Sei sulla pagina 1di 29

Cantemus Domino Gloriose

Capitolo VI
- Le tecniche di composizione.
La chiesa all’inizio della sua esperienza musicale ha assimilato elemen della musica liturgica
ebraica. A raverso ciò possiamo ipo zzare che nelle primi ve comunità vi era una convivenza di
vari s li e forme, escludendo così ogni idea evoluzionis ca della musica liturgica cris ana. Oltre
che all’ebraismo, le melodie cris ane si sono ispirate anche alle diverse culture del mediterraneo
dove veniva accolto il Vangelo. Fondamentale per lo sviluppo della musica liturgica è l’incontro con
i Romani, dai quali prese: Musica, Lingua e l’Arte Oratoria.
Bisogna tener presente che nella costruzione melodica della liturgia, siano state usate diverse
tecniche composi ve. Un fondamentale aspe o della musica gregoriana è l’aderenza al testo. La
linea melodica esprime la dinamica della parola e della frase nel rispe o degli accen verbali e
fraseologici. Vengono u lizza par colari ar ci che so olineano l’importanza, stru ure espresse
secondo le modalità proprie di ciascuna arte.
Di fronte ad un proge o composi vo gli autori tenevano conto di vari elemen : se il giorno fosse
fes vo o feriale, il genere le erario del testo da esprimere in musica, la funzione che doveva
assumere il brano, forma e s le musicale appropriato. Nel rispe o del testo hanno poi applicato
una o più tecniche composi ve.

- Can llazione
Una delle più importan eredità musicali ebraiche è l’uso della parola biblica che nella liturgia è
sempre cantata. Per rendere più facile la comprensione del testo, esso veniva PROCLAMATO su una
corda rela vamente acuta (la o do) e par colari formule melodiche cara erizzavano le stru ure
del periodo le erario. La can llazione è cos tuita da una recitazione, preparata eventualmente da
una formula di intonazione, interro a da una serie di formule melodiche con funzone di cadenza
mediana, corrisponden alla conclusione della frase testuale. In base al po di chiusura
iden chiamo:
1) Punto Fermo, collocabile sia all’interno del brano che alla sua conclusione, cara erizzato
dal salto discendente di V;
2) Le Cesure Minori, espresse con una discesa semitonale inferiore;
3) Il punto Interroga vo, cara erizzato da una essione preparata su una nota inferiore
distante di semitono, che risale alla corda di recita.
Diversi pi di stru ure melodiche vengono usate per evidenziare la natura del testo e il grado di
solennità liturgica. Si hanno quindi TONI di can llazione di eren per le 3 categorie di libri biblici
proclama nella liturgia (an co testamento, nuovo testamento, Vengeli); vi è anche una
di erenziazione di toni delle Le ure da proclamare a Ma u no e alla Messa. Nelle ferie venivano
solitamente canta Toni di le ura più semplici rispe o alle domeniche e alle solennità.
Alcuni tes biblici hanno avuto un tra amento musicale par colare a causa della loro importanza
liturgica, ricordiamo:
ff
ti
ti
ti
ti
fi
ti
ti
ti
tt
ti
tt
ti
ti
tt
ti
tt
ti
ti
ti
ti
tt
tt
ti
ti
ti
tt
ti
tt
ti
ti
ti
tt
ti
tt
ti
ti
ti
fi
tt
ti
fl
tt
tt
ti
tt
ff
ti
ti
ti
ti
tt
tt
ti
tt
ti
ti
tt
tt
ti
ti
tt
- Le “lamentazioni di Geremia” e “L’oratorio Ieremioe prophetoe” cantate nel ma u no del
triduo sacro, oltre ai toni speciali, Le Lamentazioni presentano un abbellimento melodico
sulle le ere ebraiche con cui inizia ogni verse o, (nel verse o iniziale dell’Ora o Ieremioe
prophetoe la melodia è cara erizzata da gruppi melisma ci d’abbellimento che ricorronoo
alle formule iniziali cadenzali degli emis chi);
- I due tes con la “genealogia di Gesù Cristo”, che si cantano nelle no di Natale e
dell’Epifania, presentano interessan formule melodiche, (nella genealogia di Ma eo il
testo è cantato su un modulo tripar to (ABC) che cadenza sempre sul MI);
I qua ro raccon della “Passione” presentano spesso elaborazioni musicali su alcuni incisi. In
alcune fon medioevali le el ure bibliche sono state arricchite di una seconda voce secondo lo
s le del CANTUS PLANUS BINATIM, tecnica polivocale impiegata in altri casi par colari come si può
leggere in alcuni codici.

- Salmodia

I can tra dai tes poe ci biblici, sono la salmodia e i can ci; su di essi è stata creata una forma
musicale chiamata SALMODIA. Ques tes sono cos tui da verse che a loro volota si dividono
in EMISTICHI. La formula musicale ricopre un intero verse o per poi essere ripetuta nei verse
successivi. Il modulo della salmodia è cos tuito da:
a) Un’intonazione
b) Una corda di recita
c) Una cadenza mediana alla ne del primo emis chio (nelle edizioni moderne è segnata da
un asterisco *)
d) Una formula di intonazione
e) Una seconda corda di recita
f) Cadenza nale
Se il primo emis chio è lungo si inserisce una FLEXA segnalata dal simbolo + che indica una croce.
Nella salmodia (a di erenza della can llazione, dove la musica rispe a la stru ura della frase
testuale) a formula musicale rispe a soltanto la costruzione del verse o, senza tener conto della
costruzione della frase; infa , la formula cadenzale nale, viene applicata alle sillabi nali di ogni
singolo verse o, senza tener conto dei segni di punteggiatura o se il periodo si concluda, a volte lo
sospendono o lo interrompono.
Le formule salmodiche sono applicate sia alla liturgia delle Ore (salmi, can ci, versi dei responsori),
sia nella Messa (nella salmodia Fiorita dll’introito e della comunione, nel responsorio graduale, nel
tra o e l’alleluia). Il canto di un salmo nella liturgia può essere eseguito in diversi modi, i principali
sono:
- Un solista o un gruppo di cantori PROCLAMANO tu o il salmo dall’inizio alla ne senza
aggiungere altri elemen . È la SALMODIA DIRETTANEA, la tes monianza si trova nel tra o
della Messa.
ti
tt
ti
tt
tt
fi
tti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ff
ti
ti
fi
tti
tt
tt
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
fi
tt
ti
ti
tt
ti
tt
ti
tti
tt
tt
ti
tti
ti
ti
tt
fi
tt
ti
tt
fi
tt
tti
- Il salmo è cantato interamente dal Solista mentre l’assemblea interviene con acclamazioni o
brevi frasi che si alternano con i vese o le strofe del testo salmodico: è la SALMODIA
INTERCALARE RESPONSORIALE; essa sopravvive tu ’oggi nel salmo invitatorio del
ma u no, in alcuni ri processionali (es. 2 febbraio- candelora), e in forma più evoluta nel
responsorio graduale della Messa;
- L’esecuzione è a data a 2 gruppi (cori) che si alternano nel canto dei singoli verse
salmodici. È la SALMODIA ANTIFONATA, collegata quasi sempre al canto di una melodia
rela vamente breve (an fona) da cui dipende la scelta della formula Modale da applicare al
salmo intero.
Alla salmodia si possono aggiungere alcuni moduli par colari come quello del TE DEUM e pochi
altri brani. In ogni gruppo modale sono evidenziate le sezioni che hanno par colari funzioni
stru urali;
- ini um: è la formula d’intonazione che si trova all'inizio dei verse o, almeno, del primo
verse o.
- Tenor: è la corda di recita (tenore, tuba) del primo emis chio, Se Il testo e lungo, si
inserisce a metà circa una exa ( essione della voce di una seconda o di una terza),
segnalata nei libri moderni da una croce (+).
- mediante: cadenza mediana.
- ini um: eventuale reintonazione all'inizio del secondo emis chio.
- tenor: tenore che puo essere iden co al primo oppure diverso
- termina o: cadenza nale che presenta varie formule (di eren œ).

- Recita vi Presidenziali e diaconali


I tes par colare e le preghiere proclamate dall’o ciante o dal diacono sono cara erizza da una
corda di recita alternata a cesure (punctum e metrum) con par colari formule usate per
evidenziare il testo. Esiste un’a nità tra i recita vi e la can llazione; la can llazione è applicata alle
le ure che sono rela vamente lunghe nel ma u no e nella Messa, e nelle principali orazioni della
Messa (collecta, post-communio, super oblata) e delle Ore, che sono rela vamente brevi. Nei tes
lunghi si può notare una stru ura ad arco dei recita vi liturgici che ricalcano la stru ura della
can lla zione e della salmodia.
Orazione presidenziale ->chiamata così perché recitata dal sacerdote, presidente dell’assemblea
dei creden
Gli elemen stru urali del recita vo sono: l’intonazione, la exa (per alleggerire una frase ampia),
in essione di un tono, reintonazione. Il Punctum e il Metrum (cesure) si basano sulla sillaba tonica
che è preceduta da due note di preparazione, indipendentemente dalla natura delle sillabe
corrisponden . (es pag 67)
tt
fl
ti
ti
tt
ti
ti
tt
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ffi
fi
ti
ti
ti
fl
ffi
tt
ti
ti
fl
tti
tt
ti
ti
ffi
ti
tt
ti
ff
ti
ti
fl
ti
ti
tti
ti
ti
ti
tt
ti
tt
tti
ti
ti
Diverso è il caso del Prefazio, infa , a causa del suo genere lirico e il testo più sviluppato
suggeriscono un canto di erente dagli altri recita vi. A ni ai prefazi si collocano alcuni tes
par colari, tra cui: il canto diaconale dell’EXULTET pasquale e le formule episcopali di benedizione/
consacrazione. Alla categoria dei recita vi collochiamo anche il canto del PATER NOSTER e varie
formule diaconali, come l’annuncio della fes vità.

- Corda di recita ampli cata


La can llazione, la salmodia e i toni dei recita vi liturgici sono cara erizza dalla presenza di una
nota che svolge la funzione di Corda di recita. Alcune melodie gregoriane rivelano una stru ura
arcaica poiché l’intero brano si muove intorno ad un’unica nota che secondo la terminologia
moderna, svolge sia la funzione di tonica che di dominante. Tali melodie appartengono ad un
periodo arcaico della modalità, e la corda di recita è de nita e considerata come corda di recita
ampli cata.
Esempio: L’an fona di comunione “In splendoribus” è un brano che appar ene ad uno stadio
arcaico della musica liturgica occidentale. Il brano è scri o su una pentatonica che esclude i
semitoni inferiori Mi e SI; inoltre, un’unica nota svolge la funzione di tonica e di dominante ovvero
la funzione di corda di recita. È evidente che questa melodia è una dilatazione sonora di una recita
originaria sul DO che nella sistemazione modale è stata trasposta al Fa.

