato il rpimo circolo di formaione
nelle scuole catedrattiche. A coas serviva questo itinenrario formativo per tappe progressive? Definva e
costriva la classe dirigente dell’ambiente di corte, che venne a qualificarsi in terini di competneza culturale
evidebte. CM era unbarbaro, e diquesta sua barbariesi rndeva conto. Quando si fece incoronare imepratore
a Roma, il papa si raccomandò che si vestisse “alla romnaa”.vestire i panni della romanità voleva dire avere
uan certa preparazione culturale, che lui si impegnò ad avere. Comprse sbio he per diventare “romano”
bisognava anche aprire le poerta a una formzioen clturale di qalità. L’età carolinga, pur cn le sue
contraddizoni, si caratteriza in termini clturali peral capacità di avre inteso e compreso l tuol ch ques aspeto
poteva rivestire nel’affremaione di un sistema politico. Poi le figre che percorrevano questo iter formativo
potevano anche andare a ricevere importai cariche ecclesiastiche, per eseio essere designati abati di un
monastero dall’imperatoe.

Con l’età carolingia anche le dinamiche di progressioen nella cerraire aecelseisticasi fecero più sfumate
rispetto al assat: a partire dall’età caolingia cominciaonoa separarsi le tappre dellacarrriera monstaica da
quelle della carriera spirituale. Con l’età caraoingia si poteva diventare abti di un monstareo seza essere
monaci: l’abate era la figuar istiuzionale che gidaa, il ater familias del monastero, nel bass medioevo ea la
fiura più alta. Questo voleva dire mettere le mani nelle conseguenze economiche che questa via poteva
avere. U questa via verà poi fuori in fenomeno dei VESCOVI-CONTI e del FUDALESIMO – amministratori dei
beni eano proprio gli abati. Si instaura a realt promicua ra percorso spirituale e persocorso amministrativo
ed eceonomico.

E per via di quete operaioni il moanchesimo benedettina andrà incontro a uan degenrazione profonda, per
cui il monachesimo non avrà più quei principi di spiritaulià che vaveno all’inizio, divenato sempre pi
importanti luoghidi conservazione e di produzione letterraia<- DEGENERAZIONE DEL SISTEMA, e NECESSITÀ
di riformalo. PER QUESTO MOTIVO NEL x E xi SECOLO trovremo movimento spirituali importati e nascita di
nuovi ordii religiosi. SONO QUESTE LE IMPORTAI RIFORME RELIGIOSE DELI ORDNI MONSTACI CHE
INVESTONO L’EROPA TRA x E XI secolo – riforme gregoriane.

Non ci sono scansione eali per eseaminare i personaggi più appresentativ d questa stagione storico-
culturale. si è soliti usare a scopo propedeutico le definixoni di PRIMA e SECONDA GENERAZIONE
CAROLINGIA, per distingire gli inteletuali che perarono alla fin del VIII secolo,e quelli cheoperarono a inizo
de IX. Seguirem l’onda di questa generazione, molti autori dela seconda generaizone si formarono sotto
quell della rpima.

PRIMA GENERAZIONE CAROLINGIA - PIETRO DA PISA, PAOLINO DI AQUILEIA, {…}. Sno intelletuali che
provengono dalla pensiooa italica. I primi tre furono importati per l cntributo dato alla RIFORMA
GRAMMATICALE, sopratttto Pietro da Pisa, dett anche “Pietro il Grammatico”. Si tratta di uan riforma
grammaticale dove ricorre sempre uno steso modello clturale INSULARE di ALQUINO DA YORK, che avrà n
ruolo sempre fondamnetale. L’area insulare è rappresentata da lquino, TEUDULFO D’ORLEANS prveniva
dalla penisola iberica. SECONDA GENERAZIONE CAROLINGIA - EGINARDO DI FLDA, grande biograf di Carlo
Magno. NItardo, autore delle “Storie” che ci raccontano i “Giuramenit di Strasburgo”; raban mauro; {…} e i
sue scoti (VEDI SCREENSHOT).

- Dispensa n. 11 - “Poesia carolingia”.

Ceratmente una delle tradizoni letterarie più caratterstiche di uesto rinnovamneto ctale fu la poesia, che
fino aqiesto moemnto nei secoli peedenti non avevmo inontrato. Non cero perché nel percorso di sintesi
proproto no si p prendere in cpnsoderione, ma anche perché questo percoso porta a rifletter sule randi
linee di rasmisisione. La pesiia in ling altaina è uan dimensioen poco ptaicata, in msiura inferiore ripetto alla
produzione in prosa., che invece è preponederate.

Nel VI secolo abbiam rammentao VENANZIO FORTUNATO, che met in versi la vita di Sna Martino di Tour,
come contemporaneao di Greorio di Tours. Lo abaimo ricordato per la celebrazioe di questo santo, ma nche
percè la proruzione poteica è inoritaria nei seoli affrontati fino ad ora, mentre torna in auge in e carolingia.
Molti intellteuli della scuoa paatinasono che poeti. Nell’ambienet dela’accademia alcuni personagi sierano
dati nomi riecchegianti la poesia aina. La dmestichezacon queto tipo di radizioni torn a farsi sominsnate
come mai era stta in qesto moemnto,e la rpouizne in versi onò ad eesre atica.

Qaul è ‘imput che scatena tutt questo? abbaimo l’immagien del poeta data da Dane, che è toccato da
ispisrazione divina. È un’arte, uanecncica fatta di norme e regole. La poesia quindi come arte nela radzione
antica fino a eoa moedran è fatta di METRICA. Ceratmnete è fatta di norma metriche e la metrica era parte
esenziale dela gramatica. Quando sisutfiav ala rpiam dspicplina delirivo questa omprendea l’appendimento
delle regole metriche. Questo perché il METRO è il ritmo, che aiuta la principale facoltà umana, la
MEMORIA. Che è efficacie nel’apprendimento dela lingu sopratttto, che sia pure quella latina. Questa è la
rgaon erci fin dalle prima fasi di apprendimento della lingaulatian si studiava la metrica ae si mandavao a
memoria i versi. Qeinid l’apprendiemnto della letterarra latina andava di pari assi con la metrica.

La maric adi questa rinascita della poesia è sempre la GRAMMATICA. La garmmaica da cui scaturisce anche
la pesiae, e le prime prove di speremntazione poetica. Le prime gradi rcolte di speriemntazioni in versi ch
ederivao da questo ambitol le rtorviamo in ambiente insulare sono prodoti simili al rpim antologinzzato
nela dispensa, intioloato “La penna”. Una poesia in re versi, con parole improrati dunque terinia cnhe di
tradioni elevata per quel c eriguarda il ingaggio poetico. Ma questo è in realtà un INDOVINELLO. Siamo di
fornte a ua delle tradizoni poetiche medievali più interessanti, scaturigine degli altri percorsi che la poesia
carolingia far, che apriranno la storia anche al’amore. Si chiamnao AENIGMATA, “enigmi”, indovinelli.

Ecco coem apprendimento, ritmo, scrittura, siano seintettizzati in auna sperimntazione unia,c he assume la
forma el’indovinelo. La tradzone degli aenigmata è ampia, predno corpo tra VII e VIII secolo, e arrivano
all’età carolingia. Abbaimo già chiamato l’attenzioen sul’“indoviello veroenese”, tra modeli più antichi che
ci portao a transizione tra volgare e taliano, ci riportano atradizione alta e dotta. Anche qeto ha aspetti
ritormini imortati, simao in uan tradizioen lta. Questo per dre che l’attività della scrittuar è perponderante
nella oesia i questa o moemtno storico, è uan delle finalità principali dela cultra carolinga.

Il successivo, “L’inchiostro”. Per raccontae cos’è linchiosto, ‘è un inguaggio qualitativamnete


estilisticamnete alto. Questo perché l’attvità di cpuae di trascrzione è di importnaza capiale per la cultra
caroliniga.

Anche l’ultimo, un carme di Alqino di York, che lui avve ascritto proprio per lo scriptorium di Tours, dve
trasfeì nell’ultima part dea sua vita tra la fine del Settecento e il 1804, quando morì. Quest documento, il
carme 94, ratato dagli “MGH”, è un carme in versi doe lcuni fa an serie di racomanazioni agli scribi delo
scriptorium di Tours. Parla ai copisti, e dce loro che quando si copia, non bisogna chiacchierare, rchè si
ppotrebbbero commettere errori. Si crchino dei modeli corretti da cui trascrivere, quindi anche l’attenzioen
per i etsti che vanno trascritti – cosceinza della dievrsità che porta a prestare atenzone su cert asptti.
Questofa sì che l’Itlia,a idelanete più vicia alla romanià, resta idietro, perché mn si rende conto he le cose le
fggono di mano.

Una delle invezione dell RIFORMA GRAFICA CAROLINGIA fu ‘inseriemnto dei spazi bianchi, soluzione grafica
fondamnetale. Priam la srascriviozne avveniva per “scriptio continua”, elementi sinatticamnete asociati
stavano tutti attaccati, in un sola parola. Sottolinra allaora gi asetti formali, eprch si scrive per far leggere a
qualcuno. Di fornte a questa testimonianzapossiamo leggere oltie informaioni: innaznitutto quello realaiva
alritorno in auge alla POESIA, l’attenzioen all’aspeto della normativ dela regola della gramatica, le
indicazione che vengono date a Tours, e il atto che inq ues carme ritornino rcacomandaioni trovate già nella
“Dispensa n. 4” a prorposito d CASSIODORO, nell’elogio dei copisti di Vivarium, nelle “Istitutiones”.

Alcuino di York aveva probabilemte econosiuto CM a oam negli anni ’80 el Setttecento. Trascrose rima di
sposterai nell sCuoa Palatina un priodo di formione a PAVIA, realtà squisitamnete longobrda, dove ebbe la
suaformzioen anche Paolo Diacono, e poi si spostò ala dorte di CM. Di alquino a noi è pervenutoa ua vasta
roduzione scritta legtaa lal’attività didattica, rattati di grammatica - “De Grammatica”, “De ortografia” -, ha
uan cospicua produzioen poetic in versi, un ampio epistolario e ancheqaulche arole di carattere esegetico.

- Immagine

Quta è ua miniatura perente in un mansocritto alla Biblioteca Apostolica Vaticana: cme dicono le didacalie,
questi persnaggi sono Alcuino – chiamtao anche “Albinus” -, piuttosto vecchio, he abbraccia, in un gesto
ficisoc abastana rilevante, un govane, RABANO MAURO – Maurus” -, elo presenta a San Martino. Abbaimo
al rpiam e al secnd generazioen ell’età carolingia. Questo peronaggio èinfatt RABANO MAURO, allievo di
Alcunio a Tours, il grande fondatore dell cuola di FULDA, ch edorse entr i monstero di Fulda.

Per lla sua sterinat asdottrina venne definito “praeceptor Germaniae, pechè con Fulda siamo dnella
propagine est della Germiana. A Fulda costituì uan scuol di grande spessore, aerta non solo all’laboazione
etteraria, ma anche alla rilfelssioen di carattere scientifico. Alla scoal di Fulda inontarrono Rabano Mauro e
il suo magistero, si formarono EGINARDO e LUPO DI FERRIER. L’apertra veso la speculazioen anche di
carattere scifico è improtane a questo ambiente di possonor icodurre tratati di carattere bnatico, zoologico,
e sparrttuto uan grande attenzone verso al tradizione ENCICLOPEDICA, di ci Rabano mauro ci lascia uan
traccia improtante. Quindi Fulda come luog di sintesi enciclopedica della grande seperna culturale della
treadizone pasata, e della sua rilebaorazione in età carolingia.

- Dispensa n. 12 - Primo estratto

È uan pagian sola con due estratti. Il rpiao è trattao da un’opra di carattere pedagogico finalizzat ala
formaione dei chierici nel suo monastero di Fulda. Siamo sulla line adi radizione delle “Istitutiones” di
Cassiodoro. Il titolo è “De clericorum istitutione”, “Sulla formazione dei chierici”. Qualcosa del genre s
poteva già coglire nela prefazioen alla “Historia Francorum” di Gregorio di Tours: lo scopo è quello di farsi
capire con un linguaggio semplice, perché potesse arrivare a tutti. Mauro ui sta parlando alle modalità di
rivolgersi a uan folla di sileziosi, nella circostanza d un’omelia, un commento alle Scritture. Ci risporta anche
ala “Regula Sancti Benedicti” Questo passaggio è un esempio del’pplicazione delle “Glossed i Reichenau” e
del mandato del “Concilio di Tours”. Allora ci possaimo rifare alla “Dispensa n. 9”, nel percorso del “Latino
nel Medioevo”.

Di Rabano Mauro ci ricordaimo il “De clericorum istitutione”. È il più grande esegeta del Medioevo grande
comentatore dele Sacre Scritture. È uan componente fondamnetale per la sua suola a Fulda, luogo dove si
prtica moto l’esegesi biblica. L’opera più famosa di Mauro è lo sterinato trattao encclopedico, “De natura
rerum” o “De universo”, un’enciclopedia che si poneva lo scopo di raccoliere tutto lo scibile mano dentro
un libro, comse fosse uan grande bibliotea circolante. Un testo di cui oggi non abbaimoancora un’edizine
critica, a presa dalal patrologia latina, ratat di tuttigi aspetti del sparee, dalla tradizione letetraria a quella
scientifica.

