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DECADENTISMO

SIMBOLISMO
Charles Baudelaire è il precursore del simbolismo, infa scrive una lirica chiamata “Corrispondenze”, che è
un’an cipazione del simbolismo. In quest’opera l’autore dice che la natura è un tempio in cui i suoni, i colori e i
profumi si corrispondono e lanciano all’uomo dei messaggi. Gli uomini per interpretare e codi care ques
messaggi devono avere una sensibilità par colare, quindi la poesia diventa elitaria (per pochi). La natura è un
universo di simboli. Il simbolismo è una delle poe che del decaden smo.

Per mol cri ci il decaden smo è la con nuazione del roman cismo, infa ques hanno mol aspe in
comune, tra cui:
- la rivalutazione della dimensione onirica del sogno (inconscio);
- il ripiegamento su se stessi, quindi l’individualismo.

Fanno parte del decaden smo alcuni poe francesi (Verlaine, Rimbaud, Mallarmè) che hanno uno s le di vita
sregolato, vivono contro le regole e propongono tes che scardinano le regole tradizionali della poesia.
Ques vengono chiama con l’appella vo di “decadent”, ma lo rivendicano con orgoglio e fondano una rivista
in tolata “Les decadent” dove pubblicano le loro opere.

Per altri invece il decaden smo ha luogo quando entra in crisi a metà 800 il posi vismo, il principale
esponente è Auguste Comte, il posi vismo aveva molta ducia nella scienza, come se questa potesse dare
all’uomo delle risposte certe; mentre i decaden non hanno la pretesa di dare risposte de ni ve e certe.
Nel decaden smo crolla il principio di non contraddizione: la stessa cosa può essere e non essere so o il
medesimo aspe o. Se io prendo la montagna in senso le erale può anche rappresentare altro, può essere la
montagna, o può rappresentare anche per esempio un grembo materno. La stessa cosa può assumere più
signi ca , c’è polisemia.
Non c’è una verità assoluta, entra in crisi il posi vismo, la verità data dalla scienza, la medicina non può essere
u le a tu , così come un pezzo di fabbrica può servire solo ad alcune industrie non a tu e; vi è un bene cio
per alcuni ed uno svantaggio per altri. Crollano delle certezze e la scienza non da all’uomo tu e le risposte, ed
inizia ad essere rivalutato il sogno, la sfera irrazionale, esa amente l’opposto di prima e si sviluppa la poe ca
del simbolismo.
Il Simbolismo è cara erizzato dal metodo dell’analogia, dall’uso della sinestesia, dalla tendenza all’oscurità,
all’allusività, alla musicalità, diventa insomma la poe ca dominante del Decaden smo.

ESTETISMO
L’altra poe ca del decaden smo che si viene a sviluppare è la poe ca dell’este smo, basata sugli aspe
esteriori, l’esteriorità e in par colare modo sul piacere. Se la scienza non da risposte certe si cerca di vivere al
meglio ogni giorno, concentrandosi sui piaceri di ogni giorno, miro al piacere siccome non si sa cosa accadrà
domani. Vivo secondo la loso a del piacere, cerco di appagarmi, troviamo un a eggiamento edonista.
Troviamo modelli di esteta, sopra u o in prosa, che modellano la vita al piacere, visto come un valore
assoluto, non vi sono regole o e ca, bisogna vivere secondo il piacere e arroganza nel volersi dis nguere dalla
massa, le cose belle sono uniche e originali.
Ciò che è percepito bello dall’esteta deve essere unico, originale, troviamo modelli sia in le eratura italiana e
straniera, come nel romanzo di Carl Huysmans in “Controcorrente” ci parla Des Esseintes, un esteta che
comporta la sua vita a scelta stravagan e originali no all'accesso.
Un altro ritra o ce lo o re Oscar Wilde con “Dorian Gray” che pur di proseguire la bellezza è d’accordo a fare
un pa o con il demonio.
Un altro ritra o è “Il piacere” di Gabriele D’annunzio, sia simbolista e esteta dove il protagonista Andrea
Sperelli è un esteta, possiede un’educazione improntata al bello, al piacere e all’arte.

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Ignacio Ma e Blanco, psicoanalista argen no, che ha preso in esame la poesia moderna partendo dallo
sviluppo del decaden smo a erma che noi la di erenziamo da quella passata perché è avvenuto il crollo del
principio di non contraddizione.
Noi con la poesia moderna abbiamo un’intera poesia costruita su un procedimento analogico che si basa sulla
rilevanza del sogno.
La le eratura è un po’ lo specchio dell’anima, lo valuta come strumento per studiare la mente umana, che è
l’ogge o dello spirito del tempo, Ignacio ri e e sulla percezione dell’uomo in quel periodo e nota che ci è
stato un passaggio, un cambiamento, nel periodo in cui nasce la poesia moderna, quando gli autori hanno
rivalutato l’irrazionale. Qui troviamo l’esempio della montagna, che prima si poteva u lizzare come una
metafora per rappresentare, ora oltre che essere la materia geogra ca può essere qualcosa, ossia il seno
materno. La stessa cosa può essere e non essere so o il medesimo aspe o. I simbolis più che la metafora
u lizzano un'analogia, più di cile da cogliere, infa occorre la sensibilità ed essere molto prepara , mentre la
metafora la puoi criptare anche se sei un usuale le ore. Dunque la poesia diventa elitaria, per pochi.

LE VOCALI DI ARTHUR RIMBAUD


È un testo manifesto del simbolismo, è una lirica analogica. Rimbaud associa ad ognuna delle vocali un colore,
un’immagine, una sensazione.
Il poeta immagina un colore per ogni vocale, ciascuna delle quali viene associata, a raverso il meccanismo
baudelairiano delle "corrispondenze", a una serie di immagini.
- A: nera, simile ad corpo di una mosca con il quale ronzano sulle cose più sporche;
- E: bianca, sembrano lance di ghiaccio, il colore ricorda anche la carnagione degli aristocra ci;
- I: rossa, in corsivo ricorda delle labbra che sorridono;
- U: verde, se la pensiamo una di anco all’altra ricorda le onde, mari viridi (verdi) e ai pascoli;
- O: blu che vira verso il viola, rappresenta l’omega e la associa ad una bocca chiusa (nell’epigra a cris ana
ra gura la ne, il silenzio più assoluto), blu che rappresenta il silenzio, la tristezza ma anche la quiete.
Sono tu e analogie, sos tuzioni e associazioni di un termine ad un altro per somiglianza, ma molto sogge ve.
Un’altra gura retorica pica dei simbolis è la sinestesia che unisce le diversi sfere sensoriali: ta le, visiva,
olfa va, gusta va e udi va. La lirica è molto crip ca, di cile da analizzare perché si basa sull’analogia, gura
retorica di traslato, che richiede una sensibilità par colare, ma lo stesso Rimbaud se ne rende conto e scrive
una prosa in tolata Le ere del veggente.

LETTERA DEL VEGGENTE DI RIMBAUD


Rimbaud scrive una prosa “la le era del veggente” scrive questa le era ad un amico Paul Demeny.
Spiega che la poesia del simbolismo prevede questa sensibilità speciale, il poeta deve farsi veggente, ossi deve
andare oltre alla realtà sensibile per cogliere quei simboli presen in natura, per cogliere quei messaggi, dei
quali si parla nella lirica “Corrispondenze”.
Anche chi legge, oltre al le ore, deve avere una dimensione speciale. Con il simbolismo si recupera la
specialità persa, recuperano l’aureola. Il poeta entra in un fascia elitaria, deve avere una sensibilità par colare.
Il poeta ha il compito di indirizzare la strada degli uomini sulla strada dell’avvenire.
Il poeta del simbolismo non punta più a pubblicare molte opere, ma a creare un'arte elitaria dedicata, solo per
i pochi che la sanno realmente interpretare.

