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Indice
9 Prefazione
15 Il sesso maschile
17 Il sesso femminile
19 Il petting
21 L’atto sessuale
23 L’orgasmo
25 Gli anticoncezionali
27 La gravidanza
29 Il parto
33 La coppia esistenzialista
34 L’attempato e la biondona
35 La coppia crocieristi
37 I domestici somali
43 L’universo Flora
63 I grandi eventi
89 Flora e la televisione
93 Coppia fedelissimi
94 La bella e la bestia
95 La mamma alternativa
Terza parte
Ma chi sono questi cavolo di Tony, Mary, Angelin che risolvono la vita
degli scrittori e fanno in modo che scrivano? Sono nomi dì repertorio, è
gente che esiste solo nelle dediche… tanto chi lo sa chi sono loro? Solo
loro.
Oh! Ma vuoi scommettere che sto facendo una non-dedica troppo lunga?
E allora, già che ci sono, dedico questo libro alla mia babysitter (no, non
mia, di mia figlia!) e alla signora delle pulizie, che mi hanno permesso di
lavorare. Da sempre queste persone fanno andare avanti il mondo, lavando
le camicie e pulendo le stanze di tutti quelli che si illudono di farlo girare.
Grazie!
Prefazione
Opto, per motivi di equilibrio personale, per una terza via; e cioè: nessuno
può avere interesse al pref azionamento… alla prefazionaggine… a scrivere
la prefazione di un non-libro.
; riaccesi torrenti vocianti con mille affluenti ricolmi, urlanti, gravidi, fiumi
in piena di parole cicciotte e pesanti a rompere gli argini, ad allagare il
silenzio del tempo in cui erano rimasti immobili in un incantesimo da
sgabuzzino!
Quante parole ho scritto, quante! Con tutte le parole che ho scritto potrei
fasciare il mondo due o tre volte come una mummia torturata dal solletico
delle storie: delle parole delle storie, dalle risate, dalle voci, dalle facce,
dalle emozioni tante, le mie, dei personaggi; non so più dove finisco.
Vi trovo preoccupati!
io
Con amore,
Prima parte
Il sesso maschile
Chico o pisello nell’uomo; Chica o patatina nella donna. Il sesso è ciò che
distingue l’uomo dalla donna. Parleremo oggi del sesso maschile.
Questi paio di co… dì organi genitali di forma sferica simmetrici fra loro,
anche se non sempre uguali nel
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Il sesso femminile
Costituito da una parte esterna più... du… più ossu… più... volgarmente
detta f… a forma di montarozzo cespuglioso… scientificamente detto
pube”.
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tutti quei… si presenta calva, non si mantiene tale durante tutta l’esistenza,
ma con l’uso può subire un certo smottamento, nonché con l’età afflosciarsi
e subire un certo prolasso.
Questo succede però e per fortuna soprattutto a carico degli organi interni; è
ben per questo che la donna può darla a bere più a lungo rispetto all’uomo
che invece… sì... si vede quando… cala… ehh, prolassa!!!
A proposito di modificazioni che avvengono all’interno della… di…
della… insomma, sì... subito… appena… si entra… si entra non nel
senso… ma nel senso della costituzione… diremo che alla nascita ogni fi…
figliola è dotata dell’im… di una porticina… dicesi illibata” perché c’è
questo… fogliettino membranoso… più o meno ciccioso, destinato a
perdersi quando la donna decide di… darla… di darne lettura… di tale
fogliettino… e l’uomo riesce a farle la festa.
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Il petting
Il petting è un… uno, è... uno, ma possono essere anche di più! Anzi,
avercene!
Non si può spiegare il petting senza premettere che gli uomini sono tutti
sporcaccioni”!
Gli individui che, particolarmente infoiati, si spingono oltre tale fase per
metterlo den… per concluder… si dicono playboy” se uomini, sgualdrine”
se donne.
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Nella fase successiva del Che caldo fa qui, usciamo un po’, vuoi?...”,
oppure del repentino sbracamento del sedile, la donna è fottuta… infatti qui
impera lo smanazzamento sotto… in mezzo… dentro… nella parte inf… lì.
Le donne che durante questa fase si divincolano No, non così... non mi
piace se non c’è amore” si dicono serie”. Le donne invece che non
oppongono veruna resistenza lasciandosi schioppare la lampo (messa per
fare prima) si dicono mignott… sgualdrine”.
Le donne infine che continuano a dire No” anche quando il partner gliel’ha
messo den… molto dopo o poco… a second… comunque si dicono
normali”.
L’atto sessuale
L’atto sessuale è un… è... uno… è uno, ma possono anche essere molti!
Anzi, avercene!!!
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Gli atti inferiori a tale durata si dicono atti coniugali” (per la donna),
sveltine” (per l’uomo).
L’orgasmo
Nella donna invece l’orgasmo si manifesta… sotto… Sì, sempre sotto, sotto
forma di… beh! non proprio come nell’uomo… è difficile… proprio…
almeno l’uomo… perché a volte la donna fa anche finta… non che… no…
non sempre.
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respiri. Alla donna invece è necessario… non solo… prima ancora di… non
è soltanto un fatto di su e giù... alla donna necessitano… coccole… tutta
una serie di… smanazzamenti… stimol… una preparazione…
scientificamente detta petting” per raggiungere… lo scopo… ovvero il
piacere reciproco! Eh, reciproco… e simultaneo! Beh, simultaneo, poi!, è
difficilissi… proprio insieme insieme… quasi impossi… un miracolo, anche
perché da sempre l’uomo tende a risolvere il rapporto in quattro e quattro…
secondo una tendenza diffusa a concludere il rapporto prima ancora che la
donna possa dire E che è!!!”.
Anche a causa di questa che altre volte abbiamo definito sottocultura della
sveltina”, la donna durante l’atto sessuale può rimanere come un ciocco
rigido e inespressivo riuscendo con successo a contare le ragnatele del
soffitto. Oppure può meditare di tornare da mamma o, nella migliore delle
ipotesi, rivolgersi a qualcun altro.
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Gli anticoncezionali
Tanti e tanti metodi sono stati studiati dall’uomo per la donna. Mai che una
donna ne avesse studiato uno a carico dell’uomo!
Nonostante il progresso, infatti, il controllo delle nascite per la donna sono
sempre più cavoli suoi!
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E se la donna si trova nel periodo sfigato” fecondo del mese… sono cavoli
suoi!
Ma proprio a impedire che ciò si verifichi si è applicato uno dei più attenti
studiosi del problema del controllo: il dottor Ogino-Knaus, oggi ritenuto fra
i massimi responsabili della sovrappopolazione mondiale.
Il suo metodo consiste nell’impedire che lo sp… gli sp… entrino… ovvero
quando l’uomo sta per… proprio nel momento in cui… è meglio che esca!
Il punto forte della teoria di Ogino consiste nel fatto che, in fondo, nel
rapporto viene rubato un solo momento al piacere e cioè il momento del
piacere… dell’uomo, comunque, perché la donna durante tutto il rapporto
rimane vigile al momento del… lì... lasciandosi andare poi al piacere di
averla scampata un’altra volta!
Uno strumento invece che permette all’uomo di rimanere den… di… anche
dopo… sì, un po’ perché comunque si smosc… con tranquillità... sempre
che non si rompa… ma quello succede giusto… consiste nell’infi… un cap-
pucc… palloncino… una museruo… un pres… scientificamente detto
profilattico” che l’uomo infila… nel… sul… lì, all’inizio del rapporto, sì
all’ini… anche se deve già essere un po’ du… che già quello si smoscìa di
suo… ma se fatto con una certa ironia, la donna può aiutare il partner
durante il… mentre se lo… ficca… con frasi tipo Dove vai, Cappuccetto
rosso?” oppure E che è, il Ku Klux Klan?!”. L’uomo può così mantenere
l’eccitazione e procedere a metter… a fare i comodi suoi con la quasi
assoluta certezza che alla donna non possa succedere nulla dì spiacevole.
Ma proprio nulla, neanche di piacevole con quel calzettone ficcato su… eh
via!
La gravidanza
Infatti quando un uomo e una donna fanno… sì... dai che ti ridai… a forza
di… sbatt… di… meglio se sposati… ma anche… purché ci sìa il desiderio
di un bambino… nel momento… quando… se l’uomo non esce… cioè
rimane de… in modo che gli sper… se la donna ha fatto l’uovo sono cavoli
suoi!... si verifica il concepimento nella forma di un pescioli… un
piccoliss… un mostriciatt… scientificamente detto spermatozoo maschile”,
dallo zoo” da cui proviene, che si aggira dentro la… all’inter… lì, tutto
allegro e beato perché non sa cosa l’aspetta.
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Alcuni credono che ogni donna abbia il suo uccello, ma noi siamo più
propensi a credere che lo stesso uccello provveda a diverse donne e a
diversi parti. Le donne che ricevono l’uccello da sposate si dicono normali”,
le donne che ricevono l’uccello da nubili si dicono mignott… sgualdrine!”.
Le donne normali scoppiano dopo nove mesi dando alla luce tra imprecaz…
sfoghi… improper… Chi me l’ha fatto fa’”... ‘Sto disgraziato è il terzo che
mi fa fa’”... ma non tutt… Col cavolo che ne faccio un altro…” o anche
Non è possibile”, Ora mi sgarro tutta!”... ma poi si dimentica tutto, sono
urla dettate dal panico, dalla perplessità... dalla curiosità di sapere come fa
un TIR a passare dalla… dentro… a uscire da… lì. Ma poi si capisce e si
gioisce.
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Il parto
In questa sede finalmente parleremo, senza pudori, dei segreti più intimi del
parto e dell’organo responsabile di tale evento.
Tante e tante storie sono state raccontate e si raccontano ancora ai bambini,
testoline ignare, sulla loro nascita e soprattutto su quella dei fratellini: L’ho
trovato sotto il cavolo”, L’ho comprato al mercato”, Me l’ha regalato papà”
e così via. È un modo come un altro per discolparsi dal crimine di aver
procurato un intruso e un accaparratore di affetto familiare. Ma tante più
storie e bugie sono state raccontate e si raccontano ancora alle bambine, alle
donne future mamme sulla nascita e sul parto. Pochi hanno il coraggio di
affermare apertamente che responsabile della nascita, e dunque del parto, è
la cicogna. Ohhh, la cicogna è un… uno… un… è uno. Uccello bianco e
ciccioso posto dove gli pare, a seconda delle stagioni e delle fasi
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del parto. Tale uccello è dunque responsabile anche del sesso del nascituro,
scegliendo egli stesso il pargolo che verrà al mondo e che, allo scadere dei
nove mesi dall’informazione avuta dalla donna, provvedere a legare in un
involucro, più scientificamente detto fagotto”, e a consegnare col becco a
domicilio o, con le cicogne più moderne, alla clinica fermo posta.