Questo Capitolo III del Libro XIX dedicato alle piante parla dei Legumi, un toccasana che ha consentito
lasopravvivenza, le proteine del passato. L’enciclopedia di rabano Mauro parte dalle parole, intono a cui vi
è uan cheda. Ma nonsi pu mai prescindere dall’“etimologya”, dalla grammatia. È ineressante com esi volglia
smepr eraivare alle origine della parola, alal radice della sua formazione. I legumi sonnpiante antcihe. Cosa
introdce Rabano mauro diversanete da Isidoro? I snsi SCRITTURALI, ALLEGORICI, l’intrepretazioen allegorica
al’intreno della scrittura. È una scrittura esegetica, perché di ogni parola dà i sensi, di ogni termine oltre
all’etimologia ci viene descritto anche il significato. I legumi volevano dire “continenza”, erano allora
mangaii durante la Quaresima”, perché molto nutrineti e sostanziosi. È bella allo anche la riflessioen sulal
realtà storioc, cltrale e sociale: il sesno mistico el legume si praticava anche andando nell’orto di un
monastero.

- Video - Mariano Dell’omo - Ripresa codici “Abazia di Monte Cassino” - Manoscritto di Rabano
Mauro

Si tratta del primo manoscritto ad essere stato correlato di illustrazioni. Questo per capire quali
straordinarie dimensioni possa riservare questo tipo di tradizione.

27/10/2020
Ieri siamo approdati a Rabano mauro passando da Alcuino di York. Mauro è uno dei grand pensatori del
Medioevo che Dante ricorda nel XII Canto del Paradiso. Mauro fu un grande pensatore, nel Cielo del Sole,
quello degli spiriti dei Sapienti, è la cerchia di intellettuali che convivono. È inserito nel momento in ci gli
anglicani elogiano i domenicani, e viceversa. In mezzo ai sapienti domenicani viene inserito e ricordato raao
mauro, in una sequenza non cronologica.

L’argomento di oggi è un altro importante autore di età carolingia ed è PAOLO DIACONO. Ieri lo abbiamo
menzionato circa la prima generazione carolingia, sia perché rappresentava il gruppo degli “italiani” ma
anche di quegli intellettuali che muoiono prima ancora che CM salga al soglio imperiale - Paolo Diacono
muore nel 799. Lo considerimao tra gl autori di età carolingia, nche se qeta valutazioen non è appropiata.
La maggior paret della sua esistenza la trascorse altrove. Fu longobardo, e lo rimase fino aa fine dei suoi
giorni. Fu di orgii friuliana, ma da giovane venne mandato alla Scuol di Pavia, capiale del regno longobardo.

Si formò a Pavia durante il egno di Linfrando, uo degli ltimi reannti dei Longobardi, l re longobardo al quale
la più conociusta opera di PD, l’ “Historia Langobardorum”, approda. Quesat non arivaalla fin delal soia dlla
dominaizoe longobarda in Italia, ma si arresta al 774, il regno di Liut Brado. Fu lìulimi omoemnto di uan
stagioen fortunaa, ridente e ositia, che di lì a poco sraebbe stat sconfitta da CM.
Da uesta storia possiamo inquadrare il percorso storiografico, di cui abbiamo parlato ieri. L’HL di PD stava a
sé er avrie ragioni, non soo perché è la più tarda, né soltanto perché ricostruisce la stori adi un popolo alla
sconfitta, né perché la scrive dopo esseres tato ala crte id CM, che ne aveva detrminato la scontfitta –
esperineza breve, di un decennio, tra gli anni ’80 e i primi ’90 del Setteeto, poi ritorna a Monte cassino.
Monte Cassio er il suo monastero di elezione, dove li s era spostato precocemente al seuito degli espoennti
del regno longobardo NEL Ducato di bneevento, rpiam che ci fosse l’avanzata di CM. Il Duato di bnevento
rimarrà sempre indenne alla conquista di CM.

È a Moante Cassino che PD conclude verosimilmente l’HL. Le posiionzi sui tempi di stesura dell’opera sono
discordanti: nonsi è certi se sia tata scrtta completamnete a Moantea Cassino, o se sia stta iniziata prima.
L’ambienet di Monte Cassino è sempre stato culturalmente vicino alla stradizone storiografica: allora la
stesura dell’HL presso Monte Cassino contraddistinguono uantradizone storiografica nel conetsto
benedettino continantale. Il fatto che allora si sia compiuta lì raccont tante cose, di rodinestorico e
culturale.

L’HL è un’opera che può essere inserita nella tradizione storiografica dei regni germanici, con un ulteriore
caratteristica, che riguarda l‘INCIPIT. Le storiografie nazionali iniziavano “ab origine mundi”, dall’origine del
mondo, con l’eccezione dell’incipit dell’HL di Paolo Diacono. Inizia con un excursus geografico di
straordinario interesse, è la fonte pricipale di cui noi disponiamo riguardo l’origien dei Longobardi e la lroo
area di provenienza, che arte ancor prima dal definirel eregioni settenrtionali da cui sarebbero derivati i
Germani. Ai Germani apparetengono anche i Longobardi, che lui fa venire dalla Scandinavia. Li distingue
con enfasi ositiva dagli altri popoli germanici. Quindi uan rapresentazioen che subto emege come positia di
un popolo che, al meomtno in cui PD sta scrivendo, non è vincitre, è sttao sconfitto. Interessante anche l
rovesciamneio di concetti scientifico-climatici traizonali, che secondo latradizione scientifica erano soliti
esssere solegati al calore: il calore va connesso al fenomeno dela riroduzione, dela generazione. Il conceto
viee ribaltato. Queste popolazoni, per la lor distanza dal calor,sono più salutari e atte ala proliferazione
delle genti.

Interessante anch sottolinrare la numerosità, la garde quanità di genti che da quelle località erano venute
fuori. Lo steso territorio nati non riusciva a soddisfare i bisogni vitali di tutta quella genet, allora PPD prov a
riflettere sul fenomeno migratorio del tempo. Nche questo è un aspetto di intresse che caratetrizza l’HL
come peculiare e di grnde imortanza. La qalità continutistica e formle di PD si evince subito da qui; è scritta
ala fine dell’VIII secoo, el cose sono notevolmente cambiate rispetto al VI.

- “Dispensa n. 10” - Pagina 3

Che cosa rispetto alel altre de storie nazionali antomedievali, uella di Gregorio di Tours e Beda, ha in
comune la storia di PD? Ha in comune l’esalatzione del rul olitico, spirituale, dplomatico, che GM ebe nei
confronti dell’integrazione prituale e sociale del popolo germaico s territorio italiaco. L’associazione più
diretta è quella di Beda, tanto che GM era l’unico che aveva concesso agli Angli di diventare unica gens. La
figura di GM occua a posizone di protagonista assoluto. Anche GDT icorad la salita di GM la soglio pontificio.
Uidni questo proecsso di mediazione cheè appannaggio per Beda e Gregorio di Tours ha un ruolo effettivo,
menter uesto non c’è nell’HL di PD (FORSE È IL CONTRARIO). In GDT troviamo un punto di conatto, el ruolo
di uan donna he interveine nel processo di convesrioen di un popolo,: nell’HF abbaimo trovato Clotilde, qui
nell’HL trovaimo Teodolinda, che costituisce un tramite anche epistolare.

Il barno antologizzato ricda la morte di GM, e la sua santità. In qaulche modo si ricolegga a bani etti di Beda,
d cu ricordaimoil lugo excursus di opere scrtte, cominciava con il ricordo dell’anno della sua morte, in un
sorta di flashback. Qui, nel Capitolo XXIX del Libro IV, abbiamo la descrizione della morte del personaggio
che muore nella sua santità.
Abbaimo al descriizone della NATURA che compartecipa alla morte del santo. La natura painge in maniera
sintomatica, con il freddo e il vigore della terra manifesta il suo dolore. Cita PD un’epistola tratta dal
“Regitrum Epistularum” di GM, che PD aveva evidentemente letto e studiato, avuto a disposizione. Ricorda
u episodi citando uan fonte: priam di diventarepapa, si ritorva a diriere ua questione diplomatica a
Costantinopoli. L’azioen di GM, vista fin da quella lettera – termian di rafforno dell’immagien della
distrzuioejndi Monte Cassino -, è PACIFICA: non avrebbe mai potuto accettare la violenza fisica, l’uccisione.
Come se il qualche modo PD si inchimase di fornte alla sraordinarietà del’azioen polita e diplomata
dell’uoo, che ona vea acceta di venire in contraato con i Longobardi, la cui rappresentazione non è tenera:
erano bruti e feroci. Questo e collegare uan etssera testuale all’operad PD.

Per colegarci alla lezioen di ieri, e alla letteratura carolingia, si sottolineava la grande novità delal tradizione
letteraria carolingia rispetto al passato, la POESIA. Sulla poesia ritorniam e andiamo alla rpiam pagian della
“Dispensa n. 10”. Abbaimo un carme di PD: quale fosse il gradi di formion e di istrioen di un personagio ch
aveva studiato a Pavia ine taà ancora longobarda. L’et caroligia eredita tratt di formaione in senso positivo,
e mette tutto insiee. È un occasioen di connubio di tanti elementi positivi. Qui la componenet stilistica e
formale è assolutamnete prsente, l mdo in cuil’inverno abbrccia il corpo esamnie del martire nell’incipit
dell’HL.

La poesia è indirizzata a un amico. Di cosa parla? Si parla d’AMORE. Abbiamo parlato del detro e del fuori
del monastero. Le Muse non vogliono stare chiuse nel chiostro di un monastero, vogliono scappare fuori.
Parla di una amico che se n’è andato dal moaster, di cui l’autor onorerà per sempre l’immagine. Si chiude
con un porcesso restorico evidente, delle cse impossibili che si ritorva nella poesia. La poesia che dienta
luogo nuovo nell’elaborazione dei sentimenti, che abergavano nei monasteri. Le riforme che ci sarebberi
sate di lì a poco rigaurdereanno anche gliaspetti spirituali: un certo tipo di formaione apriva spazio a
elaborazione di sentimenti che andavano praticati, qauli quello OMOEROTICO. Queto esempio per
ricordarci che PD fu anche autore di un cirpus di carmi. La lor paternitàè ancora discssa, am ci sono delle
possibilità. A maggior pare di essei è riconducinil al sogiono presso la cote di CM, elemento di innovazione
letteraria. Anche i monastero diventa luogo di partica dell’amore. Il conctto di amicizia si estende anche a
questa dimensione.

PD si può dire essere POETA LONGOBARDO. Andiamo alla pagian 2, ch eocntine uan espressione, un
esempio del suo carattere ERUDITO. PD fu anche un grande ERUDITO: lavorò approfoditamete aulla
tradizone dei classici latini, in particolar modo suquella delle alrti che più vene propunata all’iizio dela
sagioen carolingi, la GRAMMATICA. PD scrive un’opera grammaticale: il su passaggio alla corte di CM fu
coadiuvato dalal consocenza di Pietro da Pisa. Uandele epressioni più significative dell’impegno di PD come
gratmmatic e erudito è l’epitome al “De significatione verborum” di festo.

Era un rande tratatto di carattere LESSICOGRAFICO di età tardoantica che a sua volta sintetizzava trattati
preesistenti. PD ne realizzò un’epitome, una sintesi. L’opera di Festo ciè giunto mutil i un slo manoscrittoc
he oggi si trova a Napoli. Per tutte le aprti mutilate, la nostra unica fonte è l’epitome di PD. Si ratta di
un’opera, benché indirizzata al sinetsi, che ha garantito la sopravvienza di un testo che altrimenti sarebbe
andato per garn arte perduto. In dispensa troviamo la dedica all’epitome indirizzata a CM, riconducibile alla
permanenza di PD lal corte di CM.

PD, offrendo a CM questo libro, vuole che sia messo nella BIBLIOTECA DI CORTE. Quindi l’interesse che può
suscitare i tsto di Festo riporta on soo all’attezioen ala rpoala in sé, ma alla parola che porat testimonianza
di vita, d storia, di toponomastca. Cerca di ribatezzare il terminiclturali la ardizione di CM, che è un
germano barbar, ma gli consente con l’opera di divenatre consapevole della tradizione latina su cui battono
i suoi piedi. La dedica di queat operazione di epitoem che lui fece sul testo di Festo.

Citiamo altre due sue opere. Una, uan biogarfia si San Gregorio magno, un’opera di carattere agiogarfico, al
“Vita Beati Gregori Papi”, a dimostrazen del rolo che lui ricoprì nell’escursioe intellettuale di PD. Altra opera
d carattere storiografico, “Historia romana”, la più grande trdizione storiografica anctica, che nasce cme
pampliemento di uan’opera stroigrfica antica, il “Breviario” di Eutropio. Il “Breviario” di Eutropio enne
amplificato e rielabprato nell’ “Historia romana” di PD.