- Melodie cicliche
Un’altra tecnica di composizione, derivata dalla can llazione, è quella costruita su un’unica frase
musicale ripetuta tante volte per quante le richiede il testo. Può così crearsi un brano di lunghezza
minima, come brani più complessi (ad esempio il brano transitorio ambrosiano “Te Laudamus”,
dove la frase melodica è formata da due semi-frasi, ripetute complessivamente 6 volte, quanto
cioè lo richiede il testo). Composizioni cicliche sono gli INNI dell’U cio e gli INNI processionali, ma
troviamo anche brani nei repertori dei conductus melodici.

- Melodie po
Le melodie po interessano le an fone delle Ore, gli alleluia della Messa e un gruppo di Graduali.
Esse sono melodie u lizzate in alcuni brani che hanno successivamente cos tuito un modello
melodica da ada are a tes diversi. Nelle melodie brevi delle an fone emerge chiaramente la
natura stru urale dal punto di vista modale di queste note, tanto da essere denominate anche
TIMBRI MODALI. Poiché i diversi tes canta con una sola medesima melodia, si di erenziano per
lunghezza e per la di erente presenza dell’accento nelle sillabe, il processo di ada amento
comporta diverse modalità, tra le più comuni troviamo la DIERESIS e la SINERESIS.

- Composizioni centoniche
Sono melodie cos tuite da formule melodiche presen in più brani che spesso appartengono allo
stesso genere e alla stessa modalità. La formula melodica è scelta su un vasto repertorio in base
ti
fi
ti
ti
tt
ti
ti
tt
ti
ti
ff
fi
ff
ti
ti
ti
tti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
fi
ffi
tt
ffi
tt
ti
ti
ti
ti
ff
tt
tt
ti
alla loro funzione. La tecnica centonica è stata usata nel comporre an fone delle Ore e dei
responsori graduali della Messa.
Sezioni ->centoni

- Variazione della stru ura


È una tecnica propria, ma non esclusiva, dell’area mediterranea. Le melodie sono cos tuite da una
serie di variazioni intorno a singole note o a cellule melodiche che cos tuiscono la stru ura dei
singoli brani. Quest tecnica è stata probabilmente d’ispirazione per un gruppo di sequenze, piche
dell’area italica, che si di erenziano dalle sequenze d’oltralpe a causa delle variazioni con cui sono
elaborate le strofe parallele (altrove rigidamente iden che).

Capitolo VII
- Gli s li
Il repertorio gregoriano presenta di eren s li raggruppabili in tre grandi categorie: sillabico,
orito o neuma co, melisma co. All’interno dei brani anche tu e tre gli s li possono coesistere,
creando brani complessi
- Lo s le SILLABICO
Molte melodie sono cara erizzate da un’unica nota su ciascuna sillaba, questo è chiamato S le
Sillabico. Ad esso sono anche a ribuite melodie che presentano piccoli abbellimen , per lo più di
due note. Hanno s le sillabico:
a) Le formule di can llazione;
b) I recita vi liturgici;
c) Le an fone salmiche della liturgia delle Ore;
d) Gli inni;
e) Le sequenze;
f) I tropi.
La linea melodica è sviluppata avendo grande a enzione sulla coincidenza tra la dinamica del testo
e della musica. In unico periodo musicale, quello del versicolo (cantato nella liturgia delle Ore),
possono coesistere due s li diversi. Il versicolo è sillabico, ma presenta sulla sillaba nale una
oritura conclusiva di cara ere melisma co; un’analogia la si trova in ambito ambrosiano dove
alcuni brani sillabici hanno abbellimen melisma ci.
- Lo S le FIORITO
Come abbiamo visto, mol brani presentano abbellimen di piccole dimensioni; lo s le Fiorito, o
Neuma co, è presente nei brani con una maggior quan tà di note in rapporto ad una singola
sillaba, presentando oriture dalle 2 alle 5 note. In questo s le rientrano:
a) Le an fone ai can ci evangelici delle Ore
fi
fi
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
fi
tt
ff
tt
ti
ti
tt
ti
tt
ff
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
tti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
fi
tt
ti
ti
b) Le an fone di introito e di comunione della Messa.
La maggior parte dei gruppi di note sono cos tui da due note ascenden o discenden (pes e
Clavis); la presenza di una oritura più ampia non pregiudica lo s le dell’intero brano. Anche i brani
di questo s le osservano la dinamica delle parole e del periodo testuale la no. Apparen eccezioni
sono da tener conto a causa dell’evoluzione della lingua la na.
- Lo s le melisma co
Alcuni brani presentano uno o più vocalizzi (MELISMI) estesi di almeno dodici-ven note. Sono
can solis o riserva alla schola e possono essere:
a) Responsori prolissi delle Ore
b) Responsori graduale
c) Tra
d) Alleluia
e) O ertori della Messa
I melismi sono spesso situa sulla sillaba nale di una parola, quando sono molto ampi (50/400
note), solo l’esecuzione sull’ul ma sillaba perme e la comprensione della parola che altrimen ,
con un melisma mediano, risulterebbe spezzata e incomprensibile. I vocalizzi interessano perlopiù
sillabe accentate, spesso delle parole più importan . I melismi possono essere cos tui da
un’unica frase musicale, che presenta spesso uno o più incisi ripetu secondo vari schemi;
frequente è la stru ura aab (la stru ura ripe va del melisma A A B). Notevoli per lunghezza sono
i melismi dell’o ertorio. Nel canto ambrosiano e ispanico, gli ampi vocalizzi possono essere forma
da alcune cen naia di note, e sono cos tui quasi sempre con la ripe zione, più o meno regolare
di incisi melodici.

Capitolo VIII
- La modalità
Il canto liturgico medioevale si fonda su un sistema che i teorici hanno denominato OCTOECHOS
(sistema degli o o modi).

- I modi dell’octoechos
Sono previste 4 note fondamentali: RE, MI, FA, SOL; esse sono alla base dei modi e sono chiama
Protus (Re), Deuterus (Mi), Tritus (Fa) e Tetrardus (Sol). I can che si sviluppano in un registro acuto
sono de Auten ci, quelli che si sviluppano in un registro grave sono denomina Plagali.
ff
tti
ti
ti
ti
tti
ti
ti
ti
ff
tt
ti
ti
tt
ti
fi
ti
ti
tt
ti
fi
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
La classi cazione delle melodie gregoriane sulla base degli o o modi è un’operazione avvenuta tra
il VII e l’VIII secolo e non ri e e lo stato originario dei can . (quindi la creazione degli o o modi è
postuma alla nascita del canto gregoriano, nasce prima un canto e poi un sistema scalare su cui si
basa). Gli o o modi devono quindi essere considera come dei recipien al cui interno possiamo
trovare molte pologie di erenziate. Le singole note degli o o modi possono essere descri e in
basse alla funzione che svolgono all’interno della stru ura modale.

I modo= protus auten co= re auten co=dorico ( nale re)

- Do: ornamento della nota Re;


- Re: grado nale con valore variabile nel corso della melodia;
- Mi: nota di passaggio, ornamento delle note Re e Fa;
- Fa: nota di riposo in cadenze intermedie;

- Sol: dominante secondaria, tenor nel I emis chio dei verse responsoriali, usata come
nota di passaggio nei movimen dall’acuto al grave;

- La: dominante principale, nota di slancio verso l’acuto, tenor del II emis chio;

- Si: nota di passaggio, ornamento della nota La;


- Do: nota di accento melodico nella recitazione sul La;
- Re: ornamento della nota Do;

II modo= protus plagale= Re Plagale= ipodorico ( nale Re)

- Sol/GAMMA: è la nota più grave di tu o il sistema musicale gregoriano, è ornamentazione


del La, usato anche come cadenza intermedia;
- La: tende a risalire al Do per raggiungere il Re;
- Si: ornamentazione;
- Do: oltre che ornamentazione del Re è anche usata come cadenza intermedia;

- Re: nale, corda di recita, in relazione con il Fa, tenor nel II emis chio;

- Mi: nota di passaggio;

- Fa: corda di recita, dominante reale in alcune stru ure melodiche, tenor salmodico nel I
emis chio;
- Sol: corda di recita in sitazioni par colari, con funzione di dominante;
- La: nota acuta ornamentale;
- Sib e Si Naturale: ornamentazione del Sol e del La.

III modo= deuterus auten co= Mi auten co= frigio ( nalis MI)

- Re: ornamentazione del Mi;


fi
ti
fi
fi
tt
ti
ti
ti
ff
fl
tt
ti
ti
ti
tt
ti
ti
fi
fi
tt
fi
ti
tt
ti
tt
tt
tti
ti
ti
ti
tt
tt
- Mi: Finalis;
- Fa: ornamentazione del mi;
- Sol: nota di collegamento dal grave all’acuto, cadenza intermedia;
- La: corda di recita secondaria, tenor nel I emis chio, cadenza intermedia;
- Sib: poco presente, in relazione con il Sol quando ci sono cadenze con la so otonica Re;

- Si naturale: tenor nella salmodia arcaica, tenor del II emis chio,

- Do: sos tuisce il si, nella salmodia è la corda di recita;


- Re: ornamentazione del SI e del Do;
- Mi: ornamentazione.

IV modo= deuterus plagale= Mi plagale= ipofrigio ( nalis mi)

- Sib: talora cadenza intermedia;


- Do: nota di passaggio, talora con funzione cadenzale;
- Re: ornamentazione del mi, cadenza intermedia di collegamento

- Mi: nalis, corda di recita, tenore primi vo nel II emis chio dei vrs;

- Fa: tenor recente nei II emis chi, nota di passaggio, ripercussio con sviluppi unisonici,
spesso nale di cadenza intermedia sospensiva, spesso sos tuisce i Mi originali;

- Sol: corda di recita secondaria, tenore nel I emis chio del vrs;

- La: principale corda di composizione e di recita, tenor salmodico, nota principale nella
maggioranza delle stru ure melodiche, ma anche ornamentazione del Sol;
- Si: nota di passaggio, ornamentazione del La e del Sol, talora i b sono h originari;
- Do: accento melodico che abbellisce il La, ornamentazione pure del Si naturale e del Si b.