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OS
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La coppia vip
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Gli esemplari puri non sono sani e belli perché fanno sport, ma fanno sport
perché sono sani e belli.
La coppia esistenzialista
Per le strade deserte del centro storico, solo dopo mezzanotte, ma anche
nelle serate più tragiche nelle terrazze alternative della capitale, ecco fare la
sua apparizione un
Gli occhiali neri non vengono mai tolti dopo il tramonto, né per fare la
doccia, sempre molto calda o molto fredda, per sentire emozioni, né durante
le pratiche sessuali.
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Scarsissimi gli accessori sigarette, mai meno di quaranta e mai col filtro,
libri, carta musica e, nel modello più decadente, accessorio base quel vago
senso d’indefinito che ha nome Morte
L’attempato e U biondona
Scarsi gli accessori rughe ampie, efelidi alle mani, qualche pelo più lungo
che fuoriesce dal naso o dalle orecchie cespugliose e, nei modelli più osè, la
penna d’oro esibita nel taschino della giacca
Nel modello più muliebre, e ancora lei che gli da le pillole per la
circolazione, gli rimprovera le sigarette e, nei modelli più osè, gli ricorda
persino i compleanni dei figli Tutti optional msomma, che non hanno
veramente prezzo
La coppia crocieristi
più noto del porto, al “Cavallino” o al “Gambero rosso” che è è, basta che si
mangia bene, ecco fare la sua eccentrica comparsa un modello assai raro e
privilegiato studiato per l’estate, ma portato finché la stagione lo permette,
il modello la coppia crocieristi”.
Abitudinaria e silenziosa la c.c. esce dalla barca solo per rare apparizioni al
ristorante del porto d’attracco: al tavolo lui si porta sempre un po’ affettato,
calvo ma ricco, sceglie il pesce migliore che succhia e mangia sempre con
le mani, come i cafoni e come i lord.
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I domestici somali
Sovraccarichi di pacchi come i loro antenati muli, nei quartieri alti della
capitale, o in una fiera vociante di tele bianche, nei bar meno puliti zona
Stazione Termini, ecco fare la sua comparsa, sempre più numeroso, un
modello di recente importazione: la coppia domestici somali”.
Riccioletto e nerissimo del tipo fondente, il lui della coppia si porta un po’
silenzioso, l’abbigliamento occidentale controvoglia: giacca damascata
verdolino chiara, pantaloni velluto rigatino sempre un po’ troppo larghi e
comunque sempre del marito della padrona. Il lui della coppia domestici
somali si porta timido, l’occhio liquido, assente, lo sguardo perso, tipo: a
quest’ora nel Nepal è già notte.
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anni fa, sull’ampio deretano, scarpe di vernice nere, sempre slargate, senza
calze anche d’inverno, tipo giù da noi fa caldo, qui un po’ meno
È nella piccola folla ciarliere del giovedì pomeriggio che gli esemplari della
coppia D.S. sfoggiano la loro massima esuberanza gli uomini con gli
uomini, le donne con le donne, in un’orgia di saluti, scambi di fotografie e
bigiotteria pataccona d’importazione, misti a cianfrusaglie del tabaccaio
E questo uno dei modelli più sobn della nostra collezione, a dominare sono
qui i colori scuri, i grigi, i marroni, il nero e nei modelli più osè il collettino
di piquet bianco per la figlia
Scarsissimi gli accessori fazzolettino di merletto per la mamma e
quell’inconfondibile profumo di muffino
Gli esemplari della coppia non hanno vita autonoma, sono infatti quasi la
stessa persona vivente in due epoche diverse
Quello non lo vole, quell altro non gli piace, trova sempre un difetto a tutti
se continua così finisce zitella” questo quello che la madre racconta agli
altri nelle rare uscite da sola Chiusa nel suo dramma,
da quel giorno tanti ne sono passati e la zitella si porta ancora triste e senza
amiche
La vergine nera si aggrava sempre di più della quanto mai antica sindrome
da principe azzurro
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, guarda, non hai idea cara, di quanto sia
importante per me. L’acquisto del colle è stato una conditio sine qua non:
quando Glauco rilevò la villa a tre piani e l’appezzamento di terreno
circostante ho preteso che includesse il colle, lo adoro questa escrescenza
terriera, questa protuberanza della natura, anche perché tu, capisci, col colle
e la siepe che da tanta parte all’ultimo orizzonte il guardo esclude
finalmente un po’ di privacy, vero, vivaddio, finalmente una separazione
suolo pubblico e suolo privato, capisci, il mio suolo privato, lo trovo che
settembre sia la stagione ideale per il soggiorno in villa, fai conto verso il
tramonto, prima della cena fredda, sedendo e mirando interminati spazi di là
da quella siepe e sovrumani silenzi e profondissima quiete io nel pensier mi
fingo. Guarda, veramente stupendo!
L’universo Flora
Signo’”, com’annamo?
Ah, qui da me nun comannamo certo. Sto in piedi da stamattina alle sei,
lava, stende stira, pulisci, strofina, fatico che ancora nun era giorno, ma poi
avessi chiuso occhio stanotte, chissà che diavolo i’è preso a li dolori, se
vede che cambia il tempo. Epoiii… la mattina qui da me, alza quello,
chiama quell’altro, e quello lavolo, calzolo, vestolo, e prepara la merenda e
scalda il latte e il pranzo al mi’ marito pe’ porta’ via che fa il pendolare e
quello la cacca, e quello la piscia co’ licenza parlando, me scuse, sa’!
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uno dietro l’altro, due l’ho avute insieme, sempre dentro ‘ste mura, nun ce
la faccio più!
Alò, è finita la pace, ritornano li fiii da scola, guardate ‘sto disgraziato come
s’è conciaaatooo! Tutto il fiocco sporco a penzoloni, la cartella
squinternata; Massimilia’, viene su che te sistemo io;
Nun sia mai rinfacciato, i’ho portato du’ arance, una bella scatola de
biscotte, quelli da più... no che c’abbia bisogno, no, ma, come se dice, il
pensiero! Le magneranno, che ie pare.
No!”.
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Emilio, Rovero, alzateve su, lavatevi le mano, Antonella viene qua, viene
dalla mamma, viene che te fo le trecce/ cammina, obbedisci. Cirillo, sta’
attento che c’è l’acqua sul foco, si caschi a rifamo il bis, lo sai, sì? M’è
cascato pe’ giocà co’ quell’altri giù pe’ la strada, signora mia, uno spavento,
m’è rimasto senza fiato più di un quarto d’ora: quanto ha piaaaaaanto!!!
Fortuna venne su subito il dottore, tanto premuroso/ dice: Il bambino che
accusa?”.
E chi vole accusa’, dottore mio, so’ fiii, chi lo sa chi fatto casca’, si l’ha
spinto qualcuno, si è cascato da chi le guarda giù pe’ la strada?”
Insomma, come fu, se chiuse in camera con lui ‘na mezz’ora bona. Chi lo sa
che ie fece. Sentivo il fiio che striilaaava, dico me lo massacra”. Chiamai il
dottore dietro la-porta, nun solo nun me fece entra’, e sta’ ferma, Antone/
ma poi quante me ne disse: ignorante, che il dottore efa ) che faceva il suo
mestiere, insomma uscì fori il fiio che “‘ che era guarito. Ancora zoppica,
sì, c’ha un bozzo sul piede ma lui dice che sta bene, nun sente più niente,
mah!
Insomma, pe’ quelle du’ mosse se fece paga’ eccome-pure lo sa che qui da
me altro che miseria c’è e fame.Massimilià’, ce voi sta’ fermo co’ ‘sto
pallone? Te pare ora? mazzo, stamattina, obbedisce, lasele perde’ la tu’ &oì
Antonella, nun piagne’, ve’’ cara! Quintilio,
ve
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riempio de botte, ve faccio uscì il sangue stamattina io! Poi stasera quando
arriva il vostro babbo ce pensa lui.
Seee, ie frega parecchio, pe’ quattro soldi che porta a casa altro non fa, sto
‘briacone, delinquente, magnauffa, tiè, come ‘na coniglia me tratta, per
carità, se nun ce fossi io ‘n ‘sta casa e che? Trovi qualcuno che te da una
mano?
Che la fiia, come ie dico, brutta brutta brutta non è, no, solo che è...
esiggenta, me capisce come ie dico, e la su’ mamma è disperata perché
dice: Tanto giovane non semo più, quelle du’ sordarelle che ho risparmiato
tutta la vita li vorrebbe vede’ sistemati a modo”, me capisce?, pensa de
mori’ e de lascia’ la fiia sola, nun ce se po’ riconsola’, me capisce? Anche
perché la fiia brutta brutta nun sarebbe, no, solo che è, come ie dico,
esiggenta!
Attilio, te ce metti pure te, che stai sempre zitto, te sei svegliato a cinque
anni?! Levite da lì, movite! Mo quando viene il tu’ babbo…
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Ricomincia la scola
Allora, insomma, il fiio invece lo voio fa’ studia’ e ie voio fa’ capi’ co’
dolcezza che a scola se sta bene, se diverte e poi ha da esse’ bravo, il più
bravo sinnò l’ammazzo, voglio dire so’ sicura che riesce perché il fiio
stupido stupido nun è, anzi è svelto, è stato sempre svelto, ha parlato
prestissimo, no pe’ vantamme, nun aveva manco tre anni e già parlava, voio
dire, se vedono quando so’ fiii, all’asilo
Certo è molto vivace, c’ha tanta paura per questo perché magari li primi
tempi a sta’ fermo fermo sul banco il fiio nun ce sta. Che nun sta fermo un
minuto, che Dio lo benedica, me magna anche cinque volte al giorno, che
voio dire a tante famiie ie vengono quelle fiie patite, che magnano poco, che
stentano un pochino, graciline, de poco pasto, che tocca anche un po’ fatica’
per falle magna’, no: proprio qui da me che nun so come sfamallo, ‘sto fiio
sempre affamato!!!
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Tutte quante, anche quelle che non la conoscevano, sapevano che era
bellissima e ogni tanto qualcuno se presentava alla porta della capanna della
povera pastorella per chiediie la sua mano. Un giorno bussò alla porta della
capanna ‘nomo, né giovane né vecchio, né bello né brutto e disse alla
pastorella: Vieni, cara, te porto via con me, io sono molto ricco, ti farò
diventare una gran signora”.
Allora?”
Allora Antone’, non dorme ancora, cocca, mica c’ho tempo da perde’ con
te, sai, ‘nnamo, ubbidisce, cara!
Allora?”