02/11/2020
I RPOVENZALI SONO GLI OCCITANI.

Affronteremo oggi tre personalità che in maniera diversa ci danno la misura delle rivoluzioni in ambito non
solo culturale/letterario, ma anche sociale, che fece da cornice all’età carolingia, con tutto quello che in
termini di possibilità, di ingresso nel mondo della cultura essa concesse, questo nuovo contesto politico. E
anche tutte le trasformazioni che riguardarono anche il rinnovamento dell’ambiente pressocché esclusivo
in cui fino a qel moemtno si era svolta la cultura e a ci era proposta la formazione, il MONASTERO.

Attraverso le leture che faremo oggi vedremo questo inmaniera diretta. Le trasformzioen che quidni
cosentirono uno svilupo del porgerss cltrale, am anche un impoveriemnto del connotato spirituale, aspetto
essenziale e fondamentale di un percorso onsatico, che andarono porgressivamnete sempre più incontra
un meotno di crisi, che imporrà nei secoloi duccessivi, X e XI, di riforme porfonda, con la nascita di
movimnti religiosi.

Si tratta di un’autrice espressioen in questo senso delle novità i questo moemnto storico. La nvoità più
evidente è che l’esratto è tatto dall’opera di una donna, Dhuda. Categoria che cos fa il suo ingresso nella
prodzione letteraria. Qauli soo e novità che cn questa figura possiamo vedervi legate? Quella del GNERE,
che ci ricorda come la cultura carling vesse aerto le porte anche lal formzione femminile, ereditando uan
tradzione che aveva avuto già in precdenza qualche esperimento in ambito iralndese. Non abbaimo uan
rpoduzioen rilevante, tale da poter definire uan tradzione letteraria. Ma acneh figure efminil ebbero
accesso anceg a picoli pecorsi di fomrioen culturale era già avvenuto.

Questo nome può esere associato al fatto che la cultura carolingua ereditò radzoni ed eseprienze culturali
di carattere irlnadese. Siamo infatti entrati nell’età carolingia con la navigaiodi San Brendano, eprchè
quell’espeinea da tanti punti di vista, in anti modi, rieccheggia epalpita nell’esperineza carolingia. Quali tii
di donne possono aver accesso a percorsi diformzione, eossono avee l’opportunità di dare sbocco ad
espermenti letterari? Di certo nobildonne, di estrazioen sociale elevata, appartenenti o per nascita o per
fortunata occasione alla nobiltà, all’aristicrazia, a quell’ambeinte laico di cui la corte carolingia amò
circondarsi.

Questo è anche il caso di Dhuoda. Nobildonna che era nadata in sposa a Bernardo Conte di Settimania.
Siamo nel nord della Francia. Questo Bernardo era esonsnte dell’età carolingia perché filgio di Guglielmo di
Aquitania, famoso nella “Chanson de geste” pe aver combattuttcon CM. Dhuoda lo sposa ra gli anni ’20 e
’40 del IX secolo, Bernardo vide a metà del IX seclo nuove invasioni barbarich, che dal nord dell’Europa
cercarono di insediarsi suiterritori dell’Europa centrale e nelle zone più a ovest, come i Normanni. Loro nel
corso del IX secoo arriveranno dalla candinavia fino alla costa nord-orientale della Franci, per pi agganciars
con Guglielmo il Conquistatore alle isole britanniche, e costruire quel pote politico che rapresentò la
Normanda, che prendea parte dela Francia e poi anche l’Inghilterra. Non fu quaindi età d pace e
tranquillità.

Dhuoda era molie di uno che andava a far la guerra, ebbe due figli, il primogenito fu maschi, anche lui
Bernardo, anche lui da tradzione destinato a mestiere delle armi. Il marito quindi sostanzialmnete la utilizzò
per tenrela a controllare possedemnti e fortificazioni in FRnacia. D passò gli ultii anni della sua vita nella
fortezza di Ussex. Stava sostanzialmente a casa a osservae le propretà dfeudali della famiglia, del marito,
che lui conquistava attraerso i successi delle campagne militari.
Abbaimo quindi l’immgaine di uan donan nobili, che ha avuto grazie ai percorsi coniugli la possinilità d
entrare nell’ambiente di corte, di formarsi lì e istrirsi, per poi però rimanere sostanzialmnete sola. D è nota
per aver scritto quest’opera, “Liber manualis”, che vuol dire “libro da portare in mnao, da tenersi in mano”,
rifacendosi in questo ad un precdenete prossimo alle sue letture, l’ “Enchiridion” di Sant’Agostino, la forma
greca della perifrastica “liber manualis”.

È l’unica opera ervenutaci di Dhuoda, di cui sappiamo esattamnete la data di conclusione, perché ce lo dice
lei stessa dichirando la propria identità al tremine del libretto, e dice di avela conclusa nel febbraio dell’843,
stesso ann del Trattato di Verdun – a seguit del quale l’impero di CM asrene stato spartito in tre realtà
polito-amministrative distinte -. È un moento storico difficile, a cui prse parteio figlio Bernardo, alle lotte di
successione. E Dhuoda indirizzò i “LM” al figlio, altra spia del ruolo che avrebbe poi sempre ricoperto la
figura femminile nei percorsi di educazione e formazione.la figur femminile rimane legata alla formzione
domestica, all’insegnamento domestico, alla prima formazione dei figli. Ed è quest i fine del LM, nel quale la
madre dà al filgio uan serie di raccomandazioni che lei si auspica che il filgio possa sguire, un filgio dedito
agli affari ilitari.

Gli spiega i precetti fondamentali da seguire in termini morali per condurre al meglio la propria vita. An sere
di raccomandazioni che racchiudono una serie di principi morali. Tutta la categoria delal precettistica
cristiana è qui contemplata inoltre. Una serie di precetti e insegnamenti attraverso ci vuole spiegare al figlio
come stare al mondo. Fondamentale il CONCETTO DEL RISPETTO, di chi sovraintende in termini spirituali -
Dio - e laici - chi governa -.

Il testo è in latino, un estratto dal prologo. Si apre con una dichiarazione di modestia e ignoranza, si rende
conto di appartenere a una categoria a cui non è scontato pertenga la pratica delle lettere e la formazione,
dell’erudizione. Procede con una citazione scritturale da un Salmo. Abbiamo l’affermazione del “sé”, prima
citazione dell’io poetico al di fuori della produzione storiografica. Parla a un destinatario preciso, suo figlio.
La pratica della lettura come gesto di dedizione e di abbellimento, usando un’importante similitudine.
Ricaviamo che il figlio è istruito, quindi vediamo come la diffusione delal cultura cominci a uscire al d fuori
delle mura di monasteri - è quindi spia di una trasformazione sociale molto rilevante -.

Il termine “specchio” diventa strategico della nascita, in et carolingia, di un preciso genere letterario, gli
“specula”. Erano testi letterari che contenevano una serie di precetti morali untili alla formazione delle
categorie di volta in volta chiamate in causa - Macchiavelli. Lo specchio tra l’altro riprende la similitudine
fatta in precedenza, a dire ce un percorso di formazione morale è un atto caritatevole, di gentilezza e di
educazione, nei confronti di chi ti dovrà guardare, e quindi in te riflettersi. Lui dovrà essere utile al mondo e
piacere a Dio: si raccomanda che abbaia un comportamento compatibile alle attività che in quel tempo un
giovane della sua età è chiamato a svolgere, quindi avere un ruolo moralmente positivo sia per il mondo,
sia al cospetto di Dio.

Quindi un gesto di amore come se la madre con questo libretto lo volesse seguire nei percorsi che avrebe
compiuto lontano da lei. Qindi tanti aspetti, non ultimo l’elabrazione dell’amore materno e filiale,
sentimeno umano che trva spzio in modelli ed esperineze letterraie rilevanti dell’età carolingia. Quidni don
Dhuoda abbaimo vista la novità del genee.

- “Dispensa n.13”

EGINARDO DI FULDA. Con Eginardo siamo nella second generazione carolingia, degli intellettuali formatisi
sotto Alcuino di York. Il fatto che sia “di Fulda” ci chiarisce anche dove si era formato, lo straordinario
ambienet del monastero di Fulda, che venne intellettualmetemmarcato inm maniera indelebile da Rabano
Mauro.
Di quale novità ra le tante Eginardo può esere espressione? È espressioen del fatt che in età carolingia si
può studiare presso un monastero anche senza essere monaci, ed è anche espressione delfattoc he si
poteva da un certo momento in poi divenatre abati di un monastreo pur non essendo monaci – grande
rivoluzioen deglia ABATI LAICI, che costribuì al percorso di egenrazien spiritaule del monachesimo
bneedttino.

Eginardo aveva avuto an rpi formzioen stto Alcuino, era stato suo allievo. Sptt il suo magistero sia era
psitivamnete distinto, atnto che CM gli aveva affdato incarichi importanti in seno alla sua corte. Quindi
Eginardo C lo aveva conosciuo di persona. Aveva conosciuto d ersoan ache i suo ambiente, aveva assistinto
all’eco della sua incoronazione, era stato testimone diretto di tutte le sue imprese. Sotto il suo successore,
Ludovico il Pio, si era occuptao dell’educazione di Lotario, quindi era stato anche precettore prvao
all’interno dellafamiglia regnante.

Ebbe importanti contati con l’ambiente di Fulda, conobbe Rabano Mauro, approfondìla sua formzione lì, fu
in contatto con il monastreo di Reichenau, e venne nominato abate laico di molte fondazioni monastiche. È
fra le novità dele stagioen carolingia, espressioend i promiscuità tra abminete monastco, politico e laico
figura intellettuale di traordinario spessore e rilievo,c he ci doimodtrsa anche la grande frequantazioe che
egli ambienti moastici, in età carolingia, nel pieno IX secolo, si aveva anche la TRADIZIONE DEI CLASSICI.

La sua produzione. Eginardo si cimentò nella scrittura di opere di carattere biografico. Fu biografo, non
divenne ami monaco pur formandosi nei monasteri. C’è un corpus di biografie religiose quindi di agiografie,
dedicate a santi diversi. L’opera per cui è più famoso è una biografia LAICA, quella che lui dedica a Carlo
Magno. La cosiddetta “Vita Caroli”, che rappresenta il primo vero esperimento di rinascita del genere
biografico laico, quando la tardzioen precedente aveva certo odotto tante vite, mavite di santi. Per la rpia
volta vediamo rifondato da zeroil gnere della biografia di uan figura, un personaggio che santo non è.
Rifonda il enere BIOGRAFICO LAICO.

È un’opera di carattere storico, descrive le gesta e le imprese, ma anche i carateri morali e fisici di questo
imperatore, che lui conobbe direttamente. La scrive intonro alla fine degli anni ‘20 del IX secoolo, qaundo
CM è già morto, quindi quando la situazioen dell’avvicendamneto polito nella gestioe dell’impero
carolingioè già incrisi.uel mondo ftaicosamnete costrito nel senso del’unità e della coesioen non esiste più

Quindi è un’opera ch evuiole essere uan sorta di monito, di invito a qusti successori che si stanno
combattendo e scotrando, aricoordare quell’eseio del’avo posismo nel tempo,c he aveva indirizzato verso
altre rotte. Uan biografai che gurada con gli occhi a un personaggio vivente, ma che si ispira a grdi
monumnti classici, alle “Vite dei dodici Cesari” di Svetonio dalle quali riprende lo stil, l’impianto narrativo e
strutturale della narrazione di una biografia. Ciò significa che Svetonio circolava ampiamente, tanto da
sollecitare un nuovo esperimento letterario.

La “VC” è uno dei risultati più evidenti della frequentazione degli autori classici di questo momento storico,
ch vengono letti e riproposti in forme nuove. Quale delle biografie svetoniane? Quella di AUGUSTO. Quindi
molit passaggi richimano proprio a quella. Augusto fu tra gli imperatori descritti più positivamente. Spesso
Eginardo soprasiede sulle sconfitte. Le fasi belliche crtamnete non sono il rato, l’argoemtnok, la
componente più rlevante di CM scritta da Eginardo. Lui si sofferma sulla cultra, la formzione fisica. E anche
lesue capacità di adeguarsi alle eesigenze e alle tendenze della cultura. L’opera viene poi dedeicata a Carlo
il Calvo, ch Eginardo riesce a vered neal sua succesioen al troo imperaile. Il fatto di riuscire a vedere questo
personaggio nella su viosne positiva, in u momento storico molto critico e difficile, è di un certo rilievo.

La parte iniziale è tratta dal “Prologo”. Eginardo si rende conto di compiere una cosa nuova. Siamo in un
contesto di raffinatezza e completezza letteraria di un certo respiro. Siamo in un contesto di fruizione di ciò
che si scrive ben più ampio: tutto esce fuori dal monastero, comincia ad aumentare anche il pubblico della
lettura. Rivendica l’autopsia di ciò che racconta. Racconta ciò che ha visto, e si rifà anche ad altre fonti,
poiché non ebbe modo di vedere tutto. Si rià alle fonti annalistiche, tra le principali insieme all’opera di
Eginardo per la ricostruzione della vita e delle gesta di CM. Si riferisce anche alle funzioni importanti che lo
stesso Eginardo ricoprì alla corte di CM.

