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Presentazione Arte: Il Rinascimento

Introduzione

Con il termine “rinascimento” si va ad indicare la stagione letteraria, artistica, filosofica e scientifica


fiorita in Italia tra il Quattrocento e il Cinquecento.

Giorgio Vasari fu il primo ad utilizzare il termine “rinascita” per indicare il rinnovamento della pittura
introdotta da Cimabue e Giotto.
Nella prima metà dell’Ottocento si diffuse il termine “rinascimento”, utilizzato per la prima volta dallo
storico francese Jules Michelet. La sua diffusione è strettamente connessa alla pubblicazione del saggio
La civiltà del Rinascimento in Italia di Jacob Burckhardt.

Gli artisti di questo periodo si sentivano legati, e in qualche modo eredi, della civiltà classica. In questo
modo, il Rinascimento è anche la rinascita dell’arte classica e dei suoi modelli.
Il viaggio a Roma era un passaggio molto importante nella formazione di un artista di quest’epoca.
L’obbiettivo di questi soggiorni era di scrutare e riscoprire tra la vegetazione gli antichi muri, colonne,
capitelli, templi e basiliche romane per poi studiare e disegnare questi reperti.
Questi viaggi riguardavano anche la scultura, poichè sia pittori che scultori erano affascinati dal modo
in cui gli antichi rappresentavano pose complesse, muscoli tesi e il naturalismo delle figure e del corpo
umano.

In qualche modo però, gi artisti del rinascimento si sentivano superiori a quelli classici perchè secondo
loro gli artisti classici avevano potuto imparare da precendenti e esempi mentre quelli rinascimentali
hanno dovito riscoprire da soli tutte le techniche e i metodi.
Per questo motivo l’obbiettivo di un artista rinascimentale era di prendere ispirazione dall’arte classica
per creare qualcosa del tutto nuovo e diverso e per superarli nella grandezza.

Un’altra caratteristica dell’arte rinascimentale che la contraddistingue da quella medioevale è la


centralità dell’uomo, con la propria intelligenza e la capacità di creare e promuovere il proprio destino.
Si tratta della corrente letteraria, artistica, filosofica e scientifica chiamata Umanesimo e nasce con lo
studio dei testi letterari capaci di formare l’interiorità umana.

Come accennato prima, l’arte antica greca e romana era naturalistica. Il suo scopo era quindi di imitare
la natura o mìmesi.

Questo viene ripreso anche nell’arte del rinascimento, principalmente con l’uso della prospettiva.

La Prospettiva
Fino all’inizio del Quattrocento la prospettiva utilizzata dagli artisti era intuitiva.
Con il Rinascimento si inizia ad utilizzare precise regole matematiche e geometriche per la
rappresentazione in prospettiva degli ambienti.
Il termine “prospettiva” indica un insieme di proiezioni su un piano in due dimensioni, tale che gli
oggetti o insiemi di oggetti siano rappresentati come noi li vediamo nella realtà.

Perchè questo sia possibile, devono essere verificate le seguenti condizioni:

- che esista un oggetto da rappresentare;


- che ci sia un osservatore;
- che si conosca la posizione esatta dell’osservatore rispetto all’oggetto;
- che ci sia un supporto su cui disegnare, tale supporto è chiamato quadro prospettico.

Dall’occhio dell’osservatore partono dei raggi che circondano l’oggetto, questo vine detto piramide
visiva. Intersecando il quadro prospettico, i raggi individuano un’immagine simile all’oggetto ma molto
più piccola.

La prospettiva utilizzata ha un solo centro di proiezione. La vista è perciò monoculare e non


stereoscopica come lo è la nostra vista normale.

La prospettiva tiene conto di uno schema molto preciso:

- l’occhio dell’osservatore si chiama punto di vista;


- la posizione dell’osservatore rispetto all’oggetto si chiama punto di stazione, rispetto al quadro si
definisce come distanza dal quadro;
- le linee perpendicolari al quadro convergono in un unico punto detto punto di fuga;
- per tale punto passa la linea dell’orizzonte, la quale è parallela alla linea di terra;
- le linee orizzontali parallele al quadro e fra loro equidistanti conservano il parallelismo ma la loro
distanza reciproca diminuisce, questo viene chiamato scorciatura;
- le linee verticali parallele al quadro rimangono invariate se giacciono su un piano parallelo al quadro,
se invece giaggiono su un piano perpendicolare al quadro esse diminuiscono la loro distanza reciproca
e si avvicinano non progressione al loro punto di fuga.

