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Capitolo VI
- Le tecniche di composizione.
La chiesa all’inizio della sua esperienza musicale ha assimilato elemen della musica liturgica
ebraica. A raverso ciò possiamo ipo zzare che nelle primi ve comunità vi era una convivenza di
vari s li e forme, escludendo così ogni idea evoluzionis ca della musica liturgica cris ana. Oltre
che all’ebraismo, le melodie cris ane si sono ispirate anche alle diverse culture del mediterraneo
dove veniva accolto il Vangelo. Fondamentale per lo sviluppo della musica liturgica è l’incontro con
i Romani, dai quali prese: Musica, Lingua e l’Arte Oratoria.
Bisogna tener presente che nella costruzione melodica della liturgia, siano state usate diverse
tecniche composi ve. Un fondamentale aspe o della musica gregoriana è l’aderenza al testo. La
linea melodica esprime la dinamica della parola e della frase nel rispe o degli accen verbali e
fraseologici. Vengono u lizza par colari ar ci che so olineano l’importanza, stru ure espresse
secondo le modalità proprie di ciascuna arte.
Di fronte ad un proge o composi vo gli autori tenevano conto di vari elemen : se il giorno fosse
fes vo o feriale, il genere le erario del testo da esprimere in musica, la funzione che doveva
assumere il brano, forma e s le musicale appropriato. Nel rispe o del testo hanno poi applicato
una o più tecniche composi ve.
- Can llazione
Una delle più importan eredità musicali ebraiche è l’uso della parola biblica che nella liturgia è
sempre cantata. Per rendere più facile la comprensione del testo, esso veniva PROCLAMATO su una
corda rela vamente acuta (la o do) e par colari formule melodiche cara erizzavano le stru ure
del periodo le erario. La can llazione è cos tuita da una recitazione, preparata eventualmente da
una formula di intonazione, interro a da una serie di formule melodiche con funzone di cadenza
mediana, corrisponden alla conclusione della frase testuale. In base al po di chiusura
iden chiamo:
1) Punto Fermo, collocabile sia all’interno del brano che alla sua conclusione, cara erizzato
dal salto discendente di V;
2) Le Cesure Minori, espresse con una discesa semitonale inferiore;
3) Il punto Interroga vo, cara erizzato da una essione preparata su una nota inferiore
distante di semitono, che risale alla corda di recita.
Diversi pi di stru ure melodiche vengono usate per evidenziare la natura del testo e il grado di
solennità liturgica. Si hanno quindi TONI di can llazione di eren per le 3 categorie di libri biblici
proclama nella liturgia (an co testamento, nuovo testamento, Vengeli); vi è anche una
di erenziazione di toni delle Le ure da proclamare a Ma u no e alla Messa. Nelle ferie venivano
solitamente canta Toni di le ura più semplici rispe o alle domeniche e alle solennità.
Alcuni tes biblici hanno avuto un tra amento musicale par colare a causa della loro importanza
liturgica, ricordiamo:
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- Le “lamentazioni di Geremia” e “L’oratorio Ieremioe prophetoe” cantate nel ma u no del
triduo sacro, oltre ai toni speciali, Le Lamentazioni presentano un abbellimento melodico
sulle le ere ebraiche con cui inizia ogni verse o, (nel verse o iniziale dell’Ora o Ieremioe
prophetoe la melodia è cara erizzata da gruppi melisma ci d’abbellimento che ricorronoo
alle formule iniziali cadenzali degli emis chi);
- I due tes con la “genealogia di Gesù Cristo”, che si cantano nelle no di Natale e
dell’Epifania, presentano interessan formule melodiche, (nella genealogia di Ma eo il
testo è cantato su un modulo tripar to (ABC) che cadenza sempre sul MI);
I qua ro raccon della “Passione” presentano spesso elaborazioni musicali su alcuni incisi. In
alcune fon medioevali le el ure bibliche sono state arricchite di una seconda voce secondo lo
s le del CANTUS PLANUS BINATIM, tecnica polivocale impiegata in altri casi par colari come si può
leggere in alcuni codici.
- Salmodia
I can tra dai tes poe ci biblici, sono la salmodia e i can ci; su di essi è stata creata una forma
musicale chiamata SALMODIA. Ques tes sono cos tui da verse che a loro volota si dividono
in EMISTICHI. La formula musicale ricopre un intero verse o per poi essere ripetuta nei verse
successivi. Il modulo della salmodia è cos tuito da:
a) Un’intonazione
b) Una corda di recita
c) Una cadenza mediana alla ne del primo emis chio (nelle edizioni moderne è segnata da
un asterisco *)
d) Una formula di intonazione
e) Una seconda corda di recita
f) Cadenza nale
Se il primo emis chio è lungo si inserisce una FLEXA segnalata dal simbolo + che indica una croce.
Nella salmodia (a di erenza della can llazione, dove la musica rispe a la stru ura della frase
testuale) a formula musicale rispe a soltanto la costruzione del verse o, senza tener conto della
costruzione della frase; infa , la formula cadenzale nale, viene applicata alle sillabi nali di ogni
singolo verse o, senza tener conto dei segni di punteggiatura o se il periodo si concluda, a volte lo
sospendono o lo interrompono.
Le formule salmodiche sono applicate sia alla liturgia delle Ore (salmi, can ci, versi dei responsori),
sia nella Messa (nella salmodia Fiorita dll’introito e della comunione, nel responsorio graduale, nel
tra o e l’alleluia). Il canto di un salmo nella liturgia può essere eseguito in diversi modi, i principali
sono:
- Un solista o un gruppo di cantori PROCLAMANO tu o il salmo dall’inizio alla ne senza
aggiungere altri elemen . È la SALMODIA DIRETTANEA, la tes monianza si trova nel tra o
della Messa.
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- Il salmo è cantato interamente dal Solista mentre l’assemblea interviene con acclamazioni o
brevi frasi che si alternano con i vese o le strofe del testo salmodico: è la SALMODIA
INTERCALARE RESPONSORIALE; essa sopravvive tu ’oggi nel salmo invitatorio del
ma u no, in alcuni ri processionali (es. 2 febbraio- candelora), e in forma più evoluta nel
responsorio graduale della Messa;
- L’esecuzione è a data a 2 gruppi (cori) che si alternano nel canto dei singoli verse
salmodici. È la SALMODIA ANTIFONATA, collegata quasi sempre al canto di una melodia
rela vamente breve (an fona) da cui dipende la scelta della formula Modale da applicare al
salmo intero.
Alla salmodia si possono aggiungere alcuni moduli par colari come quello del TE DEUM e pochi
altri brani. In ogni gruppo modale sono evidenziate le sezioni che hanno par colari funzioni
stru urali;
- ini um: è la formula d’intonazione che si trova all'inizio dei verse o, almeno, del primo
verse o.
- Tenor: è la corda di recita (tenore, tuba) del primo emis chio, Se Il testo e lungo, si
inserisce a metà circa una exa ( essione della voce di una seconda o di una terza),
segnalata nei libri moderni da una croce (+).
- mediante: cadenza mediana.
- ini um: eventuale reintonazione all'inizio del secondo emis chio.
