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della Scuola Normale Superiore di Pisa. Lettere, Storia e Filosofia
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IL PROBLEMA DEL « NON FINITO »
INTRODUZIONE
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48 J. Gantner: Il problemi, del « non finito » ecc.
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J. Gantner: Il problema del e non finito » ecc. 49
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50 J. Gantner: Il problema del «non finito » ecc.
nici, i quali, dice, « dans le dedale des thèmes géométriques et des com
sons abstraites, voyaient jouer le monde des images ». Poi seguono, in
zona più personale ed individuale del lavoro, gli schizzi, i disegni, gli ab
modelli ed altre forme preparatorie e tante volte abbandonate, compr
notizie ο visioni scritte, le quali nell'opera di Lionardo, per esempio, h
una portata uguale a quella dei disegni. *
Lo storico dell'arte, che considera ed esamina questo mag
plesso delle prefigurazioni, non dovrà mai trascurare tre fatt
1) che questo intervallo delle prefigurazioni ci appare mo
stretto nel medio evo, specialmente nell'arte romanica, che pi
una prova l'inesistenza ο almeno la scarsa importanza di disegn
questa arte.
2) che più tardi, dal Quattrocento in poi, tanti disegni, schizzi ed ab
bozzi diventano autonomi, non sono più concepiti per essere perfezionati,
completati ο integrati in una opera definitiva. Escono quindi dalla zona del
non finito ! E se, certo, non si potrebbe indicare il momento, in cui un disegno
per esempio di Pisanello, si presenta come creazione autonoma, almeno la
frase del Condivi, che caratterizza nel 1553 la Madonna Medici, rimasta non
finita, dicendo che « lo sbozzo non impedisce la perfezione e la bellezza del
l'opera », significa per la metà del Cinquecento e per il più grande artista di
quel tempo, Michelangelo, una convinzione ormai stabilita.
3) che queste forme prefigurate hanno sempre la tendenza di farsi
indipendenti nel senso stilistico, di diventare, pur rimanendo nel loro stato,
forme figurali cioè definitive e, come disse Condivi, perfette. Ecco una delle
ragioni, certo non l'unica della gloria di Rodin.
Ma, prima bisogna parlare di Leonardo.
Per tutti gli storici che hanno veramente studiato il genio di Lionardo,
palese che lui occupa il posto dominante nelle ricerche del non finito. In
discorso sull'artista, stampato a Basilea l'anno scorso, ed in un capitolo de
libro suddetto su Rodin e Michelangelo, ho dato la più grande importanza
fatto, che per Lionardo la prefigurazione in tutte le forme possibili è la su
espressione organica e naturale. La prefigurazione, o, se si vuole, il non f
nito, è la materia, colla quale Lionardo lavora. E queste forme non fini
non sono « lambeaux », « ombres des oeuvres futures », « fantòmes qui p
cedent », come le ha designate il Valéry (in uno di quei rari passi dei suoi
scritti su Lionardo, nei quali parla di Lionardo e non di Valéry), e come r
petono quasi tutti i libri innumerevoli sull'artista. La forma schizzata, l'a
bozzo, la visione, vuol dire l'opera non finita — ecco il lavoro normale di
Lionardo. L'opera finita, terminata, voi tutti lo sapete, è l'eccezione, e
rebbe facile il provare che dei pochi quadri in apparenza finiti, almeno un
parte non lo è ο non per mano del maestro stesso.
Occorreva, per riconoscere questo fatto, una generazione come la nostr
vivente in mezzo ad artisti, che hanno tentato eroicamente di esprimersi i
forme molto lontane del finito nel vecchio senso, in forme piene di anali
psicologica, forme preparate, inaugurate da artisti come Rodin, i quali, benc
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J. Gantner : Il problema del ο. non finito)) ecc. 51
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52 J. Gantner: Il problema del «non finito » ecc.
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J. Gantneb : Il problema del « non finito » ecc. 53
due strati del lavoro artistico, e che tante volte non volle uscire dal prim
strato, ossia non volle proseguire fino all'esecuzione definitiva.