Fu Filippo Brinnelleschi a scoprire le regole geometriche della prospettiva lineare e dette prova alle sue
scoperte creando delle tavolette prospettiche.

La prima rappresentava il battistero di firenze raffigurato in controparte, cioè come visto da uno
specchio. Era dipinto su una tavola di legno contro uno sfondo di a foglia d’argento che rifletteva il
cielo. La tavola era dotata di un foro che era più largo sul retro. A questo foro l’osservatore accostava
l’occhio e osservava la tavoletta attraverso uno specchio. A quel punto era portato a mettersi all’interno
di Santa Maria del Fiore, poco oltre l’entrata al centro. L’osservatore doveva confrontare la visuale allo
speccio e quella nella realtà e cercare di fare rientrare lo specchio nella piramide visiva.

In questo modo si trovava una perfetta coincidenza tra l’immagine reale e il dipinto.

Nella seconda tavoletta raffigurava Palazzo Vecchio e la Loggia de’ Lanzi visti dall’attuale incrocio con
via dei Calzaiuoli. Il cielo era ristagliato, mostrando così solo gli edifici.
La tavola era posta sul punto di stazione e l’osservatore aveva il compito di muoversi e spostare la vista
fino al sovrapponimento delle due immagini.

Queste tavolette sono state perse e le fonti storiche che ne raccontano non citano i metodi matematici
usati dal Brunnelleschi.
Poco importa poichè la novità è l’esistenza stessa di metodi matematici per la rappresentazione
verosimile e la conoscenza scientifica della natura.
Gli artisti avevano per la prima volta dei metodi specifici e scientifici a cui fare riferimento.

Filippo Brunnelleschi in principio aveva usato lunghe operazioni grafiche e di calcolo che vennero poi
semplificate da Leon Battista Alberti e divennero note con il nome di costruzione abbreviata. Alberti
dedicò a Brunnelleschi il prologo del suo trattato.

Con Piero della Francesca si ebbe il primo trattato sulla prospettiva interamente illustrato. In questo
trattato egli conduce il lettore a creare rappresentazioni prospettiche sempre più complesse fino ad
arrivare a rappresentare il corpo umano.

Lo studio della prospettiva fu arricchito da Leonardo da Vinci quando egli teorizzò la prospettiva
aereo. Tramite osservazioni lui capì che per via della concetrazione d’aria, gli oggetti più lontani
tendono ad apparire più indistini, sfocati e tendenti all’azzurro.

Le Proporzioni
Grazie alla riscoperta del trattato di architettura di Vitruvio, si arrivò alla teoria delle proporzioni, che
altro non sono che rapporti matematici, cioè misure in relazione tra loro.

Nel Rinascimento, queste sono essenzialmente numeriche e i loro rapporti rispecchiano quelli delle
note musicali.

Per cui due corde teste, una lunga il doppio dell’altra, produco entrambe la stessa nota ma quella più
lunga ne produce una un’ottava più bassa dell’altra.

Questo rapporto è chiamato diapsòn o 1:2.

Esistono anche altri rapporti come l’unisono cioè 1:1, il diapènte cioè 2:3 oppure il diatèssaron cioè
3:4.

Le proporzioni avevano il compito di rendere un edificio armonioso e sostenibile.

Inoltre Vitruvio sosteneva che nella progettazione di edifici ci si doveva attenere alle proporzioni del
corpo umano, poichè riteneva che i rapporti fra le varie parti fossero ben proporzionati.

Molti furono gli artisti che cercarono di ricreare ciò che sosteneva Vitruvio nel suo trattato.

La pià riconosciuta e la più completa rappresentazione è senza dubbio l’uomo vetruviano di Leonardo
da Vinci.
Filippo Brunelleschi
Filippo Brunelleschi nacque a Firenze nel 1377 e morì nel 1446. Era il figlio di un notaio ed ebbe per
questo motivo una formazione molto rigorosa che comprendeva lo studio della lingua latina.

Tuttavia lui si dedicò all’arte e in particolare all’architettura. Giorgio Vasari lo accredita per aver dato
inizio dell’architettura rinascimentale. Con Brunelleschi nasce anche la figura moderna dell’architetto
come unico ideatore di un’opera e con il controllo su tutti i procedimenti.