V modo = tritus auten co = Fa auten co = lidio ( nalis fa):

- Do: ornamentazione del Fa;


- Re: ornamentazione del Fa;
- Mi: ornamentazione e passaggio tra Re e Fa;
- Fa: nota nale in tensione con la V do, frequente cadenza intermedia e anche corda di
recita;
- Sol: nota di passaggio, ornamentazione superiore del Fa;
- La: corda di recita secondaria in relazione con il Do, cadenza di passaggi che si muovono
intorno al Do;
fi
ti
fi
fi
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
fi
fi
ti
ti
ti
tt
- Si: naturale è passaggio-ornamentazione del Do, bemolle è passaggio-ornamentazione del
Fa;
- Do: corda di recita principale, tenor salmodico, unico tenore nei vrs, dominante reale;
- Re: ornamentazione del Do o passaggio;
- Mi: ornamentazione del Do o passaggio, apice melodico in molto brani;
- Fa: rara o ava della nota nale con funzione di ornamentazione del Mi o del Do.

VI modo = tritus plagale = Fa plagale = ipolidio ( nalis Fa)

- Do: cadenza intermedia, nota di passaggio;


- Re: cadenza intermedia nelle recitazioni su Fa, ornamentazione del Fa;
- Mi: talora è importante il Mi bemolle che, per essere evitato, dà origine ad una
trasposizione dei brani in Do con il Si bemolle;

- Fa: corda di recita principale, tenor nel II emis chio, alla base di passaggi
d'ornamentazione;
- Sol: nota di passaggio tra Fa e La, ornamentazione del Fa;

- La: tenor salmodico (I emis chio nella salmodia solenne), spesso non ha valore stru urale;

- Si: quando e bemolle spesso è nota di ornamentazione del Fa;

- Do: tenor nel I emis chio, culmine melodico acuto, ornamentazione del La.

VII modo = tetrardus auten co = Sol auten co = misolidio (Sol nalis)

- Re: ornamentazione del Sol;


- Mi: ornamentazione rara;
- Fa: ornamento interiore del sol;
- Sol: nalis, frequente relazione con la dominante Re, non ha grande importanza stru urale;
- La: nota di passaggio, ornamentazione del Do, talora cadenza intermedia in relazione al Do;
- Si: nota di passaggio, cadenza intermedia e passaggio al Do e al Re;

- Do: corda di recita secondaria, tenor nel I emis chio, talora ornamentazione del Re,
cadenza intermedia;

- Re: corda di recita principale, tenor salmodico, tenor nel II emis chio, dominante reale, alla
base di sviluppi verso l'acuto;
- Mi: nota di passaggio, ornamentazione del Re;
- Fa: nota forte d'a razione all'acuto, ornamentazione del Re;
- Sol: talora culmine melodico, importante nella sua relazione con il Re;
fi
tt
tt
ti
fi
ti
ti
ti
fi
ti
ti
fi
ti
tt
tt
- La: rara ornamentazione del Sol;
- Si: del tu o eccezionale questa nota d'ornamentazione, la più acuta in tu o il repertorio.

VIlI modo = tetrardus plagale = Sol plagale = ipomisolidio ( nalis Sol)

- Do: ornamentazione del Re;


- Re: nota iniziale dell'importante movimento melodico verso il Fa/Sol;
- Mi: nota di passaggio, ornamentazione del Sol;
- Fa: nota di movimento, ornamentazione al grave del Sol, base di slancio all'acuto, cadenza
intermedia;

- Sol: corda di recita, tenor nel II emis chi, nota nale, chiara relazione con il Do;

- La: nota di passaggio, ornamentazione del Sol, cadenza intermedia di movimen che
scendono dal Do;
- Si bemolle: rara ornamentazione;
- Si bequadro: nota di passaggio, tenor secondario;

- Do: dominante reale, corda di recita principale, tenor salmodico, tenor nel I emis chio;

- Re: ornamentazione superiore del Do;


- Mi: ornamentazione all'acuto.
Le composizioni sono cara erizzate da un impianto modale non de nito che spesso non segue gli
schemi tradizionali.

- Ipotesi delle corde madri arcaiche


Jean Claire pensa di aver individuato 3 corde Madri (Do, Re, Mi) che sarebbero alla base delle
melodie liturgiche primi ve. Can come le an fone della liturgia delle Ore, presentavano una
stru ura modale molto semplice in cui un’unica nota aveva la funzione sia di tonica che di
dominante. L’evoluzione modale sarebbe avvenuta con la discesa delle nota fondamentale delle
corde madri no ad arrivare alla posizione di nuove toniche, mentre la stessa nota sarebbe salita
verso l’acuto assumendo la funzione di dominante.

Capitolo IX
- Le innovazioni del repertorio: tropi e sequenze
Nel momento in cui le chiese galliche hanno iniziato a pra care la liturgia romana, si avver la
necessità di non perdere il patrimonio della tradizione locale. I tes biblici romani non potevano
essere tocca , ma essi non esprimevano il totale sen mento religioso delle popolazioni galliche. La
soluzione arrivo nella seconda metà dell’VIII secolo, ha permesso di mantenere integro il
repertorio franco-romano, senza perdere le espressioni culturali galliche. Sulla scia dell’esperienza
gallica, il processo di fusione di diverse culture avverrà anche in altre regioni europee. Tropi e
tt
tt
ti
fi
ti
tt
ti
ti
fi
ti
ti
fi
ti
fi
ti
tt
ti
ti

sequenze saranno presen nella liturgia no all’inizio dell’età moderna, con una forte presenza in
ambito germanico, dove furono presen sia nella liturgia ca olica sia in quella protestante.
I tropi sono inserimen nei brani della liturgia del proprio e dell’ordinario della Messa; indica
quindi una qualsiasi aggiunta ad un canto preesistente; ques elemen vengono chiama tropi a
par re dal IX secolo. Sono sta tropa molte le ure, epistole e vangeli, delle Messe del periodo
natalizio. Inoltre sono sta tropa nella liturgia delle ore i responsori, non le an fone e gli inni.

Le diverse possibilità di aggiungere un elemento nuovo sono riassumibili in tre categorie:


1) TROPI MELOFORMI: Integrazioni melodiche di brevi incisi melodici o ampi melismi usa per
arricchire le melodie alleluia che. Non è chiaro se rientrano in questa categoria anche le
frequen CAUDOE che allungano le an fone e i brani gallicani. L’ampliamento delle
“melodioe secundoe” rispe o alle “melodioe primoe” è l’unico fenomeno paragonabile alla
tropatura presente nel repertorio milanese.
2) TROPI MELOGENI: Integrazioni solo testuali denominate PROSULOE, aggiunta di un
elemento puramente testuale ad una musica sprovviasta di testo, aggiunta di un testo ad
un melisma, per questo viene chiamato Prosa o Prosula. I can in cui è presente solo:
alleluia, o ertorio, Kyrie e i responsori dell’u cio. In tu ques casi si riprende un melisma
presente nel canto originario e li si aggiunge una sillaba per nota. La melodia melisma ca si
trasforma in un nuovo canto sillabico.
3) TROPI LOGOGENI: integrazione melodico-testuale; prevede l’inserimento di un nuovo testo
con una nuova melodia. È la forma più di usa e riguarda tu e le categorie di can . Possono
essere compos da un’unica sezione o da un numero variabile di segmen . Nei manoscri
queste aggiunte sono chiamate Tropi ma anche Laudes, Versus e in alcuni casi Farsa.
Esiste un’altra categoria di tropi che non integra alcun elemento nel brano liturgico esistente, bensì
lo sos tuisce, sia a livello testuale che musicale.
In base alla posizione in cui vengono aggiun i tropi, si hanno di eren pologie: tropi
d’introduzione, tropi intercalari e tropi d’epilogo/conclusione. Un tropo può essere collocato in una
o in tu e e tre le posizioni indicate.
1) EXORDIUM: sono tropi che introducono il canto al quale sono collega o anche l’intero
formulario, nel caso sopra u o di alcuni tropi d’introito. Il tropo d’introduzione “Gregorius
Praesul” ha avuto par colare importanza poiché ha contribuito alla di usione dell’idea
secondo la quale il Papa Gregorio I sarebbe stato l’autore del repertorio che porta il suo
nome.
2) INTERCALATIO: i tropi Intercalari sono cos tui da una serie di segmen che si alternano
alle sezioni di brani liturgici tradizionali. I tropi hanno la funzione di esplicitare il signi cato
del testo liturgico. Nel Sanctus i tropi perme ono di individuare la natura trinitaria
dell’acclamazione.
ti
ti
tt
ti
ff
ti
ti
ti
ti
ti
tt
tt
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ff
fi
ti
ti
ffi
ti
tt
tt
ti
tti
tt
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ff
ff
ti
ti
ti
ti
ti
fi
ti
tti
ti
3) I tropi che concludono i brani liturgici sono piu osto rari, queste par possono essere
considerate come epiloghi dei singoli brani.
Dopo il XIV secolo il numero dei tropi diminuisce es essi niscono per scomparire dai libri
liturgici, almeno in Italia, forme semplici rimangono in area germanica. La scomparsa dei tropi
e la riduzione delle sequenze dai messali la ni edi dopo il concilio di Trento, non indicano una
proibizione dovuta dal concilio, bensì al modello italico di messale, cos tuito da un numero
esiguo di sequenze e dall’assenza di tropi. La liturgia romana riformata dal concilio va cano II
prevede di nuovo una forma di tropo nella terza forma dell’a o penitenziale. la mancanza di un
riconoscimento “U ciale” incoraggiò la rielaborazione testuale e melodica dei tropi, che non
mostrarono la stabilità del canto gregoriano. Sin da subito vi è una di erenziazione da zona a
zona, il medesimo testo riceveva melodie di eren .