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E allora, Antone’, accendo er gas se non dormi, sa’?, te voi decide’ o no?, e
annamo! Allora un giorno bussò alla porta un giovane bellissimo che diceva
d’esse’ un principe e voleva la mano della pastorella. Alla fiia nun ie parse
vero, scappò con lui ma s’accorse subito che il giovane l’aveva ingannata
perché si era trasformato con un sortilegio.
Sortilegio?”
Dorme, sì.
Che è sortilegio?”
Oh, a dir la verità ‘sto ragazzo era un mostro cattivo e peloso, che ie
menava sempre, la faceva lavora’ tutto il giorno e non la lasciava mai sola.
No, nun era cussi, te se’ sbajata, dimmela come l’altra volta!”
Oh, Antone’, che ne so?, e chi si ricorda com’era!? Si la sai già allora
dorme, no?, te meno, sa’?!
Che fai tutta sola nel bosco” ie disse la vecchia. So’ sola” ie rispose la
pastorella…”
Senti che piccature de fegato, che piede ghiacce che c’ho, so’ senza sangue,
e scaldime li piede, Tere’, che moio.
Fa’ piano, e fa’ piano co’ ‘sta zampa, proprio sul fegato te piazzi, tirite più
in là, spostite più in là, Tere’, che c’hai le rosicarelle, stasera? Sta’ fermo,
Tere’, via, che ce sente la fiia, lassame perde’, cammina, essere bono,
restate fermo, lassame perde’, sta’ bono e sta’ fermo!, davero te piiano le
bollore?, c’hai le bollore, Tere’, sta’ fermo che …
Alò, hai sentito disgraziato, grezzo che nun sei altro, hai svegliato
l’Antonella! E stacce’aattento, solo a una cosa pensi, porett’a me, stanca
come so’ la sera, come una coniia me tratta. Senti che piccature, altro che le
voie me se fanno co’ ‘ste dolore, lassame perde’ Tere’, sta’ fermo che so’
stanca, c’ho sonno, mica semo più giovane, Tere’. Nun me scopri’ cussi
(miacica e russa) cussìii… sta’ fermo Tere’... (miacica) ... ‘ermo… e sta’...
Tere’ che c’hai le callane … shhh… me fai male, Tere’, sta’ fermo oh! E
sta’ fermooo! (fortissimo) Alò!
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FLORA: Marce’... oh, Elvira, come stai? Ma chi sei? La Cleofe? Oh,
passami un po’ la tu’ mamma… dov’è? Sta a fa’ la puntura a la Velia?
Velia, ma sei teee? Ma chi parla? Massimilia’, sta’ fermo che la mamma sta
al telefono, sta’ bono, ve’ caro, che ce l’avanzi da oggi. Elvi’, so’ io, come
chi so’? Cleofe, che voi? Ma chi è? Rega’, passatime l’Elvira che c’ho da
parla’. Ah, sei te, Gualverio, me pareve la tu’ figlia… come stai? Ah, sei te,
Cleofe? C’hai il mal d’ossa? Piccola così già c’hai il mal d’ossa? Ah, il tu’
babbo ce l’ha. Ma la tu’ mamma me la passe sì o no che c’ho da parla’! Oh,
Elvi’, finalmente, ma dov’eri che ho parlato co’ tutte… Sta’ a senti’... ce voi
sta’ ferma sì o no? Mo te infilzo con le ferre da calza, sa’, se non te zitte un
momento! Non, nun sto a di’ a te, Elvi’, ce l’ho con l’Antonella, che nun
me da pace da stamattina e gira e pittala e cammina, e urla e piagne e strilla,
nun ce la faccio più. Antone’, t’ammazzo, eh? Pronto, Elvi’... ‘ndo’ sei
annata che nun sento più gnente, Elvi’? Elvi’ ‘ndo’ sei? So’ un diavolo,
sento parla’ ma mica so chi è. Elvi’, ah, sei te, Velia? Stai a fa’ la puntura?
Ah l’Elvira t’aveva lassato a metà pe’ risponne a me? E che ne so io? È
un’ora che la chiamo e abbi pazienza, Velia mia, mo te lo leverà’ l’ago, che
c’ho colpa io? Bisogna che tu te calme, che da quando c’hai ‘sto
esaurimento nervoso mica ce se ragiona più co’ te,
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saaa’! E calmite, cocca mia, e che sarà mai, mica more co’ l’ago ne le
chiappe! Passime un po’ l’Elvira, già che ce sei, va’, fo subito subito, i’ho
da chiede’ il nome de certe pilloline bianche che pijava lei pe’ digerì’,
piccole piccole piccole piccole, c’ho perso la scatola, nun me riesce de
ricordamme, me facevano tanto bene. Te nun lo sai, eh? E che ne so io,
potevi sapello, capace che le pijave pure tu, le piie tante de pastrocchie
mezza fracica come sei! Nun strilla’, Velia, eh che sei ‘sterica? !Elvi’, sei
te? Oh, Cleofe, passime un po’ l’Elvira.El-vi’... mo te tiro il telefono, eh?
Elvi’, nun ce l’ho co’ te, ce l’ho co’ Massimilìano. Starnine a senti’, te
ritelefono più tardi che mo ammazzo Massimiliano. Antone’, fa’ li cacca
che te gonfio, eh?
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Le tabellline
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FLORA: Seee, 18, Antone’, giocamo al Lotto… Cammina, studia, che
domenica sinnò nun te ce manno al ricreatorio da le monache, sa’!? 2per7,
come l’anne che c’hai te?”.
ANTONELLA: 7…”.
FLORA: Come l’anne che c’hai te per due, Antone’, rispon-ne bene che te
scortico, sa’! Nun cominciamo a nun studia’ in seconda, Antone’, che si
porti la pagella brutta lo sai il tu’ babbo che te fa, sì, lo sai, sì?”.
FLORA: Alò, lo senti che roba, ragazze mie, anche le fiie lo capiscono de
quant’è infame, disgraziato, magnauffa amorfo, tiè. Altro che educazione a
‘ste creature, qiiann’ha magnato, bevuto, ha ruttato davanti a la televisione,
uh, porett’a me, co’ licenza parlando coome ‘na cuniia me tratta, appena me
tocca me mette incinta. Anche a la Madonna de Fatima so’ annata a chiede’
la grazia de nun famme partorì’. Seee! I’ho detto al dottore, mi dia una
qualche cosa per nun fa’ più le fiie, ma dice che la mutua le pasticche nun le
passa, porett’a me sciuprinata, solo che il miracolo ce vole! Antonella,
ripassa le tabelline che te gonfio, sa’!”.
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Signo’, ce risemo. Era un po’ de tempo che nun la vedevo, come mai? Ah!
È stata all’ospedale, nun lo sapevo, me dispiace tanto e come mai che nun
ho saputo niente? Quanto m’arrabbio quanno nun so niente de la gente!
Avesse saputo venivo a trovalla; du’ arance, du’ pacche de biscotte, un
presente; mica che lei c’ha bisogno, per carità, come se dice conta il
pensiero.
Accidenti al male, nun se campa mai tranquilli, c’ho ‘1 mi’ marito Terenzio
co’ un’ulciola gravissima anche lui, ce dovrebbe sta’ attento, seee!!! Per
carità, magna tutto e tanto, che me fa quasi schifo, quanto magna, signora
mia!!!
E nun dovrebbe magna’ niente, c’ha ‘na colica dietro l’altra e magna le f
aciole, le peperone, che io, porett’a me, nun le digerisco manco a guardalle;
me se rinfacciono già quanno le compro al mercato. L’ho fatte l’altro
giorno; l’avrò magnate… quanto saranno state? Due due, uhh!!! Dio ce
scampe e libere, certe piccature de fegato che nun potevo manco respira’.
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Il catechismo
dico io nun vale, eh! Hai da studia’, che sinnò Dio anche
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FLORA: Antone’, piantala co’ ‘sta lagna, te ce mette te oggi che nun c’è
Massimiliano, cocca?!”.
ANTONELLA: Nun lo metto e nun lo metto!”.
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C’era una volta ‘na bambina tanto piccina e tanto dolce, ma tanto dolce che
parlava co’ tutte le bestie del bosco, parlava con l’uccelli che ie
raccontavano come se sta su pe’ le nuvole, parlava con li scoiattoli che ie
regalavano tutte le noci che rubavano dall’alberi, poi parlava coi cerbiatti
che ie riscaldavano le manine fredde d’inverno, parlava col gatto selvatico
che quando stava con lei diventava domestico e faceva le fusa.
Oh, un giorno la bambina incontrò un lupo nero, secco secco e affamato che
appena la vide tanto piccina, tanto dolce com’era, aprì subito la bocca con
tutte le denti che c’aveva e la guardò con l’occhi ‘nguastite per sbranalla.
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Nun me doveva lassa’ cussi, poro Terenzio, nun me doveva lassa’ cussi
giovane… uh!
Troppo presto, te ne sei annato, potevi aspetta’ ‘n’altro po’. Perché te ne sei
annato, perché? Porett’a me, Mo chi ce pensa a me sola co’ tutte ‘ste
creature… (continuando nel dormiveglia) Terenzio mio, lassatime sta’,
voiosta’ di fianco a lui fino che diventa freddo, m’ha voluto tanto bene, nun
m’ha fatto manca’ mai niente, tanto bono è stato…! Poretto! Dio l’abbia in
pace, ie perdone almeno le peccate che ha fatto, tante, tante, che quello
lassù c’ha d’ave’ tanta misericordia per tutte le ‘briacature che s’è preso!
Tanto bono porello quanno nun beveva. L’ultime tempe beveva sempre,
anche parecchie sottone m’ha allungato quanno ritornava a casa, nun
i’annava mai bene niente, ‘sto disgraziato, mascalzone, magnauffa,
traditore, tiè, uh!, po-rett’a me, manco s’è freddato. Terenzio mio… Tere’,
Tere’, rìsponnime Tere’, nun me risponne più.
Nun me doveva lassa’ cussi, nun me doveva lassa’, nun me doveva… sente
che bollore de corpo, da ieri che nun me sdigiuno pe’ sta’ vicino a te e
quanno ce sei stato co’
me tutto ‘sto tempo, Tere’, quanno? ‘Ndo’ sei, Tere’, dove sei annato, pora
disgraziata io! Nun me doveve lassa’ cussi, min me doveve la… ssa’... cu…
sì... (russa).
Uh, porett’a me, Terenzio, ho sognato ch’ere morto. Dio ce scampe e libere,
ma tutte! Tere’, ma che ho parlato? M’hai sentito, ch’ho detto, Tere’? Tere’,
seee!!! E chi t’ammazza a te?, chi te porta via? Sente come russa!!!
