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Lezione 29 se embre 2023 – Viollet-le-Duc

Nei primi dell’O ocento, a par re dalla Francia si formerà l’idea di consapevolezza e di capacità di
riconoscere, l’importanza di queste archite ure, eccellenza che chiede di essere trasmessa al futuro.
Quindi c’è bisogno di interven di restauro quando ques monumen non sono più nelle loro
condizioni o mali. Questo po di pensiere prende forma con un ribaltamento completo della
cultura europea conseguente alla Rivoluzione francese. A seguito della rivoluzione cambia il modo di
pensare, l’illuminismo tra le tante innovazioni che porta sul piano loso co introduce l’idea che la
ragione sia il ltro per la conoscenza della realtà e la ragione è una dote comune a tu .
È proprio in Francia che comincia a prendere forma l’idea che i monumen sono il patrimonio della
nazione e quindi bisogna conservarli, sono gli elemen che rappresentano l’iden tà del popolo
francese.
Insieme a questo fa o si sovrappone un’altra componente, verso la ne del Se ecento avviene la
riscoperta dello s le go co. Diversamente da come avviene in Inghilterra dove anche la pra ca
costru va ispirata al go co si man ene con con nuità (salvo alcuni casi, come il neo-
palladianesimo), in Francia e in Europa in generale il medioevo è dimen cato, considerato un
momento buio. Però in ques anni in Francia comincia a rinascere l’interesse per l’archite ura del
medioevo e questo si intreccia con gli e e della rivoluzione sui monumen . Da un lato si
incomincia a capire che le archite ure medievali (grandi ca edrali go che) sono rappresenta ve
della nazione.
Con la Rivoluzione francese, il popolo iden ca i monumen più importan come proprietà del
sovrano, quest’ul mo si vuole eliminare, quindi si tende a vandalizzare i monumen . Da questo
momento l’archite ura viene vista come simbolo anche di qualcosa d’altro, non solo rappresenta sé
stessa per le sue cara eris che. Quando nella storia viene associata l’archite ura al potere che si
voleva eliminare, essa viene distru a o ha rischiato di essere distru a. Il des no dei monumen è
molto legato alle vicende poli che. Infa , nel caso della Francia, i danneggiamen dei monumen
rispecchiavano l’odio da parte del popolo per il sovrano, e questo spoglio di materiale prosegue per
mol anni. Vengono addiri ura vendu queste opere d’arte asportate e mol edi ci dopo essere
sta danneggia furono vendu . Questo porta alla perdita dell’iden tà dell’ogge o.
Per esempio, grandi ca edrali go che, come quella di Clermont-Ferrand, hanno rischiato di essere
addiri ura demolite. L'archite o De vallè (?) convince l’amministrazione comunale a non fare questa
demolizione, dicendo che le macerie avrebbero impedito la circolazione nella ci à. Stessa cosa
succede per la ca edrale di Chartres quando si vuole demolirla, anche qui interviene un archite o
che riesce a convincere l’amministrazione, spiegando che le opere di demolizione e le macerie
avrebbero creato problemi alla ci à.
Dopo questo primo periodo così violento (1789-93), lo stesso governo che regge la Francia dopo la
rivoluzione, nel 1793, decide di emanare dei decre con delle pene molto severe per i vandali. Viene
formata una commissione per i monumen (1790-1795) ed elabora delle istruzioni. Questo è un
primo passaggio che denota il fa o che ci si rende conto che i monumen sono un patrimonio
nazionale che va tutelato e la protezione e il restauro di ques monumen è un dovere dello stato.
Questa commissione (che cessa i lavori tra il 94 e il 95) fa un'operazione che è l’inizio di tu i
passaggi su cui si incardina la tutela dei monumen .
Elabora queste istruzioni che dicono:
• bisogna proteggere le opere d’arte che provengono dagli ex edi ci ecclesias ci, perché ci
furono degli espropri dello stato di patrimonio religioso; quindi, si stabilisce la conservazione
di queste opere d’arte.
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• deve essere formato un inventario di ques ogge e ques monumen , bisogna avere un
elenco per procedere a tutelarli (oggi c’è l’is tuto centrale del catalogo, dove sono contenu
i da rela vi agli ogge d’arte), se io non conosco non posso proteggere perché non sono
neanche in grado di riconoscere il valore della cosa.
• Is tuzione di corrisponden locali. Perché per ges re tu a l’area territoriale del paese
occorrono delle persone che nelle diverse località (in grado di fare perlustrazioni in un raggio
limitato) sono in grado di segnalare quali sono le opere importan .