- tenor: tenore che puo essere iden co al primo oppure diverso
- termina o: cadenza nale che presenta varie formule (di eren œ).
- Melodie cicliche
Un’altra tecnica di composizione, derivata dalla can llazione, è quella costruita su un’unica frase
musicale ripetuta tante volte per quante le richiede il testo. Può così crearsi un brano di lunghezza
minima, come brani più complessi (ad esempio il brano transitorio ambrosiano “Te Laudamus”,
dove la frase melodica è formata da due semi-frasi, ripetute complessivamente 6 volte, quanto
cioè lo richiede il testo). Composizioni cicliche sono gli INNI dell’U cio e gli INNI processionali, ma
troviamo anche brani nei repertori dei conductus melodici.
- Melodie po
Le melodie po interessano le an fone delle Ore, gli alleluia della Messa e un gruppo di Graduali.
Esse sono melodie u lizzate in alcuni brani che hanno successivamente cos tuito un modello
melodica da ada are a tes diversi. Nelle melodie brevi delle an fone emerge chiaramente la
natura stru urale dal punto di vista modale di queste note, tanto da essere denominate anche
TIMBRI MODALI. Poiché i diversi tes canta con una sola medesima melodia, si di erenziano per
lunghezza e per la di erente presenza dell’accento nelle sillabe, il processo di ada amento
comporta diverse modalità, tra le più comuni troviamo la DIERESIS e la SINERESIS.
- Composizioni centoniche
Sono melodie cos tuite da formule melodiche presen in più brani che spesso appartengono allo
stesso genere e alla stessa modalità. La formula melodica è scelta su un vasto repertorio in base
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alla loro funzione. La tecnica centonica è stata usata nel comporre an fone delle Ore e dei
responsori graduali della Messa.
Sezioni ->centoni
Capitolo VII
- Gli s li
Il repertorio gregoriano presenta di eren s li raggruppabili in tre grandi categorie: sillabico,
orito o neuma co, melisma co. All’interno dei brani anche tu e tre gli s li possono coesistere,
creando brani complessi
- Lo s le SILLABICO
Molte melodie sono cara erizzate da un’unica nota su ciascuna sillaba, questo è chiamato S le
Sillabico. Ad esso sono anche a ribuite melodie che presentano piccoli abbellimen , per lo più di
due note. Hanno s le sillabico:
a) Le formule di can llazione;
b) I recita vi liturgici;
c) Le an fone salmiche della liturgia delle Ore;
d) Gli inni;
e) Le sequenze;
f) I tropi.
La linea melodica è sviluppata avendo grande a enzione sulla coincidenza tra la dinamica del testo
e della musica. In unico periodo musicale, quello del versicolo (cantato nella liturgia delle Ore),
possono coesistere due s li diversi. Il versicolo è sillabico, ma presenta sulla sillaba nale una
oritura conclusiva di cara ere melisma co; un’analogia la si trova in ambito ambrosiano dove
alcuni brani sillabici hanno abbellimen melisma ci.
- Lo S le FIORITO
Come abbiamo visto, mol brani presentano abbellimen di piccole dimensioni; lo s le Fiorito, o
Neuma co, è presente nei brani con una maggior quan tà di note in rapporto ad una singola
sillaba, presentando oriture dalle 2 alle 5 note. In questo s le rientrano:
a) Le an fone ai can ci evangelici delle Ore
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b) Le an fone di introito e di comunione della Messa.
La maggior parte dei gruppi di note sono cos tui da due note ascenden o discenden (pes e
Clavis); la presenza di una oritura più ampia non pregiudica lo s le dell’intero brano. Anche i brani
di questo s le osservano la dinamica delle parole e del periodo testuale la no. Apparen eccezioni
sono da tener conto a causa dell’evoluzione della lingua la na.
- Lo s le melisma co
Alcuni brani presentano uno o più vocalizzi (MELISMI) estesi di almeno dodici-ven note. Sono
can solis o riserva alla schola e possono essere:
a) Responsori prolissi delle Ore
b) Responsori graduale
c) Tra
d) Alleluia
e) O ertori della Messa
I melismi sono spesso situa sulla sillaba nale di una parola, quando sono molto ampi (50/400
note), solo l’esecuzione sull’ul ma sillaba perme e la comprensione della parola che altrimen ,
con un melisma mediano, risulterebbe spezzata e incomprensibile. I vocalizzi interessano perlopiù
sillabe accentate, spesso delle parole più importan . I melismi possono essere cos tui da
un’unica frase musicale, che presenta spesso uno o più incisi ripetu secondo vari schemi;
frequente è la stru ura aab (la stru ura ripe va del melisma A A B). Notevoli per lunghezza sono
i melismi dell’o ertorio. Nel canto ambrosiano e ispanico, gli ampi vocalizzi possono essere forma
da alcune cen naia di note, e sono cos tui quasi sempre con la ripe zione, più o meno regolare
di incisi melodici.
Capitolo VIII
- La modalità
Il canto liturgico medioevale si fonda su un sistema che i teorici hanno denominato OCTOECHOS
(sistema degli o o modi).
- I modi dell’octoechos
Sono previste 4 note fondamentali: RE, MI, FA, SOL; esse sono alla base dei modi e sono chiama
Protus (Re), Deuterus (Mi), Tritus (Fa) e Tetrardus (Sol). I can che si sviluppano in un registro acuto
sono de Auten ci, quelli che si sviluppano in un registro grave sono denomina Plagali.
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La classi cazione delle melodie gregoriane sulla base degli o o modi è un’operazione avvenuta tra
il VII e l’VIII secolo e non ri e e lo stato originario dei can . (quindi la creazione degli o o modi è
postuma alla nascita del canto gregoriano, nasce prima un canto e poi un sistema scalare su cui si
basa). Gli o o modi devono quindi essere considera come dei recipien al cui interno possiamo
trovare molte pologie di erenziate. Le singole note degli o o modi possono essere descri e in
basse alla funzione che svolgono all’interno della stru ura modale.
- Sol: dominante secondaria, tenor nel I emis chio dei verse responsoriali, usata come
nota di passaggio nei movimen dall’acuto al grave;
- La: dominante principale, nota di slancio verso l’acuto, tenor del II emis chio;
- Re: nale, corda di recita, in relazione con il Fa, tenor nel II emis chio;
- Fa: corda di recita, dominante reale in alcune stru ure melodiche, tenor salmodico nel I
emis chio;
- Sol: corda di recita in sitazioni par colari, con funzione di dominante;
- La: nota acuta ornamentale;
- Sib e Si Naturale: ornamentazione del Sol e del La.
III modo= deuterus auten co= Mi auten co= frigio ( nalis MI)
- Mi: nalis, corda di recita, tenore primi vo nel II emis chio dei vrs;
- Fa: tenor recente nei II emis chi, nota di passaggio, ripercussio con sviluppi unisonici,
spesso nale di cadenza intermedia sospensiva, spesso sos tuisce i Mi originali;
- Sol: corda di recita secondaria, tenore nel I emis chio del vrs;
- La: principale corda di composizione e di recita, tenor salmodico, nota principale nella
maggioranza delle stru ure melodiche, ma anche ornamentazione del Sol;
- Si: nota di passaggio, ornamentazione del La e del Sol, talora i b sono h originari;
- Do: accento melodico che abbellisce il La, ornamentazione pure del Si naturale e del Si b.