Tona la dichiarazione di modestia retorica: menziona Cicerone all’intern di queta iperbolica dichiarzione.
Improtante per capire il versante di frequentazione dei etsti classici in questo moemnto veramnet comune,
che subisce un’impennata straordinaria rispetto ai secoli precedenti. Simao nel “Prologo”: qual è la
question che subiot Egnardo mette in rilievo? Molte per di età medievale hanno scarsa diffusione, ma a
fronte di questo ve ne ono altre di circolazione straordinaria, di vasta diffusione. Primo elemnto su cui si
interroga è la BARBARIE DELLA LINGUA. Cm è babaroperchè germanico. Quindi subito l’attenzioen per
l’aspetto della lingua, in un epoca in cui si parlano già nell’uso comune le lingue volgari, soprattutto in
questa area. Non solo si era sforzato di imparalo il latino, ma anche di scriverlo, non curante del precetto
ciceroniano.

Subito sotto, al Capitolo XXV, un passaggio relativo alle competenze, anche linguistiche, del sovrano, e
come facesse a studiare. Quindi un sovrano che è anche grande COMUNICATORE. Importante la riflessione
sulla lingua in termini di funzione comunicativa. Risulta un gran “chiacchierone”: tutto il contrario della
“taciturnitas” trasmessa da Svetonio e Tacito. Un personaggio che aveva imparato il latino, lo sapeva
scrivere e parlare, ma che aveva anche tentato di imparare il greco. Anche questo piccolo fallimento
nell’esperienza personale dell’apprendimento delle lingue era spia di un fallimento polito e istituzionale più
grade. L’Impero d’Oriente infatti non riconobbe mai l’invenzione del Sacro Romano Impero fatto da CM.
Questo pccolo falimento nella partica lingisica rappresentò anche un fallimento politico, al quale poi
avrebbero ceracto di rimendiare nei secoli successivi gli Ottoni.

Grande praticatore di arti liberali, ricolmava di onore anche chi le praticava. Per l agarmmatica si rifece a
Pietro da Pisa, per le altre discipline ebbe come maestro Alcuino, sopranominato “Albino”. Sintetizza la
formazione che aveva compreso sia le arti del trivio sia le arti del quadrivio, aveva fatto il cursus completo.
Chiudiamo con un suggerimento su come facilitare il processo di apprendimento. Per adeguarsi alla
romanità - che rappresenta la cultura -, si era sforzato in tutti i modi, questo imperatore presentato come
barbaro. Un barbaro che attraverso un percorso di formazione tutt’altro che scontato, automatico o
osmotico, gli consente di progredire e di veicolare/accompagnare un percorso di civilizzazione del suo
impero.

Questo capitolo XXV ha atto idea della tipologia di storia contenuta in questa vita. Ha anche passaggi di
natura bellica, ma sono più numerosi quelli che riguardano i passaggi di vita privata e di abitudine.
Interessante è l’attenzione data all’imperatore alle lettere, che lui stesso sperimenta, nonché le elargizioni
onorifiche vengono riconosciute a chi le pratica e a chi le divulga nell’ambito della sua corte.

Ideamenete noi sottolineiamo l’importanza nell’età caroligia in equesti rpimi secoli dietà medievale, n
sistma di trasmssione dei apere, di rapprti specifici tra ealtà diverse, tutte concentrat su qeta zona
ell’Europa. Le tante località che insistono su questa zona anche quando geograficamnete distanti vedono
sistmai di relzione forti scambi culturali, circolazione di conoscenza, idee, libri, he nei secoi pecedenti on
sussiste con ale intensià. Quest è l’utimo dato con ci ciudiamo al nostra esperienza caroligna, e la chudizmo
con la testimonianza di Lupo d Ferrier.

 “Dispensa n.14” – La lettera di Lupo di Ferrier ad Eginardo.

Con Lupo di Ferreir chiudiamo le letture di etaà carolingia. Siamo di fronte a uan lettere, il cui destinatario è
Eginado. Ci fa toccare ciò che abbiamo appena affermato: i rapprto di scmbio tra realtà intellettuali
mpornati dell’Europa centrale del I secolo. Lpo di erreier fu il filologo pù importanet della Seconda età
Carolingia. L’espressioe “filologo” è anacronistica, perché è un termine moderno. Ma ci serve per indicare la
speifica attività condotta da Lupo di Ferrier, che fu rivolta soprattutto al alavoro di recupero, raccolta
ecorrezioen di codici di autori classici. Con uisiamo di fronte ad un tipo di attività intelettuale finora mia
incontarto in maniera così evidente.

Ma che in qualche modo sviluppa princpi e raccomandazoei osservati fin dalla nascita edlel rpiem fodaioni
monastiche in Occidente. Rpensimao alle raccomandazioni di Cassiodoro fatte nelle “istitutiones” per i
monaci di Vivarium. Impornate anch il Carme 94 di Alquino dove si racomanava ai copisto di Tours di stare
attenti. Dunque ci sono percosi di attenzone ala correttezza del testo e ai process di tramissione scritta del
etsto che nel corso del IX secolo si tarsformnao in attività intellettuale mlto impornate, a ci ceret figure nela
seconda metà del IX secolo si dedeicano con maggior attenzione.

Lupo di Ferrier fu il iù giovne della seconda generzione Craolginai. Di lui si ricordano alcune opere, qualcuna
di caratetre aiografico; un suo interessante epistolario, da cui è tratta la lettera in dispensa. Interessanti on
sono solo i contenuti, ma anche i destinatari. La sa attività si ricostruisce anche atraverso l’individuazioen di
alcuni manoscrittic he gli apartengono e che contengono el sue annotazioni. Iamo in aund iemsnioen
filologica di ampio respiro. Lpo è un monaco, a difernea di Eginardo rende i voti. Si froma all’inizo sotto
Adalberto – allievo di Alcino - a Sens, in Francia. Poi a Fulda è allievd i Rabano. Quindi rivive il magistero
Alqcuininao di sebdonda generazine. Nella seconda gfase della sua vita si trasfeisce a Ferrier.

È noto per l’ampia attenzione al lavoro sui classici, e celebre per i manoscritti riconducibili al suo ambiente,
e ancora è importante per questa accolta ricca di lettere, oltre 100, 127 circa, che costituiscono il suo
espistolaro. Quela che leggiamo è la prima, rivolta a Eginardo. Eginardo è orami vecchio, celebre per il suo
ruolo nei confronti di CM e della corte, il giovane e studioso Lupo gli si rivolge per consigli crca la riflessioen
sul lavoro sui liri di autori classici.

La lettera si apre con la “salutatio”, l’omaggio, il gesto di saluto reso dal mittente al destinatario. Perché
“Einardo” è messo prima rispetto a “Lupus”? Perché Eginardo è gerarchicamente superiore a Lupo, per cui
lo stile epistolare antico imponeva che si rispettassero nella successione delle indicazioni anche
morfologiche la gerarchia delle parti. Si ritrova l’uso del “voi”, non classico: il “tu” allocutorio nella scrittura
secondo la tradizione classica ciceroniana, lo riporterà in ballo Petrarca in tempi molto più recenti. Lupo
chiede “il dono dell’amicizia”: cerca di conoscere questo personaggio perché in questo modo lo metta a
contato con l’ambiente che conta, cerca di costruirsi un sistema di relazioni. Inizia una serie di citazioni
derivate dalla tradizione classica, riferimenti alla cristianità, il tema dell’amicizia e l’amore per le lettere
(paragrafo 3). Compare il termine ciceroniano della “superstitio”: si traccia il problema dell’attività in
monastero. Si va a leggere Cicerone e Orazio, o si va a fare professione di fede? Si fa riferimento a ruolo
avuto da CM nella promozione delle lettere.

Lupo spiega che gli è pervenuto alla mano la “Vita di Carlo Megno” che Eginardo ha scritto, e che lui già
classifica come testo classico. Lui legge il libro, desidera conoscer l’autore, si seguono dinamiche dal sapore
moderno. Da Adalberto è stato mandato a farsi perfezionare da Rabano Mauro. Introduce la storia
personale - diversamente da Beda -, è un racconto di viaggi e di percorsi che si muovono lungo i consigli dal
grande maestro, per cominciare con lui le “Sacre Scritture”, da Rabano. Fulda fu ambiente fondamentale
per l’elaborazione dell’esegesi. Un messaggero da Fulda giunge al maestro Eginardo, a cui viene chiesto
consiglio per una raccolta.

È superato il limite del pudore. Chiede lui anche di prestargli una serie di libri, e gli mostra un elenco. Tra i
tanti chiede la “Rethorica” di Cicerone, in quanto sa che quello custodito a Fulda è corrotto - importanza
ruolo filologia -.

Chiudiamo l’excursus sulla stagione carolingia. La lettera di Lupo tiene le fila di molti discorsi aperti,
indicandoci come terza novità l’approdo verso l’ERUDIZIONE, che costituisce un settore importante delal
letteratura del IX secolo, e nei successici. È un tipo di letteratura non avvincente, ma comunque importante
e fondamentale. Tutto ciò che ci è pervenuto degli autori latini è passato attraverso di loro. Il percorso
dell’erudizione lo avevamo già incontrato con Paolo Diacono: ciò ci spiega la vicinanza del lavoro filologico
alla grammatica ereditata in età carolingia dall’esperienza irlandese e dalle isole britanniche.

03/11/2020
Siamo in un ambiente per lo sviluppo di una letteratura “cortese”, che si intonra a uan corte. Certamnete
quest tipo d percorso sctorico in nuce si coglie. Le paroel del amadr nei confonti del figlio sono “salutari”,
portano salvezza. La questioen dela Teoria dei Due Soli: l’esperienza carolingia ella quale la donna è
immersa porta la questione: il figlio è un omo che andrà a viever nel mondo, dovrà sottostare alle legg dello
stato, si configua coem entità che susssite a quella universale, parallela. Lo sta educando, cn principi
etodologico, al rispetto ai superiori. Ma la compresenza, questa sorta di glossia governativa tra il mond
laico e quello spirituale, con l’età carolingia verrà ne mondo sempre più fuori.

Star nel mondo per un laico nbile, uomo d’armi, nel IX secolo vuol dire stare alle regole delle due realtà,
l’impero e la Chiesa. Si tratta di uan aporto fondante ancheèer l’INTELLETTUALE LAICO, che ha opportunità
di formarsi incontseti sempre più autonomi rispetto al percorso spirituale, come Dante per esempio.

Lasciamo le categrie dell’età carolinga e ci spostiamo sulsecoo successivo, sl X secolo. Lo facciamo


comininaod, ripredend per lanostra percezioen geografica-sorica, dalla dispesa cartografica, “Dispensa n.1”.

- Dispensa cartografica.

Ieri abbiamo ricordato Goda, perché quest manuale è scritto in un moemnto sorico importante, il febbraio
dell’843, anno del Trattato di Verdan, che porta alla farmmentazioen dell’mero Carolingio, che lo divide in
re regni, la Lotaringia, il Regno franco e quellod i Geramnia – culla dello spostamneto dela sede imperaiel,
peculiarità che deterrà fino all’età asburgica. I figlio di Duoda e il marit eano impegnate nelle guerre di
Seccessioen che si abbetterono sui discendenti di Ludovco il Pio. Ieri ricordavamo che il IX secolo sfu un alro
secolo imporante per qel che riguara le invazioni dei popoli barbarici, comuqnue estranei all’ambiente
latino-romano. Iei citavamo i Normanni, che dall’836 – regno di Ludovico il Pio – comnciano a penetrare in
Francia dalla Scandinavia. Vengono fermati, ma vi si insedieranno agli inizi del X secolo, nel 911, su
concessioen el regno di Frnacia, che concederà ai Normnni un ducato, la NORMANDIA.

Si sposterannoe conquisteranno anche un’area del’inghilterra, con gli inizia del XI secolo Guglilmo il
Conquistatore conquista la gRna Bretagna,e si crae tra questi due seoli un pomte culturale,c he unsice
l’Inghiterra all’Europa, la DOMINAZIONE NORMANNA su questi sue versaneit, che diee luogo a un
imporante rinnovament culturale. su un abienet crtese a tutti gli efetti, siamo tra iil IX e gli inizi del XI scoo.
Verrà furi ua vasta prodizone in lingua latina e in lngua romana, volgare. Invasori normnani improtat, che
nons i fermnao, ma nell’X secoo si insedieranno anche nell’Itlia meridionale, risucendo a conquistare quei
terrtori che mai erano entrati nell’egida carolnga, ducati di SPOLETO di BENEVENTO, sempre rmasti
longobradi o indipendenti.

Altra area d’azione è queal degli UNGARi, popolazione slave c eh si affacciano nel panrma europeo, e
minacciano Costantinopoli. Qindi l’eurpa tra la fine del IX seclo e la prima metà dl X secolo viev un altor
momento di crisi analogo ale prima invazioni babariche e a quelle dei Visigti, ra V VIsecolo. Chi cercò di
porare risoluzione fu anche nel reg di Francia la dinastia dei Capetingi {...}.

