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Riegl molto noto come teorico di una teoria che si chiama puro visibilismo ma non era
considerato per il contributo che vive dato alla cultura del restauro. Egli a ronta un argomento per
lui del tutto nuovo essendo uno storico dell’arte, quindi lascerà soltanto una premessa culturale a
quello che poi sarà l’articolato di legge , esprimendo le sue considerazioni sul restauro, ma morirà
prima della stesura nale della legge, relativa al tema della tutela. Questo testo successivamente
in Italia sarà riletto, il quale si pone in sintonia sui temi a rontati da ruskin sull’anti restauro.
Rilettura che mette in luce gli aspetti positivi delle idee di Ruskin, pur essendo considerato no
agli anni 60 un rinunciatario al restauro, all’arte del fare.
É viennese, appartiene alla cultura nord europea, è uno storico e critico d’arte e introduce un
nuovo concetto di monumento nella sua esplorazione di un mondo nuovo: il concetto di
monumento è legato alla nozione di tempo divenire e testimonianza storica, idea di monumento
che vediamo anche in giovannei anche se un po dopo. Il suo approccio nel tentativo di capire
come nel tempo dalle origini viene a rontato il problema del restauro elabora una teoria dello
sviluppo storico dei valori artistici, collegando il tema del riconoscimento dei monumenti allo
sviluppo storico. Il suo approccio è un approccio nuovo di chi è estraneo all’argomento ed a na
gli strumenti per i suoi studi. Egli ha un approccio scienti co alla storia dei monumenti e di come
sono stati restaurati, che approccia anche ai suoi studi, come dei tappeti. Il suo approccio
consiste nel partire dalla concretezza dell’oggetto e avere un’idea senza pregiudizi, avalutativo,
ma individua un percorso ed è aperto anche a risultati che contraddicono le premesse iniziali, non
sapendo i risultati che potrò ottenere, anche perché nel corso del processo non è detto che le sue
idee possano e ettivamente attuarsi (come un ricercatore). Infatti una conseguenza sta nel fatto
che lui lega fortemente il monumento allo svolgimento storico. Il suo retroterra culturale è di
tutt’altra natura: tanto che nel 91 aveva pubblicato un libro: antici tappeti orientali, non
occupandosi dei periodi aurei dell’arte, ma di epoche minori, quindi vediamo come il suo
interesse è particolare dando importanza ad aspetti non amati dai critici d’arte generalmente. Egli
fa prima un’analisi sica dei materiali, interessandosi ai metodi economici e sociali di produzione,
ai materiali utilizzati. Egli mette in rilievo l’importanza del reperto e a come essi vengono variati
successivamente ad essere stati sottoposti ad un determinato processo. É la prima volta che si
trattavano i lati pratici della realizzazione dei tappeti.
In un altro testo chiamato problemi di stile, esplicita un modo per rifondare i valori dell’arte
ornamentale, so ermandosi sugli oggetti in questione che sono tessuti, materiale che veniva
studiato da pochissimo, e in questo ambito di studi elabora un concetto alla base della
produzione artistica o del fatto artistica: Volontà d’arte: capacità volontaria e involontaria di ogni
arte ce di porre la propria opera in relazione sociale e culturale in cui si trova ad agire ( nell’opera
prodotta dall’artigiano impone sia la sua creatività individuale ma anche il clima del suo tempo,
quindi corrisponde alla visione del mondo che c’è nel momento in cui viene creato quell’oggetto,
detta in tedesco weltang shau). Concetto che viene ripreso in altri studi alla base ? In cui analizza
il rapporto socio economico alla base della produzione artistica.
Questo concetto ha una portata dirompente perché a erma come ogni epoca assimila nei
progetti artistici la sua visione del mondo, quindi ogni epoca cambia e i prodotti che ri ettono
questa epoca cambiano pure. Quindi si comprende l’oggetto come espressione dell’individuo ma
anche in relazione alla società in cui ci si trova. Per fare un paragone basta pensare che no ai
primi decenni del 900 la cultura barocca non era apprezzata giudicata negativamente, in quanto
non vi era sintonia tra la visione del mondo del periodo e quella del 600, quando nasce la sintonia
tra le epoche allora viene apprezzato. Egli arriva ad a ermare che il valore d’arte è un valore
relativo nel tempo e dipende dalle epoche, e dalla visione del mondo che caratterizza ogni epoca,
quindi arriva a dedurre che non si può più parlare di monumento artistici perché fanno riferimento
ad una regola, ma si può parlare solo di monumenti storici. Toglie l’aggettivo artistico perche è
talmente relativo che non gli si può dare il compito di giudicare se un monumento è fonte di valore
o no. Quindi bisogna tutelare i monumenti non perché hanno valore artistico ma perché sono
documenti.