Tere’, te voi alza’ che so’ le cinque?! Sente che freddo stamattina!!! C’ho
certe piede ghiacce’.!1.” (russo prolungato e soffuso). Sta’ fermo, Tere’, e
sta’ fermo, Tere’.... Lassime perde’ che c’ho sonno! (paziente) Sta’ bono,
Tere’, che nun c’ho voia, e po’ ce so’ le fie , ce sentono; sta’ fèèèrrmmooo,
Tereee’ (come cedendo), se’ bono, via… lassime sta’... (russic-chiando)
mmmhh… (fortissimo) e sta’ fermooooo’.’.!
Oh ma’!!!”
Dorme, Antone’, ch’apro il gasss, ehh!!! Movite, Tere’, ha’ visto che hai
fatto sveglia’ la fia ?! Cammina, alzite, che perde il treno. Alzite su, vestite:
la canottiera de lana è su la sedia. Cambia le calze che puzzono. E nun
fuma’ appena te sveje, disgraziato assassino che c’appeste tutte quante
(fortissimo) e che fumeee!’.’. (russicchìa).
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1 grandi eventi
Io voiodi’ che Capodanno non solo è la festa che se paga di più perché
cominciamo a paga’ da Natale per compra’ le dolce e le regale e le fiore e li
torroni e poi il panettone pe’ la maestra e la champagna pe’ li vigili e le
caramelle pel brefotrofio e l’offerte pe’ lo ‘spizio de le vecchie che quelle,
nun sia mai!, te lo rinfacciano, nun se pò fa’ a meno.
Le fiie stanno tutte bene, sì? Quanto m’hanno fatto arrabbia’ le mieee!!!,
specie l’Antonella co’ Massimiliano: du’ demoni scatenati, quanno stanno
insieme e chi le ferma!
L’Antonella no, sarebbe più calma, quann’è da sola, tanto caruccia, posata,
taciturna, ma quanno stanno co’ quell’altro, porett’a me sciuprinata!
Nun c’è stato verso a quella spazzina de faie di’ la poesia de Natale. Ogni
volta che cominciava ie pijava a ride’, c’evono una mzzarella co’ quell’altro
disgraziato, niente, ho detto manco ce voioperde’ più tempo.
Già quest’anno il presepio nun l’ho fatto; giusto ‘na capannina col
bambinello, la Madonna co’ ‘1 su’ marito, giusto per devozione, manco il
bue, che V Antonella l’ha mezzo sbudellato l’anno scorso; l’asinello l’ha
preso Massimiliano per mettelo nel fortino, che dice ie mancavano
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L’albero, arrabbiele, che so’ care quest’anno! Alle fiie ie l’ho detto: Rega’,
quest’anno o famo l’albero o famo le regale. E chi ce l’ha le sorde per
compra’ le pine?”.
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La notte di Natale
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Dimmelo!”
Allora, l’ho incontrata tutta risollevata, sì, beh, Madonna mia, che c’entra,
tutto quell’entusiasmo nun c’è più; che vole, signora, giovane nun è più, la
salute sì, ringraziando Dio, quella c’è, tranne che il su’ marito, diciamo
così, de seconde nozze soffre già’ un po’ con l’apostrota, l’apostola,
l’apostrata, come diavolo se chiama, sì, comunque tanto caruccia, dice: Zi’”
me dice zia da quando era piccola, ma mica semo niente, per carità’,
dicceee: Me farebbe tanto piacere che venissi in chiesa a la cerimonia, me
sete stata tanto vicina quando ho perso il mi’ Alfio”... e via eccetera
discorrendo voi sapete la mi’ storia, ora finalmente me pare tutto sistemato
come fossi tornata indietro de vent’anni!”.
Per via che cost’omo che sposa mo, lei, in gioventù, lo dico a lei perché so
che è ‘na tomba, la conosco, lei è come me per i segreti, discreta, fidata,
come morta!
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perché l’aveva messa incinta, pensi lei, signora mia, che umiliazione!
Insomma, come fu come non fu, dopo quattro cinque anni trovò quest’altro,
molto più vecchio de lei che la prese su lei co’ tutto il fiio, e devo di’ la
verità’, Dio l’abbia in pace, i’ha voluto bene, sì, come e più che fosse il suo,
anche se non l’ha mai voluto riconosce’, me capisce come ie dico, nun
gn’ha mai voluto da’ il nome.
Lei l’ha custodito sino alla fine, che è morto d’un malaccio, Dio ce scampi e
libere a tutte! L’ultime giorne che calvario che era!
Ora però che, voiodire, la vedovanza è passata, Madonna mia, la Delma rva
smesso il lutto che so’ du’ anni, e l’ha portato quasi tre!
Allora, dicceee che lui s’è tanto pentito, tanto veramente, è stato da li frati a
fasse da’ il perdono perché dice che i’era presa come un’indemonianza. Lui,
in quel periodo, nun capiva più gnente, nun era lui, era il diavolo che ie
faceva fa’ tutte quelle stranezze e gran porcherie, dimo la verità.
Figuramoce la Delma, poretta , dopo tutto quello ch’ha passato, nun i’è
parso vero. Dice: Do un nome a ‘1 mi’ fiio , aiuto un omo a ridimise”
proprio * ridimise, signora mia, perché lui pare proprio un altro, tanto
caruccio, de quel mascalzone che era, assassino, traditore, magnauffa, tiè, è
diventato un ometto tanto a modo, pulito e insomma, Dio li benedica, ce
voioproprio anna’ a ‘sta cerimonia.
Lei m’ha detto che fa una cosa semplice semplice, ma ora, come ie voiodi’,
essendo anche de seconde nozze, capace che poi alla fine ie regalo una cosa
che c’ha già, me capisce?
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Carnevale
Settimio, fa’ il compito, ve’ caro! Silvio, leva le mani dal naso, Antonella, e
non piagne’ sempre;
FLORA: Nun me fa’ arrabia’, nun te le compro che costano troppo, da’
retta alla mamma, mettite bona bona col tu’ fratello, piglia “Famiglia
cristiana”, strappa le foglie e le fai piccole piccole piccole piccole piccole
piccole come le coriandole, vedrai, carucce, tutte colorate. Te diverti
un’oretta, nun te cava’ l’occhie co’ le forbici, ve’ cara, vieni, obbedisci alla
mamma”.
FLORA: So’ uguale quelle compre, che te pare che nun so’
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fatte, de giornale? Nun l’hai viste! Falle da sola che so’ uguale”.
FLORA: Sì, per la coppa, cocca mia, nun me fa’ arrabia’, mettete giù a fa’
le coriandole, così nun te sento per un po’, ve’ cara. Obbedisci, Antone’,
che si sei bona la mamma te ritaglia la stella d’argento, così famo la
bacchetta magica: te vesti da fata”.
ANTONELLA: No”.
FLORA: Rega’, nun ve sta bene niente, nun me fate arrabia’, sinnò nun ve
fo’ le castagnole. Quanto so’ bone, bone so’ bone, ma so’ pesanti, come le
magno anche due due… si vede che quell’olio che ce friggono me fa acidità
nella pancia, me gonfio, me gonfio che me pare de scoppia’, certe piccature
de fegato, porett’a me, anche le castagnole, so’ un’altra cosa tanto bona che
me se rinfaccia, una boccaccia cattiva che nun se sa. Chissà’ ‘ndo’ l’ho
messe quelle pilloline piccole piccole piccole piccole, che manco pareva de
magnarle, me facevano tanto bene! Massi-milia’, vamme a compra’ la
magnesia, va’”.
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La portai da la Rossa, quella che sta giù vicino alla ferrovia, che leva il
malocchio tanto bene e, difatti, come vide la ciocca de le capelle che
i’avevo portato de la mi’ mamma, le guardò e me disse: Sì, signora, c’ha un
malocchio fortissimo, che ie hanno fatto le gente invidiose perché ha
comprato la casa dove abita”. E difatte, Elvira mia, la mi’ mamma aveva
finito de paga’ la casa quando s’ammalò. Dice la Rossa: Farò de tutto, ma
certo che è gravissima”.
Me parve che migliorò lì per lì, ma poi se riaggravò, Elvira mia. Allora me
raccommandai tanto a la Madonna de Fatima, perché solo che un miracolo
la poteva salva’, giovane ancora che c’aveva manco sessantanni, e fece pure
il fioretto de nun magna’ le peperone pe’ tutto l’anno, che so’ tanto golosa!
Me piacciono che nun se sa, anche se me
fanno male che nun le digerisco pure che le magno due, ‘na boccaccia
cattiva che nun se sa, Elvira mia, ma me piacciono che me mandano al
gojo… E difatti dal prete, dopo qualche anno, me feci scioglie dal voto
perché proprio nun resistevo più, anche perché ormai la Madonna la grazia
me l’aveva fatta.
Allora nun sia mai rinfacciato; dopo dieci anni semo partite io, il mi’ marito
e le creature tutte, undici o dodici quante ce n’ho, co’ l’autobus de le
pellegrinagge, uuh!
Po’ sta’ a senti’: è entrato uno mezzo fracico gravissimo, poretto, che
faceva impressione, Elvira mia! Oh, nun l’ha miracolato, la Madonna? Oh,
l’hanno visto che s’alzava e camminava, che urie la su’ mamma, il su’
babbo, che dopo lui per l’emozione è morto subito, dice che il core nun ha
retto de la grande emozione, de la contentezza, me capisci, che dice che era
debole, però ha’ visto, Elvi’, io ce credo: la Madonna, le miracole le fa e le
fa.
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Tanto carucci tutte e due: lui lungo lungo e secco, co’ la giacca doppio petto
blue, e le calzone grige, tanto elegante, nonostante che ancora nun lavora…
L’Imolaaaa!!! Co’ le capelle tutte acconciate, tanto carucce, ha’ visto che lei
sembra sempre un po’... un omo de faccia, che c’ha quelle lineamente…
invece era tanto caruccia, più donna, diciamo, col vestito bianco, de chiffon,
un
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amore. A pensa’ co’ quella mamma grossa grossa che c’ha, orrenda proprio.