Questa commissione non o enne dei risulta strabiliante, ma ques pun che indica, sono quelli da
cui par rà tu a la storia della tutela. Dopo la redazione dell’inventario e la registrazione delle opere
d’arte, ques ogge sono des na a essere ricovera o in deposito o in musei. Per esempio, si era
formato il museo nell’ex convento dei Pe ts-Agus ns (agos niani), qui il custode Alexandre Lenoir
man mano che riusciva a togliere dagli esterni degli edi ci le opere scultoree asportabili, ogge
d’arte, statue, le risistemava e le inseriva nel museo. Questo porta anche a salvare alcune chiese e
palazzi importan che sono des na a ruolo di magazzino. Alexandre Lenoir dal 1791 è custode del
museo che viene a formarsi in questo deposito, dove lui provvede a me ere in ordine i materiali e a
dare una sequenza logica che renda visitabile questo museo che diventerà poi il museo dei
monumen francesi (1795). Accoglie opere di grande rilevanza per l’arte go ca francese. L'apertura
ai visitatori al museo incen va l’interesse per il medioevo, l’amore per il go co, e il catalogo avrà un
grandissimo successo, formato da 8 volumi con molte tavole illustra ve. Lenoir, entusiasta
dell’apertura del museo al pubblico, incomincia a voler rendere ancor meglio comprensibili gli ogge
che raccoglie, per far questo inizia ad assemblare le opere incomplete con elemen provenien da
altre par . Questa operazione non ha niente di scien co, anzi serve a confondere le idee perché
mescola cose auten che con par che provengono da altre opere. Se da un lato questa inizia va fu
riconosciuta come meritoria, proprio per l’avvicinamento del pubblico alla conoscenza dell’arte
go ca, dall’altro fu anche cri cata perché questo modo di unire più pezzi di diverse opere induceva
ad una conoscenza falsi cata degli ogge . Tra coloro che cri cavano ques alles men ci fu Viollet-
le-Duc.
Nel 1806 si cerca di chiudere questo museo, però questa chiusura avviene molto lentamente:
cominciano a ritornare le opere più importan nei luoghi da cui erano state tolte per essere prote e
(esempio: le tombe dei sovrani di Francia che ritornano a Saint Denis). La chiusura avvenne tempo
dopo, per opera di una gura importante per il restauro, che si chiamava Quatremère de Quincy, che
era un forte sostenitore della conservazione delle opere d’arte, ma sosteneva che era fondamentale
conservarle nel luogo per cui erano state create. Da questo momento in poi questo pensiero entra
nella cultura del restauro, l’opera d’arte non ha esclusivamente un valore in sé per quello che
rappresenta ma trae dal contesto nel quale si trova un complemento fondamentale per il suo
signi cato; quindi se io tolgo una statua da una nicchia che si trova all’esterno di un palazzo o di una
chiesa e la ricovero in un museo, l’ogge o rimane un ogge o d’arte ma perde una parte delle sue
qualità che gli sono conferite dal contesto per il quale era stato pensato, che danno un senso in più.
Questa operazione di res tuzione complessiva delle opere radunate nei magazzini (di proprietà
privata e dello stato), avviene intorno al 1816.
Quatremère de Quincy dice che l’opera di Lenoir in realtà è stata una creazione di un cimitero,
risultato da 25 anni di rapine. Anche perché siamo nel periodo in cui napoleone fa le sue campagne
in giro per l'Europa e rapina le opere d’arte dei luoghi in cui si trova. Quatremère è contrario a questa
operazione. Egli ha anche un ruolo poli co importante e denuncia questa prassi dell’espoliazione in
una serie di le ere molto famose scri e al generale Miranda, che parlano delle espoliazioni che
hanno fa o i francesi. Dice che queste sono rapine contrarie a qualunque principio di civiltà e
progresso (tu o quello che a ermavano i principi della rivoluzione). “I monumen sono proprietà
inalienabile degli sta ” non possono essere vendute. Quatremère è famoso per aver reda o un
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dizionario di archite ura (1832) che avrà una larghissima di usione. Da una de nizione di restauro,
questa è un tenta vo di spiegare quale sono gli scopi e come deve essere fa o; in questa voce già ci
sono dei germi di un discorso che sarà a rontato dopo da Viollet-le-Duc e anche da Camillo Boito
(lavorerà sul restauro negli ul mi decenni del 1800). Le considerazioni che Quatremère fa sono
rela ve in par colare al campo dell’archeologia greca e romana; dice che il restauro deve essere
rigoroso e rispe oso (in questo periodo, se un restauro non cambiava le cara eris che siche
dell’opera, veniva chiamato restauro archeologico, per rispe are al massimo l’ogge o che si aveva
davan ), spiega che a volte questa pologia di restauro era eccessivo. Anche perché in questo
periodo incomincia il gusto roman co della rovina che rievoca l’an chità. Quatremère sos ene che la
manutenzione è la cura degli edi ci ed è consistente nel rime ere al loro posto i materiali cadu
rimpiazzando in caso di necessità una pietra con un’altra pietra. Questa a ermazione può essere
intesa come rimpiazzo di una pietra con un’altra pietra, quindi la sos tuzione di materiali oppure può
essere intesa come la cura limitata a quello che è rimasto; due interpretazioni an te che su come
intervenire. Questo ci dà l’idea di come sia poco chiaro lo scopo del restauro, l’unica certezza era la
volontà di trasme ere al futuro ques ogge , non si sapeva come. L'archite ura a di erenza della
pi ura è considerata un'opera comune, non c’è solo la mano di un ar sta, questo porta alla
di erenza del grado di scrupolo nei confron di un rifacimento di un muro. L'archite ura vede
prevalere l’aspe o pra co, l’uso e la non autorialità; nel caso della pi ura il pi ore è l’ar sta; quindi,
nasce molto prima lo scrupolo di alterare le tracce di un ar sta.