3) Intanto, questa conoscenza e maestria di tutte le prefigurazioni no
si limita all'arte sola. Le prefigurazioni costituiscono, nelle mani di Lionard
uno strumento incomparabile perché sono un mezzo di espressione adattab
a tutte le indagini del maestro. Se si tratta di una notizia anatomica ο fisi
di un profilo geografico, di una invenzione di meccanica, ο di un « cenno p
un cenacolo » figurativo ο descrittivo — Lionardo si serve di questo mezzo pre
figurale con la stessa esattezza, precisione e fantasia. Vive in un mondo i
cantevole di trasfusione ininterrotta, nel quale — e senza alcun sentimen
tragico — la notizia artistica sta accanto al cenno fisico ο matematico
quando si riflette un poco su questo mondo veramente straordinario, si de
subito riconoscere, che in esso ogni perfezione materiale condurrebbe all
fine di un lungo filo di pensieri, di immagini della fantasia e, quindi, ad u
interruzione del lavoro praticamente interminabile. « Insumma, li suoi espe
menti matematici l'hanno distratto tanto dal dipingere, che non può patir
il pennello », racontava nel 1501 Pietro da Nuvolaria dopo una visita nell
bottega di Lionardo a Firenze. E si capisce la ragione. Ama la scienza esat
perché quella non può mai trovare fine e termine. E respinge il pennello
vuol dire l'opera artistica finita, tanto desiderata da Isabella d'Este, la co
mittente del Nuvolaria, perché nel terminarla il corso della fantasia trasm
tabile arriverebbe ad un punto finale, senza possibilità di continuare. La tr
sfusione sarebbe interrotta.
4) Abbiamo già accennato al fatto che le prefigurazioni vivono una
accanto all'altra, e che la trasfusione da un campo nell'altro si svolge senza
minimo sentimento tragico. Tutti quelli, che, dall'Uzielli nelle Ricerche
1884 fino al Gentile nella grande pubblicazione milanese del 1939, hanno v
luto constatare in Lionardo un dolore, un rammarico causato da una incon
gruenza apparente tra concetto e risultato, hanno sbagliato. Nessun docu
mento ci autorizza a quessa affermazione. Al contrario. Lionardo vive con
tentissimo e in una maniera assolutamente organica nelle prefigurazioni.
Ma questo atteggiamento determina e suppone un altro rapporto con la
realtà delle cose figurate ο immaginate, un rapporto meno attivo, meno evi
dente, più astratto e più fantastico di quello degli altri artisti. È palese — la
prefigurazione merita questo nome in quanto l'autore esita di dare all'opera
un ultimo stimolo verso la sua realtà completa. Vale a dire che l'autore deve
essere capace di elevarsi al disopra del suo lavoro per determinare libera
mente lo stato nel quale può e vuole lasciarlo alla posterità. Possiamo essere
convinti che Lionardo ha preso questa posizione. Due passi del Trattato della
pittura lo dicono chiaramente: « ... quello si drizza alla perfezione dell'arte,
del quale l'opera è superata dal giudizio ». Ed il secondo : « ...quando il giuditio
supera l'opera, questo è perfetto segno ». Con questa affermazione direi filo
sofica Lionardo riprende cambiandolo il celebre pianto di Petrarca tanto
amato e ripetuto da Michelangelo.
5.
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54 J. Gantner: II problema del «non finito» ecc.
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J. Gantner : Il problema del « non finito » ecc. 55
due grandi artisti, questo problema, vero problema della vita intera, sar
certo al centro dell'indagine.
