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ricerche e prospettive
a cura di
Andrea Bernardoni e Giuseppe Fornari
CB Edizioni
Coordinamento editoriale: Sara Taglialagamba
Progetto Grafico: Simone Bogani e Enrico Gori
© 2011 CB Edizioni
Via G. Rossini, 22 – 59016 Poggio a Caiano (PO) – Tel. 055 891063 Fax 055 8940843
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ISBN: 978-88-905781-2-0
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Sommario
Appendice: Il forno perpetuo e i moti trivellanti del fuoco, Andrea Bernardoni 106
La ni-entificazione del mondo. I paradossi dello spazio, del tempo e della pittura
in Leonardo, Giuseppe Fornari 129
Autori 161
Apparati 165
Bibliografia 167
Indice dei nomi 185
Fig. 1. Peter Paul Rubens, Ritratto di Thomas Howard, secondo Conte di Arundel (1629-
1630); disegno acquerellato, Oxford, The Visitors of the Ashmolean Museum
Introduzione
che, come il suo, prescindeva dal gergo tecnico delle università e delle humanae
litterae, verso cui l’artista-scienziato nutriva un atteggiamento ambivalente di
escluso e di intellettuale consapevole dell’importanza del proprio lavoro. Que-
sta stessa ambivalenza ci mostra che Leonardo per primo è parte integrante di
questo intrico ermeneutico.
Il mito di Leonardo si è sovrapposto al personaggio reale già durante la sua
carriera, e non è azzardato pensare che egli stesso lo abbia sfruttato, se non altro
passivamente, soprattutto per chiuderla nel modo più vantaggioso nel momento
di sua massima auge presso la corte del re di Francia. Solamente Mantegna, fra
i suoi immediati predecessori, offre un esempio paragonabile di artista univer-
salmente acclamato e ammirato, nonché fatto segno di singolari privilegi da
parte di una dinastia, ma neppure Mantegna raggiunge gli onori e gli onorari di
Leonardo presso le autorità francesi; e ci vorrà la creatività scatenata di un Mi-
chelangelo, fra gli artisti di una generazione più giovani, per superare i traguardi
sociali e simbolici da lui conseguiti. Bisogna aggiungere che questa strategia
professionale, del resto clamorosamente asserita nelle rivendicazioni del Libro
di Pittura, avrebbe implicato per Leonardo uno scotto elevato, perché proprio
l’enorme e ambiguo successo da lui riscosso è diventato subito un ostacolo alla
comprensione effettiva delle sue idee e della sua concezione. Il vero pensiero
di Leonardo («ciò che ha veramente detto», per riprendere il titolo standard di
una vecchia e fortunata collana di divulgazione filosofica) resta coperto sotto
questa spessa coltre di ammirazione infatuata e generica, che lo stesso artista
ha in qualche misura assecondato nelle sue ambizioni di divenire un artefice
“divino”, grazie ai suoi dipinti come alle avveniristiche innovazioni tecniche
da lui concepite, prima fra tutte quella del volo; ambizioni a cui va aggiunta
anche la non secondaria necessità di non rendere accessibili le sue annotazioni
per evitare accuse e persecuzioni in un’epoca in cui le ricerche scientifiche
e filosofiche più avanzate erano facilmente sospette di “stregoneria” e “magia
nera”. Un pericolo sempre incombente, che forse anche spiega l’accanimento
e la furia polemica con cui Leonardo si scaglia contro i “negromanti”, ai quali
evidentemente temeva di venir assimilato.
Questa somma di travisamenti, nel duplice senso di fraintendimenti e di ma-
scheramenti, ha fatto sì che l’immagine leonardiana restasse gravemente am-
putata e deformata con la dispersione dei manoscritti in seguito alla morte del
fedelissimo Melzi, e lo sbiadirsi della sua figura storica e umana nelle tipiz-
zazioni della storiografia cinquecentesca. Ecco perché appare filologicamente
Introduzione 9
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ti, tra i quali si annoveravano anche i codici leonardiani oggi custoditi alla
British Library e nella biblioteca di Windsor. L’estrema competenza del conte
di Arundel, erede del collezionismo italiano del Rinascimento, risulta imme-
diatamente dalla qualità, oltre che dalla quantità, degli autografi leonardeschi
da lui attentamente raccolti.
Il saggio di Pascal Brioist esplora un tema particolarmente interessante, in con-
tinuazione degli studi già compiuti da Pedretti, ossia il progetto leonardesco per
il Castello di Romorantin, a cui si doveva accompagnare una serie imponente
di interventi idraulici e urbanistici testimoniati da alcuni fogli del Codice Arundel
e del Codice Atlantico. Il progetto è un ultimo esempio della complessità e mo-
dernità delle idee architettoniche e urbanistiche di Leonardo, sempre concepite
in relazione al territorio e all’ambiente, ed è purtroppo rimasto allo stadio ini-
ziale per la sopravvenuta malattia e morte del maestro nel 1519. Ciò nonostante,
sulla base di esplorazioni documentali e archeologiche, è possibile interpretare
più a fondo quanto rimane nei fogli superstiti di quel progetto e ricostruire
quanto ne è stato realizzato in una primissima fase rimasta poi senza seguito.
Ma le idee di Leonardo avrebbero comunque lasciato il segno nell’architettura
francese di quel periodo, proponendoci uno dei tanti episodi di ibridazione
feconda tra cultura italiana e cultura francese.