Egli iniziò le proprie attività in qualità di orafo e in seguito al concorso del 1401 dedicò il resto della
sua vita all’architettura.

Brunelleschi compii due soggiorni a Roma, il primo in compagnia dell’amico Donatello. Questi
soggiorni gli permisero una profonda conoscenza dell’architettura antica.

Cupola di Santa Maria del Fiore

Nel 1418 Brunelleschi partecipò al concorso per la realizzazione della cupola della cattedrale che era
ancora senza copertura nella zona del coro. Il baratro di forma ottagonale misurava un diametro di 46
metri o 54 metri contando lo spessore del tamburo.

Brunelleschi costruì una cupola autoportante, cioè capace di reggersi da sè durante e a seguito della
costruzione, senza l’impiego di armature o supporti provvisori come la centina.

Nel 1420 iniziò la costruzione.

La cupola si regge su un tamburo parzialmente incrostato di marmi e forato da otto finestre circolari
chiamati òculi che hanno la funzione di illuminare l’interno.

Dall’esterno otto bianche venature il marmo convergono verso un ripiano ottagonale in cima sul quale è
posta la lanterna cuspidata.

La struttura della cupola è costituita da due calotte. Una interna più spessa e una esterna più sottile. Tra
le due calotte è presente uno spazio detto intercapèdine, percorribile tramite scale e corridoi che
portano al piano su cui si regge la lanterna.

Le calotte ogivali sono collegate da otto costoloni visibili dall’esterno – si tratta delle venature
marmoree a cui ho accennato in precedenza – e da sedici costole intermedie disposte lungo le facciate
delle vele. I costoloni d’angolo e le costole intermedie sono unite tra loro da nove anelli in muratura.

La cupola fiorentina è stata costruita tirando su contemporaneamente e con omogeneità costruttiva tutte
le parti, ognuna portante – al contrario di come venivano costruite le cupole gotiche.

Per la costruzione vennero utilizzate delle centine mobili per guidare correttamente il tracciato a quinto
acuto in corrispondenza degli angoli. In più Brunelleschi inventò delle macchine in grado di sollevare i
pesi.
Per la muratura fu impiegata la muratura a spinapesce derivata dall’opus spicatum romano che consiste
nel disporre dei mattoni verticalmente, di seguito ad altri posizionati orizzontalmente. La cupola è
quindi attraversata da eliche murarie che stringono la muratura e si raccolgono alla base.

La cupola è una cupola di rotazione. Ciò significa che I mattoni non sono posti su piani orizzontali ma
su superfici coniche – risultano quindi inclinati verso il loro centro di rotazione. Il massimo della
concavità delle vele cade quindi al loro centro.

Una semisfera è descritta dalla rotazione di un raggio in determinati punti. Ad una certa altezza questa
rotazione da forma a un cono. Tramite l’intersezione tra vari coni di raggio uguale e la semisfera è
possibile calcolare dove posizionare i mattoni.

Una cupola di rotazione a pianta ottagonale a sesto acuto implica l’intersezione di più coni con vercice
sullo stesso asse non necessariamente sullo stesso piano e l’esterno della cupola, vista come un insieme
di otto curve.

La costruzione della cupola fu completata nel 1436. Tutta via la lanterna fu completata dopo la morte di
Brunelleschi.

Spedale degli Innocenti

La sua costruzione inizio nel 1419 e fa parte della piazza porticata rinascimentale più riuscita e nota,
quella della Santissima Annunziata.

Brunelleschi ci si dedicò fino al 1423 e fu terminato da altri.

Si articola attorno a un chiostro centrale che è affiancato dal dormitorio degli orfani e dalla chiesa. La
fabbrica si innalza su un piano rialzato – quasi come uno stilobate di un antico tempio – a cui si sale per
mezzo di nove gradini.

Nove è un nome che si ripete più volte nelle proporzioni di questo edificio. Nove sono le arcate del
porticato e anche le campate coperte da volte a vela e le finestre.

Le finestre sono sormontate da un timpano e poggiano sulla cornice dell’alta trabeazione che è
sostenuta da un ordine maggiore di paraste. Le quali sono affiancate da colonne libere.

Nei timpani Filippo aveva progettato dei tondi tangenti a due archi contigui, in seguito sostituiti da
ceramiche invetrate.