Tutti quelli che hanno caratterizzato l'arte e la personalità di Mic
langelo — dal Vasari ai giorni nostri — hanno visto e sottolineato la gran
importanza dell'opera non finita. E naturale, che le loro spiegazioni e va
tazioni siano state differenti, anzi inconciliabili — come p. e. la strana o
nione di Carlo Iusti opposta a quella del suo contemporaneo Henry Thod
ma, insomma, considerando il problema sotto il punto di vista che abbiam
adottato e svolto finora, si presentano le riflessioni seguenti, che ho pub
cate in parte nel mio ultimo libro :
1. A differenza di Lionardo i documenti e monumenti rimangono n
limiti dell'arte ο piuttosto delle arti: sono poesie, pitture, disegni di ogni
nere, architetture e sopratutto sculture. E subito vediamo che le sculture,
mancano quasi totalmente nell'opera di Lionardo, formano un materiale
valore straordinario, pieno di nuove possibilità, sopratutto se si conside
che in esse risiede la vera sostanza della fantasia michelangiolesca. Vedrem
più tardi che la grande importanza del non finito per lo sviluppo dell'ar
moderna si fonda su una serie di realizzazioni plastiche.
In ogni caso bisogna sottolineare che le possibilità di esprimersi c
forme non finite sono molto più ricche nella scultura che nella pittura. S
nella scultura, e si può dire, fin dai tempi di Michelangiolo, esiste uno st
non finito, anzi frammentario dell'opera come espressione autonoma, c
ché la scultura non finita può essere qualcosa di più che un frammento.
pittura non finita ο l'architettura non finita possono recare, come diss
Croce, un estetico godimento, ma sono frammenti nel vero senso della par
Hon parlo ancora del fatto che, almeno nelle pitture di Tiziano, forse già
quelle di Lionardo, comincia un muoversi della materia coloristica, che,
così dire, lascia incerto lo stato di finitezza. Ma sarebbe falso parlare qu
un non finito, perché questo movimento condurrà un giorno ad uno sti
per il quale il non finito sarà l'essenza stessa.
2. Seconda differenza tra Lionardo e Michelangelo: ο quest'ultimo, a
meno nella sua gioventù, aspira ardentemente alla realizzazione dell'oper
ma in un senso differente dai suoi colleghi. Vuole realizzare ad ogni prezz
vero, e nella Cappella Sistina, come si sa, oltrepassa grandemente la prim
ordinazione del Papa. Ma già nelle sculture dei due tondi della Madon
lavorate in Firenze e sotto l'influenza tacita di Lionardo, la perfezione m
teriale non è totale. Già in questo tempo avrebbe potuto definire, come l
fatto 50 anni più tardi il Condivi, che « lo sbozzo non impedisce la perfezi
e la bellezza dell'opera ». Considera dunque già in questi anni giovanili, a
meno nel campo della scultura, uno stato non finito come una delle pos
bilità legittime dell'artista.
Ma come spiegare quest'atteggiamento ? Nel mio libro citato su Rod
e Michelangelo ho dato tre spiegazioni, che cerco di riassumere qui brev
mente.
3. Per ciascuna opera è indispensabile esaminare esattamente tutto
quello che i documenti ci svelano sulla storia del lavoro. Il San Matteo, per
esempio, destinato per il duomo di Firenze, è rimasto non finito, perché M
chelangelo, nel 1505, dovette partire improvvisamente per Roma. E rimasto
non finito e ci appare adesso, come disse molto bene il filosofo basilese ed
amico di Wólfflin, Hans Heussler, « geisterhaft gleich dem Verniinftigwerden
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56 J. Gantner: Il problema del « non finito λ ecc.
des Stoffes » (misterioso a guisa della materia che tende alla razionalità).
Ma quale sarebbe stato l'ultima forma di questa statua ? Veramente ac
conciata e pulita come quella della Pietà di San Pietro a Roma ? Non sappia
mo. Il disegno per un secondo apostolo, conservato a Londra, resta enigma
tico, anche in questo punto.