Quatremère spiega che se devo integrare delle mancanze, per esempio, della muratura devo fare sì
che si ricomponga l’unità este ca, se mancano dei ma oni in un muro sono legi mato a inserirli ma
devo anche fare in modo che si veda che è un'aggiunta, senza indurre nessuno in errore. Si comincia
a ragionare sul piano teorico, sugli scopi e i ni del restauro, si ge ano le basi per il restauro s lis co,
per poi arrivare al restauro lologico, quello che fa capire dove si è intervenu per riparare. Egli è
uno dei primi che esalta il restauro dell’arco di Tito (spiegato nella lezione 2) che considera una
misura intermedia dove in un modo equilibrato si res tuisce la massa delle par mancan e si
riprendono i de agli secondo le linee originali. Bisogna far capire che queste archite ure sono un
qualcosa di diverso dal presente e la fra ura tra il presente e il passato è quella che fa sì che si
riconosca il loro valore che poi spinge a domandarsi come trasme ere al futuro e come fare il
restauro.
Lo stato incomincia ad avere interesse per is tuire degli organismi vol alla conservazione dei
monumen . Già nel 1819 nel bilancio del ministero dell'interno si stabilisce, per i lavori dell’interesse
generale nei dipar men in cui è divisa la Francia, che ci siano dei fondi per il restauro di immobili di
età archeologica (esempio: an teatro di Nimes) o residenze storiche (anche un monumento legato a
vicende storiche importan , anche se non è ar s camente rilevante è degno di essere conservato).
Si comincia a promuovere inizia ve per promuovere le ca edrali massacrate dai vandali. Il problema
emerge quando si incomincia a incaricare archite famosi per il restauro di ques monumen . Per
esempio, per la ca edrale di Saint Denis, viene chiamato un archite o molto famoso Debret, per
consolidare una delle torri occidentali della facciata; ma la sua conoscenza dell’archite ura go ca è
talmente scarsa che le sue scelte opera ve sono dannose, fa dei rifacimen arbitrari e usa dei
materiali più pesan al punto che comincia a diventare pericolante e bisogna abba erla per evitare
che crolli. Avviene lo stesso a Rouen, viene rifa a la guglia, nel 1845 vengono demolite le due torri
romaniche perché non erano, secondo l’archite o che seguiva i lavori, abbastanza di s le puro e
vengono sos tuite con una facciata realizzata senza torri, con arbitri e compromessi che suscitano
grandi diba . In ques anni 1820-1830 a Parigi il mondo che si preoccupa di più della
conservazione dei monumen è quello dei le era , per esempio Hugo scriverà “guerra e demolitori”
dove contesta questa pra ca dannosa e priva di conoscenze che cara erizza l’intervento che si vede
fare sui monumen go ci francesi.
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Luigi Filippo nel 1930 (restaurazione dopo Napoleone) nomina un ispe ore generale dei monumen ,
qui inizia la liera della tutela in Francia. Viene nominato Ludovico Vitet che cerca di fare un
ragionamento su come deve essere fa o il restauro. Scrive che non si ripete mai abbastanza che il
primo principio consiste nel non innovare, quando anche si fosse spin all’innovazione dal lodevole
intento di completare l’opera. Non bisogna innovare, abbellire e completare. Aggiunge anche che
non bisogna perme ersi di correggere le irregolarità né allineare le deviazioni, perché le deviazioni,
le irregolarità, i dife di simmetria sono fa storici pieni di interesse, i quali spesso forniscono i
criteri archeologici per riscontrare un'epoca, una scuola o un'idea simbolica (va contro a ciò che
pensano le accademie che hanno come studio solo il classicismo).
