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Anna Marchesini

...CHE SICCOME CHE SONO CECATA

LA BIBLIOTECA DEL SORRISO -TV SORRISI E CANZONI

(c) 2000 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano

Edizione speciale per TV Sorrisi e Canzoni maggio 2004 I edizione


novembre 2000

Indice

9 Prefazione

Prima parte 13 MEROPE GENEROSA, SESSUOLOGA

Corso di educazione sessuale in otto lezioni a cura della dottoressa Merope


Generosa

15 Il sesso maschile

17 Il sesso femminile

19 Il petting

21 L’atto sessuale

23 L’orgasmo

25 Gli anticoncezionali

27 La gravidanza

29 Il parto

Falpaquà, settimanale di moda e attualità 31 La coppia vip

33 La coppia esistenzialista
34 L’attempato e la biondona

35 La coppia crocieristi

37 I domestici somali

38 La mamma e la figlia zitella

L’angolo della poesia 40 Infinito di Giacomo Leopardi

Seconda parte 41 LA “GRANDE FLORA”

43 L’universo Flora

63 I grandi eventi

89 Flora e la televisione

93 Falpaquà, settimanale di moda e attualità

93 Coppia fedelissimi

94 La bella e la bestia

95 La mamma alternativa

96 La coppia fatelo da voi

98 La coppia amiche del cuore

99 La vedova allegra L’angolo della poesia

100 Il 5 maggio di Alessandro Marvzoni

Terza parte

101 LE RUBRICHE 103 Che fai, mangi?

Ili Stanotte con l’occulto


115 Bice te lo dice

123 SEMINARIO DI EDUCAZIONE SESSUALE TENUTO

DALLA DOTTORESSA MEROPE GENEROSA, SESSUOLOGA

...Che siccome che sono cecata

Dedico questo libro al caro Tony Burrough, che mi ha convinta a scrìvere e


mi ha spinta con tenerezza e fiducia; dia cara Mary Smith, che mi è stata
accanto come un angelo nei momenti più duri; a Marlène, dolce paziente
Martene, quanta dolcezza hai avuta!, grazie; e poi a Mark Kussen per il
lavoro svolto all’estero, e poi a Steven, mio insostituibile compagno di
lavoro, e infine a Graham e PaulAngeline…

Ma chi sono questi cavolo di Tony, Mary, Angelin che risolvono la vita
degli scrittori e fanno in modo che scrivano? Sono nomi dì repertorio, è
gente che esiste solo nelle dediche… tanto chi lo sa chi sono loro? Solo
loro.

Ma allora, dico io!, telefona e diglielo personalmente che li ringrazi, oppure


scrìvi, anche un fax va bene, ma che noi ci si ammorbi con una dedica quasi
più lunga del libro… Beh! Questa proprio non…

Oh! Ma vuoi scommettere che sto facendo una non-dedica troppo lunga?

E allora, già che ci sono, dedico questo libro alla mia babysitter (no, non
mia, di mia figlia!) e alla signora delle pulizie, che mi hanno permesso di
lavorare. Da sempre queste persone fanno andare avanti il mondo, lavando
le camicie e pulendo le stanze di tutti quelli che si illudono di farlo girare.
Grazie!

Oh! Quanto fa democratica ‘sta dedica!

Prefazione

Non so se ritenere un onore il fatto che mi sia stato chiesto di prefazzire…


prefazionare… prefarre… scrivere la prefazione del libro, oppure una
necessità dettata dal fatto che non si sia trovato un cristiano ma neanche
musulmano, per dire, che abbia accettato di scriverla.

Opto, per motivi di equilibrio personale, per una terza via; e cioè: nessuno
può avere interesse al pref azionamento… alla prefazionaggine… a scrivere
la prefazione di un non-libro.

Giacché di non-libro si tratta, lo ripeto (per il grande rispetto che ho del


libro quando è un libro).

Si tratta di una raccolta; nelle verbalizzazioni più audaci antologia” di parte,


una piccola parte, di quello che ho scritto negli ultimi venti anni.

Quanto mi è piaciuto! Quanto è stato emozionante riprendere i vecchi


quaderni, fogli, blocchi, tutti scritti a mano; e non ricordavo neanche di aver
scritto chilometri di righe, di dialoghi, di racconti, di monologhi, di storie!...

Come sollevare un masso di tempo” e migliaia di ragnetti, formiche, insetti,


neri come lettere, rapidi e lenti, a spampanarsi in tutte le direzioni.

Ho riaperto i quaderni e sono saltati i tappi del silenzio, delle pagine da


tanto tempo ripiegate: parole contro le parole

; riaccesi torrenti vocianti con mille affluenti ricolmi, urlanti, gravidi, fiumi
in piena di parole cicciotte e pesanti a rompere gli argini, ad allagare il
silenzio del tempo in cui erano rimasti immobili in un incantesimo da
sgabuzzino!

Quante parole ho scritto, quante! Con tutte le parole che ho scritto potrei
fasciare il mondo due o tre volte come una mummia torturata dal solletico
delle storie: delle parole delle storie, dalle risate, dalle voci, dalle facce,
dalle emozioni tante, le mie, dei personaggi; non so più dove finisco.

Lungi dal trovarmi ad elogiare me, in realtà è la parola che elogio”, il


racconto, l’incanto che le parole hanno per me, dense come budini, dove il
pensiero e la voce si allarga, si perde.
La parola: con un dentro” con un fuori”, croccante, un sopra, sotto, al centro
molle, si allarga, risale, schianta, sprofonda, contiene abissi e colori, climi,
profumi, luci, recessi, vette, antri, sospiri, suoni: piccoli universi.

Le parole sono paesaggi.

A portarle dal ginecologo, a guardarci dentro, ci trovi le vite degli altri”:

i suoni, le voci, i modi, le emozioni, innumerevoli, che mi sembra di aver


guardato sin da piccola con gli occhi di uno specchio infranto, che
moltiplica le facce della faccia che guarda.

Le vite degli altri”, che passione!

Le coviamo dentro, le ho tenute al caldo tutti i suoni le facce le parole:


chiatte ad aspettare, e via via che le ho restituite, ho acceso luci nelle stanze
del cuore, a raccontare; mai con lo scopo di denigrare; con la sola massima
goduria di colpire nel segno!”. Che si dicesse: Ah, ecco, è proprio così! È
vero! Ha fatto centro”.

Fare centro! Che passione!

Vi trovo preoccupati!

Tanta incontinenza addomesticata, ha trovato un limite” qui nel numero


delle pagine e nella discrezione” dell’autore; ma non è detto che un giorno
non riesca a contenere l’intero universo dei miei personaggi, tutti, anche
quelli che qui non compaiono.

io

Mi sono lasciata un po’ prendere?

Perso il senso della misura?

Eventualmente, in coda, lascio uno spazio reclami.

Quanto fa democratica ‘sta prefazione!


Riporto eventualmente un’ipotesi di intervista:

INTERVISTATORE: Come ha fatto a scrivere più di cento personaggi?”.

ANNA: Ho sempre pensato che i nostri sogni e la nostra fantasia tengano in


piedi il Cielo e ci garantiscano la nostra razione di stelle. Io sono del tipo
che sogna per realizzare e per creare”.

INTERVISTATORE: Si sente un po’ speciale?”. ANNA: Sin da piccola mi


sono sempre sentita un po’ un fusillo in mezzo ad un pacco di rigatoni…”.

Con amore,

Prima parte

MEROPE GENEROSA, SESSUOLOGA

Corso di educazione sessuale in otto lezioni a cura della dottoressa Merope


Generosa

Il sesso maschile

Chico o pisello nell’uomo; Chica o patatina nella donna. Il sesso è ciò che
distingue l’uomo dalla donna. Parleremo oggi del sesso maschile.

Il sesso maschile è un… uno… è... è... uno.

Malloppetto ciccioso e pendulo, posto… so… sot… sì... in bas… subito


do… dent… in mez… tra le cosce, di una dimensione… ma… beh… a
volte… che varia a seconda della… di… oddio, quello anche la natura, ma
anche a seconda della situazione, della eccitazione sessuale”... del turgo…
di quanto uno è... sì... ma che comunque varia con l’età e che col tempo
subisce sempre un certo… prolasso.

Di forma oblunga… allunga… insomma anche rì-strett… può esse… si


porta verticale… coindolante, almeno quando è allo stato di… non è
sull’attenti, mentre invece nell’uomo vestito si porta sempre a sinistra.
Corredato da un paio di… due piccole… beh… piccole!, dipende…
sacchetti… come due noci… beh… no… noci… più grandi… almeno…
due borraccette flosce… no… due… volgarmente dette pa… oppure anche
detti…

Questi paio di co… dì organi genitali di forma sferica simmetrici fra loro,
anche se non sempre uguali nel

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volume… oddio a prima vista non si può... forse palpando…


accuratamente… ma questo è ininfluente, l’importante è che un uomo li
abbia!... perché essi hanno un ruolo fondamentale nel… atto… quando…
soprattutto… lì.

Infatti in presenza di una bella fi… di una fidanzata, ma anche in assenza,


purché munito di… delle cure necessarie… dai che ti ridai… a forza di…
di… il sesso maschile si modifica, diventa più turg… anche più lung…
più... si allontana dalla base fino a raggiungere dimensioni considerevoli…
beh, quello… poi, a seconda… non sempre… avercene!

Gli individui la cui dimensione di arrivo si distanzia molto da quella di


partenza si dicono virili”, gli individui in cui si distanzia poco si dicono…
un po’ meno”.

Naturalmente tale modificazione del caz… del chic… sesso, è


temporanea… non dura molto… eh! magari… purtroppo tutto torna…
subito… dopo… ma di questo parleremo a proposito dell’atto sessuale.

Possiamo considerare il sesso maschile un organo di relazione di un


individuo con altri individui ma anche dell’individuo con se stesso. Esso
infatti penetra a fondo nella conoscenza dell’uomo con la donna, ma a volte
anche dell’uomo con i suoi simili, non è detto che… al giorno d’oggi, anzi!
Ma noi non…

Concluderemo dicendo che gli uomini in cui tale conoscenza penetra


individui di sesso opposto si dicono normali”, gli uomini in cui tale
conoscenza penetra invece individui dello stesso sesso si dicono
sporcaccioni”.

Il sesso femminile

Il sesso femminile è un… una… è un… è un… una… malloppetto ciccioso


e molliccio posto su… su… inbass… sotto… subito dopo… in mezz… tra
le cosce, in posizione verticale come negli uomini anche se certe donne
vogliono far credere di averlo per esempio orizzontale od obliquo, o di
averla solo loro.

Costituito da una parte esterna più... du… più ossu… più... volgarmente
detta f… a forma di montarozzo cespuglioso… scientificamente detto
pube”.

All’interno di tale… della… lì, insomma, si apre… beh, si apre… sì,


indipendentemente, comunque che una apra le co… anche se non… si
distingue una ma…, una cavernetta… una patatina… una… fic… una
boccuccia!, dotata appunto di labbra… non che possano parlare nel senso…
della… eh, magari!... ma piegoline cicciose… due più esterne più grandi e
lisce e due più piccole e rugosine in cima alle quali pende… pende… sì,
un… bottoncino… così... luma-chi… molliccio… malloppetto… moli…
ma anche… dur…, scientificamente detto clitoride” nascosto dentro… la…
all’int… subito sotto… lì.

Anche il sesso femminile, come il sesso maschile, è presente sin dalla


nascita anche se… meno… più... cioè senza

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tutti quei… si presenta calva, non si mantiene tale durante tutta l’esistenza,
ma con l’uso può subire un certo smottamento, nonché con l’età afflosciarsi
e subire un certo prolasso.

Questo succede però e per fortuna soprattutto a carico degli organi interni; è
ben per questo che la donna può darla a bere più a lungo rispetto all’uomo
che invece… sì... si vede quando… cala… ehh, prolassa!!!
A proposito di modificazioni che avvengono all’interno della… di…
della… insomma, sì... subito… appena… si entra… si entra non nel
senso… ma nel senso della costituzione… diremo che alla nascita ogni fi…
figliola è dotata dell’im… di una porticina… dicesi illibata” perché c’è
questo… fogliettino membranoso… più o meno ciccioso, destinato a
perdersi quando la donna decide di… darla… di darne lettura… di tale
fogliettino… e l’uomo riesce a farle la festa.

Le donne che danno… lettura di tale fogliettino… dopo i diciotto anni si


dicono normali”.

Le donne che la danno… la lettura… prima dei diciotto anni si dicono


sgualdrine”. Le donne invece che rimangono chiuse… non la danno mai…
anche molto dopo i diciotto anni si dicono vergini” o racchie”.

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Il petting

Il petting è un… uno, è... uno, ma possono essere anche di più! Anzi,
avercene!

Quando un uomo e una donna… dai che ti ridai… a forza di…

È sempre l’uomo che…

Non si può spiegare il petting senza premettere che gli uomini sono tutti
sporcaccioni”!

Si distinguono varie fasi del petting: dal bacio e le carezze ai più


approfonditi leccame… smanazzam… sfarfugl… esplorazioni più... delle
zone… sotto… dentro… le zone… lì... cosiddette del qui, no!”.

Gli individui che, particolarmente infoiati, si spingono oltre tale fase per
metterlo den… per concluder… si dicono playboy” se uomini, sgualdrine”
se donne.

Nello schema classico, l’uomo approccia la donna secondo il tipo: Che


balli?”. Le donne che al primo invito rispondono No” si dicono serie”. Le
donne che al primo invito rispondono Sì” si dicono mignott… sgualdrine”!

Le donne infine che rispondono No” al primo invito e Sì” al secondo si


dicono normali”.

Tali risposte vengono comunque interpretate dall’uomo sempre in un unico


modo, ovvero: La porcona ci sta!”.

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Inizia a quel punto la prima fase del petting cosiddetta dell’accosto


semplice o con palpatona”: naso-naso-bocca-bocca, lingua… titillam… con
ciucciamen… dei… del… quello… non sempre, a seconda… magari…
giusto le prime volte… poi… avercene!

Gli uomini che durante tale fase si sforzano di verbalizzare rantolando


Come sei bella stasera, mi piaci perché sei diversa, ti trovo anche
intelligente” si dicono para-cu…”. Gli uomini invece che vanno avanti muti
come tori pur di tromba… di scopa… insomma, di… si dicono da
sfondamento”.

Nella fase successiva del Che caldo fa qui, usciamo un po’, vuoi?...”,
oppure del repentino sbracamento del sedile, la donna è fottuta… infatti qui
impera lo smanazzamento sotto… in mezzo… dentro… nella parte inf… lì.

Le donne che durante questa fase si divincolano No, non così... non mi
piace se non c’è amore” si dicono serie”. Le donne invece che non
oppongono veruna resistenza lasciandosi schioppare la lampo (messa per
fare prima) si dicono mignott… sgualdrine”.

Le donne infine che continuano a dire No” anche quando il partner gliel’ha
messo den… molto dopo o poco… a second… comunque si dicono
normali”.

Concluderemo incoraggiando le donne tutte ad approfittare a mani aperte,


quanto più possono, del petting perché dopo i primi tempi non c’è più
tripp… purtroppo l’uomo poi… più di tanto… si scorda… non gliene fott…
vuole subito… ma di questo diremo a proposito della sveltina.
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L’atto sessuale

L’atto sessuale è un… è... uno… è uno, ma possono anche essere molti!
Anzi, avercene!!!

Per comprendere a fondo l’atto sessuale dobbiamo partire dal presupposto


che quando un uomo incontra una donna pensa solo a quella cosa lì.

Si definisce atto sessuale dunque l’accoppiamento volontario o coatto tra un


uomo e una donna… ma anche… non necessariamente tra un uom… e a
volte anche uo… e… eh… ma non solo, anche donna con do… beh! però
quello non… non… cioè, per carità, massimo rispetto per ogni… ma in
questa sede noi ci occuperemo dei rapporti normali… normali… cioè di uno
con una… in cui avvenga proprio una penetr… una conoscenza
approfondita, in cui l’uomo entri proprio… ma anche esca… non subito…
dopo, però! Cioè a volte prima che… dipende… da…

Perché si realizzi l’atto sessuale naturalmente è necessaria una certa


eccitazione sotto. Eh… sotto forma di… nell’uomo di… un certo… beh…
poi si vede… diventa più... il… non l’uomo, naturalmente, ma il suo… che
per l’eccitazione… si fa come… un alzabandiera, diciamo, mentre nella
donna l’eccitazione si manifesta sotto… sotto forma di una… un… buon
umore.

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Ecco, dunque, eccitazione più buon umore rendono fìsicamente possibile


l’atto sessuale. Possiamo dunque circoscrivere l’atto sessuale nell’arco di
tempo che va dall’eccitazione dell’uomo al sonno dell’uomo stesso.
Nell’ambito di tale arco, a volte la donna riesce a inserirsi, ma l’arco della
donna comunque va sempre dal sonno dell’uomo al suo.

L’esito dell’atto sessuale varia a seconda della dìmen-sio… scarsezza


dell’uomo oppure… a seconda anche della eccitazione sessuale, del feeling,
ma anche della disponibilità della donna, delle precedenti fregature nonché
del tempo che la donna ha per raggiungere l’o… prima che l’uomo si
addormenti.

La durata dell’atto sessuale varia naturalmente a seconda dell’eccitazione,


della situazione, ma soprattutto della capacità della donna di farsi aspett…
di ritard… eh, magari!, poiché la tendenza dell’uomo è quella di risolvere
l’atto sessuale subito dopo… appena è... dopo poco… e comunque prima
ancora che la donna possa dire E che è!!!”.

Si definiscono dunque normali” gli atti in cui la donna ha il tempo di


accorgersi.

Gli atti inferiori a tale durata si dicono atti coniugali” (per la donna),
sveltine” (per l’uomo).

Gli atti, infine, superiori a tale durata si dicono atti impuri”.

L’orgasmo

L’orgasmo è un… uno… è uno ma possono anche essere molti! Beh…


insomma… molti… magari… ma l’orgasmo può anche non essere, ma di
questa eventualità ci occuperemo trattando dell’orgasmo femminile.

Si può dunque definire l’orgasmo come il… risultato a sorpresa di un…


quando un uomo e una donna… fanno insieme… ma anche
separatamente… dai che ti ridai… a forza di chiamare, l’uomo viene… ma
anche la donna… oddio, non sempre… la donna qualche vol… comunque
sempre prima l’uomo, dicevamo, viene… sotto… sotto forma… eviden…
visibile… di un… del… dello… di… elemento simile a… vischios… di…
scientificamente detto… lo… il… quello.

Nella donna invece l’orgasmo si manifesta… sotto… Sì, sempre sotto, sotto
forma di… beh! non proprio come nell’uomo… è difficile… proprio…
almeno l’uomo… perché a volte la donna fa anche finta… non che… no…
non sempre.

Dobbiamo a questo punto distinguere l’orgasmo maschile dall’orgasmo


femminile.
Non possiamo parlare di orgasmo maschile senza premettere che gli uomini
sono tutti sporcaccioni.

Infatti per raggiungere l’orgasmo all’uomo basta che…

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respiri. Alla donna invece è necessario… non solo… prima ancora di… non
è soltanto un fatto di su e giù... alla donna necessitano… coccole… tutta
una serie di… smanazzamenti… stimol… una preparazione…
scientificamente detta petting” per raggiungere… lo scopo… ovvero il
piacere reciproco! Eh, reciproco… e simultaneo! Beh, simultaneo, poi!, è
difficilissi… proprio insieme insieme… quasi impossi… un miracolo, anche
perché da sempre l’uomo tende a risolvere il rapporto in quattro e quattro…
secondo una tendenza diffusa a concludere il rapporto prima ancora che la
donna possa dire E che è!!!”.

Anche a causa di questa che altre volte abbiamo definito sottocultura della
sveltina”, la donna durante l’atto sessuale può rimanere come un ciocco
rigido e inespressivo riuscendo con successo a contare le ragnatele del
soffitto. Oppure può meditare di tornare da mamma o, nella migliore delle
ipotesi, rivolgersi a qualcun altro.

Ma di questo avremo modo di parlare quando affronteremo il tema attinente


all’orgasmo, e cioè il tradimento.

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Gli anticoncezionali

Eccoci oggi a parlare di un argomento assai delicato: gli anticoncezionali,


ovvero gli strumenti che la donna ha per non farsi frega… per non
rimaner… eh, sì che è, scema?!

Tanti e tanti metodi sono stati studiati dall’uomo per la donna. Mai che una
donna ne avesse studiato uno a carico dell’uomo!
Nonostante il progresso, infatti, il controllo delle nascite per la donna sono
sempre più cavoli suoi!

Ingredienti necessari per il concepimento sono un uomo e una donna:


queste sono dosi da uno, ma anche più di un concepimento. Sbatterli
insieme più e più volte finché l’uovo monta! Oh, scusate! Casomai l’uomo
monta, sì... e poi aggiungere sale, pepe, noce mosc… oh, scusate di nuovo!
Quando… dai che ti ridai… a forza di… chiamare l’uomo viene… (anche
la donna… ma sempre prima l’uomo) viene sotto forma di uno sp… una
specie di fiumana di piccoli… mostriciatt… no mostriciatt… per carità,
come dei giri… dei cosini, melmosi, scientificamente detti spermatozoi”,
dallo zoo da cui provengono e che, come già conoscendo la strada, si
infilano, oh! ma precisi!... dentro… all’interno… della… fi… nella… lì.

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E se la donna si trova nel periodo sfigato” fecondo del mese… sono cavoli
suoi!

Ma proprio a impedire che ciò si verifichi si è applicato uno dei più attenti
studiosi del problema del controllo: il dottor Ogino-Knaus, oggi ritenuto fra
i massimi responsabili della sovrappopolazione mondiale.

Il suo metodo consiste nell’impedire che lo sp… gli sp… entrino… ovvero
quando l’uomo sta per… proprio nel momento in cui… è meglio che esca!

Il punto forte della teoria di Ogino consiste nel fatto che, in fondo, nel
rapporto viene rubato un solo momento al piacere e cioè il momento del
piacere… dell’uomo, comunque, perché la donna durante tutto il rapporto
rimane vigile al momento del… lì... lasciandosi andare poi al piacere di
averla scampata un’altra volta!

Uno strumento invece che permette all’uomo di rimanere den… di… anche
dopo… sì, un po’ perché comunque si smosc… con tranquillità... sempre
che non si rompa… ma quello succede giusto… consiste nell’infi… un cap-
pucc… palloncino… una museruo… un pres… scientificamente detto
profilattico” che l’uomo infila… nel… sul… lì, all’inizio del rapporto, sì
all’ini… anche se deve già essere un po’ du… che già quello si smoscìa di
suo… ma se fatto con una certa ironia, la donna può aiutare il partner
durante il… mentre se lo… ficca… con frasi tipo Dove vai, Cappuccetto
rosso?” oppure E che è, il Ku Klux Klan?!”. L’uomo può così mantenere
l’eccitazione e procedere a metter… a fare i comodi suoi con la quasi
assoluta certezza che alla donna non possa succedere nulla dì spiacevole.
Ma proprio nulla, neanche di piacevole con quel calzettone ficcato su… eh
via!

La gravidanza

Come estrema conseguenza dell’atto sessuale parleremo oggi della


gravidanza, ovvero quell’evento miracoloso che porta all’accrescimento
smisurato della panza della donna.

La panza: malloppone ciccioso e rigonfio posto sul davanti della donna,


sotto il… i se… e sopra la… appena su… tra i seni e… lì.

La panza varia a seconda del momento in cui viene osservata, della


cicciosità della sorpresa e della forza che l’uomo ha di gonfiare i palloni.

Infatti quando un uomo e una donna fanno… sì... dai che ti ridai… a forza
di… sbatt… di… meglio se sposati… ma anche… purché ci sìa il desiderio
di un bambino… nel momento… quando… se l’uomo non esce… cioè
rimane de… in modo che gli sper… se la donna ha fatto l’uovo sono cavoli
suoi!... si verifica il concepimento nella forma di un pescioli… un
piccoliss… un mostriciatt… scientificamente detto spermatozoo maschile”,
dallo zoo” da cui proviene, che si aggira dentro la… all’inter… lì, tutto
allegro e beato perché non sa cosa l’aspetta.