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GIOVANNI PASCOLI
LA PROSA DEL FANCIULLINO
La prosa del fanciullino di Pascoli è simile alla le era del veggente, infa non potremo capire la prosa del
fanciullino di Pascoli senza prima vedere la le era di un veggente di Rimbaud. Pascoli muta il termine
fanciullino, dal greco fanciullo (pais, paidos) ripreso da un dialogo platonico in cui il protagonista è Socrate che
parla ai suoi allievi dicendogli di non temere la morte perché a chi ha vissuto saggiamente la morte non va a
togliere nulla, quindi Socrate si ri uta di fuggire e acce a la sua condanna perché non ha paura di morire,
Socrate era stato accusato di deviare i giovani, ma lui non vuole evadere la legge.
Il discepolo Cebes, o Cebete Tebano dice a Socrate che lui si sforza di non aver paura della morte ma il
fanciullino che è in lui ogni tanto emerge e lo porta ad avere paura, il termine fanciullino viene mutato da
Platone, ma viene u lizzato per spiegare un altro conce o ecco perché la prosa del fanciullino.
Pascoli recupera solo la componente fanciulla che è presente negli uomini. Per Pascoli il fanciullo è ciò che
consente agli uomini di vedere le cose come se fosse la prima volta, che fa provare stupore e meraviglia,
entusiasmo di curiosità e scoperta ed è paragonabile ad Adamo che da il nome alle cose per la prima volta.
Pascoli ha una visione democra ca nella prima parte, ma nella seconda parte assume una posizione elitaria,
come Rimbaud, dice che in realtà pur essendo presente in potenza questo fanciullino in tu gli uomini solo i
poe riescono a farlo a orare, perché sono dota di una sensibilità speciale (res tuisce l’aureola al poeta).
Pascoli punta al sublime della poesia e dell’arte. Vuole essere considerato un poeta vate, veggente. Questa
prosa è una dichiarazione di poe ca.
Quando siamo piccoli parliamo con gli animali, con le piante, ma crescendo tu o ciò scompare, scompare la
nostra sensibilità.

MYRICAE
All’interno della raccolta "Myricae", raccolta più importante e più apprezzata, Pascoli riprende il nome dalla 4
bucolica di Virgilio. Virgilio nell’incipit dice “Sicelides Musae, paulo maiora canamus non omnis arbusta iuvant
humilesque myricae”, cioè “o muse sicule can amo di cose un po’ più importan perché non a tu piacciono
gli arbus e le umili tamerici”. Ossia Virgilio parla di argomen più impegna vi.
Pascoli prende solo il vocabolo "tamerici", perché per lui queste erano umili, ossia vuole par re dalle piccole
cose, dalle umili cose per raggiungere il sublime. Quello che conta non è il punto di partenza, ma quello di
arrivo. Pascoli ado a dunque il simbolismo. Myricae non è la prima raccolta, ma la più importante secondo la
cri ca, inoltre ha più versioni perché sono sta aggiun tes .
sta aggiun tes .

LAVANDARE
È una lirica che si trova all’interno di “Myricae”. Il tolo è umile: sono le lavandaie che in passato erano donne
preposte a fare il bucato per sé e per gli altri. Il testo si può dividere in due: la prima parte descrive un campo
mezzo arato e mezzo no (mezzo grigio e mezzo nero) in mezzo a questo campo c’è un aratro abbandonato; poi
senza alcun nesso logico, (infa ricordiamo che l’analogia è diversa dalla similitudine e dalla metafora, nella
metafora il le ore sa perché è universalmente accolta) viene opposta una seconda immagine in cui ci sono
delle lavandaie che fanno il bucato alla fonte e intonano un canto popolare dell’Emilia Romagna che parla di
un amore nito male, nito con un abbandono. A questo punto il le ore rimane spiazzato e non trova
correlazione. Bisogna leggere bene no al fondo la lirica per capire che così come un contadino ha lasciato
incompiuto, a metà il suo lavoro, allo stesso modo altre anto bruscamente e istantaneamente si può
interrompere una storia amorosa per un abbandono, la quale crea malinconia e so erenza. Non sono tes per
tu , ma non lo sono come scelta del poeta, i simbolis non volevano che la poesia scadesse come era già
successo in precedenza. Noi in tu e le poesie di Pascoli troviamo il procedimento analogico. Pascoli è uno
sperimentalista e prova mol meccanismi per portare avan questa poesia. Sono ricorren oltre all’analogia e
alla sinestesia le onomatopee e il fonosimbolismo.

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VITA
Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna nel 1855 e trascorre un’infanzia abbastanza
serena no all’età di 11 anni quando la sua famiglia viene colpita da un evento tragico: il padre
viene ucciso da dei bandi la sera del 10 agosto 1867; il padre, Ruggero Pascoli, stava tornando
a casa in calesse quando gli sparano restando ferito a morte e non tornò più a casa. Questo è
un evento trauma co perché Giovanni è il primogenito maschio e a seguito del lu o sente su
di sé una grande responsabilità, diventa il padrone di casa. La famiglia aveva dei sospe , ma i colpevoli non
saranno mai indirizza alla gius zia, ciò aumenta il trauma poiché non ci fu gius zia. A Pascoli gli preme di
concludere presto gli studi per poter lavorare così da provvedere al mantenimento della famiglia; porta a
termine gli studi, si iscrisse alla facoltà di le ere a Bologna, è allievo di Giosuè Carducci. Dopo la laurea
prenderà subito a lavorare. Durante l’università avvenne un altro evento trauma co, un fa o di cui lui si sente
responsabile in prima persona: Pascoli partecipa ad una manifestazione anarchica e, capita che in queste vi
siano dei disordini, e Pascoli nisce in carcere, fu devastante per lui perché si sente in colpa verso la sua
famiglia e ciò rallenta gli studi e a sua volta la ricerca di un lavoro, si tra ò di una carcerazione breve, ma lo
condiziona molto tanto che decide che da lì in avan non sarebbe più nito in una situazione del genere. Si
laurea e inizia ad insegnare in diversi licei, poi quando Carducci lascerà l’incarico della ca edra di Bologna,
Pascoli prenderà il suo posto alla ca edra di le eratura. Pascoli si dedica anche ad un’intensa a vità
le eraria, scrive mol ssimo, non solo versi ma anche prose.
Dopo la morte della madre si sente ancora più legato alle sorelle Ida e Maria, ha un rapporto ossessivo, infa
riversa tu e le sue a enzioni verso le sorelle. Prende come un tradimento la decisione di Ida di convolare a
nozze, perché lui vorrebbe preservare la famiglia d’origine infa lui decide di non sposarsi, rimanendo unito
alla sua famiglia. Rimane poi solo Maria, il suo alter ego femminile, che chiama Mariù, che starà vicino a lui
no alla morte, c’è un rapporto morboso, un complesso di Edipo, la sorella aveva i colori della madre e ricorda
a Pascoli la gura materna. C’è l’intenzione di preservare il nido d’origine. Muore nel 1912.