- Fa: corda di recita principale, tenor nel II emis chio, alla base di passaggi
d'ornamentazione;
- Sol: nota di passaggio tra Fa e La, ornamentazione del Fa;
- La: tenor salmodico (I emis chio nella salmodia solenne), spesso non ha valore stru urale;
- Do: tenor nel I emis chio, culmine melodico acuto, ornamentazione del La.
- Do: corda di recita secondaria, tenor nel I emis chio, talora ornamentazione del Re,
cadenza intermedia;
- Re: corda di recita principale, tenor salmodico, tenor nel II emis chio, dominante reale, alla
base di sviluppi verso l'acuto;
- Mi: nota di passaggio, ornamentazione del Re;
- Fa: nota forte d'a razione all'acuto, ornamentazione del Re;
- Sol: talora culmine melodico, importante nella sua relazione con il Re;
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- La: rara ornamentazione del Sol;
- Si: del tu o eccezionale questa nota d'ornamentazione, la più acuta in tu o il repertorio.
- Sol: corda di recita, tenor nel II emis chi, nota nale, chiara relazione con il Do;
- La: nota di passaggio, ornamentazione del Sol, cadenza intermedia di movimen che
scendono dal Do;
- Si bemolle: rara ornamentazione;
- Si bequadro: nota di passaggio, tenor secondario;
- Do: dominante reale, corda di recita principale, tenor salmodico, tenor nel I emis chio;
Capitolo IX
- Le innovazioni del repertorio: tropi e sequenze
Nel momento in cui le chiese galliche hanno iniziato a pra care la liturgia romana, si avver la
necessità di non perdere il patrimonio della tradizione locale. I tes biblici romani non potevano
essere tocca , ma essi non esprimevano il totale sen mento religioso delle popolazioni galliche. La
soluzione arrivo nella seconda metà dell’VIII secolo, ha permesso di mantenere integro il
repertorio franco-romano, senza perdere le espressioni culturali galliche. Sulla scia dell’esperienza
gallica, il processo di fusione di diverse culture avverrà anche in altre regioni europee. Tropi e
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sequenze saranno presen nella liturgia no all’inizio dell’età moderna, con una forte presenza in
ambito germanico, dove furono presen sia nella liturgia ca olica sia in quella protestante.
I tropi sono inserimen nei brani della liturgia del proprio e dell’ordinario della Messa; indica
quindi una qualsiasi aggiunta ad un canto preesistente; ques elemen vengono chiama tropi a
par re dal IX secolo. Sono sta tropa molte le ure, epistole e vangeli, delle Messe del periodo
natalizio. Inoltre sono sta tropa nella liturgia delle ore i responsori, non le an fone e gli inni.
- Le Sequenze
La sequenza nasce contemporaneamente al tropo, ma presenta cara eris che proprie. Pur
essendo nella maggior parte dei casi congiunto all’alleluia della messa, essa può cos tuire un
brano autonomo con diverse funzioni all’interno della liturgia. La sequenza è cos tuita
normalmente da una successione di strofe accoppiate; spesso la prima e l’ul ma strofa sono
isolate. Ogni coppia ha lunghezza variabile e presenta la medesima musica. La sua probabile
nascita va ricondo a al tenta vo di memorizzare meglio alcuni melismi inserendo so o ciascuna
nota la sillaba di un nuovo testo composto appositamente, VERSUS AD SEQUENTIAM. Dopo una
vasta produzione testuale e melodica nell’area franca occidentale, alla dine del IX secolo si a erma
la scuola di San Gallo con Notker il Babuziente. In queste sequenze “classiche” si nota un crescendo
di intensità melodica con un’elevazione dell’ambito vocale; nella seconda metà dei brani alcune
strofe cos tuiscono uno schema melodico A A B, una forma di uso nei melismi dello Iubilus
alleluia co.
Notker compone nuovi tes che riprendono come modello melodico le musiche già conosciute
nell’occidente carolingio. Egli scrive tenendo conto degli accen ed è a tento al colore delle parole
corrisponden nella strofa e nell’an strofa; presentano infa la medesima vocale.
Le cara eris che principali della prosa o sequenza notkeriana possono essere così sinte zzate:
• I tes sono scri in una prosa s lizzata, che viene suddivisa in coppie di frasi di lunghezza
iden ca cantate sulla medesima musica;
• Le varie coppie sono di lunghezza variabile e sono intonate su melodie diverse;
• La prima frase e talvolta anche l’ul ma sono isolate e intonate su una melodia ancora
diversa;
• Le varie coppie, sopra u o delle sequenze francesi, tendono a terminare in assonanza
sulla vocale “a”;
• Lo schema musicale della prosa è: A BB CC DD etc;
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Delle par colarità presen in alcuni tes moni italiani del XI secolo è la presenza dell’acclamazione
Alleluia dopo la prima strofa con la melodia iden ca a quella della strofa precedente. Dopo la
seconda, ogni strofa presenta alla ne un melisma che riprende la melodia della strofa appena
conclusa. Il termine sequen a indica un ampio melisma che ampliava o sos tuiva lo iubilus nella
ripe zione dell’alleluia dopo il verso (si con gura come un tropo meloforme o di sos tuzione)
creando la seguente successione:
alleluia + iubilus – verso salmodico – alleluia + sequen a
La sequenza entrò nella liturgia come nuovo canto del proprio, eseguito nelle solennità più
importan del Temporale e del Santorale subito dopo l’alleluia e in sos tuzione della ripe zione di
quest’ul mo dopo il verso salmodico. Nella seconda metà del XII secolo la produzione di sequenza
aumenta grazie alla scuola parigina che ha nel canonico Adamo del monastero di S.Vi ore il
massimo esponente. Se nelle sequenze preceden si prediligeva un usso melodico di gradi
disgiun , ora vengono usa intervalli prima non frequen e l’ambito vocale si estende al massimo
delle possibilità. Il testo inoltre predilige una concatenzione di o onari e se enari con rime ad ogni
inciso. Nella storia della squenza si assiste ad un progressivo allontanamento dalle melodie degli
Alleluia, mentre rimane costante l’uso di una melodia su tes diversi.