Nel 1834 diventa ispe ore generale Prosper Mérimée (le erato). Elabora una sua idea di restauro:
deve essere la conservazione di ciò che esiste amme endo tu alpiù la riproduzione di ciò che è
sicuramente esis to (ritorna il conce o di integrazione e riproduzione di un'unità perduta), solo se si
sa come era in precedenza, se non si sa bisogna copiare i mo vi analoghi di un edi cio dello stesso
s le, epoca e provenienza (per analogia).
Mérimée, con un’operazione di apparente nepo smo, capisce che non può
incaricare gli archite del momento, perché erano neoclassici, a da al nipote
Eug ne Emmanuel Viollet-le-Duc (1814-1879) l’incarico di dedicarsi al restauro
dei monumen francesi. Non è in realtà un a o di nepo smo ma di grande
intelligenza, perché questo giovane si è costruito da solo una formazione di
archite o, non ha frequentato l’accademia di belle ar ma ha viaggiato e si è
costruito una conoscenza dell’archite ura storica, in par colare di quella go ca,
visitando i luoghi, misurando gli edi ci, ridisegnandoli e cercando di capire come
funzionasse questa macchina costru va così par colare. Grazie a questa scelta apprende la capacità
di andare oltre ai pregiudizi convenzionali. Fa viaggi di istruzione in tu a la Francia e anche in Italia,
mentre viaggia apprende l’archite ura disegnando sui suoi taccuini e lascia le tracce tangibili del suo
studio dell’archite ura del medioevo (go ca), costruita sulla base del suo interesse personale.
Pubblicherà un famoso dizionario ragionato sull’archite ura francese dall’XI al XVI secolo, che
pubblica dal 1854 al 1868, un dizionario sull’ammobilio francese dall’epoca carolingia al rinascimento
(1871) e i discorsi sull’archite ura (1863-72).
Viollet appar ene all’O ocento e il suo legame con a storia dell’archite ura è fondamentale, così
come è fondamentale la sua concezione dello s le archite onico che esamina so o due aspe
di eren :
• quello simile a Vitet e Mérimée, in riferimento ai de agli s lis ci della stessa epoca o della
stessa area geogra ca che consentono, nel caso di dover fare reintegrazioni di avere dei
riferimen ,
• sopra u o l’aspe o di a errare lo s le dell’archite ura come un fa o assoluto, come una
coerenza intrinseca, speci ca in ogni opera, nella sua capacità di rispondere con
l’organizzazione dello spazio, con la distribuzione della stru ura all’esigenza funzionale. Ogni
edi cio a una sua razionalità speci ca. Ciò che chiama s le assoluto
Nei suoi tes la storia dell’archite ura è la storia della casa di abitazione che non si occupa solo dei
grandi edi ci importan , ma delinea la storia del modo di abitare, allarga il campo di interesse
storico, al costume, alla vita sociale e al legame che c’è tra l’abitazione e il modo con cui si vive. Gli
edi ci hanno cambiato anche connotazione e distribuzione a seconda delle epoche, a seconda dei
modi di abitare. Esempio palazzo Marino, costruito da questo banchiere genovese (Marino) con
l’archite o genovese Alessi, quando lui muore e si es ngue la famiglia nel 1600 non si trova il modo
di vendere l’edi cio perché era troppo diverso dall’archite ura milanese, la sua distribuzione è
diversa da quelle di Milano e non trova un mercato. Questo fa capire quanto sia importante il modo
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di abitare e anche la località. Il contributo di Viollet è anche quello di allargare lo sguardo alla vita che
si svolge nell’archite ura, quindi al rapporto che c’è tra la funzione e la società.
Viollet spiega cosa è per lui lo s le assoluto, ma prima speci ca cosa è l’opera d’arte.
Opera d’arte: prodo o dell’ar sta, opera eccezionale perché l’ar sta è una persona che ha do
eccezionali, capace di leggere la natura e di interpretarla e di res tuire un prodo o nuovo (opera
d’arte) per renderlo disponibile per la comunità. L'opera d’arte è un’opera d’arte quando è perfe a,
cioè quando è totalmente coerente con il principio per cui ha preso forma, quando non ha
contraddizioni.
S le assoluto: nel caso dell’archite ura questa percezione risiede nella capacità dell’archite ura
costruita di rispondere alle esigenze per cui è stata realizzata (razionalità dell’archite ura); questo
aspe o è quello che porterà Viollet a sostenere che il suo modo di operare il restauro è corre o.