Mo, grossa è grossa pure limola, che c’entra, perché sta incinta de sette
mesi che difatti se so’ dovute sposa’ pe’ forza, de corsa, però, Cleofe mia,
te voiodi’, ne la su’ semplicità, ne la su’ povertà, tanto caruccia, tanto
brava.
amo fatto un bel pranzo al ristorante, quello proprio sotto la ferrovia, tanto
bono; diciamo più che un pranzo, un rinfresco all’impiedi, moderno, che io
c’evo le scarpe strette, Cleofe mia, le patimente! A momenti crepo, difatti
so’ andata via presto, capirai, un po’ tutte le fiie dentro casa sole co’ ‘1 mi’
marito, pensavo chissà che diavolo face-vono, po’ insomma s’erono fatte le
due passate, la gran fame che me s’era sviluppata co’ ‘sto rinfresco, tanto
bono ne’ la su’ semplicità, tutto bellissimo, insomma noi semo annate via,
po’ le spose carucce so’ partite. No, non pe’ ‘1 viaggio de nozze che nun lo
facevono; so’ annate tutte e due al mare, hanno affittato una macchina lunga
de lusso, vedesse, Cle’, altro che la 126, e so’ annate al mare a fa’ le
fotografie a colore, sì quelle da più. Insomma, Cle’, ne la su’ semplicità,
tanto carucce!!!
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Cleofe, oh Cle’, se’ teee? Ah, me pareve il tu’ marito, come stae? E il tu’
fiio ? Come sei te? Ma chi parla? Ahhh, sei Luciano? Lucia’, che te possine
magna’ le verme, me pareve la tu’ mamma: passime un po’ la Cleofe!
So’ tanto contenta che so’ stata a Pumpei, Cleofe mia, me so’ levata ‘sto
pensiero, da tanto che ce volevo anna’ pe’ chiede’ la grazia de nun famme
partorì’ più co’ ‘ste undici creature che c’ho, o dodici, quante ce l’ho.
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È ‘rivato uno, uno o una, manco se poteva capi’, poro sciuprinato, dal
mostro che era, co’ licenza parlando, storpio, mezzo tonto, su la carrozzella,
le genitore che la spin-gevono, pregavono, piangevono. Dicceee:
Madonnina mia, l’avemo provate tutte, anche le stroliche, facce ‘sta grazia,
de capi’ almeno si è un maschio o ‘na femmina, guaritelo!”.
Ohhh!!! All’improvviso il figlio – che emo visto che era maschio – s’è
alzato su da solo, bellissimo, normale, Cleofe mia, tutto sorridente, co’ ‘na
gran luce nell’occhie, proprio come un santo! E allora se rivolse a le
genitore – dopo tante anne che era tonto, peensaaa… – dicceee: Perché
piagne, mamma? E tu babbo che fai, piagne?”.
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La favola de Serenella
Un giorno che era tanto freddo e nevicava se fece incontro a ‘sta fia ‘na
vecchina piccola piccola, tutta coperta da uno scialle nero: Che piagne?” ie
disse la vecchia. So’ tanto povera” ie rispose ‘sta fiia, non so come trovare
il pane per la mi’ mamma e i miei sette fratellini.”
Antone’, uno era morto de fame, dorme! Allora la vecchia ie disse: Io non
te posso dare dei soldi però ti farò un regalo ben più grande. Te fo un
incantesimo che trasformerà le tue lacrime in perle preziose, così ogni volta
che piagnerai diventerai più ricca”. La fia lì per lì non ci credette
Corse subito dalla su’ mamma, ie raccontò tutto e così fece una gran festa
co’ tutte quante. Mo de quanto era felice, alla fia non ie veniva più da
piagne’ e per quante sforze faceva nun ce riusciva e nun ce riusciva. La su’
mamma, disperata, provò de tutto, affamata coni’era, la bastonava ogni
giorno, la lasciò a dormi’ sola nel bosco, ie tagliò ‘na mano, niente, la fia
non piagneva perché lo capiva che la su’ mamma lo faceva pe’ finta, solo
pe’ falla piagne’, no perché ie voleva male, no. E così da quel giorno la
bimba che piagneva sempre non pianse mai più, manco una lacrima e così
l’incantesimo non si potette avvera’ mai più; e la gente che la conoscevano
la chiamavano Serenella. Ahò, quanno se nasce poveri, regazzi mie, solo
che il diavolo ce può mette’ mano, lo senti che rob-ba… dormi, Antone’,
sinnò te riviene fame, ve’ cara, obbedisci sinnò te meno e lo sai che quando
te meno te scortico, lo sai, eh?!
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Po’ a casa prepare un misto de odore: perzemolo, aio, cipolla, quello che
c’hai;
che quello che te manca poi lo chiede a la Delma lì vicino e che è possibile
che nun te lo da?!,
tanto caruccia!!! Po’ ce mette parecchia mollica de pane, zuppata nel latte
caldo, che quella fa volume, po’ gonfia, capisci?, sazia tanto.
Ohhh, po’ un ovo tutto sbattuto bene, c’aggiunge po’ po’ de cacio, le
grassette del prosciutto, de mortadella, quello che c’hae, a pezzette piccole
piccole piccole piccole piccole; così anche si il tu’ marito ce le trova dentro
e te dicceee
Poi quanno c’hai tutto ‘sto malloppo, ce fai ‘na sessantina de belle palle, col
pane grattato, grattuge le croste de pane duro che c’hai;
le mette a coce, ma lento lento lento lento lento, che ‘na volta l’ho fatte la
mattina, era ora de cena ancora cocevono, il mi’ marito dicceee: Nun se
magna?”, Oh, preparite da teee’.!!”.
Po’ mano mano ch’asciugono il sugo, c’aggiungi po’ po’ d’acqua, nun le
fa’ crepa’ che si te se spappolono te se sbudella tutta la ciccia là pe’ la
padella, hai chiuso.
Po’ ce mette vicino du’ faciole, che anche quelle gonfio-nò, con quelle
risolve; oh, sinnò io ce fo anche du’ peperone, non tanto per me, in quanto
come te voio di’, piace’ me piaciono tanto, ma me se rinfacciono pe’ ‘na
settimana, anche che le magno due, porett’a me, ‘na boccaccia cattiva che
‘nse sa. Arrivederce adesso.
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FLORA: Uh, porett’a me, che stolzolll Chi è la sora Veniè-ra? Tanto
caruccia!!! Grazie tanto del disturbo, s’è incomodata per me. Alò so’
diventata famosa!”.
più giù de qui no! Me disse: diceeeeee… senza li baci li fii nun vengono;
dice: sta’ tranquilla che nun senti niente!!! E difatti senti’ nun sentii niente!
Ah! Peccato nun era, sora Venièra mia…
nun sia mai rinfacciato, me confessai il giorno dopo col prete Don… il
babbo de Don Mazzi, tanto caruccio… co’ sta faccetta da cacio pecorino
che c’ha! Pare ‘na caciotta! Ie disse me benedica padre misericordioso tanto
caruccio ma nun è colpa mia… è de quel disgraziato… assassino…
sporcaccione…
Me rispose dice… tre Pater, Ave e Gloria, perdonalo figliola, l’omo è omo,
io lo comprendo! E difatti quella ragazza che metteva a posto li fiori
sull’altare ie somiiava parecchio. Che era la su’ fia non s’era sicuri, però
nessuno la volle sposa’!”.
FLORA: No, nun la voio legge’ la lettera de quel magnauffa che il diavolo
lo fulmini do’ se trova, me scuse eh!!! So’ tanto sfiduciata dell’omini, tante
dispiacere ho avuto… Sola, orfana, abbandonata… me piò su un omo
vedovo, tanto garbato… brutto!!! bruttooo… un tipo come il maestro
Mazza, faccia conto! Caruccio!!! Me voleva tanto bene… come ‘na regina
me trattava!!! Io manco il corredo c’avevo, me sposai co’ le mutande de la
su moie. (Se vede che lei s’offese! o nun sarà stato quello! Chi lo sa!) Me
morì la sera stessa, dice che lei lo chiamava… l’ultime parole so’ state:
“Ora torno da te, cara, levite le mutande Flora perché le rivole”. Alò nun la
voio legge’ la lettera, nun la voio legge’”.
“Io non ricordavo più nulla del passato prima che ‘Carramba’ mi scovasse e
mi dicesse di te.” (Alò ‘sto disgraziato assassino, sporcaccione, parassito
tie’!) “Qui lavoriamo e basta, le notti sono tanto lunghe, non
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ci sono donne. Per fortuna ho tanti amici, in particolare uno, Luca, che te
mando la foto, te piace? Ti ha visto a la televisione, un po’ male, perché qui
fa tutte quelle fre-goline, quelle puntine e ogni tanto bisogna daie li cazzotti
sinnò se vedono li marocchini che pregano!” (ma che me frega a me!!!)
FLORA: Ecché vole, cocca mia, me scrisse ch’era Natale, Gesù Giuseppe e
Maria salvate l’anima mia… me disse: viene su te e quali’altro… sì
insomma ‘sto Luca e amo fatto il cenone io, Cirillo co’ lo su’ fidanza… e
co’ l’amico suo! Ma alò, vecchia così, me tocca supera’ pure lì tabù! Però
tanto caruccio, sì... un po’ co’ l’orecchino… ‘na faccetta tanto gentile co’ le
capelle… anche le mosse, diciamo, se vede, ma però co’ li pantaloni,
normale, non è che… senza rossetto, caruccio. Me regalò ‘sta collana, dice
“tieni, senza offesa, me l’ha data Cirillo, ma io l’ho portata tanto e poi sta
meio a te” e difatti a lui lo sbatteva come colore, tanto caruccio… in cucina
m’ha aiutato, svelto!”.
MARA: E che cosa ha preparato per il cenone di fine anno? Ci dica un po’”.
comparisce tanto, ‘na panza, però sazia! Poi ce triti il prezzemolino fino
fino fino che alla fine Cirillo dice: ma il prezzemolino non ce l’hai messo?”.
Sta’ zitto, magna! ‘Na spruzzatina de vino, una ciufeca da poco… poi lo
mette a coce’ a foco lento lento lento lento… ce lo mise verso le tre del
pomeriggio, l’ho magnato nel ‘97 dopo le panettone! Ce semo tanto
divertiti, settecento panettoni, ‘na ventina de torroni, amo
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fatto le tre de notte, ma nun ero stata sveglia mai fino alle tre tranne quando
è morto il mio primo marito, tanto caruccio, la prima notte del matrimonio.
L’ho curato tutta la notte… bello bello era diventato da morto che manco la
dentiera i’amo messo!
Per fortuna l’ho tenuta da parte, che 7 o 8 anni dopo l’amo passata al su’
fratello, tanto caruccio, che c’aveva la gengivite espansiva, poretto! Ie stava
un po’ grossa ch’ogni tanto ie cascava giù mentre parlava, ma lui c’annava
tanto fiero, diceva: “è del mi’ fratello e poi c’ha dei denti d’oro, quelli da de
più!!!”. Me capisce come ie dico, sora Venièra, nun me faccia parla’ più che
sinnò qui famo Quaresima.
Arrivederce, adesso! Alla prossima puntata, come dite voialtri! Uh, porett’a
me, so’ diventata conduttrice! Alò!!!”.