Capitolo X
I can della messa
- I can del Proprio
Nei can del Proprium Missae rientrano i can che presentano tes propri e par colari per ogni
celebrazione o per celebrazioni che si riferiscono allo stesso genere. Rientrano in questo gruppo
alcuni di quei can che si eseguono più volte durante l’anno liturgico (i can del Commune
Sanctorum) e quei pezzi che presentano un’iden ca melodia, ma testo diverso, come i tra . In
base alla funzione e alla storia all’interno della celebrazione, dis nguimo due categorie di can :
a) I can interlezionali: repertorio rielaborato dalla Schola Cantorum Romana (probabilmente
durante il VI secolo) sulla base di una o più tradizioni preceden . Il punto di partenza è
cos tuito dalla salmodia, la quale è all’origine del responsorio graduale e del tra o; ques
due can sono il risultato dell’evoluzione di forme diverse di salmodia, la salmodia
responsoriale (graduale) e dire anea (tra o, alcuni graduali). La salmodia alleluia ca
invece ha generato il canto dell’alleluia con il verso. (I tes dei can hanno come fonte il
salterio)
b) I can Processionali: non sembrano avere un’origine arcaica come i can Internazionali. Di
questo genere fanno parte i can dell’introito de del communio, che accompagnano i ri
iniziali e quelli della comunione. 1/3 dei tes di questo genere non sono salmici. A Roma si
è trovata nella salmodia An fonata la soluzione per un canto di lunghezza variabile ada o a
tu e le circostanze e alla diversa durata dei rispe vi ri . Al canto di un’an fona (introito o
communio) si alternano tan versi di un salmo quanto è necessario per il rito. Lo schema
dei due can processionali della messa sarà il seguente:
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- verse o di salmo
- an fona
- verse o di salmo
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- an fona
- dossologia minore (gloria patri)
- an fona
L’o ertorio nel medioevo carolingio no al XII secolo, è tra ato come an fona sia come
responsorio. La sua pologia musicale è una delle più irregolari di tu o il repertorio dei can della
messa.
1) INTROITO
Il primo canto della messa è l’introito il quale accompagna i ri iniziali della messa, ovvero dalla
processione dell’o ciante e dei suoi ministri dalla sacres a all’altare, con la sua eventuale
incensazione. La lunghezza variabile del rito richiede un canto di durata corrispondente, un canto
breve ma che possa estendersi nel tempo. Questa variabile è possibile grazie alla dorma della
salmodia an fonata. La stru ura dell’introito prevede: il canto dell’an fona, un verrse o di salmo,
la ripe zione dell’an fona e di altri verse salmici no a coprire la durata del rito. Bisogna
ricordare che la salmodia conclude sempre con la DOSSOLOGIA.
An fona – Verso (su ono salmodico) – Dossologia (sul medesimo tono) - an fona
Il canto deve essere stato introdo o prima della dine del VI secolo. Secondo il “Liber Pon calis” è
stato introdo o da papa Celes no I all’inizio del V decolo. Come canto iniziale, dà il Tono a tu a la
celebrazione; il testo degli introi si ar cola in due tre frasi. Lo s le è orito con frequen
abbellimen di poche note. È prevalentemente scri o in Protus o Deuterus, è il canto an fonale
più ornato della messa e delle ore. Tu gli introi presentano una melodia autonoma, nonostante
la presenza di formule di intonazione e cadenzali piche di determina modi. La musica presenta
una corrispondenza tra la prima e l’ul ma frase, può avere stesso svolgimento melodico e formula
cadenzale. L’introito è stato chiamato anche An phona e O cium, in riferimento alla sua funzione
di apertura. Una par colarità frequente nella storia più an ca dell'introito è la presenza del
verse o ad repetendum, cioè, la ripe zione di uno dei versi del salmo dopo il Gloria Patri e prima
della ripresa nale dell'an fona. I versus ad repetendum si trovano nei manoscri più an chi sia di
origine franca sia in quelli romani (canto romano-an co); ma occasionalmente compaiono ancora
in alcuni manoscri del XII sec.
Il fa o di essere il primo canto della Messa spiega forse la priorità dell’introito rispe o agli altri
can liturgici, per quanto riguarda la tropatura. Infa , il numero di tropi di introito è maggiore
rispe o agli altri can . Di solito quando è tropato presenta l’exordium introdu vo e una o più
sezioni di intercala o.
2) IL RESPONSORIO GRADUALE
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Il graduale è il canto che esprime la reazione dell’assemblea dopo l’ascolto della prima le ura della
messa. Nella pra ca an ca veniva eseguio dai Gradini (gradus) dell’area riservata ai cantori. Dal
sabato dopo Pasqua no alla Pentecoste il graduale è sos tuito da un secondo alleluia.
Il repertorio a uale non è omogeneo nonostante tu e le melodie si presen no nella stessa forma
(responso e verso) ed abbiano lo stesso s le melisma co con una predilezione per i melismi sulle
sillabe nali. I graduali sono esegui secondo l’an ca prassi del responsorio romano: ripe zione
del responso integrale dopo il canto del vero. Il testo è quasi sempre salmodico e si riferisce al
tempo liturgico o alla le ura recedente. Nel missale Romanum del 1970 il responsorio graduale è
stato sos tuito dal salmo responsoriale; esso prevede l’alternanza del solista e dell’assemblea.
È un responsorio di po romano e per questo presenta la repe o a capite e non fa uso di toni di
salmodia; la sua stru ura è:
Responso – verso (di libera composizione) – responso
A parte alcuni casi isola , si possono dis nguere due categorie di melodie:
a) È il gruppo più ampio di graduali ed è nella forma del responsorio romano tripar to
(responso + verso + responso) scri o prevalentemente in Tritus auten co. Si nota spesso
nelle melodie una diversa stru ura modale tra responso e verso: i primo si muove in
ambito plagale, il secondo in quello auten co del medesimo modo. La tecnica composi va
è quella centonica e u lizza formule melodiche ricorren proprie di ciascun modo.
b) È il gruppo cos tuito dai brani che presentano su tes diversi la medesima musica con
limitate variazioni. Seguono uno schema melodico di protus plagale e probabilmente sono
di origine gallica. Questa categoria riprende la tecnica della salmodia dire anea ed è quindi
più simile ai tra che ai graduali. Ampia traccia di salmodia dire anea si ritrova nel
graduale pasquale Haec Dies che si canta durante la prima se mana di Pasqua; il responso
viene combinato con versi sempre diversi provenien quasi tu dal salmo 117, cantato
sullo stesso schema melodico ada ato ai vari tes .
4) L’ALLELUIA
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L’alleluia (canto interlezionale) oggi si esegue al posto del tra o in tu i periodi ecce o la
quaresima. È composto dall’acclamazione ebraica ALLELUIA (ovvero “lodiamo D I O”) con la
presenza di un melisma nale sulla sillaba “-IA” (chiamata IUBILUS). Segue un verse o melisma co
(nelle slide del prof viene menzionato anche uno iubilus alla ne del verse o, di erente dallo
iubilus dell’alleluia) dopo il quale viene ricantato l’Alleluia con il suo Iubilus, seguendo questo
schema:
- Solista/i -> Alleluia
- Schola -> Alleluia
- Solista/i -> Verse o
- Schola -> Alleluia
Nella maggior parte dei casi i verse alleluia ci sono di origine salmica e riprende di solito un
intero verso del salterio. Non mancano tes di origine ecclesias ca (es. “Dies Sanc catus”
natalizio). Unico canto del proprio a non essere ssato nella tradizione liturgica, l’alleluia è stato
scelto dai cantori delle singole Chiese creando così delle cara erizzazioni che perme ono di
iden care l’origine dei codici liturgici. Ciò che lo di erenzia dagli altri can del proprio è la
possibilità di cantare una stessa melodia su tes diversi.