L’architrave a tre fasce gira all’estremità, piegandosi ad angolo retto verso il basso.

Il fregio presenta un motivo strigilàto derivato da sarcofagi romani.

L’ordine e gli archi sono ispirati dalla basilica romanica di San Miniato, così come i capitelli cornzi
posti sopra gli abachi.

L’intercolumnio è pari all’altezza e alla profondità del porticato creando una campata cubica.
Nelle proporzioni, oltre alla ripetizione del numero nove troviamo che molte misure sono modulari, ciò
vuol dire che vengono ripetute più volte per scandire meglio lo spazio.

Lorenzo Ghiberti
Lorenzo Ghiberti nacque a Firenze nel 1378 e muore nella stessa città nel 1455. Ebbe una formazione
presso la bottega orafa del patrigno dove apprese l’arte del disegno, della fusione, a stampi e a cera
persa, e del cesello.

Nel 1424 soggiorna a Roma e nel 1429 a Venezia, dove si cimentò sull’arte locale.

Lui era principalmente orafo e scultore ma anche architetto.

Il concorso del 1401

Per la costruzione della Porta Nord del Battistero di San Giovanni, l’arte dei Mercanti dandì un
concorso per fare in modo di trovare l’artista più adatto, in quanto il battistero è sempre stata un’opera
molto importante per gli abitanti di Firenze.

Le regole del concorso erano semplici, gli artisti;

- dovevano rappresentare in una formella a cornice mistilinea e quadrilobata, la scena biblica del
sacrificio di Isacco da parte del padre Abramo;
- usare meno materiali possibili;
- avevano un anno per completare la formella.

I finalisti furono Ghiberti e Brunelleschi.

Formella di Ghiberti

La formella di Ghiberti è inscrivibile in un rettangolo ed è composta da due gruppi di figure principali


divisi fisicamente da una roccia. In questo modo la composizione è in equilibrio, di certo ispirato
dall’arte classica.

Nel gruppo in basso a sinistra sono rappresentati due servi che parlano tra loro, ignari della situazione.

In alto a sinistra è rappresentato Abramo nell’atto di sacrificare il figlio Isacco. Isacco è in ginocchio su
un altare. La sua nudità è di ispirazione classica.

Nell’angolo in alto a destra appare come dal nulla un angelo che cerca di fermare Abramo. Questo è un
atto puramente simbolico, non c’è niente che collega il divino con il terreno.

E’ lecito notare tutti I piccoli particolare che sono stati inseriti nell’opera dall’artista come per esempio
la piccola lucertola ai piedi di Abramo.
La formella di Ghiberti fu costruita tramite un unica colata, risparmiando così tempo e materiali.

Formella del Brunelleschi

Mentre nella formella precendente, l’artista segue uno stile che ci riporta ancora un po’ al gotico, nella
formella del Brunelleschi si trova uno dei primi esempi di arte rinascimentale.

La scena principale della formella può essere inscritta in un triangolo isoscele.

In mezzo, Isacco è inginocchio su un altare. L’espressione agghiacciata e le pose dinamiche sua e del
padre Abramo che è nell’atto di sacrificare il figlio, sono molto indicative dello studio dell’arte
classica, e quindi anche del rinascimento.

I servi ignari hanno i capi piegati verso il basso e la schiena rivolta verso la scena sovrastante, ponendo
fisicamente una barriera tra le due scene. Le figure sembrano quasi fuoriuscire dalla formella, dandole
un elemento di profondità.

In alto a sinistra, un angelo appare e con una mano attorno al braccio di Abramo, cerca di fermarlo
fisicamente. Il divino diventa quindi non più strettamente simbolico e intangibile ma diventa un
tutt’uno con il terreno.

E’ anche questo uno dei motivi per cui di fronte a una giuria di vecchio stile, prevalse la formella di
Ghiberti.

Porta del Paradiso del Battistero di Firenze

Dopo aver concluso la costruzione della Porta Nord, Ghiberti fu di nuovo commissionato per la
costruzione di un’altra porta del Battistero.

A differenza della Porta Nord, la Porta del Paradiso è stata ideata interamente in stile rinascimentale e
durò per oltre 25 anni. In più, all’artista fu data piena libertà sulla scelta dei soggetti. Ghiberti scelse di
rappresentare alcune storie dell’antico testamento.