X AGOSTO
Nella raccolta Myricae troviamo la lirica “10 agosto” che parla dell’assassinio del padre Ruggero Pascoli,
avvenuto quando Pascoli aveva 11 anni nel 1867. Questa lirica è più facile da interpretare rispe o all’altra
perché abbiamo delle informazioni biogra che. La poesia si suddivide in 4 momen .
1. Nel primo momento il poeta si rivolge al cielo, per uno strano mo vo astronomico nella no e del 10
agosto si assiste allo spe acolo delle stelle caden , il cielo gli sembra partecipe di quello che sta
succedendo sulla terra, perché il poeta dice che sa perché nel cielo ci sia questo pianto di stelle.
2. Nel secondo momento il poeta ritorna sulla terra e spiega cosa sta succedendo: una rondine sta facendo
ritorno al suo te o, dove vi sono i piccoli ai quali deve portare il cibo, ma nel cammino viene uccisa e cade
in un cespuglio di spine, cadendo ad ali aperte, come se fosse in croce, tu o questo mentre i piccoli pigano
inu lmente, perché nessuno arriverà.
3. Mentre la rondine viene colpita a morte, analogamente anche un uomo mentre tornava al suo nido con
delle bambole per le sue bambini e lo a endono inu lmente perché venne ucciso nel cammino: c’è
un’analogia tra la rondine e l’uomo che vivono la stessa esperienza, si tra a di vite spezzate e
analogamente famiglia e piccoli rondinini a endono invano. Sulla terra la vita dell’uomo e dell’animale
sono spezzate tragicamente e le loro famiglie non gli vedranno più tornare. Troviamo un chiasmo:
“ritornava una rondine al te o e anche un uomo tornava al suo nido”, che rende più evidente l’analogia;
troviamo qui anche una sineddoche ( il te o è uguale alla casa).
4. A questo punto Pascoli guarda di nuovo il cielo, ma il cielo non gli appare più partecipe del male che si
consuma sulla terra. Qui il poeta dice che il cielo è lontano, distante dalla terra, la terra non è altro che un
atomo opaco del male, il cielo non ne fa parte, lui appar ene al mondo sereno; u lizza l’atomo, che è la
più piccola parte della materia, perché la terra rispe o all’universo è piccolissima, ma nonostante ciò
ritrova dentro di sé un male, la terra è o uscata dalla malvagità. La malvagità è tu a sulla terra, il cielo non
ne può possedere perché è immune, è lontano.

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Oltre al chiasmo la volontà di Pascoli in questo testo non è solo quello di rievocare una tragedia familiare, lui
vuole dire che la terra è contaminata irreparabilmente dalla malvagità, per farlo u lizza un lessico studiato,
infa dice anche un uomo tornava al suo nido, non dice né mio padre né Ruggero, dice un uomo, perché ciò
signi ca trasformare una tragedia personale in una tragedia universale, così da lanciare un monito, tu gli
uomini possono essere colpi dal male e dalla so erenza improvvisamente, così come animali, quindi occorre
essere consapevoli della malvagità della terra e ciò fa capire la sua scelta di vita. La volontà di Pascoli è quella
di rimanere chiuso nel nido, perché ha paura dell’ignoto, di ciò che c'è fuori dal nido, ha paura di essere colpito
dal male, ma nché si rimane nel nido c'è caldo, c’è il bene, non si corrono rischi al suo interno, il nido è una
comfort zone. Quando si esce dal nido abbiamo il rischio di so rire e di essere colpi dalla malvagità, Pascoli
rimane senza moglie per tu a la vita, rimane solo accanto alla sorella Maria. La poesia è stata poi le a in una
visione psicoanali ca, non presente ancora ai suoi tempi, all’interno ci potrebbe essere un complesso di Edipo
mai superato, perché chi subisce un lu o prova rabbia verso chi se ne è andato, è un paradosso ma quando la
madre di Pascoli se n’è andata ha sviluppato un rapporto sempre più morboso verso la sorella che gli ricorda
anche come tra la madre. Mol ri e ono sul tolo dell’opera, 10 Agosto, il 10 rimanda al numero romano X
che assomiglia ad una croce, che ricorda il supplizio, non solo di cristo ma di tan .

CANTI DI CASTELVECCHIO
La famiglia di Pascoli aveva una casa a Castelvecchio di Barga, qui Pascoli conserva mol ssimi ricordi del suo
nido, della sua famiglia. La raccolta si chiama così: can , che richiama Leopardi, che sono componimen rivol
alla natura, troviamo una rielaborazione in chiave simbolica. Questo poeta sceglie di non creare una famiglia
alterna va per preservare questo nido, non sposandosi ma è incuriosito dalle nozze e dall’amore che vive in
modo voyeuris co, ossia spia le nozze di altri sposi. Tra ques can c’è una lirica “gelsomino no urno”.

GELSOMINO NOTTURNO
Fiore noto come bella di no e, che ha questa par colare corolla, cara erizzata dal movimento di chiusura e
apertura, di no e la corolla si apre e di giorno si richiude.
Un amico di Pascoli Gabrieli Brigan convola a nozze, Pascoli dedica questo testo all’amico in occasione delle
nozze e spiega che al crepuscolo tu o sembra tacere tranne una casa che in lontananza bisbiglia. La campagna
è cara erizzata da un clima umido, ci sono delle zolle di terra che sembrano bagnate dall’umidità no urna, si
sente un aroma di fragole rosse; il crepuscolo è l’ora in cui Pascoli pensa ai suoi cari, quando ques fantasmi
familiari tornano a fargli visita, sono fantasmi buoni e piacevoli, a orno si trovano le farfalle crepuscolari,
no urne. Poi il poeta fa capire che si trova fuori dalla casa degli sposi e osserva le luci che si muovono al piano
superiore dove si consumerà la prima no e di nozze, in camera da le o.
Analogamente la descrizione della casa si paragona al gelsomino no urno che di no e si schiude per essere
fecondato, perché le farfalle no urne sono inse impollinatori; il ore si apre per accogliere il seme di nuova
vita, poi si chiude per proteggerlo come un grembo materno. Da lì a nove mesi sarebbe nato il glio della
coppia chiamato Dante Gabriele Giovanni; Pascoli a erma che uno è il nome di un grande ar sta, o Dante
Alighieri o Dante Gabriel Rosse e l’altro di un pover uomo ossia se stesso, Giovanni.
Nel testo c’è un’immagine autobiogra ca perché nella descrizione della campagna no urna, oltre al resto
descri o prima troviamo un’ape, un’ape tardiva che rimane chiusa fuori dall’alveare, di sera tu e le api sono
tornate e hanno chiuso le loro celle, solo una con nua a girare intorno al nido, questa è paragonabile al poeta
che ha deciso di autoescludersi da una scelta di vita, Pascoli si riconosce in questa ape tardiva; la metafora
oreale è una metafora ricorrente e rappresenta la sfera della sessualità, tale argomento rappresentava un po’
un tabù perché l’età adulta è segnata anche dalla maturità sessuale e i ori, come il gelsomino no urno, ne
sono un chiaro simbolo.

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POEMETTI
All’interno della raccolta c’è una lirica “digitale purpurea”: abbiamo a che fare con una metafora oreale
poiché il ore ricorda l’impronta digitale (per questo digitale) di colore porpora, in questo caso poiché il ore
può anche essere bianco o giallo. Simbolicamente rappresenta la sfera della relazione sen mentale e sessuale
con una persona. La cara eris ca della raccolta è il fa o che si tra a di componimen molto lunghi rispe o
alle altre liriche e hanno una stru ura che può essere de nita prosas ca: ossia in versi, ma in ques versi si
raccontano delle vere e proprie storie.

DIGITALE PURPUREA
Troviamo la storia di due ragazze: Maria e Rachele. Esse si incontrano a mol anni di distanza dal periodo in
cui frequentavano un collegio religioso ges to da suore. Si riconoscono e si salutano con trasporto e a e o. Le
due ragazze vengono descri e: Maria ha una corporatura esile e capelli biondi, Rachele molto esile e delicata
ma con i capelli corvini, molto scuri. Hanno due nomi biblici. Esse iniziano a parlare, momento di analessi
( ashback) in cui tornano indietro nel tempo e si chiedono reciprocamente se ricordino quel periodo vissuto
nel collegio quando erano fanciulle: tornano alla memoria preghiere e can lene intona nelle camerate. Tra le
cose che emergono a raverso il procedimento anale co c’è un tabù, un divieto: le suore perme ono a queste
fanciulle di andare a giocare nel giardino del convento ma avevano delimitato una zona in cui cresceva il ore
digitale (velenoso perché abbassa i ba cardiaci). Ad una prima le ura, lo interpre amo da un punto di vista
scien co capendo il divieto a causa del veleno. Se lo leggiamo in chiave simbolica ci accorgiamo però che il
poeta ci ha voluto dare il messaggio di un tabù: il rito di passaggio dall’età dell’infanzia a quella adulta.
Viene dato un divieto: non oltrepassare questo limite, senza dare spiegazioni alle bambine che obbediscono.
Rachele si con da nel presente dicendo che è andata nella zona proibita, si è avvicinata e ha toccato il ore;
Maria le chiede cosa abbia provato e la risposta è eloquente. Rachele ha sen to un odore di morte (intento del
poeta - far vedere il tabù che vede lui ai le ori). Per far nascere l’adulto bisogna rompere il divieto. Da un
punto di vista simbolico, il poeta vuole far capire che per lui sarebbe meglio non violare quel tabù perché nel
momento in cui si fa muore il bambino e nasce l’adulto (più esposto del bambino a situazioni pericolose da cui
lui vuole preservare il suo nido). Divieto che si autoimpone, nessuno gli dice di non vivere liberamente la sua
vita sociale, lui vuole stare ancorato alla sua famiglia di origine. La digitale può essere e non essere so o il
medesimo aspe o. Non si limita ad essere un ore ma viene le o in chiave simbolica.