I can più an chi presentano il melisma nale del verso diverso dallo Iubilus e nello Iubilus non
hanno incisi ripetu due volte. La maggior parte delle melodie sono scri e in Re e Sol. Spesso nei
verse sono ripresi temi musicali dell’Alleluia iniziale; i melismi interessano la parola più
importante e sono pos nella maggior parte dei casi sulla sillaba accentata. Non mancano pezzi
costrui sul modello salmodico e sulle melodie- po ada ate a tes diversi o copie più recen di
melodie an che. I pochi casi l’alleluia presenta due verse la cui musica può essere iden ca in
entrambi, o variare (lo iubilus del verse o nei can più an chi è diverso da quello dell’alleluia, in
quelli più recen è iden co). La forma è quella del responsorio romano. Idealmente deriva dalla
salmodia alleluia ca, rido a ad un solo verso che però (come nel graduale) non impiega un tono
salmodico. La tropatura più frequente è la prosula che riprende un melisma già esistente e gli
so opone, in modo sillabico, un nuovo testo. Alcune fon francesi presentano dei tropi ad
sequen am; brevi tropi introdu vi che si cantavano nelle solennità prima dei melismi alleluia ci.
5) L’OFFERTORIO
Il nome suggerisce che lo scopo del canto fosse quello di accompagnamento del rito dell’o erta;
prima fonte che ce ne parla è S. Agos no, che parla di un salmo cantato durante il rito, ma in
relazione a Cartagine; documenta la presenza nel IV secolo di un canto eseguito durante la liturgia
o ertoriale). Nulla sappiamo sulla prassi delle chiese occidentali. Il primi vo canto potrebbe essere
stato una semplice an fona, accompagnata forse da salmodia. Nei manoscri tra i secoli IX e XII è
presente un canto orito e melisma co tramandato in due modi di eren :
a) Una parte dei libri presenta questo canto elaborato: an fona con s le di responsorio;
b) Un secondo gruppo di fon fa seguire allo stesso canto una serie di verse secondo la
formula dei responsori prolissi del ma u no. Mentre dopo il secondo verse o è indicata
una “Repe o a Latere”, si ipo zza che dopo il primo vi fosse una “Repe o a Capite”.
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Dopo il XIII secolo i verse dell’o ertorio scompaiono progressivamente (forse la
scomparsa è in relazione con la scomparsa della processione dei doni).
La maggior parte dei tes deriva dal salterio, ma sono presen anche relazioni con le tema che del
Vangelo; un esiguo numero elabora passi del libro biblico dell’Esodo. Lo s le più frequente dei
responsi è quello orito, ma i brani nel loro complesso sono considera melisma ci con un
crescendo di vocalizzi quando si passa dal responso ai verse ; notevoli per estensione sono i
melismi alla ne dell’ul mo verse o. Il contrasto tra le due sezioni è accentuato quando i responsi
sono in s le sillabico mentre i verse sono ori . Anche l’ambito vocale è di erente, il responso è
plagale mentre i verse sono in auten co, dello stesso modo. Frequen sono le ripe zioni di
alcune sezioni all’interno dello stesso brano, sopra u o la prima frase del responso. Non mancano
pres di alcuni incisi melodici di altri can . Anche l’o ertorio è stato tropato nel medioevo
secondo di eren procedimen .
(SLIDE DEL PROF)
Una parte dei libri liturgici riporta un canto denominato ANTIPHONA il cui testo è derivato dal
Salterio ma il cui s le musicale è assai melisma co, forse il più elaborato dell’intero repertorio,
come se fosse un responsorio. Altri libri liturgici aggiungono a quella “an fona” un certo numero di
versi (massimo 4) e dopo ciascuno di essi è prevista una repe o a latere di tradizione gallicana, a
volte non è esplicitata e sembra so ntendere una repe o a capite di tradizione romana. A volte
le due situazioni si mescolano. I versi sono di libera composizione, più melisma ci della sezione
iniziale. La orma è per lo più quella del responsorio gallicano. A par re da XIII i verse
scompaiono progressivamente. L’o ertorio presenta svariate ripe zioni di gruppi di parole o di
intere frasi, a volte con ripe zione della stessa musica, a volte no.
6) L’ANTIFONA DI COMUNIONE
La funzione era quella di accompagnare il rito della comunione (accompagnava la processione dei
fedeli che andavano a comunicarsi), per questo doveva avere una durata variabile e venne
ado ata, come nell’introito, la forma della salmodia an fonata: un brano rela vamente breve che
si alternava con i verse di un salmo. Nei primi libri di canto notato l’an fona è seguita da uno o
più versi, intona con l’uso dei toni salmodici semplici, chiusi con la ripe zione a latere
dell’an fona (retaggio della salmodia processionale). Nel momento in cui i fedeli non
partecipavano alla comunione, poiché il rito venne limitato al solo sacerdote, il salmo venne
tralasciato ed il canto, dopo il XII secolo, si è rido o alla sola an fona (traccia della situazione
originale la si ritrova nel communio della messa da Requiem “Lux Aeternam”, in cui l’an fona è
seguita dal verso “Requiem Aeternam” e dalla repetenda “Cum sanc s tuis”. Il testo spesso è
formato da due frasi tra e dal salterio o dal testo evangelico le o nella medesima celebrazione
eucaris ca. Quest’ul mo po di testo so olinea maggiormente il signi cato del sacri cio di Cristo.
Il patrimonio musicale presenta numerose anomalie, tanto da far pensare che varie tradizioni siano
con uite nel repertorio odierno: brani an chi semplici successivamente rielabora , can
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precedentemente des na alle Ore che in seguito sono sta trasferi nella Messa. Lo s le è
solitamente più semplice rispe o alle an fone di introito, ed è assai più vicino a quello delle
an fone ai can ci evangelici. Alcune composizioni presentano invece uno s le più elaborato, più
vicino a quello dei responsori, sopra u o quelle che condividono con un responsorio il medesimo
testo (circa una ven na). La salmodia (quando viene cantata) segue lo schema melodico dei salmi
che accompagnano l’introito. Alcune an fone con testo evangelico presentano melodie diverse,
questo è dovuto alla loro composizione tardiva avvenuta probabilmente dopo l’unità dell’impero
franco (ca metà del IX secolo). Gran parte delle melodie sono in Re e in Sol, ma vi è spesso una
certa instabilità modale. L’an fona di comunione ha subito meno interpolazioni tropis che rispe o
agli introi , tu avia non sono totalmente assen .
- I can dell’Ordinario
I can dell’ordinario della Messa sono i brani in cui i tes rimangono sempre invaria . Nell’ordine
sono: il Kyrie Eleison, il Gloria in Excelsis, il Sanctus, l’Agnus Dei. Tra ques soltanto all’inizio del XI
secolo si è aggiunto il Credo. Ques can venivano prima tramanda in sezioni per genere (tu i
Kyrie insieme, tu i Gloria ecc…); soltanto dopo il XIII secolo iniziano ad esserci formulari des na
a determina pi di celebrazione della Messa, che tu avia escludono sempre il Credo.
Ai cinque can precedentemente elenca occorre aggiungere alcune formule di conclusione: Ite
Missa Est, Benedicamus Domino (quest’ul mo sos tuiva il primo solo quando non veniva cantato
durante la celebrazione il Gloria In Excelsis; veniva cantato su melodie di Kyrie o usando le
intonazioni per il Benedicamus Domino); e due an fone che si cantano per la benedizione
dell’acqua lustrale: Vidi Aquam nel tempo pasquale e Asperges Me Hyssopo negli altri tempi
liturgici (ques can però fanno parte dei ri di preparazione della messa, e riguardano solo il
celebrante e i suoi ministri).