Dunque, come abbiamo visto, in conformità con la leggenda

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che vuole responsabile della nascita di un bambino la cicogna, è sempre un


uccello responsabile della nascita.

Alcuni credono che ogni donna abbia il suo uccello, ma noi siamo più
propensi a credere che lo stesso uccello provveda a diverse donne e a
diversi parti. Le donne che ricevono l’uccello da sposate si dicono normali”,
le donne che ricevono l’uccello da nubili si dicono mignott… sgualdrine!”.

Durante la gravidanza la donna può subire gravi peggioramenti in tutto il


corpo: la pelle del viso eriematosa con venuzze, capelli unti, gonfiore
diffuso, alitosi, le gambe due ciocchi rigidi e rigonfi, il piede un maritozzo
ciccioso che scoppia dentro lo zoccolo ortopedico col calzino del marito
sempre blu e sempre con i pelucchi della lana vecchia.

Durante questo periodo l’attività sessuale… a volte è totalmente assen…


alcun… ma… proprio c’è chi dice che, anzi, ma dove!

Le donne normali scoppiano dopo nove mesi dando alla luce tra imprecaz…
sfoghi… improper… Chi me l’ha fatto fa’”... ‘Sto disgraziato è il terzo che
mi fa fa’”... ma non tutt… Col cavolo che ne faccio un altro…” o anche
Non è possibile”, Ora mi sgarro tutta!”... ma poi si dimentica tutto, sono
urla dettate dal panico, dalla perplessità... dalla curiosità di sapere come fa
un TIR a passare dalla… dentro… a uscire da… lì. Ma poi si capisce e si
gioisce.

Spero con questo corso di aver contribuito a rendervi più consapevoli di


uno degli argomenti più... più... per aiutarvi a vivere meglio insieme ai
vostri partner. Mah!

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Il parto

Il parto è un… è un… è... è uno, ma possono anche essere di più.


Malloppetto ciccioso, oh!, scusate, l’abitudine!

Da non confondersi con un’andata via nel senso di partenza, è invece


l’arrivo, l’avvento al mondo di una nuova creatura, maschio o femmina,
purché sia sano, quello che viene viene.

In questa sede finalmente parleremo, senza pudori, dei segreti più intimi del
parto e dell’organo responsabile di tale evento.
Tante e tante storie sono state raccontate e si raccontano ancora ai bambini,
testoline ignare, sulla loro nascita e soprattutto su quella dei fratellini: L’ho
trovato sotto il cavolo”, L’ho comprato al mercato”, Me l’ha regalato papà”
e così via. È un modo come un altro per discolparsi dal crimine di aver
procurato un intruso e un accaparratore di affetto familiare. Ma tante più
storie e bugie sono state raccontate e si raccontano ancora alle bambine, alle
donne future mamme sulla nascita e sul parto. Pochi hanno il coraggio di
affermare apertamente che responsabile della nascita, e dunque del parto, è
la cicogna. Ohhh, la cicogna è un… uno… un… è uno. Uccello bianco e
ciccioso posto dove gli pare, a seconda delle stagioni e delle fasi

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del parto. Tale uccello è dunque responsabile anche del sesso del nascituro,
scegliendo egli stesso il pargolo che verrà al mondo e che, allo scadere dei
nove mesi dall’informazione avuta dalla donna, provvedere a legare in un
involucro, più scientificamente detto fagotto”, e a consegnare col becco a
domicilio o, con le cicogne più moderne, alla clinica fermo posta.

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La coppia vip

Nei settimanali meno culturali, ma anche stesa al sole in pieno inverno,


ecco fare la sua comparsa il modello esclusivo, all’ultima moda, anche se
non sempre elegante, della coppia VIP”: Viziati, Ipernutriti, Por-tafogliati.

Esistono almeno due diverse confezioni di questo modello. Per la serie


Ricca Racchia”, la proposta è: principesse sfigate”, in particolare del casato
spagnolo, quasi sempre fuori moda, fisico improbabile, modi impacciati,
definiti alla mano”, capello crespo, gamba storta, pessima eleganza; oppure
(a serie prole di armatori”, sempre grassa, con lineamenti marcati, grossi
baffi e peluria diffusa tanto per i maschi come per le femmine.

Raramente o tardivamente accoppiati quasi sempre tra loro, data la


indiscutibile obbedienza al rango, accessorio base di tale confezione. In tale
progenie infatti, il partner povero ma bello” non è quasi mai ammesso
poiché distruggerebbe la tradizione:

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non tanto in quanto povero, ma in quanto bello. Tale eccentricità, invece, è


più spesso tipica della serie: Sani, Belli e Fortunati”. Qui la proposta è:
cuccioli regali, figli di papà, magnati, e qualche ereditiera di illustre
rappresentante del mondo dello spettacolo.

Gli appartenenti a questa serie si portano sempre sorrìdenti tipo il denaro


non da la felicità, ma aiuta molto”; il capello ipernutrito, pulitissimo, anche
nelle foto scattate all’insaputa, lineamenti delicati, un po’ gonfi, dentatura
perfetta, bianchissima, la pelle trasparente e nei purosangue – blu
naturalmente – un fisico perfetto, adatto a tutti gli sport, dal golf
all’equitazione.

Gli esemplari puri non sono sani e belli perché fanno sport, ma fanno sport
perché sono sani e belli.

Gli esemplari di questa serie si accoppiano spesso tra loro, ma sono


incostanti, capricciosi, bizzarri.

Vìa gli accessori ingombranti come la patria potestà o le tradizioni, qui si è


pronti a rinunciare persino ad accessori demodé: il matrimonio combinato,
per convertirsi al più moderno scapestrato è bello” che comunque così bene
si accoppia aU’irrinuncìabile mise della parola VIP firmata E.P.: Eredità
paterna.

La coppia esistenzialista

Per le strade deserte del centro storico, solo dopo mezzanotte, ma anche
nelle serate più tragiche nelle terrazze alternative della capitale, ecco fare la
sua apparizione un

modello assai sparuto di foggia particolare: il modello de la coppia


esistenzialista”.

Firmati L.S.D. (Lugubri, Solitari, Dramma-ticoni), il lui e la lei della coppia


esistenzialista sfoggiano numerosi tratti in comune.

Pipistrelli con l’uso di filosofia, potremmo definirli, si portano infatti alti,


magri, ossuti: tipo il nucleo tragico dell’esistenza ci consuma”. Capello
nero, corto, taglio-Sartre per lui, Anouk Aimée prima maniera per lei,
pallidissimi, quasi gialli, occhiaia approfondita, mascelle scarne, occhiali
neri naturalmente, tipo la luce ci offende, specie se naturale”.

Gli occhiali neri non vengono mai tolti dopo il tramonto, né per fare la
doccia, sempre molto calda o molto fredda, per sentire emozioni, né durante
le pratiche sessuali.

La coppia esistenzialista non porta gli occhiali neri in quanto è


esistenzialista, ma è esistenzialista in quanto porta gli occhiali neri.

L’abbigliamento è molto trascurato: pantaloni neri stretti in fondo, maglione


nero collo alto tanto per lui che per lei, scarpa piatta, andatura lenta, la
spalla un po’ curva, la testa bassa, il corpo rannicchiato in uno spasimo, tipo
Scusa, sto cercando il senso della vita”. Per strada la coppia non cammina,
peripatetica.

Modello soprattutto da casa, raramente in compagnia, specie se c’è il


rischio di divertirsi. Si è sempre soli anche in compagnia, gli amici migliori
sono sempre morti, guarda Leopardi, guarda Sartre.”

Le effusioni amorose in pubblico si portano assai scarse, e comunque mai


tenere o affettuose, ma sempre complici e intellettuali

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le mani che si toccano, intense occhia-late d’intesa tipo dobbiamo morire”


o, nel modello più titanico, tipo forse siamo già morti, ma neanche questo
importa”

Scarsissimi gli accessori sigarette, mai meno di quaranta e mai col filtro,
libri, carta musica e, nel modello più decadente, accessorio base quel vago
senso d’indefinito che ha nome Morte

L’attempato e U biondona

Nei locali notturni della capitale, ma anche nei residence entrata


mdipendente-posto macchina, ecco spuntare un modello assai pittoresco,
ma sempre di moda la coppia dell’attempato e la biondona”

Questo modello, decisamente da sera si contraddistingue da altri in quanto


si porta sempre furtivo e di nascosto in pubblico, si esprime invece al
massimo al riparo di ristoranti e pianobar, oppure al sicuro, tra le pareti dei
pied-a-terre arredati, massima riservatezza, dove però a seconda dell’età del
lui, si può esprimere anche al minimo

Ultrasessantenne lui. assai dotato di virtù pecuniarie, di età indefinita lei


intorno ai venti dichiarati, l’attempato e la biondona sfoggiano una coppia
assai bizzarra che potremmo definire due cuori e un conto in banca

Il lui si porta elegante sempre spesso calvo, la dentatura perfettamente


ricostruita, la camicia di seta pesante, a coprire pietosamente i segni della
canotta della salute, lo stomaco padronale, gonfio in proporzione
all’industria che possiede, il

calzino di cachemire, la scarpa nera, lucida, perfetta

Scarsi gli accessori rughe ampie, efelidi alle mani, qualche pelo più lungo
che fuoriesce dal naso o dalle orecchie cespugliose e, nei modelli più osè, la
penna d’oro esibita nel taschino della giacca

La lei della coppia si porta preferibilmente molto abbondante si paga infatti


un tanto al chilo, e bionda sempre, anche quando e nera e tinta, il sorriso
stampato sulle labbra rosso pomodoro, la faccia un po’ dura, secondo i
dettami dell origine borgatara, le mani tozze e laccatissime, l’occhio
provocante, sempre un po’ socchiuso, spalanca solo le ciglia finte, in rare
occhiate tipo chiamami porcona, sarò la tua bionda”

Le effusioni amorose in pubblico si portano rare e ambigue, spesso e la lei a


prendere l’iniziativa nel modello originale infatti, la biondona, appollaiata
sul divanetto prive del pianobar, premia l’attempato, crollato con un sorriso
cinicamente preoccupante dopo una samba a richiesta tipo sessantanni e
non li dimostro”

Nel modello più muliebre, e ancora lei che gli da le pillole per la
circolazione, gli rimprovera le sigarette e, nei modelli più osè, gli ricorda
persino i compleanni dei figli Tutti optional msomma, che non hanno
veramente prezzo

La coppia crocieristi

Seduti in grosse seggiole sdraio bianche, aperitivo ghiacciato e tartine


caviale-salmone che buone o al tavolo del ristorante

più noto del porto, al “Cavallino” o al “Gambero rosso” che è è, basta che si
mangia bene, ecco fare la sua eccentrica comparsa un modello assai raro e
privilegiato studiato per l’estate, ma portato finché la stagione lo permette,
il modello la coppia crocieristi”.

Abbronzatissimo lui, abbronzatissima lei, un po’ rugosi in viso, come la


gente di mare, gli esemplari della coppia crocieristi si portano sempre in
vacanza: soli o con gli amici, sempre in coppia 4,8,12 (o multipli di 4) da
abbinare col cabinato, naturalmente.

Sorridente e flemmatico lui, si porta sempre un po’ viziato, sin da piccolo;


l’abbigliamento caldo e ricercato esclusivamente nei colori bianco e blue;
cardigan, clarks, lana shetland e cachemire, tanto l’estate quanto l’inverno:
la c.c. infatti è sempre in crociera. Anche quando è in città, è sempre in
crociera.

In parure la lei, maglie caldissime, scialli, pantaloni felpati, mocassini un


po’ da vela, un po’ da orno, come è sempre un po’ lei: una lupacchiotta di
mare, come la chiama lui nell’intimità del cabinato 4×2, quando con la luna
o in mezzo alle intemperie è sempre il marinaio che combatte il mare.

Abitudinaria e silenziosa la c.c. esce dalla barca solo per rare apparizioni al
ristorante del porto d’attracco: al tavolo lui si porta sempre un po’ affettato,
calvo ma ricco, sceglie il pesce migliore che succhia e mangia sempre con
le mani, come i cafoni e come i lord.

Lei mangia poco, è in dieta perenne: insalata, champagne, qualche


gamberetto che succhia stuzzicandolo con le unghie

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laccatissime e curatissime come le donne di mare, naturalmente.

Ma dove la coppia sfoggia al massimo la sua esuberanza è nella barca, la


Rosy2, dove passa lunghe ore a giocare a carte, o a giocare a carte e,
qualche volta, a giocare a carte: qui il mondo di fuori si porta guardato con
distacco, con la superiorità del modello esclusivo tipo noi sì che abbiamo
capito tutto, vedetevela un po’ voi con l’equo canone”.

I domestici somali

Sovraccarichi di pacchi come i loro antenati muli, nei quartieri alti della
capitale, o in una fiera vociante di tele bianche, nei bar meno puliti zona
Stazione Termini, ecco fare la sua comparsa, sempre più numeroso, un
modello di recente importazione: la coppia domestici somali”.

Riccioletto e nerissimo del tipo fondente, il lui della coppia si porta un po’
silenzioso, l’abbigliamento occidentale controvoglia: giacca damascata
verdolino chiara, pantaloni velluto rigatino sempre un po’ troppo larghi e
comunque sempre del marito della padrona. Il lui della coppia domestici
somali si porta timido, l’occhio liquido, assente, lo sguardo perso, tipo: a
quest’ora nel Nepal è già notte.

Più ciarliera e vivace invece la lei della coppia, il capello tirato in


improbabili cipolline, oppure spampanato e irsuto, molto crespo e
comunque sempre nero;
anche quando è vecchia infatti lei è sempre nera.

L’abbigliamento si porta misto gonna plissettata anni Cinquanta, nel senso


di cinquanta

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anni fa, sull’ampio deretano, scarpe di vernice nere, sempre slargate, senza
calze anche d’inverno, tipo giù da noi fa caldo, qui un po’ meno

Ma pezzo forte dell’abbigliamento della lei e il grande telo bianco che


ricopre il tutto in un accrocco misterioso il segreto del capo e della coda,
nessuna sciacquetta occidentale capirà mai

È nella piccola folla ciarliere del giovedì pomeriggio che gli esemplari della
coppia D.S. sfoggiano la loro massima esuberanza gli uomini con gli
uomini, le donne con le donne, in un’orgia di saluti, scambi di fotografie e
bigiotteria pataccona d’importazione, misti a cianfrusaglie del tabaccaio

È qui che finalmente, nella lingua madre, si distruggono le padrone e i loro


figli vinati e bianchi, si fanno i progetti si parla della giungla lontana, dove
prima vivevano poveri e liberi e adesso sempre poveri e per di più schiavi.

È solo quando la piccola folla si disperde che la coppia si riconosce


dall’odore naturalmente e. ricongiunta, scompare come una nuvola bianca
sull’eco delle ultime parole Amalaha Kamalaie” e cioè ridendo e
scherzando abbiamo fatto le otto”

La mamma la figlia zitella

A passeggio per i viali alberati delle cittadine di provincia o immobili per


ore al davanzale della finestra della camera, quella della cucina da sul
cortile interno, ecco fare la sua apparizione un modello assai particolare e
riconoscibile quello della coppia la mamma e la figlia zitella”

E questo uno dei modelli più sobn della nostra collezione, a dominare sono
qui i colori scuri, i grigi, i marroni, il nero e nei modelli più osè il collettino
di piquet bianco per la figlia
Scarsissimi gli accessori fazzolettino di merletto per la mamma e
quell’inconfondibile profumo di muffino

La coppia si porta assai demodè, un pò stinta, molto seria e comunque


sempre muta, l’andatura calcolata intorno al chilometro allora, lo sguardo
un po’ perso, tipo siamo uscite di casa e non sappiamo perchè”

La mamma si porta ossuta il capello bianco, molto ordinata e comunque


sempre vedova, al braccetto la figlia attempata, di età indecifrabile, lo
sguardo voglioso, con delusione, il corpo ossuto un pò asessuato, la forma
sacrificata, tipo “gli ormoni non trovano sfogo”

Gli esemplari della coppia non hanno vita autonoma, sono infatti quasi la
stessa persona vivente in due epoche diverse

Quello non lo vole, quell altro non gli piace, trova sempre un difetto a tutti
se continua così finisce zitella” questo quello che la madre racconta agli
altri nelle rare uscite da sola Chiusa nel suo dramma,

piena di voglie sacrificate, la zitellona scrisse nel suo diario Ho giurato di


dare il mio amore e la mia carne solo all’uomo che la meriterà” Alla ricerca
del maschio perduto,

da quel giorno tanti ne sono passati e la zitella si porta ancora triste e senza
amiche

La vergine nera si aggrava sempre di più della quanto mai antica sindrome
da principe azzurro

L’ANGOLO DELLA POESIA

Infinito di Giacomo Leopardi

(da leggere con la erre moscia)

Sempre caro mi fu quest’ermo colle, guarda, non hai idea cara, di quanto sia
importante per me. L’acquisto del colle è stato una conditio sine qua non:
quando Glauco rilevò la villa a tre piani e l’appezzamento di terreno
circostante ho preteso che includesse il colle, lo adoro questa escrescenza
terriera, questa protuberanza della natura, anche perché tu, capisci, col colle
e la siepe che da tanta parte all’ultimo orizzonte il guardo esclude
finalmente un po’ di privacy, vero, vivaddio, finalmente una separazione
suolo pubblico e suolo privato, capisci, il mio suolo privato, lo trovo che
settembre sia la stagione ideale per il soggiorno in villa, fai conto verso il
tramonto, prima della cena fredda, sedendo e mirando interminati spazi di là
da quella siepe e sovrumani silenzi e profondissima quiete io nel pensier mi
fingo. Guarda, veramente stupendo!

Appena mi soffermo mi ricordo la stagione morta a Portofino, quest’anno


una sorpresa incredibile, figurati, la passeggiata sul porticciolo era cosparsa
di cartelli bluette, un colore che odio, figurati, con su scritto: I proprietari
dei cani sono obbligati a rimuovere dalla strada gli escrementi delle loro
bestie”, figurati, se potevo mettermi a pulire la cacca di Cesare che,
oltretutto, non è un cane, tu lo conosci, è un bue, vero, viva il suolo privato,
dico io, viva il mio colle, per di più anche ermo. E poi Portofino è Portofino,
è sempre lei, non c’è niente da fare, Portofino è mare nostro, Portofino è
degli habitués, guarda, basta che chiudo gli occhi e tra questa immensità si
annega il pensier mio e il naufragar m’è dolce in questo mare, lo adoro
Portofino!!

Seconda parte LA GRANDE FLORA”

L’universo Flora

Signo’”, com’annamo?

Ah, qui da me nun comannamo certo. Sto in piedi da stamattina alle sei,
lava, stende stira, pulisci, strofina, fatico che ancora nun era giorno, ma poi
avessi chiuso occhio stanotte, chissà che diavolo i’è preso a li dolori, se
vede che cambia il tempo. Epoiii… la mattina qui da me, alza quello,
chiama quell’altro, e quello lavolo, calzolo, vestolo, e prepara la merenda e
scalda il latte e il pranzo al mi’ marito pe’ porta’ via che fa il pendolare e
quello la cacca, e quello la piscia co’ licenza parlando, me scuse, sa’!

L’unico momento che respiro è quando i fii grandi escono che vanno a


scola. Nun ce la faccio più co’ ‘ste otto o nove creature che c’ho, me fanno
ammazzà!! Davide, sta’ fermo, cominciamo!?
Signora mia, c’ho sei maschi o sette? Il primo nun se sente, tale e quale ‘na
mummia, come morto, ma l’ultimo, porett’a me! Dice che li fii so’ nervosi
perché semo nervosi noi… seee, semo noi che semo nervosi perché so’
cattivi loro. Piantatela rega’, Rovero, Silvio, mo co’ uno ce meno
quell’altro… chi me l’avesse detto, pora mammina mia, Dio l’abbia in pace,
nell’oro m’aveva cresciuto, nell’oro;

da quando me so’ sposata ‘na disgrazia dietro l’altra, fatico come un


somaro, privazioni, lavoro, miserie, cinque figli

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uno dietro l’altro, due l’ho avute insieme, sempre dentro ‘ste mura, nun ce
la faccio più!

Alò, è finita la pace, ritornano li fiii da scola, guardate ‘sto disgraziato come
s’è conciaaatooo! Tutto il fiocco sporco a penzoloni, la cartella
squinternata; Massimilia’, viene su che te sistemo io;

Emilio, Giuseppe, Rovere, Davide, aprite qualcuno al vostro fratello, sinnò


quello sona fino a domenica.

Sssente, Velia, che robba! E che è? Da stamattina c’ho certe piccature… me


piego dalle fitte al fegato. A proposito, si-gno’, ha saputo niente della
Cleofe? Massimilia’, posa la cartella, lava le mano, po’ scende giù de corsa
da Marsilio, piia un dado grande, diie paga la mamma” che me so’ scordata
stamattina, cammina! Allora, che volevo di’?

Ah, c’è stata a trova’ la Cleofe all’ospedale? Io c’andette l’altra mattina,


che pena! Massimilia’ caro, movite ve’, cocco! Emilio, Rovere, alzateve su
pure voi! Cirillo, lavite le mani che mo magnamo.

Nun sia mai rinfacciato, i’ho portato du’ arance, una bella scatola de
biscotte, quelli da più... no che c’abbia bisogno, no, ma, come se dice, il
pensiero! Le magneranno, che ie pare.

Insomma, signo’, ce trovai il fiio: un ometto piccolo piccolo tanto caruccio,


sì, i’aveva portato du’ capillini in bianco cucinati da la su’ nora (poretta , la
Cleofe nun po’ magna’ niente co’ l’ulciola che c’ha gravissima, è mezza
fracica dentro!). Uh, ie se rivoltò al fiio: Nunle voio li capillini della tu’
moglie, portali via, nun la voio la roba de quella strega che nun me ce vole
dentro casa, manco ‘na volta me c’è venuta a trovà, nun vede l’ora che
moio, quella sporcacciona, quella…” (per via che da giovane pare che è
stata un po’... me capisce come ie dico… prestevole).

Allora, il fiio, come ce rimaaaseee!!!, poretto, magari dice che l’ulciola


dipende de li nervi, me capisce, difatti la Cleofe è stata sempre un po’,
come ie dico, lamentona, nervosa, ‘sferica, ecco… Massi-mi-lia’ !, ce vai a
prende il dado, sì o no?

No!”.

Alò, lo senti’, ragazze mie, ‘sto disgraziato impertinente, dittatoro,


screanzato, quanto sei antipatico, fiio mio, talis

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babbus, talisfìlius. Alò, slatinamo, signo’! Quant’è nervoso questo. Invece


de esse’ il più giudizioso è il peggio. Quanto c’ho faticato, sempre è stato
cattivo, da piccolo me scambiò il giorno co’ la notte, nun m’ha fatto dormi’
mai mai, signo’, la disperaziooone! ‘Na sera perfino co’ ‘il gas provai, dette
‘na tralancatina e ricominciò a strillà’, a piagne peggio de prima, manco co’
quello dormi’.

E che è, Massimilia’, lassala perde’ la tu’ sorella, ma che sei matto?


L’ammazzi così, lei è più piccola, che ne sa? Antonella, viene qua dalla
mamma, viene ve’, cara, nun ce gioca’ co loro che so’ maschi, vieni qua,
gioca vicino alla mamma, pi)a la bambola, viene, ve’ cara, e nun piagne’, e
smettela ancche te, quanto sei lamentona, stai sempre a piagne’ .

Emilio, Rovero, alzateve su, lavatevi le mano, Antonella viene qua, viene
dalla mamma, viene che te fo le trecce/ cammina, obbedisci. Cirillo, sta’
attento che c’è l’acqua sul foco, si caschi a rifamo il bis, lo sai, sì? M’è
cascato pe’ giocà co’ quell’altri giù pe’ la strada, signora mia, uno spavento,
m’è rimasto senza fiato più di un quarto d’ora: quanto ha piaaaaaanto!!!
Fortuna venne su subito il dottore, tanto premuroso/ dice: Il bambino che
accusa?”.