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Le piccature de l’ovaie
Elvi’, come te sente? Uhhh, io c’ho certe piccature nell’ovaie! Porett’a me,
me pare d’esse’ ritornata giovane, magari!!!
Insomma, o de riffe o de raffe, me fece spoia’ tutta nuda, porett’a me, ‘na
vergogna! Me visitò tutta tutta tutta. M’ha visitato il petto, certe strizzate
porett’a me, e che strizze che me fai male? Insomma dice: Come fisico,
diciamo, come de bozze de cose che se sentono nun c’ha niente,
ringraziando Dìo”. Poi me dice: Quale so’ le su’ zone ‘roggene, ergene,
eriggene?”; ie dico: lo so’ de origine umbra perché le zone c’hanno a che
fa’ co’ le dolore?”.
Insomma, tanto caruccio e premuroso, me fece tute ‘ste domande, sì! Po’
dicceee: Le fa le lavore pesante?”.
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Eh, cocco mio, sgobbo più de ‘na somara, altro che la-vore pesante!”
Dicceee: ... c’ha rapporte co’ ‘1 su’ marito… una volta la settimana, due,
tutte le giorne, come se sente?”.
Io ‘na vergogna, Elvira mia, me fece tutta rossa, che dovette fa’ finta
d’avecce ‘na caldana co’ li sudori.
Che ie devo di’, dottore mio, il mi’ marito, quann’ha mangiato e bevuto, ha
ruttato davanti a la tivù, solo ch’a una cosa pensa, porett’a me, come ‘na
cunijia me tratta.
Oh, ancora ie se fanno le voie! Che de salute è de salute, voio di’, ancora si
lo vede, sì ch’omone che è forte de reni e de tutto, diciamo, uh porett’a me,
che me fa di’.
Insomma, come fu come non fu, Elvira mia, m’ha detto il ginnilocoloco,
dicceee: Queste dolore che sente so’ le sintome de la… pausa, la mmpausa,
insomma, so’ le dolore de li cinquanta anni passati”.
Fosse vero, ch’ogni anno fo un fiio, chissà che se me potesse ferma’ a
undici o dodici fii che c’ho, porett’a me, manco so quante ce n’ho.
Arrivederce adesso.
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Flora e la televisione
FLORA: Sììì, lo so che questo è il gioco del giallo: li facioli l’avete finiti.
Senta, sora Raffae’, il mi’ marito dice giallo urina, co’ licenza parlando, ma
io i’hò detto ma che se’ scemo? Te pare che a la televisione fanno le gioche
col pi… co’ quella cosa lì...?”.
FLORA: Ohhhh, ie lo dicevo al mi’ marito che nun era giallo urina”.
FLORA: Du’ minute sole, e che sarà mai?, ie faccio saluta’ da li mi’ fiii”.
FLORA: Ma se ancora nun j’ho detto che giallo? M’aiute un tantino, sora
Raffaè, c’ho undici o dodici creature, pe’ ‘na volta ch’ho preso la linea,
c’ho il pus a forza de prova’”.
FLORA: Aspetti, aspetti che Paolo ha finito de fa’ la cacca; la faccio saluta’
anche da lui”.
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91
92
OJ
13
OJ
E
O” io
Coppia fedelissimi
Nei reparti merceria dei grandi magazzini settimana del bianco 50% di
sconto sulla biancheria, o all’uscita della chiesa: sveglia presto la domenica
per la messa delle 8, ecco in passerella un modello assai portato anche
quest’anno nonostante il Sessantotto: la coppia fedelissimi”.
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non alzano mai la voce, nessuno dei due vuole avere l’ultima parola,
casomai meglio non parlare per niente. Ma è soprattutto in casa lontano da
tutti dove tale modello sfoggia al massimo il suo esclusivo senso del dovere
e della devozione reciproca. Qui ognuno indossa perfettamente i suoi ruoli:
donna di casa precisina-taciturna lei, marito tanto rispettoso-servizievole
lui. Da quanto sono riservati non si sono mai visti nudi neanche quando
fanno le cosette loro: una volta al mese naturalmente.
La bella e la bestia
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La mamma alternativa
A passeggio per le vie del centro con carrozzini cesta di vimini, o nei
negozi Prena-tal vesti il figlio con le grandi firme, tipo: il bambino o lo vizi
subito o non lo vizi più, ecco fare la sua grande apparizione il modello
all’ultima moda, della mamma alternativa”. Particolarmente vistoso tale
modello, soprattutto se portato col pancione, si differenzia moltissimo da
tutti gli
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altri pre-maman. La mamma alternativa infatti non aspetta mai un” figlio,
ma aspetta il” figlio; dopo, non ne farà mai più.
Negli spazio-giardino due per due, ma anche nei garage con posto
macchina, ecco spuntare il modello classico e staka-novista de la coppia
fatelo da voi”. Qui è la tuta che impazza: quella classica, sportiva,
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più indicata per il bricolage con l’aggravante della panza; oppure la vecchia
mise: calzonacci di velluto e maglione infeltrito, recuperato al fatelo da voi
del bucato della moglie. La scarpa di gomma, sempre nei modelli più
alternativi, lo zoccolo bianco coi forellini, chiuso davanti con la zeppa, tipo
sono virile anche coi tacchi”. Mai come in questo modello è l’uomo che
conduce, la donna segue penosamente a rimorchio: nell’abbigliamento, per
esempio, dove indossa improbabili rivestimenti tipo ho avuto una colica
devo stare calda”; la tuta sportiva, ma più spesso sono i grembiulini
colorati, il calzino del marito, su ciabatta, la fascia nei capelli, a fare della
donna una vera lady della coppia FDV. Una lady collaboratrice dunque; sia
che fornisca
La coppia del fatelo da voi dunque, si porta piuttosto casalinga: guai uscire
e rischiare di perdere il possibile guasto; ama
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nel reparto cosmetici alla ricerca della matita perduta, del fard stucco n. 9”,
ma soprattutto dei rossetti più rossi e meno cari da comprare uguali,
naturalmente.
La vedova allegra
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Chi ce viene, poretta a noi, dopo de lui, sciuprinati noi. Lui è folgorante in
solio vide il mio genio e tacque… e chi chiacchiera, signora mia, discreta
come una tomba, so’ taciturna, non me piace de parla’ per niente, per
niente, per niente. Quando con vece assidua cadde, che spavento, dottore
mìo, tanto male se fece, risorse e giacque, secco ‘n’altra volta, Dio l’abbia
in pace, signora mia, di mille voci, al solito mista, con la panna se non le
dispiace, la sua non ha. Vergine (fino al matrimonio, signora mia, altro che
adesso ‘ste spazzine poco pulite’.) di servo encomio e di codardo oltraggio,
‘sti disgraziati, sorge or commosso al subito… e mo vengo!, sparir di tanto
raggio: se n’è ito via pure ‘I sole, signora mia, voio ritira’ li panni! E
scioglie all’urna un cantico che forse non morrà. Che ie dico, signora mia, li
medici so’ tanto preoccupati, dice che c’ha la protesi riservata,
riservatissima anche lei, anche la protesi, sì, dice che pò campa’ come ce pò
rimane’, che il colpo l’ha avuto forte tanto, poretto! Dall’Alpi alle Piramidi,
signora mia, da forano, da Velletri, da Baschi, da tutti li posti, dal Man-
zanarre al Reno di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno. Che ne so
che vole di’, scoppiò da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mare, era peggio
del diavolo, signora mia. Fu vera gloria? Signo’, ai postumi l’ardua
sentenza.
Per la rubrica Dieta è bello, vi proponiamo 4 incontri della serie Che fai,
mangi? Ricordate: dietro la dieta il didietro crepa.
Il cannolo siciliano
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Il tartufo al cioccolato
Ecco, il cioccolato si spande senza argini, sopra, sotto, ai lati della lingua,
tre e quattro piccole inondazioni di saliva traboccano ai lati della bocca e
con una leggera sorsatina aspiriamone una lacrima che trabocca.
D’un colpo secco con l’ultimo spasimo della lingua inghiottiamo il boccone
e con un fiotto finale di piacere godiamo…
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Ecco: vista-presa, 3 e 4.
La contieni nel palmo della mano: bianca e nera, tonda, tanta, tua.
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Ti mancano i carboidrati, amica cara, ti mancano tanto; hai fatto una teglia
di cannelloni, ne hai fatti trentasei, perché sei sola a mangiarli.
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no
(silenzio)
MIMMA: Sì”.
MIMMA: Oggi non riuscivo ad apri’ la valvola del gas che siccome la sera
io metto la caffettiera sul foco…”.
AMALIA: Basta così, mia carissima Mimma; dalla tua voce sento che
anche tu sei un’ipersensibile e sei anche molto tìmida; c’ho azzeccato?
Confermami se sbaglio”.
(silenzio)
AMALIA: Beh, ho mischiato le carte e alzo per te, Mimma: ecco la torre,
l’appeso, il diavolo, la morte. E ho detto
AMALIA: Sarebbe a dire, cara Mimma, che ci sono delle cose che ti tirano
male. C’è male e morte. Non lo so se vuoi venire al mio studio, domani o
quando hai tempo (ma presto, Mimma!), rifacciamo le carte e vediamo un
po’ se è un caso o se sei proprio sfigata e non c’è niente da fare; va bene,
Mimma? Puoi telefonare, ecco, vieni tu così proprio de viso, Mimma mia,
possiamo parlare meglio. Ciao fracico’ e passiamo alle altre telefonate, che
c’ho il centralino intasato; ma ecco un’altra amica che ha acchiappato la
linea, parla, cara amica, parla”.
AMALIA: Eh, no, fracicone, mi sono informata, Mario mio, questa non ti si
fila e non ti si rifilerà mai, comunque mischio di nuovo tanto per vedere se
le carte della scorsa settimana sono state un caso o se sei proprio sfigato,
Mario mio. Alzo per te, Mario. L’imperatore, che sei tu, l’appeso, la torre e
il diavolo. T’ho detto tutto, Mario mio”.
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una cosa, Mario, al più presto possibile puoi zompare un momentino qui da
me di modo che possiamo riinterrogare di nuovo le carte acciò che ci dicano
eventuali evoluzioni positive, che dubito molto, della tua storia. Ciao,
fracico’. Vi ricordo che Amalia è qui con voi per consigliarvi, per
sussistervi ai vostri problemi, dalla regia mi testimoniano che c’è una
telefonata in linea, parla cara amica, che problema c’è, esplicitati”.
FILIPPO: Sì, mi chiamo Filippo, sono innamorato di una ragazza però lei si
comporta strana e vorrei sape’ che c’ha”.
FILIPPO: Sì”.
FILIPPO: Perché?”
