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CAPITOLO 1

La trattazione di Shearman, che parte da Donatello e giunge fino al


Correggio, parte da un assunto teorico fondamentale: che, nel corso del
Rinascimento, gli artisti hanno inventato e messo in pratica,
sviluppandole e aggiornandole, strategie compositive per accentuare la
forza comunicativa dell’opera d’arte: l’obiettivo è rendere il più possibile
diretta e veritiera l’interazione tra finzione artistica e realtà spazio-
temporale dello spettatore. L’intuizione dello studioso dunque riconduce
già all’arte rinascimentale quella interattività che è punto essenziale del
Barocco. E ovviamente, il riferimento alle opere e ai contesti in cui esse si
trovano o per cui furono create è continuo e circa 200 sono le opere
analizzate. Nel corso di una lettura di un’opera è molto importante tenere
conto in primis del giudizio storico, poi mettere in relazione il nostro
codice di lettura con quello di un uomo Rinascimentale. Ogni volta che un
uomo si pone davanti ad un’opera ecco che in questi si avvia un iter che si
articola in 3 fasi: muovendo dalla consapevolezza e dal riconoscimento
dell’opera lo spettatore si accosta al soggetto dell’artista, portandone a
compimento il programma, infine, da quel tipo di coinvolgimento si arriva
alla fruizione di esso, poiché l’artista ora presuppone la complicità dello
spettatore per il funzionamento dell’opera d’arte. Il modo di conversare
di un’opera, si può dire, racchiude, dentro di sé, più tradizioni distinte
come mitologia, angiografia, devozioni popolari ecc. Ciò può portare lo
spettatore in quello che l’autore chiama effetto Medusa, dove la statua,
con la sua bellezza, pietrifica lo spettatore fino a farlo diventare lui stesso
una statua di marmo. Ecco che quindi la nozione di base è che l’opera
d’arte è un’opera transitiva, cioè un’opera in cui il soggetto viene
completato soltanto al di là di sé stesso nello spazio dello spettatore,
oppure viene completato esplicitamente dallo o nello spettatore stesso
CAPITOLO 2
Nel secondo capitolo, Uno spazio condiviso, si presenta una conclusione
importante: «Nelle più precoci formulazioni fiorentine della prospettiva è
implicita una relazione spaziale rigorosa e stabilita con precisione fra lo
spettatore e la rappresentazione dell’oggetto visto. All’interno di questa
nuova convenzione, infatti, quella relazione è la prima cosa in base a cui
l’artista deve prendere delle decisioni». Dunque, per comprendere
pienamente tale relazione è necessario ricollocare l’opera nel suo orinario
contesto. È importante quindi sottolineare come non solo la dimensione
del tempo sia la sola chiave di lettura di un’opera. Un’opera transita
attivamente anche nella chiave dello spazio. Infatti la posizione dell’opera,
il luogo di realizzazione e la sua collocazione, sono elementi che fanno
parte dell’atto comunicativo dell’opera. Un’opera verrà realizzata con una
determinata tecnica/composizione tenendo contro anche dello spazio in
cui si troverà, del luogo che la circonda. Per questo è importanza, allo
stesso modo, che lo spettatore si collochi in un punto ben preciso affinché
l’opera possa comunicare pienamente con lo spettatore. In aiuto a questa
tesi è ovvio l’approccio della tecnica della prospettiva.
CAPITOLO 3
Il genere che sicuramente nel Rinascimento ha dato l’impressione del più
assiduo e diversificato rapporto comunicativo con lo spettatore è il
ritratto. Infatti nel ritratto si vogliono conservare e tramandare tutti gli
aspetti che determinavano la persona ritratta, di dargli l’immortalità nel
suo ricordo. Con la riscoperta del mondo classico, avviene una
trasformazione del ritratto, che ha come spunto anche una sorta di
genere ritrattistico, ovvero l’epigramma, un breve componimento di
pochi versi dove l’autore volva racchiudere tutta una persona. Attraverso
un epigramma, o un’epigrafe, una persona diveniva icona, la quale viene
modellata anche per via della città. Infatti si viene a creare una triade
Poeta-Artista-Città, ad esempio Castiglione/Raffaello a Urbino,
Bembo/Tiziano a Venezia. Per concludere sia la poesia e che la ritrattistica
sono l’una fonte dell’altra e conseguenza e realizzazione dell’altra Ecco
perché nel Rinascimento il ritratto è strettamente collegato alla poesia, in
quanto entrambi conferiscono immortalità ad una persona.

CAPITOLO 4
La difficoltà di un artista nel realizzare le cupole risiede nel fatto che
debba afferrare il significato della tridimensionalità della superficie della
forma concava. Poi bisogna tenere presente che il punto di vista cambia
continuamente e non c’è un unico punto come per le pale d’altare. Quindi
ogni zona di una cupola va sotto distorsione o altro, fuorchè la superficie
che sta agli angoli retti rispetto alla linea di visione. Infine non va
dimenticato che si tratta della decorazione dei un elemento
architettonico. Ecco che nella decorazione delle cupole risiede l’azione più
forte dell’attività transitiva di un’opera d’arte.
CAPITOLO 6
Il nostro studioso tiene a precisare che l’imitazione di modelli o opere
precedenti in nessun caso limita la libertà creatrice dell’artista, e che la
citazione può essere attivata solo in un caso: in quello in cui ci sia uno
spettatore che sappia coglierla – che altrimenti sarebbe solo un vacuo
gioco intellettuale o, al limite, un bisogno personale e soggettivo. La
citazione è dunque un dialogo tra l’artista e il suo pubblico (in primis
committenti ed élit colte: un pubblico ben consapevole di quel che
vedeva), che egli attua principalmente per comunicare. Una delle
conseguenze di una tale interpretazione è quella di fare dell’artista un
uomo colto, un intellettuale consapevole del tutto degno del suo
pubblico. Tutto ciò ci insegna alcune cose importanti: per esempio che, in
arte, c’è una differenza abissale tra citazione e plagio – il problema, si può
aggiungere, è che questa differenza nei casi singoli può essere sfumata e
difficile da cogliere.

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