- Le Sequenze
La sequenza nasce contemporaneamente al tropo, ma presenta cara eris che proprie. Pur
essendo nella maggior parte dei casi congiunto all’alleluia della messa, essa può cos tuire un
brano autonomo con diverse funzioni all’interno della liturgia. La sequenza è cos tuita
normalmente da una successione di strofe accoppiate; spesso la prima e l’ul ma strofa sono
isolate. Ogni coppia ha lunghezza variabile e presenta la medesima musica. La sua probabile
nascita va ricondo a al tenta vo di memorizzare meglio alcuni melismi inserendo so o ciascuna
nota la sillaba di un nuovo testo composto appositamente, VERSUS AD SEQUENTIAM. Dopo una
vasta produzione testuale e melodica nell’area franca occidentale, alla dine del IX secolo si a erma
la scuola di San Gallo con Notker il Babuziente. In queste sequenze “classiche” si nota un crescendo
di intensità melodica con un’elevazione dell’ambito vocale; nella seconda metà dei brani alcune
strofe cos tuiscono uno schema melodico A A B, una forma di uso nei melismi dello Iubilus
alleluia co.
Notker compone nuovi tes che riprendono come modello melodico le musiche già conosciute
nell’occidente carolingio. Egli scrive tenendo conto degli accen ed è a tento al colore delle parole
corrisponden nella strofa e nell’an strofa; presentano infa la medesima vocale.
Le cara eris che principali della prosa o sequenza notkeriana possono essere così sinte zzate:
• I tes sono scri in una prosa s lizzata, che viene suddivisa in coppie di frasi di lunghezza
iden ca cantate sulla medesima musica;
• Le varie coppie sono di lunghezza variabile e sono intonate su melodie diverse;
• La prima frase e talvolta anche l’ul ma sono isolate e intonate su una melodia ancora
diversa;
• Le varie coppie, sopra u o delle sequenze francesi, tendono a terminare in assonanza
sulla vocale “a”;
• Lo schema musicale della prosa è: A BB CC DD etc;
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
tti
tt
ffi
tt
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ff
ti
ti
tt
tti
tt
fi
ti
ff
tt
ff
ti
ti
tt
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ff
ti
Delle par colarità presen in alcuni tes moni italiani del XI secolo è la presenza dell’acclamazione
Alleluia dopo la prima strofa con la melodia iden ca a quella della strofa precedente. Dopo la
seconda, ogni strofa presenta alla ne un melisma che riprende la melodia della strofa appena
conclusa. Il termine sequen a indica un ampio melisma che ampliava o sos tuiva lo iubilus nella
ripe zione dell’alleluia dopo il verso (si con gura come un tropo meloforme o di sos tuzione)
creando la seguente successione:
alleluia + iubilus – verso salmodico – alleluia + sequen a
La sequenza entrò nella liturgia come nuovo canto del proprio, eseguito nelle solennità più
importan del Temporale e del Santorale subito dopo l’alleluia e in sos tuzione della ripe zione di
quest’ul mo dopo il verso salmodico. Nella seconda metà del XII secolo la produzione di sequenza
aumenta grazie alla scuola parigina che ha nel canonico Adamo del monastero di S.Vi ore il
massimo esponente. Se nelle sequenze preceden si prediligeva un usso melodico di gradi
disgiun , ora vengono usa intervalli prima non frequen e l’ambito vocale si estende al massimo
delle possibilità. Il testo inoltre predilige una concatenzione di o onari e se enari con rime ad ogni
inciso. Nella storia della squenza si assiste ad un progressivo allontanamento dalle melodie degli
Alleluia, mentre rimane costante l’uso di una melodia su tes diversi.

Capitolo X
I can della messa
- I can del Proprio
Nei can del Proprium Missae rientrano i can che presentano tes propri e par colari per ogni
celebrazione o per celebrazioni che si riferiscono allo stesso genere. Rientrano in questo gruppo
alcuni di quei can che si eseguono più volte durante l’anno liturgico (i can del Commune
Sanctorum) e quei pezzi che presentano un’iden ca melodia, ma testo diverso, come i tra . In
base alla funzione e alla storia all’interno della celebrazione, dis nguimo due categorie di can :
a) I can interlezionali: repertorio rielaborato dalla Schola Cantorum Romana (probabilmente
durante il VI secolo) sulla base di una o più tradizioni preceden . Il punto di partenza è
cos tuito dalla salmodia, la quale è all’origine del responsorio graduale e del tra o; ques
due can sono il risultato dell’evoluzione di forme diverse di salmodia, la salmodia
responsoriale (graduale) e dire anea (tra o, alcuni graduali). La salmodia alleluia ca
invece ha generato il canto dell’alleluia con il verso. (I tes dei can hanno come fonte il
salterio)
b) I can Processionali: non sembrano avere un’origine arcaica come i can Internazionali. Di
questo genere fanno parte i can dell’introito de del communio, che accompagnano i ri
iniziali e quelli della comunione. 1/3 dei tes di questo genere non sono salmici. A Roma si
è trovata nella salmodia An fonata la soluzione per un canto di lunghezza variabile ada o a
tu e le circostanze e alla diversa durata dei rispe vi ri . Al canto di un’an fona (introito o
communio) si alternano tan versi di un salmo quanto è necessario per il rito. Lo schema
dei due can processionali della messa sarà il seguente:
- an fona
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
fi
ti
ti
tt
fi
ti
tti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
fl
ti
tt
ti
tt
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
tti
- verse o di salmo
- an fona
- verse o di salmo
….
- an fona
- dossologia minore (gloria patri)
- an fona
L’o ertorio nel medioevo carolingio no al XII secolo, è tra ato come an fona sia come
responsorio. La sua pologia musicale è una delle più irregolari di tu o il repertorio dei can della
messa.

1) INTROITO
Il primo canto della messa è l’introito il quale accompagna i ri iniziali della messa, ovvero dalla
processione dell’o ciante e dei suoi ministri dalla sacres a all’altare, con la sua eventuale
incensazione. La lunghezza variabile del rito richiede un canto di durata corrispondente, un canto
breve ma che possa estendersi nel tempo. Questa variabile è possibile grazie alla dorma della
salmodia an fonata. La stru ura dell’introito prevede: il canto dell’an fona, un verrse o di salmo,
la ripe zione dell’an fona e di altri verse salmici no a coprire la durata del rito. Bisogna
ricordare che la salmodia conclude sempre con la DOSSOLOGIA.
An fona – Verso (su ono salmodico) – Dossologia (sul medesimo tono) - an fona
Il canto deve essere stato introdo o prima della dine del VI secolo. Secondo il “Liber Pon calis” è
stato introdo o da papa Celes no I all’inizio del V decolo. Come canto iniziale, dà il Tono a tu a la
celebrazione; il testo degli introi si ar cola in due tre frasi. Lo s le è orito con frequen
abbellimen di poche note. È prevalentemente scri o in Protus o Deuterus, è il canto an fonale
più ornato della messa e delle ore. Tu gli introi presentano una melodia autonoma, nonostante
la presenza di formule di intonazione e cadenzali piche di determina modi. La musica presenta
una corrispondenza tra la prima e l’ul ma frase, può avere stesso svolgimento melodico e formula
cadenzale. L’introito è stato chiamato anche An phona e O cium, in riferimento alla sua funzione
di apertura. Una par colarità frequente nella storia più an ca dell'introito è la presenza del
verse o ad repetendum, cioè, la ripe zione di uno dei versi del salmo dopo il Gloria Patri e prima
della ripresa nale dell'an fona. I versus ad repetendum si trovano nei manoscri più an chi sia di
origine franca sia in quelli romani (canto romano-an co); ma occasionalmente compaiono ancora
in alcuni manoscri del XII sec.
Il fa o di essere il primo canto della Messa spiega forse la priorità dell’introito rispe o agli altri
can liturgici, per quanto riguarda la tropatura. Infa , il numero di tropi di introito è maggiore
rispe o agli altri can . Di solito quando è tropato presenta l’exordium introdu vo e una o più
sezioni di intercala o.

2) IL RESPONSORIO GRADUALE
ff
ti
ti
ti
ti
ti
tt
tt
tt
tt
tt
ti
ti
ti
fi
tt
tti
ti
ffi
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
tt
ti
ti
ti
tti
fi
ti
tti
ti
ti
ti
tt
ti
tti
fi
ffi
ti
ti
ti
tt
tt
ti
ti
ti
ti
fi
tti
tti
ti
tt
tt
ti
ti
fi
ti
ti
tt
ti
Il graduale è il canto che esprime la reazione dell’assemblea dopo l’ascolto della prima le ura della
messa. Nella pra ca an ca veniva eseguio dai Gradini (gradus) dell’area riservata ai cantori. Dal
sabato dopo Pasqua no alla Pentecoste il graduale è sos tuito da un secondo alleluia.
Il repertorio a uale non è omogeneo nonostante tu e le melodie si presen no nella stessa forma
(responso e verso) ed abbiano lo stesso s le melisma co con una predilezione per i melismi sulle
sillabe nali. I graduali sono esegui secondo l’an ca prassi del responsorio romano: ripe zione
del responso integrale dopo il canto del vero. Il testo è quasi sempre salmodico e si riferisce al
tempo liturgico o alla le ura recedente. Nel missale Romanum del 1970 il responsorio graduale è
stato sos tuito dal salmo responsoriale; esso prevede l’alternanza del solista e dell’assemblea.
È un responsorio di po romano e per questo presenta la repe o a capite e non fa uso di toni di
salmodia; la sua stru ura è:
Responso – verso (di libera composizione) – responso
A parte alcuni casi isola , si possono dis nguere due categorie di melodie:
a) È il gruppo più ampio di graduali ed è nella forma del responsorio romano tripar to
(responso + verso + responso) scri o prevalentemente in Tritus auten co. Si nota spesso
nelle melodie una diversa stru ura modale tra responso e verso: i primo si muove in
ambito plagale, il secondo in quello auten co del medesimo modo. La tecnica composi va
è quella centonica e u lizza formule melodiche ricorren proprie di ciascun modo.
b) È il gruppo cos tuito dai brani che presentano su tes diversi la medesima musica con
limitate variazioni. Seguono uno schema melodico di protus plagale e probabilmente sono
di origine gallica. Questa categoria riprende la tecnica della salmodia dire anea ed è quindi
più simile ai tra che ai graduali. Ampia traccia di salmodia dire anea si ritrova nel
graduale pasquale Haec Dies che si canta durante la prima se mana di Pasqua; il responso
viene combinato con versi sempre diversi provenien quasi tu dal salmo 117, cantato
sullo stesso schema melodico ada ato ai vari tes .

3) IL TRATTO E I CANTICI PASQUALI


Il tra o (secondo canto interlezionale) era cantato dopo il graduale nei tempi penitenziali, oggi è
limitato alla sola quaresima. È la tes monianza dell’an ca salmodia dire anea, anche se la linea
melodica è stata elaborata e ada ata allo s le melisma co della Schola. Lo s le è quindi è spesso
melisma co, ma anche orito. Tra i can interlezionali è quello che presenta maggiori tracce di
an chità. Oltre la stru ura della salmodia dire anea, colpisce l’esiguo numero di brani e le due
uniche modalità u lizzate, protus e tetrardus plagali (secondo e o avo modo). Le melodie in Sol
(o avo modo) sono considerate di origine romana, e derivano da un originale Do; le melodie in Re
(secondo modo) sono ritenute di origine gallica. Le melodie in Sol si ritrovano nei tre can ci della
veglia pasquale, e dovrebbero cos tuire il modello composi vo del tra o. Essendo compos in
solo due modi, i tropi presentano delle frasi standard che si ripetono nei vari versi del singolo
canto. Dato lo s le melisma co, i tropi presen , sono costrui secondo la tecnica della prosula.