IMMIGRAZIONE E PASCOLI
Alla ne dell’o ocento e ad inizio novecento mol europei partono per il nuovo con nente alla ricerca di
fortuna: a rae molto il nuovo con nente perché viene presentato con prospe ve lavora ve che alle ano
tan migran . Avviene un’immigrazione di massa in questo periodo. Pascoli aveva delle tendenze anarchiche
ed era vicino al socialismo anarchico, ma era anche un nazionalista, quindi concilia queste due visioni. Per lui
era uno strazio vedere par re tan compatrio : non si dà pace al pensiero che molte persone devono par re
per vivere meglio, che sono costre e a lasciare la loro terra per costruirsi un futuro.
La patria è un’idea molto solida nella sua mente, è vista come un grande nido. Cerca di rappresentare ques
addii in due passi (una prosa e un poeme o).

PROSA TEMA EMIGRAZIONE “LA GRANDE PROLETARIA SI È MOSSA”


È un discorso che pronuncia a Castelnuovo di Barga (dove la sua famiglia possedeva una casa). Qui c’è
un’impresa in Libia, una spedizione nalizzata alla conquista di questo territorio. In questa occasione Pascoli si
colloca tra coloro che sono entusias di questa inizia va; ciò sembra incoerente e si gius ca: dice che la Libia
è una terra bagnata dalla stesso mare (mare nostrum, mediterraneo) che bagna le coste della penisola italiana,
quindi concepita come un’estensione ideale del suo territorio. Lui acce a l’idea di conquistare questo
territorio anche perché gli italiani (fama di essere grandi lavoratori) andranno lì e costruiranno tu o, come
pon e infrastru ure: con l’obie vo di migliorare quel territorio. Sarà meno doloroso per noi vedere i nostri
compatrio andare in una terra così vicina, non saranno guarda più con di denza e non dovranno più subire
giudizi e stereo pi.

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ITALY
Nella raccolta “poeme ” troviamo un testo poe co in tolato “Italy” che a ronta il tema dell’immigrazione in
modo sen mentale. Il testo parla di una famiglia di immigra italiani, che si sono trasferite da Lucca negli Sta
Uni (Ohio). La famiglia fa un viaggio di ritorno momentaneo perché la bambina più piccola Molly è malata e
quindi per farle incontrare i paren che lei non ha mai conosciuto e inoltre i medici sostenevano che il viaggio,
il cambio di clima, avrebbe potuto dare dei bene ci alla bambina. La famiglia, così come gli altri immigra ,
sbarcano e vengono saluta con trasporto e a e o dai familiari, come se non fossero mai anda via.
Il tema dell’immigrazione è caro a Pascoli per i mo vi di prima. Dal punto di vista formale, c’è uno
sperimentalismo linguis co: lo abbiamo sempre visto come un promotore culturale del mondo classico
mentre qui emerge la sua conoscenza per la vivacità delle lingue moderne. Pascoli riesce a registrare la lingua
degli emigra : sono persone che parlavano di più il diale o che la lingua, e questa lingua, che già non era un
italiano standard, si è andata a mescolare, contaminare con la lingua del paese di approdo. Pascoli riesce a
rendere l’idea di ciò che succede a ques emigra da un punto di vista culturale, la lingua è un aspe o
culturale. Questa lingua non è l’italiano ma nemmeno l’inglese: è un impasto linguis co. Nel testo ci sono dei
vocaboli che rendono questa idea. Esempio, quando la famiglia deve ripar re fanno vedere la “ cche a”:
fusione tra cket e biglie o. Non parlano più l’italiano corre o, ma nemmeno un inglese perfe o. Altri esempi
possiamo individuarli nelle forme di saluto. Par colare è l’a enzione di Pascoli di rendere ancora più realis ca
questa esperienza di chi migra lontano anche a raverso la lingua.
Pascoli arriva a livelli di sperimentalismo incredibili: quando la famiglia deve ripar re, essa saluta i familiari, i
paren e si imbarca di nuovo sulla nave. Si focalizza l’a enzione su Molly per far capire il suo stato d’animo:
prova una profonda nostalgia, malinconia. Per rendere ciò, Pascoli si inventa qualcosa di unico e straordinario:
rappresenta uno stormo di rondini, un uccello migratore che viaggia e si trasferisce a seconda delle stagioni da
una terra all’altra. Riproduce da un punto di vista fonico e mbrico il suono della rondine scrivendo:
“…sweet...sweet...”, questo è un esempio di fonosimbolismo e non di parole onomatopeiche perché nei
pun ni che Pascoli scrive si lasciano so ntese delle parole, per esempio il de o in inglese “home sweet
home”, che simboleggia l’importanza della casa, uno spazio pogra co, troviamo segni pogra ci, la parola
sweet ha un senso compiuto nella lingua inglese; in questo modo Pascoli rende il senso di nostalgia
perfe amente.

RACCOLTE CARMINA E POEMI CONVIVIALI


Pascoli potrebbe essere considerato l’ul mo del classici e il primo dei moderni perché conosce bene sia le
lingue an che sia quelle moderne come l’inglese; partecipa spesso a concorsi annuali ad Amsterdam dove
scrive in la no e vince. Le poesie di ques concorsi sono contenu nella raccolta “Carmina”, ossia poesie, qui
vi sono poesie scri e in la no che a rontano il tema la no, poiché lui è l’ul mo dei classici, così come ci
fornisce l’interpretazione di Luperini.
Se per il la no si so erma sui Carmina, Pascoli si voleva dedicare anche al mondo greco qui troviamo una
raccolta dedicata interamente alla civiltà ellenica e alla civiltà orientale an ca in tolata “Poemi conviviali” qui
troviamo dei poemi, componimen estesi in più versi, conviviali perché vengono pubblica gradualmente, su
una rivista le eraria in tolata “Convivio” (banche o); l’argomento è la cultura greca e orientale, si a rontano
temi biblici, ma anche argomen che noi conosciamo, come il mito di Ulisse e individuiamo un poema
conviviale dedicato ad un personaggio del mondo greco orientale, ossia Alessandro Magno.

