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Informazioni Bibliografiche
Teoria del Restauro di Cesare Brandi.
Lezioni raccolte da L. Vlad Borrelli, J. Raspi Serra e G. Urbani, Roma 1963. Edizioni di Storia e Letteratura; Collana Pic-
cola Biblioteca, Torino, Einaudi, 1977.
Biografia dell’Autore
Cesare Brandi nacque a Siena nel 1906, si trasferì poi a Firenze, dove concluse il percorso di studi in Lettere nel 1928.
Due anni dopo ricevette l’incarico di catalogare e ordinare la collezione dei dipinti dell’Accademia delle Belle Arti della sua
città natale.
Nel 1938 venne chiamato a Roma al ministero dell’Educazione Nazionale e l’anno seguente gli fu assegnato il ruolo di
dirigente per il Regio Istituto Centrale del Restauro (ICR), incarico che durò fino al 1959.
Da questa data in poi si orientò verso l’insegnamento della storia dell’arte; prima a Palermo poi a Roma. Proprio durante
questo periodo iniziò a prendere vita il libro “Teoria del Restauro”.
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Piazza Alicia, strade adiacenti e ricostruzione della Chiesa Madre a Salemi
La scelta del libro è stata dettata in primis dall’importanza storica del volume, la cui analisi critica ha influenzato le mag-
giori opere di restauro dalla sua pubblicazione in poi. In particolare, troviamo che il capitolo preso in analisi, Il tempo
riguardo all’opera d’arte e al restauro, tocchi determinate tematiche fortemente assonanti al caso studio da noi scelto. Il
progetto per il restauro del centro storico di Salemi è un progetto che si confronta intimamente con la temporalità, toc-
cando con estrema raffinatezza ciò che il tempo ha tentato di cancellare, viaggiando sul filo della memoria. L’intervento
di Siza e Collovà non è un intervento di ripristino, in quanto non cerca di cancellare le tracce del passaggio del tempo. È
il contrario: ripristinando gli antichi tracciati urbani, il progetto sembra inserirsi come un momento nel lungo processo di
trasformazione del luogo, non pretende di esaurirlo attraverso decisioni definitive. Il tema diventa la ricerca di un nuovo
e diverso piano di unità, seppur fatto di frammenti, in cui gli effetti del terremoto vengono usati come elementi di trasfor-
mazione piuttosto che di distruzione. Il progetto della piccola scala (foto n°8-9) che collega le quote di due percorsi che si
intersecano, è un gesto minimale che con grande delicatezza ricuce il tessuto dello spazio. Come un muretto distrutto e
scalcinato diventa una piccola scala, le stradine disintegrate del paese non vengono toccate: vengono progettate giusto
delle piccole soglie (foto in pietra massiccia per riportare alle quote delle antiche case. Questi interventi frammentari, non
uniformi, in cui rimane sottile ma chiara la differenza tra la preesistenza e il costruito, lavorano nel rispetto del tempo e
della sedimentazione dello stesso sull’opera d’arte. Nulla viene ripristinato né ricostruito; si tratta piuttosto della ricompo-
sizione di un mosaico fatta di piccoli gesti e accorgimenti, in cui la traccia del tempo, in questo caso del terremoto, non
viene cancellata, ma diviene chiave interpretativa del progetto stesso.
Troviamo che la sensibilità di Siza e Collovà nel trovare un punto di contatto tra l’antico e il nuovo, senza la pretesa di
cancellare la traccia del passaggio del tempo, sia in linea con il pensiero di Brandi sul rapporto tra il tempo ed il restauro.
Tuttavia, potremmo forse obiettare che la scelta degli architetti di ricostruire la chiesa madre per sottrazione, lasciandola
completamente aperta alla piazza, possa essere un gesto che Brandi criticherebbe. L’intenzione degli architetti era creare
una piazza nella piazza, in cui la piazza sacra della chiesa si aprisse verso la piazza laica del paese, riprendendo l’orien-
tamento del vecchio colonnato della chiesa, proiettando gli originali elementi architettonici verso l’esterno. L’intento era
quello di conservare la memoria della chiesa senza ricostruirla. L’idea, col passare degli anni, rimane estremamente ele-
gante e raffinata; tuttavia non si è poi tradotta nella realtà con il risultato sperato. Lo spazio della piazza oggi, per quanto
di una bellezza indiscutibile, rimane vuoto, diventando la sede di un parcheggio. Forse Brandi avrebbe pensato che
l’intervento sulla piazza fosse un intervento di fantasia che, per quanto poetico e raffinato, vada ad intaccare la funzione
primaria dell’opera d’arte originale, ovvero la funzione liturgica della chiesa e quindi quella civica della piazza. Si tratta di
due ambienti architettonici diversi, ognuno dei quali forse necessita un proprio spazio distinto per sopravvivere al tempo.