AMALIA: No, cerca di capirmi caro, siamo sicuri che è una ragazza?”.
FILIPPO: E allora?”.
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è un omo, ripeto, e non me di’ Filippo che non i’hai visto i baffi…”.
AMALIA: Ecco, vedi caro, nei tarocchi c’è tutto, ma c’è anche la tua
felicità insieme a lei… a lui”.
AMALIA: Eh no, amici cari, lo vado ripetendo fino allo spasmo che nella
veggenza il tempo non esiste”.
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Bice te (o dice
Lettere giunte alla redazione di Helzapoppin, Radio 2, anno 1982
Tarquinio 79
Mio caro e adorabile amico/ alla tua età dovresti già avere superato da
tempo il problema della timidezza. A questo punto, io credo che tu sia
ormai spacciato. Comunque, per ritrovare la tua forfora (o anche, se ti va
bene, quella di qualcun altro), ci sono almeno mille prodotti studiati
apposta. Uno qualunque andrà bene: usalo spesso e trascura un po’ la tua
pulizia.
Mia adorata amica, credo di aver capito bene il tuo problema: la lettera che
mi hai mandato, infatti, è intrisa di questo tuo problema. Al quale,
purtroppo, non c’è rimedio,
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Ciao cara, e fatti sentire. Anzi no!, riscrivimi. O meglio ancora, fammi
riscrivere da qualcun altro.
Mi scrive Gustavo, un adorabile ascoltatore di trentacinque anni.
Mio caro, adorato Gustavo, innanzi tutto bravo! Ammiro il tuo coraggio,
gente come te non arriva a trentacinque anni tanto facilmente. Di solito si
suicida prima.
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Con la puzza dei miei piedi potrei fare un safari senza fucile. Ho un grosso
successo con le donne, ma al momento decisivo, loro fuggono. lo stesso,
d’altra parte, quando mi spoglio la sera per andare a letto, non mi
addormento. Svengo.
Mio spiritosissimo e adorato Adorato. Ritengo anzi tutto che tu abbia già
provato senza giovamento ogni prodotto in commercio. Oggi, però, ci sono
delle ottime protesi, arti artificiali che sono perfette ricostruzioni di piedi, e
che sono facilmente applicabili. Questa potrebbe essere la migliore
soluzione al tuo problema. Amputati, Adorato, amputati e questa tua
caratteristica potrà inoltre avere sulle donne un ascendente particolare.
Sono disperato.
Bebé
Mio caro Bebé, è chiaro che – nonostante la tua non più verde età – sei
ancora morbosamente legato alla figura di tua madre. Tu desidereresti
ritornare nel suo grembo e di fronte a ogni donna ti scappa, cioè attui un
comportamento regressivo.
Ora, mio caro Bebé, i casi sono due. Se hai ancora la possibilità vai con tua
madre. Oppure, al momento decisivo, lasciati pure andare e incolpa la
partner di ciò che è accaduto. Ciò ti darà la possibilità di assumere un
atteggiamento comprensivo e materno nei confronti della partner, e ti darà
anche un ascendente particolare su di lei. Fidati.
Mi raccomando, scrivimi. E dai pure il mio indirizzo alle tue future partner,
casomai avessero bisogno del mio aiuto. Ciao Bebé.
Ho una balbuzie così accentuata che non riesco neppure a scrivere tutto
difilato. Tartaglio anche quando penso. Ogni volta che avvicino una donna,
lei mi deride o mi sfugge.
Dimentica le donne, odiale se vuoi, tanto sono tutte cretine. E apriti con
fiducia ad amicizie nuove e, diciamo così, particolari”. Ti abbraccio,
riscrivimi.
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Anonimo ‘83
Siamo di nuovo da capo. Ho già detto pubblicamente che non voglio
rispondere assolutamente alla corrispondenza ambigua. Qui non si specifica
l’identità dell’ascoltatore! Anonimo ‘83: cos’è, una sceneggiata? “Mi
piacciono le donne”; una stornellata o che? Perché nel caso si trattasse del
problema di un uomo maschio che se ne facesse un problema, allora il
problema sarebbe di un tipo;
se invece si trattasse del problema di una donna che ha il problema che sì,
insomma, le piacciono le donne, il problema sarebbe un altro. A meno che
il problema non consista appunto nel problema di uscire dall’anonimato e
cioè dal problema… oh! Insomma, questo è un problema che non mi
riguarda. Io ho altri problemi in questo momento per il capo, se devo pure
farmi il problema di quale sia il problema prima ancora di risolvere il
problema, allora sì che escono fuori i problemi. Oh, basta, basta, chiudi qui.
Lolita ‘83
Mia cara Lolita, hai diciassette anni, tutta una vita davanti
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a te, non sei un mostro, almeno spero, spiffera dunque tutto a tuo padre, non
potevi trovare migliore occasione di questa per ottenere quello che vuoi.
Spiffera, tradisci, rivela, sputtana insomma quella fetentona di tua madre.
Quel cornutone di tuo padre non potrà che reagire, tua madre dovrà
troncare. Come mi piacciono gli scandali! E tu avrai finalmente la strada
libera! Fatti coraggio, mia cara, sei ancora carne fresca e soda, spero. Hai
certamente più chance di tua madre smagliata e flaccida, quale sicuramente
è. Hai verificato se essa ha il seno sceso? Qualora si verificasse quest’ultima
fortunata coincidenza ritieniti pure sistemata. Addio, mia cara, e ricorda che
chi non fa la spia col cavolo che qualcuno se la piia. Ti abbraccio e mi
raccomando: fammi sapere.
Non c’è rimedio, mio caro Totonno, non c’è rimedio alla timidezza, mai.
Essa è come un difetto fisico permanente, come la lebbra, se vuoi, se ti
piace di più. Sono state spese tante parole a proposito della timidezza, ma
tutte da gente che aveva la faccia tosta per dirle. Mai nessun timido è
riuscito anche solo a ripeterne la metà. Falla finita, Totonno, falla finita, non
c’è nessuno che ti possa dare una mano anche perché non riusciresti mai a
chiederglielo. Scrivimi ancora, se pensi che ti serva, ma non serve a nulla,
Totonno. Addio, mio caro, e, mi raccomando, coraggio…
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Mia adorata Mirella, il problema più grave non mi sembra tanto quello del
fumo quanto quello che alla tua età tu legga ancora i fotoromanzi. E allora
che fare, mi chiedi? Che fare? Smetti, mia cara, smetti, smetti di leggere i
fotoromanzi, fanno male, fanno malissimo alla salute e alla testa in
particolare per quel poco che ti resta da vivere, vista la smisurata quantità di
sigarette che fumi. Cerca di dedicarti a letture più intelligenti, di
disintossicarsi dalle stupidaggini di cui ti imbottisci. Addio, mia cara, e
riscrivimi pure dalla clinica.
Oh, purtroppo, mio caro o mia cara, non mi mandi a dire come ti chiami, se
sei uomo o donna e come vorresti suicidarti. In questo caso io non so a chi
rivolgermi e come e soprattutto non so come consigliarti. Ci sono oggi in
vendita delle ottime armi da fuoco, ma, a parte la difficoltà di acquistarle,
non so se tu sei munito di licenza, che ne so… Non mi specifichi se il
sangue ti fa schifo… Ti fa schifo il sangue o no? Caro… cara… caro…
insomma, io non posso risponderti in queste condizioni. Ma perché mi
mettete nel mucchio lettere come questa? Questa non doveva passare. Non
ci sono i requisiti per rispondere. Ho chiesto più volte di specificare nome e
cognome e tipo di problema. È inutile, è inutile, io qua non so a chi
rivolgermi e mi rifiuto di lavorare in queste condizioni!
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Signore e signori buonasera, credo che ognuno di voi sia stato avvertito che
qui si svolgerà un seminario di educazione sessuale, una serata di
esperienze collettive, una… una… ammucchiata… ehm… un comune
scambio di energie, al fine di chiarire a che punto siamo oggi e che cosa
possiamo aspettarci dal sesso. Quanti di voi sono soddisfatti della propria
sessualità? (sguardo di attesa sulla platea muta). Spero sia timidezza! Senso
del pudore…
Una statistica dice che il quarantatré per cento delle donne preferisce una
bella notte di sonno a una notte d’amore: io non credo a tale percentuale, io
credo… piuttosto…. ma molte più donne preferirebbero ma anche solo un
pisolino… ma il coma!, pur di non… Del resto (secondo l’illustre
sessuologo Kramer) il sesso familiare è perlopiù necrofilia: un cadavere che
possiede un altro cadavere: la coppia è un po’ l’harem che passa la mutua.
Il settanta per cento delle coppie a un anno dal sì dice no al sesso, i pazienti
lamentano che dopo il matrimonio fare sesso è un po’ come portarsi i
compiti a casa.
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- e poi mi sono rinfilata a letto mentre mio marito aumentava il ritmo. Non
si è accorto di nulla!
Coraggio, Kristel almeno è duro! Ma quanto sono duri questi silenzi, quanto
pesano!!!
Ignazio, padre di tre figli, bancario da ventitré anni, sposato con Daniela,
racconta: Solo quando sono con Gilda mi sento appagato veramente, si
risveglia la mia passione, il mio erotismo, Gilda sa come prendermi, è una
vera forza della natura”.
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ogni mattina quando se sveglia molla una scoreggia nel letto, co’ licenza
parlando, me scuse!, ma potente, eh?!, un terremoto tutte le mattine e poi
move le coperte pe’ falla svolazza’ via, ha capito come ie dico!?
Beh’, cara amica, non credo che abbia molta importanza stabilire di che
natura sia il pipo duro… quando al mattino è turg… si verifica quel
fenomeno di allungam… rigon-fiam… scientificamente detto erezione
aurorale”, qua siamo proprio alla frutta… ma possiamo lavorarci su,
possiamo insieme a tuo marito – sempre che lo voglia -rieducarci al piacere,
al rapporto di coppia, possiamo cercare…
E non si lava!!!”
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Beh, allora… ecco questa, signori uomini, è una lamentela che purtroppo
molte donne portano ai miei seminali.
Mio marito vuole che glielo prenda in… glielo succ… ben bene che anche
faccio il vuoto in bocca, che dice che così gode di più,” benone! anche se
però non odora sì, insomma, si può dire?, puzza… di pipì che io glielo dico
sempre che lui mi dice ma se me lo scrollo!”, sì, ma scrollarselo non è
pulirselo!”
