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Al di là dei limiti della rappresentazione

Quodlibet Studio
Teoria delle arti e cultura visuale
Al di là dei limiti
Il volume affronta una questione centrale per gli studi di “cultura
della rappresentazione
visuale” contemporanei. Un tema attualissimo e antico ad un tempo: Letteratura e cultura visuale
quello dell’esplorazione di territori della creatività che si pongono al
di là dei limiti delle rappresentazioni verbali e visuali, in quella terra
di nessuno in cui il verbale e il visuale si contendono la significazio- A cura di
ne e sfidano l'indicibile e l'invisibile. Il volume, che si avvale della Michele Cometa
presenza dei più autorevoli teorici della letteratura e della visualità
europei, s’interroga sulla produzione di questo “terzo spazio” a par-
e Danilo Mariscalco
tire da alcune opere fondamentali della letteratura e della produzio-
ne visiva moderna e contemporanea. Quodlibet Studio
Michele Cometa è professore di Storia comparata delle culture e di Cultura visua-
le nell’Università degli Studi di Palermo. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Studi
culturali (Guida, 2010); La scrittura delle immagini. Letteratura e cultura visuale
(Cortina, 2012); Mistici senza Dio. Teoria letteraria ed esperienza religiosa nel
Novecento (edizioni di Passaggio, 2013).

Danilo Mariscalco è dottore di ricerca in Studi Culturali. Rappresentazioni e perfor-


mance (Università degli studi di Palermo). È membro del comitato scientifico della rivi-
sta «Forma. Revista d’estudis comparatius. Art, literatura, pensament». È stato visiting
researcher presso il Centro d’Estudis sobre Moviments Socials (Universitat Pompeu
Fabra, Barcelona). Ha pubblicato alcuni saggi di storia dell’arte contemporanea e il
volume Dai laboratori alle masse. Pratiche artistiche e comunicazione nel movimento
del ’77 (Ombre Corte, 2014).

22,00 euro QS
Quodlibet Studio

Scienze della cultura


Al di là dei limiti della rappresentazione
Letteratura e cultura visuale

a cura di Michele Cometa e Danilo Mariscalco

Quodlibet
Al di là dei limiti della scrittura. Testo e immagine nel
“doppio talento”
Michele Cometa

1. La questione, davvero “ai limiti della rappresentazione”, su cui


intendiamo soffermarci è la grande famiglia di produzioni ed esperien-
ze artistiche che si fondano sul “doppio talento” (Doppelbegabung1)

1 Non esistono a tutt’oggi studi teorici complessivi sul tema del “doppio talento”,

anche per via della critica che in ambito comparatistico discende dalle posizioni di autore-
voli studiosi come René Wellek. Giustamente Wellek ha mostrato tutto il suo scetticismo
riguardo alla possibilità di una “teoria letteraria” del doppio talento rendendosi conto che
questa teoria ci costringe a lasciare l’ambito della produzione artistica e ad avventurarci
sempre più in quella della “psicologia” della creatività. Si tratta però di una sfida che oggi
la teoria letteraria non può più rimandare. Ricca è invece la produzione di libri sui “dise-
gni” e sulle “pitture” degli scrittori e sui “marginalia” figurativi dei manoscritti di autori
più o meno celebri che vanno dagli schizzi più occasionali a vere e proprie illustrazioni che
interagiscono con il testo. Quasi tutti questi libri rimangono però a un livello poco più che
aneddotico e compilativo e raramente s’interrogano sul problema che il “doppio talento”
pone alla questione della rappresentazione. Bernard Voilloux ha ricondotto storicamente
lo sviluppo degli scrittori-pittori alla crisi del paradigma dell’ut pictura poësis [Passages de
ligne, in S. Linares (a cura di), De la plume au pinceau. Écrivains dessinateurs et peintres
depuis le romantisme, Camelia. Presse Universitaires de Valenciennes, Valenciennes 2007,
pp. 15-26]. Interessanti considerazioni teoriche, oltre che storiche, si trovano nei due fa-
scicoli della rivista «Kunstforum» parzialmente dedicati al tema delle Doppelbegabungen.
Cfr. Kunst und Literatur I, «Kunstforum», 139 (1997-1998) e Kunst und Literatur II,
«Kunstforum», 140 (1998). Cfr. anche: S. Linares, Des écrivains artistes. La tentation
plastiques (XVIII-XXI siécle), Citadelles & Mazenod, Paris 2010; Dessins d’écrivains. De
l’archive à l’œuvre, a cura di C. Bustarret, Y. Chevrefils Desbiolles, C. Paulhan, Éditions Le
Manuscrit, Paris 2011; H. I. Schvey, Doppelbegabte Künstler als Seher: Oskar Kokoschka,
D. H. Lawrence und William Blake, in U. Weisstein (a cura di), Literatur und bildende
Kunst. Ein Handbuch zur Theorie und Praxis eines komparatischen Grenzgebietes, Erich
Schmidt Verlag, Berlin 1992, pp. 73-85. Tra le “antologie” di scrittori-pittori che solo
episodicamente affrontano questioni teoriche vanno almeno ricordate: H. Günthert, Kün-
stlerische Doppelbegabungen. Erweiterte Neufassung mit 156 meist erstveröffentlichten
Abbildungen nach Werken deutschsprachiger Künstler vom 16.-20. Jahrhundert, Heime-
ran, München 1960; K. Böttcher, J. Mittenzwei (a cura di), Zwigespräch. Deutschspra-
chiger Schrifsteller als Maler und Zeichner, Edition Leipzig, Leipzig 1980; S. Fauchereau,
Peintures et dessin d’écrivains, Édition Belfond, Paris 1991; U. Harbusch, Ch. Feilchenfeldt
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di scrittori che fanno ricorso ai media visuali durante la creazione let- Si tratta cioè d’interrogarsi su un territorio della rappresentazione
teraria o accanto a essa. Un panorama molto differenziato, dunque, che si tiene, per fasi più o meno lunghe e consapevoli, nella “terra
che va dalle indubbie capacità pittoriche e figurative di autori come di mezzo” tra il verbale e il visuale, quale che siano le scelte finali
William Blake, Dante Gabriele Rossetti, Günter Grass, Dino Buzzati o dell’autore che si serve dei due media e a prescindere dal destino che
Carlo Levi, alle sperimentazioni marginali e spesso criptiche, ma non un canone letterario fin troppo testolatrico ha imposto a queste espe-
per questo prive di implicazioni poetologiche, di autori come Stendhal, rienze doppie. Ci si soffermerà dunque sulle dichiarazioni autoriali
Zola, Dostoevskij o Artaud, autori che non riescono a concepire la di poetica come motore della creatività artistica, arrestandosi sulla
loro scrittura se non accompagnandola con disegni, schizzi e immagini soglia di quelle che nel caso di alcuni straordinari casi di “doppio
e i cui manoscritti2 – fonte inesauribile per la critica genetica – rappre- talento”, come Blake o Rossetti, portano alla produzione di “opere
sentano una riserva inesauribile di “integrazioni” e “figurazioni” che doppie” (double works) che, integrando esplicitamente i due media,
vanno al di là dei testi poi effettivamente pubblicati3. Va subito detto si configurano come pratiche che conducono alla produzione di ico-
che in questa sede ci occuperemo del fenomeno specifico del “doppio notesti e di iconismi5 e che possono essere studiate più agevolmente
talento”, concentrandoci sulle implicazioni teoriche e poetologiche dal punto di vista della tradizione letteraria, della ricezione etc.
della creatività artistica di autori che hanno coltivato con continuità In questa sede ci soffermeremo invece sulla genesi di questo dia-
entrambe le forme di espressione, quella verbale e quella figurativa, logo interartistico all’atto della creazione, sulla reciprocità di questi
senza distinguere in prima istanza tra esperienze consapevoli incarnate atti di creatività nell’autoriflessione poetologica degli autori e sulle
in pratiche artistiche parallele perseguite anche nella sfera pubblica, le questioni teoriche che l’integrazione di verbale e visuale suscitano in
esperienze private di scrittori-pittori vissute come dilettantesche e tutta merito alla rappresentazione e ai suoi limiti interni. Giustamente già
quella complessa congerie di pratiche di scrittura che si servono del fi- René Wellek aveva fatto notare che la teoria letteraria non avrebbe
gurativo o ricorrono alla figuratività in fasi diverse della creazione (dal potuto occuparsi di un atto della creazione che preceda program-
manoscritto, poi espunto dei suoi segni grafici, all’associazione di segni maticamente la reale produzione artistica, insistendo correttamente
grafici al testo finito com’è nell’esperienza dell’illustrazione)4. sul fatto che ogni creazione di cui si può ragionevolmente parlare è
quella che si incarna in opere che hanno una loro consistenza mediale
(a cura di), Auf einem anderen Blatt. Dichter als Maler, Strauhof, Zürich 2002; Aa.Vv., e dunque si inseriscono in una storia dei materiali, dei media e dell’e-
La paraula pintada, Fundaciò Es Baluard-Museu d’Art Modern i Contemporanì de Palma, spressione. Tuttavia proprio per questo sarà opportuno occuparsi del
Palma 2006; D. Friedman, »Und ich mischte die Farben und vergaß die Welt«. Malende tema del “doppio talento” e delle opere che ne derivano, giacché solo
Dichter, con una postfazione di J. Updike, Elisabeth Sandemann, München 2007. confrontando le ricadute mediali di una data ispirazione artistica,
2 Tra gli studi più interessanti sui “marginalia” e sul “doppio talento” criptico di scrit-