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ALEXANDROS
Alessandro Magno era nato in Macedonia, a nord della Grecia ed era il glio del grande sovrano Filippo II; già
suo padre aveva nutrito l’intento di creare un impero orientale che abbracciasse tu e le terre allora
conosciute, ma alla morte di Filippo, a portare questo proge o di creazione di un impero universale avan fu
Alessandro, de o Magno perché riuscì ad inserire dentro il suo impero quelli che erano considera i con ni del
mondo, il suo impero abbracciava la Macedonia e la Grecia, dunque l’Europa, ma anche l'Asia, ossia il grande
impero dei persiani e l’Africa, Alessandro giunse in Egi o e venne venerato come gli an chi faraoni.
Ecco perché Magno a ascina Pascoli, proprio perché ha raggiunto i con ni del mondo, è diventato un mito
perché simboleggia il desiderio sempre nuovo di desiderio e di scoperta insito nell’essere umano. Qui nel
poema “Alexandros”, viene u lizzato il nome del grande condo ero e sovrano macedone.
Nei primi versi Pascoli lo rappresenta giunto ai con ni del mondo, è un incipit in medias res, non gli resta nulla
da conquistare sulla terra, perché a 33 anni aveva conquistato tu o quello che era possibile conquistare, se
non però una terra inesplorata che si ri e e sul suo scudo, si tra a della luna, Alessandro nutre un profondo
senso di angoscia perché vorrebbe raggiungerla, sembra vicina, ma non si può raggiungere.
Allora c’è un procedimento anale co, l’eroe torna indietro nel tempo e ricorda le diverse campagne vi oriose,
in par colare quella di Pella e Isso, quelle imprese che gli avevano permesso di conquistare l’impero persiano,
quelle campagne che aveva comba uto con il suo cavallo fedele, chiamato nel testo capo di toro, il cavallo di
Alessandro si chiamava Bucefalo, ricorda anche le truppe che lo seguivano, tan erano mercenari, i cosidde
mistofori provenien dalla Caria, quindi ricorda tu e le imprese e Pascoli in questo momento lo ritrae
piangente, Alessandro piange perché non ha più nulla da conquistare e Pascoli scrive che piange dall’occhio
nero, che ricorda la morte, e piange dall’occhio azzurro, che ricorda il cielo. Pascoli a nge da delle fon che
a estavano la biogra a e sionomia di Alessandro, che alludevano al fa o che avesse gli occhi di due colori
diversi; Pascoli u lizza l’eterocromia, i due occhi rappresentano le due nature dell’essere umano, l’azzurro che
rappresenta l’in nito a cui l’uomo mira e il nero che ricorda i limi dell’uomo, perché pur quanto l’uomo mira
all’in nito deve far fronte a limi tangibili. Sarebbe stato molto meglio con nuare a sognare: molto
probabilmente sarebbe stato quasi meglio non conquistare quasi nulla a a o, ma sognare di conquistare;
questo ricorda un altro autore, Leopardi, anche se questo testo è più complesso e moderno.
Qui c’è un verso par colarmente eloquente: “il sogno è l’in nita ombra del vero” il sogno è un'ombra,
qualcosa di e mero, ma anche qualcosa di estremamente illusorio che cambia con nuamente posizione, però
quell’ombra nonostante abbia tu e queste cara eris che è in nita, io potrei fare all’in nito sempre lo stesso
sogno e godere delle medesime sensazioni che mi trasme e. La realtà è diversa, noi la tocchiamo, la
percepiamo tramite i 5 sensi, però è limitata, nisce.
L’immagine si sposta altrove, analogicamente si sposta sull’immagine della madre e delle tre sorelle che si
trovano a Epiro, perché la madre Olimpia era originaria di Epiro; qui si passa ad un’immagine domes ca: vi
sono la madre e le sorelle intente a lare la lana, questo ricorda il nido familiare, la sua sicurezza, non una vita
fa a di tristezza e di grandi illusioni; vi è molta tenerezza in questa immagine familiare, troviamo due scelte di
vita contrapposte, un’an tesi tra il condo ero che va avan alla delusione e alla tristezza e l’immagine
familiare, tranquilla e serena. Olimpia può ancora sognare, forse il ritorno del glio. Pascoli sceglie per sé la via
di Olimpia, ossia rimanere all’interno del nido caldo, sicuro e prote o dalle illusioni e ca verie.
Anche qui c’è uno sperimentalismo linguis co, la contaminazione c’è di nuovo solo che non è tra due lingue
vive e moderne ma tra una lingua viva, l’italiano e una lingua morta, il greco; Pascoli traduce l’intraducibile
bucefalo, che le eralmente vuole dire bu, ossia bue, toro e cefalo, ossia testa; si tra a di una trasli erazione,
ma non una semplice, è un calco, un’impronta, si tra a di un calco dal greco e lo consegna ai le ori, anche a
coloro che non sanno il greco; in altri casi Pascoli non lo traduce, lo trasli era, come pezeteri, mistofori.
Siamo di fronte ad una poesia moderna, c’è un lavoro notevole dietro.

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GABRIELE D’ANNUNZIO
BIOGRAFIA
Gabriele D’Annunzio nasce a Pescara nel 1863 ed è glio di Francesco Paolo Rapagne a e di
Luisa de Benedic s. Il cognome D’Annunzio è quello di un ricco zio che aveva ado ato
Francesco Paolo, quindi era diventato il nonno ado vo di Gabriele. Frequenta il liceo a Prato e
successivamente si trasferisce a Roma dove si iscrive alla facoltà di le ere. A Roma diventa
collaboratore di alcuni periodici in veste di giornalista le erario e di cronista mondano.
Durante il corso della sua vita vive degli amori tempestosi e volubili: si innamora di Giselda
Zucconi che soprannomina Lella e successivamente fugge con la Duchessa Maria Hardouin di Galles che
D’Annunzio sposa nel 1883 e da cui avrà tre gli. Nel 1887 si dichiara innamorato di Elvira Fraternali Leoni e la
soprannomina Barbara; vive per due anni a Napoli con Maria Gravina dalla quale ha una glia e subisce una
condanna per adulterio a causa della denuncia del marito di lei; il 1894 è un anno di svolta poiché si innamora
della grande a rice Eleonora Duse a Venezia ma il dissesto nanziario e i debi eredita dal padre lo
costringono a scappare da questa ci à; nel 1905 si innamora di Alessandra di Rudinì con la quale prosegue una
vita dispendiosa, segnata dalla passione per cani e cavalli. Nel 1897 si è fa o eleggere deputato presentandosi
con la destra salvo passare nelle le della sinistra dopo tre anni per protesta contro la repressione del
reazionario del governo Pelloux. Nel 1910, costre o dai debi contra per mantenere la villa, fugge in Francia
circondato da numerosi ammiratori e a ore di nuove avventure ero che. Nel 1915, una volta scoppiata la
guerra, torna in Italia schierandosi tra gli interven s e partecipando a imprese terrestri, navali e aeree e
perde l’occhio destro in un incidente. Animato da uno spirito nazionalis co, D’Annunzio ri ene la vi oria
italiana mor cata dalla mancata annessione della ci à croata di Fiume e perciò la occupa di forza nel 1919
ma dopo pochi mesi è costre o dalle truppe governa ve ad abbandonarla. Nel 1921 si ri ra sul Lago di Garda
dove muore nel 1938.
La parola di riferimento per indicare D’Annunzio è a vismo: lui partecipa a vamente alla storia del suo
tempo, alla vita poli ca e militare della sua epoca poiché prende parte a vamente alla prima guerra e compie
imprese belliche. Lui, come i personaggi delle sue opere, è un esteta che vuole fare della sua vita un’opera
d’arte svolgendo tu e le cose possibili. Sarà deputato del regno d’Italia. Diventa il primo mito di massa poiché
riesce a costruire su se stesso l’immagine di un poeta vate che si sos tuiva alla precedente perdita dell’aureola
da parte dell’ar sta. Questo è determinato anche dal fa o che abbia un a eggiamento sprezzante nei
confron delle masse, poiché colse l’idea di superuomo (ossia l’idea di l rouge) da Nietzsche “Così parlò
Zarathustra”.
L’este smo consiste nelle privilegiare la bellezza come un valore supremo da realizzare a ogni costo;
l’este smo si incontra in ogni epoca ma assume connota organici e stru ura in forma ideologica sopra u o
negli ul mi decenni dell’o ocento. Ponendo la bellezza al di sopra di tu o, l’este smo ri uta di rispondere a
un’altra morale che non sia quella stessa del proprio canone ar s co. D’Annunzio è un esponente del
decaden smo che vuole raggiungere il sublime partendo dall’alto, ovvero da da eccezionali, aspe
straordinari e da grandi cose in quanto parte dalle stelle. Pascoli rappresenta il punto di vista opposto in
quanto par va dal basso. Questa è una di erenza sostanziale tra i due autori nonostante siano entrambi
esponen del decaden smo.
D’Annunzio si de nisce come poligrafo, in quanto scrive sia in prosa che in poesia: infa , abbraccia entrambe
le poe che del decaden smo e compie il suo esordio poe co con la raccolta “Primo vere” e l’esordio narra vo
con la raccolta “Terra Vergine”. Scrive alcuni romanzi come “Il piacere” in cui il protagonista Andrea Sperelli è
un alter ego dello scri ore e un esteta in decadenza; Andrea Sperelli era stato educato dal padre con
l’obie vo di sacri care tu i valori In nome del bello. Un altro romanzo si in tola “Innocente” ed è un
memoriale di un omicida a un anno dal suo compimento. So o l’aspe o poe co troviamo il proge o delle
Laudi chiamato “Laudi del cielo della terra del mare e degli eroi”.