4. Abbiamo già accennato al fatto che i due tondi, conservati a Firenze
e a Londra, riflettono chiaramente le due pitture alle quali Lionardo lavorav
in questi anni, la Monna Lisa e la Sant'Anna, tutte e due al Louvre. Ora,
sviluppando una bella osservazione fatta dal Wòlfflin sulla Gioconda, abbiamo
descritto quella strana e nuova varietà dei gradi di realtà (Verschiedenheit
der Realitàtsgrade), che è elemento essenziale nei due quadri di Lionardo,
sopratutto nella Sant'Anna. Vuol dire che la realtà delle forme nel primo
piano è più grande, più accentuata di tutto quello che si trova nel piano medio
ο nello sfondo. Il Wòlfflin parla del paesaggio dietro la Gioconda come di un
sogno ! Avrebbe potuto ricordare la bella interrogazione di Lionardo citata
sopra: «Perché vede più certa la cosa l'occhio nei sogni che colla immagi
nazione stando desto ?» E nella tavola di Sant'Anna il motivo centrale di
una figura adulta seduta sul ginocchio di un'altra figura di vecchia d
é per così dire raffinato dalla differenza tra i gradi di realtà delle due pe
Bisogna esaminare i tondi di Michelangelo, se in essi non si tratta
stesso modo vinciano di differenziare la realtà mediante i gradi inegu
finito. E senza dubbio si potrebbe constatare nella composizione dei
lievi una intenzione analoga a quella espressa nelle pitture di Lionard
Ma, si tratta di rilievi nei tondi di Michelangelo, ed il rilievo, seco
bella espressione del Ghiberti, è il disegno della scultura. Vive in un
di evidente affinità dei mezzi artistici con la pittura. Come spiegare
elementi non finiti nel gruppo veramente grandioso delle statue fatt
la Capella Sistina per la tomba di Giulio II e per il mausoleo medic
polavori di Michelangelo quarantenne e cinquantenne ? E vero, che i
specialmente negli schiavi di Giardino Boboli, si trovano analogie coi
bella finitezza dei torsi delle figure, un diminuire del finito, anzi un ond
tra finito e non finito delle mani, dei piedi, dei visi e delle teste. C
rebbe falso di dire, che queste variazioni, per esempio, nella statua del
alla tomba medicea, sono il risultato di un caso, e che, sotto altre condizioni
esterne, Michelangelo avrebbe completamente finito quest'opera, evitando
lo sbozzato. Non ha fatto dichiarare al fedele Condivi che « lo sbozzo non
impedisce la bellezza e la perfezione dell'opera » ? Dunque, le forme
zate, nella mente del maestro, hanno avuto un certo senso, che sarebbe
perdendosi, se avesse finito l'opera.
Naturalmente possiamo spiegare lo stato compatto, quasi amorfo
mani e dei piedi degli schiavi Boboli come un simbolo della schiavitù
lega la figura ed impedisce e toglie ogni libertà. Ma sappiamo tutti,
questa spiegazione tante volte ripetuta, il problema non è esaurito
nel centro dell'anima creatrice di Michelangelo sta una potenza super
enigmatica : il suo sentimento tragico.
5. Tutti i biografi di Michelangelo ne parlano. Tutti, dal Vasari ai
nostri, citano i versi del maestro, nei quali parla della profonda disa
tra il suo concetto artistico e la possibilità di realizzarlo. Ricordano c
chelangelo si riferisce a quei celebri passi dei Trionfi di Petrarca, nei
espresso un sentimento analogo. Le immagini, che l'artista porta nell'
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J. Gantner : Il problema del « non finito » ecc. 57
nel cuore, sono tanto alte e sublimi, che mai non potrà riuscire a figura
coi mezzi che sono a portata sua. Non vorrei qui riassumere tutte le opini
che sono state pubblicate dagli storici italiani e tedeschi, sopratutto nel
prima metà di questo secolo. Si dovrebbero discutere le componenti cristi
e platoniche del problema, le quali, tutte e due, esistono nella mente di
chelangelo.
Vorrei piuttosto esprimere un ammonimento : di non identificare la forma
non finita con questa disarmonia, cosa che tanti biografi hanno fatto, basan
dosi inoltre su di una definizione non troppo felice del Vasari. In verità, il
sentimento tragico di Michelangelo è indipendente dallo stato di perfezione
che ha conferito alle opere sue. Il sentimento tragico è l'essenza stessa della
sua anima, che crede trovarsi, come dice lui stesso, in un « foco, ov'io mi
struggo e ardo », ove « prostrato a terra mi lamento e piango ». E questo
sentimento ci appare in tutte le creazioni del maestro, nelle poesie come nelle
pitture della Sistina, e sopratutto nelle sculture, che siano finite ο no.