E chi vole accusa’, dottore mio, so’ fiii, chi lo sa chi fatto casca’, si l’ha
spinto qualcuno, si è cascato da chi le guarda giù pe’ la strada?”

Insomma, come fu, se chiuse in camera con lui ‘na mezz’ora bona. Chi lo sa
che ie fece. Sentivo il fiio che striilaaava, dico me lo massacra”. Chiamai il
dottore dietro la-porta, nun solo nun me fece entra’, e sta’ ferma, Antone/
ma poi quante me ne disse: ignorante, che il dottore efa ) che faceva il suo
mestiere, insomma uscì fori il fiio che “‘ che era guarito. Ancora zoppica,
sì, c’ha un bozzo sul piede ma lui dice che sta bene, nun sente più niente,
mah!

Insomma, pe’ quelle du’ mosse se fece paga’ eccome-pure lo sa che qui da
me altro che miseria c’è e fame.Massimilià’, ce voi sta’ fermo co’ ‘sto
pallone? Te pare ora? mazzo, stamattina, obbedisce, lasele perde’ la tu’ &oì
Antonella, nun piagne’, ve’’ cara! Quintilio,

ve

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riempio de botte, ve faccio uscì il sangue stamattina io! Poi stasera quando
arriva il vostro babbo ce pensa lui.

Seee, ie frega parecchio, pe’ quattro soldi che porta a casa altro non fa, sto
‘briacone, delinquente, magnauffa, tiè, come ‘na coniglia me tratta, per
carità, se nun ce fossi io ‘n ‘sta casa e che? Trovi qualcuno che te da una
mano?

Giuseppe, Emilio Rovere, Quarto, lavate le mano che magnamo. Davide,


Cirillo, obbedite, movetive! Antonella, Massimilia’, e che sei indemoniato?
Nun ce la faccio più. Signora mia, lava, stende, stira e pulisci, e fa la spesa e
da magna’ e cuci’, e puli’, e il mi’ marito e co’ ‘ste undici creature che me
fanno ammazza’, nun ne posso più, signora mia. Paola, nun te sporca’ che
t’infilzo co’ li ferri da calza, sa’?
Allora, come ie venivo dicendo, incontrai l’Ernesta, tanto sconsolata, che
me se confidò, anzi me se raccomandò de nun fa’ parola co’ nessuno. Se
figuri, signora mia, so’ la discrezione fatta persona, e poi con chi vole che
parlo? Sto sempre chiusa qui dentro. Dicceee: C’ho la fiia da marito da un
pezzo” – lei nun me disse esattamente l’età ma io so che c’ha quasi
quarant’anni – che nun me se decide a sposa’. E quello nun lo vole, e quello
nun me piia, e quello è troppo corto, e quello è lungo, e quello nun c’ha li
soldi, e quello è burino, e quello nun lavora, e quello nun me piace…
insomma nun se vole decide”.

Che la fiia, come ie dico, brutta brutta brutta non è, no, solo che è...
esiggenta, me capisce come ie dico, e la su’ mamma è disperata perché
dice: Tanto giovane non semo più, quelle du’ sordarelle che ho risparmiato
tutta la vita li vorrebbe vede’ sistemati a modo”, me capisce?, pensa de
mori’ e de lascia’ la fiia sola, nun ce se po’ riconsola’, me capisce? Anche
perché la fiia brutta brutta nun sarebbe, no, solo che è, come ie dico,
esiggenta!

Attilio, te ce metti pure te, che stai sempre zitto, te sei svegliato a cinque
anni?! Levite da lì, movite! Mo quando viene il tu’ babbo…

Massimilia’, ripassa le tabelline che mo te le risento; Antonella lava le


mano; Cirillo, nun litigate, Sistilio, Quarto, hai finito de fa’ la cacca?
Chiude la porta, cocco, che la puzza viene fino a la cucina!

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Ricomincia la scola

Il fiio è tanto ‘ntimorito che comincia la scola. Quistione che è tanto


abituato a gioca’ giù pe’ la strada tutto il giorno che nun se sa come me
torna su, che dice: E dopo me devo sveia’ presto, e nun c’ho più l’amichetti
mii, e poi devo fa’ il compito, nun posso più gioca’, e la maestra me mena”.

Invece io ie voio fa’ un discorsetto proprio a modo, me capisce?, lo voio


‘nvoia’, perché poi lì se fa l’amichetti novi e poi impara a legge’ e a scrive’
e poi a disegna’ co’ li colori, no che deve crescere mezzo ‘nalfabeto come
la su’ mamma, disgraziata, sfruttata tutta la vita, che se ce penso, pora
mammina mia, Dio l’abbia in pace, tanto bona!, che se m’avesse fatto fa’
almeno le medie, pora sciuprinata, io a quest’ora nun stavo qui.

Allora, insomma, il fiio invece lo voio fa’ studia’ e ie voio fa’ capi’ co’
dolcezza che a scola se sta bene, se diverte e poi ha da esse’ bravo, il più
bravo sinnò l’ammazzo, voglio dire so’ sicura che riesce perché il fiio
stupido stupido nun è, anzi è svelto, è stato sempre svelto, ha parlato
prestissimo, no pe’ vantamme, nun aveva manco tre anni e già parlava, voio
dire, se vedono quando so’ fiii, all’asilo

menava tutte quante, è stato sempre intelligente, me capisce come ie dico.

Certo è molto vivace, c’ha tanta paura per questo perché magari li primi
tempi a sta’ fermo fermo sul banco il fiio nun ce sta. Che nun sta fermo un
minuto, che Dio lo benedica, me magna anche cinque volte al giorno, che
voio dire a tante famiie ie vengono quelle fiie patite, che magnano poco, che
stentano un pochino, graciline, de poco pasto, che tocca anche un po’ fatica’
per falle magna’, no: proprio qui da me che nun so come sfamallo, ‘sto fiio
sempre affamato!!!

Allora, ie venivo dicendo, anche l’altro giorno il fiio se lamentava, dice:


Nun ce voio annaà alla scola, e c’ho paura, e me vergogno, e poi c’ho la
cartella più brutta de tutte e nun so legge’”, perché le fiie d’adesso che
vanno a scola sanno già tutte legge’ e scrive’. Mica c’è uno che nun sa
legge’... o ie insegnano a casa o c’hanno le fratelle più grosse o ie fanno fa’
la scola privata, altro che il mio, il più sciuprinato de tutte… co’ tanta
pazienza me ce vole pe’ fallo ragiona’, pe’ convincerlo, me capisce?, nun ce
vole anna’ e nun ce vole anna’.

Oh, ma’, nun me piace d’anna’ a scola.”

T’ha da piace’. Zitto e mosca.”

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La favola della pastorella


C’era una volta una povera pastorella, tanto povera ma tanto bella, c’aveva
l’occhi neri neri e le capelle lisce co’ du’ trecce lunghe lunghe, proprio
come te, Antone’, che fai, non dorme, cara? La mamma c’ha da fa’, cocca,
sa’.

Tutte quante, anche quelle che non la conoscevano, sapevano che era
bellissima e ogni tanto qualcuno se presentava alla porta della capanna della
povera pastorella per chiediie la sua mano. Un giorno bussò alla porta della
capanna ‘nomo, né giovane né vecchio, né bello né brutto e disse alla
pastorella: Vieni, cara, te porto via con me, io sono molto ricco, ti farò
diventare una gran signora”.

Allora?”

Allora Antone’, non dorme ancora, cocca, mica c’ho tempo da perde’ con
te, sai, ‘nnamo, ubbidisce, cara!

Allora?”

Allora la pastorella lo seguì, ma quell’omo era stato un bugiardo, lui era


povero povero e in poco tempo la pastorella si ammalò e diventò secca
secca e brutta. Allora ‘stomo la riportò alla capanna e la pastorella piagneva
piagneva tutto il giorno perché pensava che nessuno la

voleva più. Allora?”

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E allora, Antone’, accendo er gas se non dormi, sa’?, te voi decide’ o no?, e
annamo! Allora un giorno bussò alla porta un giovane bellissimo che diceva
d’esse’ un principe e voleva la mano della pastorella. Alla fiia nun ie parse
vero, scappò con lui ma s’accorse subito che il giovane l’aveva ingannata
perché si era trasformato con un sortilegio.

Sortilegio?”

Dorme, sì.

Che è sortilegio?”
Oh, a dir la verità ‘sto ragazzo era un mostro cattivo e peloso, che ie
menava sempre, la faceva lavora’ tutto il giorno e non la lasciava mai sola.

No, nun era cussi, te se’ sbajata, dimmela come l’altra volta!”

Oh, Antone’, che ne so?, e chi si ricorda com’era!? Si la sai già allora
dorme, no?, te meno, sa’?!

Un giorno il mostro si addormentò e così la pastorella fuggì nel bosco.


Cammina cammina incontrò una vecchina tanto caruccia

Che fai tutta sola nel bosco” ie disse la vecchia. So’ sola” ie rispose la
pastorella…”

No, la pastorella qui piange!”

Antone’, mo piio ‘1 tortore, insomma va a fini’ che la vecchia era sempre lo


stesso mostro peloso che s’era trasformato in vecchina buona, e pe’ tenesse
sempre la pora pastorella la trasformò in una ranocchia, brutta puzzolen-ta.
E così la pastorella fu punita di tutte le sbaie ch’aveva fatto. Che te dice,
Antone’, la mamma, non ie da retta a le maschie, lassale perde’, nun ce
gioca’, gioca con le femminucce e sta’ composta ve’, cara, sinnò vedrai che
te lo metto io giudizio. Dorme, ve’ cara!

Tirite più in là, Terenzio Arraabbiele quanto so ghiacce le lenzola quanno se


va a dormi’. T’ho detto mettici lo scaldino prima d’accenne’ la televisione,
così trovamo il letto caldo.

Seee, quann’hai magnato, bevuto, ruttato te metti a fuma’ davanti a la


televisione, nun c’è Cristo che te smove, sa’! ‘Sto disgraziato, delinquente,
assassino, magnauffa a, tiè, basta che rutte, e che rutte, Tere’!, m’ha fatto
veni’ il mal de stomaco, tra le peperone che me tornano su co’ tutta quella
cipolla, porett’a me disgraziata. Me sento gonfia’ come un pallone. E chi
dorme stanotte, porett’a me.

Senti che piccature de fegato, che piede ghiacce che c’ho, so’ senza sangue,
e scaldime li piede, Tere’, che moio.
Fa’ piano, e fa’ piano co’ ‘sta zampa, proprio sul fegato te piazzi, tirite più
in là, spostite più in là, Tere’, che c’hai le rosicarelle, stasera? Sta’ fermo,
Tere’, via, che ce sente la fiia, lassame perde’, cammina, essere bono,
restate fermo, lassame perde’, sta’ bono e sta’ fermo!, davero te piiano le
bollore?, c’hai le bollore, Tere’, sta’ fermo che …

E sta’ fermo, ba’!”

Alò, hai sentito disgraziato, grezzo che nun sei altro, hai svegliato
l’Antonella! E stacce’aattento, solo a una cosa pensi, porett’a me, stanca
come so’ la sera, come una coniia me tratta. Senti che piccature, altro che le
voie me se fanno co’ ‘ste dolore, lassame perde’ Tere’, sta’ fermo che so’
stanca, c’ho sonno, mica semo più giovane, Tere’. Nun me scopri’ cussi
(miacica e russa) cussìii… sta’ fermo Tere’... (miacica) ... ‘ermo… e sta’...
Tere’ che c’hai le callane … shhh… me fai male, Tere’, sta’ fermo oh! E
sta’ fermooo! (fortissimo) Alò!

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E che sei ‘sterica?

FLORA: Marce’... oh, Elvira, come stai? Ma chi sei? La Cleofe? Oh,
passami un po’ la tu’ mamma… dov’è? Sta a fa’ la puntura a la Velia?
Velia, ma sei teee? Ma chi parla? Massimilia’, sta’ fermo che la mamma sta
al telefono, sta’ bono, ve’ caro, che ce l’avanzi da oggi. Elvi’, so’ io, come
chi so’? Cleofe, che voi? Ma chi è? Rega’, passatime l’Elvira che c’ho da
parla’. Ah, sei te, Gualverio, me pareve la tu’ figlia… come stai? Ah, sei te,
Cleofe? C’hai il mal d’ossa? Piccola così già c’hai il mal d’ossa? Ah, il tu’
babbo ce l’ha. Ma la tu’ mamma me la passe sì o no che c’ho da parla’! Oh,
Elvi’, finalmente, ma dov’eri che ho parlato co’ tutte… Sta’ a senti’... ce voi
sta’ ferma sì o no? Mo te infilzo con le ferre da calza, sa’, se non te zitte un
momento! Non, nun sto a di’ a te, Elvi’, ce l’ho con l’Antonella, che nun
me da pace da stamattina e gira e pittala e cammina, e urla e piagne e strilla,
nun ce la faccio più. Antone’, t’ammazzo, eh? Pronto, Elvi’... ‘ndo’ sei
annata che nun sento più gnente, Elvi’? Elvi’ ‘ndo’ sei? So’ un diavolo,
sento parla’ ma mica so chi è. Elvi’, ah, sei te, Velia? Stai a fa’ la puntura?
Ah l’Elvira t’aveva lassato a metà pe’ risponne a me? E che ne so io? È
un’ora che la chiamo e abbi pazienza, Velia mia, mo te lo leverà’ l’ago, che
c’ho colpa io? Bisogna che tu te calme, che da quando c’hai ‘sto
esaurimento nervoso mica ce se ragiona più co’ te,

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saaa’! E calmite, cocca mia, e che sarà mai, mica more co’ l’ago ne le
chiappe! Passime un po’ l’Elvira, già che ce sei, va’, fo subito subito, i’ho
da chiede’ il nome de certe pilloline bianche che pijava lei pe’ digerì’,
piccole piccole piccole piccole, c’ho perso la scatola, nun me riesce de
ricordamme, me facevano tanto bene. Te nun lo sai, eh? E che ne so io,
potevi sapello, capace che le pijave pure tu, le piie tante de pastrocchie
mezza fracica come sei! Nun strilla’, Velia, eh che sei ‘sterica? !Elvi’, sei
te? Oh, Cleofe, passime un po’ l’Elvira.El-vi’... mo te tiro il telefono, eh?
Elvi’, nun ce l’ho co’ te, ce l’ho co’ Massimilìano. Starnine a senti’, te
ritelefono più tardi che mo ammazzo Massimiliano. Antone’, fa’ li cacca
che te gonfio, eh?

53

Le tabellline

FLORA:2per1”. ANTONELLA: 2per1 = 2”. FLORA: 2per2?”.


ANTONELLA: 2per2…”. FLORA: 2per2 = 4”. ANTONELLA: 4…”.
FLORA: E 2per3?”. ANTONELLA: 2per3…”. FLORA: 6, 2per4?”.
ANTONELLA: 2per4…”.

FLORA: 2per4 = 8. Antone’, bisogna che te le studie le tabelline, eh cara,


sinnò te crescono l’orecchie lunghe come l’asine, e poi la maestra nun te ce
piia più a scola, hai capito, cocca? Nun la fa’ arrabbia’ la mamma che c’ho
da capa’ le facioline, c’ho da fa’ il minestrone, le polpette, ho da fa’ il sugo;
Antone’, devi esse’ bona, cara. 2per5?”.

ANTONELLA: 2per5…”. FLORA: 10, Antone’”. ANTONELLA: 10”.


FLORA: E movite, carina, che mo’ te meno, saaaaaai!? 2per6?

2per6”. ANTONELLA: 11”.

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FLORA: Seee, 18, Antone’, giocamo al Lotto… Cammina, studia, che
domenica sinnò nun te ce manno al ricreatorio da le monache, sa’!? 2per7,
come l’anne che c’hai te?”.

ANTONELLA: 7…”.

FLORA: Come l’anne che c’hai te per due, Antone’, rispon-ne bene che te
scortico, sa’! Nun cominciamo a nun studia’ in seconda, Antone’, che si
porti la pagella brutta lo sai il tu’ babbo che te fa, sì, lo sai, sì?”.

ANTONELLA: Sì al mi’ babbo nun i’emporta niente…”.

FLORA: Alò, lo senti che roba, ragazze mie, anche le fiie lo capiscono de
quant’è infame, disgraziato, magnauffa amorfo, tiè. Altro che educazione a
‘ste creature, qiiann’ha magnato, bevuto, ha ruttato davanti a la televisione,
uh, porett’a me, co’ licenza parlando coome ‘na cuniia me tratta, appena me
tocca me mette incinta. Anche a la Madonna de Fatima so’ annata a chiede’
la grazia de nun famme partorì’. Seee! I’ho detto al dottore, mi dia una
qualche cosa per nun fa’ più le fiie, ma dice che la mutua le pasticche nun le
passa, porett’a me sciuprinata, solo che il miracolo ce vole! Antonella,
ripassa le tabelline che te gonfio, sa’!”.

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Mi* marito c’ia l’ulciola

Signo’, ce risemo. Era un po’ de tempo che nun la vedevo, come mai? Ah!
È stata all’ospedale, nun lo sapevo, me dispiace tanto e come mai che nun
ho saputo niente? Quanto m’arrabbio quanno nun so niente de la gente!
Avesse saputo venivo a trovalla; du’ arance, du’ pacche de biscotte, un
presente; mica che lei c’ha bisogno, per carità, come se dice conta il
pensiero.

Accidenti al male, nun se campa mai tranquilli, c’ho ‘1 mi’ marito Terenzio
co’ un’ulciola gravissima anche lui, ce dovrebbe sta’ attento, seee!!! Per
carità, magna tutto e tanto, che me fa quasi schifo, quanto magna, signora
mia!!!
E nun dovrebbe magna’ niente, c’ha ‘na colica dietro l’altra e magna le f
aciole, le peperone, che io, porett’a me, nun le digerisco manco a guardalle;
me se rinfacciono già quanno le compro al mercato. L’ho fatte l’altro
giorno; l’avrò magnate… quanto saranno state? Due due, uhh!!! Dio ce
scampe e libere, certe piccature de fegato che nun potevo manco respira’.

È venuto su il dottore, quel dottorino giovane, novo, tanto caruccio, quello


roscetto co’ l’occhiale, lo conosce?, è novo, ma c’ha tante mutuate, è tanto
per bene. Venne su subito, tanto premuroso, me fa, me dicceee… che
accusa?”. Dico: E chi vole accusa’, dottore mio, saranno state le peperone,
c’ho certe dolore al fegato! Quante l’avrò magnate? Due due, l’ho cucinate
poche, sette-otto chili pe’ il mi’ marito e le figlie; e c’ho ‘naboccaccia
cattiva che nun se sa!!!

56

Il catechismo

FLORA: Cammina, Antone’, ripassa il catechismo che

sinnò la comunione nun te la fa fa’, il prete!, lo sai, sì?!

Chi è Dio?”.. ANTONELLA: Dio èèè...”. FLORA: L’essere


perfettissimo…”. ANTONELLA: Ah, perfettissimo…”. FLORA:
Creatore!”. ANTONELLA: A Creatore!”. FLORA: ... del cielo!”.
ANTONELLA: ... cielo”. FLORA: ... e de la terra, Antone’! Ma si ripete
quello che te

dico io nun vale, eh! Hai da studia’, che sinnò Dio anche

che è perfettissimo te punisce, sa’?!, Antone’. Si nun studie il catechismo


more, sa’, cocca!!! Allora: chi è Gesù?”. ANTONELLA: Nun lo so!”.
FLORA: Come nun lo sai, Antone’?! Gesù è quello che la

mamma mette sul presepio a natale, no?!, è il padre…

de tutti noi, no?”.


ANTONELLA: Ah, seee, piccolo in quel modo è il padre…”. FLORA:
Antone’, studia che sinnò don Luigi t’ammazza,

lo sai, sì?! Cammina che se continue così manco te lo fa

mette’ il vescovo il vestito bianco!”. ANTONELLA: Oh, maaa’!!! Quanno


me lo compre il vestito

mio?”. FLORA: Te l’ho già detto, Antone’, ma sei sorda o ce fai,

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carina?! Il vestito te lo presta la tu’ cugina che ie lo cuce la tu zi’ Elide,


prima fa la comunione lei, alla parrocchia de San Domenico, po’ de corsa
de corsa avante a tutte, corre qui a casa, te da il vestito co’ le fiore e co’ il
velo e po’ vai a fa’ la comunione te! Nun se’ contenta, Antone’?”.

ANTONELLA: A ma’, la mi’ cugina è grassa, il vestito suo nun lo voio, me


sta grosso”.

FLORA: Se stringono le Iacee, Antone’, dopo che la zi’ Elide ce fa ‘sto


piacere che la tu’ cugina manco va a magna’ le maritozze co’ la cioccolata
dal prete dopo la comunione, co’ quell’altre fia relle, pe’ corre’ a da’ il
vestito a te, tanto caruccia, che fa la comunione e fa subito un’opera santa!!!
Invece de ringrazia’ la zi’ Elide, maleducata che nun sei altro…”.

ANTONELLA: Ma la mi’ cugina è grassa, è bassa, il su’ vestito me sta


corto, nun lo voio, ah ma’, nun lo voioil su’ vestito!”.

FLORA: Antone’, bisogna che te sei bona, cocca, lo vede?, la mamma te lo


dice co’ pazienza, hai da fa’ la comunione, nun te deve fa’ tenta’ dal
diavolo, sinnò quanno fate il ritiro, con quell’altre fia relle, il prete non te ce
vole lo sai, sì, Antonella!?”.

ANTONELLA: Nun lo metto il vestito de la mi’ cugina…”.

FLORA: Antone’, piantala co’ ‘sta lagna, te ce mette te oggi che nun c’è
Massimiliano, cocca?!”.
ANTONELLA: Nun lo metto e nun lo metto!”.

FLORA: Antone’, ripassa la Trinità che te gonfio, eh!?”.

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La favola della bambina che parlava co’ le bestie

C’era una volta ‘na bambina tanto piccina e tanto dolce, ma tanto dolce che
parlava co’ tutte le bestie del bosco, parlava con l’uccelli che ie
raccontavano come se sta su pe’ le nuvole, parlava con li scoiattoli che ie
regalavano tutte le noci che rubavano dall’alberi, poi parlava coi cerbiatti
che ie riscaldavano le manine fredde d’inverno, parlava col gatto selvatico
che quando stava con lei diventava domestico e faceva le fusa.

Insomma, tutti l’animali ie volevano un gran bene anche perché lei ie


portava le bricioline del pane anche se era povera e magnava solo quello,
povera sciuprinata. Dorme, Antone’, che c’ho da fa’, cara.

Oh, un giorno la bambina incontrò un lupo nero, secco secco e affamato che
appena la vide tanto piccina, tanto dolce com’era, aprì subito la bocca con
tutte le denti che c’aveva e la guardò con l’occhi ‘nguastite per sbranalla.

Ben arrivato” ie disse la bambina, io mi chiamo Neri-na e so’ amica de tutte


l’animali del bosco, diventamo amici?” E il lupo la guardava fisso con la
bava alla bocca sempre per sbranalla… dorme, Antone’, che te scortico!

Allora la bambina ie disse: Che fai? Nun me capisce?”. Ma il lupo fece un


salto all’improvviso, ie zompò addosso,

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ie staccò un braccio e se mise a magna’ tutto contento. La bambina dolce


dolce, piangendo, ie disse: Perché non voi

diventa’ amico mio?”.

Eh, no” ie disse ‘1 lupo, io so’ il lupo e te devo magna’, ah!”


Ma allora sai parlare” fece la bambina tutta riconsolata, che disse: Come te
chiami?”

Il lupo fece un altro salto e, gnam, ie staccò anche quell’altro braccio e se


mise a magna’. Dorme Antone’, che

apro il gas, eh?