4) L’ALLELUIA
tt
ti
tt
fi
ti
ti
tt
ti
ti
tti
ti
ti
ti
tt
fi
ti
tt
ti
ti
tt
fi
ti
tt
tt
tt
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tti
ti
ti
ti
tti
tt
tt
ti
tt
tt
tt
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
L’alleluia (canto interlezionale) oggi si esegue al posto del tra o in tu i periodi ecce o la
quaresima. È composto dall’acclamazione ebraica ALLELUIA (ovvero “lodiamo D I O”) con la
presenza di un melisma nale sulla sillaba “-IA” (chiamata IUBILUS). Segue un verse o melisma co
(nelle slide del prof viene menzionato anche uno iubilus alla ne del verse o, di erente dallo
iubilus dell’alleluia) dopo il quale viene ricantato l’Alleluia con il suo Iubilus, seguendo questo
schema:
- Solista/i -> Alleluia
- Schola -> Alleluia
- Solista/i -> Verse o
- Schola -> Alleluia
Nella maggior parte dei casi i verse alleluia ci sono di origine salmica e riprende di solito un
intero verso del salterio. Non mancano tes di origine ecclesias ca (es. “Dies Sanc catus”
natalizio). Unico canto del proprio a non essere ssato nella tradizione liturgica, l’alleluia è stato
scelto dai cantori delle singole Chiese creando così delle cara erizzazioni che perme ono di
iden care l’origine dei codici liturgici. Ciò che lo di erenzia dagli altri can del proprio è la
possibilità di cantare una stessa melodia su tes diversi.
I can più an chi presentano il melisma nale del verso diverso dallo Iubilus e nello Iubilus non
hanno incisi ripetu due volte. La maggior parte delle melodie sono scri e in Re e Sol. Spesso nei
verse sono ripresi temi musicali dell’Alleluia iniziale; i melismi interessano la parola più
importante e sono pos nella maggior parte dei casi sulla sillaba accentata. Non mancano pezzi
costrui sul modello salmodico e sulle melodie- po ada ate a tes diversi o copie più recen di
melodie an che. I pochi casi l’alleluia presenta due verse la cui musica può essere iden ca in
entrambi, o variare (lo iubilus del verse o nei can più an chi è diverso da quello dell’alleluia, in
quelli più recen è iden co). La forma è quella del responsorio romano. Idealmente deriva dalla
salmodia alleluia ca, rido a ad un solo verso che però (come nel graduale) non impiega un tono
salmodico. La tropatura più frequente è la prosula che riprende un melisma già esistente e gli
so opone, in modo sillabico, un nuovo testo. Alcune fon francesi presentano dei tropi ad
sequen am; brevi tropi introdu vi che si cantavano nelle solennità prima dei melismi alleluia ci.

5) L’OFFERTORIO
Il nome suggerisce che lo scopo del canto fosse quello di accompagnamento del rito dell’o erta;
prima fonte che ce ne parla è S. Agos no, che parla di un salmo cantato durante il rito, ma in
relazione a Cartagine; documenta la presenza nel IV secolo di un canto eseguito durante la liturgia
o ertoriale). Nulla sappiamo sulla prassi delle chiese occidentali. Il primi vo canto potrebbe essere
stato una semplice an fona, accompagnata forse da salmodia. Nei manoscri tra i secoli IX e XII è
presente un canto orito e melisma co tramandato in due modi di eren :
a) Una parte dei libri presenta questo canto elaborato: an fona con s le di responsorio;
b) Un secondo gruppo di fon fa seguire allo stesso canto una serie di verse secondo la
formula dei responsori prolissi del ma u no. Mentre dopo il secondo verse o è indicata
una “Repe o a Latere”, si ipo zza che dopo il primo vi fosse una “Repe o a Capite”.
ff
tt
ti
ti
tti
fi
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
fi
ti
ti
ti
fi
ti
tt
ti
tti
ti
ti
tti
tt
ti
tt
ti
fi
ti
ti
ti
ti
fi
ti
ti
ff
tt
tti
ti
ti
fi
tt
tt
ti
ff
ti
ti
ti
ti
tt
tti
tti
ti
tti
tt
ti
tt
ti
tt
ff
ti
tt
fi
ti
ff
tt
ti
ti
ti
Dopo il XIII secolo i verse dell’o ertorio scompaiono progressivamente (forse la
scomparsa è in relazione con la scomparsa della processione dei doni).
La maggior parte dei tes deriva dal salterio, ma sono presen anche relazioni con le tema che del
Vangelo; un esiguo numero elabora passi del libro biblico dell’Esodo. Lo s le più frequente dei
responsi è quello orito, ma i brani nel loro complesso sono considera melisma ci con un
crescendo di vocalizzi quando si passa dal responso ai verse ; notevoli per estensione sono i
melismi alla ne dell’ul mo verse o. Il contrasto tra le due sezioni è accentuato quando i responsi
sono in s le sillabico mentre i verse sono ori . Anche l’ambito vocale è di erente, il responso è
plagale mentre i verse sono in auten co, dello stesso modo. Frequen sono le ripe zioni di
alcune sezioni all’interno dello stesso brano, sopra u o la prima frase del responso. Non mancano
pres di alcuni incisi melodici di altri can . Anche l’o ertorio è stato tropato nel medioevo
secondo di eren procedimen .
(SLIDE DEL PROF)
Una parte dei libri liturgici riporta un canto denominato ANTIPHONA il cui testo è derivato dal
Salterio ma il cui s le musicale è assai melisma co, forse il più elaborato dell’intero repertorio,
come se fosse un responsorio. Altri libri liturgici aggiungono a quella “an fona” un certo numero di
versi (massimo 4) e dopo ciascuno di essi è prevista una repe o a latere di tradizione gallicana, a
volte non è esplicitata e sembra so ntendere una repe o a capite di tradizione romana. A volte
le due situazioni si mescolano. I versi sono di libera composizione, più melisma ci della sezione
iniziale. La orma è per lo più quella del responsorio gallicano. A par re da XIII i verse
scompaiono progressivamente. L’o ertorio presenta svariate ripe zioni di gruppi di parole o di
intere frasi, a volte con ripe zione della stessa musica, a volte no.

6) L’ANTIFONA DI COMUNIONE
La funzione era quella di accompagnare il rito della comunione (accompagnava la processione dei
fedeli che andavano a comunicarsi), per questo doveva avere una durata variabile e venne
ado ata, come nell’introito, la forma della salmodia an fonata: un brano rela vamente breve che
si alternava con i verse di un salmo. Nei primi libri di canto notato l’an fona è seguita da uno o
più versi, intona con l’uso dei toni salmodici semplici, chiusi con la ripe zione a latere
dell’an fona (retaggio della salmodia processionale). Nel momento in cui i fedeli non
partecipavano alla comunione, poiché il rito venne limitato al solo sacerdote, il salmo venne
tralasciato ed il canto, dopo il XII secolo, si è rido o alla sola an fona (traccia della situazione
originale la si ritrova nel communio della messa da Requiem “Lux Aeternam”, in cui l’an fona è
seguita dal verso “Requiem Aeternam” e dalla repetenda “Cum sanc s tuis”. Il testo spesso è
formato da due frasi tra e dal salterio o dal testo evangelico le o nella medesima celebrazione
eucaris ca. Quest’ul mo po di testo so olinea maggiormente il signi cato del sacri cio di Cristo.
Il patrimonio musicale presenta numerose anomalie, tanto da far pensare che varie tradizioni siano
con uite nel repertorio odierno: brani an chi semplici successivamente rielabora , can
fl
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ff
fi
ti
ti
ti
fi
ti
ti
tti
tti
ti
tt
ti
ti
tti
ti
tt
tti
ff
tti
ff
tt
ti
fi
ti
ti
ti
ti
tt
tt
tt
ti
ti
ti
ff
ti
ti
ti
tti
tt
ti
ti
fi
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ff
ti
ti
ti
ti
fi
ti
ti
ti
ti
ti
tti
ti
precedentemente des na alle Ore che in seguito sono sta trasferi nella Messa. Lo s le è
solitamente più semplice rispe o alle an fone di introito, ed è assai più vicino a quello delle
an fone ai can ci evangelici. Alcune composizioni presentano invece uno s le più elaborato, più
vicino a quello dei responsori, sopra u o quelle che condividono con un responsorio il medesimo
testo (circa una ven na). La salmodia (quando viene cantata) segue lo schema melodico dei salmi
che accompagnano l’introito. Alcune an fone con testo evangelico presentano melodie diverse,
questo è dovuto alla loro composizione tardiva avvenuta probabilmente dopo l’unità dell’impero
franco (ca metà del IX secolo). Gran parte delle melodie sono in Re e in Sol, ma vi è spesso una
certa instabilità modale. L’an fona di comunione ha subito meno interpolazioni tropis che rispe o
agli introi , tu avia non sono totalmente assen .

- I can dell’Ordinario
I can dell’ordinario della Messa sono i brani in cui i tes rimangono sempre invaria . Nell’ordine
sono: il Kyrie Eleison, il Gloria in Excelsis, il Sanctus, l’Agnus Dei. Tra ques soltanto all’inizio del XI
secolo si è aggiunto il Credo. Ques can venivano prima tramanda in sezioni per genere (tu i
Kyrie insieme, tu i Gloria ecc…); soltanto dopo il XIII secolo iniziano ad esserci formulari des na
a determina pi di celebrazione della Messa, che tu avia escludono sempre il Credo.
Ai cinque can precedentemente elenca occorre aggiungere alcune formule di conclusione: Ite
Missa Est, Benedicamus Domino (quest’ul mo sos tuiva il primo solo quando non veniva cantato
durante la celebrazione il Gloria In Excelsis; veniva cantato su melodie di Kyrie o usando le
intonazioni per il Benedicamus Domino); e due an fone che si cantano per la benedizione
dell’acqua lustrale: Vidi Aquam nel tempo pasquale e Asperges Me Hyssopo negli altri tempi
liturgici (ques can però fanno parte dei ri di preparazione della messa, e riguardano solo il
celebrante e i suoi ministri).
Il testo sso dei can dell’ordinario li perme e di essere usa a piacimento, senza alcun vincolo; a
parte il fa o che nelle feste si preferiscono melodie più orite e nei giorni feriali brani più semplici.
La presenza dei tropi, con tema che liturgiche e teologiche speci che, modi cano la natura dei
can dell’ordinario. Quando sono tropa sono assimilabili ai can del Proprio, perché possono
essere esegui solo in determinate ricorrenze liturgiche. Per questo sono presen in alcuni
formulari del Proprium Missae can dell’ordinario tropa .