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LAUDI
Le Laudi sono un proge o lirico incompiuto, il tolo completo è “Laudi del cielo della terra del mare e degli
eroi”. Laudi dal la no (laus, laudis, ossia lodi) conclude solo Maia, Ele ra e Alcyone, qui parla di un superuomo
che deduce dalla loso a di Nietzsche. Poi troviamo Merope (si concentra ad osservare le imprese dell’uomo
durante la 1 guerra mondiale) e Asterope (osservava imprese coloniali) poi Taipete e Celeno (i libri
rappresentano le 7 stelle più luminose della costellazione delle pleiadi).
Nelle Laudi di San Francesco d’Assisi troviamo una scri ura medievale, le sua religione, cris ana, è in
contrapposizione con quella di D’Annunzio, invece pagana, le prime parlano sopra u o di natura. All’interno
di Maia troviamo l’esaltazione sensuale pagana della vita del superuomo a cui è a dato il messaggio di una
vita nuova; si apre con la celebrazione di Ulisse; in Ele ra troviamo la celebrazione degli eroi della storia come
Garibaldi e l’impresa dei 1000; esaltazione del passato glorioso delle ci à italiane e schieramento a favore di
un nazionalismo bellicoso e aggressivo; in Alcyone troviamo come tema principale il panismo.

ALCYONE (1903)
L’argomento principale dell’opera è la vicenda stagionale legata all’arrivo, trascorrere e alla ne dell’estate,
l’estate è simbolo di tregua, vacanza del superuomo che si abbandona alla dimensione della natura e del mito,
dunque al panismo. Luperini dice che è una pausa del superuomo non dal superuomo, infa il superuomo
con nua ad essere ciò che è. Questa rigenerazione avviene a raverso la natura, il superuomo si fonde con la
natura che lo circonda, questa fusione si chiama panismo, deriva dal greco dal agge vo pan ossia tu o, che
coincide con la natura o dal nome del dio Pan, Dio dei boschi.
Assis amo a delle metamorfosi naturali, l’uomo si naturalizza, la natura si antropomor zza. Abbiamo delle
liriche che rappresentano la parabola dell’estate: la sera esolana (inizio estate), la pioggia nel pineto ( ne
agosto) e i pastori, ambientata a se embre e segna la ne dell’estate.
D’Annunzio appoggia più corren il simbolismo e il verismo.
La raccolta presenta la parabola dell’estate, perché troviamo l’estate rappresenta nel suo primo apparire,
quando è ancora mida, qui troviamo opere come “la sera esolana”; la massima espressione la raggiunge il
mese di agosto, troviamo il testo “la pioggia del pineto”; in ne l’estate al suo tramontare con la lirica “i
pastori”, del mese di se embre. Quel che contraddis ngue D’Annunzio è la sua vitalità, la voglia di fare tu e le
esperienze possibili, riconoscibile in tu i componen , ma sopra u o in Alcyone, dove il superuomo si
allontana, si riposa per riprendere energia. Nei pastori c’è un tono malinconico, più dimesso e nostalgico,
proprio perché si tra a della ne dell’estate è a sua volta del riposo. Questa divisione fu fa a inizialmente
dallo stesso autore.

LA SERA FIESOLANA
La lirica rappresenta l’inizio dell’estate, è ambientata nel periodo di giugno. La lirica poteva essere spezzata
poiché rappresenta più momen .
La prima parte potrebbe prendere il nome dell’ “apparire della luna”. Ci troviamo a Fiesole, vicino Firenze,
l’autore si rivolge a Eleonora Duse, in un clima no urno, ma qui i de agli sono diversi dal crepuscolo, mentre
Pascoli parte dal basso, D’annunzio parte dall’alto e egli parte osservando la luna, che appare nel momento
serale e sembra colorare di argento la natura, per esempio l’albero di gelso, dove il contadino ha appena
appoggiato una scala per prenderne i fru ; lo spe atore ha la sensazione di questo apparire della luna e
questa sua luminosità che colora tu o di argento perlato.
Troviamo anche una leggera pioggerellina, la natura via via inizia ad assumere dei connota , delle forme
umane, femminili, di cui si intravedono i contorni. Individuiamo una donna cinta in vita da un ramoscello, una
donna dai capelli e dalle ves profumate, questa parte può prendere il nome di “pioggia es va”. Oltre ai colori
e ai suoni in d’Annunzio troviamo anche i profumi con la sinestesia, cara ai simbolis .
Lo sguardo successivamente si concentra sulle colline di Fiesole che sembrano riprendere dei contorni umani,
di quel panismo, le colline sembrano delle labbra che rivelano dei segre , segre che possono essere col solo
da chi ha l’animo per comprenderli, i messaggi crip ci della natura non sono accessibili a tu , troviamo quindi
una posizione elitaria della poesia. L’ul ma parte potrebbe chiamarsi “le colline di Fiesole”.

