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LEONE

BATTISTA
ALBERTI
(1404-1472)
ASPECTOS
BIOGRÁFICOS
■ Familia noble de comerciantes y
banqueros florentinos desterrados de
Florencia en 1377 por motivos
políticos.
■ Estudios; Letras en Venecia y Padua,
Derecho y Griego en Bolonia.
■ Intereses muy variados con una
formación científica y artística:
música, pintura, escultura,
arquitectura, física, matemáticas.
■ A la muerte de su padre en 1421, se
dedica a la carrera eclesiástica. En
1432 se traslada a Roma como
abreviador apostólico, donde
profundiza su estudio directo de las
antiguas ruinas.
■ El regreso a Florencia del exilio entre 1428
y 1432 fue una oportunidad para acercarse
a la obra de los grandes innovadores
Brunelleschi, Donatello, Masaccio. Y en
1436 escribió De Pictura, un tratado
destinado a definir las reglas de las artes
figurativas, dedicado a Brunelleschi.
■ En años posteriores, publica con De Statue
y De Re Aedificatoria.
DE PICTURA.
ARTE Y
GEOMETRÍA
1436
OBRAS LITERIAS
■ DE REA AEDIFICATORIA
Edificaciones

■ Palacio Rucellai
1460 - 56 años
 Florencia – Italia
Edificaciones

■ San Francisco
1455 - 51 años
 Rímini – Italia
Edificaciones

■ Santa María Novella


1470 - 66 años
Florencia – Italia
Edificaciones

■  San Sebastián de
Mantua
1460 - 56 años
Mantua – Italia
Edificaciones

■ San Andrea de Mantua


1470 - 66 años
 Mantua – Italia
Edificaciones
Edificaciones

■ Santísima Anunciación
1469 - 65 años
Florencia – Italia
Certamente. Nel De pictura, come ha ribadito lei, ho cercato di dare una regola e una
sistemazione alle arti figurative attraverso la "Geometria". Ho diviso la pittura in tre
parti:
1.la Circumscriptio, che consiste nel tracciamento del contorno dei corpi;
2.la Compositio, che è il tracciamento delle linee che uniscono i contorni dei corpi;
3.la Receptio luminum, che prende in considerazione i colori e la luce.
Il trattato contiene quindi un'analisi di tutta la tecnica e la teoria pittorica, con una
sistematicità che supera i precedenti prontuari medievali.
Ho trattato per la prima volta la prospettiva lineare geometrica, messa a punto verso
il 1416, da Filippo Brunelleschi, un grande personaggio al quale ho dedicato l'intera
opera nell'edizione del 1436. La tecnica ‘brunelleschiana’ consiste essenzialmente nel
dividere il campo visivo entro un reticolo, con il contenuto dei singoli campi che viene
poi opportunamente proiettato sul dipinto tramite una costruzione geometrica. Ciò
necessita la determinazione di un punto di vista ottimale dello spettatore e solo se si
osserva il dipinto dalla distanza prevista si ottiene una visione perfezionata. Ho reso il
metodo più flessibile, pensando la rappresentazione pittorica come una sezione della
piramide ottica, e il punto di osservazione collegato al punto di fuga collocato sulla
linea dell'orizzonte. Al punto di fuga convergono tutte le linee perpendicolari al piano
del dipinto.
Il trattato contiene, infine, considerazioni generali sulla costruzione delle figure, il
trattamento dei colori e la professione dell'artista.
Ha ragione, la mia vena matematica è presente nelle mie opere, non è un caso che,
nelle mie teorie architettoniche riprenda il De Architectura di Vitruvio (Vitruvius
Pollio, I sec. a. C.), il più “matematico” tra gli architetti dell’antichità, il quale,
estendendo la lezione di Policleto (il Vecchio, attivo nel 420 – 460 a. C.) che diceva:
«L’uso di molti numeri porterebbe la scultura alla perfezione», lasciò la
testimonianza: «La simmetria risulta dalle proporzioni, la proporzione è la
commisurazione tra il tutto e le varie parti che lo compongono», proseguendo così
una via che potremmo chiamare “matematica” all’estetica (non solo architettonica;
basti pensare che a queste affermazioni fecero fede i vari Melas, Fidia, … fin
dall’antichità, scultori, essi, più che architetti).
Ora, è ben noto che il Rinascimento tenne in grande considerazione
questi “valori geometrici”, arrivando a teorizzarli come “canoni”.
Nel De Architectura, in uno dei paragrafi dei Ludi, quello che tratta della
misurazione dei campi, risposi a domande che Meliaduso d’Este (fratello di Leonello
d’Este, che mi aveva richiesto di scriverel’opera,) mi aveva posto anni prima.
Lei si chiederà perché “giochi matematici” (ludi) e non piuttosto semplicemente
“matematica” o meglio ancora “problemi di geometria e di fisica”, come sarebbe
stato più rispondente al contenuto reale dell’opera.
 