tori della levatura di Kafka, Proust o Hugo cfr. i saggi di Claude Gandelman: The Artist di un immaginario, si possono trarre indicazioni sui processi della
as “Traumarbeiter”: On Sketches of Dreams by Marcel Proust, «Yale French Studies», 84 creatività e, soprattutto, sull’irriducibilità del verbale e del visuale,
(1994), pp. 118-135; Les “doodles” d’écrivains et leur valeur pour la recherche littéraire, del musicale e del verbale, del tattile e del visuale e via discorrendo.
«Neohelicon», 1 (1977), pp. 77-90 e gli studi raccolti in Reading Pictures, Viewing Texts,
Che la questione di queste modalità di “rappresentazione” al di
Indiana UP, Bloomington 1991. Per Kafka cfr. infra nota 24.
3 Nelle pagine che seguono ci atterremo comunque a un principio: si può parlare di là e accanto alla scrittura sia centrale per comprendere i limiti tra il
“doppio talento” in senso stretto solo nel caso in cui l’autore della parte testuale e di quella
figurativa coincidono completamente. Dovranno essere escluse dunque tutte quelle forme
iconotestuali in cui un autore si limita ad associare i due media di cui uno è preesistente alla giudizi di valore sulle opere d’arte, in questa prospettiva anche il più insignificante e goffo
creazione. È il caso dell’illustrazione post-festum delle proprie opere letterarie attraverso “disegno” può avere un significato poetologico d’inusitato valore, ed è su questo che in-
immagini prodotte da altri, della fototestualità che si serve di fotografie prodotte da altri, tendiamo interrogarci.
del collage tra testo e immagini prodotti da altri e via discorrendo. 5 Su questa distinzione tra iconotesti (giustapposizione di immagine e testo) e iconismi
4 In quest’ottica possiamo provvisoriamente tralasciare la distinzione tra opere che (sovrapposizione di immagine e testo come nella poesia visiva) rimando a M. Cometa,
hanno una pretesa artistica e schizzi di lavoro. A parte l’arbitrarietà e discutibilità dei Letteratura e arti figurative: un catalogo, «Contemporanea», 3 (2006), pp. 15-29.
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verbale e il visuale lo dimostra, oltre alla costante e spesso irrequieta alle categorie classiche della teoria letteraria. Per non parlare del pe-
oscillazione autoriale tra i due media espressivi, la storia editoriale culiare sconfinamento che un’attenzione per queste pratiche implica,
e, a volte, la storia personale di molti autori della letteratura, antica giacché il rapporto scrittura-immagine può essere facilmente inverti-
e moderna. to come prova l’esistenza di pittori-scrittori, per esempio essenziali
L’esclusione dell’elemento figurativo – spesso ovviamente per nella definizione dell’Espressionismo tedesco (Klee, Kokoschka, Kan-
esplicita scelta dell’autore, ma altrettanto spesso per scelte editoriali dinskij, Barlach), la cui interpretazione presuppone ampie conoscen-
o per ossequio a un canone testolatrico – ha finito infatti per ren- ze di carattere storico-artistico.
dere incomprensibile l’opera di autori come William Blake o Dante Dunque solo un’approssimativa ipostasi del canone letterario e di
Gabriele Rossetti, mentre la sistematica eliminazione nell’edizione a ciò che è “letterario” può consentirci di distinguere tra le esperienze
stampa delle parti non-verbali del testo sottrae all’interprete linfa vi- di scrittori-pittori6 – che sono quelle su cui intendiamo soffermarci –
tale e, in alcuni casi, rende inintelligibile parti consistenti dell’opera e quelle dei pittori-scrittori che, almeno tendenzialmente, rappresen-
di un autore. La critica e la teoria letteraria sono infatti spesso il tano un caso a parte7. È evidente però che la distinzione regge solo se
luogo di evidenti rimozioni. Molta critica e molta teoria hanno si- si accettano i canoni consueti delle rispettive arti i quali dipendono,
stematicamente trascurato il doppio talento di autori canonici della com’è noto, da considerazioni per lo più esterne alle opere propria-
letteratura e si sono spesso arroccate dietro una non meglio dimo- mente dette.
strata “fedeltà al testo” o hanno insistito sul mal celato orgoglio di Va anche sottolineato che le esperienze più istruttive sul piano
non avere gli strumenti per un’analisi non dilettantesca degli aspetti teorico-letterario sono proprio quelle di artisti dove è difficile distin-
figurativi. Il risultato è stato non solo un effetto di scotomizzazione guere i due piani della produzione (si pensi a Blake o, su di un altro
ma anche l’oggettiva manipolazione e sostanziale distruzione di testi versante, a Henri Michaux8) proprio perché sono quelle in cui emer-
verbo-visuali la cui doppia costituzione avrebbe semmai rafforzato il ge con chiarezza il “punto cieco” della loro duplice creatività9. Né
loro significato per il canone. va dimenticato che alcuni di questi autori si sono sempre e costan-
Solo a fatica ci si abitua oggi a riconsiderare le opere di autori temente immaginati come artisti figurativi, anche quando il successo
come Peter Weiss, Friedrich Dürrenmatt, Carlo Levi o Günter Grass delle loro opere letterarie ha travalicato in termini di popolarità – e
come effettivamente “incomprensibili” senza una “lettura” parallela talvolta anche di “qualità” – le loro performance figurative. Si pensi
delle loro opere pittoriche e figurative. E solo il successo di approcci a Peter Weiss il cui esordio come artista è sostanzialmente pittori-
critici che discendono dall’idea primonovecentesca della “reciproca co e le sue visioni apocalittiche – stimolate da Dante come da Otto
illuminazione tra le arti” (Walzel), dallo studio dell’èkphrasis al dop- Dix – precedono temporalmente quelle letterarie. O a Dino Buzzati
pio talento appunto ha fatto sì che si recuperasse la parte figurativa e
visiva di opere canoniche come quelle di Blake o degli stessi Promessi 6 Ovviamente il caso degli scrittori-pittori non è l’unico caso di Doppelbegabung,

Sposi (1840) di Manzoni la cui pratica iconotestuale all’atto della come dimostra la presenza di musicisti-pittori – è il caso parecchio significativo di Arnold
composizione della terza edizione del romanzo non è esperienza che Schönberg – o di filosofi-scultori, per esempio Ludwig Wittgenstein e di filosofi-pittori
(Gilles Deleuze).
può essere considerata casuale e senza implicazioni poetologiche. Si 7 Per questo motivo ci sentiamo di poter escludere da questa tipologia le esperienze di

comprende però l’incertezza dei critici e dei teorici tradizionali poco pittori-scrittori come Max Ernst in cui non solo l’attività figurativa prevale nettamente su
disposti ad avventurarsi in territori appannaggio di altre discipline quella testuale ma il prodotto finale rientra in logiche iconotestuali ben diverse e consolida-
te nella tradizione come, ad esempio, la scrittura emblematica. È il caso di Una settimana
(come la storia dell’arte, dell’incisione, dell’illustrazione), ma anche
di bontà. Tre romanzi per immagini, a cura di G. Montesano, Adelphi, Milano 2007.
naturalmente scoraggiati da atteggiamenti creativi – Manzoni che se- 8 Su Michaux pittore e poeta si veda M. Rigaud-Drayton, Henri Michaux: Poetry,

gue e certamente condiziona le illustrazioni di Francesco Gonin – e Painting and the Universal Sign, Clarendon Press, Oxford 2005.
9 Per una prima ma fondamentale ricognizione si veda il fascicolo monografico della
da elementi paratestuali che certo difficilmente si lasciano ricondurre
«Yale French Review», 84 (1994) dedicato a Bounderies: Writing & Drawing.
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che, pur consapevole della propria grandezza come scrittore, usa la Siamo ovviamente consapevoli che si tratta di tonalità dell’espressione,
maschera del pittore per sottolineare l’irriducibile paradosso di una di tre aspetti di un’unica dimensione creativa e che una distinzione è
teoria dell’immaginazione che vuole nutrirsi di entrambi i media10. solo una mossa didattica volta a sottolineare le potenzialità di questa
La crisi dell’estetica e della poetologia dell’ut pictura poësis ha del interazione tra le diverse sfere della creatività doppia.
resto prodotto, almeno sin dal secondo Settecento, una sorta di intensifi- Il primo caso è quello del “doppio talento” (Doppelbegabung),
cazione delle possibilità intermediali dell’espressione verbale e figurativa quando, cioè, uno stesso autore si esercita su più media (tipicamente
in letteratura – non a caso si assiste a un’esplosione della scrittura ecfra- la scrittura e la pittura, ma esistono casi di scultori, incisori e, oggi,
stica11 e del doppio talento appunto – peraltro facilitate dall’evoluzione per ovvi motivi, di autori che utilizzano ampiamente le nuove tecno-
mediale che ha consentito una sempre maggiore manipolabilità di testo e logie digitali) tenendo per lo più separate le due sfere, anche se – va
immagine, attraverso le incisioni, le illustrazioni, le fotografie12, fino alle da sé – esse inevitabilmente tendono a convergere, magari in fasi cro-
attuali vertigini dell’iconotestualità digitale contemporanea. E proprio nologicamente e tematicamente limitate della loro produzione.
la disponibilità virtuale delle immagini accanto ai testi13 ha consentito la Per quanto non si possa ipotizzare una divisione netta tra le due sfere,
“riscoperta” di opere doppie altrimenti condannate dal canone cartaceo è chiaro che autori come Johann Wolfgang Goethe, Hermann Hesse14 o
e testolatrico a rimanere monche e incomplete. Henry Miller15 hanno praticato la pittura per lo più come “sospensio-
È dunque divenuto possibile recuperare quell’inestimabile patri- ne” della tensione creativa affidata alla scrittura, anche se non è difficile
monio di immagini e di opere (quadri, disegni, sculture) che da sem- intravedere relazioni tematiche, traduzioni intermediali o una certa ten-
pre ha accompagnato la produzione artistica di molti tra i più grandi denza all’illustrazione16 in molte delle loro opere figurative. Sempre in
e canonici autori della letteratura ed è divenuto altrettanto necessa- quest’ambito va considerato peraltro il caso particolare di vocazioni pit-
rio, anzi obbligatorio, interrogarsi sulla “doppia vocazione” di scrit- toriche che “sostituiscono” del tutto quelle letterarie, allorché gli autori
tori che hanno posto a se stessi la questione della rappresentazione e rinunciano alla scrittura per dedicarsi completamente o per periodi più
dei suoi limiti, verbali e visuali. o meno lunghi alla pittura (come Klossowski o Ionesco)17.
Sarà opportuno, per disegnare una mappa dalla quale però non
pretendere contorni troppo netti, distinguere alcune modalità di que- 14 Cfr. V. Michels, A. Pellegrini (a cura di), Hermann Hesse pittore, Mazzotta, Milano
sta relazione, tenendo conto del fatto che esse tendono a convergere 1996. Su Hesse cfr. anche F. Arzeni, Hermann Hesse und die Farben der Seele, «Hermann-
in combinazioni complesse e per nulla riducibili a generi certi e ben Hesse-Jahrbuch», 1 (2004), pp. 95-109.
15 Su Henri Miller pittore si veda almeno Paint as You Like and Die Happy. The
delimitati. In via del tutto provvisoria si può distinguere tra il “doppio
talento” propriamente detto, le pratiche di “concrescenza genetica” Paintings of Henry Miller, Chronicle Books, San Francisco 1982. Cfr. inoltre il sito: www.
henrymiller.info/bio/bio.html. Sulla pittura di Miller come “atto d’amore” e “l’essere pos-
attraverso i due media e la vocazione “dialogica” o, più esattamente, seduti dall’inconscio” si veda H.-N. Jocks, Gutgelaunter Maler: mürrischer Schriftsteller,
metatestuale e metapoetica che caratterizza le due esperienze creative. «Kunstforum», 140.2 (1998), pp. 96-106.
16 L’illustrazione costituisce in questo schema una sorta di caso particolare, purché

sia ovviamente realizzata dallo stesso autore del testo o, per converso, quando l’immagi-
10 Si cfr. adesso R. Coglitore, Storie dipinte. Gli ex voto di Dino Buzzati, Edizioni di ne viene concepita per poi essere “illustrata” dalla parola, com’è il caso delle numerose
Passaggio, Palermo 2013. èkphrasis presenti nei testi letterari la cui matrice figurativa è creata dallo stesso autore. Si
11 Sull’èkphrasis moderna mi permetto di rimandare al mio La scrittura delle immagi- pensi, da un lato, agli straordinari collage letterario-gastronomici di Carl Spitzweg (Die
ni. Letteratura e cultura visuale, Raffaello Cortina, Milano 2012. Leibgerichte des weiland Apothekers und Malerpoeten Carl Spitzweg von ihm eigenhändig
12 Si pensi al successo della fototestualità tra Ottocento e Novecento dovuta, tra l’al- aufgeschrieben und illustriert, a cura di S. Wichmann, Verlegt bei Bruckmann, München
tro, alla aumentata disponibilità e usabilità delle immagini fotografiche. 1962), un caso molto peculiare di collage, disegno autografo, impaginazione e scrittura,
13 Si pensi al fatto che è stato possibile pubblicare contestualmente e con costi relativa- o, sull’altro versante, alle Klecksographien di Justinus Kerner (Deutsche Verlagsanstalt,
mente contenuti tutte le opere iconotestuali di William Blake (www.blakearchive.org) o di Stuttgart-Leipzig-Berlin-Wien 1880).
Dante Gabriele Rossetti (www.rossettiarchive.org) che prima nessun “libro” tradizionale 17 D. Friedman, »Und ich mischte die Farben und vergaß die Welt«. Malende Dichter,