Nonostante questo, pensiamo che tutto il lavoro circostante sul tessuto antico del paese, partendo dalle pavimentazioni
delle strade, al progetto del patio dietro l’abside della chiesa, alla rivisitazione dei passaggi che diventano accessi alla
piazza con dei minimali gesti architettonici, denotino lo spazio di una ricchezza e una poesia che difficilmente si sarebbe
potuta ottenere ricostruendo il paese tale e quale, cancellando la traccia del tempo.
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Il lavoro di consolidamento delle mura della chiesa è risultato quello più impegnativo data l’arretratezza delle tecniche
costruttive. Attraverso un preciso lavoro di rilievo si sono riscontrate buone fondazioni su tutto il perimetro, un sistema di
muri di grande spessore e solide volte di pietra. La pietra utilizzata è in parte ben squadrata e riconciata, impiegata per
murature a sacco.
Il perimetro della chiesa viene soprelevato, marcato da un podio in pietra (foto n°3) che ne restituisce le dimensioni e l’im-
pianto storico. La base di alcune colonne di spoglio viene riposta nella propria posizione originaria, per visualizzare una
matrice, una geometria concettuale altrimenti invisibile. Allo stesso modo, due colonne vengono riportate al proprio posto,
come se fossero delle tracce, dei punti di riferimento visivi che restituiscono un senso dello spazio originale, in relazione
simmetrica alle strade che si affacciano sulla piazza. La pietra recuperata dalle demolizioni viene tagliata per dare forma
ad uno scalino, ad una soglia, ad un elemento compositivo della pavimentazione. Lavorando con la rovina della chiesa,
Siza e Collovà sono stati in grado di non attuare un intervento puramente figurativo, ma ripensano agli elementi super-
stiti come parte integrante di un nuovo progetto contemporaneo. Determinati frammenti di ordine classico, come alcune
modanature o capitelli, vengono recuperati e riposti in posizioni didascaliche sulla nuova facciata della Chiesa Madre.
Viene attentamente studiato un raffinato sistema di illuminazione in acciaio (foto n°14) e scolo dell’acqua, che si inserisce
in maniera quasi impercettibile nel complesso. Le costruzioni addossate dietro la chiesa, completamente crollate dopo il
terremoto, vengono ricostruite attorno al nuovo patio dietro l’abside. Quest’ultimo è un giardino pensile pavimentato, il cui
vuoto consente uno spazio di respiro tra la chiesa e le nuove costruzioni in pietra. Il taglio della pietra di Trapani distingue
con finezza l’antico dal nuovo, ma rispetta l’armonia materico-cromatica caratteristica del luogo. Le nuove costruzioni
ospitano il nuovo locale d’accesso al piano inferiore, dotato di una nuova scala, i servizi e i magazzini. Di fronte al fianco
sud della chiesa, quasi attaccate alle pareti di quest’ultima, erano presenti delle abitazioni, crollate con il sisma. Invece di
demolirne le rovine al fine di favorire la progettazione di un nuovo parcheggio, gli architetti scelgono di preservare il muro
perimetrale di pietra, costruendoci all’interno un pergolato (foto n°6) che ricollega la piazza alla quota della strada del
quartiere retrostante la chiesa. Le finestre che bucano il muro del pergolato, in un gioco di equilibrio e contrasti materici
tra la pietra antica e quella nuova, consentono un collegamento visivo con il nuovo patio dietro l’abside della chiesa.
È interessante notare come il materiale grafico per il progetto non ponga l’accento sui volumi edificati, ma insiste sull’or-
ganizzazione dello spazio vuoto, definendo la geometria delle pavimentazioni e il sistema dei dislivelli. Il disegno del
vuoto mostra come quest’ultimo non sia trattato dagli architetti come uno spazio interstiziale residuo, privo di qualità. Al
contrario, è proprio negli spazi vuoti provocati dal sisma che gli architetti trovano le soluzioni più interessanti. Un piccolo
nodo urbano (foto n°8-10 e ridisegno in pianta e sezione) particolarmente riuscito è un vuoto creato dal crollo di alcune
stradine tra un agglomerato di vecchie case, che gli architetti riescono a ricucire tramite una sensibile composizione di
gradini, piattaforme e muri che colmano il vuoto tra le abitazioni, riconnettendole alla strada principale che risale verso la
piazza. È chiaro come nel progetto non esista una reale gerarchia di importanza: lo spazio della piazza e della chiesa è
trattato con la stessa cura di un passaggio tra due case diroccate o di una soglia per entrare nella propria abitazione. La
cura del dettaglio è visibile anche nel disegno delle pavimentazioni, a partire dalle giunzioni dei materiali e dal trattamento
delle superfici. La pavimentazione è continua, circoscrive interni ed esterni (in uno spazio tutto aperto) con soglie invisibili,
i materiali sono diversi e cambiano nei punti di frattura.