Per la definzione di “SACRO ROMANO IMPERO GERMANICO”, che eine quindi rifondato dopo il Tratato di
Verdun, per cui la Geramania era diventata regno, coem si pasa dlal proposta statale ala proposta
imepraiel, che richiaa l’esèeineza caroingia? Certamnete ciò si deve al’insedimaneot l potere della DINASTIA
SASSONE. La loro importanza si acquisisce perché riesono a vincee uan sere di battaglie contro nuove
invasioni, sopartttutto nei confronti degli Ungari.
La dinastia Sassone inizia con ENRICO I DI SASSONIA, che regna ra il 918 e il 936. Ala sua morte sale al trono
del regno Germnaico il figlio, OTTONE I, che inaugura la DINASTIA DEGLI OTTONI, dinastia sassone che
contribuirà con la sua forza sl versante laico all’inauguraione del “SECOLO DI FERRO”, il secolo X, che ci
riconduce alla dinastia degli imperatori Sassoni e degli Ottoni. Ottone I fu clui che tent di ricostruire il
preesistente impero sacro e romnao. Provò a riannettere alla corona tedesca qei territori che prima erano
sttai tutti uniti.

Ottone I si fa icoronare nel 951 RE D’ITALIA a Pavia. A seguito di questa aionedi Ottone I,c he proav a
ricostruire ua pavenza di impero, la pram azioen che veiencompiuta è quella di incoronazioen di Re d’Itlaia
nel 951. Nel 953 Ottome I sconfigge gli Ungari in uan campagna militare importante, la campagna di LEFELT.
L’invazioen degli ungariappresentò veramnete una minaccia per l’uropa centarle e uiche si era porttao in
tasca la vittoria ne volle fare buon uso. Si fece allora dare la corona di imperatore. Ripristinò titolodi
imperatore e se lo fece asegnare.

Nel 962 Ottone I diventa IMPERATORE del Sacro Romano impero Germanico. Dunque rinasce in quell’anno
il SACRO ROMANO IMPERO, morto dopo il Trattato di Verdun. Ottone I fa inginocchiare la Chiesa, ribalta a
rpospettiva e il sistea di raporti. Priam c’è l’Imero, poi la Chiesa. Idealmente l’ascesa di Ottone I era stata
scandita da tre tappe in tre luoghi diversi: nel 936 avva inaugurato la diastia degi Ottoni, nel 953 diventa re
d’Italia a Pavia, nel 962 si fa incoronare imperatore del Sacro Romano Impero Germanico. Altro importate
evento è nel 962, l’EMANAZIONE DEL “PRIVILEGIUM OTHONIS”. È uan legge particolare, ch riablta quel
raporto i indiendenza e di interdipendenza.

Stabilisce che non si può eleggere il Papa senza il placito dell’Imperatore. C’è l’esigenza di peresenza
dell’Imperatore alla nomina pontifici, che poteva anche direzionare. Il Papa avrebbe dovuto giurare fedeltà
all’Imperatore. Ed era l’Imperatore che poteva nominare i vescovi e i vicari di Cristo. Allora il SECOLO DI
FERRO è l’età di TRIONFO DEL FEUDALESIMO – rapporti di dipendenza e interdipendenza - e dei VESCOVI-
CONTI, latifondisti e feudatari a tutti gi effetti.

In questo discorso si coglie un’evoluzioen di uan tendenza che avevamo già visto insiuarsi nelle pieghe della
gestioen carolingau nella nomiandegli abatie nell’inseriemnto dei laici nell’amministrazien delle questioni
religiose. Su questa lina di tendenza si arriva al “Privilegim Othonis”. Altra uquestioen spinosa che con CM
eil suo impero era rimasta irrisolta era il RAPPORTO CON L’IMERO D’ORIENTE, BIZANTINO. I carlingi non
risuciroo mani a stabilre un dialogo proficuo, rolema chiaro anche alla diastia degi Ottoni. Coe s poteva
ristabilire questo dialog,questa reciprocità? La soluaizon è molto materaile e conreta, la soluaizone dei
MATRIMONI.

Ci rpovarono, ma non ci riuscirono. Ottone I (936-973) sarà succeduto da Ottone II, e il terzo successore
sarebbe stato Ottone III, con cui finsce la dinasta egli Ottoni, e a lui succederà Enrico II di Sassonia. Ottone II
prende il potere dal 973 fino al 983, mentre Ottone III dal 983 al 1003. Ottone I ave agià pensato ala
risoluzioen de rapporti con l’Oriente, a veva pensato di far sposrae la filgio uan principessa bizantina,
TEOFANO, proveniente dal Mezzogiorno d’Italai, territori bizantini e ira espanionistica anche deli Ottoni. La
rpincipessa bizantina otav acon sé tutta la tradzione degli sudi e del livelloculturale di Bisanzio nel X secoo;
in area biantina la presena di donne è maggiore rispetti all’area ocidentale. Si trattatva di uan rpincipessa
coltissima, che tenne a reggenza dell’imper di Ottone III, appena di tre anni, nella parte iniziale.

Ottone III ebbe la fortuan di uan madre di simili ualità. Con lui non andò in porto un nuovo matrimonio,
erchè poi lui morì, NON SI EBBE QUINDI RINSALDAMENTO DEI RAPPORTI CON L’Orinee. Ottone III potè
anche contare su un personagio deputato alla sua formazione, GERBERTO D’AURILLAC, di lì a poco
divenatto Papa con ilnome di Silvestro II. Ua dinastia che qindi dette uan svolta fondamnetale a diversi
processi storic. Per quel che riguarad e nostre riflessioni, i concetti fondamnetali sono il rivolgimento di
rapporti rispetto alal Chiesa con il “Privilegium Othonis”, e la ricerca di un dialogo con l’Oriente e il mondo
bizantino.
Un tentativo che mirava a stabilire una riconciliazione, a ricostruire una sorta di unicum nel concetto di
Impero Romano da oriente a occidente, che fallì, ma ebbe importanti conseguenze culturali. Abbiamo
citato la “Teoria del Sole e della Luna” con Dante: nella stagione delle riforme gregoriane dell’XI secolo,
quando la Chiesa si vuole ivalere, ci sarebbe stata la riposta del “Dictatus Papae” di ??, anno ??. Con il X
secolo comincia nei rapporti tra Impero e Chiesa una dinamica di rivalità sempre più forte, che vedrà
alternativamente prevalere l’una parte sull’altra. Il X secolo, secolo degli Ottoni, vede la prevalenza
dell’Impero Germanico rinato sulla Chiesa, l’XI secolo vedrà una realtà contrapposta. Questo discorso, che
si risolse con conflitti e sangue, porterà al grande dilemma di Dante, nel “De monarchia”, e dei trattatisti del
so tempo.

Altra considerazione di carattere letterario circa il tentativo di trovare rapporti con l’Oriente. L’Oriente si
affaccia in maniera prepotente sulla prosecuzione letteraria occidentale del X secolo. Si cercano relazioni
diplomatiche con quel mondo, perché più di un intellettuale operante sotto l’egida degli Ottoni viene
spedito più di una volta a Costantinopoli, e ciò porta sistemi di relazione e incontri di lingue. Allora a
letteratura reca torna ad affacciarsi con la produzione letteraria latina, che spesso guarda a Oriente, anche
quando è tutta indirizzata a occidente. Lunedì parleremo di due letterati importanti.

09/11/2020
Il Medioevo che ride, che si diverte, che sorride, che deride, che usa lo strumento dell’ironia in tutte le
possibilità messe a disposizione. È evidente che il Medioevo non solo ricerca la felicità, aspirazione che
l’uomo ha sempre avuto come fine ultimo dell’esistenza, come nel passato così nel presente, è sempre
stato fatto delle due componenti: l’anima - la mente, l’intelletto -, e il corpo. Che il Medioevo sia una
dimensione anche corporale, questo è certo, lo abbiamo ripetuto tante volte. Il ridere e il sorridere non è la
sessa cosa dell’essere felici, situazione che perviene all’anima e all’intelletto: alla felicità si può pervenire
senza provare sensazioni fisiche.

Il fatto che per la stagione medievale sia strano pensare a questo, in quanto è conosciuta come stagione
dell’oscurità e della dura morale, è conseguenze di una visione miope, dipendente da due fattori: la visione
parziale di certi momenti storici da parte di una certa storiografia o rappresentazione di quel momento, poi
percepita come chiave di accesso e di decodificazione universale di tutto quel periodo. Si tratta di un tipo di
rappresentazione che ha proposto solo questo, e a questo ci siamo adeguati. Anche il Medioevo ricerca la
felicità, ride e sorride, utilizza strumenti circa le pulsioni, le emozioni, e sensazioni del corpo.

Oggi affronteremo due letture circa questo: Liutprando da Ceona e Rosita da Ganvershind, introdotti già
concettualmente all’introduzione di alcune date fondamentali del X secolo, il SECOLO DI FERRO, proprio
perché in questo momento storico entrambi vivono e operano condividendo lo stesso ambiente. L’uno è un
vescovo, che svolge molte funzioni diplomatiche alla corte degli Ottoni, l’altra è una monaca di un
monastero benedettino tedesco legato all’ambiente degli Ottoni.

Altar cosa che condividono i due autori è anche quello di poter vantare una produzione rimandante al
mondo GRECO, punto chiave per decodificare il secolo e la stagione di RINASCITA DEL SACRO ROMANO
IMPERO. Fu Ottone I che tentò di ridare vita all’esperimento carolingio che con la morte di Carlo il Grosso
nell’887 si era concluso; sembrava essere andato incontro a un fallimento. Questo aspetto era il rapporto
con l’ORIENTE, rapporto che emerge come realtà linguistica, panorama e ventaglio di fonti.

Il X secolo è per quel che riguarda la produzione letteraria tutt’altro che momento oscuro, come alle volte si
è pensato di rappresentare in relazione alla prospettiva basso medievale, che farà emergere dal punto di
vista storiografico un XII secolo a cui la tradizione storiografica ha dato nome, la RINASCITA DEL XII SECOLO
- implicitamente prima vi è stata una decadenza. Dopo la fiorente stagione carolingia del IX secolo, si pensa
a un moemtno di implosione, di involuzione culturale, rispetto alla qule si è regato con il XII e XIII secolo, il
Bss edievo. In raltà non è così.
La produzioen ltteraria del XII secolo apare originle, ricca di sperimentazione di generi nuovi, e di nove
modalit di proporer genrei tradiizoneli. Na stagione che ha potuto beneiciare dell’arriccheimento librario
delle grandi bbilioteche riviste in epoca carlgia. Uan stagoe effervescente, fervida, ricacdi tanet ovitàe
sperientazioni.

Noi non possiamo riconoscer in uesto meotjo storioco la stessa efficienza, l stesso sistema di relaione e di
comuncaione che ha cartterizza l’età carolingia – abasi pensare allo scabio epistolare tra Lupo di Ferrier ed
Eginardo, così lontano nello spazio, esisteva n melier di orentimenti clturali che si relazioanava. Questa
situaizone ora non si pu ricscontare, lper raioni di caratere politico: l’impero si è venuto disgregando, si
sono caretae realtà autonome e distnati. È difficile osservare la stagioen storica in manera sinottica: ciò che
può valere per uan realtà, non vale per un’altra. È dfficel trvare uan realtà univoca. Le sperimentazioni a cui
si faceva riferemnto contraddistinguono un abiene rispetto ad un altro.

Le due testimonianze che oggi considerimao condiviono lo stesso ambiente, quello ottonaino, tra Ottone I e
Ottone II. Iniziamo da Liutprando di Cremona - “Dispensa n.15”. Liutprando da Cremona (920-972) ha noem
squisitamnete longobardo, era di orgine settentrionale, ambiente pavese. Si forma a Pavia, ch era rimansta
non solo precedenemnete il capologuoo del Regno Longobardo, ma era sempre rimasta in auge per quanto
riguardala scuel cattedratica intono a Pavia definitasi. CM in Italia era sttap re d’ITlia a Pavia; lo stesso
Ottone I si vfa inconorare re d’Italia smepre a Pavia. È un luogo strategico sul piano politic e culturale. è
conosciuto con il toponimico “da cremona pechè ne divenne vescovo e ottenne questo ruolo da pare di
Ottone I.

Abbaimo rammenatto l’improntaza dela legge fatta da Ottone I, il “Privilegium Otonis”. Questo imponenva
che i vescovi venissero nominati da un re o da un imperatore, non più dal papa o da un’autorità
eccelsisatica. Ha questo nome perché fu vescovo di Cremona; proveniava da uan famiglia ricca, che
cmmerciava con l’Oreinte. Questo gli aveva consentito di conscere precocemnete la lingua greca. I due
autori di oggi ci sconsentono di sfatare la credenza circa la conoscenza del gerco nel Medioevo. Il gerco
semplicemnete nel Medoevo non stava nella scuola. I contati con l?oriente, nati per ragioni diplomatche i di
comercio, non sono venuti meno. Non si può certo arlare di uan cnoscenza a tutt gl effetti. Ma la non
consoceza non significa ignorare che esista questa dimensione.