avrebbe potuto contenere per intero. cit., p. 128


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Il secondo caso è quello della “concrescenza genetica”, che illu- degli emblemi, delle Apocalissi –, un significato particolare assume il
streremo attraverso gli esempi di Peter Weiss e Friedrich Dürrenmatt tema biografico e soprattutto autobiografico. In molti casi si tratta
(ma anche Blake o Rossetti sono esempi già ampiamente studiati), in prima istanza della costruzione figurativa del personaggio (tipici
laddove cioè le due arti, i due media, collaborano, anche se in diver- i casi di Fëdor Dostoevskij21 o di Gottfried Keller) ma, molto più
sa misura, alla definizione di un unico mondo immaginale. Questa significativamente, della costruzione del Sé o di una sua controfigu-
seconda prospettiva ci regala uno sguardo in quella che Philippe Ha- ra22. Paradigmatico è il caso del Kreisler di E. T. A. Hoffmann23 in
mon ha definito l’«image dans la fabrique»18, un dato che permette cui l’autore non soltanto ritrae se stesso, ma proietta gran parte delle
di avvicinarci alle scaturigini dell’atto creativo e alle condizioni di tensioni della propria autobiografia sul suo personaggio in una trian-
fondo della scelta mediale. golazione tra autore-personaggio-autoritratto che è costitutiva della
Il terzo caso è quello in cui le due arti intessono una sorta di sua poetica. Altrettanto si potrebbe dire per gli autoritratti “negati”
“dialogo”19 in cui l’una assume una sorta di dimensione metatestuale in margine alle scritture di Kafka che costruiscono un universo figu-
o metapittorica rispetto all’altra, esercita cioè una sorta di strania- rativo degno di figurare tra le esperienze estreme della pittura moder-
mento critico che consente al fruitore di cogliere aspetti altrimenti na e certamente decisivi per l’interpretazione dell’opera kafkiana24.
non perspicui, si insedia insomma proprio in quel “punto cieco” in L’ossessione autobiografica guida anche la mano del poeta male-
cui verbale e visuale non possono coesistere20 e il senso si dà pro- detto per antonomasia, Charles Baudelaire, che realizza decine di au-
prio nell’esperienza della differenza tra i due media e della loro irri- toritratti con la chiara intenzione di progettare la copertina de I fiori
ducibile alterità. È certamente il caso più significativo per il nostro del male (1857). L’impropria oscillazione tra caricatura e fotografia
itinerario che indaga sui “limiti” che i due media, testo e immagine, che caratterizza gli autoritratti di Baudelaire va interpretata come
si impongono l’un l’altro. In alcuni casi questo “dialogo” consente il primo atto di una crisi del soggetto che segnerà tutta la letteratu-
all’autore di acquisire certezze poetologiche di carattere generale e ra moderna. Vere e proprie psicografie, i ritratti di Baudelaire sono
che finiscono per delineare una sorta di poetica intermediale. la messa in scena di un disagio sempre più profondo e che colpisce
Queste distinzioni che, come abbiamo detto, vanno considerate anche autori considerati olimpici come Thomas Mann25 o, per con-
come istanze elementari di possibili e più complesse articolazioni,
sono poi riconducibili a “generi” e “stili” che sorreggono le finali 21 Cfr. K. Barsht, Dostoïevski: le dessin comme écriture, «Genesis», 17 (2001), pp.

scelte iconotestuali e ne indirizzano i temi e i motivi ricorrenti. 113-129; Idem, Defining the face: observations on Dostoevskii’s creative process, in C.
Sul piano iconotestuale si pensi alla già citata tecnica dell’illu- Kelly, S. Lovell (a cura di), Russian Literature, Modernism and Visual Arts, Cambridge
strazione delle proprie opere (come nei casi paradigmatici di Bruno University Press, Cambridge 2000, pp. 23-32; Idem, Dostoïevski: le dessin comme écriture,
«Item» (www.item.ens.fr).
Schulz o di Günter Grass) mentre su quello tematico, oltre all’ovvia 22 Sul tema dell’autoritratto figurativo degli scrittori si è soffermata C. Feilchenfeldt,

prevalenza di figurazioni che reggono tradizionalmente sia sul piano Das Portrait. Von Angesicht zu Angesicht, in U. Harbusch, Ch. Feilchenfeldt (a cura di),
visuale sia su quello verbale – si pensi alla tradizione dei Totentänze, Auf einem anderen Blatt. Dichter als Maler, cit., pp. 69 e sgg.
23 Hoffmann e Keller firmano spesso le loro lettere autografe con un autoritratto che

costituisce il naturale prolungamento della scrittura. Cfr. ivi, p. 70.


18 P. Hamon, Imageries. Littérature et image au XIXe siècle, José Corti, Paris 2001, passim. 24 Soltanto di recente ci si è resi conto della straordinaria forza poietica degli schizzi di
19 Molto più spesso si tratta invece di un vero e proprio “campo di battaglia” in cui si Kafka che Brod aveva malauguratamente espunto dai manoscritti rendendoci difficile se non
assiste ad un inesausta contesa tra le “arti sorelle”. Cfr. C. Feilchenfeldt, Das Portrait. Von impossibile oggi la giusta collocazione nei testi. Su ciò si veda adesso: N. Bokhove, M. van
Angesicht zu Angesicht, in U. Harbusch, C. Feilchenfeldt (a cura di), Auf einem anderen Dorst (a cura di), Einmal ein grosser Zeichner. Franz Kafka als beeldend kunstenaar, Salon
Blatt. Dichter als Maler, cit., p. 70. Saffier, Utrecht 2002. Sui disegni di Kafka cfr. soprattutto J. Sudake-Bénazéraf, Le regard de
20 Si cfr. anche B. Voilloux, Passages de ligne, in S. Linares (a cura di), De la plume Franz Kafka. Dessins d’un écrivain, Maisonneuve & Larose, Paris 2001 e C. Gandelmann,
au pinceau. Écrivains dessinateurs et peintres depuis le romantisme, cit., p. 20: «Dessiner, Kafka as an Expressionist Draftsman, «Neohelicon», 2 (1974), pp. 237-277.
peindre, ce fut pour certains écrivains faire l’épreuve de la non-pensée, ou d’une pensée qui 25 C. Feilchenfeldt, Das Portrait. Von Angesicht zu Angesicht, in U. Harbusch, Ch.

ne sarait pas du langage». Feilchenfeldt (a cura di), Auf einem anderen Blatt. Dichter als Maler, cit., p. 75.
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verso, culmina tragicamente negli autoritratti ossessivi di Antonin e del “naturalismo” ingenua e fuorviante –, a costituire un aspetto
Artaud, di Georg Trakl e di Arnold Schönberg. essenziale sia delle arti figurative che della narrativa. Si pensi a figure
Una variante dell’autoritratto è certamente la rappresentazione come quelle di Gottfried Keller, Wilhelm Busch e soprattutto Adal-
della casa o dello studio dello scrittore, un luogo per definizione bert Stifter32, i cui “paesaggi” sono il campo di battaglia di una visio-
“fantastico”, abitato dai fantasmi dell’autore, anzi vera e propria ne che va dal realismo più pacato a un soggettivismo in cui ben visi-
camera obscura dell’immaginazione, come dimostrano testi che non bili sono i sommovimenti ante litteram della psicologia del profondo.
a caso hanno immediatamente prodotto rappresentazioni autografe Paradossalmente proprio il pittore meno dotato e meno espressivo
in pianta e in alzato. Si pensi a La finestra d’angolo del cugino (1822) tra i tre, Stifter, è quello che ci consegna le ipotesi poetologiche più
di E. T. A. Hoffmann la cui genesi è segnata dall’“image dans la fa- radicali, facilmente confrontabili con quelle straordinariamente visio-
brique” del Gendarmenmarkt di Berlino26 fino alla “piantina-guida” narie di August Strindberg e Victor Hugo. In Stifter assistiamo infatti a
di Eduard Mörike27. Nessuno poi potrà sottovalutare le valenze au- un’evoluzione lenta e a tratti incerta da un realismo di maniera, tutto
tobiografiche di uno studio-atelier come quello di Goethe28 o di Peter intriso di sicurezze Biedermeier33, a uno stile più disteso, in qualche
Weiss29, fino alla mansarda in cui il giovanissimo Dürrenmatt proiet- modo presago della dissoluzione della forma in colore tipico dell’Im-
ta, come con una lanterna magica, le sue ossessioni dixiane30 o alla pressionismo34, fino alla mistica naturale che si esprime in nature mor-
stanza da pranzo di Jean Cocteau nella Villa Santo-Sospir (1950) sul- te per le quali non a sproposito si può fare il nome di Paul Cézanne35.
la Costa Azzurra31 in cui l’autore crea una sorta di “tatuaggio” delle Si tratta di un percorso tutt’altro che lineare e pacifico. Il fallimen-
pareti. Inutile sottolineare che tali scelte figurative costituiscono la to dell’istanza realista porta l’autore a distruggere i suoi primi quadri
prosecuzione logica della scelta autobiografica sul piano della scrit- e a polemizzare nei racconti contro la stessa arte del paesaggio:
tura. La storia della letteratura ci insegna che questa è un’ossessione
molto diffusa, come, per converso, la storia della pittura è piena di O mi perfeziono di quadro in quadro, e allora alla mia morte ci sarà solo
autobiografie in forma di parola. un mio quadro, al quale avrò infatti appena lavorato prima della morte, perché
tutti gli altri saranno stati bruciati; oppure salgo rapidamente in alto e non
Vi è infine un altro campo tematico e formale che lega pittura e
dipingo altro che capolavori, e allora alla mia morte ci saranno quei quindici
letteratura soprattutto nell’Ottocento: la questione del paesaggio e, carri a due cavalli pieni di miei quadri…36.
con esso, della natura o del setting “naturale” della narrazione.
Nell’Ottocento (e nel Novecento con la neoavanguardia del ro- Ma il risultato finale è comunque l’astrazione quasi totale dei
man du regard) si combatte una vera e propria sfida poetologica tra “chiari di luna” che ossessivamente si ripetono negli anni Cinquanta
le due arti: la pittura di paesaggio e la descrizione realistica del pa-
esaggio. È una contesa con la natura e con il mondo – quella che la
storia letteraria ha spesso semplificato in una visione del “realismo” 32 Cfr. almeno Adalbert Stifter. Der Schriftsteller als Maler, a cura di Adalbert-Stifter-

Gesellschaft Wien, Holzhausen, Wien s. d.; M. Sturm, J. Lachinger (a cura di), Adalbert
Stifter. Un mondo terribilmente bello, Medus, Merano 1996; A. Stifter, Saggi e note di let-
26 Sulla genesi del disegno del Gendarmenmarkt cui si deve la genesi del racconto ri- teratura ed arte, a cura di A. M. Roli, Agorà edizioni, Sarzana 2004; M. L. Roli (a cura di),
mando al mio (con A. Montandon), Vedere. Lo sguardo di E. T. A. Hoffmann, :duepunti, Adalbert Stifter. Tra filologia e studi culturali, CUM, Milano 2001; M.L. Roli, Arte e scienza
Palermo 2009 dove è indicata l’ulteriore bibliografia sull’argomento. nella scrittura visuale di Stifter, University Words-Lumières Internationales, Lugano 2007.
27 Si veda lo studio di U. Harbusch, Das Dichterhaus. Einblick und Ausblicke, in U. Har- 33 Cfr. ad esempio Il giardino della fabbrica a Schwadorf (1835 ca.) o L’abbazia di

busch, C. Feilchenfeldt (a cura di), Auf einem anderen Blatt. Dichter als Maler, cit., p. 55. Kremsmünster (1823-25) (Adalbert Stifter. Der Schrifsteller als Maler, cit., pp. 29, 36).
28 Ivi, p. 54. 34 Ad esempio Studio di nuvole (1840 ca.) e Motivo dal Neuwaldegg (1840 ca.) (ivi,
29 Ivi, p. 59 pp. 43, 50)
30 Ivi, p. 65 35 M. L. Roli, Arte e scienza nella scrittura visuale di Stifter, cit., p. 201.
31 Ivi, p. 66, ma se ne può vedere una testimonianza filmica dello stesso Cocteau all’in- 36 A. Stifter, Werke und Briefe. Historisch-kritische Gesamtausgabe, a cura di A. Dop-

dirizzo: www.ubu.com/film/cocteau.html. pler, W. Frühwald, H. Laufhütte, Kohlhammer, Stuttgart-Berlin-Köln 1978, vol. 3.2, p. 30.
58 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 59