L’intervento principale sulla chiesa viene accompagnato dagli interventi per le strade storiche, con l’aggiunta di sette
ingressi al centro storico che definiscono la ramificazione delle strade verso la piazza della chiesa. È singolare come que-
sto progetto riesca a ricucire il tessuto urbano del paese, senza ricorrere a soluzioni spaziali definitive. Si direbbe quasi
che sia proprio l’incompiutezza la chiave di lettura del progetto, che diventa un mosaico di piccoli interventi puntuali e pre-
cisi, frammenti che tuttavia sono in dialogo tra loro. La modalità di intervento scelta rimanda in certi aspetti alla pratica del
Kintsugi, una pratica di restauro giapponese nel quale un oggetto in ceramica viene riparato con metalli preziosi, donando
a questo maggior pregio rispetto allo stato originale. Il progetto gioca, in questa lettura, il ruolo del metallo prezioso nella
riparazione, inserendosi nella frammentazione generata dal terremoto. Siza e Collovà si dimostrano abili nell’intervenire
sempre tramite giustapposizioni, piccoli accorgimenti e gesti minimali che, con delicatezza e intelligenza, legano lo spazio
senza mai demolire niente: le aggiunte “completano” le rovine, ripristinandone il senso simbolico e d’uso, ma esibendo
sempre uno scarto sottile tra l’antico e il nuovo.
I progetti di Siza e Collovà intendono inserirsi in un percorso temporale ampio, nel quale la tinta del tempo partecipa
attivamente, come una pelle protettiva. Le metamorfosi a cui sono sottoposti i diversi materiali di questo paesaggio sono
previste dal progetto, e contribuiscono a integrare ogni elemento nello stesso “tempo”, fino al momento in cui “l’architettu-
ra non si vede più, sparisce completamente come una nuova naturalità” (Bernard Huet).
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1.Vista dall’alto del paese di Salemi
2.Chiesa Madre prima del terremoto 3.Chiesa Madre dopo il crollo e la demolizione parziale
4.Chiesa Madre dopo i primi lavori di messa in sicurezza 5.Vista dalle navate crollate
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1.Schizzi generali sull’approccio al progetto 2.Schizzi sul restauro delle mura della Chiesa
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1.Veduta dalla via di arrivo alla piazza
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4.Corridoi separati sul lato sud della Chiesa 5.Continuazione del corridoio che porta ai blocchi
di servizio sul retro
6.Continuazione del corridoio pergolato 7.Veduta dal retro della chiesa sul blocco dei servizi
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8.Utilizzo della pietra di Trapani per colmare le differenze di quota 9.Scalinata che collega i due corridoi a lato della Chiesa
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12.Restauro di una zona adiacente all’abside che porta dalla Chiesa al nuovo patio con blocco dei servizi
13.Dettagio dell’intervento sulle soglie delle preesistenze 14.Dettaglio della nuova illuminazione pubblica
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1.Assonometria dal retro della Chiesa
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Planimetria 1:2000
Sezione 1:1000
9 10
11
7 8
12 14
6 13
19
19
1 3 1.Spazio basilicale
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2.Nicchione
3.Abside
4.Nicchione
2 5.6.Nicchia del transetto
17 18 7.Nuova cappella
8.Cappella dell’Immacolata
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16 9.Locale annessi alla sacrestia
10.Servizi igienici sacrestia
19 11.Scala di servizio alla terrazza
12.Vestibolo sacrestia
13.Sacrestia
14.Locale di servizio (sacrestia)
15.16.Passaggio al patio
17.Torre campanaria
18.Patio/Cortile
19.Giardino pensile e locali di servizio
Pianta 1:1000
Tutte le pavimentazioni disegnate in grigio sono anch’esse parte del
progetto, ma per scelta grafica si è deciso di non dare loro colore
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Dettaglio di una scalinata 1:500 Zoom con pianta e sezione sul dettaglio 1:200
Pietra di Trapani
Calcestruzzo
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Dettaglio del podio 1:100 Zoom sul dettaglio del podio 1:20
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BIBLIOGRAFIA
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