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STORIA DELL'ARCHITETTURA E DELLA CITTÀ I

(prof. S. Piazza – 8 cfu)


N.B.: notazioni critiche e confronto → analizzare l’opera COMPITO:
VIETATO DIRE STILE (non si può usare) 1 ORA
TEMA: lunghezza 1 pagina / 1,5.
Si tratta di approcci sintetici ma devono essere comunque esaustivi.
Non bisogna scrivere 4 cose a muzzo.

Sotto la voce AUTORE, se questo è sconosciuto, specificandolo è possibile inserire il COMMITTENTE.

L’ORALE si fa nel momento in cui il prof. ha delle perplessità sullo scritto (cosa che accade molto spesso)

Il giorno del compito, nel giro di un’ora, è già in grado di dirci chi è promosso e chi bocciato, mentre per il voto
effettivo bisogna aspettare che si porta tutti i compiti a casa per la correzione.

PIAZZA NON ADERISCE ALLO SCIOPERO.


Ricevimento: MERCOLEDÌ

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05-06-2018
8.0 Tardo Gotico e accenni al Rinascimento
Il tardo gotico quattrocentesco e cinquecentesco a partire dai primi decenni del XIV sec. si intreccia con un altro
importante fenomeno culturale fino a quando, giunti, ormai, al XVI sec. questi temi risultano ormai consunti e non
rappresentano più la realtà di quel tempo. Nel corso del ‘500 il gotico non riesce più a dire nulla di nuovo; ha già detto
tutto e tende, quindi, a spegnere la sua carica innovativa.
In questa fase un po’ stanca del gotico si intreccia invece con una corrente culturale in piena espansione che era già nata
nei primi anni del ‘400: il cosiddetto UMANESIMO (o CLASSICISMO).
Contrariamente al gotico e agli altri movimenti, il termine RINASCIMENTO verrà coniato dagli stessi protagonisti che
si autodefiniranno la “RINASCENZA” (non è un termine che verrà loro affibbiato in futuro) contro il sistema dei Goti.
In realtà la RINASCENZA è una sorta di anomalia, unica nella storia occidentale, perché questo movimento culturale si
basa su una frattura assoluta con la modernità.

Il presupposto fondamentale della rinascenza è che tutto quello che è avvenuto dopo la caduta dell’Impero Romano è
una degenerazione legata a un periodo di barbarie.

Pertanto, il loro compito è recuperare l’arte e fare risorgere Roma dalle ceneri. Loro non si pongono in continuità con le
vicende internazionali e locali, ma vogliono riconnettersi a una civiltà distrutta mille anni prima.

Vogliono far “rinascere” il mondo antico.

I primi anni del ‘400 si riallacciano al 476, anno della caduta dell’impero.
Il recupero del mondo antico vuol dire sostanzialm. porre come finalità dell’arte la bellezza in quanto entità oggettiva
delle cose (ossia il concetto universalistico del bello assimilato dagli umanisti attraverso i testi sopravvissuti nel tempo).

Il testo di riferimento fondamentale per il recupero del mondo antico è il De architectura di Vitruvio poiché è l’unico
testo teorico scritto ad essere giunto fino al ‘400.
Vitruvio, che vive in età augustea (e quindi non aveva visto il Circo Massimo, non aveva visto il Colosseo, a stento
aveva visto l’Ara Pacis e il Foro di Augusto), in realtà non era un architetto particolarmente affermato, non era
nemmeno l’architetto dell’imperatore. L’unico merito che gli viene riconosciuto è quello di aver scritto il De
Architectura, tra l’altro copiando qua e là dalla trattatistica greca.

Diventa il trattatista più importante della storia dell’occidente poiché è l’unico rimasto integro. Tutta la trattatistica
greca è romana è scomparsa, tranne Vitruvio che, per gli architetti del mondo antico, diventa una sorta di BIBBIA.
Il De architectura era arrivato agli umanisti, tra l’altro, in uno pseudo-latino un po’ imbastardito, privo di immagini e
non del tutto chiaro, risultato delle varie trascrizioni e rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli.