Il testo sso dei can dell’ordinario li perme e di essere usa a piacimento, senza alcun vincolo; a
parte il fa o che nelle feste si preferiscono melodie più orite e nei giorni feriali brani più semplici.
La presenza dei tropi, con tema che liturgiche e teologiche speci che, modi cano la natura dei
can dell’ordinario. Quando sono tropa sono assimilabili ai can del Proprio, perché possono
essere esegui solo in determinate ricorrenze liturgiche. Per questo sono presen in alcuni
formulari del Proprium Missae can dell’ordinario tropa .
1) KYRIE ELEISON
L’invocazione/acclamazione su testo greco Kyrie Eleison (Signore, pietà) nella tarda an chità era
di usa in tu o il bacino mediterraneo, anche al di fuori del cris anesimo, come supplica ripetuta
anche svariate volte. Nella liturgia della Chiesa è usata in molte circostanze sopra u o come parte
di più ampie preghiere litaniche, in cui al testo greco sono collega verse in la no. Il suo uso
all’interno della messa è a estato all’inizio del VI secolo e la forma a uale (3 kyrie eleison + 3
Christe eleison + 3 Kyrie eleison) era già conosciuta nell’VII secolo.
A quanto risulta da studi speci ci, esistono più di 200 melodie di Kyrie, alcune, le più an che (o
composizioni più recen dedicate al canto dell’assemblea), assai semplici in s le sillabico, ma altre
sono in s le orito-melisma co. È di cile dis nguere l’origine del testo dei verse la ni, i quali
possono essere: nuove composizioni di tropi o tes di preghiere arcaiche.
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L’apparente contraddizione tra l’invocazione “ELEISON” del Kyrie e lo s le esuberante delle
melodie deriva dal diverso signi cato che il testo ha assunto in epoca carolingia. Successivamente il
signi cato dell’implorazione “abbi pietà di noi” venne sos tuito con un signi cato dossologico (di
invocazione); inoltre il testo da un origine cristologica divenne testo trinitario (KYRE= Padre;
CHRISTE= Figlio; KYRIE= Spirito Santo).
Lo s le del Kyrie è molto vario: da sillabico a orito, con brani melisma ci che o rono la possibilità
di inserire tropi secondo la tecnica della prosula. Tra le 9 inovcazioni ci possono essere varie
pologie di relazioni, gli schemi formali sono vari, i più frequen sono i seguen (si tenga conto
che l’ul ma invocazione può presentarsi leggermente variata):
- AAA AAA AAA (una melodia per tu e le invocazioni; schema preferito nell’ambito italiano)
- AAA BBB CCC (tre melodie, una per ciascuna invocazione)
- AAA BBB AAA (due melodie, una per i Kyrie, una per il Christe)
- ABA CDC EFE (disposizione a terzine ; schema preferito nelle culture transalpine)
- ABA CDC ACA (altro schema ad incatenature)
- AAA BCB DED (schema misto)
I tropi del Kyrie sono per lo più frasi che si pongono prima o dopo le invocazioni liturgiche.
3) CREDO
La liturgia romana nel medioevo conosceva diversi pi di Credo che venivano proclama in
situazioni diverse. Erano 3 i diversi pi:
- il “Credo degli Apostoli” era recitato nelle preghiere preparatorie prima delle Ore
dell’U cio (non sono pervenute tes monianze musicali in codici notazione diastema ca;
- il “Credo di A anasio” era cantato all’ora Prima (non ci sono tes moni nota );
- il “Credo di Nicea-Costan nopoli” faceva originariamente parte del rito ba esimale,
cos tuiva la professione di fede dei ba ezza . In Spagna entrò anche nella liturgia
eucaris ca nel VI secolo; ebbe un posto sso nella liturgia Franco-Romana (cantato dopo il
Vangelo) in una versione rivisitata da Paolino d’Aquitania (con il concilio di Aquisgrana del
798) ma non entrò nella liturgia di Roma no al 1014 quando lo richiese Enrico II
dire amente a Papa Benede o VIII, e veniva cantato solo nelle domeniche e nelle fes vità.
I tes moni nota non sno anteriori al XI secolo; presentano inizialmente poche melodie e assai
semplici, di cara ere sillabico, o stru ure melodiche che vengono riproposte durante il corso del
brano. A par re dal XIV secolo si assiste ad una produzione in notazione spesso mensurale, e dopo
il 1500 vengono prodo brani con la tecnica del canto fra o, con l’uso di alterazioni, sal
sconosciu nella tradizione classica (es l’o ava sia discendente che ascendente). Molto di usa nel
repertorio del Credo è la produzione dei secoli XVII e XVIII secondo le modalità del canto fra o. In
queste composizioni vi sono vari frazionamen dei valori ritmici, ma anche la presenza di
alterazioni diverse dl Sib.
4) SANCTUS
Il Sanctus riprende un testo caro alla liturgia ebraica (Isaia 6,3), e lo arricchisce con una seconda
sezione di esplicito signi cato cris ano (Ma eo 21,9). Esso cos tuisce la conclusione del prefazio e
in origine faceva parte integrante di esso come preghiera eucaris ca (forse veniva intonato da
celebrante stesso sul tono di recita vo del prefazio). Il repertorio dei Sanctus è piu osto limitato
anteriormente all’XI secolo. Sono nora conosciute 238 melodie. La gran parte delle melodie più
an che mostrano una serie di relazioni tra le varie frasi. I due “osanna in excelsis” sono spesso
iden ci o simili, e il materiale del primo verso può ricomparire successivamente. Normalmente i
tre “Sanctus” iniziali sono a sé stan e ori , possono essere tu diversi o il primo uguale al terzo.
Questa triplice acclamazione nasconde tracce di una melodia arcaica di origine bizan na. La
tradizione manoscri a riale al X secolo ed è di cile precisarne l’ordine cronologico, e quindi
individuare brani realmente arcaici e brani arcaicizza , che derivano da un processo di
sempli cazione melodica. Nella composizione musicale si hanno varie possibilità: melodie con uno
sviluppo organico dall’inizio alla ne, brani che presentano rime melodiche e ripe zioni con
par colare a enzione alla triplice invocazione iniziale. I due Hosanna possono essere iden ci o il
secondo può essere più sviluppato e orito del primo.
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Sono da ricordare i tes di alcuni tropi trinitari. So o l’aspe o musicale meritano a enzioni i vari
tropi di Hosanna costrui secondo lo schema ripe vo che si trova nelle sequenze.
5) AGNUS DEI
Il testo dell’Agnus Dei riprende la dichiarazione di Giovanni il ba sta (Giovanni 1,29 “ecco l’agnello
di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo”) ed è stato u lizzato probabilmente con un
intento an -iconoclas co ai tempi di Papa Sergio I. Forse era già presente nella Chiesa di Roma. Il
suo uso è recente, come mostra la sua assenza nella liturgia eucaris ca della veglia pasquale. In
origine era u lizzato come canto eseguito più volte dal clero e dal popolo durante tu o il rito della
frazione del pane. L’assemblea probabilmente rispondeva con il “miserere nobis” all’invocazione, il
cui numero era stato ssato a 3 (nel VIII secolo). Nell’Europa La na occidentale l’Agnus Dei
man ene la sua funzione primi va quale canto di frazione, mentre nelle regioni orientali era
impiegato come canto di comunione.