Egli realizzo dieci formelle, ognuna incatrata in una singola cornice. I bordi dei battenti erano decorati
con un fascia ritraente diverse figure bibliche.

La porta è caratterizzata da figure altamente dettagliate, paesaggi complessi e architetture


rinascimentali.

Ghiberti impiegò la tecnica del stiacciàto. Ciò voleva dire che le figure in primo piano veniva
rappresentate il alto rilievo o addirittura quasi a tutto tondo, mentre le figure nello sfondo venivano
raffigurate solo leggermente rialzate.

Questa tecnica dava un senso di profondità e di prospettiva alla scultura.


Jacopo della Quercia

Jacopo della Quercia nacque nel 1371 a Quercegrossa. Era il figlio di un orafo e intagliatore e ebbe una
formazione tardo-gotica legata all’arte scultorea dei Pisano.
Jacopo ebbe una vita molto turbolenta con varie condanne. Nonostante ciò, realizzò varie opere prima
della sua morte nel 1438.

Monumento funerario di Ilaria del Carretto

Una di queste opere fu il Monumento funerario di Ilaria del Carretto, realizzata per la moglie di Paolo
Guinìgi, morta di parto nel 1405.

Si tratta di un sarcofago diviso in due parti:

-l’ arca , cioè la cassa, di tipologia romana;


-il coperchio, che riprende l’uso delle tombe terràgne, e che dovevano inserirsi nella pavimentazione
della chiesa.

La cassa è composta da quattro lastre marmoree, decorate da cinque puttini danzanti che reggono dei
festoni di fiori. A basso rilievo è rappresentato lo stemma di famiglia.

Sulla lastra di copertura e raffigurata la defunta, con la testa quasi a tutto tondo.

Vari elementi quali le pieghe surrealistiche del vestito sono puramente decorativi e a ricollegare ai
canoni gotici.

La figura della ragazza si può dividere in tre elissi. La prima che parte dai piedi e arriva fino alle mani,
la seconda che parte dalle mani e arriva alla base del collo e la terza che comprende il collo, la testa e il
copricapo della defunta. Questa sovrapposizione dona all’opera un rigore compositivo assoluto.

Il volto realistico della ragazza, con I suoi lineamenti distesi ma non idealizzati è da ricollegare al
Rinascimento.

Donatello
Donatello nacque a Firenze nel 1386 e condusse il suo apprendistato presso la bottega di Ghiberti, dove
acquisì le techniche del cesello e della fusione in bronzo ma anche l’amore per l’arte classica.

Compii con Brunelleschi un viaggio a Roma che fu fondamentale per la sua formazione scultorea. In
seguito tornò a Roma per studiare la scultura tardo-antica.

Verso il 1416 si spostò a Pisa dove studia, insieme a Masaccio, le opere dei Pisano.
In seguito si spostò a Prato, a Siena e anche a Ferrara. Lasciando dietro di se varie opere importanti.

Infine si trasferì dieci anni a Pisa prima di ritornare a Firenze dove morì nel 1466.

Secondo il Vasari, Donatello riuscì non solo a raggiungere il livello degli artisti della tradizione
scultorea greco-romana, ma riuscì pure a superarli, poichè dava ai personaggi un’umanità e
un’introspezione psicologica unica a quei tempi.

Il Banchetto di Erode

Tra il 1423 e il 1427 Donatello collaborò insieme ad altri artisti affermati dell’epoca per creare il fonte
battesimale del Battistero di Siena. Realizzò una formella in bronzo raffigurante Il Banchetto di Erode.

Donatello si cimenta molto sull’organizzazione degli spazi, sulla prospettiva e sulla disposizione dei
personaggi.

In primo piano a sinistra vediamo un servo inginocchiato con un vassoio in mano. Sul vassoio che sta
porgendo al sovrano è appoggiata la testa mozzata di Battista, la cui esecuzione fu stata ordinata da
Erode stesso.

Erode è raffigurato nell’atto di ritrarsi con le mani alzate davanti a se. Erodiade è in piedi vicino a lui
nell’atto di indicargli la testa.

Gli altri partecipanti scappano e si coprono il viso, agghiacciati dalla scena davanti a loro. In questo
modo Donatello raffigura anche gli effetti del delitto e il movimento delle reazioni degli altri
partecipanti.

Al centro della scena si crea un vuoto che grazie alla raffigurazione prospettica del pavimento e degli
oggetti rende la profondità della scena.