Dal punto di vista della filosofia del bello, era più facile attingere da Platone, Cicerone, dai pensatori greco-romani che,
invece, miravano sostanzialmente ad identificare la bellezza come entità oggettiva.
Lo scopo dell’arte è quello di riprodurre la bellezza universale, processo mentale che può essere rimandato soltanto ad
alcuni uomini di talento che sono in grado, attraverso la lettura della natura, di estrapolare l’armonia del creato.
Ovviamente questo concetto viene fortemente cristianizzato, viceversa non sarebbe stato possibile portare avanti una
corrente artistica innovativa; l’esaltazione del bello non è altro che lo specchio dell’armonia del creato e quindi di Dio.
Attraverso la rappresentazione del bello ideale si rende costantemente grazie a Dio e alla sua creazione.

L’uomo è autorizzato a stare al centro dell’attenzione, in quanto è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio.

Una volta individuata l’idea che la bellezza è una qualità oggettiva delle cose, non immediatamente percepibile, ma
attraverso il talento dell’artista estrapolabile, le vie possibili per raggiungerla sono soltanto due:
• La NATURA: attraverso l’osservazione attenta della natura, l’artista, in grado di estrapolare il bello ideale, può
riprodurre il bello. L’artista di valore, studiando l’anatomia, elabora le informazioni tratte dalla natura e, attraverso
un suo processo di razionalizzazione e di rielaborazione delle forme della natura, riproduce il bello ideale.
(es.: i bronzi di Riace, il David di Michelangelo- che non è nessuno in
particolare ma incarna la personificazione del bello ideale, dell’eroe ideale.)

• L’IMITAZIONE DEGLI ANTICHI: agli antichi viene riconosciuto il merito di aver già percorso questo processo di
lettura della natura e di elaborazione delle forme in ambito artistico. Gli antichi, quindi, sono già riusciti in questo
intento. Imitando gli antichi abbiamo già la soluzione in mano.
L’architettura antica diventa un punto di riferimento imprescindibile

Un altro concetto che viene fuori durante il rinascimento è la permeabilità delle arti, poiché se il bello è uno solo, non
ci possono essere delle leggi proporzionali che valgono per l’architettura ma non per l’arte o la musica.
Le stesse leggi devono quindi regolare le diverse forme artistiche.
Si inizia a insistere molto, per esempio, sul fatto che i rapporti numerici applicati in architettura debbano essere in
qualche modo corrispondenti ai rapporti numerici che si applicano nella musica, perché la musica non è altro che la
trasformazione in chiave estetica dei suoni, attraverso delle leggi precise.
La musica estrapola dal caos cacofonico, dall’infinità di suoni possibili, la bellezza e poesia di suoni.
Il trattato di Vitruvio chiarisce un concetto importantissimo: gli ordini architettonici non sono altro che la trasposizione
astratta delle proporzioni del corpo umano.
-Ordine dorico: rappresenta le proporzioni e il carattere dell’uomo
-Ordine ionico: rappresenta la matrona
-Ordine corinzio: rappresenta una giovane donna

Non è un caso, quindi, che se da un lato gli architetti iniziano a graficizzare l’uomo vitruviano in
forma geometrica, inscrivendo la figura umana nel quadrato e nel cerchio, dall’altro lato si tende
a sovrapporla con gli ordini architettonici.

La bellezza non è altro che l’equilibrio delle forme, regolato da leggi geometriche e proporzionali
che devono essere studiate e codificate.

Il punto di partenza più sicuro è legato alle due forme geometriche perfette: il quadrato e il cerchio che rappresentano
l’uomo come microcosmo, immerso, a immagine e somiglianza di Dio, nel macrocosmo.
Si viene a creare una visione rigoristica del fare architettonico, ossia una visione che implica una costante ricerca di
regole universali e la loro applicazione in modo sistematico.

Il primo grande rigorista è considerato Filippo Brunelleschi.


Se osserviamo la sua produzione architettonica ci rendiamo conto che fin dagli inizi tenta di individuare delle regole sia
geometriche che linguistiche, per poi portale avanti in modo sistematico nelle opere successive.
Egli si autocensura: usa solo colonne ioniche o corinzie; solo colonne a fusto liscio e paraste con fusto scanalato.

Pone in atto queste scelte nella sua prima opera Ospedale degli innocenti (1419)
e la porta avanti con degli aggiustamenti progressivi fino alla sua ultima opera
del 1446 che è la chiesa di Santo Spirito.
Dall’altra parte si viene a creare un fronte non proprio opposto ma alternativo a quello dei rigoristi, formato da coloro
che penano che gli antichi sono grandi maestri, bisogna studiare e imparare da loro, assimilandone l’architettura, il
lessico e i principi compositivi, ma come punto di partenza, perché ogni artista, ogni generazione ha il compito, per così
dire, di andare avanti.