L'esempio di Lionardo ci dice chiaramente, come risolvere questo grave
problema. Siccome nell'opera di Lionardo le prefigurazioni costituiscono un
vasto materiale di possibilità che si estende su tutti i distretti dell'arte e della
scienza, e nel quale nessun rammarico ha posto, così le forme non finite di
Michelangelo sono una serie di variazioni espresse con questo nuovo mate
riale, una serie di tappe, colle quali evidentemente l'artista lavora di più in
più. Sono espressioni di un sentimento tragico non perché non finite, ma
perché sorte dalla mente di quest'uomo, per il quale tutto, anche il finito,
è stato una tappa verso quel che chiamava « L'immagine del cuor », irrea
lizzabile con i mezzi terrestri.
Vedeva molto bene il Rod in, il quale, nelle conversazioni col segreta
Gsell, disse di Michelangelo: « Toutes les staues qu'il fit, sont d'une contra
si angoissée, qu'elles paraissent vouloir se rompre elles-mèmes. Toutes s
blent près de céder à la pression trop forte du désespoir qui les habite. Qu
Buonarroti fut devenu vieux, il lui arriva de les briser réellement. L'art ne
le contentait plus. Il voulait l'infini ».
È palese, che per un artista di questo « credo », il problema di finire ο
di non finire una opera, perde il suo valore. Con Lionardo e con Michelangelo
la storia dell'arte ha raggiunto questa piattaforma, sulla quale si è sviluppata
l'arte moderna. Da loro in poi, il non finito apparisce tra i mezzi legittimi
dell'arte. E molto più tardi, in un giorno del nostro tempo, verrà il momento
nel quale il non finito avrà il suo trionfo.
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58 J. Gantner: Il problema del e. non finito » ecc.
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J. Gantner : Il problema del « non finito » ecc. 59
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60 J. Gantner: Il problema del anon finito» ecc.
forme astratte una parentela stupenda colle forme intuite, viste da Lionard
indovinate dal Wólfflin. Una grande era sembra chiudersi davanti agli occh
nostri. Speriamo che la storia dell'arte troverà i mezzi per analizzare e ri
noscere i misteri di questo secolare processo. « Grandissimi fìiumi », dice
Lionardo, «corrono sotto terra». (Cod. Α., 160 b).
Testo scritto in italiano dall'autore, gentilmente ri
veduto da Giuseppe Zamboni. Basilea, giugno 1953.
2. Perché il « non finito » di Michelangelo sia tipico della scultura, non appaia invece
nella sua pittura ?
Potrei citare scrittori d'arte italiani (Bertini, Ara), e direi che sarebbe utile ri
spondere con un detto di Leonardo : per lui la pittura è l'arte suprema e la scultura è
l'arte secondaria. La pittura, secondo Leonardo, è l'arte suprema perché necessita il
massimo grado di astrazione artistica. Qui risiede il mistero. Nella pittura le possibi
lità di dare grado di una esecuzione sono molto minori che nella scultura, la quale ha
da fare soltanto col corpo umano ο con corpi plastici.
3. Che relazione ha voluto porre tra Michelangelo e Rodin ? Esiste l'evoluzione del con
cetto di « non finito » della Rinascenza dell'arte contemporanea ?
Esiste la relazione. C'è nei quadri di Tiziano un inizio della incertezza nella su
perficie della materia. Sono piccoli passi e credo che per estendersi su questo punto
non si possa concentrarsi solo sulla forma, bisognerebbe mettere in rilievo la grande
importanza del contenuto e insistere sulla grande importanza di Rembrandt, il quale
distrugge una certa parte della materia, perché vede un'altra forma sorgere in questo
processo, una forma per la quale l'espressione « non finito » sarebbe falsa, ma sa
rebbe giusta per il contenuto. Burkhardt era scandalizzato dal fatto che Rembrandt
ha lasciato in ombra e non descritto una parte del quadro. Questa corrente diventa
sempre più forte, diventa stile.