La bambina tutta sconsolata se mise a sede’ piangendo e disse: Vedrai che


faremo amicizia”. E il lupo per tutta risposta ie saltò addosso un’altra volta
e, gnam, co’ un solo boccone la stritolò tutta, succhiò il sangue, le magnò
tutte quante le gambe, de gusto, co’ tutte le vestitine. Oh, intanto l’altre
animaletti, che nun la vedevano arriva’, s’erano tutte radunate vicino
all’albero dove andava sempre la bambina dolce dolce e aspettavano
impazienti, finché l’uccellini scesero giù dall’albero uno a uno e come
s’avvicinavano, gnam, il lupo che si era nascosto li magnò a uno a uno e poi
se magnò il gatto selvatico proprio nel momento che era domestico, magnò
du’ scoiattoli più tutte le noci e alla fine magnò pure il cerbiatto che era
arrivato. Così de secco secco che era prima de conosce la bambina dolce
dolce, se ne riandò via grasso e sfamato come mai nella su’ vita. Antone’,
ancora nun dorme, cara, dorme sinnò te riviene fame, ve’, cammina.

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Nun me doveva lassa’ cussi

(rumore di qualcuno che russa profondamente e lamenti)

Nun me doveva lassa’ cussi, poro Terenzio, nun me doveva lassa’ cussi
giovane… uh!

Troppo presto, te ne sei annato, potevi aspetta’ ‘n’altro po’. Perché te ne sei
annato, perché? Porett’a me, Mo chi ce pensa a me sola co’ tutte ‘ste
creature… (continuando nel dormiveglia) Terenzio mio, lassatime sta’,
voiosta’ di fianco a lui fino che diventa freddo, m’ha voluto tanto bene, nun
m’ha fatto manca’ mai niente, tanto bono è stato…! Poretto! Dio l’abbia in
pace, ie perdone almeno le peccate che ha fatto, tante, tante, che quello
lassù c’ha d’ave’ tanta misericordia per tutte le ‘briacature che s’è preso!
Tanto bono porello quanno nun beveva. L’ultime tempe beveva sempre,
anche parecchie sottone m’ha allungato quanno ritornava a casa, nun
i’annava mai bene niente, ‘sto disgraziato, mascalzone, magnauffa,
traditore, tiè, uh!, po-rett’a me, manco s’è freddato. Terenzio mio… Tere’,
Tere’, rìsponnime Tere’, nun me risponne più.

Nun me doveva lassa’ cussi, nun me doveva lassa’, nun me doveva… sente
che bollore de corpo, da ieri che nun me sdigiuno pe’ sta’ vicino a te e
quanno ce sei stato co’

me tutto ‘sto tempo, Tere’, quanno? ‘Ndo’ sei, Tere’, dove sei annato, pora
disgraziata io! Nun me doveve lassa’ cussi, min me doveve la… ssa’... cu…
sì... (russa).

Uh, porett’a me, Terenzio, ho sognato ch’ere morto. Dio ce scampe e libere,
ma tutte! Tere’, ma che ho parlato? M’hai sentito, ch’ho detto, Tere’? Tere’,
seee!!! E chi t’ammazza a te?, chi te porta via? Sente come russa!!!

Tere’, te voi alza’ che so’ le cinque?! Sente che freddo stamattina!!! C’ho
certe piede ghiacce’.!1.” (russo prolungato e soffuso). Sta’ fermo, Tere’, e
sta’ fermo, Tere’.... Lassime perde’ che c’ho sonno! (paziente) Sta’ bono,
Tere’, che nun c’ho voia, e po’ ce so’ le fie , ce sentono; sta’ fèèèrrmmooo,
Tereee’ (come cedendo), se’ bono, via… lassime sta’... (russic-chiando)
mmmhh… (fortissimo) e sta’ fermooooo’.’.!

Oh ma’!!!”

Dorme, Antone’, ch’apro il gasss, ehh!!! Movite, Tere’, ha’ visto che hai
fatto sveglia’ la fia ?! Cammina, alzite, che perde il treno. Alzite su, vestite:
la canottiera de lana è su la sedia. Cambia le calze che puzzono. E nun
fuma’ appena te sveje, disgraziato assassino che c’appeste tutte quante
(fortissimo) e che fumeee!’.’. (russicchìa).

Il portapranzo sta in cucina, è incartato col giornale, quel fagotto su la stufa,


nun piia’ quello sul tavolo che so’ le scarpe pel calzolaio. Spegne il gas,
scaldate il caffè, sa’! Nun me lo fa sbudella’ tutto giù pe’ la stufa come al
solito. C’hae le peperone de ieri a magna’ co’ le faciole; Sss-shhh, sente che
piccature de fegato; de ieri che l’ho magnate, quante saranno state due due,
le peperone, ancora le devo digerì’, uhhh porett’a me, che boccaccia cattiva
che c’ho!!! Dio ce scampe, do certe fialate che intontirebbero anche ‘na
bestia! Tere’, e alzite, me paie mezzo intontito stamattina…

Oh ma’, c’ho fame!”

Seee! Cominciamo a magna’ alle cinque, quante ore magnamo oggi?


Cammina, dorme che te gonfio, eh!

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1 grandi eventi

Capodanno è ancora la festa più pagana dell’anno?

È pagana eccome: il cotechino quest’anno l’ho pagato tredicimila lire al


chilo, milletrecento lire de più dell’anno scorso. Eccome si è pagana!

Pagamo tutto di più, che si potevono mette’ le tasse su la pioggia, anche su


quella le mettevono.

Io voiodi’ che Capodanno non solo è la festa che se paga di più perché
cominciamo a paga’ da Natale per compra’ le dolce e le regale e le fiore e li
torroni e poi il panettone pe’ la maestra e la champagna pe’ li vigili e le
caramelle pel brefotrofio e l’offerte pe’ lo ‘spizio de le vecchie che quelle,
nun sia mai!, te lo rinfacciano, nun se pò fa’ a meno.

E li fii ! Quello vole la machina, quello la palla, quella la bambola e io le


soldatine” e io il fortino” e io il pinghe-ponghe” e quello la pistola e
quell’altro la fionda e io voioil fucile” e io voiol’indiane” e io voiole
tamburelle” e io voioil pallone” e io vojo”... il diavolo che se le porta.
Quann’arriva la Befana qui da me ce manca che me chiede pure lei qualche
cosa, io nun ce la faccio più co’ ‘ste undici creature che c’ho o dodici: altro
che pagana, qui è un pagamento continuo. Porett’a me, che roba!

Bon anno a tutte, rega’.

Bon anno a tutte


Signo’, allora, come si dice, l’Epifania tutte le feste porta via, anche
quest’anno è passato ‘sto Natale, allora bon anno a tutte, speramo che
questo che viene sia meio, si dice sempre così, ma basta la salute, pe’ il
resto, un boccone de pane nun ce manca, voi state bene tutte sì?

La Delma, Cencio, la Sora Brina? Poretta , tutta curva in quel modo,


quant’anne c’ha adesso, più d’ottanta, eh! Come? Sessantadue? Le porta
male, poretta … ha sempre faticato, d’altra parte!

Le fiie stanno tutte bene, sì? Quanto m’hanno fatto arrabbia’ le mieee!!!,
specie l’Antonella co’ Massimiliano: du’ demoni scatenati, quanno stanno
insieme e chi le ferma!

L’Antonella no, sarebbe più calma, quann’è da sola, tanto caruccia, posata,
taciturna, ma quanno stanno co’ quell’altro, porett’a me sciuprinata!

Nun c’è stato verso a quella spazzina de faie di’ la poesia de Natale. Ogni
volta che cominciava ie pijava a ride’, c’evono una mzzarella co’ quell’altro
disgraziato, niente, ho detto manco ce voioperde’ più tempo.

Già quest’anno il presepio nun l’ho fatto; giusto ‘na capannina col
bambinello, la Madonna co’ ‘1 su’ marito, giusto per devozione, manco il
bue, che V Antonella l’ha mezzo sbudellato l’anno scorso; l’asinello l’ha
preso Massimiliano per mettelo nel fortino, che dice ie mancavano

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le cavalle pe’ le soldate, Dio ce scampe, e chi l’ha trovato più!

L’albero, arrabbiele, che so’ care quest’anno! Alle fiie ie l’ho detto: Rega’,
quest’anno o famo l’albero o famo le regale. E chi ce l’ha le sorde per
compra’ le pine?”.

Le fìie hanno scelto le regale. Allora, l’Antonella ha fatto il disegno


dell’albero co’ le palle colorate e le candeline, l’avemo attaccato co’ la
puntina sul muro e sotto c’emo messo quelle quattro cianfrusaglie mica de
prezzo, co’ undici creature che c’ho se figure se me posso mette’ a fa’ tante
cerimonie. L’ultimo è piccolo, nun capisce niente è troppo presto pe’ le
regale. A Settimio i’ho passato la pistola de Rovere dell’anno scorso, oh era
ancora nova nova;

a Paolo i’ho fatto il maione co’ieferre, che quello i’è utile;

l’Antonella ‘na bamboletta, poi le dolce ie l’hanno regalate le sore,


caramelle, le mandarine, le noce e il carbone, quello tanto, ch’Antonella
dice: Perché m’hanno regalato il carbone che so’ stata bona?”.

Zitta e mosca, Antone’, e magnalo col pane che te sazia.”

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La notte di Natale

Allora, cammina cammina, Giuseppe e Maria bussavano a tutte le porte de


li ricchi e de li poveri, nelle locande, nelle capanne, perfino nelle bettole.
Che so’ le bettole?”

Antone’, te l’ha spiegato la mamma, sono le posti dove ce vanno l’omini a


beve il vino, Dio le stramaledica ‘sti disgraziati ‘mbriaconi e magnauffa,
porett’a me, anche mo che è Natale me tocca de bestemmia’.

Allora, san Giuseppe con la Madonnina… tiriie un bacetto, Antone’, e


dorme, ve’ cara… c’avevono solo un poro somarello, carico e stanco, e la
Madonna co’ tutta la panza de lo Spirito Santo nun sapeva come fa’ perché
se sentiva tanto male e nessuno c’aveva posto per falla dormi’, sciuprinata,
davero le donne so sempre le più disgraziate. Camminarono tutta la notte in
cerca di un letto, finché stanche morte se fermarono in una capanna povera
e fredda, abbandonata da tutte e lì la Madonnina, tra dolori e spasimi
poretta, partorì un bambino bello come il sole. Che è partorì?” Zitta e
dorme, Antone’! Ma nun me lo spieghi mai!”

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Se dorme te lo spiego, cammina, chiude ‘st’occhie, Antone’, nun me fa’


perde’ la pazienza, ve’ cocca?!
Allora ‘sta creatura nata fra li stenti e il freddo la chiamarono Gesù
Bambino e siccome era tanto freddo lo misero dentro la mangiatoia de li
bovi, in mezzo alla paja, e si riscaldò col fiato del bue e l’asinello, pore
bestiole. Ma intanto, da tutte le parti, tutti avevano saputo della nascita de
Gesù e siccome sapevano che sarebbe diventato il re del mondo…

Perché lo sapevano, ma’?”

Lo sapevano, Antone’, c’era scritto su le libre, no? Dormi! Tutte le poveri e


le ricchi ie portarono le regale, i pastori ie portarono il cacio, le pecore e la
frutta, come nel presepio, Antone’, hai visto? E poi arrivarono le re, da
tanto lontano, sul cammello, e ie portarono le done più preziose.

L’oro, l’incenso e la birra?”

Sì, dorme, Antone’.

Come se chiamavano li re?”

Melchiorre, Baldassarre, Gaspare, lo sai?!

E le cammelle come se chiamavano?”

Nun lo so, dorme!

Dimmi come se chiamavano, ma’!”

Nun lo so, Antone’!

Dimmelo!”

Se chiamavano Nina, Pinta e Santa Maria, mo dorme, Antone’! E tutte


quando lo videro se misero in ginocchio a prega’.

Come t’ha insegnato la mamma, Antone’, le devi di’ le preghierine prima di


dormi’, sinnò vai all’inferno con li diavoli che te magnono, sa’?, te l’ha
spiegato la sora che se nun le dici, vai dentro al foco e bruce viva, sa’,
Antone’?, obbedisce e dorme, ve’ cara!
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Se risposa la Delma de Fellone

Sta’ a senti’, se sposa la Delma de Fellone, beh, sì, mo è vedova da tanto


tempo, sola, che la mamma nun ce l’ha più.

Allora, l’ho incontrata tutta risollevata, sì, beh, Madonna mia, che c’entra,
tutto quell’entusiasmo nun c’è più; che vole, signora, giovane nun è più, la
salute sì, ringraziando Dio, quella c’è, tranne che il su’ marito, diciamo
così, de seconde nozze soffre già’ un po’ con l’apostrota, l’apostola,
l’apostrata, come diavolo se chiama, sì, comunque tanto caruccia, dice: Zi’”
me dice zia da quando era piccola, ma mica semo niente, per carità’,
dicceee: Me farebbe tanto piacere che venissi in chiesa a la cerimonia, me
sete stata tanto vicina quando ho perso il mi’ Alfio”... e via eccetera
discorrendo voi sapete la mi’ storia, ora finalmente me pare tutto sistemato
come fossi tornata indietro de vent’anni!”.

Per via che cost’omo che sposa mo, lei, in gioventù, lo dico a lei perché so
che è ‘na tomba, la conosco, lei è come me per i segreti, discreta, fidata,
come morta!

Alloraaa… manco aveva vent’anni cost’omo ce fece un fiio, ma lui non ne


volle sape’ assolutamente, ie le fece passa’ de tutte le colore, anzi a la fine
lui scappò co’ ‘n’altra

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perché l’aveva messa incinta, pensi lei, signora mia, che umiliazione!

Insomma, come fu come non fu, dopo quattro cinque anni trovò quest’altro,
molto più vecchio de lei che la prese su lei co’ tutto il fiio, e devo di’ la
verità’, Dio l’abbia in pace, i’ha voluto bene, sì, come e più che fosse il suo,
anche se non l’ha mai voluto riconosce’, me capisce come ie dico, nun
gn’ha mai voluto da’ il nome.

Lei l’ha custodito sino alla fine, che è morto d’un malaccio, Dio ce scampi e
libere a tutte! L’ultime giorne che calvario che era!
Ora però che, voiodire, la vedovanza è passata, Madonna mia, la Delma rva
smesso il lutto che so’ du’ anni, e l’ha portato quasi tre!

Dunque se so’ incontrati, la Delma co’ Palmiro, ‘sto delinquente disgraziato


che, via, l’ha fatta gran soffri’ da giovane, lassamo perde’ che è stato un
gran mascalzone!

Allora, dicceee che lui s’è tanto pentito, tanto veramente, è stato da li frati a
fasse da’ il perdono perché dice che i’era presa come un’indemonianza. Lui,
in quel periodo, nun capiva più gnente, nun era lui, era il diavolo che ie
faceva fa’ tutte quelle stranezze e gran porcherie, dimo la verità.

Insomma adesso pare tanto pentito. Ha voluto conosce il fiio , dice:


Voioripara’, tu me l’hai da permette’, devo sconta’ il male che t’ho fatto,
dimenticamo, perdoname, te voiosposa’”.

Figuramoce la Delma, poretta , dopo tutto quello ch’ha passato, nun i’è
parso vero. Dice: Do un nome a ‘1 mi’ fiio , aiuto un omo a ridimise”
proprio * ridimise, signora mia, perché lui pare proprio un altro, tanto
caruccio, de quel mascalzone che era, assassino, traditore, magnauffa, tiè, è
diventato un ometto tanto a modo, pulito e insomma, Dio li benedica, ce
voioproprio anna’ a ‘sta cerimonia.

Ora, Madonna mia, come si dice, un presente, non ielo fai?

Lei m’ha detto che fa una cosa semplice semplice, ma ora, come ie voiodi’,
essendo anche de seconde nozze, capace che poi alla fine ie regalo una cosa
che c’ha già, me capisce?

69

Capace che ie regalo un bel servizio de bicchiere de cristallo da sei, poi


magari ce l’ha. Come ie posso di’, capace che ie compro un bel servizio de
piatti de porcellana bona da sei, poi magari ce l’ha, come che ie posso di’,
anche un bel servizio Inoper stoviglie da sei, poi magari ce l’ha, che ne so
io? Un bel tovagliato fine, come vanno adesso, da sei, poi magari ielo fanno
uguale, come che ie regalo un bel servizio de tazzine da caffè porcellanato
da sei, poi magari ce l’ha, che ie dico, signora mia?
70

Carnevale

FLORA: Rega’, nun me fate arrabia’ anche quest’anno;

Massimilia’, nun recomincia’ con la zinfonia delle coriandole, eh!!


Antone’, viene qua, viene ve’ cara, nun ce gioca’ col tu’ fratello, lasselo
perde’ che lui è maschio, te fa le dispette”,

MASSIMILIANO: Oh ma’, voglio le coriandole!”.

FLORA: Rovere, Quintilio, Davide, Paolo, non litigate;

Settimio, fa’ il compito, ve’ caro! Silvio, leva le mani dal naso, Antonella, e
non piagne’ sempre;

Sestilio, Massimiliano, posate il pallone. Regazze mie, nun ce la faccio più,


un giorno o l’altro crepo! Crepo, eh! Paolo, nun te sporca’ che te gonfio”.

ANTONELLA: Mamma voglio le coriandole”.

FLORA: Nun me fa’ arrabia’, nun te le compro che costano troppo, da’
retta alla mamma, mettite bona bona col tu’ fratello, piglia “Famiglia
cristiana”, strappa le foglie e le fai piccole piccole piccole piccole piccole
piccole come le coriandole, vedrai, carucce, tutte colorate. Te diverti
un’oretta, nun te cava’ l’occhie co’ le forbici, ve’ cara, vieni, obbedisci alla
mamma”.

ANTONELLA: No, vengono brutte, voioquelle che se comprano”.

FLORA: So’ uguale quelle compre, che te pare che nun so’

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fatte, de giornale? Nun l’hai viste! Falle da sola che so’ uguale”.

ANTONELLA: No, e poi voglio le strisce filanti”.


FLORA: Mo anche quelle! Che ce fai co’ le strisce che quanno l’hai tirate,
manco le poi ritira’, mica so’ come le coriandole che le poi raccoglie’ e le
ritiri. Poi non sei capace, sei troppo piccola, te ricorde l’anno scorso che se
sbracavano tutte per pigliale, m’hai fatto butta’ più soldi. No, quest’anno
nun me ce freghe!”.

ANTONELLA: Ma io mo so’ grande, oh ma’, so’ bona…”.

FLORA: Sì, per la coppa, cocca mia, nun me fa’ arrabia’, mettete giù a fa’
le coriandole, così nun te sento per un po’, ve’ cara. Obbedisci, Antone’,
che si sei bona la mamma te ritaglia la stella d’argento, così famo la
bacchetta magica: te vesti da fata”.

ANTONELLA: No, l’ho fatta l’anno scorso la fata”.

FLORA: Allora te mette il vestito de Rovero e fai l’omo, Ro-vero se mette


il tuo poi ie truccamo l’occhie e la bocca co’ le colore de Massimiliano così
fa la zingara, ti piace?”.

ANTONELLA: No”.

FLORA: Rega’, nun ve sta bene niente, nun me fate arrabia’, sinnò nun ve
fo’ le castagnole. Quanto so’ bone, bone so’ bone, ma so’ pesanti, come le
magno anche due due… si vede che quell’olio che ce friggono me fa acidità
nella pancia, me gonfio, me gonfio che me pare de scoppia’, certe piccature
de fegato, porett’a me, anche le castagnole, so’ un’altra cosa tanto bona che
me se rinfaccia, una boccaccia cattiva che nun se sa. Chissà’ ‘ndo’ l’ho
messe quelle pilloline piccole piccole piccole piccole, che manco pareva de
magnarle, me facevano tanto bene! Massi-milia’, vamme a compra’ la
magnesia, va’”.

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Come fu come non fu

Semo state alla Madonna de Fatima.


Uh, Elvira mia, che bel pellegrinaggio! Erono anni ch’ai mi’ marito ie
dicevo: Tere’, portime dalla Madonna de Fatima, che so’ tanto devota”, nun
sia mai rinfacciato de quando me salvò la mi’ pora mamma, che le mediche
nun sapevono che c’aveva, avemo girato chissà quante ospedale; niente,
nun se sapeva che era, nessuno ce capiva niente. La portai anche da ‘na
strolica, Elvira mia, che dovevo fa’ più?, non sapevo più che fa.

La portai da la Rossa, quella che sta giù vicino alla ferrovia, che leva il
malocchio tanto bene e, difatti, come vide la ciocca de le capelle che
i’avevo portato de la mi’ mamma, le guardò e me disse: Sì, signora, c’ha un
malocchio fortissimo, che ie hanno fatto le gente invidiose perché ha
comprato la casa dove abita”. E difatte, Elvira mia, la mi’ mamma aveva
finito de paga’ la casa quando s’ammalò. Dice la Rossa: Farò de tutto, ma
certo che è gravissima”.

Me parve che migliorò lì per lì, ma poi se riaggravò, Elvira mia. Allora me
raccommandai tanto a la Madonna de Fatima, perché solo che un miracolo
la poteva salva’, giovane ancora che c’aveva manco sessantanni, e fece pure
il fioretto de nun magna’ le peperone pe’ tutto l’anno, che so’ tanto golosa!
Me piacciono che nun se sa, anche se me

fanno male che nun le digerisco pure che le magno due, ‘na boccaccia
cattiva che nun se sa, Elvira mia, ma me piacciono che me mandano al
gojo… E difatti dal prete, dopo qualche anno, me feci scioglie dal voto
perché proprio nun resistevo più, anche perché ormai la Madonna la grazia
me l’aveva fatta.

Difatti, dopo la novena de la Madonna de Fatima la mi’ mamma cominciò a


rifiori’ ogni giorno mejo, Elvira mia, un miracolo davero, sa’?, io ce credo!

Allora nun sia mai rinfacciato; dopo dieci anni semo partite io, il mi’ marito
e le creature tutte, undici o dodici quante ce n’ho, co’ l’autobus de le
pellegrinagge, uuh!

Regazze mie, un bordello, era peggio del giulebbe! Ma ‘na soddisfazione


che nun se sa! Era anni che volevo ringrazia’ la Madonna! La gente, Elvira
mia! La gente! Tutte piano piano in fila a bacia’ le piede de la Madonna: chi
su una gamba sola, chi cieco, chi storpio, chi mezze fraciche, mute, sorde;
oh, entravono malate, Elvira miaaa!!!, riusci-vono malate uguale, sì:
storpie, cieche come erono, ma contente, Elvira mia, col sorriso su le
labbra, che era un piacere de guardalle, proprio felici, diciamo, anche ne la
loro menomazione, come se dice, felice…

Po’ sta’ a senti’: è entrato uno mezzo fracico gravissimo, poretto, che
faceva impressione, Elvira mia! Oh, nun l’ha miracolato, la Madonna? Oh,
l’hanno visto che s’alzava e camminava, che urie la su’ mamma, il su’
babbo, che dopo lui per l’emozione è morto subito, dice che il core nun ha
retto de la grande emozione, de la contentezza, me capisci, che dice che era
debole, però ha’ visto, Elvi’, io ce credo: la Madonna, le miracole le fa e le
fa.

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Il matrimonio de la fiia de la Peppona

Semo state al matrimonio de la fia de la Peppona, quella grossa grossa, co’


quelle zampone da elefante, che c’ha la frutta e verdura vicino al calzolaio.
Eh, ce conoscemo da tanto tempo, tenne a battesimo la fiia, allora ha
insistito tanto, dicceee: C’hai da veni’, che la fia è tanto contenta, ce tenemo
tanto”.

Io nun ce volevo anna’ anche perché me toccava de faie il regalo, me


capisce! Co’ ‘ste periode che se passone, Cleofe mia… Invece so’ stata
tanto contenta; i’ho fatto ‘na bella cornice portaritratto, co’ l’album pe’ le
fotografie del matrimonio, più un bel servizio da sei bicchieri de cristallo
novissimo, che l’evo preso co’ le punte de le formaggine, le volevo tene’
per l’occasione, ma insomma gliele ho date volentieri.

Che bel matrimonio, Cleofe miaaaaa!!!