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LA PIOGGIA NEL PINETO
Una lirica molto famosa e parafrasata da alcuni autori del 900, considera an d’annunzio, tra cui Montale.
È una lirica molto apprezzata dalla cri ca, un capolavoro delle Laudi, è una sorta di opera d’arte completa,
unisce insieme arte, le eratura e musica, d’Annunzio era appassionato di musica. La lirica era un’occasione per
fondere insieme tu gli aspe sensoriali, visivi e udi vi del linguaggio oltre che olfa vi e ta li. Riesce
davvero in questa impresa.
Troviamo anche qua la domma amata, Duse Ermione, cantata nella lirica come Ermione, nel mito glia di
Menelao, re di Sparta e Elena, la fanciulla considerata più bella. D’Annunzio usa uno s le classicheggiante e
originale, infa non la chiama Elena, vuole che il le ore faccia la fa ca di cercare questa gura nel mito, è
pico dell’esteta il dato raro.
I due aman hanno appena trascorso una bella giornata al mare, vicino alla marina di Pisa, siamo sul litorale
toscano quando nel pomeriggio vengono sorpresi da un temporale es vo tanto che i due decidono di rifugiarsi
nella vicina pineta, il litorale è cara erizzato dalla pica vegetazione mediterranea. I due aman entrano nella
pineta, qui l’io poe co chiede alla sua compagna di far silenzio per godere del concerto naturale della pioggia
che cade. Insieme ascoltano il concerto prodo o dalle gocce che cadono su questa vegetazione, troviamo il
pino, il mirto, il ginepro e questa pioggia con le sue gocce colpisce la vegetazione, la pioggia è abbondante,
scrosciante, troviamo verbi onomatopeici. Le gocce si antropomor zzano e diventano delle dita che suonano
strumen diversi. L’autore riesce a trasme ere questa sensazione di musica. Più la pioggia cade più il poeta e
la donna si trovano immersi in questo spirito silvestre, nella natura, tanto da fondersi essi stessi nella natura,
con ciò che gli circonda. Il panismo riguarda anche gli esseri umani che diventano parte integrante del
paesaggio, si fondono. Duse Ermione ad un certo punto viene osservata dal poeta, che la vede talmente piena
di pioggia che sembra essere una ninfa uscita da qualche corteccia di albero, anche il poeta sente su di sé la
metamorfosi. Loro vengono a subire una metamorfosi arborea, è come se stessero me endo le radici, la
pioggia “allaccia i malleoli e ci intriga i ginocchi”, non riescono più a muoversi. Stanno diventando parte della
natura, il suo colorito è simile al verde, quasi ad immedesimarsi alla pine e gli occhi sembrano delle sorgen ,
bolle d’acqua che raggiungono il terreno. Ermione sorride e si possono vedere i suoi den , sono come
mandorle acerbe nei loro alveoli, la forma dei den ricorda una mandorla ancora chiusa nel suo guscio. Gli
abi e la chioma di Ermione profumano, auliscono, elemento importante per l’esteta. Loro sono
completamente fusi e confusi con la natura. L’episodio ricorda il mito di Apollo e Dafne. Nel testo c'è una sorta
di ritornello, troviamo un chiasmo perché l’amore tra i due è de nito una favola bella e c’è l’incrocio tra i
pronomi “che ieri t’illuse, che oggi m’illude”. L’amore è una favola bella, illusoria, bella nché dura, un
sen mento a fasi alterne, tra momen in cui si prova amore con maggiore intensità mentre l’altro è più epido
e a volte è a viceversa, non sempre si ama con medesima intensità, uno può amare di più e l’altro di meno.
Analisi: versi onomatopeici; climax; chiasmo; anafora, ripe zione (piove piove); metafora (favola bella
metafora dell’amore, strumen diversi so o innumerevoli dita); sinestesia, la lirica come grande sinestesia che
fonde sfere sensoriali di eren (olfa va, auliscono); grande cura ritmica troviamo enjambement, che ricorda
questa pioggia incessante che cade, è a annoso, troviamo pause segnalate dal punto fermo, quello
interroga vo, abbiamo così la sensazione di non sen re più la pioggia ma riprende poi più forte; perifrasi: la
natura è presente come fauna, troviamo delle voci soliste, troviamo la glia del fango, perifrasi ossia la rana,
che appro a della pioggia per sfogarsi isola , poi glia dell’aria, perifrasi, cicala; similitudini, rende ancora di
più l’idea del colorito di Ermione che si fonde con la natura; a enzione al testo maniacale, rappresenta lo
sciogliersi del sogge o nel paesaggio a raverso una valorizzazione sensoriale con esso, in questo caso udi vo;
ricorda la metamorfosi arborea di Dafne, questo è il panismo dannunziano nella sua massima espressione.
Parafrasi:
1. silenzio: la pioggia cade sulla vegetazione, sui due aman e sul loro amore.
2. la natura si antropomor zza: le gocce sono dita che suonano strumen diversi.
3. assolo di voci soliste: la glia dell’aria e la glia del limo (cicala e rana)
4. metamorfosi panica: l’essere umano si vegetallizza (colorito virente, gli occhi, come bolle su terra, den
come mandorle acerbe, pe o come pesca inta a e gli ar inferiori in radici).

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I PASTORI
È l’ul ma lirica delle Laudi, all’interno troviamo un clima nostalgico, sta nendo l’estate e dunque la tregua, e
nisce l’amore con ermione. Siamo in Abruzzo (terra d’origine) non in Toscana qui i pastori compiono il rituale
pico, la transumanza, i pastori hanno portato il gregge sulle alture dell’Appennino, in Abruzzo, pico per il
cara ere dalle ve e appenniniche, durante l’estate per portare il gregge al fresco mentre durante l’inverno le
portano verso la costa, per trovare un ambiente mi gato.
Il poeta si concentra sulla ne dell’este ca, è se embre, allora i pastori si spostano verso il mare, percorrendo
la stessa strada che hanno percorso prima di loro i loro stessi padri e prima i nonni e così via, questo mes ere
si trasme e di generazione in generazione. Si muovono su questo sen ero già tracciato e ognuno di loro si era
preparato il bastone fa o di legno di nocciola (con la verga d’avellano) e guidano il gregge. Il sole ba endo sul
vello delle pecore fa sì che questa lana assuma un colore dorato. Il primo pastore sarà anche il primo a vedere
il mare dopo tanto cammino ed ad annunciarlo agli altri, a vedere il tremolar della marina, l’increspatura delle
onde, troviamo rimando a Dante che parla del tremolar della marina nel purgatorio.
Malinconicamente il poeta esclama “perché non sono anch’io con i pastori”, si avverte un tono malinconico e
nostalgico, sembra contrapporsi con quelli preceden , ma ciò si spiega perché l’estate si sta concludendo e
questo porta alla malinconia e alla nostalgia. L’autore si ripiega su se stesso, troviamo un dato autobiogra co, e
dice “in terra d’Abruzzo i miei pastori”, dunque si domanda il perché non può essere anche lui li.
Troviamo suoni onomatopeici: iscio, calpes o.

NOTTURNO
Prosa che nasce da un momento di infermità mentale. D’annunzio ci ene a vivere la sua vita al meglio,
durante una delle tante imprese fece un incidente aereo, che compromise un occhio, siccome rischiava di
perdere la vista da quell’occhio fu ricoverato a lungo, al buio e con entrambi gli occhi benda . Per un’esteta la
vista è il senso privilegiato, l’esteta si nutre e si appaga da ciò che vede, da ciò che reputa bello. Stare a lungo
senza esercitare la propria vista è una tortura, un contrappasso, quindi la sua era una duplice tortura, già per la
so erenza e il dolore dell’incidente, ma nonostante questa situazione il poeta non rinuncia alla le eratura, alla
poesia. Siccome è di cile scrivere tramite i mezzi canonici, u lizza delle striscioline di carta, create dalla glia,
riuscendo così a rimanere nella riga, in questo piccolo spazio, questo perché la scri ura è un bisogno vitale.
Scrive ri essioni, alcune fonte di allucinazioni a causa delle medicine, poiché gli vengono somministra degli
oppiacei. Successivamente tu e le strisce vengono messe in ordine e pubblicate con il tolo “No urno”; si
tra a di prose molto diverse dai romanzi dell’esteta, poiché è un momento par colare, troviamo ricordi del
passato, ri essioni personali o messaggi na dalle allucinazioni.

PAGINA “SENSAZIONI E ALLUCINAZIONI”


Essendo so o l’e e o di oppiacei ha delle sensazioni che probabilmente non corrispondono al vero. Le bende
gli venivano cambiate frequentemente, perché questa ferita agli occhi non doveva infe arsi, lui aveva delle
persone che lo assistevano, oltre la glia Renata, c’erano delle infermiere, un giorno un’infermiera entra in
camera, gli cambia le bende e gli porta dei ori di giacinto, e prova a descrivere ques ori al poeta,
comunicandogli che erano spunta in tu o il giardino e che erano di mol colori diversi dal bianco al blu,
viole o. Tra i ori la donna inizia a raccontarci di un giacinto che era talmente viola da sembrare nero alla
vista, lui in quel momento era addolorato perché non poteva guardagli con i suoi occhi e il desiderio cresce
sempre di più quando la narrazione si so erma sui de agli di questo ore così par colare, vengono lascia dei
ori nella stanza, che prende un piacevole profumo. Lasciato solo in camera d’Annunzio inizia a pensare e
iniziano così le allucinazioni, prima sente una a agli occhi, che si trasforma poi in dolore, ha poi un
allucinazione e sente come se il giacinto, quello bello, avesse messo il bulbo, le sue radici nel suo occhio, poi
percepisce in un secondo momento che qualcuno glielo sta strappando via, quindi viene colpito da un male
ancora più grande, lui si tocca il volto e sente le guance appiccicose ed è convinto che fosse il la ce del ore
che sta colando, in realtà era la medicazione. L’esteta è solito a cercare il dato unico e raro, per esempio
ricordiamo Dorian Gray, di Oscar Wilde o il protagonista, Des Esseintes, del romanzo “A ritroso” di Huysmans,
che sceglie una tartaruga come animale domes co e le fa collocare nel guscio delle pietre.