Nello sfondo, il ripetersi di archi colonnate è ritratto sempre più schiacciato, aumentando così la
profondità.

Al di là degli altri si svolgono altre due fasi della narrazione:

- il suonatore di viola allude alla danza dei sette veli;


- in fondo a sinistra il servitore mostra il vassoio con la testa mozzata anche a Erodiade.

David

La data esatta di realizzazione di questa statua non ci è nota. Sappiamo però che Donatello fu
commissionata da Cosimo de’ Medici attorno al 1437.

La scultura è una fusione a cera persa di grandezza quasi naturale. Tornita e rifinita dal cesello. Pensata
per la vista frontale e posteriore e persino per quella dal basso.
Si tratta della prima statua a tuttotondo dopo oltre un millennio che raffiguri un nudo virile.

Esistono due interpretazione per questa scultura:

- David intendo a celebrare la sua vittoria contro il gigante Golia, il piede che calpesta la testa mozzata
del gigante;

- il dio Hermes che osserva la testa mozzata di Argo, il gigante dai cento occhi (questa interpretazione
nasce per via dell’insolito copricapo e dei calzari che presenta la scultura).
Donatello conferisce alla figura un’espressione naturale e pensierosa, con la testa lievemente inclinata
verso il basso, mentre il corpo è piegato in una posa innaturale, derivata dalla scultura policletea.

Donatello si fa uso della luce per la maggiore modellazione del corpo. La luce infatti sottolinea le curve
del corpo, mettendo in ombra i suoi piedi e la testa del gigante. Tutto ciò dà alla statua una grande
naturalezza.

Masaccio
Masaccio naque a Castel San Giovanni in Altura nel 1401. Viene descritto come una persona sempre
molto assorbito nelle sue opere e nelle proprie attività creative che si disinteressava completamente per
tutto il resto.

Su questo artista non si conoscono molte notizie biografiche, si sa solo che suo padre morì e in seguito
si trasferì a Firenze con sua madre e i suoi fratelli, dove avvenne la sua formazione artistica.

Riallacciandosi a Giotto e ai suoi seguaci, Masaccio concepisce una pittura del tutto nuova e diventa il
terzo punto di riferimento per la rivoluzione artistica di quest’epoca.

Masaccio compii diversi viaggi a Pisa e infine anche a Roma dove morì inaspettatamente a 27 anni.

Sant’Anna Metterza

Nonostante la sua vita corta, Masaccio completa molte opere, sia a tempera su tela, sia as affresco.

Sant’Anna Metterza nasce come collaborazione tra Masaccio e Masolino. Si tratta di una pala d’altare
commissionata per la chiesa di Sant’Ambrogio.

Tre angeli reggono un prezioso drappo sulla spalliera del trono. Il drappo è fatto di una stoffa prodotta
esclusivamente dai Bonamici, la famiglia che ha commissionato il quadro. Quindi si tratterebbe quasi
di una promozione pubblicitaria.
Sul trono è seduta la Madonna con in grembo il bambino. Sant’Anna, la madre di Maria, è in piedi
dietro di loro. Ai lati del trono stanno altri due angeli.

Maria, dipinta da Masaccio, è una figura massiccia e sicura al centro dell’opera. Le poche pieghe
semplici del vestito fanno pensare alla naturalezza del Rinascimento.

Grazie alla technica del chiaro scuro, i personaggi di Masaccio tendono ad occupare un volume
proprio, e quindi uno spazio invece di una superficie.

Cacciata dal Paradiso Terrestre

Questo affresco, presente nel secondo registro del pilastro di sinistra dell’arco di accesso della cappella
Brancacci, raffigura Adamo ed Eva nel momento in cui l’angelo di Dio li caccia dall’Eden.
I personaggi sono raffigurati nudi, con volumetrie massicce ma naturali e realistiche grazie all’uso del
chiaroscuro.

Hanno appena varcato la porta del Paradiso Terrestre e piangono disperati dalla vergogna, adamo si
copre il volto mentre quello di Eva è aperto in un’espressione di dolore. Si copre il seno e il pube, una
posa ispirata alla tipologia di scultura Venus pudica.

Lo sfondo è brullo, per evidenziare le figure in primo piano ma anche per ricordare ai personaggi e
all’osservatore cosa si sono lasciati dietro.

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