dell’Ottocento e l’enigmatica ieraticità degli ultimi studi sulle pietre, ricostruire la filosofia della natura stifteriana se non per segnalare
“nature morte” sui generis cui Stifter affida in fin dei conti l’ultima il dato ultimo della cultura visiva dell’autore ormai completamen-
sua mistica: «Sono intenzionato a leggere nel libro di Dio e le pietre, te votata ad un naturalismo mistico nella migliore tradizione della
i fiori, l’aria e le stelle sono le sue lettere»37. Naturphilosophie tedesca dove il paesaggio e con esso le sue com-
È sintomatico che la critica non abbia saputo sciogliere il nodo ponenti, fino alla più insignificante pietra, sono lo specchio in cui
problematico di queste opere. Si tratta infatti di variazioni su imma- si riflette non solo ogni teoria della natura ma anche ogni istanza
gini di pietre, macigni e massi isolati il cui titolo paradossale è Mo- realistica di rappresentazione.
vimento I e II (Die Bewegung I-II)38 che solo parzialmente possono
essere spiegate facendo riferimento all’acqua che in natura avrebbe
circondato queste pietre e che Stifter stesso cercava di riprodurre in 2. Produzioni doppie
casa immergendole in recipienti pieni. Qui non è in gioco alcun reali-
smo della rappresentazione. Le pietre – esattamente come ci insegna Esistono dunque “produzioni doppie” anche se raramente si rie-
la raccolta di Pietre colorate (Bunte Steine) (1853) – sono semmai i sce a distinguere nei singoli autori tra le due vocazioni. Anche quan-
semiofori di esperienze che riguardano l’universo, anzi l’essenza alfa- do “l’altra” arte viene rimossa, dimenticata o semplicemente consi-
betica del mondo. Per questo Stifter poté insistere per ben undici anni derata come un divertissement40, non si può e non si deve escludere
sulle versioni di Movimento. la profonda interazione che comunque avviene tra le due visioni.
A metà Ottocento titoli come La serenità (Die Heiterkeit), L’ane- Certo in autori come Johann Wolfgang Goethe, William Makepeace
lito (Die Sehnsucht), Il passato (Die Vergangenheit) e Il Movimento Thackeray, Sylvia Plath o Henry Miller le due forme di espressione
(Die Bewegung) hanno fatto pensare a una svolta simbolista, alla sembrano percorrere strade parallele, solo raramente intersecantesi,
raffigurazione di stati d’animo soggettivi. Interpretazione corretta ma è evidente che la “doppia vita” di questi artisti41 – come abbiamo
purché ci si intenda sul significato di questa simbolizzazione: quali ribadito – è poco più che una convinzione psicologica più o meno
che siano stati i soggetti di questi dipinti, la luna come le pietre, inconscia e che compito del critico è semmai vedere, al di là delle
non si tratta di fantasie intime, dunque di allegorie, ma della con- apparenze e spesso di gesti apertamente iconoclasti, la concrescenza
vinzione che ogni singola pietra sia anche cosmicamente connessa delle due produzioni.
a uno stato dell’animo e della natura. Il “movimento” può dunque
essere naturalisticamente “dentro” una pietra – e del resto un Na-
40 È il caso di opere solo apparentemente casuali ma in realtà dettate da un impulso alla
turphilosoph come Stifter non poteva non immaginare il mondo
rappresentazione non meno forte di quello che muove alla scrittura. Si pensi ai rari disegni
come un unico grande organismo capace di sistole e diastole – e la di Friedrich Schiller che, pur nella loro occasionalità, oltre a testimoniare di un discreto ta-
pietra a sua volta partecipare del movimento del cosmo come tutti lento nella tecnica dell’acquerello, costruiscono un mondo fantastico d’inusitato impatto [K.
gli altri esseri del creato39. Nel contempo la pietra è proprio per Böttcher, J. Mittenzwei (a cura di), Zwigespräch. Deutschsprachiger Schrifsteller als Maler
und Zeichner, cit., pp. 67 e sgg..; delle belle riproduzioni a colori si trovano adesso in J.
questo una forma di spersonalizzazione e di fuga dalla soggettività
Wertheimer, Schillers Spieler und Schurken, konkursbuch Verlag Claudia Gehrke, Tübingen
tipiche dell’ultimo Stifter. Tuttavia qui ovviamente non ci interessa 2005]. Lo stesso si è potuto osservare per Kafka fino a quando non ci si è resi conto che non
si trattava di disegni occasionali ma di un piano molto più complesso di cui ancora ci sfugge
la portata effettiva, soprattutto per via della disastrosa condizione in cui ci giungono gli
37 A. Stifter, Il castello dei pazzi, introduzione, traduzione e nota di P. Colombo, Jac- schizzi, purtroppo separati dai manoscritti da un fin troppo solerte Max Brod.
ques e i suoi quaderni, Pisa 1992, p. 56. 41 Serge Linares si ostina a distinguere nella sua tassonomia gli scrittori che produco-
38 Adalbert Stifter. Der Schrifsteller als Maler, cit., pp. 59 e sgg. no opere figurative «sans rapport textuel», citando Jacques Audiberti, Roland Barthes,
39 W. Weiss, Zu Stifters Doppelbegabung, in W. Rasch, Bildende Kunst und Litera- Federico Garcia Lorca, Günter Grass e altri. Come si vede dalla lista un’ipotesi del tutto
tur. Beiträge zum Problem ihrer Wechselwirkungen im neunzehnten Jahrhundert, Kloster- insostenibile [Passages de ligne, in S. Linares (a cura di), De la plume au pinceau. Écrivains
mann, Frankfurt a. M. 1970, p. 112. dessinateurs et peintres depuis le romantisme, cit., p. 8].
60 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 61

La questione di una distinzione delle due sfere della creatività è La storia del “doppio talento” soprattutto in epoca moderna è poi
resa infatti difficile dalle vicende biografiche di molti autori della let- costellata di sintesi particolarmente importanti per la storia dell’evo-
teratura che iniziano (e a volte finiscono) la propria attività dedi- luzione dei generi letterari ed artistici. Si pensi, da un lato, alla logica
candosi professionalmente alla pittura e al disegno, formandosi in dell’illustrazione e, dall’altro, alla creazione di forme miste come il
accademie di belle arti (è il caso di Nikolai Gogol come di Günter fumetto per le quali possono essere ricostruite genealogie di tutto
Grass) e sottoponendosi a un apprendistato artistico tutt’altro che rispetto. Soprattutto nell’Ottocento si moltiplicano i casi di scrittori
secondario (come Alexander Puškin, Hans Christian Andersen e, in che decidono di “illustrare” le proprie opere, anche grazie alla dif-
fondo, anche lo stesso Goethe “allievo” di Jakob Philipp Hackert e di fusione e semplificazione delle tecniche dell’incisione. Nascono dei
Charles Gore!) o comunque praticando la pittura e la critica artistica piccoli capolavori, qualche volta dimenticati, come le illustrazioni di
per tutta la vita (si pensi a Théophile Gautier o Jules de Goncourt). Lewis Carroll, di Thomas Hardy, di Alfred Jarry, di Mark Twain, di
Sintomatico, e comunque tutto da spiegare, è poi il caso di autori che Rudyard Kipling, di Edward Lear e di Paul Valéry44. Una storia, quel-
si sono immaginati all’inizio della propria carriera come pittori – è la dell’illustrazione, che contiene anche i suoi paradossi se si pensa
il caso di Gottfried Keller o di Pierre Loti – e si sono infine dedicati che la parte grafica ha un peso mano a mano diverso rispetto al testo,
quasi esclusivamente alla letteratura dopo laceranti approfondimenti finendo per prevalere fino all’estinzione di quest’ultimo, come dimo-
della loro vocazione. Tra questi paradigmatica è la vicenda dell’oggi stra Scrivere (2007) di Daniel Pennac45, in cui l’autore rende visibile
dimenticato Bruno Apitz che a Buchenwald prepara maschere mor- “l’involuzione” dalla lettera al pittogramma e racconta una storia
tuarie in gesso dei suoi compagni annientati dalle SS e le usa come quasi esclusivamente attraverso le immagini. Ancora più rilevante
modello per scolpire in legno e disegnare oggetti di cui le guardie si sul piano degli sviluppi delle forme iconotestuali è la genealogia del
appropriano e fanno paradossale commercio. Dopo il 1945 Bruno fumetto, un genere caparbiamente praticato da scrittori eccezionali
Apitz si dedicherà alla scrittura allontanandosi dalla propria testimo- come Rodolphe Töpfner, Wilhelm Busch, fino al nostro Buzzati.
nianza figurativa dell’orrore dei campi di concentramento42. Esisto- Né meno significative vanno considerate le innovazioni che alcuni
no peraltro casi opposti – si pensi a Pierre Klossowski e Eugène Ione- scrittori hanno introdotto sul piano della “tecnica” pittorica propria-
sco – che alla fine della loro carriera o in periodi di crisi si dedicano mente detta. Si pensi alle “dendriti” di George Sand, alle Kleckso-
pressoché esclusivamente alle arti figurative. graphien di Justinus Kerner o agli sperimentalismi “macchiaoli” di
Non va inoltre trascurato, in una valutazione del “doppio talen- Victor Hugo46 i quali non solo sviluppano la tecnica dell’acquerello
to”, non solo l’aspetto biografico, cui abbiamo accennato, e dunque ma si attestano tra le prime esperienze di scrittura/pittura automati-
l’incidenza dell’esperienza figurativa nella vita dei singoli scrittori, ca che solo a distanza di parecchi decenni troveremo al centro delle
ma anche il banale dato quantitativo che, in molti casi, non giustifica poetiche surrealiste.
la collocazione di un autore in un unico canone artistico. Si pensi Ma ancor più che l’armonia tra le due “funzioni”, tra i due media,
a Wilhelm Busch che lascia più di novecento dipinti o allo stesso è interessante studiare le significative dissimmetrie tra le due voca-
Adalbert Stifter di cui ce ne rimangono un centinaio, o agli ottocen- zioni, soprattutto quando esse tendono a configurarsi come separate
to quadri di Carlo Levi, testimonianze chiare di un impegno durato esperienze creative. Si pensi al caso straordinario di Victor Hugo, cer-
tutta una vita43. to un avanguardista pure nella sua produzione letteraria – nonostan-

42 K. Böttcher, J. Mittenzwei (a cura di), Zwigespräch. Deutschsprachiger Schrifsteller 44 La storia dell’illustrazione di opere proprie e altrui ha enorme valenza poetologica.

als Maler und Zeichner, cit., pp. 312 e sgg. Si consideri, per esempio, l’attività di illustratore delle proprie opere di Hoffmann.
43 Non a caso la riscoperta dei disegni di alcuni autori, a cominciare dallo stesso Go- 45 D. Pennac, Scrivere, trad. it. di I. Riva Macerata, Archinto, Milano 2008.

ethe, ha costretto a una profonda revisione della sua evoluzione artistica, tanto è vero che 46 Com’è noto Victor Hugo usa la cenere, macchie di caffè e altri “pigmenti” inusuali