C’è una bellissima frase di Borromini che per difendersi dalla fascia tradizionalista (Bernini, ecc.) cita Michelangelo:

“Chi segue altri non gli va mai inanzi.


Ed io al certo non mi sarei posto a questa professione col fine d'esser solo copista.”

Molto legato alla sperimentazione è anche Leon Battista Alberti che nel ‘400 scrive il De Re Aedficatoria, primo
trattato dopo la caduta dell’impero, che è in latino, che rimane come lingua colta per gli intellettuali.
Il fatto che lui lo scriva in latino significa che non si sta rivolgendo alla gente comune ma alle eccellenze europee.

Nel corso del ‘400 il classicismo inizia con grande lentezza a diffondersi in Italia; solo a partire dai primi anni del ‘500
di inizia a diffondere anche fuori dall’Italia, grazie soprattutto a due famiglie di mecenati europee.
Francesco I di Francia e Carlo V d’Asburgo saranno i primi mecenati europei che entrano in contatto con l’Italia e
con questa nuova strana cultura di recupero dell’antico, ne restano affascinati e decidono di utilizzarla come strumento
di autocelebrazione.

Questo vuol dire che per un secolo almeno il rinascimento si intreccia col gotico.

Nell’ospedale degli innocenti (1419), ad esempio, si vede come il recupero dell’antico implica una frattura assoluta con
l’architettura moderna, ossia il gotico. L’arco ritorna a pieno centro: la composiz. deve seguire l’equilibrio delle forme.

Nonostante ciò, questi poveri disgraziati che vogliono ripristinare un’arte morta mille anni prima, non hanno una
risposta a tutto, quindi cominciano ad ibridare elementi provenienti da ambedue le correnti.

Brunelleschi quando fa la cupola la disegna all’antica, ma il sistema delle creste, delle vele, ne denotano la modernità.
(CONTAMINAZIONE).

Palazzo Rucellai (Firenze, 1446-51) di Leon Battista Alberti: è un’altra opera che segna l’avvento
della rinascenza. Ha una sorta di rivestimento all’antica di una residenza preesistente ed è il primo che
tenta di riportare sulla facciata di un edificio l’idea degli ordini sovrapposti e delle trabeazioni.
Addirittura, grazie a un attento studio, nella parte bassa, nello zoccolo, riporta una citazione colta
poiché è in opus reticulatum.

La Cà d’oro (1424) di Brunelleschi a Venezia: Brunellesci è in piena


attività, forse sta già morendo e Venezia è in piena età gotica e lo vediamo
non solo dal lessico architettonico dove non c’è alcun elemento che
richiama in qualche modo il mondo antico. È un’opera totalmente estranea
al mondo antico ma in più anche dal punto di vista compositivo poiché
viene eliminata la simmetria strutturale.

Nella Cà Fòscari (1453) di Bartolomeo Bon vediamo una composizione


simmetrica pur essendo totalmente orientata sul repertorio gotico.

In altre regioni d’Italia il rinascimento è già alla seconda generazione, ma nella Serenissima sopravvive ancora il gotico.
Dobbiamo aspettare la fine del ‘400 per assistere, attraverso l’opera dell’architetto Mauro Codussi, a una più completa
conversione del rinascimento, ma sempre attraverso step successivi.

Nel Palazzo Corner Spinelli Colussi vediamo un impianto tipico del tardo gotico veneziano, per esempio
nelle finestre, ma con elementi rinascimentali.

Quest’opera può essere considerata il risultato di una ibridazione che è il vero linguaggio del ‘400 italiano.
Da un lato componenti del mondo antico che avanza silente ibridandosi con elementi del tardo gotico che col passare del
tempo assumeranno una fisionomia sempre meno evidente, fino, poi, a scomparire del tutto.

Cappella Colleoni a Bergamo: opera del tardo gotico lombardo di Giovanni Antonio Amadeo.
Anche se l’impostazione complessiva è ancora tardo gotica, se scendiamo nei dettagli vediamo invece
una costante citazione del mondo antico attraverso il rosone composto da rosette, dentelli, ecc…

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