Bene, la storia aneddotica ci insegna come, fin dall’antichità più remota, si sia
manifestata una certa difficoltà da parte di taluni all’apprendimento della
matematica. Valga l’esempio attribuito ad Euclide: «Non vi sono vie regali per la
geometria», frase detta scacciando un principe che voleva
imparare in fretta e senza sforzi la sua disciplina.
Ciò ha fatto sì che, sotto forma di finti “giochi”, sviluppassi tutta una serie di testi,
sollecitazioni etc. per spingere i giovani ad apprendere la matematica, ad
accettarla, se non proprio ad amarla.

 
Nel secolo XV la matematica subì una delle trasformazioni più profonde della propria
storia. Si passò infatti da una cosiddetta fase medioevale a una fase nuova, nella
quale la scienza viene interpretata come attività pienamente autonoma e la
matematica assunse il ruolo essenziale che la portò nei due secoli successivi ,ad
essere protagonista della Rivoluzione scientifica della fine del Seicento, grande
mediatrice fra la scienza e la tecnica nonché tra la scienza e l’arte. Il diverso
approccio alla matematica, in particolare alla geometria, è tra gli elementi
caratterizzanti di questo cambiamento, ben rappresentato dalla fusione tra cultura
umanistica e cultura scientifica, concetto al quale dedicai l’intera mia vita.
Nei Ludi matematici e nel De componendis cifris cercai di profondere il mio sapere
matematico, nel primo per quanto riguarda particolarmente la ‘geometria’ e nel
secondo,per quanto concerne più specificatamente la statistica.
Nel De componendis cifris posi le basi della moderna crittografia, della
quale sono considerato un precursore.
 
Di cosa si tratta?

In particolare mi dedicai allo studio di un linguaggio da un punto di vista


Statistico. Mediante il ‘disco cifrante’, da me ideato, costruii un sistema
polialfabetico che consentiva la cifratura di un messaggio, fornendo maggiori
garanzie rispetto ai sistemi fino all'ora utilizzati. Del ‘disco cifrante’,
ovviamente, dovevano esistere due copie uguali, una per il trasmettitore
e una per il ricevitore.
Le due circonferenza di ciascun disco venivano divise in ventiquattro parti uguali,
chiamate ‘case’. In ognuna delle case dei due cerchi si tracciavano le lettere
dell’alfabeto, nonché, solo nel più grande, i numeri da 1 a 4, togliendo da esso alcune
lettere, giudicate come ‘inutili’, quali per esempio la H o la K, in modo che le case
fossero in tutto 24. Quindi si incernieravano i due dischi nel loro comune centro, in
modo che potessero ruotare intorno a tale centro, così che le lettere o i numeri tracciati
sulle loro circonferenze assumessero varie reciproche relative posizioni. Per
comunicare, trasmettitore e ricevitore concordavano una ‘chiave’ di codifica,
costituita da una coppia di caratteri presi, rispettivamente, dal disco di raggio
maggiore e da quello di raggio minore (o viceversa). Il trasmettitore codificava il
messaggio, composto con i caratteri del disco di raggio minore, mediante quelli del
disco di raggio maggiore e, analogamente, come appare evidente, faceva il ricevitore
per decodificarlo.
...ma ritorniamo alla geometria..