Gerhard Femmel ha potuto pubblicare un Corpus der Goethe-Zeichnungen. nei suoi acquarelli.
62 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 63

te il cliché lo voglia scrittore del suo tempo – ma indubbiamente un musica e la letteratura, non possiamo eludere le questioni intermediali
visionario sul fronte della produzione pittorica47. Le sue “macchie” che, per esempio, ci pone un autore come Strindberg la cui esperienza
e le sue “astrazioni” sono da studiare, molto più che Il capolavoro visiva è fatta di scelte pittoriche e fotografiche53.
sconosciuto (1831, 1847)48, nel contesto dei sommovimenti della pit-
tura europea alla fine dell’Ottocento e nel pieno Novecento.
Altri casi sintomatici in cui prevale l’impulso verso un vertiginoso 3. Concrescenza genetica
sperimentalismo figurativo sono le cupe raffigurazioni postturneriane
di August Strindberg49 e le accecanti pennellate di Wilhelm Busch50, La formula del “doppio talento” descrive dunque un fenomeno
in cui si delinea un uso del colore che ormai prefigura gli esperimenti che va dal mero livello “biografico” e attiene alla vita di artisti che si
materici di Van Gogh e del tardo espressionismo astratto. In entrambi i sono espressi nelle due forme e che le hanno lasciate interagire a più
casi non si sa se guardare in avanti, verso le avanguardie, o all’indietro, livelli, alla questione, parecchio più complessa, della (co)genesi delle
negli abissi figurativi di Caspar David Friedrich e di Joseph Mallord loro opere. Val la pena di sottolineare che qui intendiamo porre al
William Turner. Resta evidente però la dimensione visionaria di queste centro della riflessione soprattutto la “genesi” delle opere letterarie,
prove51. Lo stesso si può dire, e a maggior ragione, anche per i disegni spesso davvero inestricabilmente connessa ai due media, perché nel
a margine di Kafka che Jaqueline Sudaka-Bénazéraf ha ricondotto al caso di opere doppie verbo-visuali – per esempio le opere di Blake
“burlesco cinematografico”52 di cui l’autore si è certamente nutrito, o di Rossetti – ci spostiamo decisamente nell’ambito specifico delle
ma che certamente esibiscono una singolare simpatia figurativa per la “forme miste” che pongono questioni del tutto diverse54.
tragica e dolorosa umanità di un Egon Schiele e dell’espressionismo Lo studio del “doppio talento” ha infatti un significato parti-
estremo di Alfred Kubin. Qui la distinzione tra un canone della lette- colare proprio nella fase della genesi dell’opera55. Anche perché ci
ratura e un canone della storia dell’arte mostra tutta la propria inade- consente un’incursione nel territorio proprio in cui si incontrano e
guatezza anche perché su entrambi i fronti si obliterano esperienze che confliggono le rappresentazioni visuali e verbali. Da questo punto
non è possibile trascurare e che dimostrano la concrescenza tra due o di vista la genetica testuale56 – così come si è sviluppata soprattutto
più media. Se siamo stati disposti ad ammettere tali convergenze tra la
53 Si pensi alle “celestografie” in cui cercava di immortalare il cielo e le stelle, o agli

ossessivi autoritratti degni di una sequenza alla Rembrandt.


47 Si cfr. Victor Hugo pittore, Mazzotta, Milano 1993; Victor Hugo. “Caos en el pin- 54 È evidente infatti che si può individuare una “concrescenza genetica” delle opere

cel…”. Dibujos, Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid 2000; E. -G. Güse, Victor Hugo: Vi- letterarie e figurative senza che si arrivi ai generi “misti” dell’iconotesto e dell’iconismo.
sionen eines Schriftstellers, Hatje Cantz Verlag, Ostfildern 2008; D. Harth, F. Chomard (a Cfr. M. Cometa, Letteratura e arti figurative: un catalogo, cit., passim.
cura di), Tintenauge und Schattenmund. Victor Hugos Zeichnungen, Hatje Cantz Verlag, 55 Purché si comprenda ovviamente che non si tratta solo della genesi contestuale e sin-

Ostfildern 2008; G. Didi-Huberman, L’immanence figurale: Hypocondrie et morphologie cronica di opere verbali e figurative o di riflessioni sull’intreccio di rappresentazioni che esse
selon Victor Hugo, «Cahiers du Musee National d’Art Moderne», 85 (2003), pp. 90-120. costituiscono o auspicano. Vi sono infatti casi eclatanti di “asincronie” non meno significative
48 Sulla tradizione del “capolavoro sconosciuto” si veda l’ormai classico H. Belting, Das dal punto di vista della prassi letteraria e della teoria come nel caso di Max Aub che dapprima
unsichtbare Meisterwerk. Die modernen Mythen der Kunst, C. H. Beck, München 1998. crea letterariamente le opere pittoriche del mai esistito pittore cubista José Campalans e solo
49 P. Hedstrom, D. Feuk, E. Hook, A. Lalander, G. Soderstrom, Strindberg. Painter and in un secondo momento le realizza su tela e ne organizza la circolazione con mostre, catalo-
Photographer, Yale University Press, Yale 2001. ghi, critiche. Aub si configura dunque come un “doppio talento” sui generis per il quale i due
50 Su Wilhelm Busch si vedano almeno: Aa.Vv., Wilhelm Busch. Malerei Zeichnungen momenti della creatività letteraria e pittorica sono differiti nel tempo ma tuttavia alla fine ci
Bildergeschichten, Verlag Christian Brandstätter, Wien-München 1998. troviamo di fronte a una straordinaria strategia intermediale in cui entrano in gioco, sia pure in
51 M. Hübl, Gemischtes und ungemischtes Doppel. Maler und Literaten zwischen den tempi diversi, èkphrasis e pittura concentrate, per così dire, in un unico artista. Su Max Aub e
Künsten, «Kunstforum», 140 (1998), pp. 72-83. l’èkphrasis rimando al mio La scrittura delle immagini. Letteratura e cultura visuale, cit.
52 J. Sudaka-Bénazéraf, Franz Kafka: de la main qui dessine à la main qui écrit (la carica- 56 Si vedano i lavori promossi ormai da molti anni dall’ITEM (Institut des textes &

ture véhiculé du burlesque dans quelques récits de Franz Kafka, in S. Linares (a cura di), De la manuscrits modernes) (www.item.ens.fr) e in particolare la rivista «Genesis» che ne è l’or-
plume au pinceau. Écrivains dessinateurs et peintres depuis le romantisme, cit., pp. 241-258. gano principale.
64 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 65

in Francia – potrebbe consentire passi da gigante alla comparatistica Ci troviamo qui di fronte ad uno studio del “doppio talento” come
letteraria, recuperando tutto quel patrimonio di immagini di cui sono campo in cui verificare la concrescenza delle due forme espressive, la
costellati i manoscritti degli scrittori e che quasi mai sono delle sem- loro reciproca collaborazione e cogenesi. Ciò ci permette di progettare
plici digressioni ludiche57. una “poetica del testo” tenendo conto sia di una “poetica della scrit-
Anche se nella fase successiva della pubblicazione delle opere tutto tura” sia di una “poetica del disegno”, un campo di studio che riserva
questo materiale “genetico” viene rimosso e negato (non sempre per straordinarie sorprese come ha dimostrato la critica genetica.
volontà degli autori stessi), quasi fosse il precipitato muto di esperienze Un caso particolare di concrescenza genetica è quello rappresenta-
che appunto non giungono alla parola, è evidente che ci troviamo qua- to dalla calligrafia o dalla pseudoscrittura, molto diffusa nelle avan-
si sempre nel contesto di quell’«image dans la fabrique» che Philippe guardie pittoriche ovviamente, ma rigorosamente pensata da autori
Hamon ha giustamente indicato come uno degli snodi ineludibili di decisivi come Henri Michaux59 o, con implicazioni che sconvolgono
una teoria della rappresentazione letteraria e visuale a un tempo. la semiotica del testo, dallo stesso Roland Barthes60.
Si pensi al ruolo decisivo dei disegni nei manoscritti di Gottfried È questo un campo che non solo ripropone l’irriducibile simbiosi
Keller, perennemente indeciso sulla sua vocazione di pittore o di scrit- – anche sul piano antropologico – di verbale e visuale, ma costringe
tore, agli straordinari schemi ai margini dei manoscritti di Friedrich a tutta una serie di considerazioni sulla genesi delle forme di scrittura
Hölderlin, agli schizzi di Franz Kafka o di Paul Scheerbart, degni di ma anche – ed è questa la prospettiva più affascinante – sulla genesi
figurare rispettivamente tra le massime espressioni del nichilismo e del disegno, quasi i due media fossero, com’è del resto plausibile sulla
del surrealismo figurativo del Novecento. base dell’indagine etnografica, il prodotto di un’unica evoluzione.
Gli esempi potrebbero moltiplicarsi all’infinito, e solo adesso la Roland Barthes ha peraltro sviluppato, nei suoi disegni, anche le pos-
critica e la storiografia letteraria cominciano a fare le prime timide sibilità del colore e non solo del segno grafico. E Pierre Klossowski, negli
incursioni in un campo problematico, soprattutto perché il “doppio stessi anni, attribuiva proprio alla «scoperta del colore» la perdita di
talento” coerentemente esercitato produce alla fine “opere doppie” ogni interesse per la scrittura61. Anche in questi casi – a quali si potreb-
(cioè iconotesti e iconismi) che stentano a entrare nel canone letterario bero aggiungere le sperimentazioni calligrafiche di autori come Rudyard
soprattutto in epoca moderna. È evidente però che il successo di forme Kipling o André Masson – il passo verso la poesia visiva è breve.
iconotestuali come i fototesti, caparbiamente praticati nel Novecento Proviamo dunque a isolare nel territorio vastissimo della “con-
e ancora oggi al centro della creatività letteraria, comporteranno una crescenza genetica” due casi paradigmatici anche se non esaustivi
radicale modificazione del conservatorismo teorico-letterario58. di tutte le potenzialità di collaborazione/contesa nel momento della
genesi delle opere letterarie: Peter Weiss62 e Friedrich Dürrenmatt63.
57 Oltre alla valenza “genetica” di questi disegni, scarabocchi, festoni, piante, mappe etc.

oggetto specifico della critica genetica, va considerata un’altra questione teorica di prima- Per una definizione del fototesto novecentesco, in F. Fiorentino (a cura di), Brecht e i me-
ria importanza: la transizione dalla linea della scrittura al disegno, questione essenziale per dia, Quodlibet, Macerata 2013, pp. 135-163.
comprendere non solo opere “grafiche” di rilevante impatto come quelle di Henri Michoux, 59 Cfr. L. Müller, Nadja und der Minotaurus. Über Schriftstekker und Malerei im 20.

ma anche le innumerevoli varianti di “calligrafie” prodotte dagli scrittori che costituiscono Jahrhundert, in U. Harbusch, C. Feilchenfeldt (a cura di), Auf einem anderen Blatt. Dichter
una forma particolare di queste transizioni dal verbale al figurativo. Giustamente Bernard als Maler, cit., pp. 21 e sgg.
Voilloux ha parlato del peculiare “féticisme de l’écriture” che attraversa il Novecento con i 60 A. Bonito Oliva (a cura di), Roland Barthes. Intermezzo, Skira, Milano 2004.

suoi alfabeti immaginari, con le pseudoscritture (ai limiti della poesia visiva). Cfr. Passages 61 Passages de ligne, in S. Linares (a cura di), De la plume au pinceau. Écrivains dessi-

de ligne, in S. Linares (a cura di), De la plume au pinceau. Écrivains dessinateurs et peintres nateurs et peintres depuis le romantisme, cit., pp. 16 e sgg.
depuis le romantisme, cit., p. 25. Sulla calligrafia in rapporto alla letteratura moderna si veda 62 P. Drougge (a cura di), Peter Weiss. Maleri Collage Teckning, (1933-1960), Suon-

almeno A.-M- Christin, L’image écrite ou la déraison graphique, Flammarion, Paris 2001. dertälje Konsthall, Stockholm 1976; R. Hoffmann, Peter Weis. Malerei Zeichnungen Col-
58 Sulla teoria del fototesto rimando a due miei saggi: Fototesti. Per una tipologia lagen, Henschelverlag Kunst un Gesellschaft, Berlin 1984.
dell’iconotesto in letteratura, in V. Del Marcio, I. Pezzini (a cura di), La fotografia. Oggetto 63 Cfr. F. Dürrenmatt, Dipinti e disegni, Edizioni Casagrande, Bellinzona 2003. Su

teorico e pratica sociale, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2011, pp. 63-101; Kriegsfibel. Dürrenmatt pittore esiste addirittura un sito: www.duerrenmatt.net.
66 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 67