Anche perché a forza di… tutte quelle lappate con la lingua e su e giù un
quarto d’ora mi si stanca la mascella, mi si inchioda la mentina su, mi si
attacca che mi strozzo, poi nel momento che lui sta per veni… eia… buttare
fuo… mi prende la testa e mi spinge che io sento soffocare, ma che
spinge!!!”, io non ce l’ho l’apnea… mai avuta, che certe volte mi tiene pure
per le orecchie, come un manubrio… io non mi riesco a togliere mai…
certe bocconate di quella sbobba!”
Ma de che!!!”
Ecco, piano piano Carmela; intanto saprai che già gli antichi greci
praticavano l’incul… uomini e donne si facevano… sì... essi hanno
inventato l’ano multiuso.
Ecco, ciò che è importante è che nella coppia non ci sia una prevaricazione;
se Santo desidera ine… anche altre parti di te, ti può aiutare piano piano a
rilassarti, a smollare il e… i muscoli dello sfint… eh, quelli… perché certo
noi siamo abituati a trattenere e non a… ma con la santa pazienza, le
carezze… prima un dito, poi due… magari lubri-fic… sì, no, asciutto
neanche ne parliamo, è tremendo, anche se lo psicologo Jack Morin che ha
scritto un bellissimo libro proprio sul… sesso anale garantisce che non è
assolutamente doloroso.
Capirai…
127
Per l’uomo raggiungere l’o… può essere facile come agitare una lattina di
birra e farla schiumare, per la donna ci vogliono non una ma dieci, venti
casse prima di… anche un TIR... ma a volte dipende dalle manovre di
quelle ma-nazze dure, con le dita rigide… ma poi non è solo un fatto di
tecnica, anche se quella è importante.
Poi il primo vero rapporto sessuale piuttosto deludente e teso. Beh, la sola
cosa che sapevamo per proteggerci è che lui doveva… tirarlo via…
appena… sfilarlo… subito prima che lui… in modo che uscisse… godes…
fuori godesse lui! Non certo la donna, sempre vigile durante tutto il tempo,
con il terrore che quei mostriciattoli… quei cosini… gli sper… si infilassero
molesti su per la f… ma anche in bocca, nelle orecchie, qualunque pertuso,
anche il naso;
Ricordo che era una sera d’autunno molto umida nella macchina di Danilo
detto Il Lungo, un giovane riccioluto con i capelli rossi allampanato e pieno
di lentiggini;
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mani, pale, tentacoli… mi chiese tutto inf… pieno di… Cosa vuoi che ti
faccia?”.
Così mi schiaffò la lingua sulla bocca come una fetta di carne cruda su un
occhio nero. Zzz/, il tempo di una zip e poi ricordo solo una specie di
ssttinco di capra riccia col cappucc… sì il profilai… ma che profilat… non
era un normale profilai… un calzettone infilato che mi montava… mi
penetr… ma come si fa!!! Io avevo una gran voglia di vomitare!
Dopo un po’ di agitazione ricordo che slittai rovinosamente sul sedile, sentii
Danilo rantolare qualcosa che aveva a che fare con un freno a mano.
Riemersi immediatamente tutta paonazza e chiesi con una certa educazione:
Cosa?”.
Pagare meee!?!”
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Del resto si sa che il novantanove per cento degli uomini si masturba e uno
mente. La donna lo pratica di meno, ma ciò che conta è come lo facciamo e
perché.
Nel mio lungo viaggio attraverso la conoscenza sessuale, che mi ha portato
dall’Occidente all’Oriente, dall’Europa all’Accademia del sesso nuovo di
Amsterdam, all’America, fino al Giappone, fra sessuologi, rieducatori del
sesso, da Ragapanu, il famoso guru nepalese, tra i taoisti, i tantrici, ne
avessi trovato uno che mi ha se… che mi abbia… che mi abbia… dato, ma
fatto… niente!!!
Pur tuttavia i seminari della Betty Dodson, che ho frequentato, sono stati
particolarmente illuminanti. Si tratta di incontri di… masturbazione
collettiva.
Alcune di noi, ricordo, all’inizio erano bloccate, c’era chi rideva, chi non
riusciva a concentrarsi, poi alcune hanno cominciato a tormentarsi il…
quel… malloppetto… ciccioso… il clitoride come delle ossesse, altre si
esprimevano con gridolini sussurrando sì, Tommy, così Ted o Cavallo
Pazzo così Ficcanaso mio”, nomi che avevano dato al loro Dildo (in
America si usa, può essere eccitante).
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Non si butta via niente” incalzò la Betty e quella: Mio Dio, sono tre!”. La
sala si era riempita di gemiti e sussurri. Ora tieni il resto per te, cara!”
sempre la Betty. Anche perché disturbi le mie” la rimbrottò la vicina
Doroty, una negretta tutto pepe che si lamentava di aver interrotto già
quattro volte il suo Dil… la sua… ed era ancora, disse… qualcosa tipo
asciutta come la pasta del giorno prima”: ho avuto un po’ di difficoltà a
tradurre e anche a capire!
Tutte comunque raccontarono dopo di aver raggiunto orgasmi mai
sperimentati. Ricordo in particolare Daiana, signora di sessantadue anni,
un’autentica veterana, che raccontò: Vengo catapultata in un mondo nuovo
quando metto le cuffie con la musica che mi piace, un buon vinello, aspiro
incenso profumato e mi inserisco un ortaggio della mia taglia! Ahi, sia
ringraziato Dio per le zucchine: hanno le nervature. Naturalmente faccio
sesso sicuro con un bel profilattico per evitare il contatto con i pesticidi e
poi non uso mai quelli colorati perché quelli purtroppo stingono ! ! ! “.
Ecco, uno dei seminari più interessanti a cui sto lavorando attualmente è
proprio quello con coppie che si aiutano a vicenda a imparare a darsi
piacere. Dapprima invito
Flora: Uh, per carità, porette noi disgraziate, ‘ndo’ so’ capitata, che dovemo
fa’? Nun me piacciono tutte ‘ste cose moderne, dottoressa mia, me
vergogno a ‘st’età, chi l’ha fatte mai ‘ste cose, ma poi co’ la luce, davanti a
tutte. Io non me voio emancipa’, c’ho paura … che so’ ‘st’attrezzi duri de
plastica, manco su li giornaletti zozzi, io me vergogno de ‘ste
sporcaccionate, me sa pure di mezzo peccato. La mi’ fia me c’ha mandato,
dice: “Mamma, va’ da la dottoressa, vacce, vacce, sei isterica, te fa bene, te
s’apre ‘n’altro mondo”.
Nun voio aprì niente, me vergogno, pe’ carità, ma poi chi ie lo spiega al mi’
marito che quello basta che pompa su e giù, manco s’accorge si ce so’ o no!
Altro che piacere, noi amo fatto sempre senza, non sapemo manco che
perdemo.”
Scusi, noi abbiamo consumato un litro d’olio, c’ho tutte le lenzuola che non
mi va più via, ma non riesco a trovare un’ora buona;
siamo d’accordo che io devo fare “cu cu”... quando sento qualcosina, ma
non ho capito bene che cosa devo sentire, entro in agitazione che ho paura
che lui si spazientisce, che poi penso che magari lui si va a fare l’amante,
magari una col punto G, ma poi che è ‘sto punto G?”
Benone, grazie per averlo introdotto, questo famoso punto G. Tanto è stato
detto, tanto parlato: cos’è il punto G? Esiste?
Ecco, io invito sempre le coppie a vivere con una certa leggerezza alcuni
aspetti che possono risultare piuttosto meccanici. Ma che sono di
grandissimo aiuto alla coppia
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Oppure il e… il… p… la… il… lui è troppo piccolo. In questo caso quasi
tutti i libri sul sesso affermano che la dimensione non conta, ci sono solo
due gruppi di persone per cui conta: gli uomini che ce l’hanno piccolo e le
loro partner. In tutti i casi io consiglio sempre agli uomini: ditelo prima di
spogliarvi.
Beh, per fortuna Carmela ha avuto modo di ricredersi e di trovare con il suo
Santo un buon ménage.
Nella mia esperienza è più difficile che un uomo arrivi ai nostri stage o
anche solo a parlare di problemi sessuali. Alcuni mesi fa si è presentato da
me Gianremo, un ragioniere di quarantacinque anni, sposato da otto. Molto
imbarazzato, tutto integhito sulla sedia, mi ha chiesto: Dottoressa, lei
arriverebbe a un appuntamento quaranta minuti prima?”.
Appunto, è quello che dice mia moglie, quando facciamo sì... insomma
mentre… io sono già... sono ve… ho già dato, mentre mia moglie ancora…
ancora…”
Rientrare a casa.”
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No, no…”
Io penso che forse in America sono più bravi, che loro si spogliano sempre,
e poi chi si conosce?, io mi sono trovata allo stage vicino al dentista mio,
che io mi vergogno a fare quei versi, che poi quando abbiamo fatto il
massaggio erotico a me mi è capitato lui… io non ci posso tornare… che
poi mo c’ho il ponte provvisorio, chi ci torna a prendere i definitivi.
Mamma mia che macello, dottoressa!”
Dottoressa, la prego, parli lei con Santo, perché va bene i doveri coniugali,
va bene l’emancipazione sessuale, va bene non porre limiti alla
provvidenza, ma lo scambio di coppie, no! Dottoressa, no, questo non posso
confessarlo,
Uh, per carità, porett’a me disgraziata! Grazie di tutto, dottoressa, lei è tanto
caruccia, gentile, ‘na signora tanto per bene. Ma io quanto me so’
vergognata co’ tutte quelle pore disgraziate sulle lettine a sopirà’, a piagne’,
a strilla’, me pare ‘na specie de lazzaretto. Stia a senti’: se dovemo fatica’
tanto pe’ arriva’ a gode’, ma chi ce lo fa fa’. Ma poi come se fa a
chiacchiera’ di quelle cose intime in mezzo a tutti, co’ tutte le pipe a l’aria
mezze ciondoloni. Uh, per carità, io manco quando fo il bagno me levo le
mutande. Me stia a sentì’... grazie de tutto, come se avessi accettato, ma io a
metteme dentro casa co’ la musica, l’incenso, co’ le fiore, a balla’ mezza
nuda col vino, a fa’ la dea co’ le zucchine, col cappuccio, io, me stia a
senti’, nun c’ho tempo, nun c’ho testa, me vergogno. Ma poi chi glielo
spiega al mi’ marito della raccolta delle punte G. Porette a noi disgraziate.
Me lasse perde’... che c’ho certe vampe… dottoressa mia, sarà la
menopausa?, così amo finito de preoccu-pacce e se mettemo a riposo.
Arrivederce e grazie! Tante salute e augure, Dio la benedica, ie renda
merito… ma io quanto ho faticato ‘ste giorne, manco pe’ fa’ le pizze de
Pasqua! Arrivederce adesso.”
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Letizia Moratti
Lucia Mondella
Lupa
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