Tanto carucci tutte e due: lui lungo lungo e secco, co’ la giacca doppio petto
blue, e le calzone grige, tanto elegante, nonostante che ancora nun lavora…

L’Imolaaaa!!! Co’ le capelle tutte acconciate, tanto carucce, ha’ visto che lei
sembra sempre un po’... un omo de faccia, che c’ha quelle lineamente…
invece era tanto caruccia, più donna, diciamo, col vestito bianco, de chiffon,
un

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amore. A pensa’ co’ quella mamma grossa grossa che c’ha, orrenda proprio.

Mo, grossa è grossa pure limola, che c’entra, perché sta incinta de sette
mesi che difatti se so’ dovute sposa’ pe’ forza, de corsa, però, Cleofe mia,
te voiodi’, ne la su’ semplicità, ne la su’ povertà, tanto caruccia, tanto
brava.

amo fatto un bel pranzo al ristorante, quello proprio sotto la ferrovia, tanto
bono; diciamo più che un pranzo, un rinfresco all’impiedi, moderno, che io
c’evo le scarpe strette, Cleofe mia, le patimente! A momenti crepo, difatti
so’ andata via presto, capirai, un po’ tutte le fiie dentro casa sole co’ ‘1 mi’
marito, pensavo chissà che diavolo face-vono, po’ insomma s’erono fatte le
due passate, la gran fame che me s’era sviluppata co’ ‘sto rinfresco, tanto
bono ne’ la su’ semplicità, tutto bellissimo, insomma noi semo annate via,
po’ le spose carucce so’ partite. No, non pe’ ‘1 viaggio de nozze che nun lo
facevono; so’ annate tutte e due al mare, hanno affittato una macchina lunga
de lusso, vedesse, Cle’, altro che la 126, e so’ annate al mare a fa’ le
fotografie a colore, sì quelle da più. Insomma, Cle’, ne la su’ semplicità,
tanto carucce!!!

76

Te facesse la grazia (a Madonna de Pompei

Cleofe, oh Cle’, se’ teee? Ah, me pareve il tu’ marito, come stae? E il tu’
fiio ? Come sei te? Ma chi parla? Ahhh, sei Luciano? Lucia’, che te possine
magna’ le verme, me pareve la tu’ mamma: passime un po’ la Cleofe!

O Cle’, com’annamo? T’ho portato l’acqua benedetta de Pompei: te l’ho


presa un boccione, nun sia mai rinfacciato, così te ce strusce tutte le vene
varicose, le piede, te ce stru-sce la testa pe’ le dolori dell’artrosi, te ce lave
le mano, le dente, quello che te pare, che dice che fa tanto bono pe’ tutto.
Te facesse la grazia la Madonna de Pompei, che giovane come sei, sei
mezza fracica.

So’ tanto contenta che so’ stata a Pumpei, Cleofe mia, me so’ levata ‘sto
pensiero, da tanto che ce volevo anna’ pe’ chiede’ la grazia de nun famme
partorì’ più co’ ‘ste undici creature che c’ho, o dodici, quante ce l’ho.

Ho detto a la Madonna: Mettice le mano te!!!”. A Terenzio nun ie l’ho


detto, figuri te che capisce, i’ho detto che c’annavo pe’ la gran cattiveria de
Massimiliano, che me lo guarisse la Madonna, che me lo facesse magna’
anche di meno perché io nun ce la faccio più, tra lui e il su’ babbo domenica
hanno magnato quarantadue polpette. Bone, sa’ Cle’, te voioda’ la ricetta!

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Un pellegrinaggio, Cleofe miaaa!!!, ma più bello pure più de quello de


Fatima. Prima de tutto qui davono l’acqua, diciamo che ce se poteva
bagna’; io me so’ strofinata tutta la panza, fino dove potevo, dappertutto,
che me facesse ‘sta grazia; ma poiii… Cleofe mia, nun te lo potrai crede’:

ho visto il miracolo co’ li mi occhi, nun me lo potrò scorda’ mai.

È ‘rivato uno, uno o una, manco se poteva capi’, poro sciuprinato, dal
mostro che era, co’ licenza parlando, storpio, mezzo tonto, su la carrozzella,
le genitore che la spin-gevono, pregavono, piangevono. Dicceee:
Madonnina mia, l’avemo provate tutte, anche le stroliche, facce ‘sta grazia,
de capi’ almeno si è un maschio o ‘na femmina, guaritelo!”.

Ohhh!!! All’improvviso il figlio – che emo visto che era maschio – s’è
alzato su da solo, bellissimo, normale, Cleofe mia, tutto sorridente, co’ ‘na
gran luce nell’occhie, proprio come un santo! E allora se rivolse a le
genitore – dopo tante anne che era tonto, peensaaa… – dicceee: Perché
piagne, mamma? E tu babbo che fai, piagne?”.

Le genitoooree!!! So’ morte tutt’e due stecchite de la gran felicità, Cleofe


mia, che evono ricevuto la grazia: la geeenteee, si l’avessi vista, Cleofe mia,
a piagne’, a ride’, a bacia’ la Madonna, a tocca’ ‘sto fiio , che emozione!,
nun me lo potrò mai scorda’!
L’ho detto, Cle’, la Madonna le miracole le fa e le fa!!!

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La favola de Serenella

La mamma te racconta la favola de Serenella, la bimba che piangeva


sempre. C’era una volta una bambina tanto povera, ma così povera che per
magna’, lei, la su’ mamma, co’ tutte le fratelline dovevano anna’ a ruba’ le
molliche de l’uccelline sule davanzale delle finestre. La mamma era tanto
malata e il babbo gli era morto de freddo e de fame durante l’inverno. Tutte
le giorne la fia arrivava fino al villaggio e davanti alla chiesa si metteva a
chiede’ l’elemosina. Ma però in quel villaggio erano tutte povere così la
bimba tornava a casa piagnendo, tutte le giorne a mano vote.

Un giorno che era tanto freddo e nevicava se fece incontro a ‘sta fia ‘na
vecchina piccola piccola, tutta coperta da uno scialle nero: Che piagne?” ie
disse la vecchia. So’ tanto povera” ie rispose ‘sta fiia, non so come trovare
il pane per la mi’ mamma e i miei sette fratellini.”

No, erano otto.”

Antone’, uno era morto de fame, dorme! Allora la vecchia ie disse: Io non
te posso dare dei soldi però ti farò un regalo ben più grande. Te fo un
incantesimo che trasformerà le tue lacrime in perle preziose, così ogni volta
che piagnerai diventerai più ricca”. La fia lì per lì non ci credette

79 e non sapeva se piagne’ o se ride’, e mentre si asciugava l’ultima lacrima


s’accorse d’avecce nelle mani due perle piccole piccole che luccicavano.
Antone’, dorme

ch’apro il gas, eh?

Corse subito dalla su’ mamma, ie raccontò tutto e così fece una gran festa
co’ tutte quante. Mo de quanto era felice, alla fia non ie veniva più da
piagne’ e per quante sforze faceva nun ce riusciva e nun ce riusciva. La su’
mamma, disperata, provò de tutto, affamata coni’era, la bastonava ogni
giorno, la lasciò a dormi’ sola nel bosco, ie tagliò ‘na mano, niente, la fia
non piagneva perché lo capiva che la su’ mamma lo faceva pe’ finta, solo
pe’ falla piagne’, no perché ie voleva male, no. E così da quel giorno la
bimba che piagneva sempre non pianse mai più, manco una lacrima e così
l’incantesimo non si potette avvera’ mai più; e la gente che la conoscevano
la chiamavano Serenella. Ahò, quanno se nasce poveri, regazzi mie, solo
che il diavolo ce può mette’ mano, lo senti che rob-ba… dormi, Antone’,
sinnò te riviene fame, ve’ cara, obbedisci sinnò te meno e lo sai che quando
te meno te scortico, lo sai, eh?!

80

La ricetta delle polpette

Elvi’, te voio da la ricetta de le polpette pe’ ‘na famiglia normale, io le fo


pe’ venti persone, che tra Terenzio e Massimiliano ie pìacceno tanto, po’ te
regole te.

Dunque, te piie un bove, sì insomma un bel pezzo de magro da Amedeo, ie


dici quello che piiala mi’ zia, bono per le polpette;

te lo fae trita’ senza grasso, sa’?!, nun te fa’ frega’.

Po’ a casa prepare un misto de odore: perzemolo, aio, cipolla, quello che
c’hai;

che quello che te manca poi lo chiede a la Delma lì vicino e che è possibile
che nun te lo da?!,

tanto caruccia!!! Po’ ce mette parecchia mollica de pane, zuppata nel latte
caldo, che quella fa volume, po’ gonfia, capisci?, sazia tanto.

Ohhh, po’ un ovo tutto sbattuto bene, c’aggiunge po’ po’ de cacio, le
grassette del prosciutto, de mortadella, quello che c’hae, a pezzette piccole
piccole piccole piccole piccole; così anche si il tu’ marito ce le trova dentro
e te dicceee

ma che c’hai messo?”, tu risponne oh, l’ho fatte piccole!!!”.


Sale e pepe, te regole te, si nun te sai regola’ peggio per te, e poi mischie
tutto bene bene bene bene bene e mescole tanto. Io mescolo anche una
giornata intera e pure la notte quando il lievito ricresce. Ah, no!, quelle so’
le pizze de Pasqua.

Poi quanno c’hai tutto ‘sto malloppo, ce fai ‘na sessantina de belle palle, col
pane grattato, grattuge le croste de pane duro che c’hai;

le mette a coce, ma lento lento lento lento lento, che ‘na volta l’ho fatte la
mattina, era ora de cena ancora cocevono, il mi’ marito dicceee: Nun se
magna?”, Oh, preparite da teee’.!!”.

Po’ mano mano ch’asciugono il sugo, c’aggiungi po’ po’ d’acqua, nun le
fa’ crepa’ che si te se spappolono te se sbudella tutta la ciccia là pe’ la
padella, hai chiuso.

Po’ ce mette vicino du’ faciole, che anche quelle gonfio-nò, con quelle
risolve; oh, sinnò io ce fo anche du’ peperone, non tanto per me, in quanto
come te voio di’, piace’ me piaciono tanto, ma me se rinfacciono pe’ ‘na
settimana, anche che le magno due, porett’a me, ‘na boccaccia cattiva che
‘nse sa. Arrivederce adesso.

82

La Flora a Domenica In”

(Flora russicchia ciondolando sulla poltrona. Mara Venier la sveglia)

FLORA: Uh, porett’a me, che stolzolll Chi è la sora Veniè-ra? Tanto
caruccia!!! Grazie tanto del disturbo, s’è incomodata per me. Alò so’
diventata famosa!”.

MARA: Signora, sa che abbiamo una sorpresa per lei…”.

FLORA: Sui, dovemo legge’ una lettera, è tutto preparato, m’avete


telefonato de ritorna’, porett’a me

ho viaggiato coll’autista, come una signora!!! Ho dato de stomaco da Orte a


Settebagni! Che c’ho il fiele in bocca. Ma chi m’avete mandato porett’a me
sciuprinata!!!”.

MARA: Signora, ma non è curiosa di leggerci la lettera del suo primo


amore?”.

FLORA: Amore? Uh, Dio ce scampe e libere. C’avevo diciannove anni,


min capivo niente, pura, illibata, candida come un giglio!!! M’ha chiappato
su e no e sì e no… e… sì e no, no no e nooo! Ie dissi:

più giù de qui no! Me disse: diceeeeee… senza li baci li fii nun vengono;
dice: sta’ tranquilla che nun senti niente!!! E difatti senti’ nun sentii niente!
Ah! Peccato nun era, sora Venièra mia…

nun sia mai rinfacciato, me confessai il giorno dopo col prete Don… il
babbo de Don Mazzi, tanto caruccio… co’ sta faccetta da cacio pecorino
che c’ha! Pare ‘na caciotta! Ie disse me benedica padre misericordioso tanto
caruccio ma nun è colpa mia… è de quel disgraziato… assassino…
sporcaccione…

Me rispose dice… tre Pater, Ave e Gloria, perdonalo figliola, l’omo è omo,
io lo comprendo! E difatti quella ragazza che metteva a posto li fiori
sull’altare ie somiiava parecchio. Che era la su’ fia non s’era sicuri, però
nessuno la volle sposa’!”.

MARA: Signora, ma siamo curiosi della lettera…”.

FLORA: No, nun la voio legge’ la lettera de quel magnauffa che il diavolo
lo fulmini do’ se trova, me scuse eh!!! So’ tanto sfiduciata dell’omini, tante
dispiacere ho avuto… Sola, orfana, abbandonata… me piò su un omo
vedovo, tanto garbato… brutto!!! bruttooo… un tipo come il maestro
Mazza, faccia conto! Caruccio!!! Me voleva tanto bene… come ‘na regina
me trattava!!! Io manco il corredo c’avevo, me sposai co’ le mutande de la
su moie. (Se vede che lei s’offese! o nun sarà stato quello! Chi lo sa!) Me
morì la sera stessa, dice che lei lo chiamava… l’ultime parole so’ state:
“Ora torno da te, cara, levite le mutande Flora perché le rivole”. Alò nun la
voio legge’ la lettera, nun la voio legge’”.

(apre la lettera e legge)


“Flora bella” (e che so’ un vivaio de li fiori) ”

vivo in un posto lontano” (e resticeli!) “su una piattaforma marina nel


Kuait, pericolosissima.” (che te possino scapicollattìce prima che viene
sera!) “La mia vita è stata dura” (sì perché io l’ho passata in discoteca!!!)

“Io non ricordavo più nulla del passato prima che ‘Carramba’ mi scovasse e
mi dicesse di te.” (Alò ‘sto disgraziato assassino, sporcaccione, parassito
tie’!) “Qui lavoriamo e basta, le notti sono tanto lunghe, non

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ci sono donne. Per fortuna ho tanti amici, in particolare uno, Luca, che te
mando la foto, te piace? Ti ha visto a la televisione, un po’ male, perché qui
fa tutte quelle fre-goline, quelle puntine e ogni tanto bisogna daie li cazzotti
sinnò se vedono li marocchini che pregano!” (ma che me frega a me!!!)

“Luca non sapeva nulla ma ha compreso tutto e anche tu Flora non mi


giudicare…” (mò, avemo fatto la capo-ralessa!)”.

MARA: Ma allora lei che ha fatto?”.

FLORA: Ecché vole, cocca mia, me scrisse ch’era Natale, Gesù Giuseppe e
Maria salvate l’anima mia… me disse: viene su te e quali’altro… sì
insomma ‘sto Luca e amo fatto il cenone io, Cirillo co’ lo su’ fidanza… e
co’ l’amico suo! Ma alò, vecchia così, me tocca supera’ pure lì tabù! Però
tanto caruccio, sì... un po’ co’ l’orecchino… ‘na faccetta tanto gentile co’ le
capelle… anche le mosse, diciamo, se vede, ma però co’ li pantaloni,
normale, non è che… senza rossetto, caruccio. Me regalò ‘sta collana, dice
“tieni, senza offesa, me l’ha data Cirillo, ma io l’ho portata tanto e poi sta
meio a te” e difatti a lui lo sbatteva come colore, tanto caruccio… in cucina
m’ha aiutato, svelto!”.

MARA: E che cosa ha preparato per il cenone di fine anno? Ci dica un po’”.

FLORA: Beh, ho fatto quello de tutte l’anne: il polpettone co’ le lenticchie,


ma insista pe’ la ricetta che ie la do… Te piii un bove, lo triti fino fino poi ci
aggiungi ‘na quindicina d’ova, poi sale e pepe, un filone de pane, la mollica
‘nzuppata nel latte che quella gonfia, me capisce, come ie dico fa volume,

comparisce tanto, ‘na panza, però sazia! Poi ce triti il prezzemolino fino
fino fino che alla fine Cirillo dice: ma il prezzemolino non ce l’hai messo?”.
Sta’ zitto, magna! ‘Na spruzzatina de vino, una ciufeca da poco… poi lo
mette a coce’ a foco lento lento lento lento… ce lo mise verso le tre del
pomeriggio, l’ho magnato nel ‘97 dopo le panettone! Ce semo tanto
divertiti, settecento panettoni, ‘na ventina de torroni, amo

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fatto le tre de notte, ma nun ero stata sveglia mai fino alle tre tranne quando
è morto il mio primo marito, tanto caruccio, la prima notte del matrimonio.
L’ho curato tutta la notte… bello bello era diventato da morto che manco la
dentiera i’amo messo!

Per fortuna l’ho tenuta da parte, che 7 o 8 anni dopo l’amo passata al su’
fratello, tanto caruccio, che c’aveva la gengivite espansiva, poretto! Ie stava
un po’ grossa ch’ogni tanto ie cascava giù mentre parlava, ma lui c’annava
tanto fiero, diceva: “è del mi’ fratello e poi c’ha dei denti d’oro, quelli da de
più!!!”. Me capisce come ie dico, sora Venièra, nun me faccia parla’ più che
sinnò qui famo Quaresima.

Arrivederce, adesso! Alla prossima puntata, come dite voialtri! Uh, porett’a
me, so’ diventata conduttrice! Alò!!!”.

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Le piccature de l’ovaie

Elvi’, come te sente? Uhhh, io c’ho certe piccature nell’ovaie! Porett’a me,
me pare d’esse’ ritornata giovane, magari!!!

C’ho de le disturbe! Come se chiamono… me doiono l’ovaie, po’ me se


empie la testa, me vengono come tutte chiazze rosse ne le guance e po’ me
piiono certe caldane, certe sudore che porett’a me.
So’ stata dal ginnicologo, come ie dicono a le dottore de lì...

Dicceee: Che accusa?”.

E chi vole accusa’, dottore mio, sarà la vecchiaia, si nun lo sa lei!!!”

Insomma, o de riffe o de raffe, me fece spoia’ tutta nuda, porett’a me, ‘na
vergogna! Me visitò tutta tutta tutta. M’ha visitato il petto, certe strizzate
porett’a me, e che strizze che me fai male? Insomma dice: Come fisico,
diciamo, come de bozze de cose che se sentono nun c’ha niente,
ringraziando Dìo”. Poi me dice: Quale so’ le su’ zone ‘roggene, ergene,
eriggene?”; ie dico: lo so’ de origine umbra perché le zone c’hanno a che
fa’ co’ le dolore?”.

Insomma, tanto caruccio e premuroso, me fece tute ‘ste domande, sì! Po’
dicceee: Le fa le lavore pesante?”.

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Eh, cocco mio, sgobbo più de ‘na somara, altro che la-vore pesante!”

Dicceee: ... c’ha rapporte co’ ‘1 su’ marito… una volta la settimana, due,
tutte le giorne, come se sente?”.

Io ‘na vergogna, Elvira mia, me fece tutta rossa, che dovette fa’ finta
d’avecce ‘na caldana co’ li sudori.

Che ie devo di’, dottore mio, il mi’ marito, quann’ha mangiato e bevuto, ha
ruttato davanti a la tivù, solo ch’a una cosa pensa, porett’a me, come ‘na
cunijia me tratta.

Oh, ancora ie se fanno le voie! Che de salute è de salute, voio di’, ancora si
lo vede, sì ch’omone che è forte de reni e de tutto, diciamo, uh porett’a me,
che me fa di’.

Insomma, come fu come non fu, Elvira mia, m’ha detto il ginnilocoloco,
dicceee: Queste dolore che sente so’ le sintome de la… pausa, la mmpausa,
insomma, so’ le dolore de li cinquanta anni passati”.
Fosse vero, ch’ogni anno fo un fiio, chissà che se me potesse ferma’ a
undici o dodici fii che c’ho, porett’a me, manco so quante ce n’ho.

Arrivederce adesso.

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Flora e la televisione

La Raffa? Ma che sto a parla’ co’ la televisione?

FLORA: Pronto, Elvira?”.

VOCE DI DONNA: Pronto”.

FLORA: Pronto è la RAI? Ma che sto a parla’ co’ la televisione?”.

VOCE DI DONNA: Signora, guardi che questa è...”.

FLORA: Sììì, lo so che è la signorina Raffaella, quella de li facioli”.

VOCE DI DONNA: Ma no…”.

FLORA: Sììì, lo so che questo è il gioco del giallo: li facioli l’avete finiti.
Senta, sora Raffae’, il mi’ marito dice giallo urina, co’ licenza parlando, ma
io i’hò detto ma che se’ scemo? Te pare che a la televisione fanno le gioche
col pi… co’ quella cosa lì...?”.

VOCE DI DONNA: Ma no, signora, guardi che ha sbagliato…”.

FLORA: Ohhhh, ie lo dicevo al mi’ marito che nun era giallo urina”.

VOCE DI DONNA: Senta, signora…”.

FLORA: Sììì, Madonna che emozione a parla’ co’ la televisione! Si lo


sapesse… (allontanandosi dal ricevitore) Massimilia’, viene qua a saluta’ la
sora Raffaella, quella de la televisione”.

VOCE DI DONNA: Ma no, signora…”.


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FLORA: Du’ minute sole, e che sarà mai?, ie faccio saluta’ da li mi’ fiii”.

VOCE DI DONNA: Ma noooo…”.

FLORA: Massimiliano, Rovero, Sistilio, Quinto, Davide, Antonella, Cirillo,


Paolo, viene qua, Paolo!!! Paolo nun po’ veni’, sora Raffaè, che sta a fa’ la
cacca”.

VOCE DI DONNA: Signora, guardi che ha sbagliato”.

FLORA: Ma se ancora nun j’ho detto che giallo? M’aiute un tantino, sora
Raffaè, c’ho undici o dodici creature, pe’ ‘na volta ch’ho preso la linea,
c’ho il pus a forza de prova’”.

VOCE DI DONNA: Ma signora…...

FLORA: Va be’, va be’, so’ contenta d’ave’ parlato in televisione.


Arrivederla, signorina.”

VOCE DI DONNA: Abbassi, per favore, ha sbagliato numero, come glielo


devo dire?”.

FLORA: Aspetti, aspetti che Paolo ha finito de fa’ la cacca; la faccio saluta’
anche da lui”.

VOCE DI DONNA: Ma nooooo”.

PAOLO: Ciao, Raffaè’, che è giallo cacca?”.

90

Pronto, Raffa, è il gioco delle lenticchie?

FLORA: Pronto Raffaella, telefono pe’ il gioco de le lenticchie: regazze


mie, quante mese so’ che cerco de telefona’. L’inverno passato ho provato
sempre io, mo siccome che mentre pulivo le carciofe me so’ tagliata, se
vede che nun l’ho disinfettato bene, m’è venuto a sup-porazione, come se
dice, me s’è gonfiato tutto! Le pati-mente, signorina Raffaella mia… Chissà
se posso saluta’ la mi’ sorella… ciao Tere’ che sta a Perugia… Allora…”.

VOCE DI DONNA: Ma no signora, guardi…”.

FLORA: Quante saranno ‘ste lenticchie? Me dia ‘na mano, signorina


Raffaella, io po’ co’ li conti: il mi’ marito sta a lavora’, nun le po’ vede’
mai, ma perché nun lo fate anche il sabato così il mi’ marito vede il bigonzo
co’ le faciole, e io durante la settimana le provo a indovina’. Posso saluta’
le mi’ parente?”.

VOCE DI DONNA: Ma no, guardi che…”.

FLORA: E come no? A quell’altre le fa saluta’, però. Quante saranno ‘ste


lenticchie, sessantacinquemila…?”.

VOCE DI DONNA: Ma no…”.

FLORA: Nun c’ho azzeccato”.

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VOCE DI DONNA: Ma no, ha sbagliato numero”.

FLORA: Accidente, sora Raffaella mia, pe’ ‘na volta ch’evo

preso la linea…”. VOCE DI DONNA: Arrivederla…”. FLORA:


Arrivederce, fatelo anche il sabato, ehh!!!”.

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OJ

13

OJ

E
O” io

Coppia fedelissimi

Nei reparti merceria dei grandi magazzini settimana del bianco 50% di
sconto sulla biancheria, o all’uscita della chiesa: sveglia presto la domenica
per la messa delle 8, ecco in passerella un modello assai portato anche
quest’anno nonostante il Sessantotto: la coppia fedelissimi”.

Firmati M.M., Morbosi, Melensi, gli esemplari della coppia fedelissimi si


portano sempre un po’ somiglianti, il braccio di lei avvinghiato al braccio di
lui tipo trent’anni di matrimonio e siamo sempre stati così.