Viollet me endosi nei panni del costru ore originario si sente legi mato a correggere o a integrare
le par mancan o deteriorate di un edi cio, per riportarlo come era all’origine nella sua unità
s lis ca. (in realtà a erma tu o questo ma non in modo così totale e integralista). Anche nel suo
modo di prendere conoscenza degli edi ci e ricercare la razionalità degli edi ci e nel comprenderla,
lui concentra l’a enzione di restauratore; quando un restauratore come lui riesce ad a errare questo
principio razionale di coerenza che cara erizza il singolo ogge o archite onico, espressione del suo
autore, è legi mato, come se si immedesimasse nei suoi panni, a correggere e integrare l’opera.
Questo è quello che chiama s le Assoluto.
S le Rela vo: connotazioni s lis che, codi cate dalla storia dell’archite ura. Esempio un edi cio
romanico di una certa epoca e di un certo luogo, bisogna speci care luogo e epoca perché il
romanico non è uguale in tu i pos . Sopra u o perché queste archite ure u lizzano i materiali di
più facile reperimento; quindi, usano materiali locali (es. Lombardia c’era l’argilla per costruire
ma oni), quindi abbiamo nella stessa epoca, cara eri s lis ci, dentro lo stesso romanico, molto
diversi; ques consentono, con un minimo di conoscenza, di riconoscere in che parte del mondo
sono. Quindi c’è a enzione alle connotazioni dell’epoca e dell’area geogra ca in cui si trova l’edi cio,
Viollet lo chiama s le rela vo, perché è rela vo al luogo e al tempo in cui è stato realizzato l’edi cio.
Il suo modo di restaurare non ha la chiave di legi mazione nel riprodurre elemen s lis ci della
stessa epoca e area geogra ca, ha l’elemento di legi mazione nella capacità che il restauratore deve
avere di comprendere qual è il principio razionale che dà senso a quell’archite ura, è l’unico
elemento che lo autorizza a intervenire in modo corre o.
Questo approccio sarà molto imitato nell’O ocento, ma assumendo dolo la parte più facile da
imitare, quella rela va allo s le rela vo; il restauro s lis co, che in Italia chiamiamo analogico,
consisterà di più nell'integrazione e nella riproduzione dei cara eri s lis ci della stessa epoca e area
geogra ca ripresi da edi ci coevi e congeneri.
Mentre questo principio razionale che è la chiave di le ura del restauro che Viollet fa, e che è anche
il suo modo di comprendere gli edi ci del medioevo (la sua competenza nasce da questa ricerca che
va oltre l’aspe o dello s le), è proprio una cara eris ca della sua gura. Approccio razionalista, glio
della tradizione razionalista francese.
Rispe o al diba to del suo tempo, Viollet è an -ecle co, anche se si proie a nello studio di s li
come quello medievale, mentre in accademia si studiava solo quello classico, perché ci deve essere
una coerenza tra le forme sociali e le forme espressive dell’archite ura.
È un an classico: sarà in polemica con l’accademia perché dal suo studio dell’archite ura medievale,
comprende che la proporzione non è un fa o sso, ad esempio nelle archite ure go che i costru ori
sapevano bene quale erano le variazioni dei pun di vista, per cui usavano degli accorgimen per le
par più alte; a di erenza dall’archite ura classica, dove il modulo governa, per Viollet la
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proporzione non è un fa o sso, deve tener conto della psicologia dello spazio e dele condizioni
della percezione. Scardina sul piano scien co ed este co lo schema smo della triade vitruviana.
Arriva ad a ermare che l’archite ura classica è irrazionale. Fa l’esempio dell’arco, quello più avanzato
come conce o costru vo dell’equilibrio sta co, non è l’arco a tu o sesto ma quello ogivale più
valido dal pro lo sta co e più ada abile alla disposizione planimetrica; quindi, dice che l’archite ura
go ca ha degli schemi geometrici e di equilibrio sta co che sono più razionali di quelli classici. A
queste considerazioni lui arriva con un lavoro del tu o personale e autonomo di studio
dell’archite ura go ca.
Al suo tempo Viollet sarà apprezzato come restauratore, anche se sarà contrastato dall’accademia
rispe o all’archite ura nuova. Comincia ad a rontare i problemi di restauro del suo tempo: il
deterioramento degli edi ci, l’incompletezza, le trasformazioni subite o i danni determina dai
restauri malfa .
L'edi cio, che presenta delle stra cazioni storiche che sono in contraddizione con le par che sono
state realizzate all’origine, deve essere ricondo o a un’unità di s le. Lo scopo del restauro per Viollet
è quello di ridare un'unità s lis ca, che non è l’unità di immagine, ma è unità dello s le, cioè la
coerenza di quello che io vedo come espressione s lis ca.