1) KYRIE ELEISON
L’invocazione/acclamazione su testo greco Kyrie Eleison (Signore, pietà) nella tarda an chità era
di usa in tu o il bacino mediterraneo, anche al di fuori del cris anesimo, come supplica ripetuta
anche svariate volte. Nella liturgia della Chiesa è usata in molte circostanze sopra u o come parte
di più ampie preghiere litaniche, in cui al testo greco sono collega verse in la no. Il suo uso
all’interno della messa è a estato all’inizio del VI secolo e la forma a uale (3 kyrie eleison + 3
Christe eleison + 3 Kyrie eleison) era già conosciuta nell’VII secolo.
A quanto risulta da studi speci ci, esistono più di 200 melodie di Kyrie, alcune, le più an che (o
composizioni più recen dedicate al canto dell’assemblea), assai semplici in s le sillabico, ma altre
sono in s le orito-melisma co. È di cile dis nguere l’origine del testo dei verse la ni, i quali
possono essere: nuove composizioni di tropi o tes di preghiere arcaiche.
ff
ti
ti
ti
ti
fi
ti
ti
tt
ti
tt
fi
ti
ti
tt
ti
ti
ti
tti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
fi
tt
ti
ti
ti
tt
ffi
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
fi
ti
ti
ti
ti
ti
fi
ti
ti
tt
ti
ti
tti
ti
ti
fi
tt
tti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tti
tt
ti
L’apparente contraddizione tra l’invocazione “ELEISON” del Kyrie e lo s le esuberante delle
melodie deriva dal diverso signi cato che il testo ha assunto in epoca carolingia. Successivamente il
signi cato dell’implorazione “abbi pietà di noi” venne sos tuito con un signi cato dossologico (di
invocazione); inoltre il testo da un origine cristologica divenne testo trinitario (KYRE= Padre;
CHRISTE= Figlio; KYRIE= Spirito Santo).
Lo s le del Kyrie è molto vario: da sillabico a orito, con brani melisma ci che o rono la possibilità
di inserire tropi secondo la tecnica della prosula. Tra le 9 inovcazioni ci possono essere varie
pologie di relazioni, gli schemi formali sono vari, i più frequen sono i seguen (si tenga conto
che l’ul ma invocazione può presentarsi leggermente variata):
- AAA AAA AAA (una melodia per tu e le invocazioni; schema preferito nell’ambito italiano)
- AAA BBB CCC (tre melodie, una per ciascuna invocazione)
- AAA BBB AAA (due melodie, una per i Kyrie, una per il Christe)
- ABA CDC EFE (disposizione a terzine ; schema preferito nelle culture transalpine)
- ABA CDC ACA (altro schema ad incatenature)
- AAA BCB DED (schema misto)
I tropi del Kyrie sono per lo più frasi che si pongono prima o dopo le invocazioni liturgiche.

2) GLORIA IN EXCELSIS DEO


Il Gloria è un’espressione di lode costruita intorno ad una citazione evangelica (Luca 2,14 “Gloria a
Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama). È un canto dossologico. Il testo è
stato elaborato nelle chiese orientali. La forma odierna si a esta intorno al V secolo e presenta
un’ar colazione trinitaria con numerose acclamazioni cristologiche. Il canto del Gloria sino al
secolo XI era riservato per le Messe presiedute da un vescovo; poi venne esteso a tu e le
celebrazioni eucaris che domenicali e fes ve (secondo il Liber Pon calis da Papa Simmaco).
Nonostante il tema dossologico del testo, le melodie del Gloria non presentano ampi melismi.
Molte melodie sono sillabiche e con una stru ura semplice, schemi melodici di recitazione e
formule salmodiche. Frequen nelle melodie del Gloria sono le ripe zioni di alcuni incisi, intere
frasi melodiche o di alcune formule di cadenza: tecnica usata per rendere unitario un brano con un
testo esteso. Il cen naio di tropi inventaria possono essere: d’introduzione o intercalari. Sia interi
tropi che singole sezioni vengono associa a diverse melodie di Gloria provocando a volte delle
incongruenze a livello modale.
Tre diverse pologie melodiche (le prime due sono presumibilmente le più an che):
- Una ripe zione con nuata di un’unica frase, costruita come un semplice tono salmodico o
di can llazione (intonazione, corda di recita, cadenza), e ada ata alle diverse lunghezze
delle frasi del testo;
- Una sorta di Recitazione Ornata, con una corda di recita ripetuta costantemente e con
cadenze di cara ere melisma co;
ti
ti
fi
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
ti
fi
tt
ti
ti
ti
fi
tt
ti
tt
tt
ti
ti
fi
ti
ti
ti
ti
fi
ff
ti
tt
- Una composizione con nuata per tu o il testo, con ripe zioni interne di singole frasi o
formule o anche senza alcun po di ripe zioni (probabilmente melodie di più recente
composizione).

3) CREDO
La liturgia romana nel medioevo conosceva diversi pi di Credo che venivano proclama in
situazioni diverse. Erano 3 i diversi pi:
- il “Credo degli Apostoli” era recitato nelle preghiere preparatorie prima delle Ore
dell’U cio (non sono pervenute tes monianze musicali in codici notazione diastema ca;
- il “Credo di A anasio” era cantato all’ora Prima (non ci sono tes moni nota );
- il “Credo di Nicea-Costan nopoli” faceva originariamente parte del rito ba esimale,
cos tuiva la professione di fede dei ba ezza . In Spagna entrò anche nella liturgia
eucaris ca nel VI secolo; ebbe un posto sso nella liturgia Franco-Romana (cantato dopo il
Vangelo) in una versione rivisitata da Paolino d’Aquitania (con il concilio di Aquisgrana del
798) ma non entrò nella liturgia di Roma no al 1014 quando lo richiese Enrico II
dire amente a Papa Benede o VIII, e veniva cantato solo nelle domeniche e nelle fes vità.
I tes moni nota non sno anteriori al XI secolo; presentano inizialmente poche melodie e assai
semplici, di cara ere sillabico, o stru ure melodiche che vengono riproposte durante il corso del
brano. A par re dal XIV secolo si assiste ad una produzione in notazione spesso mensurale, e dopo
il 1500 vengono prodo brani con la tecnica del canto fra o, con l’uso di alterazioni, sal
sconosciu nella tradizione classica (es l’o ava sia discendente che ascendente). Molto di usa nel
repertorio del Credo è la produzione dei secoli XVII e XVIII secondo le modalità del canto fra o. In
queste composizioni vi sono vari frazionamen dei valori ritmici, ma anche la presenza di
alterazioni diverse dl Sib.

4) SANCTUS
Il Sanctus riprende un testo caro alla liturgia ebraica (Isaia 6,3), e lo arricchisce con una seconda
sezione di esplicito signi cato cris ano (Ma eo 21,9). Esso cos tuisce la conclusione del prefazio e
in origine faceva parte integrante di esso come preghiera eucaris ca (forse veniva intonato da
celebrante stesso sul tono di recita vo del prefazio). Il repertorio dei Sanctus è piu osto limitato
anteriormente all’XI secolo. Sono nora conosciute 238 melodie. La gran parte delle melodie più
an che mostrano una serie di relazioni tra le varie frasi. I due “osanna in excelsis” sono spesso
iden ci o simili, e il materiale del primo verso può ricomparire successivamente. Normalmente i
tre “Sanctus” iniziali sono a sé stan e ori , possono essere tu diversi o il primo uguale al terzo.
Questa triplice acclamazione nasconde tracce di una melodia arcaica di origine bizan na. La
tradizione manoscri a riale al X secolo ed è di cile precisarne l’ordine cronologico, e quindi
individuare brani realmente arcaici e brani arcaicizza , che derivano da un processo di
sempli cazione melodica. Nella composizione musicale si hanno varie possibilità: melodie con uno
sviluppo organico dall’inizio alla ne, brani che presentano rime melodiche e ripe zioni con
par colare a enzione alla triplice invocazione iniziale. I due Hosanna possono essere iden ci o il
secondo può essere più sviluppato e orito del primo.
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ffi
fi
ti
ti
ti
tt
tt
tt
ti
tt
ti
fi
tti
ti
tt
ti
ti
fi
fi
ti
ti
ti
ti
fi
tt
tt
fi
fi
tt
ti
tt
tt
ti
fi
ti
ti
ffi
ti
ti
ti
ti
ti
tti
tt
ti
ti
tt
ti
tt
ti
ti
ff
ti
ti
ti
tt
ti
Sono da ricordare i tes di alcuni tropi trinitari. So o l’aspe o musicale meritano a enzioni i vari
tropi di Hosanna costrui secondo lo schema ripe vo che si trova nelle sequenze.

5) AGNUS DEI
Il testo dell’Agnus Dei riprende la dichiarazione di Giovanni il ba sta (Giovanni 1,29 “ecco l’agnello
di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo”) ed è stato u lizzato probabilmente con un
intento an -iconoclas co ai tempi di Papa Sergio I. Forse era già presente nella Chiesa di Roma. Il
suo uso è recente, come mostra la sua assenza nella liturgia eucaris ca della veglia pasquale. In
origine era u lizzato come canto eseguito più volte dal clero e dal popolo durante tu o il rito della
frazione del pane. L’assemblea probabilmente rispondeva con il “miserere nobis” all’invocazione, il
cui numero era stato ssato a 3 (nel VIII secolo). Nell’Europa La na occidentale l’Agnus Dei
man ene la sua funzione primi va quale canto di frazione, mentre nelle regioni orientali era
impiegato come canto di comunione.
In base alla stru ura melodica si possono dis nguere vari gruppi di Agnus Dei:
ABA(183) - AAA(20) - AA’A(15) - AAB(9) - AAA’(6) - ABA’(5)
Nella produzione postcarolingia la prima parte dell’invocazione Agnus dei-mundi può essere
sos tuita da una sezione di tropo. Non è escluso che in area aquitana l’elemento liturgico
originario sia stato cos tuito da una sola invocazione Agnus Dei; in tal caso i tropi non avrebbero
sos tuito il testo base, ma avrebbero ampliato la prima invocazione.
La stru ura dei tropi presenta una dis nzione a seconda dell’area di di usione:
- Nelle regioni occidentali (es aquitania) si trova la seguente ar colazione:

Agnus Dei qui tollis peccata mundi Miserere Nobis


Elemento di tropo Miserere Nobis

- Nelle zone la ne orientali (es San Gallo), la stru ura era:

Agnus Dei qui tollis peccata Elemento di tropo Miserere Nobis


mundi
Agnus Dei qui tollis peccata Elemento di tropo Miserere Nobis
mundi

- In Italia i modelli principali sono:


ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
fi
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
tt
tt
ti
tti
ti
ti
ti
ff
tt
tt
Agnus Dei qui tollis peccata mundi, Elemento di tropo
miserere nobis.
Agnus Dei qui tollis peccata mundi, Elemento di tropo
miserere nobis.