Due dei primi romanzi di Weiss, Congedo dai genitori e Punto di Grazie ai romanzi l’eco pallida di queste prime opere ci giunge in
fuga possono essere letti come un unico “ritratto dell’artista da giova- èkphrasis scarne che però ci permettono di illuminare almeno lo svi-
ne” e pertanto appaiono totalmente attraversati dall’endiadi autobio- luppo del periodo di esilio a Stoccolma, quando le suggestioni della
grafia/autoritratto. Si tratta in fondo di Malerromane così come ce li pittura e della drammaturgia nordica si fanno più chiare. Il Concerto
consegna la tradizione tedesca, laddove la pittura è però concepita non in giardino (1938), di cui ci rimane solo una sbiadita fotografia e
come un caso privato ma come una forma soggettiva di resistenza, al un frammento (sottratto ai colpi d’ascia della madre), è l’epitome di
potere della famiglia prima, e al potere hitleriano poi. L’emigrazione, questa atmosfera tra Munch e Strindberg: «Vedeva raffigurato anche
cui pure la famiglia Weiss fu costretta, si rivela fatale per il mestiere me, seduto al cembalo in giardino tra i suonatori, con un’espressione
di pittore e non è un caso che la prima grande cesura nella formazio- distorta nel viso, un ricoverato al manicomio»67.
ne dell’artista da giovane sia rappresentata dalla distruzione delle sue I quadri svolgono però nel primo Weiss una funzione essenziale,
acerbe prove figurative per mano della madre terrorizzata: al di là delle scelte tematiche. Sono infatti l’unico luogo, per quando
distortamente fantastico, in cui gli è concesso di vivere68 e, quando
Facendo lo sgombero per partire li aveva portati in cantina, li aveva spezza- Hermann Hesse – al quale Weiss si era rivolto proprio chiedendogli
ti con un’accetta e bruciati nella stufa. Giustificò questa distruzione come una di scegliere per lui tra il pittore e lo scrittore – lo incoraggia a segui-
misura di sicurezza. Aveva avuto paura che i miei quadri tristi e tetri, risveglias-
re la propria vocazione figurativa, il dado è tratto e dopo il celebre
sero sospetti negli ufficiali di dogana. Aveva salvato casa e famiglia, e i quadri,
manifestazione di una malattia, avevano dovuto essere sacrificati… Mia madre soggiorno a Montagnola con il grande poeta, l’artista vede nell’Ac-
aveva distrutto il mondo pittorico della mia giovinezza, quelle danze macabre, cademia di Praga il necessario compimento del proprio destino. Un
quelle apocalissi e quei paesaggi di sogno, l’aveva distrutto con le sue mani64. destino in cui è possibile riconoscere molte fasi della pittura europea
del Novecento che – come l’archetipo dell’Altare di Pergamo – segna-
L’ispirazione di Weiss s’inserisce precocemente nell’alveo della pro- no in parallelo tutte le fasi della sua evoluzione come scrittore.
testa espressionista. La Neue Sachlichkeit del primo Weiss è infatti sa- Chiare le suggestioni che attraversano il suo trentennale confron-
tura di motivi che provengono dall’Espressionismo pittorico come nel- to con la pittura: dalle atmosfere bruegheliane e boschiane della pri-
la visione Le macchine attaccano gli uomini (1935) o dall’apocalittica ma ora69, intervallate dalla statuaria e gelida fissità nordica che tra-
medievale e barocca confluita ne Il grande teatro del mondo (1937). spare in quadri come Uomini in un metrò (1934) e L’autoritratto tra
In Congedo dai genitori del resto si legge: la morte e la sorella (1935), all’infatuazione cubista degli anni della
guerra, fino ai collage ernstiani dei tardi anni Cinquanta70. All’inizio
Descrissi a Jacques le mie visioni di paesaggi apocalittici pieni di incendi, di della sua attività di scrittore il rapporto tra testo e immagine è addi-
animali in fuga, di annegati, di città in rovina, le mie visioni di uomini crocifissi rittura esplicito perché accompagna le sue prime prove letterarie con
e fustigati, di spaventosi ghigni e di seducenti volti di donna65.
collage à la Ernst71. Grazie a questi collage si comprende che il pro-
blema di Weiss è assemblare storie che non si riducano all’immediata
E in Punto di fuga, il secondo romanzo, Weiss rivela addirittura le
associazione con i modelli quattro e cinquecenteschi e con gli antichi
sue fonti, nonostante questo gli sembri una tacita accettazione della
maestri tedeschi. I collage sono la prova che Weiss ha ormai meta-
cultura che aveva prodotto anche Hitler: «Io ero attirato da pittori
come Cranach, Baldung Grien, Bosch, Brueghel, Klee, Nolde»66.
67 Ivi, p. 137.
68 Ivi, p. 146.
64 P. Weiss, Congedo dai genitori e Punto di fuga, trad. it di F. Manacorda e U. Gim- 69 R. Hoffmann, Peter Weis. Malerei Zeichnungen Collagen, cit., p. 58.

melli, Einaudi, Torino 1967, p. 105. 70 P. Drougge (a cura di), Peter Weiss. Maleri Collage Teckning (1933-1960), cit., pp.
65 Ivi, p. 83. 44 e sgg.
66 Ivi, p. 119. 71 R. Hoffmann, Peter Weis. Malerei Zeichnungen Collagen, cit., pp. 146 e sgg.
68 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 69

bolizzato le tecniche dell’avanguardia, e il montage in particolare, Innanzitutto, dal punto di vista tematico, essa resta al centro della
che non solo ispirano alcuni dei suoi film degli anni Cinquanta ma si sua attività di scrittore fino all’ultima opera, L’estetica della resisten-
realizzano pienamente, com’è noto, nei suoi lavori teatrali. za (1975-1981), che peraltro si ricongiunge idealmente alle prime
I collage à la Ernst inseriti nell’edizione svedese de L’ombra del grazie alla citazione di un archetipo come l’Altare di Pergamo. Né
corpo del cocchiere (1960), pubblicati anche nell’edizione italiana72, vanno dimenticate le importanti retrospettive del 1976, 1977, 1978
sono l’esempio più maturo da un lato del tentativo di “illustrare” il e 1980, segno evidente che il rapporto con la pittura non è mai stato
testo, dall’altro dettano al testo un ritmo che è quello dell’assemblag- interrotto. Il fatto che il successo davvero universale dello scrittore
gio delle immagini. e del drammaturgo oscuri più di trent’anni di attività pittorica nulla
La poetica di Weiss si muove chiaramente nell’orizzonte surrea- toglie al dato fondamentale che tutte le opere di Weiss, sia quelle pit-
lista dell’associazione tra oggetti disomogenei, qualcosa di più però toriche sia quelle letterarie, ruotino intorno agli stessi temi e motivi.
della libera associazione, la ricerca semmai di analogie nascoste e in- Ma soprattutto si condizionano reciprocamente sul piano formale.
visibili che il gesto surrealista intende esaltare. Così assistiamo a una Esemplare è il caso del postumo Inferno, scritto nel 1964, e che
vera e propria “omologia strutturale” tra testo e immagine. Anche costituisce certamente il precipitato letterario proprio delle sue prime
il testo infatti esce profondamente trasformato da una tecnica che (e definitive) intuizioni pittoriche, gli inferni breugheliani e boschia-
mima il montaggio surrealista: ni, oltre che della costante ricezione dei primitivi italiani.
Ovviamente non è questo il luogo per un’interpretazione capillare
Allora mi alzai e mi accostai a lui e avvicinai l’orecchio alla sua bocca ed di questa esperienza intermediale. Tuttavia va ribadito il fatto che
ora potei indovinare dai suoi respiri e movimenti di lingua queste parole, pia- la “rimozione” del Weiss pittore è fatale anche per l’interpretazione
ghe non guariscono, per quanto io tagli, scavi profondo, fino alle ossa, coltelli
dello scrittore, del filmmaker e del drammaturgo. Inoltre una consi-
stridono su ossa, raschiano, spezzano, è ancora più profondo, sbendare, tutta
la notte, tutta la notte veglia, sempre altro sangue, altro pus, e vanti, giù sul derazione più meditata delle sue opere pittoriche sconfigge il cliché di
braccio, poi più in alto, quassù, ascella, omero, bollire l’acqua, articolazione, un appiattimento della sua ispirazione su quelle degli antichi maestri,
slogatura, bendare, trovare, fino alle costole, nel petto, in fondo al petto, sco- o di Picasso e di Ernst. D’altronde non è difficile trovare nei quaderni
prire il cuore, lobi polmonari, ossa, ingessare i malleoli, segare, scopare, intor- di appunti continue oscillazioni sulla propria vera missione artistica e
no ai peroni, tibi, squarciate, tendini, ingessare il ginocchio, coscia, in fondo al si può dire, anzi, che prevale spesso la consapevolezza d’essere pitto-
basso ventre, due vasi di pus e di sangue, avanti in furore, e adesso…73.
re pur mantenendo un sostanziale scetticismo sulle capacità rappre-
sentative di entrambi i media:
Un ritmo e un’accumulazione che il sesto atlante di immagini pubbli-
cato nel romanzo riprende graficamente e amplifica semanticamente74. Sempre pittore prima di tutto, per quanto i quadri contengano un eccesso
Le sperimentazioni figurative sustanziano dunque tutta la sua at- di associazioni mentali, e antagonismi psicologici, filosofici e politici. Sempre
tività di scrittore. Non tanto sul fronte tematico, quanto su quello possono essere espressi solo in questi colori, in questo gioco di forme, non
formale. Non bisogna infatti fare l’errore di credere che il rallen- nella poesia che si rotola pesantemente, nel saggio dotto, nei duelli verbali di
tamento, per altro tutto da dimostrare, della sua attività esplicita un dramma. – I movimenti violenti sono là, i gesti espressivi, le considerazioni
problematiche una dopo l’altra, e tuttavia regna il silenzio, il silenzio nella pit-
di pittore e illustratore, che grosso modo si fa risalire ai primi anni
tura. Non vengono rappresentate catene di accadimenti, ma stati, stati in cui
Sessanta, coincida con un’abiura della pittura. è costretto un epos intero, silenzioso, per poi diventare nei volumi di pensiero
dello spettatore un movimento turbolento…75.
72 P. Weiss, L’ombra del corpo del cocchiere. Microromanzo, trad. it. di B. Bianchi,

Feltrinelli, Milano 1968. 75 P. Weiss, Buch 24 (15.06.1972-22.09.1972), in Idem, Die Notizbücher. Kritische
73 Ivi, p. 62. Gesamtausgabe, a cura di J. Schutte in collaborazione con W. Amthor e J. Willner, Digitale
74 Ivi, p. 83. Bibliothek 149 (cd-rom), p. 65.
70 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 71