In base alla stru ura melodica si possono dis nguere vari gruppi di Agnus Dei:
ABA(183) - AAA(20) - AA’A(15) - AAB(9) - AAA’(6) - ABA’(5)
Nella produzione postcarolingia la prima parte dell’invocazione Agnus dei-mundi può essere
sos tuita da una sezione di tropo. Non è escluso che in area aquitana l’elemento liturgico
originario sia stato cos tuito da una sola invocazione Agnus Dei; in tal caso i tropi non avrebbero
sos tuito il testo base, ma avrebbero ampliato la prima invocazione.
La stru ura dei tropi presenta una dis nzione a seconda dell’area di di usione:
- Nelle regioni occidentali (es aquitania) si trova la seguente ar colazione:
Oppure:
Capitolo XI
I Can della Liturgia delle Ore
Nella liturgia delle Ore ci sono varie situazioni musicali che corrispondono ai singoli momen ed
elemen della celebrazione. La forma più usata è la salmodia; ci sono poi anche: le an fone, i
versicoli, i responsori brevi e prolissi, gli inni, le formule di can llazione per le le ure e di
recitazione per i tes eucologici, ed altri elemen minori.
- La Salmodia
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La salmodia, che interessa salmi e can biblici, nella liturgia delle ore normalmente è congiunta ad
un’an fona, in modo che il tono salmodico corrisponda alla modalità dell’an fona. Nei manoscri ,
dopo l’an fona sono scri o l’inizio testuale del salmo o una serie di le ere (EUOUA/AEUOUA)
corrisponden alle vocali conclusive del Gloria Patri, la dossologia con cui conclude ogni testo
salmico. Al di sopra dell’incipit testuale e delle Li arae si trovano le note della sola cadenza
salmodica oppure queste ul me possono essere precedute da poche note dell’intonazione senza
soluzione di con nuità.
La prassi a uale (stabilizzata alla metà del XX secolo) prevede il canto integrale dell’an fona due
volte: prima del salmo e alla ne dopo la dossologia. Dal XIV secolo no al XX secolo l’an fona era
cantata integralmente dopo il salmo, mentre all’inizio ci si limitava alla sola intonazione. Prima del
XIII secolo, l’an fona poteva essere eseguita più volte, anche all’interno del salmo, come avviene
ancora oggi per il salmo invitatorio. Non è chiaro però il po di esecuzione di questa salmodia con
l’an fona intercalata ai verse dei salmi e dei can ci.
- La salmodia arcaica
Anche nella liturgia delle Ore ci sono tracce di forme arcaiche di salmodia. Prima di tu o si ricorda
una tradizione responsoriale, a estata con chiarezza per il momento solo nella liturgia milanese
nel solo tempo pasquale, la salmodia “Alleluia ca”. In questo caso il salmo era cantato dal solista e
le arie unità le erarie erano intercalate dall’acclamazione “alleluia” cantata dall’assemblea. A
di erenza della salmodia responsoriale il ritornello alleluia co rimane sempre iden co per tu i
salmi. Altre formule musicali presentano irregolarità rispe o alla salmodia tradizionale delle Ore,
com’è il caso di una duplice corda di recita, una per emis chio.
- La salmodia semplice
È la forma più comune di salmodia, si ada a ai salmi e ai can ci veterotestamentali in quarta
posizione alle lodi ma u ne, presenta uno s le sillabico. Oggi non ha più la seconda intonazione, e
ha un’unica corda di recita nel primo e secondo emis chio. Nell’uso moderno romano
l’intonazione è cantata soltanto nel primo verse o di ciascun salmo; i verse successivi iniziano
subito sulla corda di recita. La commemora o brevis del secolo IX in una forma semplice di
salmodia, presenta un’intonazione all’inizio del secondo emis chio. Questa par colarità è forse
durata a lungo, come a estano le formule salmodiche scri e integralmente per i verse an fonici.
Se pur in odo sporadico la reintonazione compare ancora nel secolo XIV.
- La salmodia dell’invitatorio
La formula melodica non si applica ai singoli verse , bensì alle cinque strofe (gruppi di verse ) del
salmo 94 “Venite exultemus Domino”. La stru ura di questa salmodia prevede cinque sezioni (A B
A’ B’ C). Secondo il grado fes vo viene adoperato un tono semplice o uno orito scelto tra i vari
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toni di usi nel medioevo per ciascuna modalità, mancano però nelle fon an che le formule di I e
VIII modo.
Le an fone
- Le an fone salmiche
Il canto dei salmi è eseguito quasi sempre in relazione ad un brano che ne determina il tono
salmodico. Il pezzo in ques one si chiama An fona. Le an fone sono tra e dall’inizio del salmo
stesso, hanno un testo breve e una melodia semplice, sillabica o poco orita. La maggior parte dei
brani sono scri in Sol e in Re (ma non mancano anche brani in Mi e Fa). La melodia ene conto
della dinamica della parola (accen verbali e fraseologici). Per evidenziare determinate parole
viene applicato un piccolo melisma come abbellimento. Nel caso di tes dialoga o quando viene
citato un discorso dire o, il periodo le erario e quello musicale vengono ar cola tra loro.
L’intervento di un protagonista è evidenziato col cambio di registro. Molte formule musicali
servono da modello per gruppi di brani. Vi sono diversi casi in cui: le melodie po con un un’unica
musica viene a ribuita a tes diverse, numerose an fone composte con la tecnica centonica, brani
che presentano uno sviluppo melodico diverso, mentre un’unica melodia può dare esi modali
di eren .
Secondo l’analisi di Hucke, le an fone possono essere classi cate secondo il pro lo melodico in 3
diverse categorie:
a) Lieder: alla base di questo gruppo c’è l’ar colazione in linee melodiche che possono variare
da brano a brano, da un minimo di una linea ad un massimo di qua ro. Un’ul ma sezione
abbraccia alcuni brani la cui stru ura melodica è a ne a quella dei responsori brevi.
b) Le serie variabili di linee e di strofe sono disposte liberamente nei singoli brani.
c) I Recita vi: presentano di eren elaborazioni del materiale melodiche che può essere
cara erizzato da vari fenomeni musicali come, le ripercussioni, i gruppi d’abbellimento o
determina disegni melodici ricorren .
Laszlo Dobszay e Janka Szendrei e e uano una classi cazione diversa. Pur partendo sempre
dall’analisi delle melodie, tengono conto anche di fa ori liturgici e storici. Per il I modo i due autori
assegnano le oltre 600 melodie a nove gruppi che ar colano in sezioni minori. Ad esempio:
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1) La classe A: cara erizzata da melodie brevi che dal La scendono al Re;
2) La classe B: le melodie hanno lunghezza variabile (due o tre linee);
3) La classe C: a ne alla classe precedente, si diversi ca nell’intonazione e in alcuni de agli;
4) La classe D: un cen naio di brani che presentano una formula d’intonazione che varia la
linea melodica; il secondo inciso ruota intorno al Fa; il terzo è comune ad altre classi.