Oppure:

Elemento di tropo Agnus Dei qui tollis peccata mundi,


miserere nobis.
Elemento di tropo Agnus Dei qui tollis peccata mundi,
miserere nobis.

- In alcuni codici dell’Italia se entrionale si può trovare

Agnus Dei Qui tollis peccata mundi, miserere nobis.


Elemento di tropo Qui tollis peccata mundi, miserere nobis.

6) ITE MISSA EST e BENEDICAMUS DOMINO


L’Ite missa Est, al quale si risponde Deo Gra as, è la monizione (invito di preghiera da parte del
celebrante all’assemblea), di congedo cantata dal diacono alla conclusione della celebrazione
eucaris ca secondo il rito romano. A par re dal XI secolo l’Ite Missa Est è cantato soltanto nelle
Messe che hanno il “Gloria in excelsis Deo”, mentre nelle altre occasioni, si proclama il
Benedicamus Domino di probabile origine Gallicana, cui si risponde sempre Deo Gra as. La prassi
moderna prevede poche melodie proprie per l’Ite Missa Est. Di solito la monizione e la sua
risposta, che hanno la stessa melodia, riprendono la musica del primo Kyrie Eleison della stessa
Messa. Il Benedicamus Domino, oltre ad essere cantato alla ne di molte messe, è la conclusione
abituale delle Ore. Nella Messa si usa una melodia molto semplice, mentre nelle Ore si eseguono
varie melodie a seconda: del tempo liturgico, le Ore e il grado di solennità o meno del giorno
liturgico.

Capitolo XI
I Can della Liturgia delle Ore
Nella liturgia delle Ore ci sono varie situazioni musicali che corrispondono ai singoli momen ed
elemen della celebrazione. La forma più usata è la salmodia; ci sono poi anche: le an fone, i
versicoli, i responsori brevi e prolissi, gli inni, le formule di can llazione per le le ure e di
recitazione per i tes eucologici, ed altri elemen minori.

- La Salmodia
ti
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
fi
ti
ti
tt
ti
ti
La salmodia, che interessa salmi e can biblici, nella liturgia delle ore normalmente è congiunta ad
un’an fona, in modo che il tono salmodico corrisponda alla modalità dell’an fona. Nei manoscri ,
dopo l’an fona sono scri o l’inizio testuale del salmo o una serie di le ere (EUOUA/AEUOUA)
corrisponden alle vocali conclusive del Gloria Patri, la dossologia con cui conclude ogni testo
salmico. Al di sopra dell’incipit testuale e delle Li arae si trovano le note della sola cadenza
salmodica oppure queste ul me possono essere precedute da poche note dell’intonazione senza
soluzione di con nuità.
La prassi a uale (stabilizzata alla metà del XX secolo) prevede il canto integrale dell’an fona due
volte: prima del salmo e alla ne dopo la dossologia. Dal XIV secolo no al XX secolo l’an fona era
cantata integralmente dopo il salmo, mentre all’inizio ci si limitava alla sola intonazione. Prima del
XIII secolo, l’an fona poteva essere eseguita più volte, anche all’interno del salmo, come avviene
ancora oggi per il salmo invitatorio. Non è chiaro però il po di esecuzione di questa salmodia con
l’an fona intercalata ai verse dei salmi e dei can ci.

- La salmodia arcaica
Anche nella liturgia delle Ore ci sono tracce di forme arcaiche di salmodia. Prima di tu o si ricorda
una tradizione responsoriale, a estata con chiarezza per il momento solo nella liturgia milanese
nel solo tempo pasquale, la salmodia “Alleluia ca”. In questo caso il salmo era cantato dal solista e
le arie unità le erarie erano intercalate dall’acclamazione “alleluia” cantata dall’assemblea. A
di erenza della salmodia responsoriale il ritornello alleluia co rimane sempre iden co per tu i
salmi. Altre formule musicali presentano irregolarità rispe o alla salmodia tradizionale delle Ore,
com’è il caso di una duplice corda di recita, una per emis chio.

- La salmodia semplice
È la forma più comune di salmodia, si ada a ai salmi e ai can ci veterotestamentali in quarta
posizione alle lodi ma u ne, presenta uno s le sillabico. Oggi non ha più la seconda intonazione, e
ha un’unica corda di recita nel primo e secondo emis chio. Nell’uso moderno romano
l’intonazione è cantata soltanto nel primo verse o di ciascun salmo; i verse successivi iniziano
subito sulla corda di recita. La commemora o brevis del secolo IX in una forma semplice di
salmodia, presenta un’intonazione all’inizio del secondo emis chio. Questa par colarità è forse
durata a lungo, come a estano le formule salmodiche scri e integralmente per i verse an fonici.
Se pur in odo sporadico la reintonazione compare ancora nel secolo XIV.

- La salmodia dei can ci evangelici


Il Benedictus alle Lodi, il Magni cat ai Vespri e il Nunc dimi s a compieta sono brani tra dal
vangelo di San Luca. Il modulo salmodico nel primo emis chio è leggermente più orito rispe o
alla salmodia semplice.

- La salmodia dell’invitatorio
La formula melodica non si applica ai singoli verse , bensì alle cinque strofe (gruppi di verse ) del
salmo 94 “Venite exultemus Domino”. La stru ura di questa salmodia prevede cinque sezioni (A B
A’ B’ C). Secondo il grado fes vo viene adoperato un tono semplice o uno orito scelto tra i vari
ff
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
tt
tt
ti
tt
ti
tti
ti
tti
fi
ti
tt
fi
ti
ti
tt
tt
ti
ti
tt
ti
tti
tt
ti
ti
tt
ti
tt
ti
tti
ti
ti
ti
fi
tt
ti
fi
tti
ti
fi
ti
tt
tti
ti
ti
ti
tti
tti
tti
tt
tti
toni di usi nel medioevo per ciascuna modalità, mancano però nelle fon an che le formule di I e
VIII modo.

- La salmodia dei verse dei responsori di ma u no


Tradizionalmente si cantano su una formula ssa che ha abbellimen nelle intonazioni e nelle
cadenze. La formula consiste in una prima intonazione, una prima corda di recita, una cadenza
mediana con un accento e tre sillabe di preparazione; seguono poi una diversa intonazione,
un’altra corda di recita e una cadenza nale con cinque sillabe (cadenza pentasillabica).

- Formule salmodiche par colari


Una formula salmodica complessa può essere considerata anche quella del Te Deum che si canta a
conclusione del ma u no. Nei libri moderni sono tramandate varie recensioni melodiche.
Interessante una parafrasi mariana del medioevo: essa riprende la stessa melodia, ma ada a il
testo a tema che mariane.

Le an fone
- Le an fone salmiche
Il canto dei salmi è eseguito quasi sempre in relazione ad un brano che ne determina il tono
salmodico. Il pezzo in ques one si chiama An fona. Le an fone sono tra e dall’inizio del salmo
stesso, hanno un testo breve e una melodia semplice, sillabica o poco orita. La maggior parte dei
brani sono scri in Sol e in Re (ma non mancano anche brani in Mi e Fa). La melodia ene conto
della dinamica della parola (accen verbali e fraseologici). Per evidenziare determinate parole
viene applicato un piccolo melisma come abbellimento. Nel caso di tes dialoga o quando viene
citato un discorso dire o, il periodo le erario e quello musicale vengono ar cola tra loro.
L’intervento di un protagonista è evidenziato col cambio di registro. Molte formule musicali
servono da modello per gruppi di brani. Vi sono diversi casi in cui: le melodie po con un un’unica
musica viene a ribuita a tes diverse, numerose an fone composte con la tecnica centonica, brani
che presentano uno sviluppo melodico diverso, mentre un’unica melodia può dare esi modali
di eren .
Secondo l’analisi di Hucke, le an fone possono essere classi cate secondo il pro lo melodico in 3
diverse categorie:
a) Lieder: alla base di questo gruppo c’è l’ar colazione in linee melodiche che possono variare
da brano a brano, da un minimo di una linea ad un massimo di qua ro. Un’ul ma sezione
abbraccia alcuni brani la cui stru ura melodica è a ne a quella dei responsori brevi.
b) Le serie variabili di linee e di strofe sono disposte liberamente nei singoli brani.
c) I Recita vi: presentano di eren elaborazioni del materiale melodiche che può essere
cara erizzato da vari fenomeni musicali come, le ripercussioni, i gruppi d’abbellimento o
determina disegni melodici ricorren .
Laszlo Dobszay e Janka Szendrei e e uano una classi cazione diversa. Pur partendo sempre
dall’analisi delle melodie, tengono conto anche di fa ori liturgici e storici. Per il I modo i due autori
assegnano le oltre 600 melodie a nove gruppi che ar colano in sezioni minori. Ad esempio:
ff
tt
ti
ti
ff
ti
ti
ti
ti
tt
tti
tt
ti
tt
tti
ff
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ff
ti
fi
tt
ti
tt
fi
ti
ffi
ti
tt
tt
ti
ti
fi
ti
fi
tt
fi
ti
ti
ti
tt
ti
ti
ti
ti
fi
ti
ti
ti
ti
tt
1) La classe A: cara erizzata da melodie brevi che dal La scendono al Re;
2) La classe B: le melodie hanno lunghezza variabile (due o tre linee);
3) La classe C: a ne alla classe precedente, si diversi ca nell’intonazione e in alcuni de agli;
4) La classe D: un cen naio di brani che presentano una formula d’intonazione che varia la
linea melodica; il secondo inciso ruota intorno al Fa; il terzo è comune ad altre classi.
5) La classe E: melodie arcaiche composte probabilmente quando la modalità non era ancora
de nita, per questo melodie a ni possono essere classi cate in modi diversi.
6) La classe F: melodie che enfa zzano la funzione de La e l’ambito acuto intorno al Do e Re;
7) La classe G: brani con sionomia autonoma che elaborano materiale tradizionale;

- Le an fone “doppie”
Presentano stru ura bipar ta simmetrica che in alcuni casi presenta analogie con le an fone
duplae della liturgia ambrosiana. Alcune sembrano essere par colarmente arcaiche perché la loro
media ricalca quella dei responsori brevi.