Bisogna fare delle dis nzioni, perché non bisogna dimen care che Viollet era un grande esperto di
archite ura, so o il pro lo tecnico, sapeva come si costruiva, aveva la s ma dei muratori del
can ere. Quando ci si trova in presenza di stra cazioni che non sono coeren con l’asse o
originario, ma hanno un senso per la conservazione dell’ogge o per la sua trasmissione al futuro,
quindi u li alla sua salute, anche se sono di epoca di erente, Viollet a erma che vanno conservate.
Nella voce restauro del suo dizionario fa degli esempi, uno di ques è l’intervento su un edi cio
dell’XI secolo, dove il secolo successivo, sulla copertura hanno aggiunto le converse (canali di scolo in
un compluvio, dove due falde versano). Sarebbe insensato toglierle solo perché sono state messe
nell’epoca successiva (prima non si conosceva questa tecnologia), è più intelligente lasciarle perché
aiutano a una migliore conservazione dell’edi cio. Non è così tassa va questa unità dello s le, è
so oposta a una valutazione di buonsenso tecnico; come anche quando ho una di erente
stra cazione di epoche/ s li archite onici che è però signi ca va per la storia dell’archite ura,
anche se non è quella originaria Viollet la man ene, perché è una tes monianza importante per la
storia dell’edi cio. L'idea più banale del fa o che Viollet si me e nei panni del costru ore originario
e uni ca lo s le dell’edi cio, ha delle condizioni par colari e non va intesa in modo grossolano, come
la le eratura ha spesso tramandato.
È contrario al restauro analogico, quello derivato dall’imitazione super ciale della sua teoria che
assume come riferimento solo la riuni cazione dello s le, andando a prendere riferimen in edi ci
della stessa epoca e l’area geogra ca, ma senza un ragionamento tecnico.
Ha molta a enziona ai materiali, perché è ben consapevole che la durata dell’edi cio sta nella
durevolezza dei materiali. Per esempio, nella chiesa di San Saturnino a Tolosa, sos tuirà delle pietre
rovinate con pietre di maggiore durezza, pensando fosse la soluzione migliore; ma poi questo
intervento, a distanza di un secolo, ha dimostrato che i materiali sos tui con materiale più
compa o e più duro, in realtà aveva causato dei danni ulteriori per disomogeneità di
comportamento delle murature. Al punto che i restauri fa a orno alla metà del 900 hanno
constatato questo danno e hanno dovuto intervenire nel derestauro. L'operazione era stata fa a in
buona fede pensando che la muratura sarebbe durata di più, anche perché non c’erano le stesse
conoscenze di oggi e quindi non si conosceva il pericolo della disomogeneità della muratura.
Viollet da autodida a osserva per esempio le ca edrali go che in rovina, cerca di capire qual è il
sistema costru vo che la fa stare in piedi. Osservando le pare non più integre, ma degradate e
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dissestate, riesce a capire come è l’assemblaggio, per esempio, degli elemen di un
pilastro a fascia: marca che hanno la lavorazione esterna predisposta per comporre i
fasci, e all’interno dri a che va ad appoggiarsi al nucleo del pilastro. In questo caso è
un pilastro con un'anima di pietra, ma di solito all’interno c’è un conglomerato di
malta e calce con ghiaia che si indurisce e crea l’anima di un grande spessore
murario.
Analogo discorso è quello di una costruzione di un arco; gli elemen sono predispos
perché vadano a combaciare l’uno sull’altro, questa è l’arte della stereotomia, arte
sapiente pra cata nel can ere go co di cui ci sono ancora segre e che faceva sì che
secondo un disegno generale, ogni scalpellino ogni maestranza realizzasse il suo pezzo, ma che poi
ques pezzi potessero combaciare per andare a formare archi, pilastri etc... Dai suoi disegni si
vedono i tracciamen delle mediane di ques elemen , secondo l’ipotesi che Viollet fa su come
veniva predisposto il disegno per la lavorazione di questo elemento tridimensionale secondo le leggi
della stereotomia.
Sempre nei suoi disegni si vede lo studio di come si innestano rispe o
all’arco trasversale, gli archi acu delle navate laterali. Tu a questa serie di
le ure e res tuzioni in disegno, sono alla base della capacità di le ura che
ha Viollet di ques ogge , che poi si tradurrà nella capacità di inserirsi con il
proge o dove ci sono dei problemi.
Altro schema pico del suo modo
di ridisegnare gli edi ci, quello della scomposizione in
triangoli. Abbiamo una sezione della ca edrale di Amiens e
una di Notre Dame. Cercando uno schema razionale,
l’elemento generatore della geometria, scompone la
sezione in triangoli, per vedere anche i vari rappor
proporzionali tra i vari piani. Tu o questo è assolutamente
lontano da ciò che in quel periodo si studiava all’accademia
di belle ar .