Lui, i virtù dlla professoen familaire, lo cnosce pecocemente. E questo gliport vantaggio perché entra
proprio al servizio dell’allra marchese di Ivrea Berengario, poi re d’Ialia con il noem di Berengario II, con
funzioen diplomatica e er i uoi rapporti con l’Oreinte. Qundo Ottone I sconfigge Brerengario e annatte la
parte settentrionale d’Italia al su regno germanico, ene diventa imperatore – prende quelloc he era andato
a Lotario dopo il Trattato di Verdan. Si trova lfra le mani questo intellettuale, coglie le doti e capacità non
che l’eleto di raporto cn l’Oriente, e se lo porta alla sua corte in Gerania, dove Lutprando tascore quasi il
resto dela sua vita.

Verrà poi in contrasto con l’ambiente degli Ottoni, ma di certo la realtà è vissuta e partecipata. I suoi
rapporti con l’Oriente sono importanti: Liutprando è più volte incaricato di fare ambasciate a
Costantinopoli. Ne aveva già fatta una sotto Berengario, ne fa uan seconda impornate nel 968 su incarico di
Otone I. lo manda a ceracre di trova la possibilità di organizare un mantromonai trovare uan principessa
bizantina er il figlio Ottone II, quindi lo manda a fare un’ambasciata presso l’imperatore d’Oriente con
questo compito. Di questa missione Liutprando ci riferisce in uan dele sue opere rinciapli, i testo da cui è
tratto il brano nella “Dispensa n.15”.

Il brano è il resoconto del viaggio. È tratto dall’opera “Relatio de legatione costantinopolitana”. È un testo di
carattere storiografico, in qualche modo odecorico, che racconta di un viaggio. Liutprando è uno storico a
modo suo, l’effetto suscitato da questa lettura sarà molto diverso da quella della lettura delle altre opere
storiografiche, le altre storiografie nazionali. È la relazione che lui fa ai due ottoni su questo viaggio,
compiuto allo scopo di trovare moglie ad Ottone II. Il viaggio si rivelerà un fallimento, in quanto nasce sotto
cattivi auspici. Un’ambasceria parte da Aquisgrana verso Costantinopoli, raccontando di un’ospitalità non
concessa. Vengono rinchiusi, lui e i suoi, in una specie di bunker, in un ambiente lontano rispetto alla sede
dell’imperatore, e li costringono ad arrivare al castello reale di Costantinopoli - un agglomerato di splendidi
edifici - a piedi. Li tennero senza acqua.

[I passaggi scritti in corsivo con relativa menzione sono indicazione della quantità di fonti diverse, sia
scritturali ma soprattutto classiche, che Liutprando cita, a dimostrazione della qualità culturale di questo
intellettuale, e della possibilità di letture che aveva potuto fare]. Era degli aguzzini a tenerli imprigionati,
senza dar loro da bere e perpetrando per loro azioni di sevizie. [“logoteta” è un incarico burocratico, “colui
che deve decidere leggi”]. Dà un’immagine fisica di questo personaggio, Niceforo, che poi preciserà meglio
quale essere: ci saranno una serie di antitesi.

Quindi si ha un’azione diplomatica nel quale si tenta di consegnare lettere. Ma il problema è linguistico, e
conseguentemente politico: l’Oriente non aveva mai riconosciuto e mai riconobbe l’invenzione di un latro
impero romano in Occidente. Qui è chiaro in termini linguistici, ma il significato politico è insito anche nelle
parole “basilea” e “rega”. La mancanza di ospitalità è un atto spregevole, contrario a qualunque tipo di
diplomazia, a cui si aggiunge anche il fatto che l’imperatore non voglia accettare le lettere da lui ma da un
interprete. Abbiamo allora anche uno spaccato di società su come avvenissero certi tipi di operazioni. Nelle
delegazioni c’erano anche gli interpreti, in quanto non tutti potevano conoscere la lingua greca e viceversa.

Si parla di Niceforo. Si parla della sua barba, in quanto si tratta di un tratto somatico, estetico, tipico
dell’ambiente bizantino, greco. Un uomo tozzo. Dal tenore del passaggio, l’operzione non avrebbe potuto
che essere fallimentare; non lo ritengono neppure un diplomatico, ma ua spia, descrivendo le zioni finora
compiute ad Ottone. Oltre ad aver sotratto l’are asettentrionale dell’Italai a Berengario, ciò che ai bizantini
non piaceva erano le mire espansinistiche verso l’Italai meridoniale. Ciò che emre da questa testimonanina
è straordinaria, ci dà anche un’idea dei vicinanza all’impero bizantin in termini linguistici. Il X secolo è un’età
in cui la lingua latin si arricchisce - anche nella prospettiva dell’evoluzione della lingua latin nel Medeivo
quaesto dato va tenuto presente – di motli termini grec che vengono da questo tip di incontri. E ce ne sono
molti.

Ciò dimostra anche la diffciltà poltica di stabilire e risoctruire elazioni tra questi due poli su cui si reggeva il
mondo, ltre al referente del ptificato a Roam, che nel X secolo non è così forte coem sarebbe diventato nel
secolo sccessivo. Uesto ipo di etsto raconta ua stroiogarfia nuova: lIutprando racconta il so presente, non il
suo passat non si ha il krnikon a modo delle storiografie naioznali, co cui si ricostruiec il passato per
comprendere il presente. Con Liutprando si racconta il presente come una storia caotica, senza ordine.
Liutprando è u autore molto bello da legere, di i non è semplice are raissunto del’opera. In quesat
apparenet mannaza di consequanzialità nelle viende rifeite si denuncia un rpoblema iù profondo, la
mancanza di consequanzialità nella dtoria cui lui assiste. Si racconta di ua stroia caotica, senza elementi
nificanti. Uan storia tragica, a cui tragedai messa in evidenza anche con lo stilema dell’ironia amara, he per
esempio emerge nelle descrizino.

Liutprando non è più fonte di cnoscenza dellecse positive del mondo, ma anche di quelle negative,
presentate in maniera ironica, coem la descrizione della brttezza di Niceforo Foca, un regannte. Secondo
uan tardzone metodologica e morale il buon regnante è “bello” ha uan bellezza che trascede i connotati
fisici. È uan figura racconata n maniera somaticamnete positia ed esteticamnete bella. Qi ciò che ci colpsice
la descriizone di un imepratore basso, scur, piccolo, con gli occhi cavati, brutto e trascurato. Ma sla sua
rappresentazone caricaturale ha significato di bruttezza coem figura politica.

Ciò che è significativo, olter i numerosi lacerti gerci, sono le citaizoni dirette, misura delle letture che
Liutprando aeva potuto fare dalla sa priam formzioni. Ci sono molrti rimandi a fonti lettererie. Daal sua
produzoen emerge che due fnti ferqunetemnete ìrichiaate da u rimandan alla produzioen tetarale latine.
Uasa molto le commedie di Plauto, che servo perl ecpstrzuioni caricaturiali dei personaggi e quele di
Terenzio. Oltre a far ricorso alla riproduzione satirica di Giovenale. Di queste fonti si nutre la sua prosa.
Liutprando da Cremona è scrittore di sole opere in prosa. Oltre alla “Relatio” ricordiamo anche
l’“Antapodosis”, un altro titolo grecheggiante, che qui voleva dire “Contraccambio/Ritorsione”, che narrava
le vicende storiche che avevano visto la caduta nell’Italia settentrionale di Berengario II a seguito
dell’assoggettamento di Otone I. [Si tratta di una sorta di denuncia, scritta come rivendicazione di
Liutprando nei confronti del sovrano con cui era venuto in disaccordo. Nel denunciare tutte le
contraddizioni dell’ambiente di un’Italia feudale, lui poi racconta la storia delle vicende che precedono
l’arrivo di Ottone I, ma anche i rapporti con l’Oriente.].

La lettura documenta che il X secolo è stagione di sperimentazione e di sperimentalismo, introduzione di


generi nuovi e rinnovamento di generi preesistenti, come quello storiografico. Altra opera ottoniana è
un’“Historia Otonis”, una storia biografica sul primo degli Ottoni.

Rosita di Gandervish. Con Rosita di Gandervish ci troano tanet cse dette finora. Di Rosvita noi possimao dire
che si tratta di uan monaca, che entra presto nel moanstero di Ganershin, in Gerani,a monastero femminile
nbenedettino dve sostanzialmente stava sotto al persenza e la protezioen di uan bdessa, Gerberga, che ra la
nipote di Ottone I. quindisi trova in un monsatreo tedesco e ttoniano, dove trascorre tutta la sua esistenza.
La coret di rifereimtno è semre la stessa di cui abbiamo parlato con Liutprando, quella di Ottone I.

Di connessoni con Liutprando ce ne sono atre due. Uno, i fatto che anche Rosvita scrive un’pera soriografica
dedicata ad Ottone I, “Igetta Otonis”. L’altro punto di connessione è rappresentato da un certo tpo di
tardizione, di letture, che rigaurdano la tradizione dell commedia latina, in partcla modo la commedia di
Terenzio, che diventa fondamentale per la rielaborazioe di un altro genree. Ultimo punto di contato, la
relazione con il mondo orientale: una relazione non fisica, ma culturale, che ermerge da tesere linguistiche
e fonti che lei utilizza nei suoi testi. Alle asue orecchie e formaione anche la cultura orientale greca e
bizantina era frequnete.

Le altre opere che scrive, oltre ai “Gesta Otonis”, di carattere storiografico, comprendono i “Primoridia”
dove racconta le origini del monastero di Gandershin, e soprattutto è autrice di sei “Dialogi”, il testo su cui
ci soffermiamo.

 “Dispensa n.16”

Cosa sono questi “Dialogi”? Il titolo “Dialoghi drammatici” ci fa capire che siam in una dimensione nuova. Si
tratta di una raccolta di sei dialoghi scritti in prosa rimata: il testo presenta anche un’articolazione di tipo
formale complessa. Trattano di DONNE - e della loro vita - che in maniera diversa si sono sottratte ad azioni
di violenza di varia natura, perpetrate da parte di uomini. Quindi sono donne che pervengono da un
percorso di liberazione del mondo a un dialogo di santità. Pertanto si tratta di agiografie, una tradizione che
finora abbiamo trovato per esempio con Gregorio Magno e con San Colombano. Dalla grande tradizione
agiografica di Gregorio Magno possiamo trovare una relazione con il termine “dialogo”, perché i “Dialogi” di
GM erano stati l’archetipo della tradizione agiografica.

Quindi esiste una tradizione anche con un antecedente, ma qui compare il tema della drammaticità.
Rivoluziona quindi la tradizione portando un dialogo con il TEATRO. La questione del taestro nel Medeovo è
molto complessa. Va detto che in ocacasioen ei anti festival sul Medioevo, a proposito dela vitalità c de
Medioevo, i “Dialogi” di Rosvita so stati spesso rappresentati, hanno avuto regie autorevoli come se fossere
rappresentazione teatrali. Originariemnet eè vaerosimile che questo tipo d ettso no venisse
erappresentato, non fosse messo in scena all’epoca di Rosvita. Erano piuttosto destinati a uan lettura ad
alta voce con voci divese, lettura che spesso veniva fatta non solo nel monastero, ma anche presso al cote
dei Ottoni. Lo scambio ei ruolo pteva rendere la lettura di un testo più dinamica, e soprattutto comunitaria.
Così abbiamo la percezioen di coem potesse evolversi un ambiente di corte.
Sono sei i testi raccolti nell’opera. Si tratta di una grande rivoluzione del modellodell’agiiografia, portata
verso la drammaticizzazione. Il modello di riferimento per Rosvita è TERENZIO. E questo ce lo dice nella
prefaioen che apre la “Dispensa n.16”.

Cosa stava significando il monastero e le letture che in questi ambienti si potevano fare? Sempre più spesso
questi luoghi si cominciano a calpestare per motivi diversi da quello della vocazione. Siamo nella
dimensione del piacere, della positività, che un corpo medievale femminile provava: sono contaminati. E
Rosvita, con voce squillante, si impone, spiegando come la figura femminile nella commedia greca e latina
presenti tante possibilità. Dichiara di aver usato lo stile e il modello di Terenzio non per raccontare della
donna della commedia latina e greca, ma per parlare di sante vergini cristiane. Quasi un ossimoro.

Mentre faceva questa operazione di stravolgimento, dentro di sé Rosvita ha in qualche modo descritto e
mentalmente immaginato “l’amara dolcezza di colloqui d’amore”. Si tratta di una grande RIVINCITA, una
risposta trascendentale della santità alla violenza dell’uomo. Tutto ciò che sa lo deve a Dio. Ribadisce che lei
racconta storie di sante. Dalla prefazione capiamo che una monaca come Rosvita aveva potuto leggere
pienamente la commedia classica latina, nella fattispecie Terenzio.