- Le an fone Veterem Hominem


Gruppo di brani per lo ava dell’epifania il cui primo pezzo comincia con le parole veterem ominem
e propone uno schema medico sulla base del VII modo. I pezzi, di origine bizan na, sono sta
introdo nel mondo la no nel IX secolo.

- Le An fone ai Can ci Evangelici


Le an fone che accompagnano ques can ci, in par colare il benedictus ed il magni cat, hanno
un testo più esteso e melodia più orita rispe o alle an fone salmiche. In alcuni casi sono simili
nello s le ad alcune an fone di comunione della messa.

- Le an fone “O”
Sono quelle an fone che si cantano al “Magni cat” in avvento, nei giorni preceden al Natale.
Iniziano tu con “O” e la serie più di usa è cos tuita da se e brani la cui le era iniziale crea un
acros co a cancro: “Ero Cras” ovvero “Sarò domani”. La melodia presenta un modello che si ripete
quasi iden co in tu e le an fone del gruppo.

- Le an fone per l’invitatorio


Sono i brani che accompagnano il canto del salmo d’invitatorio 94. Frere ha de o che anche se
ques pezzi hanno la funzione di un’an fona, si avvicinano secondo il pro lo musicale ai
responsori. Di quest’ul mi le an fone in ques one assumono sezione melodiche e formule
cadenzali.

- Le an fone in rima degli u ci ritmici


fi
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tti
ti
tti
ffi
ti
tt
tt
tt
ti
ti
fi
tt
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ffi
ffi
ti
fi
ti
ff
ti
ti
tt
fi
ti
fi
ti
ti
fi
ti
tt
ti
tt
tt
fi
ti
tt
ti
fi
ti
ti
Una categoria di an fone che appartengono agli u ci ritmici del tardo medioevo, dal secolo XI in
poi. Il testo è formato da se enari e o onari con frequen rime. Accanto alla presenza di formule
musicali tradizionali, si trovano passaggi melodici di nuovo s le e successioni di intervalli diverse
dalla musicale liturgica tradizionale.

- Le an fone mariane dopo compieta


Sempre setate molto considerate le an fone mariane: si cantano alla conclusione della giornata,
dopo compieta, e sono tramandate in due versioni assai di use, una semplice e l’altra solenne. Nel
repertorio delle an fone delle Ore, quelle mariane sono le uniche ad aver subito elaborazioni
tropis che. Nel basso medioevo il tema mariano è stato quello più sviluppato nella liturgia e nella
devozione, creando una ricca produzione di nuovi brani.

- Le an fone processionali e penitenziali


Alle an fone salmiche delle Ore si avvicinano anche altri brani con collocazione liturgica di erente.
Si ricordano le an fone processionali (rimaste ancora in uso quelle della Domenica delle Palme) e
le an fone penitenziali (per occasioni par colari, come le rogazioni o l’adorazione della croce del
Venerdì Santo). Alcune di queste an fone cos tuiscono dei brani del tu o autonomi; non
prevedono nessuna forma di salmodia complementare. Tra i can del repertorio gregoriano, le
an fone sono quelle che in ogni epoca hanno subito modi che melodiche e rielaborazioni
melodiche.

- Le an fone tropate
In rari casi le an fone sono arricchite da tropi. Il caso più frequente è dell’an fona mariana “Salve
Regina”. Meno frequente è la tropatura su altre an fone mariane che vengono cantate alla ne
della compieta. Molto rare sono altre an fone tropate.

- I versicoli
All’interno della liturgia delle Ore si colloca una stru ura molto semplice cos tuita da una brave
proposta (Versus, Versiculus) seguita da una risposta (responsum). Nella massima parte dei casi il
testo del Versus e del Responsum è formato da due emis chi perlopiù salmici. La melodia della
prima parte è ripetuta iden ca nella seconda. I versicoli possono essere dis n in base alla loro
funzione e posizione nelle Ore.
All’interno delle ore il versicolo ha la funzione di cerniera tra due sezioni diverse della liturgia, ad
esempio tra la salmodia le le ure del ma u no. In ques casi ha una melodia pica, tu o il testo è
cantato su una corda di recita (Fa o Do) no alla sillaba nale che presenta un melisma conclusivo.
In giorni par colari, ci sono melodie che si spostano dallo schema precedentemente citato.

- I responsori brevi
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
tt
tt
ti
ti
fi
ti
tt
ti
ti
ti
ffi
ti
tt
fi
ti
ti
ff
ti
ti
fi
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
tt
ff
fi
Dopo la breve le ura biblica delle Ore diurne, è previsto il canto di un responsorio breve. Il testo è
breve, la melodia segue pochi schemi perlopiù sillabici e potrebbe essere ciò che rimane di
un’arcaica salmodia responsoriale. Nel responsorio breve solista e assemblea si alternano nel
seguente modo:
• A: responso del solista;
• A: risposta dell’assemblea
• B: verse o del solista (tenor diverso da A)
• B: risposta dell’assemblea;
• C: dossologia del solista (gloria patri – spiritui sancto)
• A: risposta nale dell’assemblea.
Alcune melodie semplici di responsori brevi hanno paralleli in altre sezioni dell’u cio. Le an fone
“Doppie” o d’invitatorio potrebbero tes moniare alcuni elemen arcaici anteriori all’octoechos.

- I responsori prolissi
Si cantano dopo le lunghe le ure del ma u no e seguono oggi lo schema della repe o a latere di
origine gallicana. L’ul mo responsorio di ciascun no urno è seguito dalla dossologia, tra ata come
un ulteriore verso. Il seguente schema dovrebbe ra gurare la prassi romana a estata nel secolo
IX:
• Responso (solista)
• Responso (schola)
• Verso (solista)
• Responso (schola)
• Dossologia “gloria patri-Spiritui sancto” (solista)
• Repetenda (schola)
• Responso (solista)
• Responso (schola)
Un esempio di prassi tardo-medievale e moderna può essere il II responsorio del I no urno di
Natale (sempli cata rispe o alla tradizione romana, eliminando le ripe zioni del responso). Nella
tradizione manoscri a il responsorio del ma u no risulta essere cos tuito da tre elemen :
• Responso
• Verse o
• Repetenda
tt
tt
fi
fi
tt
tt
ti
tt
tt
ti
tt
ti
tt
ti
tt
ffi
ti
ti
ti
tt
ffi
ti
ti
tt
ti
tt
ti
In par colari circostanze liturgiche (come il Natale) ci possono essere delle varian rispe o allo
schema precedente, che forse rilevano una prassi esecu va più an ca.
• Responso
• Versus
• Repetenda
• Versus – dossologia
• Repetenda
In questo esempio dopo la dossologia si canta una Repetenda diversa da quella cantata
precedentemente dopo il Versus.
• Responso
• Versus
• Repetenda
• Versus – dossologia
• Iterum reincipitur responsorium
In quest’ul mo esempio, si fa riferimento a due tradizioni, una con la repe o a latere dopo il
verse o (uso gallicano), e la repe o a capite dopo la dossologia (uso romano).
L’ar colazione par colare del testo e della musica deve rispe are una con nuità logica e melodica
delle varie sezioni, fa o che diventa sempre più complesso con l’aumentare del numero dei versi.
La prima sezione dei responsori è cos tuita da melodie proprie, orite e melisma che, che
presentano relazioni melodiche sopra u o all’interno dei brani che hanno uno stesso modo. Tali
relazioni interessano o l’intero brano in gruppi omogenei oppure soltanto determinate sezioni
interne e formule cadenzali. Il materiale musicale è ada ato secondo i principi delle melodie- po e
dei brani centonici. L’ambito dei responsori è generalmente di un’o ava; nei brani plagali spesso
non si supera la sesta. Per o enere e e par colari viene unito l’ambito plagale con quello
auten co. I versi riprendono di solito un par colare schema salmodico.

- Gli inni
Gli inni sono un elemento rela vamente tardo e estraneo alla primi va preghiera delle Ore. In
occidente iniziano ad essere usa nella liturgia dalla seconda metà del IV secolo grazie all’opera di
alcuni vescovi dell’Italia se entrionale (es. sant’Ambrogio di Milano e Sant’Eusebio da Vercelli).
Presto vengono ado a nelle celebrazioni monas che, sono usa a Roma in epoca tarda,
probabilmente non prima del XII secolo. L’inno liturgico è una composizione poe ca formata da
versi riuni in strofe iden che: questa stru ura perme e di cantare la melodia della prima strofa
su tu e le strofe successive e anche su tes di inni diversi a condizione che abbiano lo stesso
metro. Negli inni più an chi non c’è a enzione alla rima, che si a ermerà dopo l’XI e XII secolo.
Il metro più di uso nell’innodia la na è quello che venne usato da Sant’Ambrogio, quello giambico:
viene ripetuto 4 volte per formare un verso, 4 versi formano la strofa. Meno frequente è l’uso di
ti
tt
tt
ti
ti
ti
ti
ff
ti
tt
tt
ti
ti
ti
tt
tt
ti
ti
ti
ti
ti
tt
tt
ff
tt
ti
tti
tt
ti
ti
ti
ti
tt
tt
ti
tt
ff
ti
tt
ti
fi
ti
ti
ti
ti
ti
ti
ti
tt
ti
tre versi sa ci con uno adonico. Ancora più raro è l’uso del metro trocaico. La maggior parte degli
inni presenta qua ro versi e si solito l’apice melodico viene raggiunto tra la ne del secondo verso
e l’inizio del terzo. I qua ro versi possono essere compos in varie combinazioni che prevedono
spesso la ripe zione di uno di essi (aaba, abaa, abab, abcd).
Lo s le preferito è quello sillabico, con a volte ampie corde di recita; la melodia è solitamente
costruita su un arco che si può estendere su uno o due versi. Poche sono le melodie con di use
ornamentazioni. La melodia di alcuni inni è stata assunta anche da alcuni tropi e an fone della
liturgia delle Ore.
FINE
ti
ffi
ti
tt
tt
ti
fi
ti
ff

Potrebbero piacerti anche