Spilungone e flaccidotto lui, la spalla un po’ cadente, il capello brizzolato


molto folto, il colorito giallastro, si porta sempre un po’ incurvato tipo:
sono io che sostengo il peso della famiglia.

La lei invece si porta a testa bassa, mansueta, un po’ asessuata, e comunque


sempre molto moglie. La lei della coppia fedelissimi infatti è sempre
sposata. Anche quando è fidanzata, è sempre sposata.

La coppia fedelissimi esce poco ma sempre insieme: l’ideale sono gli


appuntamenti fissi settimanali: il lunedì al mercato, martedì il bricolage,
mercoledì all’udienza dei professori,

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tutti i giovedì la mamma a cena – quella di lei, naturalmente, l’altra è


sempre morta -, il venerdì dal parrucchiere per lei lui l’aspetta leggendo
giornali femminili, il sabato insieme dal barbiere, la domenica a messa.

Questo modello si porta accessoriatissimo di tenerezze: lei lo chiama ciccio,


lui ciccia;

non alzano mai la voce, nessuno dei due vuole avere l’ultima parola,
casomai meglio non parlare per niente. Ma è soprattutto in casa lontano da
tutti dove tale modello sfoggia al massimo il suo esclusivo senso del dovere
e della devozione reciproca. Qui ognuno indossa perfettamente i suoi ruoli:
donna di casa precisina-taciturna lei, marito tanto rispettoso-servizievole
lui. Da quanto sono riservati non si sono mai visti nudi neanche quando
fanno le cosette loro: una volta al mese naturalmente.

La bella e la bestia

Culturista lui, gracile e un po’ antica lei;

questo il modello la Bella e la Bestia” che anche quest’anno, sebbene raro,


abbiamo avvistato nei litorali affollati e in qualche ristorante della costa.

L’uomo si è portato peloso, specie nella schiena e nelle falangi;

lo stomaco abbondante, lombi forti, natiche e coscia taurina. L’aspetto fisico


in netto contrasto con la faccia: un po’ imberbe; l’occhio bovino privo di
ciglia, la bocca carnosa, la guancia è un po’ vizza e, nota singolare ormai
classica, il lobo dell’orecchio carnoso e pelosissimo si porta cespuglioso.
L’impressione dominante è comunque anche quest’anno: Ahimè, cosa sarà
di lei, come la piglio la rompo”. La donna infatti si porta di statura inferiore
alla norma, il capello ravviato in un’incerta

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messa in piega, dimesso l’abbigliamento; raramente in pantaloni, priva di


seno, la gamba un po’ storta e, negli esemplari più sofisticati, anche una
leggera scogliosi da abbandono al fianco del maschio. Già perché l’incedere
tipico della coppia è quello della presa forte e possessiva di lui, con
scuotimento della intera figura di lei, perennemente arcuata, lateralmente a
cingere almeno la vita di lui.

In costume da bagno filanca elastica ex-tralarge, lui è abbronzatissimo,


bianca lei e sempre un po’ scottata: ha il costume intero con la coppa
rinforzata e, nella versione dei film ungheresi, in due pezzi di cotone a
quadrettini;

il reggiseno bene incollato e perennemente controllato che copra, da portare


con la natica un po’ scesa, il fianco leggermente avvilito, risucchiato invece
si porta il punto vita. La coppia si porta quasi sempre allacciata;
non sono molto evidenti le effusioni amorose, ma l’impressione generale è
di tenerezza e dedizione sì perché, checché ne dica l’aspetto un po’
imbronciato di lei, tipo ahi quanto mi fai male quando mi prendi, stacci un
po’ attento, il suo lui, in fondo, nonostante l’aspetto gorillone, è sempre il
cocco de mamma sua.

La mamma alternativa

A passeggio per le vie del centro con carrozzini cesta di vimini, o nei
negozi Prena-tal vesti il figlio con le grandi firme, tipo: il bambino o lo vizi
subito o non lo vizi più, ecco fare la sua grande apparizione il modello
all’ultima moda, della mamma alternativa”. Particolarmente vistoso tale
modello, soprattutto se portato col pancione, si differenzia moltissimo da
tutti gli

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altri pre-maman. La mamma alternativa infatti non aspetta mai un” figlio,
ma aspetta il” figlio; dopo, non ne farà mai più.

Non ha mai un grosso pancione, non ingrassa, non ha smagliature, non si


gonfia alle caviglie, non fa pipì più spesso, non si copre al mare, non
mangia il doppio, non ha l’acne, anche perché fa yoga.

Il modello mamma alternativa” si porta spesso negli istituti di bellezza,


nelle palestre aerobica pre-maman alternativa tipo: se nasce femmina la
chiamo Sidney come la Roome, se nasce maschio Micol Jakson,
naturalmente! Anche se il ginecologo non è il suo amante, la mamma
alternativa è sempre accessoriatissima di ecografie, guai infatti rischiare di
partorire un figlio che non si abbini al colore del corredino firmato; tipo non
lo battezzerò ma se lo battezzo lo battezzò in jeans.

Via dunque quegli anacronistici camicioni pre-maman in jersey; questo


modello è il trionfo delle salopette e delle tutine coloratissime, firmate,
naturalmente; il plantare al piede è ammesso solo se di Valentino!

Anche quando è nato il figlio è come se non fosse nato, la mamma


alternativa infatti dimagrisce subito, non allatta, la prima parola che il figlio
dirà non è mamma, ma Giulia: il suo nome; lei infatti è sua amica; quando il
figlio avrà venti anni, se lo vedranno ancora, lei sarà già divorziata, tutti la
scambieranno per sua sorella!

La coppia fatelo da voi

Negli spazio-giardino due per due, ma anche nei garage con posto
macchina, ecco spuntare il modello classico e staka-novista de la coppia
fatelo da voi”. Qui è la tuta che impazza: quella classica, sportiva,

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più indicata per il bricolage con l’aggravante della panza; oppure la vecchia
mise: calzonacci di velluto e maglione infeltrito, recuperato al fatelo da voi
del bucato della moglie. La scarpa di gomma, sempre nei modelli più
alternativi, lo zoccolo bianco coi forellini, chiuso davanti con la zeppa, tipo
sono virile anche coi tacchi”. Mai come in questo modello è l’uomo che
conduce, la donna segue penosamente a rimorchio: nell’abbigliamento, per
esempio, dove indossa improbabili rivestimenti tipo ho avuto una colica
devo stare calda”; la tuta sportiva, ma più spesso sono i grembiulini
colorati, il calzino del marito, su ciabatta, la fascia nei capelli, a fare della
donna una vera lady della coppia FDV. Una lady collaboratrice dunque; sia
che fornisca

10 strumento allo sciagurato, che sega, inchioda, pialla, accorcia, aggiunge,


smonta: insomma te lo fa vedere lui!!!, sia che, come vuole la versione più
autosufficiente, sfoggi lei iniziative del fatelo da voi” in cucina.

La coppia del fatelo da voi dunque, si porta piuttosto casalinga: guai uscire
e rischiare di perdere il possibile guasto; ama

il giardino gli sgabuzzini, conosce ogni particolare della casa. L’aspetto


della coppia, dunque, è quello del cane da punta, sempre all’erta a fiutare il
guasto, o l’utensile da pulire. Per il lui della coppia, infatti, la salute
dell’elettrodomestico è la cosa più importante: in questo modello, la
lavatrice rappresenta la donna ideale, specie quando è incinta, cioè carica di
bucato.
Dedizione, cura, amore e tempo libero: ecco il massimo del sesso che la lei
della coppia FDV può esprimere naturalmente nei confronti della tenda
tutta fatta a mano, oh che mani di fata! All’uomo non resta che montarla in
camera, la tenda naturalmente!

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La coppia amiche del cuore

Barricati dietro i libri sul banco di scuola, o nella stessa toilette di


qualunque posto pubblico o privato, ecco spuntare gli esemplari
giovanissimi di un modello intramontabile: la coppia delle amiche del
cuore”.

Esistono almeno due confezioni di tale modello: la monozigota”, amiche


coetanee, stessa statura, stessi capelli, stessa camminata, stesso viso, brutti
quasi sempre, stessi gusti, stessi discorsi, stesso rossetto. Stessa cotta. La
serie dizigota, cioè l’una l’opposto dell’altra: grassoccia e mascolina,
capello corto, voce sgraziata, niente trucco, Cuna; più sottile e timida,
capello lungo filo di voce I altra: un po’ il lui e la lei della coppia. Nella
doppia versione, comunque, la coppia si porta sempre appiccicata. Anche
quando sono separate, le amiche sono al telefono, naturalmente per
raccontarsi ciò che è accaduto da quando si sono lasciate fino al ritorno a
casa per mettersi al telefono. La coppia amiche del cuore” infatti parla in
continuazione, anzi, cicaleccia ed è abilissima in tutti i linguaggi:
dall’alfabeto muto al parlato sui fiati, specializzata nei bigliettini, e, nei
modelli più osé, nel parlato con metafora. Alla sua prima apparizione,
ormai lontanissima, questo modello venne interpretato come siamesi
riuscito male”, era anch’esso infatti dimostrazione che invertendo l’ordine
degli addendi, il risultato non cambia, e soprattutto che uno più uno non fa
sempre due.

Raffinatissima, la coppia amiche del cuore” si porta a scuola davanti allo


specchio tipo: dai, tu trucchi me, io trucco te, ma soprattutto, passerella
d’elezione di questo modello è la Standa, dove la coppia si esprime al
massimo provando tutti i berrettini, massacrando il reparto intimo donna,
senza comprare nulla;
rovistando freneticamente

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nel reparto cosmetici alla ricerca della matita perduta, del fard stucco n. 9”,
ma soprattutto dei rossetti più rossi e meno cari da comprare uguali,
naturalmente.

Nessuno può intromettersi in questo binomio, impossibile innamorarsi di un


uomo: dovrebbe superare l’amica e quando ciò avviene è la coppia che si
innamora naturalmente dello stesso uomo.

La vedova allegra

A giorni alterni dal fioraio, gladioli e crisantemi freschi, i migliori, o al


mercato, tarda mattinata, per la spesa ormai ridotta, un pomodoro, un
cetriolo, un finocchio mi basta, ecco fare le sue rare ma puntuali apparizioni
l’esemplare assai ricercato e molto particolare del modello la vedova
allegra”. Tale modello particolarmente riconoscibile, non va confuso con
altre fogge: in tale esemplare, infatti, la vedova sempre in nero, calze nere, a
volte con la riga, guanti neri, giarrettiere anche nere, non è allegra in quanto
ha un bel carattere ma è allegra in quanto vedova. Poveretta così giovane
già vedova, meno male che l’ha lasciata senza figli e con una bella
pensione” è quello che la gente dice di lei. Con la casa del suo e un seno
così prosperoso, la vedova allegra si porta insomma segreta e appetibile,
chissà quanti indosserebbero quel bel modello. E dove la trovi una esperta e
libera e soprattutto con la fotografia del defunto sul comodino da girare?
Quando la vedova vinta chiuderà un occhio e anche tutti e due, tipo:
Giuseppe mio, t’ho voluto tanto bene ma la carne è carne, questo qui è tanto
comprensivo”. Il défilé diurno dunque tradisce le insonnie notturne, i calori
invernali, le lunghe attese alla finestra. Ma sì, già che ci sono mi faccio
portare la spesa a domicilio, quel garzone nuovo del resto è tanto gentile.

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L’ANGOLO DELLA POESIA Il 5 maggio di Alessandro Manzoni


Ei fu, secco, stecchito, poretto! Siccome immobile, signora mia, come una
mummia. Tanto il mortal sospiro, me capisce come ie dico, non poteva
rifiata’, nun ce potevi crede de come stette ‘sta spoglia immemore, orba,
mezza cieca, pure de tanto spirito. Così ugualmente la gente, signora mìa,
tutte quante disgraziate, la moglie, le figlie, tutte mezze tonte so’ rimaste
alla notìzia, a nun potesse raccapezza’ de come ‘stomo avesse potuto mori’,
né sanno quando una simile orma di pie’ mortale la sua cruenta polvere a
calpestar verrà.

Chi ce viene, poretta a noi, dopo de lui, sciuprinati noi. Lui è folgorante in
solio vide il mio genio e tacque… e chi chiacchiera, signora mia, discreta
come una tomba, so’ taciturna, non me piace de parla’ per niente, per
niente, per niente. Quando con vece assidua cadde, che spavento, dottore
mìo, tanto male se fece, risorse e giacque, secco ‘n’altra volta, Dio l’abbia
in pace, signora mia, di mille voci, al solito mista, con la panna se non le
dispiace, la sua non ha. Vergine (fino al matrimonio, signora mia, altro che
adesso ‘ste spazzine poco pulite’.) di servo encomio e di codardo oltraggio,
‘sti disgraziati, sorge or commosso al subito… e mo vengo!, sparir di tanto
raggio: se n’è ito via pure ‘I sole, signora mia, voio ritira’ li panni! E
scioglie all’urna un cantico che forse non morrà. Che ie dico, signora mia, li
medici so’ tanto preoccupati, dice che c’ha la protesi riservata,
riservatissima anche lei, anche la protesi, sì, dice che pò campa’ come ce pò
rimane’, che il colpo l’ha avuto forte tanto, poretto! Dall’Alpi alle Piramidi,
signora mia, da forano, da Velletri, da Baschi, da tutti li posti, dal Man-
zanarre al Reno di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno. Che ne so
che vole di’, scoppiò da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mare, era peggio
del diavolo, signora mia. Fu vera gloria? Signo’, ai postumi l’ardua
sentenza.

Terza parte LE RUBRICHE

Che fai, mangi?

Per la rubrica Dieta è bello, vi proponiamo 4 incontri della serie Che fai,
mangi? Ricordate: dietro la dieta il didietro crepa.

Cara nonché adorata amica, con questa rubrica vogliamo aiutarti a


dimagrire e a non rinunciare al piacere delle ghiottonerie di cui devi
privarti. I nostri esperimenti diventeranno così parte integrante della tua
astinenza.

Il cannolo siciliano

Assaporeremo oggi il cannolo siciliano.

Il cannolo siciliano: malloppetto oblungo e ciccioso, croccante all’esterno,


molliccio e appiccicoso nel ripieno.

Mi rivolgo a te, amica golosa, ipoglicemica, a dieta stretta, per restituirti


gratificazione gastrico-orale.

Concentrati, concentrati intensamente su un colore, bianco per esempio:


ricotta”.

Ecco un vassoio di cannoli siciliani, ve ne saranno almeno trenta, che dico


trenta, saranno almeno trenta.

E uno, due, tre, quattro.

E scegli con gli occhi assatanati il più grasso e ciccioso;

il tuo desiderio è al massimo, quasi involontariamente la tua mano parte e 1,


2, 3 e 4 asporti il cannolo, hai l’oggetto di piacere in mano, le labbra si
schiudono, si aprono i denti,

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la lingua salivosa sporge leggermente dal labbro inferiore, l’apertura orale è


al massimo, ed ecco 2, 3 e 4 il cannolo è introdotto, i denti serrano e
accalappiano golosamente metà del malloppetto. Comincia a crearsi
l’amalgama: pasta fritta-ricotta-canditi, 3 e 4. La lingua frulla, le mascelle
ondeggiano, piccole aspirazioni della glottide introducono rigagnoli di
saliva zuccherina. È il risveglio del mostro, scusate, dello stomaco; tutto
l’apparato oro-gastrico 3 e 4 vibra… sferriamo ora con la lingua il colpo
finale spingendo il boccone giù dove lo stomaco urla di desiderio e di
piacere, ed ecco 2, 3 e 4 l’amalgama è passato e prima ancora di pulire i
residui di poltiglia tra i denti, la bocca ormai senza controllo addenta l’altra
metà del cannolo e prepara l’apparato all’orgasmo finale.

Spiaccichiamo goduriosamente lingua e palato 3 e 4; un candito fuoriesce


dallo smottamento dell’amalgama, all’angolo del labbro inferiore; con
mossa avida mano-labbra 3 e 4 rinforchiamo il glicide che titilla ora la
lingua, resiste, si ammolla, cede, è tutt’uno nelle bave, nella schiuma del
piacere orale, un fiotto, un ultimo scatto ancora della lingua ed ecco 2, 3 e 4
la lattugine ha raggiunto lo stomaco: sei satolla.

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Il tartufo al cioccolato

Buongiorno, cara amica, ora seguimi attentamente: concentrati, cara,


concentrati su un colore: marrone, per esempio.

Marrone cioccolato al latte; buono, dolce, profumato, vietatissimo.

Ecco, ora un tartufo di cioccolata; dolce.

Tartufo: malloppetto ciccioso e molle posto in una carta pasticciera, tra il


pollice e l’indice.

Ora lo guardi, lo fissi, lo desideri; lo desideri tanto, ti mancano gli zuccheri,


ti mancano tanto; e lo annusi, due, tre, quattro volte: un profumo cacaoso ti
invade le narici, lo avvicini alla bocca, schiudi le labbra ed ecco che lo
addenti goduriosamente, affondando le gengive nella pasta morbida e
appiccicaticcia.

Ecco, il cioccolato si spande senza argini, sopra, sotto, ai lati della lingua,
tre e quattro piccole inondazioni di saliva traboccano ai lati della bocca e
con una leggera sorsatina aspiriamone una lacrima che trabocca.

Ciancichiamo goduriosamente, sbattendo lingua e palato tre quattro volte a


impastare l’amalgama e, prima ancora di averlo inghiottito, inforniamo ciò
che rimane del tartufetto a riempire l’intera cavità orale, quasi
faticosamente
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districhiamo labbra, lingua, denti e 4 e 1, in una centrifuga di piacere a


impastare l’amalgama vecchio e nuovo, in un ciancicamento orgiastico e
salivoso.

Ecco, arriva il momento finale del piacere, il tramonto dell’orgasmo; il


rinculo dopo l’esplosione.

D’un colpo secco con l’ultimo spasimo della lingua inghiottiamo il boccone
e con un fiotto finale di piacere godiamo…

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La teoria del sol boccone

Una nostra affezionata ascoltatrice ci ha rimproverato che l’assunzione


frazionata dell’oggetto del piacere dilazionerebbe la soddisfazione,
ritardandone l’effetto, rispetto a una ingurgitazione unica.

Bene, amica cara, dedico a te oggi il nostro esperimento.

Azzanneremo oggi, in un sol boccone, una doppia meringà saldata col


cioccolato.

Concentrati cara, concentrati intensamente su un colore, bianco, per


esempio: zucchero. È l’unica in vetrina, è l’ultima, l’hai prenotata con gli
occhi.

La meringà: doppio malloppetto ciccioso e friabile, saldato all’inguine da


una colatina di cioccolato cacaoso.

Ecco: vista-presa, 3 e 4.

La contieni nel palmo della mano: bianca e nera, tonda, tanta, tua.

Ecco la avvicini alle labbra, le dischiudi, la lingua fuoriesce incontinente a


leccare l’oggetto del piacere: leccatina 2 e 3 e 4.
Prime lacrime di salivazione zuccherina, la voglia sale, la bocca si apre, la
meringà non entra, si apre di più, non entra, si apre allo spasimo ad
accogliere la meringona, ed ecco: mano-bocca 2, 3 e 4 il palmo spiaccicato
alle labbra

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preme la meringà, che a contatto degli umori si ammolla, si sbriciola sotto i


denti, pulviscolo di zucchero, si spande sotto il respiro affannoso, ancora
una aspirata avida e… ss-shhh 2, 3 e 4 l’intero contenuto è aspirato e
catturato.

Ora è la saliva che opera il miracolo, trasformando la polvere in rigagnoletti


di piacere che, come affluenti, precipitano ingorgandosi in fondo alla gola.
Lo stomaco urla di desiderio e di piacere, reclamando l’orgasmo, ed ecco
che la lingua, con dosaggio sapiente, centellina il piacere lasciando per
ultima la cioccolata. Quando già i primi brividi raggiungono i denti
straccimi di zucchero, la lingua titilla il cioccolato che molle cede, stillando
le ultime scure lacrime di piacere. Lo stomaco attende il miracolo, la lingua
opera l’ultimo colpo: ecco 2, 3 e 4, hai ingurgitato. Sei satolla.

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Cannelloni al sugo di carne e pomodoro

Giustamente una nostra cara ascoltatrice, stazza novan-totto chili in dieta


stretta, ci ha giustamente rimproverato di farvi mangiare solo dolci, mentre
lei avrebbe bisogno di una gratificazione salata.

È a te che dedico oggi il nostro esperimento.

Concentrati, concentrati intensamente su un profumo: sugo”, per esempio.

Ingurgiteremo oggi cannelloni al sugo di carne e pomodoro.

Ti mancano i carboidrati, amica cara, ti mancano tanto; hai fatto una teglia
di cannelloni, ne hai fatti trentasei, perché sei sola a mangiarli.

Sono pronti, il profumo scatena la voglia.


Sfornato, visto-preso 3 e 4.

Il cannellone: malloppetto molle e cicciosissimo, scelto su una zona


periferica della teglia, perché lì ha fatto la crosticina.

Concentrati: lo guardi, lo ami, è tuo. Desideri cacciartelo in bocca, tutto


intero: lì sta il bello.

La voglia non concede più tempo all’introduzione, con raptus improvviso,


afferri uno spiedino di legno sottile, infilzi il cannellone in tutta la sua
lunghezza, la voglia reclama,

109

ecco è a portata di bocca, apri le labbra smisuratamente, a contenere un


mondo di cannelloni, la tua bocca è un forno: con la mano libera spingi il
cannellone lungo lo spiedino e da questo in bocca;

la smisurata quantità di pasta-carne-sugo 3 e 4 riempie la cavità orale;

qui l’orgia di sapori è improvvisa, scatenata, varia, non mastichi, rumini:


anche il palato ha denti.

Rigagnoletti di sugo raggiungono lo stomaco; il mostro s’è desto, grida di


desiderio, reclamando il piacere, la lingua lo prolunga, attardandosi
sull’amalgama godurioso, ed ecco si spiaccica contro il palato e giù 2, 3 e 4.
Il primo cannellone è andato, ma tranquilla, concentrati puoi mangiarne
quanti ne vuoi e infilza lo spiedino, spingi, infila 3 e 4: la tua bocca è un
forno, lo stomaco una cloaca, e chi ti ferma più! Concentrati, cara, e godi!!!

no

Stanotte con l’occulto

AMALIA: Cari amici e amiche, benvenuti all’appuntamento con l’occulto;

Amalia è con voi per consigliarvi, per sussistere ai vostri problemi se è


possibile, dalla regia mi fanno cenno che ci sono molte telefonate che si
accatastano, ma ecco già sento che c’è un’amica che ha acchiappato la
linea. Parla, cara amica, che problema c’hai?, emanati…”.

MIMMA: Sono Mimma, vorrei sapere per l’amore”.

AMALIA: Ciao, carissima Mimma, ciao, benvenuta nell’occulto. Senti,


Mimma, vuoi dire qualcosa a piacere?”.

(silenzio)

AMALIA: Mi senti Mimma?”.

MIMMA: Sì”.

AMALIA: Vuoi dire alcune parole di seguito… tanto, diciamo, da formare


una frase di senso compiuto, vuoi dirmi, Mimma, che ne so?, che cosa hai
fatto oggi? Parlami, Mimma”.

MIMMA: Oggi non riuscivo ad apri’ la valvola del gas che siccome la sera
io metto la caffettiera sul foco…”.

AMALIA: Basta così, mia carissima Mimma; dalla tua voce sento che
anche tu sei un’ipersensibile e sei anche molto tìmida; c’ho azzeccato?
Confermami se sbaglio”.

(silenzio)

AMALIA: Beh, ho mischiato le carte e alzo per te, Mimma: ecco la torre,
l’appeso, il diavolo, la morte. E ho detto

tutto con questo, mia cara Mimma, lo vedi da te che è un macello”.

MIMMA: Sì, ma che vuoi di’?”.

AMALIA: Eh, lo capisci da te, Mimma: il diavolo, l’appeso, la torre e la


morte. Qui la situazione è disastrosa, io sono costernata, Mimma, peggio de
così nun te poteva capitare, Mimma mia, ci sono delle influenze negative”.
MIMMA: Sarebbe a dire?”.