Nell’intervento di Enrico Giannetto si affronta il tema di carattere storio-
grafico di come approcciarsi al pensiero scientifico di Leonardo e di come
valutarlo in relazione alla storia della scienza. Rileggendo i passi tradizionali
di carattere cosmologico Giannetto si sofferma sul rinnovamento del con-
cetto di impetus sviluppato da Leonardo. A partire da questo concetto, nei
manoscritti vinciani viene a delinearsi una ontologia di tipo unitario che va
oltre la riduzione della fisica a meccanica per basarsi invece su una concezione
“solare-termico-luminosa” della natura. Giannetto conclude auspicando una
revisione dell’atteggiamento storiografico fondato sulla contrapposizione del-
la scienza moderna (cartesiana) a quella medievale e rinascimentale, e vede al
contrario negli sviluppi della teoria dell’impeto medievale, condivisa da Leo-
nardo, Giordano Bruno, Galileo e Leibniz, la chiave per una rilettura della
storia della scienza moderna secondo la prospettiva storiografica continuista
inaugurata da Duhem agli inizi del XX secolo.
Andrea Bernardoni affronta un tema poco studiato dalla storiografia leonar-
diana come quello della teoria della materia che nel Codice Arundel, seppure
in maniera frammentaria, trova le sue elaborazioni teoriche più interessanti. In
Introduzione 11
una carta di questo codice, risalente agli anni 1504-1506, Leonardo propone una
definizione di elementi naturali intesi come entità materiali diversificate dal
loro grado di densità specifica. Questa idea di elemento trova conferma in una
serie di osservazioni empiriche di carattere sia naturalistico che tecnologico e
dà adito a speculazioni filosofiche che si spingono oltre il piano degli elementi
fino a ipotizzare una dimensione della materia prima di tipo atomistico e di
corpo misto, quest’ultimo inteso come una sorta di macromolecola nella quale
gli elementi partecipano secondo una proporzione determinata.
Nel contributo di Fabio Frosini viene affrontato il tema delle quattro potenze
naturali (forza, peso, moto e percussione) evidenziando come il tentativo di ri-
lettura dei fondamenti della fisica condotto da Leonardo lo porti a polarizzare
la problematica fisico-meccanica intorno al concetto di forza. Per questa via la
gravità e la levità dei corpi, qualità centrali nella fisica aristotelica, diventano
due concetti relativi, non naturali, che si producono negli elementi cosmici
nel momento in cui questi vengono sospinti fuori dal loro luogo naturale
o, sempre per l’azione di una forza esterna, quando variano le condizioni di
densità all’interno delle singole sfere elementari. Questa relativizzazione delle
potenze naturali che sono ridotte alla sola forza e al colpo, porta Leonardo
a sviluppare un concetto di natura, anch’esso relativo (seconda natura) che
contrapponendosi alla natura intesa come qualcosa di assoluto e sfuggente alla
nostra comprensione, si caratterizza per la sua interrelazione con i cicli storici,
con il susseguirsi delle civiltà scandito dal continuo mutarsi dell’assetto idro-
geologico del nostro pianeta.
Giuseppe Fornari propone una rilettura e una nuova interpretazione del con-
cetto leonardiano dell’«essere del nulla», attraverso la quale è possibile defi-
nire una dimensione magico-naturale di forze invisibili, di corpi sottili, che
si collocano in una dimensione intermedia tra quella fisica e quella spiritua-
le. La nozione leonardiana di punto, che riassume in sé il paradosso spaziale
dell’impossibilità del passaggio tra queste due dimensioni, viene ad esprimere
la trascendenza puntiforme di ciò che non è rappresentabile in termini umani,
e che proprio per questo diviene funzione trascendentale e creazionale dell’in-
tero universo. Questo collocarsi della trascendenza nella struttura medesima
del creato per Fornari corrisponde intimamente all’evento centrale del cristia-
nesimo, l’incarnazione di Dio compiutasi in Gesù Cristo. Le opere pittoriche
sacre di Leonardo rappresentano la testimonianza effettiva del suo cristianesimo,
che emerge, non sul piano di una mera riproposizione dei contenuti religiosi
12 Introduzione
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I temi toccati, come si vede, sono molto ampi, ma riflettono con circospezione
storica e documentale i molteplici interessi coltivati da Leonardo, senza super-
fetazioni arbitrarie e deformazioni anacronistiche, e le carte del Codice Arundel
fanno quasi sempre da guida in queste esplorazioni. Non ci pare inutile aggiun-
gere che l’effettiva genialità di Leonardo ne esce esaltata, non mortificata, con
tutti i chiaroscuri di una carriera lunga e non sempre facile, in cui egli ha dovu-
to superare una serie di ostacoli pratici e culturali, e in cui ha dovuto più volte
fare i conti con l’opacità della mancata riuscita, del fallimento, circostanza di cui
egli si mostra nei suoi scritti perfettamente consapevole. Ma la consapevolezza
del carattere strutturalmente incompiuto e transitorio delle imprese umane non
ha mai trattenuto Leonardo dallo spendersi senza riserve in mille iniziative e
progetti, spesso rimasti allo stadio di abbozzo. Anche e forse soprattutto in que-
sto, dopo averne storicamente verificato e meglio definito la singolare figura,
possiamo sentire Leonardo a noi modernamente vicino.
Desideriamo esprimere la nostra gratitudine a tutti gli studiosi la cui partecipa-
zione ha reso possibile questa iniziativa, e in particolare a Carlo Pedretti, che vi
ha aderito dandole così il massimo riconoscimento e contribuendo in modo de-
terminante alla sua piena riuscita. Un ringraziamento non meno importante va
a Enrico Giannetto e alla Scuola di Dottorato in Antropologia ed Epistemologia
della Complessità, per il fattivo sostegno dato al Convegno e al presente volume.
Andrea Bernardoni
Giuseppe Fornari