Ma ancor più che lo scetticismo l’utopia di un’opera d’arte totale «campo di battaglia»78 in cui si scontrano le idee letterarie, il set-
guida le riflessioni estetiche di Weiss, come quando nel 1961 scrive: ting mentale e materico, in cui maturano le sue narrazioni, anzi una
messa in scena del momento pregnante – per dirla con Lessing – che
Sin dall’inizio non sono stato “poeta” o “pittore”, ma tutto, anche “musi- sintetizza la storia o la psicologia di un personaggio. Per Dürrenmatt
cista”. Il cinema derivò dalla pittura. Tutti i media sono nelle immediate vici- l’arte figurativa ha la forza di concentrare in un unico momento uno
nanze. Ho solo la difficoltà di scegliere. Per scegliere bene devo chiarire a me
sviluppo drammaturgico. Come per Lessing essa ci fa immaginare
stesso cosa voglio dire. In questa situazione vi è sempre l’ombra della confu-
sione, perché non solo tutti gli strumenti si accalcano, ma contengono anche ciò che è accaduto prima e ciò che sarà dopo il momento congelato
numerose alternative in sé e per sé. Io mi trovo sempre sulla soglia di un’opera nel tempo che essa rappresenta. E tuttavia questo momento è unico e
d’arte totale in cui parola, immagine, musica e movimenti filmici sono indivi- perfetto e costituisce il presupposto necessario della futura dramma-
sibili, in cui non vi sono stadi singoli e compiuti, ma solo un continuare, un tizzazione verbale nell’opera letteraria.
riprendere, un variare e un modificarsi dei segni della mia esistenza76. È singolare – ma ovviamente spiegabile – che anche Dürrenmatt
dia sfogo alle sue visioni infernali come Weiss, sintomo fin troppo
Ancora nel 1972 Weiss fa il punto sulla propria carriera elencando, trasparente di un’apocalittica che entrambi consideravano la vera
come spesso nelle sue opere in prosa, i maestri e le fonti di ispirazio- piega della storia moderna. Anche per Dürrenmatt si tratta della
ne. Vi è un’opera che precede di poco l’esordio letterario, Galleria di riscoperta di un mondo medievale, al più tardi quattro-cinquecen-
Persone (1959)77, che forse andrebbe riletta non come l’esaurirsi di tesco, teso a metà tra i trionfi della morte di area germanica e il
una vocazione ma, al contrario, come il punto più alto di una sintonia Trauerspiel barocco. A guardare le opere pittoriche di Weiss e di
epocale che avrebbe coinvolto di lì a poco le menti più lucide dell’a- Dürrenmatt si potrebbe sostenere la tesi che sono l’equivalente del-
vanguardia. Si tratta di un collage, una sorta di atlante delle immagini, la saggistica apocalittica e luttuosa di Walter Benjamin, il commen-
che contiene numerosi ritratti intervallati da poche figure surreali. È to visivo a un’epoca senza redenzione.
un’opera che precede di poco gli atlanti delle immagini – per altro Lo stesso Dürrenmatt ha insistito sul fatto che il vero scandalo del
prefigurazione diretta di ogni Yad Vashem – di autori come Christian mondo è la resurrezione semmai e non la croce79 e tutta la sua pittura
Boltanski o Gerhard Richter, assemblaggi di volti più o meno anonimi va interpretata come una disparata e adorante “devota bestemmia”.
che combattono l’anonimia del secolo e l’orrore dell’oblio, che di fatto «Anche gli angeli hanno qualcosa di orrendo» scrive Dürren-
costituisce il leitmotiv di tutta la drammaturgia di Weiss. Anche questo matt. Quale migliore affermazione dell’assoluta inconciliabilità tra
collage – ma non c’è motivo di credere che non ne possano esistere il mondo e ogni promessa di bonheur80. Forse un giorno ci si deci-
altri – è un’istruttoria contro il secolo di Hitler e di Stalin, non più il derà a illustrare l’apocalittica novecentesca con le immagini che le
surreale catalogo di figure oniriche e di fantasmi dell’inconscio, ma gli sono proprie e che non a caso vengono create in parallelo alle cupe
enti realissimi dello sterminio e della persecuzione. visioni cui ci ha abituato la letteratura. Si pensi alla perfetta sim-
Un altro esempio di carriera pittorica senza soluzione di continu- metria tra il già citato Il grande teatro del mondo (1937) di Weiss e
ità e specchio insostituibile per l’interpretazione delle opere letterarie Il mondo come teatro (1943-45) 81 di Dürrenmatt, o lo strabiliante
è quello di Friedrich Dürrenmatt.
Consapevole sin dall’inizio di non poter divenire uno Zwitter, una 78 F. Dürrenmatt, Considerazioni personali sui miei quadri e disegni, in Idem, Dipinti
sorta di ibrido bicefalo, lo scrittore si decise per la carriera letteraria. e disegni, cit., p. 25.
Tuttavia la sua produzione pittorica viene esplicitamente definita un 79 Ivi, p. 26.
80 Sempre nello stesso testo sulla pittura Dürrenmatt ha scritto: «Un Cristianesimo che non

intenda se stesso come scandalo non ha più nessuna ragion d’essere» (F. Dürrenmatt, Conside-
76 P. Weiss, Unnumeriertes Notizbuch 1961. Notizbücher 1960-1971, I, in Idem, Die razioni personali sui miei quadri e disegni, in Idem, Dipinti e disegni, cit., p. 27), alludendo al
Notizbücher. Kritische Gesamtausgabe, cit., p. 56 fatto che non è possibile alcuna conciliazione tra la fede e il principe di questo mondo.
77 R. Hoffmann, Peter Weis. Malerei Zeichnungen Collagen, cit., p. 160. 81 F. Dürrenmatt, Dipinti e disegni, cit., tav. 29.
72 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 73

parallelismo tra le Apocalissi I-IV (1989)82 di Dürrenmatt e l’Apo- I casi di “concrescenza genetica” dimostrano l’inevitabilità di un ap-
calisse (1945)83 di Weiss. proccio comparato alle modalità di creazione di questi scrittori-pittori,
Per non dire di quell’incunabulo della pittura dürrenmattiana che non solo sul piano tematico evidentemente, ma anche su quello formale.
sono i cosiddetti dipinti della mansarda (1942), opere di chiara ispi- Non per individuare, come è stato fatto in una lunga tradizione di studi
razione dixiana e del tutto assimilabili, oltre che coevi, alla Parade che si oppone alla semiotica lessinghiana, analogie sul piano dei ritmi della
(1945) di Weiss84. Entrambi rappresentano nelle parole di Dürren- composizione piuttosto che su quello della mimesi coloristica o strutturale,
matt «la peggiore delle svolte possibili», il tentativo di rappresenta- tutte opzioni che rischiano di rimanere invischiate nel soggettivismo della
re «non una ma la catastrofe»85. E se il rapporto con i presupposti ricezione, quanto per sottolineare quella che con felice espressione Oskar
figurativi di Dix, dell’Espressionismo, del Surrealismo e del Barocco Walzel aveva chiamato «reciproca illuminazione tra le arti». Ma questa
accomunano inevitabilmente Weiss e Dürrenmatt, non si può trascu- “reciproca illuminazione” non è in prima istanza una proiezione della
rare un altro nesso sul piano tematico: il collegamento ossessivo con ricezione, quanto, semmai, una sorta di “mutuo soccorso” (e, per con-
scene archetipiche tratte prevalentemente dalla letteratura classica, verso, di conflittualità) che consente all’autore di affilare le proprie armi
la Bibbia e i greci soprattutto, squisito contraltare di una scrittura espressive. Alla dinamizzazione e alla narrativizzazione della scrittura si
che solo apparentemente segue le contingenze postbelliche, in Weiss oppone così il momento pregnante della figuratività pittorica che consente
come in Dürrenmatt elevate al rango di configurazioni mitiche e per – come spiega Dürrenmatt – una più precisa focalizzazione. E viceversa il
questo eternamente presenti. “momento pregnante” della pittura sottoponendosi alla narrativizzazione
Dal punto di vista poetologico Dürrenmatt confessa che i suoi e alla dinamizzazione delle figure consente all’immaginazione di spaziare
quadri sono solo degli esperimenti ai margini dei suoi plot, delle sue nelle due cronologie (il passato e il futuro) che quel momento “congela”
drammaturgie. Essi concentrano in un solo momento quello che poi in uno sguardo. In fondo nel doppio talento si combatte lo stesso conflitto
la scrittura saprà sviluppare temporalmente. Per questo Dürrenmatt che emerge nella scrittura ecfrastica, quello tra stasi e movimento, con il
insiste sui costanti parallelismi tra i disegni e i racconti come nel caso vantaggio però che qui i soggetti della battaglia tendono a essere gli stessi
del Pilato (1946) e Il quadro di Sisifo (1946) o di Fuga I (1974) e e il dialogo si svolge in un unico atto creativo. La “concrescenza geneti-
Fuga II (1975) con i racconti Il tunnel (1952) e La trappola (1952)86. ca” – di cui in futuro sapremo forse spiegare oltre che gli aspetti tematici
La pittura rimane per lui un modo di pensare drammaturgicamen- e formali anche i presupposti cognitivi – è il fenomeno che più di ogni
te, per rallentare il tempo affinché l’opera si manifesti letteralmente altro ci permette uno sguardo sui punti ciechi del verbale e del visuale, si
davanti ai suoi occhi: «Ripeto: non sono un pittore. Tecnicamente potrebbe dire sull’ovvio e l’ottuso della creatività laddove – forzando un
dipingo come un bambino. Dipingo per la stessa ragione per cui scri- po’ il significato che a questa endiadi ha dato Roland Barthes – si tratta
vo: perché penso… Così il mio disegnare e dipingere rappresentano di far agire, nel verbale come nel visuale, proprio le zone di reciproca
un complemento dell’opera di scrittore… Anche quando scrivo non opacità, “l’imperfezione” delle loro grammatiche, l’elemento sovversivo
prendo le mosse da un problema ma da immagini, perché all’origine che, disintegrando le sicurezze dell’ut pictura poësis, trova nella debolezza
c’è sempre l’immagine, la situazione – il mondo»87. ontologica dell’arte lo spazio infinito dell’inveramento del senso.

82 Ivi, tavv. 94 e sgg. 4. Critica e commento


83 R. Hoffmann, Peter Weis. Malerei Zeichnungen Collagen, cit., p. 130.
84 P. Drougge (a cura di), Peter Weiss. Maleri Collage Teckning, cit., p. 36.
85 F. Dürrenmatt, Considerazioni personali sui miei quadri e disegni, in Idem, Dipinti Un ambito di applicazione degli studi sul “doppio talento” è, infi-
e disegni, cit., p. 33. ne, quello che cerca di cogliere le implicite o esplicite intenzioni inter-
86 Ivi, pp. 32, 34. Si noti il complesso intreccio cronologico tra racconto e immagine.
87 Ivi, p. 37.
pretative che un mezzo esercita sull’altro mezzo. È il caso di un auto-
74 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 75