AMALIA: Sarebbe a dire, cara Mimma, che ci sono delle cose che ti tirano
male. C’è male e morte. Non lo so se vuoi venire al mio studio, domani o
quando hai tempo (ma presto, Mimma!), rifacciamo le carte e vediamo un
po’ se è un caso o se sei proprio sfigata e non c’è niente da fare; va bene,
Mimma? Puoi telefonare, ecco, vieni tu così proprio de viso, Mimma mia,
possiamo parlare meglio. Ciao fracico’ e passiamo alle altre telefonate, che
c’ho il centralino intasato; ma ecco un’altra amica che ha acchiappato la
linea, parla, cara amica, parla”.

MARIO: Sono Mario, telefono per sapere dell’amore”.

AMALIA: Ciao, fracico’, tu hai chiamato anche la scorsa settimana. Mario


dalla tua voce sento che sei ancora un ipersensibile e sei anche molto
timido. Rifiuti la dialo-gazione col prossimo, confermami se sbaglio… senti
Mario, ti sei andato a intrippare con una donna sposata, Mario?

MARIO: Come sposata? Si vede dalle carte?”.

AMALIA: Eh, no, fracicone, mi sono informata, Mario mio, questa non ti si
fila e non ti si rifilerà mai, comunque mischio di nuovo tanto per vedere se
le carte della scorsa settimana sono state un caso o se sei proprio sfigato,
Mario mio. Alzo per te, Mario. L’imperatore, che sei tu, l’appeso, la torre e
il diavolo. T’ho detto tutto, Mario mio”.

MARIO: Perché che è?”

AMALIA: E lo vedi da te Mario mio, per ora le carte sono disastrose”.

MARIO: Quanto durerà?

AMALIA: Eh, no, nella veggenza il tempo non esiste. Fa’

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una cosa, Mario, al più presto possibile puoi zompare un momentino qui da
me di modo che possiamo riinterrogare di nuovo le carte acciò che ci dicano
eventuali evoluzioni positive, che dubito molto, della tua storia. Ciao,
fracico’. Vi ricordo che Amalia è qui con voi per consigliarvi, per
sussistervi ai vostri problemi, dalla regia mi testimoniano che c’è una
telefonata in linea, parla cara amica, che problema c’è, esplicitati”.

FILIPPO: Sì, mi chiamo Filippo, sono innamorato di una ragazza però lei si
comporta strana e vorrei sape’ che c’ha”.

AMALIA: Bene, Filippo, innanzi tutto e questo ormai lo vado scontrando


giorno per giorno la vostra voce è sintomatica di voi stessi e anche tu dalla
tua voce sento che arisei un ipersensibile, Filippo, sei ottuso, chiuso in te
stesso”.

FILIPPO: Eh sì, sì...”.

AMALIA: Bene, ho mischiato e alzo per te, concentrati fortemente,


Filippo”.

FILIPPO: Sì”.

AMALIA: Stai a sentire Filippo, ma tu l’hai guardata bene la tua ragazza?”.

FILIPPO: Perché?”

AMALIA: Sei sicuro che è una ragazza…”.

FILIPPO: Beh, sì, ancora non…”

AMALIA: No, cerca di capirmi caro, siamo sicuri che è una ragazza?”.

FILIPPO: Sì perché che c’è?”

AMALIA: Perché qua è uscito un fante”.

FILIPPO: E allora?”.

AMALIA: E allora è un omo”.

FILIPPO: Come un omo?”.


AMALIA: E sì, Filippo mio, la tua ragazza è omo”.

FILIPPO: Ah, ecco…”.

AMALIA: Comunque, caro, non c’è problema perché appresso è uscita la


carta del sole e ciò sta a significare che con la pazienza e per la legge della
compensazione, caro, tornerai a vedere quel sole che ti necessita. Non c’è
problema, anche se stai a sbarella’ per ‘sto ragazzo, che

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è un omo, ripeto, e non me di’ Filippo che non i’hai visto i baffi…”.

FILIPPO: Sì, infatti…”.

AMALIA: Ecco, vedi caro, nei tarocchi c’è tutto, ma c’è anche la tua
felicità insieme a lei… a lui”.

FILIPPO: Quanto devo aspettare?”.

AMALIA: Eh no, amici cari, lo vado ripetendo fino allo spasmo che nella
veggenza il tempo non esiste”.

FILIPPO: Sì, ma scusa quando l’ho incontrata…”.

AMALIA: Eh no, Filippo, scusami se ti interrompo, con questo intervento


stai uscendo dal seminario, fatti servire, Filippo, e magari fai un salto da me
al mio studio, per farmi sapere al più presto com’è andata. Vienmi a trovare,
Filippo, così de viso potiamo conoscersi meglio. Ciao, fracico’. E con
questo la vostra cara Amalia vi saluta, vi do appuntamento a domani nel
cuore della notte, sempre con i nostri amici tarocchi. E vi ricordo che nelle
carte sta scritto tutto: l’amore, la sfiga, la morte e la vita. E per coloro che
vogliono saperne di più, esplicatevi fino al mio studio, così che possiamo
devolvere ed esplicitare il futuro di ognuno di voi. Ciao, fracico’, a presto”.

114

Bice te (o dice
Lettere giunte alla redazione di Helzapoppin, Radio 2, anno 1982

Sono un ragazzo di ventidue anni, ho un carattere chiuso e introverso, a


scuola non vado volentieri e non ho amici, avevo la forfora, ma poi l’ho
perduta e con lei anche la mia fiducia in me. Se puoi aiutarmi a ritrovarla, te
ne sarò più grato che mai.

Tarquinio 79

Mio caro e adorabile amico/ alla tua età dovresti già avere superato da
tempo il problema della timidezza. A questo punto, io credo che tu sia
ormai spacciato. Comunque, per ritrovare la tua forfora (o anche, se ti va
bene, quella di qualcun altro), ci sono almeno mille prodotti studiati
apposta. Uno qualunque andrà bene: usalo spesso e trascura un po’ la tua
pulizia.

Ti abbraccio, caro. E riscrivimi se sei ancora in vita.

Mi scrive Donatella, un’adorabile ascoltatrice di diciotto anni.

Ho un grandissimo problema di sudorazione: tutti mi evitano e io mi sento


inferiore alle altre ragazze. Che cosa posso fare?

Mia adorata amica, credo di aver capito bene il tuo problema: la lettera che
mi hai mandato, infatti, è intrisa di questo tuo problema. Al quale,
purtroppo, non c’è rimedio,

115

checché ne dicano tutte le pubblicità che speculano sulle secrezioni. Ora,


Donatella, io ti auguro che il tuo sia un problema di fetore giovanile,
destinato col tempo perlomeno ad attenuarsi (se non addirittura a
scomparire). Tuttavia, anche se così non fosse, non ti emarginare già da te
stessa: fa sì che gli altri si abituino ad amare te, con tutta la tua puzza, per
quello che sei, senza cercare di essere quello che non sei e non sarai mai.

Ciao cara, e fatti sentire. Anzi no!, riscrivimi. O meglio ancora, fammi
riscrivere da qualcun altro.
Mi scrive Gustavo, un adorabile ascoltatore di trentacinque anni.

Prendo il coraggio a quattro, ma che dico quattro, a cinque mani, per


rivelarti che ho l’alito cattivo – pestilenziale, a quanto mi dicono. Sono
stato sul punto di sposarmi ben sei volte, e per sei volte tutto è andato a
monte a causa di questo difetto. Attendo una tua risposta e ti bacio.

Mio caro, adorato Gustavo, innanzi tutto bravo! Ammiro il tuo coraggio,
gente come te non arriva a trentacinque anni tanto facilmente. Di solito si
suicida prima.

Da quello che ho capito il tuo problema non è tanto quello dell’alito


pestilenziale, quanto quello di trovare moglie. A tale proposito ti consiglio
di trovare una donna che non sia della tua stessa città, cosicché tu possa
mantenere con lei un rapporto esclusivamente epistolare. Poi, al momento
decisivo, dovrai fingerti muto: questo piccolo difetto avrà su di lei un
ascendente particolare. Come non amare, infatti, un uomo della tua
sensibilità, anche se muto. In questo modo riuscirai a evitare di alitarle in
faccia.

Ti abbraccio, Gustavo, e mandami tue notizie. Io NON ti bacio, ma ti


saluto.

Mi scrive un simpaticissimo ascoltatore, l’adorato… no Adorato è il suo


nome.

116

Con la puzza dei miei piedi potrei fare un safari senza fucile. Ho un grosso
successo con le donne, ma al momento decisivo, loro fuggono. lo stesso,
d’altra parte, quando mi spoglio la sera per andare a letto, non mi
addormento. Svengo.

Mio spiritosissimo e adorato Adorato. Ritengo anzi tutto che tu abbia già
provato senza giovamento ogni prodotto in commercio. Oggi, però, ci sono
delle ottime protesi, arti artificiali che sono perfette ricostruzioni di piedi, e
che sono facilmente applicabili. Questa potrebbe essere la migliore
soluzione al tuo problema. Amputati, Adorato, amputati e questa tua
caratteristica potrà inoltre avere sulle donne un ascendente particolare.

Bene, mio adorato Adorato, riscrivimi. E mi raccomando: in gamba!

Mi scrive un tenerissimo ascoltatore che si firma Bebé.

Ho quarantasei anni, sono aitante e sportivo, mi piacciono le donne e io


piaccio a loro, e ho spesso l’occasione – diciamo così – di ospitarne
qualcuna. Tutto procede bene finché non siamo in intimità: baci, carezze,
parole dolci… poi, al momento decisivo, io perdo urina. Insomma, me la
faccio sempre sotto.

Sono disperato.

Bebé

Mio caro Bebé, è chiaro che – nonostante la tua non più verde età – sei
ancora morbosamente legato alla figura di tua madre. Tu desidereresti
ritornare nel suo grembo e di fronte a ogni donna ti scappa, cioè attui un
comportamento regressivo.

Ora, mio caro Bebé, i casi sono due. Se hai ancora la possibilità vai con tua
madre. Oppure, al momento decisivo, lasciati pure andare e incolpa la
partner di ciò che è accaduto. Ciò ti darà la possibilità di assumere un
atteggiamento comprensivo e materno nei confronti della partner, e ti darà
anche un ascendente particolare su di lei. Fidati.

Mi raccomando, scrivimi. E dai pure il mio indirizzo alle tue future partner,
casomai avessero bisogno del mio aiuto. Ciao Bebé.

Mi scrive un delizioso ascoltatore.

Ho una balbuzie così accentuata che non riesco neppure a scrivere tutto
difilato. Tartaglio anche quando penso. Ogni volta che avvicino una donna,
lei mi deride o mi sfugge.

Coco… coco… coco… cosa posso fare?


Mio disgraziato ascoltatore. La balbuzie come la calvizie e tutte le patologie
che terminano in zie” sono legate a iperprotezione, a un eccesso di figure
femminili: mamme, nonne, zie. Ogni donna quindi rappresenta per te un
aggravio del problema. E allora, mio caro, la soluzione c’è. C’è c’è c’è c’è
c’è...

Dal momento che frequentare figure femminili risulta per te nocivo,


rivolgiti dunque agli uomini. Con loro potrai finalmente esprimerti al
massimo delle tue possibilità, e cioè da individuo appena normale. Prendi
dunque questa nuova strada con fiducia ed entusiasmo e ti farai un cumulo
di esperienze gratificanti e risolutive.

Dimentica le donne, odiale se vuoi, tanto sono tutte cretine. E apriti con
fiducia ad amicizie nuove e, diciamo così, particolari”. Ti abbraccio,
riscrivimi.

Mi scrive una giovane fanciulla in fiore.

Mi chiamo Fiorella, ho quindici anni, e vorrei che tu non dessi al mio


problema una delle solite risposte che mi vengono ripetute da anni. Il mio
viso è una carta geografica di acne, ci sono bubboni bitorzoluti, solchi,
promontori, buchi come laghi… Esiste qualche rimedio al mio piccolo
problema?

Nonostante ciò che dicono le centinaia e centinaia di pubblicità che


speculano sulle deturpazioni giovanili, all’acne non c’è rimedio. L’acne è la
tragedia dell’adolescenza, è la più grande causa del disagio giovanile.
Potremmo infatti leggere tutto il Sessantotto come la più grande espressione
dell’acne giovanile. Tu vuoi da me risposte? E no, cara, qui ci vuole solo un
miracolo: ti invio senza indugio l’indirizzo di Lourdes.

Ciao cara. Prega, prega.

118

Apriamo oggi con una lettera. Mi piacciono le donne.

Anonimo ‘83
Siamo di nuovo da capo. Ho già detto pubblicamente che non voglio
rispondere assolutamente alla corrispondenza ambigua. Qui non si specifica
l’identità dell’ascoltatore! Anonimo ‘83: cos’è, una sceneggiata? “Mi
piacciono le donne”; una stornellata o che? Perché nel caso si trattasse del
problema di un uomo maschio che se ne facesse un problema, allora il
problema sarebbe di un tipo;

se invece si trattasse del problema di una donna che ha il problema che sì,
insomma, le piacciono le donne, il problema sarebbe un altro. A meno che
il problema non consista appunto nel problema di uscire dall’anonimato e
cioè dal problema… oh! Insomma, questo è un problema che non mi
riguarda. Io ho altri problemi in questo momento per il capo, se devo pure
farmi il problema di quale sia il problema prima ancora di risolvere il
problema, allora sì che escono fuori i problemi. Oh, basta, basta, chiudi qui.

Cari, adorati amici. Ho in mano una graziosissima letterina. Romeo l’amour


mi scrive:

Soffro di una sproporzionata perdita di capelli. Temo che ciò mi porterà


presto alla calvizie. Che fare?

Sparati, Romeo, sparati. Il suicidio, nel tuo caso, oltre a risolvere


definitivamente il problema della perdita dei capelli, ti eviterà quella agonia
psicologica che ti deriverebbe dal vivere un aspetto in cui non ti riconosci.
E ricorda, Romeo, c’è sempre una soluzione per ogni problema. Ti
abbraccio e riscrivimi. Se non avrò più tue notizie, capirò. Addio, caro, e
buon viaggio.

Ho diciassette anni, abito in via Perrella – e chi se ne fotte, scusa? -... e mi


sono innamorata dell’amante di mia madre.

Lolita ‘83

Mia cara Lolita, hai diciassette anni, tutta una vita davanti

119
a te, non sei un mostro, almeno spero, spiffera dunque tutto a tuo padre, non
potevi trovare migliore occasione di questa per ottenere quello che vuoi.
Spiffera, tradisci, rivela, sputtana insomma quella fetentona di tua madre.
Quel cornutone di tuo padre non potrà che reagire, tua madre dovrà
troncare. Come mi piacciono gli scandali! E tu avrai finalmente la strada
libera! Fatti coraggio, mia cara, sei ancora carne fresca e soda, spero. Hai
certamente più chance di tua madre smagliata e flaccida, quale sicuramente
è. Hai verificato se essa ha il seno sceso? Qualora si verificasse quest’ultima
fortunata coincidenza ritieniti pure sistemata. Addio, mia cara, e ricorda che
chi non fa la spia col cavolo che qualcuno se la piia. Ti abbraccio e mi
raccomando: fammi sapere.

Ed ecco un’altra lettera.

Mi chiamo Gaetano Totonno, ho quarantanni e soffro, mi vergogno a dirlo,


di una timidezza senza precedente. Sono invaso dal rossore e dal tremito
anche a scriverti questa lettera. Vorrei…

Non c’è rimedio, mio caro Totonno, non c’è rimedio alla timidezza, mai.
Essa è come un difetto fisico permanente, come la lebbra, se vuoi, se ti
piace di più. Sono state spese tante parole a proposito della timidezza, ma
tutte da gente che aveva la faccia tosta per dirle. Mai nessun timido è
riuscito anche solo a ripeterne la metà. Falla finita, Totonno, falla finita, non
c’è nessuno che ti possa dare una mano anche perché non riusciresti mai a
chiederglielo. Scrivimi ancora, se pensi che ti serva, ma non serve a nulla,
Totonno. Addio, mio caro, e, mi raccomando, coraggio…

Apriamo adesso la lettera di una coppia.

Ho quarantacinque anni, mi chiamo Mirella. Sia io che mio marito fumiamo


come turchi, anche tre pacchetti al giorno. Ho letto nei fotoromanzi che il
fumo fa male e vorrei smettere. Come devo fare?

120

Mia adorata Mirella, il problema più grave non mi sembra tanto quello del
fumo quanto quello che alla tua età tu legga ancora i fotoromanzi. E allora
che fare, mi chiedi? Che fare? Smetti, mia cara, smetti, smetti di leggere i
fotoromanzi, fanno male, fanno malissimo alla salute e alla testa in
particolare per quel poco che ti resta da vivere, vista la smisurata quantità di
sigarette che fumi. Cerca di dedicarti a letture più intelligenti, di
disintossicarsi dalle stupidaggini di cui ti imbottisci. Addio, mia cara, e
riscrivimi pure dalla clinica.

Ed ecco l’ultima lettera, miei cari.

Ho ventiquattro anni, un diploma di chitarra e ho continuamente in testa


l’idea del suicidio. Non so se ti scriverò ancora.

Oh, purtroppo, mio caro o mia cara, non mi mandi a dire come ti chiami, se
sei uomo o donna e come vorresti suicidarti. In questo caso io non so a chi
rivolgermi e come e soprattutto non so come consigliarti. Ci sono oggi in
vendita delle ottime armi da fuoco, ma, a parte la difficoltà di acquistarle,
non so se tu sei munito di licenza, che ne so… Non mi specifichi se il
sangue ti fa schifo… Ti fa schifo il sangue o no? Caro… cara… caro…
insomma, io non posso risponderti in queste condizioni. Ma perché mi
mettete nel mucchio lettere come questa? Questa non doveva passare. Non
ci sono i requisiti per rispondere. Ho chiesto più volte di specificare nome e
cognome e tipo di problema. È inutile, è inutile, io qua non so a chi
rivolgermi e mi rifiuto di lavorare in queste condizioni!

121

SEMINARIO DI EDUCAZIONE SESSUALE

TENUTO DALLA DOTTORESSA MEROPE GENEROSA,


SESSUOLOGA

Dal Teatro Olimpico di Roma, testo inedito, anno 2000

Signore e signori buonasera, credo che ognuno di voi sia stato avvertito che
qui si svolgerà un seminario di educazione sessuale, una serata di
esperienze collettive, una… una… ammucchiata… ehm… un comune
scambio di energie, al fine di chiarire a che punto siamo oggi e che cosa
possiamo aspettarci dal sesso. Quanti di voi sono soddisfatti della propria
sessualità? (sguardo di attesa sulla platea muta). Spero sia timidezza! Senso
del pudore…

Una statistica dice che il quarantatré per cento delle donne preferisce una
bella notte di sonno a una notte d’amore: io non credo a tale percentuale, io
credo… piuttosto…. ma molte più donne preferirebbero ma anche solo un
pisolino… ma il coma!, pur di non… Del resto (secondo l’illustre
sessuologo Kramer) il sesso familiare è perlopiù necrofilia: un cadavere che
possiede un altro cadavere: la coppia è un po’ l’harem che passa la mutua.

Il settanta per cento delle coppie a un anno dal sì dice no al sesso, i pazienti
lamentano che dopo il matrimonio fare sesso è un po’ come portarsi i
compiti a casa.

Cos’è che non va?

Giuliana, una mia paziente sposata da undici anni, racconta: Durante il


rapporto sessuale con mio marito, io faccio di tutto;

venerdì scorso mentre lui stava sopra di me sono andata in cucina a


spegnere i broccoletti che buttavano di fuori

- credo anche li abbia scolati, ora non ricordo bene

123

- e poi mi sono rinfilata a letto mentre mio marito aumentava il ritmo. Non
si è accorto di nulla!

La sera spero sempre che non me lo chieda” racconta Dolores, sposata da


quindici anni con Tonino. A volte fingo di dormire e sento mio marito
infoia… che vorrebbe met… con il membro du… dai che ti ridai, a forza di
me-narsel… perché prima fa un po’ da solo… poi me lo… si struse… e
cerca di ficc… che poi dato che gli rimane scomodo… perché io sono come
un ciocco rigido, mi fa male e alla fine me lo… sì lo in… e risolve in
quattro e quattro…”
Sì, Dolores si produce in quella che scientificamente viene definita la
sveltina col cadavere”.

Kristel, un’altra cara paziente tedesca che ha sposato un ex bagnino di


Riccione e ha solo quarant’anni, racconta: Non parliamo più, è molto
frustrante per me, quando siamo a letto neanche una parola, un ansimo, un
sospiro: quando gli faccio un pomp… nell’atto di prendergli… quando con
la bocca gli su… gli… mi sembra di succhiare la traversa di una sedia”.

Coraggio, Kristel almeno è duro! Ma quanto sono duri questi silenzi, quanto
pesano!!!

E, del resto, non va meglio nell’esperienza di alcuni uomini che, non


trovando più soddisfazione con la propria partner, alternano la masturba…
il… sì, che se lo… facendosi delle gran… p… il sesso fai da te… (che certo
presenta un vantaggio: nessuna da riaccompagnare, nessuna da consolare
dopo) alla frequentazione sporadica o periodica di prostitute.

Ignazio, padre di tre figli, bancario da ventitré anni, sposato con Daniela,
racconta: Solo quando sono con Gilda mi sento appagato veramente, si
risveglia la mia passione, il mio erotismo, Gilda sa come prendermi, è una
vera forza della natura”.

Tra l’altro io ho avuto il piacere di conoscere Gilda che di giorno fa Tito e


lavora al porto di Civitavecchia.

Certo la quotidianità pesa, lo stress, vivere insieme ci fa sbraca… perdere


quel fascino, quella attrazione… i difetti dell’altro ci diventano
insopportabili.

124

Il mi’ marito è un egoista, prepotente, nun fa niente a casa, me tratta male,


vole solo comanna’; e poi è rumoroso, dottoressa mia!...” racconta Flora.
Quando soffia il naso pare che passa un circo, ma poi scatarra, smoccola e
sputa… c’ha la prostata infiammata, piscia continuamente pure addosso
all’albere, io non so ‘ndo’ guarda’, dice: “Te continua a cammina’”, ma
‘ndo’ vo?, porett’a me disgraziata, ‘na vergogna, dottoressa mia. Stia a
senti’:

ogni mattina quando se sveglia molla una scoreggia nel letto, co’ licenza
parlando, me scuse!, ma potente, eh?!, un terremoto tutte le mattine e poi
move le coperte pe’ falla svolazza’ via, ha capito come ie dico!?

Domenica si è alzato con il… sì, il coso dritto… insomma con


l’alzabandiera dei giorni di festa, come dice lui; m’ha svegliato co’ quel
coso in mano dicceee: “Serve niente?”, dico: “No, grazie”, dice: “Allora
vado a piscia’...”. Uh, poretta a me, me scuse, con licenza parlando…
quant’è rozzo… La mattina ce l’ha sempre mezzo… basa-notto che dice poi
che la mattina non è niente, dicono che è uno sbalzo di pressione… me l’ha
detto il dottore che è la prostata, dice che è un fatto idraulico, ma che
c’entra l’idraulico, dottoressa mia, io mica so’ una lavatrice! Ma quanto me
urta quel rumore di pipì che sembra uno scolo del serbatoio. Poi il mi’
marito fuma, butta la cicca nel cesso e cerca di spegnerla col getto, che urto,
dottoressa mia, ‘sto vizio, poretta a me disgraziata, nun ce la faccio più, mo
gliel’ho detto, me dica qualcosina lei!”

Beh’, cara amica, non credo che abbia molta importanza stabilire di che
natura sia il pipo duro… quando al mattino è turg… si verifica quel
fenomeno di allungam… rigon-fiam… scientificamente detto erezione
aurorale”, qua siamo proprio alla frutta… ma possiamo lavorarci su,
possiamo insieme a tuo marito – sempre che lo voglia -rieducarci al piacere,
al rapporto di coppia, possiamo cercare…

Tiene anche i calzini a letto!”