Il motivo su ciente a validare la conservazione è la testimonianza storica che hanno questi
oggetti, ed essi sono de niti beni culturali (pitture, oggetti sacri, ore ceria…).
Il senso della testimonianza in Italia emerge negli anni 60 dopo le distruzioni belliche, in quanto il
patrimonio italiano è ancora molto devastato, pur essendo passati 20 anni. Per questo motivo si
forma una commissione ministeriale nel 64 che lavorerà 3 anni e prende il nome dal deputato che
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la coordina e si chiama commissione Franceschini ed essa fece un lavoro amplissimo chiamando
tutti i principali studiosi di tutte le discipline che potevano interessare il patrimonio artistico
italiano anche nel campo architettonico e urbanistico. Essa pubblicherà degli atti divisi per
argomenti con un repertorio documentario ricco e li pubblica nel 67. In questa sede mentre si
pongono delle premesse per una nuova legge italiana per la tutela, si de nisce il nuovo concetto
di testimonianza come valore storico e come materiale di civiltà. Poi nel campo della tutela si
arriverà all’evoluzione di questo concetto che porterà all’istituzione del ministero per i beni
culturali dopo molto tempo, in quanto prima erano nelle mani del ministero della pubblica
istruzione perché gli oggetti artistici e storici sono fonte dell’istruzione dei cittadini. Già in Regl
troviamo gli embrioni di questo discorso.
La sua visone di come deve essere il restauro lo vediamo nella risoluzione al restauro del
campanile di Aquileia, ai primi del 900 in cui essa era sotto il regime austro-ungarico e lui viene
chiamato solo per dare dei consigli:
Era stato costruito intorno al 1000 ed era stato costruito senza grande ricchezza di materiali, ed
era anche stato sottoposto ad una serie di ricostruzioni con costante necessità di lavori di
riparazione, nel 1816 era stato restaurato la parte superiore, e anche i cocci di pietra avevano
presentato problemi di conservazione. Per questo motivo nel 1877 era stato rifatto il primo
rivestimento lapideo no al pire marcapiano con sostituzione quindi delle bozze di rivestimento.
Poi era stata rimossa la croce nella sommità e quindi vi era un buco da cui piove. Dopo la caduta
del campanile di Venezia tutti i campanili sono indagati per bene quindi anche qua si fanno una
serie di indagini. Qui era necessario fare degli interventi di riparazione soprattutto nel paramento
esterno. Qui interviene il parere di Riegl il quale pur non essendo un tecnico spiega le ragioni che
devono guidare l’intervento a ermando quanto sia importanti il rifacimento degli edi ci:
a ermando come sia importante il rifacimento per evitare le in ltrazioni della natura e di acqua
che provoca danni, assicurando la sicurezza e la salubrità dell’edi cio per evitare la sua
decadenza, quindi vanno ristilati i giunti quindi va riposta la malta tra i giunti in pietra, ponendo la
malta in maniera un po’ arretrata dando all’edi cio comunque un’idea di antico e non di nuovo, in
modo da poter comunque apprezzare l’oggetto antico. Nel sostenere la necessità di queste opere
a erma che il rifacimento deve essere fatto tenendo conto del fatto antico, in modo da operare
senza cancellare quei valori operanti nel patrimonio. Infatti nella foto si vede la di erenza tra i
rifacimenti del 1877 nel primo marcapiano e in quelli successivi fatti da Riegl.
Scapezzatura: si calavano con delle corde e spazzavano via lo strato antico. (Audio)
Caso degli anni 90: in Danimarca a Kolding sede dell’antica regia: palazzo che aveva subito un
incendio ed era rimasto allo stato di rudere si era pensato di recuperarlo e l’intervento si pone
difronte ad un rudere e si pensa di riutilizzarlo come museo e luogo di conferenze, attraverso la
reintegrazione delle parte mancanti: la muratura rimasta era quella chiara che vediamo aggettante
in modo da cambiare il piano della super cie (anche nella Ca Granda di Milano) in mo
do da non rendere complanari la super cie aggiunta con quella persistente, è stata restaurata la
torre con le scale ed è stata integrata con un criterio di tipo lologico che ride nisce la geometria
riconoscendola come cosa diversa. All’interno le pareti sono state lasciate nere a causa
dell’incendio, stessa cosa per la brunitura dei telai delle nestre, sono stati costruiti pilastri a
ombrello che reggono una galleria con spazio per le conferenze oppure spazi che consentono di
camminare di anco alla muratura. Poi sono stati inseriti punti luce calati dal so tto. La struttura
riprende col telaio che sorregge le luci riprende le volte ammeggianti che non ci sono più, ed
esse (le volte) sono uno spunto per la realizzazione dei telai delle luci. Quindi si aggiunge quello
che manca ma lascia riconoscibile ciò che è rimasto, non alterando però.