Primo intervento: La Madeleine, a nord della Francia (1840)
Si presentava in uno stato di dissesto abbastanza
evidente. Viollet predispone opere di presidio, dà lo
schema di come deve essere fa a la puntellatura.
Ha una capacità di ges one del can ere totale. Il
prospe o a colori, fa o da Viollet con gli acquerelli,
potrebbe essere considerato un rilievo materico
come viene fa o oggi: presenta lo stato di fa o, con
tu i problemi rappresenta e dei colori che
individuano la qualità dei materiali. In questo caso
a raverso l’acquerello, con il chiaro scuro e con il
colore vero della pietra, res tuisce le cara eris che
materiali dell’edi cio.
Problemi della chiesa:
− Era crollata una delle due torri occidentali
− Era stato realizzato un rosone molto imponente nella parte superiore, ma molto traforato
nella parte inferiore e quindi era debole. Questo aveva provocato uno spanciamento
all’esterno della muratura della facciata quasi di un metro. (instabilità della facciata)
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− Squarci signi ca vi in corrispondenza delle navate, perché una parte era stata ricostruita in
epoca romanica, la parte absidale invece ha delle connotazioni go che.
Ques squarci sulla muratura si vedono sui due la
longitudinali della chiesa e rispondono a una situazione di
dissesto nella sequenza delle campate, dovuta al fa o che il
raccordo tra una campata a tu o sesto romanica con una
campata ad arco acuto è disomogenea rispe o al
comportamento sta co (un arco acuto non si comporta
come un arco a tu o sesto)
In questo intervento (1840-59):
−ricostruisce le fondazioni della navata e dei pilastri e delle
torri della facciata
− smonta e rimonta il nestrone go co, lo rinsalda sulle par laterali
− Ricostruisce la se ma, l’o ava e la nona campata che erano quelle che presentavano dei
disses , che erano arriva a mostrare gli squarci nelle pare esterne. Vengono ricostruite in
s le romanico, non tanto per riportare l’edi cio a un’omogeneità s lis ca, ma in questo caso
sensatezza stru urale, perché quella sequenza di campate omogenee era sicuramente più
e cace per l’equilibrio della navata intera.
− Sul mpano esterno del portale, fa rifare le sculture da uno scultore che si chiama Pascal
− Sulla torre nord pone una copertura, non ricostruisce l’unità come era prima ma si limita a
me ere una copertura.
Il suo primo intervento è molto cauto, non aggiunge niente, non reintegra niente, ma si limita a
risolvere i problemi sta ci e a risarcire le murature nella parte esterna che erano ammalorate o
crollate.
Restauro della chiesa di Saint Lazaire a Carcassonne (fondata
nel 1000 e ricostruita nel XIV secolo). La facciata occidentale,
come mostra l’acquerello che registra lo stato di fa o dell’inizio
dei lavori, è abbastanza disorganizzata, l’uso dell’acquerello
mostra le tracce di una muraglia, una muratura difensiva con
dei merli che spuntano nella parte alta della chiesa che
probabilmente era inglobata delle mura. La sua opera di
restauro si sposta nell’ambito dell’interpretazione per dare
unità a questa facciata, fa riemergere i tra che connotano la
facciata della chiesa come parte della fortezza. Quindi nascono
aperture di po termale, nestre re angolari sormontate da
una forma circolare e nella copertura retrostante vengono
ricostrui merli. Cerca di interpretare il cara ere for cato che
questa chiesa presumibilmente aveva avuto. U lizza però
materiali diversi da quelli originali della facciata (non si sa se
fosse per mo vi di volontaria di erenziazione o per
l’economicità)
Notre dame (Parigi)
La lunga storia di Notre dame vede, tra gli elemen salien , il coro che viene realizzato nel XII sec. il
transe o intorno al 1250, la facciata intorno al XIII sec. e poi le nestre tra il 1200 e il 1300. Con la
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Rivoluzione francese è uno dei monumen più
aggredi . Nel 1792 era stata demolita la guglia
e nel 1793 erano state demolite le statue che
erano state inserite nella galerie de rua, erano
statue di san che vengono tolte e demolite.
La ca edrale era in ca ve condizioni e ne
parla Hugo in “Notre dame de Paris” scrive
contro gli archite che rovinano i monumen
con i restauri.