re come Günther Grass88 – un doppio talento assoluto, perfettamente ne ritratta strisciante al lato dell’autoritratto con due teste e due corpi,
in grado di esprimersi nei due media allo stesso livello di complessità simbolo fin troppo esplicito della natura doppia dello scrittore stesso91.
– che ha fatto delle sue opere grafiche non solo l’elemento genetico Il “rombo”, “l’anguilla” e la “ratta”, con tutte le loro variazioni e in-
dei testi, ma le ha spesso usate per commentare e amplificare i testi, tegrazioni nel mondo animale, oltre a essere evidenti “illustrazioni” dei
svolgendone alcune implicazioni visuali che, tipicamente, non pote- romanzi lo sono anche del mestiere di romanziere, rappresentano sem-
vano essere sviluppate sul piano verbale, ma soprattutto offrendoci pre un’estremizzazione figurale del verbale. Non solo per il contenuto
un repertorio di “glosse” che spesso chiariscono, altre volte compli- esplicitamente sessuale delle immagini – spesso volutamente scurrili o
cano, la semantica dei testi. problematicamente pornografiche com’è tipico della poetica di Grass
In Grass l’immagine è dunque a un tempo integrazione, interpre- – ma perché esplicitano quello che nei testi è solo accennato, spesso
tazione e completamento del testo, esprime una serie di rimandi e di addirittura taciuto. È il caso de Il rombo (Der Butt) (1977) preceduto
risonanze che costituiscono in un certo senso la continuazione virtua- da cinque anni di sperimentazioni visive e letteralmente accompagnato
le della narrazione. dalle immagini incise. I disegni insomma fungono, per dirla ancora con
Grass pone i due media in una scala di gradazioni che vanno dal Philippe Hamon, da «images dans la fabrique», come testimonia quella
disteso diffondersi dell’epica alla sintesi figurativa («der knappere sorta di “pianta” del romanzo La ratta (Die Rättin) (1986) che è, a ben
Ausdruck»). La lirica, la poesia sono per lui una sorta stadio inter- guardare, la pianta della tana dell’animale ma organizza in spazi e cir-
medio tra l’epica e la grafica. La poesia è dunque il genere verbale che convoluzioni la struttura stessa del romanzo92.
più si avvicina all’astrazione grafica: «Poesie e grafiche si sviluppano Va anzi notato che molto spesso le immagini precedono i romanzi
e si rapportano reciprocamente le une alle altre. Spesso le grafiche e ne costituiscono in qualche modo una prefigurazione che consente
sono poesie disegnate; e molte poesie descrivono contorni, mettono all’autore di articolare meglio i nuclei narrativi del testo. Le immagini
in gradazione toni di grigio»89. Così come, sul piano più generale di Grass sono certamente delle “illustrazioni”, ma nel senso che illu-
di una teoria della scrittura, Grass pensa che non vi sia soluzione di minano la narrazione e spesso si comportano come vere e proprie note
continuità tra il disegno e l’alfabeto, tanto è vero che molte delle sue a piè di pagina che rimandano, come ogni apparato, alle altre opere.
opere grafiche sono pura scrittura90 e mettono in scena l’eterna tran- Vi sono infatti dei temi visivi onnipresenti. Si pensi alle “crocefissioni”
sizione tra calligrafia e linea astratta dell’incisione. delle lumache e dei ratti93, alle piume/penne (il tedesco Feder non di-
Ma la questione essenziale del suo “doppio talento” sta certamen- stingue tra “piuma” e “penna”)94 o agli “autobiografici” occhiali95.
te nel costante dialogo tra i due media che si completano ma anche si Ma, soprattutto, le immagini esplicitano e integrano ermeneutica-
interrogano reciprocamente. Si pensi alle implicazioni simboliche della mente i testi, come nel caso eclatante della dichiarazione della sovrappo-
“lumaca”, dei “funghi” o del “rombo” esplicitate soprattutto nelle im- sizione totale tra il rombo e lo scrittore nell’incisione L’uomo nel rombo
magini. Nel caso della lumaca, cui è dedicato il romanzo Dal diario di (Der Mann im Butt) (1979)96 che per altro amplifica il significato del
una lumaca (Aus dem Tagebuch einer Schnecke) (1972), solo le immagi- testo alludendo al mito biblico di Giona ingoiato dal pesce e poi resti-
ni svolgono tutte le complesse implicazioni sessuali e politiche del testo. tuito a nuova vita. Attraverso le immagini Grass racconta e manifesta
Si pensi alla bellissima immagine in cui l’occhio dell’artista è occupato
da una lumaca – il punto di vista dell’autore – che, a sua volta, vie- 91 Ivi, p. 44.
92 Ivi, p. 251.
93 Ivi, pp. 39, 187.
88 Cfr. Aa.Vv., Günter Grass. Società mista. In gemischter Gesellschaft, Casa di Goe- 94 Ivi, pp. 77, 83, 174, 411.
95 Ivi, pp. 79, 92, 93, 118.
the, Roma 2002.
89 G. Grass, Über das Zeichnen und Schreiben, in Idem, In Kupfer, auf Stein, Steidl 96 Sovrapposizione confermata anche dall’incisione Autoritratto con rombo e piume

Verlag, Göttingen 1986, p. 7. (Selbst mit Butt und Federn) (1980) (ivi, p. 144), in cui la piuma/penna è divisa dello
90 Ivi, p. 8. scrittore.
76 michele cometa al di là dei limiti della scrittura 77

tutto quello che il testo non sa o non può dirci; le immagini prendono lanciati in impossibili equilibri che ricordano da vicino la figuratività
posizione con esso e spesso contro di esso, mostrano l’invisibile del testo futurista98.
in un gioco di rimandi paradossali in cui è l’arte grafica quella che svela Più rari sono gli esempi di scrittori-architetti, per quanto non vada
l’indicibile del testo com’è il testo a mostrare in controluce che le sem- trascurato l’enorme impulso dato da autori come il già citato Paul
plificazioni delle immagini non sono del tutto soddisfacenti. Forme ver- Scheerbart alla grande avventura della Glasarchitektur (architettura
bali e figurative si fecondano in Grass l’un l’altra ibridandosi (zwittrig). di vetro) espressionista, o quello di Ludwig Wittgenstein con la casa
L’opposizione tra disegnare e scrivere viene rimossa nel dar forma a una per la sorella che diviene un paradigma assoluto dell’architettura ra-
rappresentazione immaginale (Bildvorstellung) che, messa in parola, è zionalista. O ancora, si pensi al MERZ-Bau di Schwitters, perfetta
disegnata e che come disegno è da prendere alla lettera. incarnazione della sua logica musico-verbale.
Un caso particolarmente significativo è però quando la “terza
dimensione” non si conquista attraverso le coordinate spaziali ma
5. Altri talenti attiene alla sostanza performativa della figuratività.
È un percorso che si può far risalire almeno alle Klecksographien
Fin qui ci siamo ovviamente soffermati sulle transizioni tra di- (1857) di Justinus Kerner99 che nascevano dalla casuale manipola-
segno/pittura e letteratura. Ma non bisogna dimenticare il caso del zione dei pigmenti di colore con una tecnica che sta a metà strada tra
tutto particolare di “doppi talenti” che utilizzano le arti figurative il test di Roscharch e Jackson Pollock e, passando per gli Scheeren-
anche oltre la mera bidimensionalità. schnitte, le silhouette di Bettina von Arnim e Adele Schopenhauer100
Se infatti la popolarizzazione delle tecniche pittoriche e la facilità e per i vertiginosi collage di Hans Christian Andersen, giunge sino
di accesso ad accademie e scuole di disegno e pittura ha certamente ai montage delle avanguardie novecentesche. Si pensi ancora al caso
contribuito al maturare di talenti figurativi tra gli scrittori, la conqui- quasi unico di Georg Sand con le sue “dendriti” realizzate pressando
sta della terza dimensione (la scultura, il collage97, l’architettura) non tra due fogli di carta di Bristol colori ad acquerello che gli permet-
è più un fatto raro. tevano di “vedere” inusitati paesaggi (technique de la dendrite). E
La terza dimensione è comunque pienamente presente negli scrit- naturalmente il già citato Hugo con le sue macchie di caffè, cenere,
tori-scultori come Gerhardt Hauptmann che frequenta alcune ac- terra casualmente disposte sul foglio bianco101. L’universo pittorico
cademie nella convinzione di essere destinato a rifondare uno stile surrealista sembra alle porte già a metà del secolo Diciannovesimo.
monumentale e per tutta la vita non riesce a rinunciare all’espres- Anzi sembra proprio che la pittura, soprattutto quella casuale del-
sione plastica, anche se una precaria condizione fisica gli aveva di le macchie di colore, offra uno spazio alla fantasia che la scrittura,
fatto vietato l’inalazione di polveri dannose per la salute. Non meno comunque implicata nelle regole grammaticali, non poteva trovare.
rilevante, ma questa volta sbilanciata decisamente sul fronte della In queste esperienze la dimensione materica è senz’altro più pro-
scultura, è l’esperienza di Ernst Barlach, la cui produzione dramma- nunciata – e interessante sarebbe studiarne le relazioni con l’arte a
tica, spesso di decisiva importante per l’Espressionismo, è totalmente loro contemporanea – e si tratta di esperienze non prive di una crip-
illuminata dalle sue sculture in legno e in bronzo. In Barlach si assiste
davvero a un passaggio dalla scrittura alla plastica, dal dramma alla
98 K. Böttcher, J. Mittenzwei (a cura di), Zwigespräch. Deutschsprachiger Schrifsteller
scultura, laddove quest’ultima non rinuncia a rappresentare un’im-
als Maler und Zeichner, cit., pp. 202 e sgg.
probabile dinamicità come negli angeli di bronzo sospesi a un filo e 99 Ivi, p. 95.
100 Ivi, pp. 90, 108.
101 Sul caso di Victor Hugo si vedano almeno: D. Gleizes, Allégorie et symbole dans
97 Purché si consideri che il collage non è semplicemente bidimensionale se non altro les dessins de Victor Hugo, in Passages de ligne, in S. Linares (a cura di), De la plume au
per via del suo spessore materico e perché implica spesso atteggiamenti performativi. pinceau. Écrivains dessinateurs et peintres depuis le romantisme, cit., pp. 63-90.
78 michele cometa

toperformatività che solo nel Novecento giunge a completa matu- Spazi vuoti, istruzioni per l’uso
razione (soprattutto nel campo delle performance legate alla poesia Tra mondo dell’arte e mondo della vita
concreta e visiva). Si pensi alla dimensione davvero performativa del
Filippo Fimiani
celebre disegno di Clemens Brentano allegato a Il filisteo prima, nel-
la e dopo la storia (Der Philister vor, in und nach der Geschichte,
1811) che offre alcuni personaggi e oggetti da ritagliare per costruire
una possibile messinscena della narrazione102. O ai collage materici
di Antonella Anedda, la quale letteralmente compone “testi” rita-
gliando e cucendo frammenti di carta e stoffa103. In questi, come in
altri casi, la terza dimensione è compiutamente conquistata, giacché Empty space is never-wasted space. Wasted space
anche il collage, apparentemente una forma di rappresentazione bi- is any space that has art in it. […] I always want
dimensionale, attrae e implica aspetti performativi e una materialità the space to reappear, to make a comeback, be-
cause it’s lost space when there’s something in it.
e plasticità104 che non sono sovrapponibili con quelle della pittura e
Andy Wahrol
del disegno.
In tutti questi casi è evidente il tentativo di emancipazione dalla
testualità da un lato e, dall’altro, la proiezione che questa testualità I. Figure dell’invenzione
fa su altre forme che non nascondono la loro dimensione genuina-
mente narrativa, come l’architettura in prima istanza e la musica. Con molte probabilità, il titolo ancipite che introduce questo mio
Non si tratta, come abbiamo visto, dell’utopia di un’opera d’arte modesto contributo sembrerà non mio, e due volte altrui: parrà di-
totale (Gesamtkunstwerk) che si pone a sintesi tra le arti. Si tratta fatti una doppia citazione, nel migliore dei casi senza virgolette e
semmai dell’esibizione di un punto cieco, della ricerca inquieta dei dissimulata, o, nel peggiore, una furbizia o addirittura un furto di
punti opachi delle singole forme d’arte, dell’avventurarsi in territori scarsa destrezza ai danni di due libri assai noti e importanti. Il primo,
che nessuna delle arti, di per sé, può ragionevolmente esaurire nella tanto snello quanto denso, quello di Peter Brook, del 1968, intito-
rappresentazione. lato, appunto The Empy Space ; il secondo, tanto corposo quanto
inafferrabile e iper-letterario, La vie, mode d’emploi, licenziato da
Georges Perec dieci anni dopo, nel 1978. D’altronde, una qualche
attinenza sia con la teatralità e l’estetica teatrale, sia con una poetica
implicita del vivere qualunque e quotidiano, l’‘oggetto’ – e virgolette
sono d’obbligo, e spero proprio di mostrare perché – che ho scelto,
del 1958, ce l’ha. Ed è un’affinità più profonda di una generica ap-
partenenza all’atmosfera del tempo, o di una attiva partecipazione al
fermento artistico e intellettuale e al dibattito sui rapporti tra mondo
delle arti performative e mondo delle azioni ordinarie nel giro di un
102 K. Böttcher, J. Mittenzwei (a cura di), Zwigespräch. Deutschsprachiger Schrifsteller
trentennio, quello che va dalla fine degli anni Cinquanta, al Sessan-
als Maler und Zeichner, cit., p. 85.
totto, fino all’esplosione del Punk e alla vigilia degli Ottanta, in cui si
103 Cfr. A. Anedda, Collezionare perdite, in Idem, La vita nei dettagli, Donzelli, Roma consuma la crisi delle Avanguardie e delle Neo-Avanguardie moder-
2009, pp. 165 e sgg. niste e l’affermarsi del Post-Moderno; di quest’inconclusa e incande-
104 Si pensi agli straordinari collage materici di Jacques Prévert (Collages, Gallimard,
scente affinità tra scene dell’arte e scene della vita ne accennerò solo
Paris 1982), o prima di lui, di Paul Eluard.

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