5) La classe E: melodie arcaiche composte probabilmente quando la modalità non era ancora
de nita, per questo melodie a ni possono essere classi cate in modi diversi.
6) La classe F: melodie che enfa zzano la funzione de La e l’ambito acuto intorno al Do e Re;
7) La classe G: brani con sionomia autonoma che elaborano materiale tradizionale;
- Le an fone “doppie”
Presentano stru ura bipar ta simmetrica che in alcuni casi presenta analogie con le an fone
duplae della liturgia ambrosiana. Alcune sembrano essere par colarmente arcaiche perché la loro
media ricalca quella dei responsori brevi.
- Le an fone “O”
Sono quelle an fone che si cantano al “Magni cat” in avvento, nei giorni preceden al Natale.
Iniziano tu con “O” e la serie più di usa è cos tuita da se e brani la cui le era iniziale crea un
acros co a cancro: “Ero Cras” ovvero “Sarò domani”. La melodia presenta un modello che si ripete
quasi iden co in tu e le an fone del gruppo.
- Le an fone tropate
In rari casi le an fone sono arricchite da tropi. Il caso più frequente è dell’an fona mariana “Salve
Regina”. Meno frequente è la tropatura su altre an fone mariane che vengono cantate alla ne
della compieta. Molto rare sono altre an fone tropate.
- I versicoli
All’interno della liturgia delle Ore si colloca una stru ura molto semplice cos tuita da una brave
proposta (Versus, Versiculus) seguita da una risposta (responsum). Nella massima parte dei casi il
testo del Versus e del Responsum è formato da due emis chi perlopiù salmici. La melodia della
prima parte è ripetuta iden ca nella seconda. I versicoli possono essere dis n in base alla loro
funzione e posizione nelle Ore.
All’interno delle ore il versicolo ha la funzione di cerniera tra due sezioni diverse della liturgia, ad
esempio tra la salmodia le le ure del ma u no. In ques casi ha una melodia pica, tu o il testo è
cantato su una corda di recita (Fa o Do) no alla sillaba nale che presenta un melisma conclusivo.
In giorni par colari, ci sono melodie che si spostano dallo schema precedentemente citato.
- I responsori brevi
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Dopo la breve le ura biblica delle Ore diurne, è previsto il canto di un responsorio breve. Il testo è
breve, la melodia segue pochi schemi perlopiù sillabici e potrebbe essere ciò che rimane di
un’arcaica salmodia responsoriale. Nel responsorio breve solista e assemblea si alternano nel
seguente modo:
• A: responso del solista;
• A: risposta dell’assemblea
• B: verse o del solista (tenor diverso da A)
• B: risposta dell’assemblea;
• C: dossologia del solista (gloria patri – spiritui sancto)
• A: risposta nale dell’assemblea.
Alcune melodie semplici di responsori brevi hanno paralleli in altre sezioni dell’u cio. Le an fone
“Doppie” o d’invitatorio potrebbero tes moniare alcuni elemen arcaici anteriori all’octoechos.
- I responsori prolissi
Si cantano dopo le lunghe le ure del ma u no e seguono oggi lo schema della repe o a latere di
origine gallicana. L’ul mo responsorio di ciascun no urno è seguito dalla dossologia, tra ata come
un ulteriore verso. Il seguente schema dovrebbe ra gurare la prassi romana a estata nel secolo
IX:
• Responso (solista)
• Responso (schola)
• Verso (solista)
• Responso (schola)
• Dossologia “gloria patri-Spiritui sancto” (solista)
• Repetenda (schola)
• Responso (solista)
• Responso (schola)
Un esempio di prassi tardo-medievale e moderna può essere il II responsorio del I no urno di
Natale (sempli cata rispe o alla tradizione romana, eliminando le ripe zioni del responso). Nella
tradizione manoscri a il responsorio del ma u no risulta essere cos tuito da tre elemen :
• Responso
• Verse o
• Repetenda
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In par colari circostanze liturgiche (come il Natale) ci possono essere delle varian rispe o allo
schema precedente, che forse rilevano una prassi esecu va più an ca.
• Responso
• Versus
• Repetenda
• Versus – dossologia
• Repetenda
In questo esempio dopo la dossologia si canta una Repetenda diversa da quella cantata
precedentemente dopo il Versus.
• Responso
• Versus
• Repetenda
• Versus – dossologia
• Iterum reincipitur responsorium
In quest’ul mo esempio, si fa riferimento a due tradizioni, una con la repe o a latere dopo il
verse o (uso gallicano), e la repe o a capite dopo la dossologia (uso romano).
L’ar colazione par colare del testo e della musica deve rispe are una con nuità logica e melodica
delle varie sezioni, fa o che diventa sempre più complesso con l’aumentare del numero dei versi.
La prima sezione dei responsori è cos tuita da melodie proprie, orite e melisma che, che
presentano relazioni melodiche sopra u o all’interno dei brani che hanno uno stesso modo. Tali
relazioni interessano o l’intero brano in gruppi omogenei oppure soltanto determinate sezioni
interne e formule cadenzali. Il materiale musicale è ada ato secondo i principi delle melodie- po e
dei brani centonici. L’ambito dei responsori è generalmente di un’o ava; nei brani plagali spesso
non si supera la sesta. Per o enere e e par colari viene unito l’ambito plagale con quello
auten co. I versi riprendono di solito un par colare schema salmodico.
- Gli inni
Gli inni sono un elemento rela vamente tardo e estraneo alla primi va preghiera delle Ore. In
occidente iniziano ad essere usa nella liturgia dalla seconda metà del IV secolo grazie all’opera di
alcuni vescovi dell’Italia se entrionale (es. sant’Ambrogio di Milano e Sant’Eusebio da Vercelli).
Presto vengono ado a nelle celebrazioni monas che, sono usa a Roma in epoca tarda,
probabilmente non prima del XII secolo. L’inno liturgico è una composizione poe ca formata da
versi riuni in strofe iden che: questa stru ura perme e di cantare la melodia della prima strofa
su tu e le strofe successive e anche su tes di inni diversi a condizione che abbiano lo stesso
metro. Negli inni più an chi non c’è a enzione alla rima, che si a ermerà dopo l’XI e XII secolo.
Il metro più di uso nell’innodia la na è quello che venne usato da Sant’Ambrogio, quello giambico:
viene ripetuto 4 volte per formare un verso, 4 versi formano la strofa. Meno frequente è l’uso di
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tre versi sa ci con uno adonico. Ancora più raro è l’uso del metro trocaico. La maggior parte degli
inni presenta qua ro versi e si solito l’apice melodico viene raggiunto tra la ne del secondo verso
e l’inizio del terzo. I qua ro versi possono essere compos in varie combinazioni che prevedono
spesso la ripe zione di uno di essi (aaba, abaa, abab, abcd).
Lo s le preferito è quello sillabico, con a volte ampie corde di recita; la melodia è solitamente
costruita su un arco che si può estendere su uno o due versi. Poche sono le melodie con di use
ornamentazioni. La melodia di alcuni inni è stata assunta anche da alcuni tropi e an fone della
liturgia delle Ore.
FINE
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