Nel 1842 viene inde o un concorso per il
restauro di Notre Dame, viene vinto da
Viollet-le-Duc e Lassus che si era dis nto 10
anni prima per il restauro della saint
chappelle. Tra le a ermazioni che i due fanno nella presentazione del loro
proge o c’è anche il fa o che, in modo contrario all’idea di modi care e
correggere l’edi cio, non è previsto nessun completamento delle due torri
della facciata occidentale con due guglie perché l’abitudine di chi le
conosceva faceva escludere la possibilità di reintegrazione. A eggiamento
molto rispe oso che ene conto di qual è la fortuna cri ca dell’edi cio,
cioè di qual è il modo con in cui è stato considerato e amato dai parigini e
dai francesi, con le sue torri senza guglie.
Viollet fa dei rilievi disegnando e u lizzando i colori per studiare
anche i materiali. Dai suoi disegni si notano anche gli studi per
l’inserimento di ponteggi.
Viollet decide di me ere in luce la di erenza dei rosoni e delle
nestre (rosoni scuri sormonta da nestre del secolo
precedente e molto chiare e so li), nella sua redazione
dell’archite ura, perché la ri ene signi ca va per la storia della
chiesa. Non prevale l’idea di unità di s le ma si lascia vedere che
c’è una di erenza dei secoli, due nestre diverse che denunciano due
fasi archite oniche diverse. Quando c’è una ragione che fa valutare
come importante uno strato, anche se non è omogeneo all’unità
complessiva, Viollet decide che deve rimanere.
Restauro delle mura di Carcassonne, nel sud della Francia (1849-79)
Si tra ava di due cerchi di mura: quella esterna costruita nel XIII
secolo, dagli ingegneri del nord della Francia; quella interna, che
Viollet pensava fosse visigota (alto medioevo), invece si è scoperto
essere romana. In base a queste due interpretazioni delle epoche a
cui appartengono le murature, Viollet riconnota questo perimetro
for cato, con il linguaggio dell’archite ura del tempo. La cerchia
costruita nel XIII secolo era formata da coni di ardesia, perché gli
ingegneri del nord della Francia avevano questo metodo costru vo,
successivamente ques coni spariscono per il deterioramento e
Viollet li rime e.
Nei disegni vengono inseri anche degli abitan . La rappresentazione
che si associa al restauro è come una narrazione della vita medievale
e in questo c’è un aspe o molto ricorrente nel tempo, per cui anche
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cer studi di storia dell’archite ura fa da francesi non vengono rappresenta i monumen come
sono (rilievi) ma come si pensa che fossero in origine, ripensa in un ideale ricostruzione.
Restauro del castello di Pierrefonds (1857)
Era un’archite ura militare, costruita tra la ne del 1300 e
l’inizio del 1400 ed era importante come esempio di
archite ura militare francese. Era stato in parte demolito ai
primi del 1600. Nel 1848 viene dichiarato monumento storico.
Nel 1857 si decide di trasformarlo in una residenza es va per il
sovrano (napoleone terzo) che decide di riabilitare una
porzione del castello come residenza es va, ma di non
riabilitarlo completamente; in realtà il proge o riguarderà
tu o l’insieme.
Viollet, con della fantasia e con lo
studio storico sul castello, cerca di
ricomporre l’unità di questo edi cio
arrivando a proge are anche par
nuove, anche gli arredi in s le, in
modo tale che l’ambientazione sia
una scenogra a perfe a del XIV
secolo.
Questo è uno degli ul mi proge che fa. In cui proge a anche i corridoi con le decorazioni medievali
e l’ambientazione degli interni per avere un modo di calarsi nell’epoca di appartenenza dell’edi cio.
Nel 1870 erano già sta spesi troppi denari e con la caduta dell’impero i lavori non furono termina .
In questo intervento si nota come la
padronanza delle conoscenze lo abbia spinto
a questa reintegrazione su tu i fron (dalla
fabbrica all’interno e ai de agli decora vi). È
importante ricordare la sua profonda
conoscenza del modo di costruire, che me e
in risalto per ogni edi cio la ricerca della sua
ra o. La veri ca della rispondenza di questo
proge o alle esigenze funzionali per quale è
nato. Chiave di le ura che convince Viollet
della bontà del suo giudizio e della sua
soluzione di restauro, perché essendo un
dato razionale questo della coerenza della
fabbrica, è un valore assoluto e come valore assoluto è unico. A errata l’unica chiave di le ura anche
a distanza di 4 secolo il restauratore può me ersi nei panni del costru ore originario, può sen rsi
legi mato a proseguire i lavori del costru ore originario. Questo conce o verrà meno negli imitatori
di Viollet che prenderanno la più facile imitazione; quindi, il far riferimento agli s li degli edi ci della
stessa epoca, quando l’edi cio stesso sul quale si deve intervenire magari ha perduto degli elemen
di riferimento.
Questo po di restauro che lo imita nelle par più semplici in Italia viene chiamato restauro
analogico-s lis co, accentuando con il termine analogico l’imitazione della copia degli edi ci simili.
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