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VISITA AL CORPO DI GIUSEPPE MIRAGLIA
Giuseppe Miraglia è un aviatore, amico di D’Annunzio e suo compagno nelle prime imprese di guerra, caduto
sul campo di ba aglia. Nella descrizione del suo cadavere si riscontrano tu e le peculiarità del No urno: lo
s le spezzato e impressionis co, il dominio della rievocazione, il sen mento turbato di una minaccia, il
prevalere del punto di vista sogge vo. D’Annunzio racconta in modo secco la visita alla camera ardente,
alles ta a Venezia, dove giace il colpo del suo amico Giuseppe Miraglia. La morte sul campo di comba mento
non viene celebrata con i toni retorici; il pubblico lascia spazio al dolore privato. La descrizione si so erma sugli
e e devastan delle ferite sul corpo dell’amico. Troviamo una descrizione macabra del cadavere, perché il
volto è livido, gon o, vi sono alcuni de agli che vengono ripetu più volte con un e e o di allucinazioni
ossessiva e di insensatezza meccanica (il rumore dei motori del canale, il luccichio delle baione e, il gon ore
del volto di Miraglia). D’Annunzio si so erma anche sui ori che vengono porta . Nel testo non viene descri a
la realtà, ma ciò che della realtà viene colto e valorizzato dalla sfera dell’io. Troviamo percezioni puramente
sensoriali. Il testo è intriso di sen mento patrio co. Troviamo un insieme di de agli, la bellezza della morte.
C’è un’a enzione maniacale ai de agli. Troviamo la bandiera, de aglio ossessivo, la bandiera rappresentata
per lui la patria, d’Annunzio è nazionalista, lui parlò di vi oria mu lata, lui è interven sta. D’Annunzio non
sopporta che venga tolta la bandiera da una salma per portarla ad un’altra, dunque ne richiede un’altra.
Troviamo i rimandi croma ci del rosso, verde e bianco.

TERRA VERGINE - DALFINO


Dal no era un ragazzo orfano di padre e di madre: quest’ul ma morì dandolo alla luce, mentre il padre se lo
portò via il mare e fu proprio questo spiacevole evento che indusse Dal no ad essere così a ascinato ed
incuriosito da questa immensa distesa d’acqua.
Proprio perché nuotata molto bene si meritò il suo appella vo. Dal no racconta a Zarra, la sua migliore amica,
di rivedere a volte il padre dietro la punta delle Seppie. Zarra era molto sicura di sé stessa e Dal no le voleva
molto bene; ella lo aspe ava sempre la sera, infa tornava dopo aver tu o il giorno fa cosamente pescato.
Una sera si guardarono a lungo negli occhi, come ammalia e Dal no crede e che ella fosse una maga. Una
ma na di giugno anche Zarra accompagna Dal no a pesca. Al mone c’era Dal no assis to da altri due ragazzi
neri. Zarra sulla nave vide il “bel” nanziere glio della comare “Gnese” e Dal no notò subito l’intesa che c’era
tra i due… pertanto ordinò ad uno dei due ragazzi di colore di virare.
Il nanziere, però, con nuò a persuadere Zarra, a raverso parole galan e la ragazza ci ste e facendo
aumentare la gelosia di Dal no. Era l’ul mo giorno di luglio e nel porto si sen va un odore di catrame (stavano
rivendicando una barca), Dal no non acce ava l’idea che anche Zarra, l’unica persona rimastagli gliela
avessero portata via. Fu questo il mo vo che lo spinse ad uccidere il nanziere per poi sparire come il padre
nel mare tra le grida disperate della comare “Gnese”, anche se il poeta non lo speci ca le eralmente, ma i
colori croma ci del tramonto ce lo fanno cogliere.
Il modello delle novelle è ispirato a Verga, troviamo un rimando a Rosso Malpelo:
- epilogo tragico;
- due ragazzi orfani di padre, di cui simulano l’a vità e il comportamento;
- entrambi sono pi solitari e scontrosi;
- entrambi vivono l’ul mo giorno come il proprio padre (Rosso nella cava e Dal no in mare);
- entrambi hanno una sola gura a e va (Rosso ha Ranocchio e Dal no ha Zarra).
Nello stato iniziale troviamo tecniche piche di d’Annunzio, troviamo a enzione all’aspe o simbolico, ai colori,
c’è la donna amata, e rimandi molto eso ci, troviamo animali e personaggi eso ci, e le forte passioni, sono
tu aspe che an cipano le scelte che farà l’autore e l’interesse per il dato raro ed eccezionale per
l’eso smo.

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ROMANZO “IL PIACERE”
È il primo romanzo di D’Annunzio; è un romanzo che riesce a tracciare il dandy, l’esteta decadente.
Il protagonista è Andrea Sperelli, un giovane viziato, che ha vissuto la sua vita esclusivamente con la gura
paterna, che gli ha insegnato come unico valore, o “an valore”, il piacere, ossia l’arte, dunque non esistono
valori morali o religiosi. Andrea vive a Trinità dei Mon a Roma e le sue giornate sono immerse nel lusso, piene
di a vità mondane, è un esteta. Andrea intraprende una relazione con una donna, Elena Mu , la classica
femme fatale, c’è una passione for ssima tra i due ma anche malata fa a di ripicche e gelosie, no a quando
Elena comunica la no zia di voler sposare un altro uomo, Lord Heathi eld, un nobile inglese. Andrea non
prende bene questa no zia, è ossessionato dall’idea che un altro uomo s a vicino alla sua donna, tanto che
per guarire da questa ossessione, decide di raggiungere la cugina nella villa di Schifanoja e qui Andrea conosce
un’altra donna, Maria Ferres, un personaggio che si colloca agli an podi della femme fatale Elena, perché ella
è molto pudica e casta, perciò Andre si convince che l’unico modo per dimen care Elena è intraprendere una
relazione con Maria, che quindi diventa un capro espiatorio per Andrea, però ad un certo punto il nostro
esteta si rende conto di essersi veramente innamorato di lei e Maria ricambia l’interesse.
Elena richiama il personaggio del mito, Elena di Troia, Elena è la gura del peccato, che ha tradito il marito per
seguire un altro uomo, viene rappresentata dal colore rosso; Maria è rappresentata dal bianco, è pudica.
Andrea pensa di essersi veramente innamorato di Maria e di aver dimen co Elena, però Andrea e Elena si
rincontrano e Andrea in un momento di in mità chiama Maria con il nome di Elena, quindi i due si lasciano
perché Andrea non è riuscito a superare la sua ossessione per Elena.
Troviamo un esteta che occupa tu o il romanzo, Andrea Sperelli, viene tracciato un ritra o ed insieme anche i
suoi an valori, il cri co non può che constatare che troviamo anche una crisi dell’esteta.

Nella prima parte del romanzo viene descri o il protagonista e il metodo an pedagogico ado ato dal padre di
Andrea per crescere il glio. L’arte e il bello sono gli unici due valori. Grazie ai numerosi viaggi in compagnia del
padre, lontano dall’opprimente metodo educa vo di maestri priva , Andrea si forma a raverso le “realtà
umane”, cioè tramite l’esperienza concreta. Inoltre secondo il padre “la vita deve essere vissuta come un’opera
d’arte”.

Nel romanzo “Il trionfo della morte”, il protagonista Giorgio Aurispa, esteta, ha una relazione con Ippolita
Sanzio, e anche qui c’è un amore malato, un amore passionale ma con i uale, conduce entrambi alla morte.

Nel romanzo “L’innocente” sembra emergere un senso di pen mento, ma poi non c'è la volontà di tra are e
andare no al fondo. Dunque è vero che si delinea l’esteta nei suoi tra , ma c’è anche una crisi dell’esteta.

Testo - presentazione del protagonista

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