A seguire la dispensa troviamo un passo tratto da uno dei “Dialogi”, “Challimacus”. Il nome “Challimacus” è
greco e di genere maschile. Questi “Dialogi” hanno quasi tutti come titolo il nome di un uomo, che è colui
che perde. Spesso i nomi sono greci, e ciò ci dà misura della presenza della cultura orientale, e sono anche
spesso presenti nella commedia latina di Terenzio.

Il dialogo “Callimaco” parla di una donna, Drusiana, sposata con il marito Andronico. Si tratta di un
matrimonio vergine, dove lor non consumano perché lei ha fato voto di castità. Quindi si tratta di un
matrimonio casto. Questa situazione protetta è sconvolta dall’arrivo di questo personaggio, Callimaco, che
se ne innamora prepotentemente, e la vuole possedere. La scena II è deliziosa, racconta di Callimaco che
parla con gli amici di questo suo desiderio. La parte latina è tutta scandita da elementi metrici, e significa il
ricorso alla prosa rimata.

Compare una battuta non teatrale, che più si addice ad altri testi. Gli amici lo abbandonano, trovano
l’impresa insormontabile. Callimaco trova il sostegno di un servo, che lo aiuta a compiere questa sua azione
tanto più prepotente quanto riprovevole, in quando Drusiana muore, e viene seppellita. Nella disperazione
Callimaco insiste, e chiede a Fortunato, il servo, di aiutarlo a consumare il desiderio carnale con il corpo. Il
corpo non si è disfatto, in quanto Drusiana è venuta meno per una febbre leggera.

Nella scena successiva si racconta il tentativo di violenza. Il servo fa aprire la tomba, e dice a Callimaco di
farne l’uso che vuole. Succede allora che, come il percorso di santità salva la donna dalla violenza, scappa
fuori un mostruoso serpente, che uccide Callimaco. Quindi non può compere la sua violenza macabra e
brutale. La Drusiana è conservata nel suo corpo morto. Il dialogo continua con una serie di sviluppi che
fanno pensare intervenga quel San Giovanni a cui la donna si era professata, aveva fatto voto di castità.
Farà resuscitare tutti, compreso il pentito Callimaco, tranne Fortunato che era stato diabolicamente
complice dello scempio, del tentato oltraggio di sovraumana violenza. Si ha anche un’immagine di San
Giovanni, che deriva da esplicite fonti greche, e che ci consente di capire che fonti e che testimonianze
potevano essere preset a una monaca in un monastero del X secolo.

Il testo è sottoposto per cominciare a condividere e costruire una concezione del passato meno
stereotipata. Bisogna capire che queste cose avvenivano anche allora, era chiaro. La stessa consapevolezza
di Callimaco, di una prassi di questo genere di situazioni, è tragica. Colpisce la modernità di certi racconti.

{…} Rosvita poteva utilizzare traduzioni più o meno coeve di testi tardo antichi, relativi alla tradizione dei
Vangeli apocrifi. Anche la tradizione cristiana, biblica e scritturale, per quanto riguarda la tradizione dei testi
apocrifi, è importane per lo sviluppo della letteratura che nella tradizione cristiana si inserisce. È possibile
che in quell’ambiente ci fossero figure di traduttori e di interpreti che riuscissero a veicolare certi tipi di
letture.

Entriamo e introduciamo la riflessione sul Basso Medioevo e sulle sue novità a partire anche dalla questione
del riso, e dalla percezione che si può aver avuto del Medioevo oscuro, che ci perviene anche da una
tradizione cinematografica, che ha dato immagini relative a certi ambienti. Guardiamo un spezzone de “Il
nome della rosa”, per ricordare l’intramontabile Sean Connery. Chi è che ride e chi si prsenta serioso, in
termini di colori? Il frate francescano Sean Connery raccobta dell’espressieon di nuove raltà religioe del
Basso medeievo. È molto colto, perché i francescani si legano alle università. Ma d’altra paret, tutta la
comunità monastica dove va Sean Connery sono neri, sono benedettini riformeti, dei cluniacensi. Si tratat
del pimo grande ordine rifornto, fondato nel 910 in piena età ottoniana. Son neri perché anche i
benedettini aevano tonaca nera; riformmavano il fatto che in monastero non si andava più a particre la
spiritualità, ma si leggeva, si praticava altro, ci si informava. Un qulcosa di giusto, ma di non richiesto da San
Benedetto.

Proprio dai cluniacensi potremmo introdurre qualche riflessione sul Basso Medioevo. A noi perviene una
percezione del Medioevo oscuro derivata dall’abate, ma è una visione parziale, a cui tutti ne “Il nome della
rosa” cercavano di scappare. Allora il richiamo del cluniacense alla norma voleva dire che queste cose non
c’erano.

16/11/2020
Spezzone del “Nel nome della rosa” visto la scorsa settimana con Sean Connery. Importanti le diverse
caratteristiche dei personaggi protagonisti. Le riprese del film sono state svolte in un ambiente che non
esiste, nasce dalla fusione di due ambienti: un castello diroccato in Abruzzo, e le scene degli interni che
sono state girante press il monastero benedettino di Santa Scolastica, il primo fondato da San Benedetto,
precedente di poco di Monte Cassino. Dunque un ituzioen contrasticav che metteva l’uno di fornte all’altro
concezioni diverse e modalità di concepire la vita e l’esistenza umana, con pecisi riferiemtni ai manoscritti lì
esaminati.

Ci rovaimo in quella sequenza nel Basso Medioevo, u moemnto di lunga durata, che possaimo far comiciare
dall’XI secolo, che storiograficamnete arriva fino alla scoperat dell’America, incociandosi con i rpimi
moemnti delal soria del Rinasciemnto (Età manistica, XV secolo). Moment colmlesso storiograficamnete,
lungo e articolato. Qusalsisi percorso di sintesi o taglio è solo parziale, come lo era quell’idea di Medoevo
coem “età scura, buia”, pevenuta dalla cltra monstica riformata e rappresenatta dall’abate del monastreo
de “Il nome della rosa”, e pervenuta a uan leteura storiogarfica ottocentesca legata a percorsi lclturali
idelogizzati. Uan rappresentazione eologizzata del Medoveo oscuo, misteriso, ua nova idea del sublime
fruto si uan letteura ideologizzata, interpereta nel meot storioc che si proprone.

Il Medoevo era sttao bandito dall’ “Encyclopedie” di Diderot e D?Allamberte, gli era stato dedeicato u lema
piccolissmo. In quento era pervenuta un’idea di chiusura e oscuità, di non ottemepreznza alla ragione.
Menter a questo tipo di tradizone ci si rivvicina con la cltra romantica, l’interpetazioen che cerca la
sublimità nei pasaggi scuri. Ma anche quella sitazone va lettea e compresa il Romanticismo e gli stri
momenti analoghi culturali vengono dopo due esperienze storiche. La ricoluzioen farncese e la fine
del’Ancient Regime, e poi Napoleoe Bonaparte un percorso di laiczzzaioen deal cultura. Qesti fenomeni
congiunti alla definzioen degli stati-naizonali portarono su tutta Europa a occasioni di soppressoen di enti
religiosi, conventuali e monatsici. Son fenomeni che ciclicanete e periodicamnete si pesentanoin tuta
Eropa, e che prevedono al chiusura di determinate sedi, la confisac di beni, e il assaggio dllo sttao nll erelatà
che di volta in volta si èresentano. L’ultma avnra in Italia negla nni ’60 dell’Ottoceto, con la formzioen del
Regno d’Italia. Le dinamiche si verificano dapperttutto in Europa.
In più di un caso alla sopprssioen non seguiva un intervento di utlizzo intelligente di quele risores e di quei
beni. Unpoeta romantco vedeva questo luogo come sperduto, isolato, di soltuine, non accudito. Ciò ha
influito su un certo pi di elaborazioen del Medoevo, m ach enon corrisponde ala realtà storica di qusti
contesti. Pensiamo per esempio alla biografia di an Colombano di Giona di Bobbio, alla gioia dela
costrzioen del monastero e ala “Regula Sacti Benedici”, tutto era montero mdievale piuttosoc he luog
sperduto e misterioso.

Enraimo nel BASSO MEDIOEVO. Rilevamo alcune caratterictich edi qesto moemtno storico, tra X e XIII
secolo fino all’età di Dante, non del dettaglio ma per grandi concetti,c he ci portano apoter leggere con più
cosapevoezza i testi che avremo davanti. Rileviamoa lcuni aspetti fondaentali dei processi storci e culturai
del medioevo, che di legano alla rpoduzioen letteraria.

Partiamo da un percorso cartogrfico, che trovaimo nella “Dispensa n.1”. Lasciamo l X secolo e ci affacciamo
all’XI. Siamo a pagian 10 della dispensa. L’Europa introno all’anno 1000. ABBAIMO il sacro Impero
Germanico che si è mangiato buoan eta dell’Itaia, cancora divisa tra sezioen sttentironale e meridionale.
L’Europa si vede articolata in tanti diversi REGNI. In partcolare vediamo l’ITALIA. La parte verde dei
pertinenza imperiale, e il Ducato di Benevento, su cui ancora insiste il principato longobardo a d fuori di
tutt, un vecchio retaggi ce insiste ancora sll’Italai meridonale. Altra zoan alncora bizantna, e la Sicilia araba.
Un gran croguiulo di eserienze, culture e dinamiche. Uan zona così frammentata, ch comprende un
presenza non conciliabile conla visioen del’Impero Romano sacra, con il cirstianesimo cattolico e romano,
diverrà oggettod i mire espanizonaisiche da parte di importanti dinstie attecchite e insediatesi in uropa, i
Normanni e i Germani.

La zona dell’Italia meriodnale tenderà ad essere riunificata attravsero l’arrrivo dei NORMANNI, popolazioen
barbara tra le più impromati responsabili delle invasioni del IX seclo, he si sarebbero stanziate nella Francia
ord-occidentale, e dsi sarebbero attaccate con Guglielmo il Conquistatore all’Inghiltera costituendo la crte
anglo-normanna del XII. I nromanini furono responsabili dela cacciata degli arabi in Sicilia, di cui si
impossesraono, e riunficarono al realtà meirodonale dell’Italai,compresa la Sardegna che allora sarebbe
sata realtà normanna runficata. Alloa ci sarebbe stata la residenza ormanna fino al 1194, con gli
Hohenstaufen. {…}.

Altra cartina. L’Euroap a pagina 12. ‘Eropa a fine XII secolo ede uan zoan meidonale unita, uno stao della
Chiesa ampliato ela parte dell’Italai settantrionale sotto il Sacro Roamno Impero. Siarriav a tutti i probelmi
dicinciliazioen che affliggono il epnisre dantesco. Il panorama è ancora più frammentatao e frazionato. La
pesiola ibeica è sta sotrattaai domni arabic onla cosiddetta “Reconquista” {…}. Di questa cartina va rilevata
ancje la szoan grigia in bassoa destra, l’IMPERO LATINO L’ORIENTE. Fu quel etrrtorio che insiste sulla
Grecia, sl mar Egeo fino ad arriavrea aCostantinopoli, ala urchia, che si vacostituendo a seguito delle
Crociate. Abbiamo vsto che tra l’Impero Ddocciednet e quello d’oriente non ci fu mai acordo. Però
l’Occiedente cominciò, a patire dalla fine dell’XI secolo, aprendere di mira teritori orientali di area greca,
progressivamabete sottratti all’Impero bantino da paret degli arabi, per sddisfare mire espanizonaistiche. I
progetti di espzione erano egati non tanto alla voloà di uan iconuist etrritoriale, maSPIRITUALE. Sottrarre le
terre finite sotto il dominio deg infedeli musulmani per riportarli alla fde ecristian cattlica.

L’imer altino d’orieet è qello che si veien deiniendo alla difine dell’XI seclo fino al XII secolo attrevsro le
CROCIATE, che avevano lo copo di riportare i luoghi dea fedec stto il controlo della chiesa di Roam. La rpia
fu finalizzata a riportare il sepolcro di Cisto sotto il cntrollo dell Cgiesa di Rma. inOriente l’imepro
occidentale non arriva, ma si prova a cnge questa solione, che darà luogo a principati e a uno spezzamento
territoriale, che non portò a rsltati. Quando a Cosantinopoli, nell’impero roamno d’oriente, subentrò la
DINASTIA PALEOLOGA, cominciò la riconquista di queste zone, che coincidono con lo sttao odierno della
GRECIA. Dnate nel “DVE” raconta l’esito delle conqiet e edele riappropriazioni da parte del’impero
d’oriente dei terrtipri greci, prma latini. Quel passaggi ci racconta di uan situzoenc he sat vnendo meno,
pian piano l’imaero d’Oreiet si sgretola. Ciò che resisterà più a lungo ell’Occidente in Orinete è lo Stato de
Mar.