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J. Gartner: II problema del « non finito » ecc. 61
4. Quali sono i rapporti tra il « non finito » di Rodin e quello degli « impressionisti,
dei cubisti, surrealisti, etc. ? »
Anche qui si potrebbe fare una differenza. Naturalmente tra il Rodin e gli im
pressionisti, suoi contemporanei, ci sono molte somiglianze interne. Direi che la ma
teria coloristica, per esempio di un Renoir ο Degas, svolge leggi analoghe a quelle
che svolge Rodin nella materia plastica. L'altro lato del problema sta nel fatto che
Rodin ha avanzato i cubisti e surrealisti in quelle forme di cui ho parlato stamani.
Rodin è stato il primo a fare frammenti, a tagliare il capo di ima figura, il fram
mento è stato curato come forma autonoma dal Rodin: questo, secondo me, è un
primo capitolo del cubismo e del surrealismo.
5. Può specificare quello che è stato scritto partendo dal Wólfflin nel campo del dise
gno considerato come « prefigurazione », oppure come opera d'arte a sé stante ?
Non posso, perché su questo argomento non esiste niente. Posso solo raccontare quello
che conosco. WòlfHin ha notato nei suoi quaderni la possibilità di tutto quello che
voleva dire sui disegni, che erano molto importanti per lui e li ha sempre studiati.
Egli ha molto studiato disegni infantili, cercando in loro una radice delle « forme
primarie ». Su questo niente è stato scritto salvo alcuni saggi di Britsch e di Kovn
mann. Quando Wólfflin è stato a Roma, ha disegnato, ha avuto modelli, e voleva di
segnare un modello alla Rembrandt e uno alla Diirer per impadronirsi di questi mezzi
preparatori dell'artista. Anche a Monaco quando ero suo studente, c'erano corsi im
partiti da artisti, nei quali abbiamo dovuto disegnare per capire come mai Diirer
fa un contorno e Rembrandt non lo fa.
6. Come si può paragonare il fondo di prospettiva della « S. Anna » del Louvre con i
fondi dei due tondi di Michelangelo ?
Su questo punto ho scritto un intero capitolo nel mio libro. Nel quale esamino
cosa è rappresentato nel primo piano, cosa e come è rappresentato nell'ultimo fondo
della pittura e della scultura, etc., e dopo questo si vedrebbe che questo rapporto che
è sempre stato constatato, esiste effettivamente, e che il giovane Michelangelo si è
ispirato alla maniera di dipingere di Leonardo.
7. Perché gli schemi del Wólfflin sarebbero, secondo il prof. Gantner, il primo gruppo
ancora generale delle prefigurazioni ?
Nello sviluppo delle idee del Wólfflin vediamo due tempi. Prima quando costituì
questo concetto, intorno al 1900, per lui queste forme primarie erano astratte, senza
contenuto; dopo forse sotto l'influenza del Croce, che si è energicamente opposto a
questo libro, è arrivato intorno al 1930 a formulare che in queste prime forme è già
visibile il contenuto, e che non si può astrarre dal contenuto come aveva fatto prima.
Nel momento dove si prende questa seconda interpretazione del Wólfflin è chiaro che
risiede la prima apparenza di ima prefigurazione, come ha descritto Leonardo; appaiono
forme primarie che lentamente prendono forma.
Stamattina ho parlato poco di Focillon, il quale ha sviluppato queste idee del
Wólfflin che ammirava molto, e in tutto quello che ha scritto dopo il 1930 ha fatto
una applicazione del pensiero di Wólfflin per l'arte medievale. È certo che il passo
fatto dal Focillon per chiarire il pensiero del Wólfflin prova la giustezza di questa
definizione, che in queste forme primarie ο in questo ordine strutturale, come diceva
il Focillon, risiede la prima apparizione delle prefigurazioni.
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