Le applicazioni geometriche dei miei studi,


come ho già accennato, si trovano
prevalentemente nei
Ludi matematici (Ludi Rerum Mathematicarum).
I problemi posti da Meliaduso a Alberti consistevano, in sintesi, nel trovare delle
regole che consentissero di misurare «solo con il vedere», determinando, per così
dire a vista, distanze di oggetti, tra di loro o da un osservatore, e dimensioni di
manufatti, totalmente o parzialmente inaccessibili, oppure superfici di terreni; oltre a
questi, trattai altri problemi che aggiunsi a quelli che mi furono richiesti, trattandoli
anche in maniera ‘dilettevole’. Affrontai, cercando di trovarne una o più soluzioni, i
problemi legati alla misurazione dell’altezza di una torre, della larghezza di un fiume,
della profondità di una valle, o più semplicemente di un pozzo, della determinazione
dell’estensione di terreni, e altri ancora. Cercai di risolvere i suddetti problemi
seguendo procedimenti, che sono esempio di brillante e rigoroso ragionamento
deduttivo.
Inoltre mi servii soprattutto di strumenti molto semplici e, per la verità, anche
abbastanza imprecisi, ma ottenendo, nella maggior parte dei miei calcoli,
approssimazioni non immaginabili per i miei tempi e per quei metodi, per esempio,
nell’assegnazione del valore di π. Misi; inoltre, il principio di proporzionalità diretta
tra i lati omologhi dei triangoli simili e quella tra i segmenti intercettati da rette
parallele sopra due trasversali.
 
Risolsi, in questo modo, tutti i problemi collegati, cercando di trovare anche una
spiegazione sia matematica sia fisica.
 
 
Ci può fare un esempio di un quesito
da lei risolto?

Certamente. Innanzitutto va detto che i primi


sette problemi riguardano la misurazione,
«solo con il vedere», dell’altezza
di una torre o, più in generale, della quota di un oggetto
irraggiungibile e della larghezza di un fiume.
Nel primo problema mostrai come fosse possibile misurare, con la sola vista, l’altezza
di una torre, ponendosi in un qualunque punto della piazza ove sia situata la torre
stessa, conoscendo l’altezza dal suolo di un elemento di tale torre. L’osservatore
doveva conficcare «un Dardo in terra», prospiciente la torre, allontanarsi da questo di
circa «sei o otto piedi» e traguardare su di esso la cima della torre, la base della
stessa e un punto di altezza nota dal suolo, indicando con «un poco di cera per segno»
sull’asta i punti nei quali erano stati traguardati, rispettivamente, i tre succitati punti
della torre.
Schema di misurazione dell’altezza di una torre nota la quota
di un suo punto
L’osservatore doveva effettuare tutte queste operazioni senza muoversi dalla sua
posizione iniziale, senza cioè modificarla rispetto al dardo e senza modificare il
proprio piano di visualizzazione, ovvero rimanere «con l’occhio al primo stato», non
variando «le vedute».
O indica l’osservatore, il segmento DF la torre, il segmento BA l’asta, i punti D, E, F,
rispettivamente, la base, il punto noto e la cima della torre, i punti B, C, A,
rispettivamente, i loro punti di traguardo da O. Applicando opportunamente
il Teorema di Talete al fascio delle tre rette parallele DF, BA e GO, si ottiene,
immediatamente,
DE:DF = BC:BA,
da cui l’altezza richiesta DF.
Illustrai anche un esempio numerico di una torre alta cento piedi e il cui punto noto
disti dal terreno dieci piedi, i cui calcoli siano immediati.
Sitografia:

http://www.albertiefirenze.it/itinerari/index.htm

•http://it.wikipedia.org/wiki/Leon_Battista_Alberti

•http://www.fondazioneleonbattistaalberti.it/menu.html

•http://www.fotoartearchitettura.it/Architettura/Archivio/storia/architettura-400.html

•Dipartimento di Matematica – Università di Bologna

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