Questa è la dinamice delle veluzioni politiche in questo lungo intervallo. La rpia garnde rilsuiozne ch
einteessa questo momento è la NASCITA DELLE UNIVERSIT. À. L’Alam mater sturiorum di Bolgn data 1088, e
anche in Italia meriodale Salerno (1178), poi Parigi, Oxfrod, Cambridge, ecc. questo eprchè la acita
delleuniveristà diternian a risluzionenel capo della trasmisison del apere, che alla fine ee più
consistemnetemente dale mura dei monasteri. A questa immagien noi dobbiamo fare subito uan
riflessione: la metafora della cultura che sece dalle mura del monstro non rende bene. Le univverà
medievali non sono luogho architettonici, menter la fondazione di un monastero è un luogo, un dificio. È
uan riflessioen fndametale. Poi ne tempo nascerano eifici prposti a ospitare. L’università medievale è uan
SOCIETAS, un’ssociazione di DOCENTIUM ET STUDENTIUM, di docenti e di studenti. Nel nesso che li lega
quste due corporazioni sono equipollenti, non c’è l’una senza l’altra. Sono un’asociaizone che condivide
obiettivi, quali soprattutto la FORMAZIONE.

Quali sono i luoghi che ospitao le universit? Monasteri e conventi, gli studia gneralia che accolgono dal pno
di vista architettonio i luoghi del’ingsgenamento universitario. Alloar coem ora, tanat parte del diritto
medievae è eficente. Non essiste società se non c’è un dirittoc he la riconosce. Al temp c’ra ua fgura che
riconosceva l’esitena delal società. la figar poetva essere o l’imperatore o il papa. Queindi le università ean
socit che po chiedevao un atto di RICONOSCIMENTO GIURIDICO. Allora perché sugli stemmi delle università
si trova un anno? È l’anno di riconoscimento, un PRIVILEGIUM, l’attod i ricnoseimtno più antico, che
riconosce l’esistenaz di uan crporazione. {…} Le ealtà unversitaria medievali vengono poco a poco a
specilaizarsi in campi diversi de sapee: Bologa è specialzatnel campo del diritto, quella salernitana nel
campo della medicina. Parigi è legata alla teologia, coem in paret anche Oxford. La zoandi Orleans al scuola
di Chartre continueranno a praticare o studio delle arti liberali. Nell eprime e più radi univrsità medievali, la
“framaica” e l e arti liberali non troavo spazio rielvante.

Allora si può dire con sguardo di sintesi ampio, che questi poeti non trovano spazio nelle universit. Ci snos
cuola dove continua qesto tipod i letura. Sorgono allora queste nuove reatà, che però in uelhce modo
vanno a ecludere la formaizone del sapere ondamnetaue e ropedeutica per lo svilppo culturale dei scoli
precedenti e del medioevo. La roa neuvstirà d?Eropa a Blogna è acoltà di dritto canonico e civile. È imporat
eperrciosstruire l’apetrp dela nuova realtà politica i comuni.

Confornto di cartine. Confrntiam al carina attuale con i centi di studi in età Carolingia. In età Craoliga i centr
propulsore delal conoscenza e del sapere era l’area tedesca e germaica, l’Europa continentale tra la fRancia
setentrionale e l’area tedesca. L’Italia vive un momento di grande decadenz tra IX e X secolo. Qa la
rivolzuioen è anche geografica, si è rovesciao un po’ il istema della formazione. Ci sono realtà anche in area
tedesca, am siamo in anni più tardi. Le princiapli zone interssanti sono l’Italia, e altr sezioni. Sulle tapre
delevolzueon culturale in epoca medievale, la più rilevante è l’età carlingia nell’alto medioevo, nel baso
medioevo al nascita delleuniversità. Il confrnto ci fa capire come le dinamiche degli elemnti cultrali si
spostano. È impornta eper analizzare la leteratura in manisre asceintifca, in qanto si realizza nella storia.

La formaizon fuoi dai monsteri, ma “dentro” furoi c’è sempe uan più alta possiiblità di formarsi da parte di
un pubblic laico. Il percorso cominciato in età caroling,a trionfa con il basso medioevo. Molti maestro dele
università medievali e teologiche sono a volte frati, a volte domenicani. {…} Erano sempre necessari i soldi
ma la formzioen di societas si amplia moltissimo. I pubblico è quasi esclusivamnete maschile, ma c sonoa
cnhe eccezoni di genere. La societas si articlava con uan stiupla di contrati, che revedevano anche l’esistena
dborse di studio, pensate anche a sostenere gli studenti da fuori. Le possiibltà di istruirsi e informarsi sono
iù ampie. Esculdendo la aclt teloolgica di Parig e pperndiamo qelle di diritto,a proono a grandi sbocch
professionali e divenatno più frequenatte. Ciò non singifica h enon esista più la cuola catedrattica. Si tata di
una fomrzione di istruzine sceondarai. L’isruzioen primaria, coem i prodromi, sono sempre legati a
istituzione religiose.

Altra grande novità è la NASCITA DEI COMUNI. I comuni sono “atto di usurpzione” in termini giuridici, un
illecito nella csnazioen dei poteri medievali. Questo perché nel medioevo chi elargisce ed escrita il potere
sono de figure, l’imperatre il papa. I comuni vengono furoi a parire dalla massiam afermazioen con il XII
secolo, le guerre con Federico Barbarossa. Sono realtà territoriali sempre più definit nel corso della storia.
{…} sono ealtà territorali che chiedono autonomia, di poteris sganciare cirac le competnea territoriali e i
poteri decisionlai dalle latre sue autorità. La cosa non venne accolta i maniera ppacifca,perché il lor
riconsciemtn avvenna a seguito di guerre, ch portatono a consquengue za signficative.

La cartina mette in eveidnza l fattoc il perocrso storico si raizza a parteire dall’Italia stetrnrtiale e da zoe
dela Germania meridonale. Queste realtà comunalic he poi necessitano di uan calsse dirigente nova,
formata, e da qui l’esienza di percos di fomrzioni ampi, ala portat di tutti, utii alle nuove professoni,c he
all’interno del’amministrazione cittadina, si sarebbero rese necessarie. Il notaio nasce con icomuni: è uno
dei mesteiri privati più antichi, perché il notaio è colui dotato di “publica fides”, nasce cn il comune. Prm
al’autenticiàdi un docuemnto era ratificata dalal gerarchia, dall’imperatore o dal papa. Con i comuni nasce il
notaio, cittadino rpivto dotato di “publica fides”. Lui oggi agisce in funzioen delo stato, e deve avere uan
certa competenza.

Aloar la nacita di comuni ha rande influenza per lo sviluppo di ercors culutali, nonché er la nscaita i genrei
letterari nuovi. La storiografia nel basso medioev, vede uannuva elaborazione, la CRONACA COMUNALE, le
cronache della città. In larga paret questo tipo di genre lascerà sazio alla formzioen de vlgari, e dela lingua
volgare.

Le CROCIATE. Si parte dalla I Crociata, alla fien dell’XI seclo, per la liberaizoen del Sepolcro di Gerusalemme
dagli infedeli msulami, fino al’ltima, nel ??. le zone prese d mira sono nel’Oreinte greco e arabo, zona di
nuoi santi, ela palestan. Influisce e si apre la leteartura delel cRocate,che si parirà ala sperimentzioni di
lingue, quali quelle volgari.

Il putno più impornati al qale va rchiamata la nostra atenionesno le riforme spiritauli delordine bnedtino.
Nei mosnatei i manisfeta un intresse per pecrosci che scivano dale ragin per cui il monaschesimo era nato
ragoni legate alle letture. Si seentì precoce la necessità di istituire nell’orine benedttino percorsi di riforma. I
rpincipali ordini monstici che nascono tar X e XI secolo; sono tutti rodini e riguradno le riforme dei
benedttini. Nel 910 abbiamo al FONDAZIONE DEI CLUNIACENSI, rigidi, che professavano al ritorno alla
spiritualità, assolugamteen legata a devianza, data da letture {…}. Sono i più intersaginet. 1012,
CAMALDOLESI, fondati da Ro {…} VEDI FORO). Le grandi fondazioni sono detreminate. La fase storca
centrale dele fondazioni fu l’XI secolo, qello delle RIFORME GREGORIANE, istituite da Gregorio VII, papa che
abbimo menzionato con il “Privilegiu Otonis”, perch fu lui a proclamare più di un scolo dopo, nel 1075, i
“DICTATUS PAPAE”.

Quel provvediemto, qulla dispozione in cui veniva abolito e arogato il privilegium Otonis” e la nomna di
papi e vescoci spettava slo aal Chiesa. L’XI secolo è moemnto di gradi riforme in senos all’oridne enedttno,
ce vive uan stagione di rinascita. A questo meomtno storico rovaimo l’esplosioen cultural di centri
benedettini {…}. Un monachesimo riformato. Ceretatreitica comune: igore spirituale, vita conteplativa,
avversione per le arti liberali.

Lttura di un passo tratto da una cronaca di Rodolfo il Gladro, uan delle più impornati fonti per la Prima
Crociata. Indirizza la coroac all’abate di Cluny Odilone. Raccnta con gran ferocia il massacro degli ebrei nel
tempio di Gerusalemme, in occasioen della Crociata. E racconta che sosa possa determinare la lettura dei
poeti. I poeti i considerano “portatori di Satana”. Anche i fatto che il medioevo sia legata lal apaura del
diavolo è esistene, ma parziale. A queset escurisioni menatli si fa ricorso nei moetni di crisi è un ricorso che
è in prim istanza segnale di profonda crisi. È inquientate pensare che sia proprio di queste ore la
rievocazione di Satana e de diavolo. Ciò che accomuan tuti i movemti bneedtini riformati dll’XI secolo è
l’AVVERSIONE ALLE ARTI, che devia da condizione di spiritualità.

I rivoli pronfnidi non si spengono mai però. C’è ua sorgente ofonda che riaffiroa e riemerge sempre. Il
fattoch esi debba asserrire cn quell’intesità che certe cose non si devono fare è il se evdente che ulel cose si
fanno. la vita contemplativa è lìimmaien che parte la strada al percorso della MISTICA.

La cartina a pagina 11 della “Dispensa n.1” colloca i nuovi odini religiosi. La loro propagazione vede lo
scoppio nea Francia meridonale, e poi l’Italia con Camaldoli. È uan prorpagaizoen diffusa, sopratttutto da
arte dei Clumiacensi e dei Cistercensi.

Furon sufficeti le riforem spirtuali dell’XI secolo a riportare il percorso monastico sulla etta via? No. Infatti
qusti ordini riformati diedroo alla nasc di momviemtni ereticali, i Catari (o Albigesi) e i Valedsi, che
professavano uan tipologia di viat ancora più integralista che metetva in luce una cntraddizone che il
monchesmo bedetno non riucì mai a suparere. A un monastero erano legate anche propriet, eano uan
garnde INDUSTRIA, aveva una connotazioen economica e partimoniale consistente. La questione elal
rcchezza dei monaci ilmonachesimo non riuscì mai a supearlo concretamnete, non si ebbe la rinuncia alla
mondanità e alla propeità. I Cruniacensi furono in particolare un rdine ricchissimo.

 “Decameron”, Giornata X, Novella II.

{…}. Prima nascono i FRANCESCANI, con San Bnaventura e Frcncsec Bacone per esmpio. I DOMENCANI con
Sa domeico, Albero Magnoe San Tommaso d’Aqin. La fase sori aè il XIII secolo, le acratterctich ecomuni son
la rincunia lal rporpietà, quindi la POVERT. À. Quest nuova realtà religiosa si sposa con le trasformazioni
culturali che ci sono in questo momento, le realtà comunali il passaggio dal monachesimo eremitico
all’urbanesimo. La città trionfa, i frati vanno in giro a predicare. Un nuovo modo di intendere
l’evangelizzazione e il rapporto con la comunità. (???????). Ciò determina un legame diretto con le
università con le città. Da Cluny a San Francesco. I Cluniacesi rappresentano in massima parte l’idea delle
trasformazioni religiose che riguardano questo momento storico, e che spesso fanno capo le Crociate, l’idea
del santo cavaliere che combatte per la Chiesa.

 Ordini MONASTICI e ordini CONVENTUALI NON sono sinonimi. Come non si può parlare di FRATI
prima di San Francesco, anche se a volte si trovano espressione nei testi. Il CONVENTO nasce come
realtà spirituale URBANA, della città. Ecco perché le università albergheranno spesso nelle sedi dei
conventi. Si tratta di una realtà strettamente legata alla URBANIZZAZIONE.

Ci sono situazioni in cui un monastero viene soppiantato dalla presenza di comunità conventuali. Ma in
gran parte il Duecento su momento di nascita architettonica, con lo stile romanico con cui vennero edificati
i conventi, anche nello stile. Si propone uno stile diverso dal GOTICO {…}.

Questi percorsi di riforma religiosa sono importantissimi anche nella prospettiva dantesca perché diventano
importanti nel sistema di riflessione e di comunicazione. Nella DC, nel XXXI Canto del “Paradiso”, Beatrice
se ne va, e Dante viene guidato da San Bernardo di Chiaravalle, il più grande cirstercense, {…}. Il mistico
parla con Dio senza bisogno di signum, parla senza bisogno della parola. A San Bernardo è legata la
fondazione di una delle più belle abazie della zona delle Marche, l’abazia di Fiastra. {…}

23/11/2020

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