Cosa? Pure corti!? Ahia, ma ne hai parlato, gliel’hai detto che…

E non si lava!!!”

125

Beh, allora… ecco questa, signori uomini, è una lamentela che purtroppo
molte donne portano ai miei seminali.
Mio marito vuole che glielo prenda in… glielo succ… ben bene che anche
faccio il vuoto in bocca, che dice che così gode di più,” benone! anche se
però non odora sì, insomma, si può dire?, puzza… di pipì che io glielo dico
sempre che lui mi dice ma se me lo scrollo!”, sì, ma scrollarselo non è
pulirselo!”

Esatto, signori uomini, siete spesso molto preoccupati della dimensione e


del funzionamento del e… del… vostro e molto meno della sua
manutenzione; molte donne raccontano con pudore di far ricorso alla
preziosa mentina, ottima tra l’altro per quel pizzicorino, ma che non risolve
certo il problema.

Anche perché a forza di… tutte quelle lappate con la lingua e su e giù un
quarto d’ora mi si stanca la mascella, mi si inchioda la mentina su, mi si
attacca che mi strozzo, poi nel momento che lui sta per veni… eia… buttare
fuo… mi prende la testa e mi spinge che io sento soffocare, ma che
spinge!!!”, io non ce l’ho l’apnea… mai avuta, che certe volte mi tiene pure
per le orecchie, come un manubrio… io non mi riesco a togliere mai…
certe bocconate di quella sbobba!”

Beh, senza scendere in particolari… comunque, cara amica, a questo


proposito i manuali parlano di quantità pari… a un cucchiaino da té!

Ma de che!!!”

In effetti anche secondo me…

Scusi, dottoressa, mi vergogno a chiederlo davanti a tutti, ma che non è che


magari quando ing… che mi va giù, mi cresce la barba datosi che…”

No, signora cara, la sbobb… il… lo sp… quella mucillagine bavosa,


scientificamente detto liquido seminale, ingoia… se per caso… deglutita
non fa crescere il pomo d’Adamo, non fa ingrassare, non fa nulla… quindi
non vedo perché uno la debba… Ma se non desiderate farlo, parlatene con il
partner in modo che non ci siano malintesi. Troviamo il momento giusto
(per parlare al nostro uomo), magari non subito dopo aver… anche perché
dormirà di sicuro!
126

E vorrei portare un’altra testimonianza di un’amica che mi sta


particolarmente a cuore giacché era una religiosa che ha lasciato i voti per
sposarsi e che è molto innamorata di suo marito: Carmela.

Durante i nostri doveri coniugali, Santo vuole assolutamente mettermelo in


e… (postura da impalamento) in quel recesso oscuro che il Signore ci ha
dato per ben altri scopi… io mi nego, resisto, non mi concedo, ma Santo
Santo Santo è il Signore…. ah, no!!! “Fatti impalare!” mi dice, “fatti
impalare!, Carmela, ora sei mia moglie!”. Ma secondo lei, dottoressa,
rientra nei doveri di una moglie una cosa che fra l’altro fa anche male e
tanto!! Forse perché Santo è... sì, insomma ha una verga in dotazione che
insomma il Signore si è lasciato un po’ andare che san Martino l’accresca e
io prego sempre a questo scopo…”

Ecco, piano piano Carmela; intanto saprai che già gli antichi greci
praticavano l’incul… uomini e donne si facevano… sì... essi hanno
inventato l’ano multiuso.

Chi pratica il sesso… come dire… a pecori… da die… lo fa a volte anche


per evitare una gravidanza o… per mantenere la verginità o… per entrare
nel mondo dello spettacolo, ma anche e soprattutto per piacere.

Ecco, ciò che è importante è che nella coppia non ci sia una prevaricazione;
se Santo desidera ine… anche altre parti di te, ti può aiutare piano piano a
rilassarti, a smollare il e… i muscoli dello sfint… eh, quelli… perché certo
noi siamo abituati a trattenere e non a… ma con la santa pazienza, le
carezze… prima un dito, poi due… magari lubri-fic… sì, no, asciutto
neanche ne parliamo, è tremendo, anche se lo psicologo Jack Morin che ha
scritto un bellissimo libro proprio sul… sesso anale garantisce che non è
assolutamente doloroso.

E ci crede solo lui!!!

Ecco, dunque, ma quante storie di insoddisfazione, solitudine e routine…


C’è qualcuno che si ritrova in queste storie?
(silenzio assoluto in sala)

Capirai…

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Bene, possiamo mollare, per usare un termine prostatico, oppure decidere di


ricominciare dal punto in cui siamo, dal calo del desiderio, dalle differenze
sessuali.

Per l’uomo raggiungere l’o… può essere facile come agitare una lattina di
birra e farla schiumare, per la donna ci vogliono non una ma dieci, venti
casse prima di… anche un TIR... ma a volte dipende dalle manovre di
quelle ma-nazze dure, con le dita rigide… ma poi non è solo un fatto di
tecnica, anche se quella è importante.

Come riuscire a procurarsi piacere sempre migliore nel tempo? Da dove


ricominciare?

Anni fa ho avuto il piacere di incontrare una cara amica, la sessuologa


Olivia Sinclaire, il cui percorso mi sembra illuminante. La storia di Olivia è
una storia tipica: un’educazione estremamente rigida, nessuna informazione
sessuale in famiglia, così dopo un’adolescenza brufolosa, pelosa, noiosa
approda al liceo; i primi contatti con i ragazzi, le prime cotte, i dischi dei
Beatles, le prime fughe, i primi smanazzam… rovistamen… primi
ciucciamen… toccam… le… il…. tutto, anche l’alluce, il naso ficcato su
per la fi… dentro la… lì.... ma quello nolll

Poi il primo vero rapporto sessuale piuttosto deludente e teso. Beh, la sola
cosa che sapevamo per proteggerci è che lui doveva… tirarlo via…
appena… sfilarlo… subito prima che lui… in modo che uscisse… godes…
fuori godesse lui! Non certo la donna, sempre vigile durante tutto il tempo,
con il terrore che quei mostriciattoli… quei cosini… gli sper… si infilassero
molesti su per la f… ma anche in bocca, nelle orecchie, qualunque pertuso,
anche il naso;

alcune di noi, compresa Olivia, temevano di essere fecondate


dall’ombelico!
Io personalmente ricordo tragicamente la mia prima se… esperienza quando
persi la… v… mi fu fatta la f…

Ricordo che era una sera d’autunno molto umida nella macchina di Danilo
detto Il Lungo, un giovane riccioluto con i capelli rossi allampanato e pieno
di lentiggini;

dopo i primi smanazzam… sfarf… dai che ti ridai… a forza di frugare


dappertutto, credevo avesse sette o otto paia di

128

mani, pale, tentacoli… mi chiese tutto inf… pieno di… Cosa vuoi che ti
faccia?”.

Piano” risposi per non sbagliare.

Così mi schiaffò la lingua sulla bocca come una fetta di carne cruda su un
occhio nero. Zzz/, il tempo di una zip e poi ricordo solo una specie di
ssttinco di capra riccia col cappucc… sì il profilai… ma che profilat… non
era un normale profilai… un calzettone infilato che mi montava… mi
penetr… ma come si fa!!! Io avevo una gran voglia di vomitare!

Dopo un po’ di agitazione ricordo che slittai rovinosamente sul sedile, sentii
Danilo rantolare qualcosa che aveva a che fare con un freno a mano.
Riemersi immediatamente tutta paonazza e chiesi con una certa educazione:
Cosa?”.

Fu tutt’uno: una rincalcata micidiale. Aveva ceduto il freno, una breve


discesa poi un urto secco.

Schiantai la mia verginità sulla lapide in marmo peperino bordo similoro di


Moncelsi Gustavo 1881-1950, ex sindaco del mio paese troppo presto
strappato dal fato alla famiglia. Danilo mi aveva portato al cimitero non
avendo giornali per coprire i vetri.

Ricordo questo rincoglionimento, mi sentivo immersa in una melmina


scivolosa e il peggio era che avevo perduto un orecchino;
il clacson cominciò a suonare, credevo avvisasse tutti di quello che avevo
fatto.

Merda” disse Il Lungo incazz… su tutte le furie, e adesso chi ti paga?”

Pagare meee!?!”

Ma non dico a te, sorchetta!”

Sorche…!?!” Producevo vergogna a fiotti come una stampante.

Beh, Il Lungo disse: Me ne fotto” o un’espressione del genere e, prima di


rimettere a cuccia lo stinco recalcitrante, volle scrivere al vento il mio nome
col suo fiotto dorato”, come lo chiamò, e si esibì in una lunga pisc… pipì/
sotto lo sguardo desolato della Sensi Matilde 1816-1901, onesta madre di
famiglia, devoti ti piangono i figli tutti.

129

Ecco naturalmente le cose adesso sono cambiate. Mi riallaccio al racconto


di Olivia che dice: Dopo la prima esperienza ho avuto qualche ragazzo che
mi ha aiutato a capire che il sesso poteva essere migliore, ho provato a
leggere dei libri, ho provato con uomini più grandi ed esperti di me, ho
provato con la psicanalisi, ma ho capito veramente quale sessualità
possedessi solo quando ho provato con Dildo… un vibratore che mi ha fatto
conoscere un’amica. All’improvviso sono stata libera di concentrarmi
pienamente sul mio corpo e le sue sensazioni, e ne ho avuto modo perché
Dildo è instancabile, grazie a Dio, va a pile e può rimanere quanto voglio e
dove desidero. Così finalmente capii: “Ecco cos’è un orgasmo!””.

Ho raccontato la storia della dottoressa Olivia perché l’autoerotismo può


essere l’inizio di un percorso di conoscenza attenta del proprio corpo, di
come giungere al piacere, e meglio conosciamo il nostro percorso tanto più
possiamo comunicarlo reciprocamente.

Del resto si sa che il novantanove per cento degli uomini si masturba e uno
mente. La donna lo pratica di meno, ma ciò che conta è come lo facciamo e
perché.
Nel mio lungo viaggio attraverso la conoscenza sessuale, che mi ha portato
dall’Occidente all’Oriente, dall’Europa all’Accademia del sesso nuovo di
Amsterdam, all’America, fino al Giappone, fra sessuologi, rieducatori del
sesso, da Ragapanu, il famoso guru nepalese, tra i taoisti, i tantrici, ne
avessi trovato uno che mi ha se… che mi abbia… che mi abbia… dato, ma
fatto… niente!!!

Pur tuttavia i seminari della Betty Dodson, che ho frequentato, sono stati
particolarmente illuminanti. Si tratta di incontri di… masturbazione
collettiva.

Alcune di noi, ricordo, all’inizio erano bloccate, c’era chi rideva, chi non
riusciva a concentrarsi, poi alcune hanno cominciato a tormentarsi il…
quel… malloppetto… ciccioso… il clitoride come delle ossesse, altre si
esprimevano con gridolini sussurrando sì, Tommy, così Ted o Cavallo
Pazzo così Ficcanaso mio”, nomi che avevano dato al loro Dildo (in
America si usa, può essere eccitante).

130

Ai seminari c’erano giocattoli di tutti i tipi. A un certo punto Jennifer, una


ragazza piuttosto avviata, cominciò a dire le sue fantasie a voce alta,
qualcosa su una spiaggia, una cascata d’acqua enorme, delle palme: Oddio,
c’è il negro” gridò quasi spaventata. Lascia fare, può tornare utile” rispose
la Betty rassicurando Jennifer sul fatto che le fantasie devono essere libere
da ogni giudizio critico.

Ora sono due!”

Non si butta via niente” incalzò la Betty e quella: Mio Dio, sono tre!”. La
sala si era riempita di gemiti e sussurri. Ora tieni il resto per te, cara!”
sempre la Betty. Anche perché disturbi le mie” la rimbrottò la vicina
Doroty, una negretta tutto pepe che si lamentava di aver interrotto già
quattro volte il suo Dil… la sua… ed era ancora, disse… qualcosa tipo
asciutta come la pasta del giorno prima”: ho avuto un po’ di difficoltà a
tradurre e anche a capire!
Tutte comunque raccontarono dopo di aver raggiunto orgasmi mai
sperimentati. Ricordo in particolare Daiana, signora di sessantadue anni,
un’autentica veterana, che raccontò: Vengo catapultata in un mondo nuovo
quando metto le cuffie con la musica che mi piace, un buon vinello, aspiro
incenso profumato e mi inserisco un ortaggio della mia taglia! Ahi, sia
ringraziato Dio per le zucchine: hanno le nervature. Naturalmente faccio
sesso sicuro con un bel profilattico per evitare il contatto con i pesticidi e
poi non uso mai quelli colorati perché quelli purtroppo stingono ! ! ! “.

Io personalmente come prima volta non sono riuscita a v… a raggiungere


l’o… non ce l’ho fatta, non mi ero portata il Dil… la banana elettrica… il
vib… temevo che alla dogana magari mi… così ho fatto artigianalmen…
amanuense benedettina proprio, però, essendo uno di quegli stage che
garantisce che nessuno se ne va senza venire, fui costretta a mentire con la
Betty per paura di essere obbligata a restare lì da sola fin quando non avessi
davvero goduto!

Ecco, uno dei seminari più interessanti a cui sto lavorando attualmente è
proprio quello con coppie che si aiutano a vicenda a imparare a darsi
piacere. Dapprima invito

le donne a mastur… a farsi… a raggiungere l’o… davanti al partner, poi


viceversa e infine reciprocamente.

Flora: Uh, per carità, porette noi disgraziate, ‘ndo’ so’ capitata, che dovemo
fa’? Nun me piacciono tutte ‘ste cose moderne, dottoressa mia, me
vergogno a ‘st’età, chi l’ha fatte mai ‘ste cose, ma poi co’ la luce, davanti a
tutte. Io non me voio emancipa’, c’ho paura … che so’ ‘st’attrezzi duri de
plastica, manco su li giornaletti zozzi, io me vergogno de ‘ste
sporcaccionate, me sa pure di mezzo peccato. La mi’ fia me c’ha mandato,
dice: “Mamma, va’ da la dottoressa, vacce, vacce, sei isterica, te fa bene, te
s’apre ‘n’altro mondo”.

Nun voio aprì niente, me vergogno, pe’ carità, ma poi chi ie lo spiega al mi’
marito che quello basta che pompa su e giù, manco s’accorge si ce so’ o no!
Altro che piacere, noi amo fatto sempre senza, non sapemo manco che
perdemo.”
Scusi, noi abbiamo consumato un litro d’olio, c’ho tutte le lenzuola che non
mi va più via, ma non riesco a trovare un’ora buona;

siamo d’accordo che io devo fare “cu cu”... quando sento qualcosina, ma
non ho capito bene che cosa devo sentire, entro in agitazione che ho paura
che lui si spazientisce, che poi penso che magari lui si va a fare l’amante,
magari una col punto G, ma poi che è ‘sto punto G?”

Benone, grazie per averlo introdotto, questo famoso punto G. Tanto è stato
detto, tanto parlato: cos’è il punto G? Esiste?

Mah, il punto G è un po’... come Babbo Natale: alcune persone sono


disposte a credere che ci sia, alcune donne sono riuscite a trovarlo
ficcandosi due dita… dentro, su per la… e poi curvando le dita come per
fare vieni qui”, possiamo trovare un malloppetto ciccioso e rugoso… E un
po’ un gratta e vinci.

Ecco, io invito sempre le coppie a vivere con una certa leggerezza alcuni
aspetti che possono risultare piuttosto meccanici. Ma che sono di
grandissimo aiuto alla coppia

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anche quando ci sono dei veri guasti… guast… diffic… me-nomaz…


insufficienti erez… quando è troppo… come il marito di Carmela che dice:
Santo è un dinosauro, durante il rapporto mi sento un monolocale troppo
affollato”.

Oppure il e… il… p… la… il… lui è troppo piccolo. In questo caso quasi
tutti i libri sul sesso affermano che la dimensione non conta, ci sono solo
due gruppi di persone per cui conta: gli uomini che ce l’hanno piccolo e le
loro partner. In tutti i casi io consiglio sempre agli uomini: ditelo prima di
spogliarvi.

Rimasi incantata e nello stesso tempo turbata quando Santo me lo presentò,


il suo cannone, come lo ha battezzato lui affettuosamente. Ricordo la prima
notte di matrimonio dopo aver rivolto una preghiera di ringraziamento al
Signore, mi voltai e per la prima volta vidi Santo tutto nudo con la sola
giacca appesa al cannone perché non mi spaventassi: “Viella a prendere” mi
disse, “e poi mettila a posto”. E io, piena di trepidazione, obbedii, e poi non
ricordo più nulla. Dottoressa, mi scusi, ma devo togliermi un dubbio che mi
opprime poiché nel caso farei a meno di cercarlo questo punto G: G non sta
mica per Gesù, vero?!?”

Beh, per fortuna Carmela ha avuto modo di ricredersi e di trovare con il suo
Santo un buon ménage.

Nella mia esperienza è più difficile che un uomo arrivi ai nostri stage o
anche solo a parlare di problemi sessuali. Alcuni mesi fa si è presentato da
me Gianremo, un ragioniere di quarantacinque anni, sposato da otto. Molto
imbarazzato, tutto integhito sulla sedia, mi ha chiesto: Dottoressa, lei
arriverebbe a un appuntamento quaranta minuti prima?”.

Certo che no, non troverei nessuno.”

Appunto, è quello che dice mia moglie, quando facciamo sì... insomma
mentre… io sono già... sono ve… ho già dato, mentre mia moglie ancora…
ancora…”

Beh, certo deve ancora… ancora…”

Rientrare a casa.”

Ah, al solo pensiero… ma non è che magari, da solo?”

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No, no…”

Ah, proprio precoce…”

Gianremo era disperato, aveva provato di tutto, dai farmaci al sesso


telefonico. Sua moglie non voleva più saperne, perciò ho affidato questo
pisciasotto… questo caso… come si fa in America da anni, a una Sostituta
Sessuale che lavora con me… non sono certo io che… mancherebbe mi
ciucciassi pure gli sfigati, che attraverso incontri settimanali reinsegna loro
a godere dell’amore.
Nonna Lola, così chiamiamo affettuosamente la terapista – poiché ha quasi
sessantanni – ricomincia dal bacio e, se necessario… per esempio con
Gianremo c’è andata a letto… godendo come una mandril… naturalmente
in forma professionale.

Dopo neanche un anno, Gianremo ha imparato a diventare un buon amante,


ora tornerà da sua moglie come nuovo e Nonna Lola se la piglierà nel…
continuerà naturalmente il suo lavoro.

Amici, mancano poche ore al 2000 e, come vedete, ci sono strade da


percorrere per l’uomo e per la donna, separatamente e insieme. Quante
Dolores, Giuliana, Ignazio ritroveranno la strada del piacere e della
comunicazione, non sappiamo. Ma dopo questa esperienza nessuno sarà più
lo stesso.

Io penso che forse in America sono più bravi, che loro si spogliano sempre,
e poi chi si conosce?, io mi sono trovata allo stage vicino al dentista mio,
che io mi vergogno a fare quei versi, che poi quando abbiamo fatto il
massaggio erotico a me mi è capitato lui… io non ci posso tornare… che
poi mo c’ho il ponte provvisorio, chi ci torna a prendere i definitivi.
Mamma mia che macello, dottoressa!”

Dottoressa, la prego, parli lei con Santo, perché va bene i doveri coniugali,
va bene l’emancipazione sessuale, va bene non porre limiti alla
provvidenza, ma lo scambio di coppie, no! Dottoressa, no, questo non posso
confessarlo,

fuori dal catalogo delle assoluzioni, dottoressa, dove andremo a finire.”

Dottoressa, la ringrazio infinitamente, dopo Gilda mi sono sbloccato.


Finalmente ho avuto il coraggio di rivelarmi, adesso vivo felicemente con
Max, un poliziotto di Vi-terbo. Ho lasciato mia moglie e i figli, spero mi
capiranno. Se non sono stato un buon padre forse potrò essere una buona
madre.”

Uh, per carità, porett’a me disgraziata! Grazie di tutto, dottoressa, lei è tanto
caruccia, gentile, ‘na signora tanto per bene. Ma io quanto me so’
vergognata co’ tutte quelle pore disgraziate sulle lettine a sopirà’, a piagne’,
a strilla’, me pare ‘na specie de lazzaretto. Stia a senti’: se dovemo fatica’
tanto pe’ arriva’ a gode’, ma chi ce lo fa fa’. Ma poi come se fa a
chiacchiera’ di quelle cose intime in mezzo a tutti, co’ tutte le pipe a l’aria
mezze ciondoloni. Uh, per carità, io manco quando fo il bagno me levo le
mutande. Me stia a sentì’... grazie de tutto, come se avessi accettato, ma io a
metteme dentro casa co’ la musica, l’incenso, co’ le fiore, a balla’ mezza
nuda col vino, a fa’ la dea co’ le zucchine, col cappuccio, io, me stia a
senti’, nun c’ho tempo, nun c’ho testa, me vergogno. Ma poi chi glielo
spiega al mi’ marito della raccolta delle punte G. Porette a noi disgraziate.
Me lasse perde’... che c’ho certe vampe… dottoressa mia, sarà la
menopausa?, così amo finito de preoccu-pacce e se mettemo a riposo.
Arrivederce e grazie! Tante salute e augure, Dio la benedica, ie renda
merito… ma io quanto ho faticato ‘ste giorne, manco pe’ fa’ le pizze de
Pasqua! Arrivederce adesso.”

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Nella videocassetta Tanto caruccia, allegata a questo volume e realizzata a


cura di Antonella Rucci e Sabrina Barletta (su licenza esclusiva Rai Trade,
durata: 85’), vengono presentati i più divertenti personaggi nati
dall’inesauribile talento di Anna Marchesini. Ecco l’elenco completo:

Agatha Christie Agnese dei Promessi Sposi Argentina, la figlia di Dario

Argento Ballerina Bambina di un romanzo

d’appendice Beatrice Befana

Bella Figheira Betty

Biancaneve Cameriera secca dei signori

Montagna! Cappuccetto Rosso Carmencita

Cartomante Lady Barbara Cenerentola Cicogna Cinese

Cometa di Halley Contessa pazza Dolores

Donna del Saloon Donna dell’Innominato dei


Promessi Sposi Dottoressa Vera Matta Esperta di strumenti musicali Èva

Fata Turchina Flora

Gabriella Carlucci Gina Lollobrigida Giornalista del TG1 Giornalista


Pecora Giulietta Hostess Juliette

La Rossa del Roxy bar

Letizia Moratti

Liuba del Giardino dei ciliegi

Lucia Mondella

Lupa

Madre piangente di un romanzo

d’appendice Margaret Thatcher Maria Giovanna Elmi Marina Lante della


Rovere Marta Marzotto Mary Poppìns

Mascherina del teatro Sistìna Ministro Falcucci Miss Lecco Monaca di


Ponza Nilde Jotti Onorevole Cossutta Perpetua di don Abbondio
Presentatrice di sfilata di moda Presentatrice Paola Perissi Presentatrice
troglodita Raff aella Carrà Re Magio Regina Madre Rita Levi Montalcini
Sessuologa Merope Generosa Signora Smith Signorina Carlo Sòra
Khomeines Sorella di Maradona Sorella di Simon Le Bon Suor Guendalina
Suora Badessa Tiziana

Traduttrice simultanea Vanna Marchi Vittima imbavagliata di un giallo

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Volume 12 LA BIBLIOTECA DEL SORRISO – TV SORRISI E


CANZONI

Direttore Responsabile: Massimo DoneJIi Condirettore: Rosanna Mani


Art Director: Giacomo Callo

Graphic Designer: Francesco Botti

In copertina: foto © MasterPhoto

Retro copertina: foto © Maurizio Varamo

Questo volume è stato stampato nel mese di maggio 2004 da Mondadori


Printing S.p.A. Stabilimento NSM – Cles (TN)

Il presente libro è vendibile esclusivamente in abbinamento a TV Sorrisi e


Canzoni

Registrazione Tribunale di Milano n° 715 del 29/12/1986

ARNOLDO MONDADORI EDITORE S.p.A.

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